Capitolo 7 Equilibrio in economia aperta 7.1 I rapporti con il resto del mondo Il commercio internazionale rappresenta il complesso degli scambi di beni e servizi tra diversi paesi. Un sistema economico che partecipa al commercio internazionale si dice sistema aperto. Una misura del grado di apertura è data dal rapporto tra il valore delle esportazioni o delle importazioni e il valore della produzione complessiva del paese. Il grado di apertura agli scambi internazionali varia in maniera significativa da un paese all'altro: gli Stati Uniti, per esempio, sono un paese abbastanza autosufficiente, con un rapporto esportazione/PIL attorno al 10%; paesi europei come Francia, Germania, Italia hanno un maggior grado di apertura (mediamente, intorno al 20-25% del PIL); paesi più piccoli come Belgio, Olanda e Irlanda esportano e importano oltre il 50% della produzione complessiva. Va precisato in effetti che quasi il 60% delle esportazioni e delle importazioni dell’Italia si rivolgono a paesi dell’Unione Economica Europea e dell’Unione Economica e Monetaria. Come si può vedere dalla tabella 8.1 i partner principali dell’interscambio commerciale del nostro paese nel 2007 erano innanzitutto la Germania, la Francia , la Spagna (UEM) e il Regno Unito (UE), mentre il resto del mondo rivestiva un peso minore pur evidenziando il rilievo dei paesi OPEC per le importazioni, e degli Stati Uniti come mercato di esportazione. Oltre che beni si possono scambiare anche strumenti finanziari: in un regime di liberalizzazione valutaria i residenti in un paese possono fare investimenti finanziari, acquistando titoli emessi in un altro paese, o possono indebitarsi emettendo titoli sui Mario Oteri mercati internazionali. Al tempo stesso gli operatori , imprese o singoli, possono fare investimenti diretti in un paese straniero acquistando attività produttive già esistenti ovvero creando nuove iniziative imprenditoriali TAB. 7.1 Interscambio commerciale Italia per paese o area (Valori mil. di euro 2008 - composizione % 2007) Paesi Export Import Valori % Valori % Paesi UE-27 218.29.00 60,9 206,3 58,8 UEM 164,7 46 167,7 48,1 di cui Francia 41,8 11,5 32,9 9,3 Germania 47,6 12,9 61 17,5 Spagna 24,5 7,5 15 4,4 Altri paesi UE 2753,2 14,8 38,6 10,7 di cui Regno Unito 19,6 5,8 11,5 3,4 Resto del mondo Di cui :Cina Giappone OPEC Russia Stati Uniti Svizzera Totale 152,8 6,4 4,3 21,4 10,5 23,1 14,5 370,6 39,1 1,7 1,2 4,9 2,6 6,6 3,6 165 11,8 4,8 40,8 15,1 11,5 11,3 371,3 41,2 5,6 1,4 9,1 3,7 2,9 3,1 100 . 7.2. Il tasso di cambio Ciascun paese scambia beni, servizi e strumenti finanziari con il resto del mondo; poiché i prezzi sono espressi in valuta Equilibrio in Economia Aperta nazionale è necessario determinare i rapporti di cambio fra le singole valute o, più in generale, il rapporto di cambio delle singole valute nazionali con la valuta che viene utilizzata come mezzo di pagamento internazionale e che, attualmente, è il dollaro. Il tasso di cambio nominale misura la quantità di valuta estera che si scambia con una unità di valuta nazionale $/ € (incerto per certo) : ad esempio occorrono 1,46 dollari per 1 euro: e=$/€ il tasso di cambio può essere determinato anche dalla quantità di valuta nazionale che si scambia con una unità di valuta estera €/$ : in questo caso sono necessari 0,68 euro per un dollaro. Nel testo seguiremo la prima definizione. Il tasso di cambio nominale è da intendersi a tutti gli effetti come il prezzo di una valuta in termini di un'altra valuta (una valuta può considerarsi infatti come un bene in quanto offre al detentore un "servizio", ovvero la possibilità di acquistare beni o titoli commerciati solo in quella valuta). Come avviene per i prezzi di tutti i beni il tasso di cambio può variare per effetto di cambiamenti che riguardano la domanda e l'offerta: in parte le banche centrali possono influire sul tasso di cambio "acquistando" o "vendendo" valuta straniera (e corrispondentemente "vendendo" o "acquistando" valuta nazionale), al fine di raggiungere specifici obiettivi di politica economica e monetaria; gli altri operatori, famiglie e imprese, "offrono" valuta nazionale e "domandano" in cambio valuta estera (oppure "offrono" valuta estera e "domandano" in cambio valuta nazionale), per motivi legati a: scambi commerciali ( importazioni ed esportazioni), incluso il turismo (il turismo infatti comporta un'importazione di beni da parte del turista, o Mario Oteri corrispondentemente un'esportazione di beni da parte del paese che riceve il turista); investimenti finanziari (ad es.: acquisto di buoni del tesoro stranieri); attività speculative sui cambi (operazioni di acquisto e vendita di valute col solo fine di guadagnarci attraverso un'eventuale variazione dei tassi di cambio nel tempo). Si ha un apprezzamento del tasso di cambio quando aumenta la quantità di dollari che si scambiano con un euro ; si ha viceversa un deprezzamento quando si riduce la quantità di dollari necessari ad acquistare un euro. Nel primo caso l'euro vale di più in termini di dollari, nel secondo vale invece di meno. Il tasso di cambio è espresso dal rapporto di scambio fra due valute: questo rapporto può essere alla pari quando una unità di valuta estera si scambia con una unità di valuta nazionale; sopra la pari quando occorre una maggiore quantità di valuta estera per acquistare una unità di valuta nazionale; sotto la pari nel caso opposto. Un tasso di cambio al di sopra delle parità non comporta necessariamente una maggiore convenienza ad acquistare prodotti esteri rispetto ai prodotti nazionali. Bisogna tenere conto infatti del tasso di cambio reale, che considera anche il diverso livello generale dei prezzi nei due paesi considerati. Consideriamo un esempio: il cambio nominale dollaro/euro è pari a 1,20 (occorrono 1,20 dollari per acquistare 1,00 euro) ; supponiamo che l'unico bene esistente nel mondo sia costituito dalle arance (in maniera tale da poter ragionare in termini di prezzo delle arance nei due paesi e non in termini di livello generale dei prezzi); supponiamo anche che in Italia le arance costino 2 euro al chilogrammo, mentre negli Stati Uniti 1 dollaro al chilo (le arance vendute in Italia e quelle vendute negli Usa appartengono a due mercati differenti); in Italia si possono acquistare 50 kg di arance con 100 euro, mentre negli Equilibrio in Economia Aperta Stati Uniti con 120 dollari (ottenuti in cambio dei 100 euro) si possono acquistare 60 kg di arance; la conclusione è che, in questo caso , il cambio nominale sembra favorevole a chi vive in Italia, ma il cambio reale (quello che veramente interessa all'agente economico) risulta sfavorevole. In effetti il potere d'acquisto della valuta nazionale è evidenziato dal tasso di cambio reale che indica i prezzi dei beni nazionali espressi in termini di beni esteri e misura la competitività dei prodotti nazionali rispetto ai prodotti esteri . Il prezzo dei beni italiani è espresso infatti in euro (P); per ottenere il prezzo dei beni italiani in dollari occorre moltiplicare il prezzo in euro per il tasso di cambio nominale (eP); il tasso di cambio reale (ε) confronta il prezzo dei beni nazionali espresso in dollari (eP) con il prezzo dei beni esteri (P*) ε = eP/P* A parità di tasso di cambio nominale, il tasso di cambio reale, ovvero il potere d’acquisto della valuta nazionale, dipende dall’andamento del tasso d’inflazione interno rispetto a quello del paese con cui si effettuano gli scambi: se i prezzi dei prodotti nazionali P crescono più velocemente dei prezzi dei prodotti esteri P*, il prezzo in valuta estera dei prodotti nazionali diventa relativamente più elevato ( apprezzamento del tasso di cambio reale) e la competitività del paese diminuisce . Viceversa se il livello dei prezzi dei prodotti esteri P* aumenta più velocemente del prezzo dei prodotti nazionali P, il prezzo in valuta estera dei prodotti nazionali si riduce ( deprezzamento del tasso di cambio reale) e la competitività del paese aumenta. Analogamente, a parità del livello dei prezzi nei due paesi, il tasso di cambio reale si muove in sintonia con il tasso nominale: quando il tasso di cambio nominale (e) si apprezza , occorre cioè più valuta estera per acquistare un euro, anche il tasso di cambio reale si apprezza e Mario Oteri diminuisce la competitività dei prodotti italiani, che diventano per gli operatori esteri relativamente più cari. Tasso di cambio reale Se ad esempio consideriamo un tasso di cambio nominale pari a 1,46 dollari per un euro, il tasso di cambio reale è 0,88 quando il tasso d’inflazione negli USA è pari a 0,05 mentre nell’Unione è solo 0,03; il tasso di cambio reale diventa invece 2,44 se il tasso d’inflazione USA è 0,03 mentre nell’Unione è pari a 0,05. Ovviamente se il tasso d'inflazione è uguale nei due paesi il tasso di cambio reale è uguale al tasso nominale. e = $/Є = 1,46 tasso di cambio nominale 1,46 x (0,03/0,05) = 1,46 x 0,6 = 0,88 tasso di cambio reale 1,46 x (0,05/0,03) = 1,46 x 1,67 = 2,44 tasso di cambio reale 1,46 x (0,05/0,05) = 1,46 x 1 = 1,46 tasso di cambio reale 7.3 I mercati valutari Per comprendere come si determina il tasso di cambio nominale fra due valute è opportuno capire come si determina la domanda e l’offerta di valuta. Possiamo classificare gli scambi di un paese con il resto del mondo in due grandi categorie: scambio di beni e servizi e scambio di capitali finanziari. Lo scambio di beni è costituito dalla domanda di prodotti nazionali che proviene dal resto del mondo, che sono le esportazioni del nostro paese (X), e dalla domanda di prodotti esteri che proviene dal nostro paese , che sono le importazioni (Q). A fronte delle esportazioni, che rappresentano un flusso di prodotti venduti dal nostro paese al resto del mondo, avremo quindi un afflusso di valuta, per esemplificare dollari, che proviene dal resto del mondo (AV); viceversa a fronte delle importazioni, acquisto di Equilibrio in Economia Aperta beni dal resto del mondo, si determina un deflusso di valuta nazionale (DV), ad esempio euro, verso il resto del mondo. Tab. 7.3 Bilancia dei Pagamenti Valutaria Esportazioni Afflusso di Capitali Afflusso di Valuta (Domanda di valuta nazionale ) Importazioni Deflusso di Capitali Deflusso di Valuta ( Offerta di valuta nazionale ) Per quanto riguarda i movimenti di capitali si devono considerare deflussi quando dal nostro paese si effettuano investimenti diretti nel resto del mondo ovvero si acquistano strumenti finanziari emessi in altri paesi, si fanno cioè prestiti a operatori del resto del mondo in deficit (DK); si devono invece considerare afflussi quando dal resto del mondo si fanno investimenti diretti nel nostro paese o si finanziano operatori nazionali in deficit che si indebitano sui mercati internazionali (AK). E’ chiaro che a fronte dei flussi finanziari si registrano flussi valutari: in particolare se si acquistano attività finanziarie emesse nel resto del mondo si determina un deflusso valutario e, viceversa, se dal resto del mondo sottoscrivono titoli emessi nel nostro paese si determina un afflusso di valuta. Possiamo schematizzare quanto detto nella Bilancia dei Pagamenti Valutaria che evidenzia i movimenti di beni e servizi ( Partite correnti) e i movimenti dei Capitali da un punto di vista valutario. L'afflusso di valuta dal resto del mondo rappresenta domanda di valuta nazionale: gli operatori che esportano nel resto del mondo e sono pagati in dollari, come quelli che vogliono sottoscrivere titoli emessi nel nostro paese, non possono usare questa valuta nel nostro paese ma la devono convertire in euro ( afflusso di valuta = domanda di valuta Mario Oteri nazionale). Al contrario il deflusso di valuta rappresenta offerta di valuta nazionale: gli operatori che importano o acquistano titoli dal resto del mondo devono pagare in dollari e, perciò, offrono euro e domandano dollari ( deflusso di valuta = offerta di valuta nazionale). Il tasso di cambio è determinato dai movimenti valutari ed è stabile quando afflusso e deflusso di valuta sono in equilibrio. Questo equilibrio può verificarsi quando sia le partite correnti che i movimenti di capitali sono in equilibrio, o quando i due conti si compensano fra di loro; ad esempio se le Importazioni superano le Esportazioni e si registra un deflusso netto di valuta nelle partite correnti, un afflusso di Capitali superiore al deflusso può assicurare l’equilibrio valutario e la stabilità del tasso di cambio. In questo caso, ovviamente, il paese sta acquistando dal resto del mondo più prodotti di quanto non riesca a venderne e sta pagando indebitandosi sui mercati internazionali. Un’operazione normale per un paese che si indebita ed acquista beni per accrescere la sua capacità produttiva e ripagare nel prossimo futuro i debiti contratti, ma che può risultare rischiosa, come insegnano le esperienze del Messico e di altri paesi latino americani, se il paese si indebita con il resto del mondo per acquistare beni di consumo di lusso o per fare operazioni speculative che non garantiscono il pagamento dei debiti. In simboli se X = IM AK = DK AV = DV il tasso di cambio è stabile. Ovvero se X < IM AK >DK AV = DV il tasso di cambio è stabile ma il paese si sta indebitando con il resto del mondo. Equilibrio in Economia Aperta Gli squilibri della bilancia valutaria hanno effetti sul tasso di cambio. Ad esempio se si verifica un attivo delle partite correnti, se cioè le Esportazioni superano le Importazioni, dato l’equilibrio nel movimento dei capitali, si determina un afflusso netto di valuta dal resto del mondo che tende a far apprezzare la valuta nazionale rispetto a quella estera. X > IM AK = DK AV> DV e↑ Al contrario un passivo delle partite correnti, o un deflusso netto di capitali, che determina un deflusso valutario netto tende a deprezzare il tasso di cambio cioè il valore della valuta nazionale rispetto a quella estera. X<IM AK<DK AV < DV e↓ Quando il tasso di cambio si apprezza aumenta il potere d’acquisto della nostra valuta e gli operatori nazionali hanno convenienza ad acquistare prodotti del resto del mondo mentre per i non residenti i nostri prodotti sono più cari: le importazioni aumentano e le esportazioni si riducono. Accade il contrario quando la valuta nazionale si deprezza. 7.4 Mercato valutario e regime di cambio Il rapporto di scambio fra due valute si determina sulla base degli accordi di cambio esistenti nel sistema monetario: si possono avere regimi di cambio flessibili, regimi di cambio fissi e regimi di cambio manovrati. Oggi fra le principali valute esiste un regime di cambi flessibili nel senso che il tasso di cambio, ad esempio fra dollaro ed euro, è dato dall'equilibrio che si determina sul mercato fra domanda e offerta delle due valute. La domanda di euro è effettuata dagli operatori del nostro paese che esportando prodotti nel resto del Mario Oteri mondo, ad esempio negli Stati Uniti, sono pagati in dollari che, tuttavia, non possono utilizzare in Italia come mezzo di pagamento : sono perciò costretti ad offrire dollari e domandare euro sul mercato valutario. . Figura 7.4.1. Mercato valutario e tasso di cambio $/Є S ( IM - DK) S1 ( IM – DK) E e A 1 E e1 D (X – AK) V V1 V L'offerta di euro è fatta, invece, dagli importatori che dovendo pagare in dollari i prodotti acquistati all’estero, ad esempio negli Stati Uniti, sono costretti a procurarseli sul mercato valutario offrendo euro in cambio di dollari. Analogamente se si considerano i movimenti di capitali la domanda di euro viene effettuata da operatori del resto del mondo che, volendo Equilibrio in Economia Aperta acquistare attività finanziarie emesse nel nostro paese, devono pagare in euro; mentre gli operatori nazionali che vogliono acquistare attività finanziarie emesse all'estero in dollari, offrono euro per procurarsi la valuta necessaria. Nella figura 7.4.1 rappresentiamo il mercato valutario fra dollaro ed euro: in ordinata poniamo il tasso di cambio $/Є che ci dice quanti dollari occorrono per un euro. Mano a mano che ci allontaniamo dall'origine degli assi è necessaria un quantità crescente di dollari per acquistare un euro a significare che il dollaro si deprezza e l'euro si apprezza La domanda di euro ha il normale andamento decrescente ad indicare che quando il dollaro si apprezza, a danno dell'euro, diventa più conveniente per gli operatori stranieri acquistare prodotti o attività finanziarie sul nostro mercato : le nostre esportazioni pertanto aumentano. L'offerta di euro si presenta crescente dato che per gli operatori nazionali è più conveniente acquistare prodotti esteri quando il dollaro si deprezza e l'euro si apprezza : le nostre importazioni aumentano. In regime di cambi flessibili il tasso di cambio è determinato dall'incontro fra domanda e offerta. Ad un livello superiore a quello di equilibrio gli operatori nazionali vogliono comprare beni dal resto del mondo per un valore che eccede quello che i non residenti desiderano acquistare nel nostro paese, l'offerta supera la domanda: l'euro si deprezza rispetto al dollaro, aumentano le esportazioni si riducono le importazioni e si raggiunge l'equilibrio. Se si dovesse verificare un improvviso aumento dell'offerta di euro, ad esempio perché si verifica un deflusso speculativo di capitali, la funzione si sposta verso destra in S1 determinando un eccesso di offerta sulla domanda pari al tratto EA; il dollaro comincia ad apprezzarsi mentre l'euro si deprezza riducendo la quantità di dollari necessari ad acquistare un euro. Si raggiunge una nuova posizione di equilibrio in E1, quando il tasso di cambio si assesta al livello Mario Oteri e1 riportando l'eguaglianza fra domanda e offerta e la stabilità sul mercato valutario. Sino al 1971, con il sistema di Bretton Woods, vigeva un regime di cambi fissi basato sul dollaro che era convertibile, in rapporto fisso, con l’oro mentre ciascuna valuta nazionale si scambiava, in rapporto fisso, con il dollaro. Lo scambio fra due valute avveniva sulla base delle reciproche parità con il dollaro: ad esempio se erano necessari 200 marchi e 400 lire, rispettivamente, per acquistare un dollaro, il rapporto di cambio fra lira e marco era determinato in 2 lire per 1 marco. Ovviamente la Banca Centrale di ciascun paese era tenuta a far fronte alle richieste del mercato cambiando al tasso predeterminato i valori richiesti. Nel caso di un eccesso di offerta sulla domanda, dovuto ad un deficit della Bilancia dei Pagamenti, la Banca Centrale doveva far fronte alle richieste di valuta attingendo alle Riserve Ufficiali, cioè alla quantità di dollari precedentemente accumulate che deteneva in portafoglio. Se le riserve si rivelavano insufficienti la Banca Centrale poteva ricorre ai prestiti internazionali, ottenuti da altre Banche Centrali o da istituzioni internazionali, che comportavano un costo aggiuntivo in termini di interessi da corrispondere sul debito, ovvero era costretta a svalutare il tasso di cambio accettando un rapporto di scambio più gravoso per la propria valuta. La svalutazione può rivelarsi positiva per quanto riguarda le esportazioni, ma rappresenta un maggiore costo delle importazioni e, nel caso di prodotti come il petrolio, un aggravio dei costi che rende sempre più difficile il pareggio della Bilancia dei Pagamenti. Per impedire che i tassi di cambio fossero soggetti a manovre speculative difficilmente sostenibili dalle Banche Centrali, nel sistema di Bretton Woods erano previste forti limitazioni alla circolazione dei capitali finanziari. Ritornando alla figura 7.4.1 e ipotizzando che il tasso e sia quello fisso previsto dagli accordi di cambio, un aumento nell'offerta di valuta avrebbe costretto l’autorità monetaria a Equilibrio in Economia Aperta procurarsi un ammontare di dollari pari ad EA attingendo alle riserve ufficiali. Se queste fossero state insufficienti o se il deficit delle partite correnti fosse stato di natura strutturale, e quindi destinato a ripetersi nel tempo, l’autorità monetaria sarebbe stata costretta a modificare il rapporto di scambio svalutando la moneta nazionale. Quando esistono degli accordi fra le Banche Centrali per intervenire sul mercato dei cambi si parla di sistema di cambi manovrati. Un tipico esempio è rappresentato dal Sistema Monetario Europeo (SME) creato dai paesi europei aderenti alla Comunità Economica Europea nel 1979 nel tentativo di far fronte alla crisi del sistema di Bretton Woods stabilizzando i tassi di cambio. Il sistema prevedeva la creazione di una moneta comune, l'ECU, che fungeva da unità di misura meramente contabile per le altre valute; ciascuna valuta nazionale poteva oscillare liberamente attorno alla parità centrale con l'ECU di una certa percentuale (+/- 2,5%); se la valuta nazionale avesse superato la banda di oscillazione prevista i paesi interessati sarebbero dovuti intervenire modificando i rapporti di cambio. Nella figura 7.4.2. il tasso di cambio della lira nei confronti dell'ECU è stabilito al livello ( e* ) e questo rapporto può variare con un apprezzamento della lira sino al livello (e2 ) o un deprezzamento sino al livello ( e1) senza che l’autorità monetaria abbia l'obbligo di intervenire; nel caso in cui la variazione dalla parità centrale avesse superato questi livelli sarebbe stato necessario modificare il rapporto di cambio rivalutando o svalutando la Lira. Con la creazione dell'Unione Economica e Monetaria, alla fine degli anni novanta, alcuni paesi dell'Unione Europea hanno adottato una moneta unica, l'euro, che ha sostituito le singole valute nazionali creando un nuovo sistema monetario basato sulla Banca Centrale Europea. Lo SME continua a sopravvivere per regolare i rapporti con Mario Oteri Figura 7.4.2 Tassi di cambio manovrati ECU/ L S ( IM - DK) e2 E e* e1 D (X - AK) L L i paesi europei che, pur aderendo alla Comunità Economica Europea, non hanno adottato l'euro, come ad esempio la Gran Bretagna o la Svezia, o con i paesi che sono entrati successivamente nell'Unione, come la Polonia e la Romania, e non hanno ancora potuto adottare l’euro. Nel nuovo sistema l'euro rappresenta la valuta di riferimento alla quale si devono adeguare tutti paesi aderenti. Equilibrio in Economia Aperta 7.5 Il mercato delle merci in Economia Aperta Che effetti hanno i rapporti con il resto del mondo sul mercato interno ? Occorre innanzitutto evidenziare la differenza fra domanda di prodotti nazionali e domanda nazionale di prodotti : la prima si riferisce alla spesa per acquistare prodotti nazionali proveniente sia dal paese, come i Consumi, gli Investimenti e la Spesa Pubblica, che dal resto del mondo, come le Esportazioni. Mentre la domanda nazionale di prodotti si riferisce alla spesa dei residenti per acquistare prodotti nazionali o provenienti dal resto del mondo, comprende cioè anche le importazioni. Quindi mentre in economia chiusa i due concetti coincidono in un'economia aperta occorre aggiungere, alle componenti interne della spesa, la differenza fra la domanda di prodotti nazionali che proviene dal resto del mondo ( esportazioni) e la domanda nazionale rivolta a merci prodotte nel resto del mondo ( importazioni); occorre aggiungere la differenza fra esportazioni o importazioni ovvero il saldo netto delle partite correnti. Come sappiamo in un'economia chiusa la domanda aggregata è data da AD = C + I + G ma una parte di questa spesa si indirizza su beni e servizi prodotti nel resto del mondo riducendo la domanda di beni nazionali; sottraendo le importazioni alla domanda aggregata evidenziamo la domanda nazionale di prodotti (AA) : AA = C + I + G - IM Mario Oteri aggiungendo a questa la domanda di prodotti nazionali che proviene dal resto del mondo (esportazioni) otteniamo la domanda complessiva di prodotti nazionali ( ZZ) ZZ = C + I + G - IM + X che possiamo scrivere ZZ = C + I + G + NX dove NX = X - IM Lo scambio di beni e servizi con il resto del mondo dipende innanzitutto dall'andamento del tasso di cambio nominale: se l'euro si deprezza rispetto al dollaro per i residenti negli Stati Uniti diventa più conveniente l'acquisto di prodotti europei favorendo le nostre esportazioni. Gli scambi sono influenzati, inoltre, dall’andamento del tasso di cambio reale che indica il prezzo dei prodotti nazionali in termini di prodotti esteri: se il tasso di cambio reale si apprezza il paese diventa meno competitivo, perché i prodotti nazionali sono più cari dei prodotti esteri. Ad esempio, dato un tasso di cambio nominale fra dollaro ed euro il tasso di cambio reale si apprezza quando il tasso d’inflazione nell’Unione Economica e Monetaria è più elevato che negli Stati Uniti, il prezzo in dollari delle merci europee aumenta e la competitività si riduce. Dato il tasso di cambio reale possiamo dire che le esportazioni ( X ) dipendono dal reddito dei paesi importatori che sono, generalmente, i paesi più ricchi : in un’economia di mercato i beni si scambiano con moneta e la domanda pagante è quella più importante. Ricordiamo che gli Stati Uniti, che sono il mercato più ricco, rappresentano la locomotiva dello sviluppo Equilibrio in Economia Aperta internazionale perché importano dal resto del mondo più beni di quanti non ne esportino. X = f (Y*, e P/P*) Le importazioni ( IM ) invece, dato il tasso di cambio reale, dipendono dal livello di spesa dei residenti e, quindi, dal livello del reddito nazionale (Y) ; seguendo l'impostazione già analizzata per il consumo, si ipotizza una propensione marginale ad importare (m) stabile che si aggiunge al risparmio e all'imposizione fiscale riducendo la spesa su prodotti nazionali. IM = f ( mY, e P/P*) Le esportazioni nette, che indicano il saldo dalle partite correnti e sono determinate dalla differenza fra esportazioni e importazioni, dipendono perciò dal reddito estero, dal reddito nazionale e dal tasso di cambio reale. NX = X – IM NX = f ( Y*, mY, e P/P*) In particolare il saldo è positivo quando le esportazioni superano le importazioni, ed aumenta al crescere del reddito dei paesi esteri, al diminuire del reddito nazionale, quando il prezzo dei prodottti nazionali in termini e di valuta estera diminuisce per un deprezzamento del tasso di cambio nominale, ovvero perchè il tasso d'inflazione nei paesi esteri è superiore a quello interno. Viceversa le importazioni superano le esportazioni e si registra un saldo negativo delle partite correnti. NX ↑ se Y*↑ mY↓ e↓ P/P*↓ Mario Oteri 7.5.1 Una commerciale rappresentazione grafica della bilancia Nella fig.7.5.1 (a) rappresentiamo la spesa dei residenti (AD) in relazione al livello del reddito, ricordiamo che la pendenza della funzione dipende dalla propensione marginale al consumo , cioè dalla parte d'incremento di reddito nazionale speso in incremento dei consumi. In un’economia aperta, considerando anche la spesa per Importazioni, una parte della spesa dei residenti si indirizza al resto del mondo e la domanda di prodotti nazionali diminuisce; in particolare si riduce la propensione marginale al consumo dei prodotti nazionali e varia, quindi, la pendenza della funzione. Sottraendo le Importazioni (IM) dalla AD individuiamo la domanda di beni nazionali (AA) espressa dai residenti. A questa aggiungiamo la domanda di beni nazionali proveniente dal resto del mondo, le Esportazioni (X), e otteniamo la domanda complessiva di prodotti nazionali (ZZ); dato che le esportazioni dipendono dal livello del reddito estero la propensione marginale al consumo rispetto al reddito nazionale rimane immutata e, quindi, la ZZ si sposta verso l'alto parallelamente alla AA . La differenza fra la curva AD e la curva ZZ permette di evidenziare l'andamento del saldo commerciale della Bilancia dei pagamenti in relazione al Reddito nazionale. Equilibrio in Economia Aperta Fig.7.5.1 Mercato interno e saldo commerciale D 45° (a) AD ZZ AA Y' Y'' Y NX (b) Y' Y'' Y NX Ricordiamo che la AD indica la spesa complessiva dei residenti, la AA indica la spesa dei residenti per prodotti nazionali, la ZZ indica la domanda interna ed esterna di prodotti nazionali. Quando la domanda di prodotti nazionali supera la domanda complessiva dei residenti ( ZZ > AD ) le esportazioni superano Mario Oteri le importazioni e si registra un saldo attivo della bilancia commerciale ; quando la domanda di prodotti nazionali è inferiore alla domanda complessiva dei residenti (ZZ < AD) le importazioni superano le esportazioni e si registra un saldo negativo della bilancia commerciale . Al livello di reddito Y' la domanda di prodotti nazionali è uguale alla spesa complessiva dei residenti (ZZ = AD) , le esportazioni sono uguali alle importazioni e la bilancia commerciale è in equilibrio. Nella parte (b) della figura 7.5.1 consideriamo le esportazioni nette in relazione all'andamento del reddito nazionale, dato il tasso di cambio reale, il reddito estero e le componenti interne della domanda aggregata. Y' indica il livello del reddito che porta in equilibrio la bilancia commerciale, la funzione NX incontra l'asse delle ascisse; a livelli di reddito inferiori si ha un saldo positivo dato che, a parità di esportazioni determinate dal reddito estero, si riduce la spesa per importazioni ; al contrario al crescere del reddito aumenta la spesa per importazioni e le esportazioni nette diventano negative ( deficit della bilancia commerciale). Va precisato che il livello di equilibrio del reddito nazionale è individuato dall’incontro fra la curva della domanda interna ed esterna di prodotti nazionali (ZZ) e la bisettrice ad indicare che domanda e offerta sono uguali (reddito Y''). Tuttavia a livello del reddito Y'' si determina un deficit della bilancia commerciale evidenziato dalla funzione NX al di sotto dell’asse delle ascisse ( fig. 7.5.1 b). Il saldo NX permette di evidenziare il diverso effetto di una variazione della domanda interna o della domanda esterna sul livello del reddito e sulla bilancia commerciale. In un’economia aperta un aumento di una componente autonoma della domanda interna, come ad es. la spesa pubblica (G), ha innanzitutto un impatto relativamente minore sul livello del reddito nazionale dato che una parte della spesa si indirizza all’acquisto di prodotti esteri, la propensione marginale a consumare prodotti nazionali è diminuita; allo stesso tempo l’aumento della Equilibrio in Economia Aperta domanda nazionale di importazioni, a parità di esportazioni, determina un deficit della bilancia commerciale. Nella figura 7.5.2 (a) l'aumento della spesa pubblica può essere individuato da uno spostamento della ZZ verso lalto in ZZ' e da un nuovo reddito di equilibrio Y', a questo maggiore livello di reddito corrisponde nella fig. 7.5.2. (b) un deficit della bilancia commerciale . In economia aperta l'efficacia della politica fiscale espansiva è infatti ridotta dalla tracimazione degli effetti sui mercati esteri: questo spiega la riluttanza dei singoli paesi ad attuare singolarmente interventi di sostegno della domanda aggregata e la necessità di concordare eventuali politiche con gli altri paesi (G7, G20 etc.) . Al contrario un aumento della domanda estera, dovuto ad esempio ad un aumento del reddito dei paesi esteri ( gli Stati Uniti sono considerati la “locomotiva del mondo”) o ad un deprezzamento del tasso di cambio, fa crescere la domanda di prodotti nazionali e il livello del reddito con un aumento delle esportazioni nette. In questo caso, a parità di reddito nazionale, il livello delle esportazioni è maggiore mentre le importazioni restano invariate determinando un aumento delle esportazioni nette. Nella fig.ra 7.5.2 (a) l'aumento della domanda estera è evidenziato da uno spostamento della funzione di domanda di prodotti nazionali verso l'alto (ZZ') e dal un nuovo reddito di equilibrio Y' in corrispondenza al punto E'. Nella parte (b) della figura 7.5.2. l'aumento della domanda estera determina lo spostamento della funzione di Esportazioni nette (NX) verso l'alto e verso destra ad indicare che a parità di reddito , e di importazioni, le esportazioni sono maggiori. Al nuovo livello di reddito di equilibrio (Y') si determina un attivo della bilancia commerciale evidenziato nella parte (a) dalla differenza fra curva ZZ e curva AD, la domanda di prodotti nazionali supera la domanda nazionale di prodotti, e nella parte (b) dalla differenza Mario Oteri Fig.ra 7.5.2 Aumento della domanda estera e bilancia commerciale D 45° AD ZZ ' E' ZZ E Y Y' Y'' Y Y'' NX' NX Y Y' NX Equilibrio in Economia Aperta positiva fra la NX' e l'asse delle ascisse. Si rileva che per raggiungere il pareggio della bilancia commerciale il reddito dovrebbe raggiungere il livello Y'' in corrispondenza del quale ZZ = AD e NX = 0. Va in effetti precisato che un deprezzamento del tasso di cambio non porta necessariamente ad un aumento delle esportazioni nette dato che la reattività delle esportazioni e delle importazioni dipende dalla elasticità della domanda dei singoli prodotti. Così un deprezzamento del tasso di cambio può avere un effetto limitato sulla quantità di petrolio importato da un paese e si potrebbe alla fine risolvere in un maggiore esborso per acquistare la stessa quantità a prezzi più elevati. Allo stesso tempo il deprezzamento del cambio potrebbe avere effetti irrilevanti su quei prodotti che già soddisfano pienamente la domanda estera , come ad esempio la domanda di caffè nei paesi più ricchi: in questo caso i paesi produttori si troverebbero a vendere la stessa quantità di merce a prezzi minori con un'evidente calo del valore delle esportazioni. Gli economisti hanno dimostrato che un deprezzamento del cambio può portare ad un attivo della bilancia commerciale solo se la somma delle elasticità delle esportazioni e delle importazioni rispetto al prezzo è maggiore di uno ( condizione di Marshall - Lerner). 7.6 Il mercato dei capitali Il movimento dei capitali fra un paese e il resto del mondo dipende innanzitutto dal regime valutario esistente, perchè non sempre è possibile portare liberamente capitali all'estero: nel sistema di Bretton Woods esistevano ad esempio forti vincoli che, sino alla metà degli anni ottanta , hanno limitato la circolazione dei capitali. Con il prevalere dell'impostazione liberista, ed il passaggio ad un sistema di cambi flessibili, il mercato internazionale dei capitali è stato progressivamente Mario Oteri liberalizzato rendendo possibile lo scambio di strumenti finanziari emessi in paesi diversi. La scelta degli operatori fra titoli emessi in paesi diversi dipende ovviamente dalla differenza fra i rendimenti: è più conveniente sottoscrivere i titoli emessi nel paese dove si pagano tassi d'interesse più elevati. Tuttavia gli operatori devono tener conto del tasso di rendimento reale che può essere influenzato dalla differenza nei tassi d'inflazione fra i due paesi e dalle variazioni attese nel tasso di cambio. Infatti a parità di tasso di rendimento nominale, il rendimento reale è diverso se il paese che emette i titoli ha un tasso d'inflazione più elevato che riduce il potere d'acquisto della valuta di pagamento ; analogamente il rendimento reale del titolo si riduce se si prevede un deprezzamento del tasso di cambio della valuta di pagamento. In simboli possiamo dire che l'operatore cerca di eguagliare il rendimento dei titoli nazionali (i) al rendimento dei titoli esteri (i*) che deve tener conto anche della variazione attesa del tasso di cambio i = i* - e e A parità di tassi di rendimento se vi sono aspettative di un apprezzamento del tasso di cambio, l’euro si apprezza rispetto al dollaro, gli operatori non avranno convenienza ad acquistare titoli in dollari che potranno essere cambiati con una quantità minore di euro. Viceversa se l’euro si deprezza conviene avere acquistato titoli emessi in dollari che avranno un valore più elevato in termini di euro. Le aspettative sul diverso andamento del tasso di rendimento reale spiega il fatto che possono essere considerati equivalenti titoli emessi in due paesi con tassi nominali diversi. Infatti le aspettative su variazioni del tasso di cambio possono rendere più convenienti titoli che, pur indicando un rendimento nominale inferiore, saranno pagati in valuta che avrà un maggiore potere d’acquisto. Equilibrio in Economia Aperta Un altro aspetto che può influenzare il rendimento reale dei titoli è il cosiddetto elemento politico che può essere rappresentato, ad esempio, da una normativa fiscale sulla tassazione dei rendimenti più favorevole in un paese piuttosto che in un altro. Date le aspettative sul tasso d'inflazione, sul tasso di cambio e sull'elemento politico, per semplicità assumiamo che il movimento di capitali di un paese con il resto del mondo dipende dalla differenza fra tasso d'interesse interno e tasso d'interesse esterno. ANK = f ( i – i*) Quando il tasso d'interesse interno è maggiore del tasso d'interesse esterno aumenta l'afflusso di capitali (AK) mentre tende a ridursi il deflusso (DK): cresce perciò l'afflusso netto di capitali (ANK). Agli operatori conviene, infatti acquistare strumenti finanziari emessi nel nostro paese che offrono un rendimento più elevato; al contrario se il tasso d’interesse interno è inferiore a quello internazionale gli operatori hanno convenienza a spostarsi su titoli esteri accrescendo il deflusso netto di capitali. In quest'ambito possiamo evidenziare due situazioni estreme: la perfetta mobilità del movimento dei capitali e l'esistenza di vincoli alla mobilità. Nel primo caso il paese opera in regime di liberalizzazione valutaria , non esiste alcun limite al movimento dei capitali il sistema finanziario nazionale è perfettamente integrato in quello internazionale, il tasso d'interesse interno non può discostarsi da quello esterno. Nel secondo caso, invece, non è consentito esportare o importare capitali dal resto del mondo, il sistema finanziario del paese è isolato dal sistema finanziario internazionale, il tasso d'interesse interno è svincolato da quello esterno. 7.7 Equilibrio della Bilancia dei Pagamenti e curva BP. Mario Oteri Come abbiamo visto la Bilancia dei Pagamenti è in equilibrio quando l’afflusso di valuta è uguale al deflusso di valuta, indipendentemente dal fatto che partite correnti e movimenti di capitali siano reciprocamente in equilibrio, ovvero l’attivo di un conto compensi il passivo dell’altro. AV=DV Possiamo perciò dire che la Bilancia dei Pagamenti è in equilibrio quando le esportazioni nette, differenza fra esportazioni e importazioni, sono uguali al deflusso netto di capitali, che si determina quando il deflusso supera l’afflusso di capitali NX = DNK L’equilibrio della Bilancia dei Pagamenti dipende dalle variabili che influenzano lo scambio di beni e servizi e i movimenti di capitali: innanzitutto il tasso di cambio reale e ( P/P*), il reddito estero Y*, il reddito nazionale mY, la differenza fra tasso d‘interesse interno ed esterno ( i – i*), BP = f [ e P/P*, Y*, mY, ( i – i*)] Dato il tasso di cambio reale , il reddito dei paesi esteri e il tasso d’interesse internazionale, che possono essere considerate variabili esogene, la curva BP indica coppie di valori d’interesse e di reddito che garantiscono l’equilibrio della Bilancia dei Pagamenti. Nella figura 7.7 sul grafico a) indichiamo in ordinata il tasso d’interesse interno (i) mentre in ascissa indichiamo i movimenti valutari (V) che sono in attivo a destra dell’origine e negativi a sinistra. Indichiamo poi, con una retta parallela all’asse delle ordinate, la funzione di esportazioni nette Equilibrio in Economia Aperta (NX) , che dipende dal livello del reddito nazionale ma è esogena rispetto al tasso d’interesse ; se il reddito nazionale è al livello Y1 le esportazioni superano le importazioni , funzione NX1, determinando un afflusso di valuta V1. Quando il reddito aumenta al livello Y2, crescono anche le importazioni e le esportazioni nette diventano negative, funzione NX2 , con un deflusso valutario pari a V2. Costruiamo quindi la funzione di deflusso netto di valuta (DNK), data dalla differenza fra deflusso ed afflusso di valuta, che dipende dalla differenza fra tasso d’interesse interno e tasso d’interesse esterno. Figura 7.7 Costruzione della curva BP a) NX2 A2 b) NX1 i i i2 BP i2 E2 i = i* i1 A1 i1 E1 DNK - V2 0 V1 +V Y1 Quando il tasso d’interesse interno è uguale a quello internazionale ( i = i*) il deflusso netto di valuta è zero , la funzione (DNK) interseca l’asse delle ordinate; al di sopra il Y2 Y Mario Oteri tasso d’interesse interno supera quello internazionale ( i2 > i*) gli operatori hanno convenienza ad acquisire titoli emessi nel nostro paese e il deflusso netto di capitali diventa negativo, si verifica cioè un afflusso di capitali . Al contrario diminuendo il tasso d’interesse al di sotto di quello internazionale (i1 < i) gli operatori hanno convenienza ad acquisire titoli esteri e il deflusso netto di capitali diventa positivo . Nel grafico b), a sinistra, indichiamo il tasso d’interesse, in ordinata, e il livello del reddito, in ascissa, per individuare la funzione di equilibrio della Bilancia dei pagamenti ( BP). Al livello di reddito Y1 le esportazioni superano le importazioni e le esportazioni nette sono positive, NX1, determinando un afflusso di valuta V1; per mantenere la Bilancia dei pagamenti in equilibrio il tasso d’interesse deve collocarsi al livello i1, al di sotto del tasso internazionale, in modo da compensare le partite correnti (A1) con un deflusso di capitali. Sul grafico b) abbiamo il primo punto di equilibrio ( E1) corrispondente alle coordinate Y1 e i1. Quando il reddito raggiunge il livello Y2 le importazioni aumentano e superano le esportazioni determinando un ammontare di esportazioni nette negativo con un deflusso di valuta pari a V2; per compensare questo deflusso il tasso d'interesse deve crescere al di sopra del livello internazionale ( i2) in modo di attirare capitali, determinando un deflusso netto di capitali negativo in corrispondenza al punto ( A2 ). Sul grafico b) determiniamo il secondo punto di equilibrio E2 di coordinate ( i2) e (Y2 ) : attraverso i due punti tracciamo la funzione BP che indica coppie di valori d'interesse e di reddito che danno l'equilibrio sulla Bilancia dei pagamenti. Di norma la funzione BP si presenta crescente ad indicare che per mantenere l'equilibrio al crescere del reddito , e quindi delle importazioni, con conseguente deflusso di valuta, deve crescere anche il tasso d'interesse per attirare capitali e valuta. In particolare la pendenza della funzione BP dipende dalla reattività del movimento di capitali ai movimenti del tasso d'interesse: in Equilibrio in Economia Aperta caso di vincoli al movimento di capitali la BP si presenta verticale ad indicare che l'equilibrio della Bilancia dei pagamenti dipende soltanto dalle partite correnti. Si presenta invece orizzontale in caso di perfetta mobilità nel movimento di capitali ad indicare che il sistema finanziario nazionale è perfettamente inserito in quello internazionale e il tasso d'interesse interno non può discostarsi da quello esterno: un aumento determina un afflusso teoricamente infinito di capitali e di valuta, mentre una diminuzione determina un deflusso. 7.8 Equilibrio interno ed equilibrio esterno Collegando la funzione BP al modello IS / LM è possibile considerare la condizione di equilibrio del reddito nazionale in economia aperta e analizzare gli effetti delle politiche monetarie e di quelle fiscali. Dato l’elevato grado d’integrazione raggiunta dai mercati finanziari si considera una situazione di perfetta mobilità nel movimento dei capitali e ipotizziamo un regime di cambi flessibili con riferimento ai rapporti dell’Unione Economica e Monetaria con il resto del mondo. In condizioni di equilibrio il tasso d’interesse interno deve essere uguale al tasso d’interesse internazionale, la BP si presenta orizzontale, e il livello del reddito Y determina l’equilibrio simultaneo sul mercato delle merci, sul mercato finanziario e della bilancia dei pagamenti in coincidenza con il punto d’incontro fra le curve IS, LM e BP. Consideriamo innanzitutto una politica monetaria restrittiva attuata dall’autorità monetaria per contenere le spinte inflazionistiche nel sistema economico. Seguendo lo schema LM la banca centrale riduce l’offerta di moneta facendo aumentare il tasso d’interesse: in un’economia chiusa si riduce la spesa per investimenti, la domanda aggregata e il livello del reddito, in un’economia aperta si deve aggiungere l’afflusso di capitali e di valuta che fa apprezzare il tasso di Mario Oteri cambio riducendo le esportazioni e accrescendo le importazioni. L’effetto restrittivo della politica monetaria è dunque amplificato da una diminuzione delle esportazioni nette che riduce ulteriormente la domanda aggregata. In economia chiusa: MS ↓ MD > MS i↑ I ↓ AD↓ Y↓ in economia aperta: i↑> i* AK↑ AV↑ e↑ Q↑ X↓ NX↓ AD↓ Y↓ Figura 7.8 Politica monetaria con cambi flessibili i LM1 LM B i 1 C A BP i=i* IS1 Y1 Y* IS Y Equilibrio in Economia Aperta In regime di cambi flessibili le variazioni del tasso di cambio permettono di isolare il paese dal resto del mondo liberando la Banca centrale dal vincolo esterno e rendono efficace la politica monetaria. Nella figura 8.4 partendo da un reddito di equilibrio Y* e da un tasso d'interesse i = i*, in corrispondenza al punto d'incontro fra le curve IS LM e BP( punto A), vediamo che una contrazione dell'offerta di moneta sposta la curva LM in alto a sinistra in LM1 determinando un nuovo equilibrio nel punto B con un tasso d'interesse maggiore e un reddito minore. L'afflusso di capitali e di valuta fa apprezzare il tasso di cambio che riduce le esportazioni nette e la domanda aggregata : la curva IS si sposta in IS1 e si individua un nuovo equilibrio in corrispondenza al punto C. Alla fine la politica monetaria ha determinato una contrazione del reddito nazionale al livello Y1, riducendo la domanda interna e quella esterna, tuttavia il paese si sta indebitando con il resto del mondo per acquistare prodotti esteri. La politica fiscale si rivela invece inefficace in economia aperta con cambi flessibili, per il fatto che le variazioni della spesa pubblica sono compensate da variazioni in senso contrario delle partite correnti della Bilancia dei pagamenti. Ipotizziamo che il governo voglia attuare una politica fiscale espansiva per sostenere la domanda aggregata e il livello del reddito. L'aumento della spesa pubblica in deficit, finanziata con emissione di titoli del debito pubblico, fa aumentare il tasso d'interesse e, come sappiamo, determina uno spiazzamento (parziale) della spesa privata; in economia aperta l'aumento del tasso d'interesse influenza anche l'afflusso di capitali e di valuta facendo apprezzare il tasso di cambio e riducendo le esportazioni nette. In economia aperta con cambi flessibili e perfetta mobilità dei capitali, la politica fiscale espansiva determina quello che è definito il doppio deficit, quello dei conti pubblici e quello delle Mario Oteri partite correnti della bilancia dei pagamenti, e si rivela alla fine inefficace. G↑ AD↑ Y↑ Md↑ > Ms i↑ I ↓ AD↓ Y↓ i ↑ > i* AK↑ AV↑ e↑ Q↑ X↓ NX↓ AD↓ Y↓ Nella figura 8.4.1 l'aumento della spesa pubblica è evidenziato da uno spostamento verso l'alto della curva IS che determina un nuovo equilibrio nel punto B in corrispondenza ad un livello del reddito e del tasso d'interesse più elevati. Ma l'aumento del tasso d'interesse facendo affluire capitali determina un apprezzamento del tasso di cambio e una contrazione delle esportazioni nette che riporta la curva IS al livello di equilibrio iniziale nel punto A. Figura 7.8.1 Politica fiscale con cambi flessibili i LM i1 i=i* B A BP IS1 IS Y Y1 Y Equilibrio in Economia Aperta In regime di cambi flessibili, dunque, la politica fiscale diventa inefficace mentre quella monetaria risulta pienamente efficace grazie alla reattività delle esportazioni e delle importazioni alle variazioni del tasso di cambio. Queste conclusioni sono evidentemente condizionate dall'elasticità delle singole voci delle partite correnti rispetto al tasso di cambio: l'elasticità delle esportazioni, che misura il rapporto fra variazione percentuale della domanda di prodotti nazionali proveniente dal resto del mondo rispetto alle variazioni percentuali del tasso di cambio, e l'elasticità delle importazioni, che misura, invece, il rapporto fra variazione percentuale della domanda nazionale di prodotti esteri e la variazione percentuale del tasso di cambio. Come sappiamo il valore dell'elasticità può variare a seconda dei prodotti e quindi, a livello aggregato, possiamo avere effetti diversi in relazione alla composizione delle esportazioni e delle importazioni. Così ad esempio nel caso in cui prodotti a domanda rigida, come il petrolio o alcuni prodotti alimentari come il latte, hanno un peso significativo sul totale delle importazioni un deprezzamento del tasso di cambio può comportare un aumento del loro costo e un esborso maggiore piuttosto che una contrazione delle importazioni. Analogamente non è detto che un deprezzamento del cambio possa portare ad un aumento delle esportazioni: ad esempio nel caso di prodotti alimentare di base, come il caffè che viene esportato da alcuni paesi latino americani, la domanda che proviene dai paesi importatori non è limitata dal prezzo nel senso che i consumatori acquistano già tutta la quantità che desiderano, la domanda è poco elastica. Un eventuale deprezzamento del tasso di cambio avrebbe quindi, come conseguenza, una riduzione dell'incasso complessivo e una decurtazione del valore delle esportazioni.