Capitolo 7
Equilibrio in economia aperta
7.1 I rapporti con il resto del mondo
Il commercio internazionale rappresenta il complesso degli
scambi di beni e servizi tra diversi paesi. Un sistema economico
che partecipa al commercio internazionale si dice sistema
aperto. Una misura del grado di apertura è data dal rapporto tra
il valore delle esportazioni o delle importazioni e il valore della
produzione complessiva del paese. Il grado di apertura agli
scambi internazionali varia in maniera significativa da un paese
all'altro: gli Stati Uniti, per esempio, sono un paese abbastanza
autosufficiente, con un rapporto esportazione/PIL attorno al
10%; paesi europei come Francia, Germania, Italia hanno un
maggior grado di apertura (mediamente, intorno al 20-25% del
PIL); paesi più piccoli come Belgio, Olanda e Irlanda esportano
e importano oltre il 50% della produzione complessiva.
Va precisato in effetti che quasi il 60% delle esportazioni e delle
importazioni dell’Italia si rivolgono a paesi dell’Unione
Economica Europea e dell’Unione Economica e Monetaria.
Come si può vedere dalla tabella 8.1 i partner principali
dell’interscambio commerciale
del nostro paese nel 2007
erano innanzitutto la Germania, la Francia , la Spagna (UEM) e
il Regno Unito (UE), mentre il resto del mondo rivestiva un
peso minore pur evidenziando il rilievo dei paesi OPEC per le
importazioni, e degli Stati Uniti come mercato di esportazione.
Oltre che beni si possono scambiare anche strumenti finanziari:
in un regime di liberalizzazione valutaria i residenti in un paese
possono fare investimenti finanziari, acquistando titoli emessi in
un altro paese, o possono indebitarsi emettendo titoli sui
Mario Oteri
mercati internazionali. Al tempo stesso gli operatori , imprese o
singoli, possono fare investimenti diretti in un paese straniero
acquistando attività produttive già esistenti ovvero creando
nuove iniziative imprenditoriali
TAB. 7.1 Interscambio commerciale Italia per paese o area
(Valori mil. di euro 2008 - composizione % 2007)
Paesi
Export
Import
Valori
%
Valori
%
Paesi UE-27
218.29.00 60,9
206,3
58,8
UEM
164,7
46
167,7
48,1
di cui Francia
41,8
11,5
32,9
9,3
Germania
47,6
12,9
61
17,5
Spagna
24,5
7,5
15
4,4
Altri paesi UE
2753,2
14,8
38,6
10,7
di cui Regno Unito 19,6
5,8
11,5
3,4
Resto del mondo
Di cui :Cina
Giappone
OPEC
Russia
Stati Uniti
Svizzera
Totale
152,8
6,4
4,3
21,4
10,5
23,1
14,5
370,6
39,1
1,7
1,2
4,9
2,6
6,6
3,6
165
11,8
4,8
40,8
15,1
11,5
11,3
371,3
41,2
5,6
1,4
9,1
3,7
2,9
3,1
100
.
7.2. Il tasso di cambio
Ciascun paese scambia beni, servizi e strumenti finanziari
con il resto del mondo; poiché i prezzi sono espressi in valuta
Equilibrio in Economia Aperta
nazionale è necessario determinare i rapporti di cambio fra le
singole valute o, più in generale, il rapporto di cambio delle
singole valute nazionali con la valuta che viene utilizzata come
mezzo di pagamento internazionale e che, attualmente, è il
dollaro. Il tasso di cambio nominale misura la quantità di
valuta estera che si scambia con una unità di valuta nazionale $/
€ (incerto per certo) : ad esempio occorrono 1,46 dollari per 1
euro:
e=$/€
il tasso di cambio può essere determinato anche dalla quantità
di valuta nazionale che si scambia con una unità di valuta estera
€/$ : in questo caso sono necessari 0,68 euro per un dollaro. Nel
testo seguiremo la prima definizione.
Il tasso di cambio nominale è da intendersi a tutti gli effetti
come il prezzo di una valuta in termini di un'altra valuta (una
valuta può considerarsi infatti come un bene in quanto offre al
detentore un "servizio", ovvero la possibilità di acquistare beni o
titoli commerciati solo in quella valuta). Come avviene per i
prezzi di tutti i beni il tasso di cambio può variare per effetto di
cambiamenti che riguardano la domanda e l'offerta: in parte le
banche centrali possono influire sul tasso di cambio
"acquistando"
o
"vendendo"
valuta
straniera
(e
corrispondentemente "vendendo" o "acquistando" valuta
nazionale), al fine di raggiungere specifici obiettivi di politica
economica e monetaria; gli altri operatori, famiglie e imprese,
"offrono" valuta nazionale e "domandano" in cambio valuta
estera (oppure "offrono" valuta estera e "domandano" in cambio
valuta nazionale), per motivi legati a:
scambi commerciali ( importazioni ed esportazioni),
incluso il turismo (il turismo infatti comporta
un'importazione di beni da parte del turista, o
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corrispondentemente un'esportazione di beni da parte del
paese che riceve il turista);
investimenti finanziari (ad es.: acquisto di buoni del
tesoro stranieri);
attività speculative sui cambi (operazioni di acquisto e
vendita di valute col solo fine di guadagnarci attraverso
un'eventuale variazione dei tassi di cambio nel tempo).
Si ha un apprezzamento del tasso di cambio quando aumenta la
quantità di dollari che si scambiano con un euro ; si ha viceversa
un deprezzamento quando si riduce la quantità di dollari
necessari ad acquistare un euro. Nel primo caso l'euro vale di
più in termini di dollari, nel secondo vale invece di meno.
Il tasso di cambio è espresso dal rapporto di scambio fra due
valute: questo rapporto può essere alla pari quando una unità di
valuta estera si scambia con una unità di valuta nazionale; sopra
la pari quando occorre una maggiore quantità di valuta estera
per acquistare una unità di valuta nazionale; sotto la pari nel
caso opposto. Un tasso di cambio al di sopra delle parità non
comporta necessariamente una maggiore convenienza ad
acquistare prodotti esteri rispetto ai prodotti nazionali. Bisogna
tenere conto infatti del tasso di cambio reale, che considera
anche il diverso livello generale dei prezzi nei due paesi
considerati. Consideriamo un esempio: il cambio nominale
dollaro/euro è pari a 1,20 (occorrono 1,20 dollari per acquistare
1,00 euro) ; supponiamo che l'unico bene esistente nel mondo
sia costituito dalle arance (in maniera tale da poter ragionare in
termini di prezzo delle arance nei due paesi e non in termini di
livello generale dei prezzi); supponiamo anche che in Italia le
arance costino 2 euro al chilogrammo, mentre negli Stati Uniti 1
dollaro al chilo (le arance vendute in Italia e quelle vendute
negli Usa appartengono a due mercati differenti); in Italia si
possono acquistare 50 kg di arance con 100 euro, mentre negli
Equilibrio in Economia Aperta
Stati Uniti con 120 dollari (ottenuti in cambio dei 100 euro) si
possono acquistare 60 kg di arance; la conclusione è che, in
questo caso , il cambio nominale sembra favorevole a chi vive in
Italia, ma il cambio reale (quello che veramente interessa
all'agente economico) risulta sfavorevole.
In effetti il potere d'acquisto della valuta nazionale è
evidenziato dal tasso di cambio reale che indica i prezzi dei
beni nazionali espressi in termini di beni esteri e misura la
competitività dei prodotti nazionali rispetto ai prodotti esteri . Il
prezzo dei beni italiani è espresso infatti in euro (P); per ottenere
il prezzo dei beni italiani in dollari occorre moltiplicare il
prezzo in euro per il tasso di cambio nominale (eP); il tasso di
cambio reale (ε) confronta il prezzo dei beni nazionali espresso
in dollari (eP) con il prezzo dei beni esteri (P*)
ε = eP/P*
A parità di tasso di cambio nominale, il tasso di cambio
reale, ovvero il potere d’acquisto della valuta nazionale,
dipende dall’andamento del tasso d’inflazione interno rispetto
a quello del paese con cui si effettuano gli scambi: se i prezzi
dei prodotti nazionali P crescono più velocemente dei prezzi
dei prodotti esteri P*, il prezzo in valuta estera dei prodotti
nazionali diventa relativamente più elevato ( apprezzamento
del tasso di cambio reale) e la competitività del paese
diminuisce . Viceversa se il livello dei prezzi dei prodotti esteri
P* aumenta più velocemente del prezzo dei prodotti nazionali
P, il prezzo in valuta estera dei prodotti nazionali si riduce
( deprezzamento del tasso di cambio reale) e la competitività
del paese aumenta. Analogamente, a parità del livello dei
prezzi nei due paesi, il tasso di cambio reale si muove in
sintonia con il tasso nominale: quando il tasso di cambio
nominale (e) si apprezza , occorre cioè più valuta estera per
acquistare un euro, anche il tasso di cambio reale si apprezza e
Mario Oteri
diminuisce la competitività dei prodotti italiani, che diventano
per gli operatori esteri relativamente più cari.
Tasso di cambio reale
Se ad esempio consideriamo un tasso di cambio nominale pari
a 1,46 dollari per un euro, il tasso di cambio reale è 0,88
quando il tasso d’inflazione negli USA è pari a 0,05 mentre
nell’Unione è solo 0,03; il tasso di cambio reale diventa invece
2,44 se il tasso d’inflazione USA è 0,03 mentre nell’Unione è
pari a 0,05. Ovviamente se il tasso d'inflazione è uguale nei
due paesi il tasso di cambio reale è uguale al tasso nominale.
e = $/Є = 1,46 tasso di cambio nominale
1,46 x (0,03/0,05) = 1,46 x 0,6 = 0,88 tasso di cambio reale
1,46 x (0,05/0,03) = 1,46 x 1,67 = 2,44 tasso di cambio reale
1,46 x (0,05/0,05) = 1,46 x 1 = 1,46 tasso di cambio reale
7.3 I mercati valutari
Per comprendere come si determina il tasso di cambio
nominale fra due valute è opportuno capire come si determina la
domanda e l’offerta di valuta. Possiamo classificare gli scambi
di un paese con il resto del mondo in due grandi categorie:
scambio di beni e servizi e scambio di capitali finanziari. Lo
scambio di beni è costituito dalla domanda di prodotti nazionali
che proviene dal resto del mondo, che sono le esportazioni del
nostro paese (X), e dalla domanda di prodotti esteri che proviene
dal nostro paese , che sono le importazioni (Q). A fronte delle
esportazioni, che rappresentano un flusso di prodotti venduti dal
nostro paese al resto del mondo, avremo quindi un afflusso di
valuta, per esemplificare dollari, che proviene dal resto del
mondo (AV); viceversa a fronte delle importazioni, acquisto di
Equilibrio in Economia Aperta
beni dal resto del mondo, si determina un deflusso di valuta
nazionale (DV), ad esempio euro, verso il resto del mondo.
Tab. 7.3 Bilancia dei Pagamenti Valutaria
Esportazioni
Afflusso di Capitali
Afflusso di Valuta
(Domanda di valuta nazionale )
Importazioni
Deflusso di Capitali
Deflusso di Valuta
( Offerta di valuta nazionale )
Per quanto riguarda i movimenti di capitali si devono
considerare deflussi quando dal nostro paese si effettuano
investimenti diretti nel resto del mondo ovvero si acquistano
strumenti finanziari emessi in altri paesi, si fanno cioè prestiti a
operatori del resto del mondo in deficit (DK); si devono invece
considerare afflussi quando dal resto del mondo si fanno
investimenti diretti nel nostro paese o si finanziano operatori
nazionali in deficit che si indebitano sui mercati internazionali
(AK). E’ chiaro che a fronte dei flussi finanziari si registrano
flussi valutari: in particolare se si acquistano attività finanziarie
emesse nel resto del mondo si determina un deflusso valutario e,
viceversa, se dal resto del mondo sottoscrivono titoli emessi nel
nostro paese si determina un afflusso di valuta. Possiamo
schematizzare quanto detto nella Bilancia dei Pagamenti
Valutaria che evidenzia i movimenti di beni e servizi ( Partite
correnti) e i movimenti dei Capitali da un punto di vista
valutario. L'afflusso di valuta dal resto del mondo rappresenta
domanda di valuta nazionale: gli operatori che esportano nel
resto del mondo e sono pagati in dollari, come quelli che
vogliono sottoscrivere titoli emessi nel nostro paese, non
possono usare questa valuta nel nostro paese ma la devono
convertire in euro ( afflusso di valuta = domanda di valuta
Mario Oteri
nazionale). Al contrario il deflusso di valuta rappresenta offerta
di valuta nazionale: gli operatori che importano o acquistano
titoli dal resto del mondo devono pagare in dollari e, perciò,
offrono euro e domandano dollari ( deflusso di valuta = offerta
di valuta nazionale).
Il tasso di cambio è determinato dai movimenti valutari ed è
stabile quando afflusso e deflusso di valuta sono in equilibrio.
Questo equilibrio può verificarsi quando sia le partite correnti
che i movimenti di capitali sono in equilibrio, o quando i due
conti si compensano fra di loro; ad esempio se le Importazioni
superano le Esportazioni e si registra un deflusso netto di valuta
nelle partite correnti, un afflusso di Capitali superiore al
deflusso può assicurare l’equilibrio valutario e la stabilità del
tasso di cambio. In questo caso, ovviamente, il paese sta
acquistando dal resto del mondo più prodotti di quanto non
riesca a venderne e sta pagando indebitandosi sui mercati
internazionali. Un’operazione normale per un paese che si
indebita ed acquista beni per accrescere la sua capacità
produttiva e ripagare nel prossimo futuro i debiti contratti, ma
che può risultare rischiosa, come insegnano le esperienze del
Messico e di altri paesi latino americani, se il paese si indebita
con il resto del mondo per acquistare beni di consumo di lusso o
per fare operazioni speculative che non garantiscono il
pagamento dei debiti.
In simboli se
X = IM AK = DK AV = DV
il tasso di cambio è stabile. Ovvero se
X < IM AK >DK AV = DV
il tasso di cambio è stabile ma il paese si sta indebitando con il
resto del mondo.
Equilibrio in Economia Aperta
Gli squilibri della bilancia valutaria hanno effetti sul tasso
di cambio. Ad esempio se si verifica un attivo delle partite
correnti, se cioè le Esportazioni superano le Importazioni, dato
l’equilibrio nel movimento dei capitali, si determina un afflusso
netto di valuta dal resto del mondo che tende a far apprezzare la
valuta nazionale rispetto a quella estera.
X > IM AK = DK AV> DV e↑
Al contrario un passivo delle partite correnti, o un deflusso netto
di capitali, che determina un deflusso valutario netto tende a
deprezzare il tasso di cambio cioè il valore della valuta
nazionale rispetto a quella estera.
X<IM AK<DK AV < DV e↓
Quando il tasso di cambio si apprezza aumenta il potere
d’acquisto della nostra valuta e gli operatori nazionali hanno
convenienza ad acquistare prodotti del resto del mondo mentre
per i non residenti i nostri prodotti sono più cari: le importazioni
aumentano e le esportazioni si riducono. Accade il contrario
quando la valuta nazionale si deprezza.
7.4
Mercato valutario e regime di cambio
Il rapporto di scambio fra due valute si determina sulla base
degli accordi di cambio esistenti nel sistema monetario: si
possono avere regimi di cambio flessibili, regimi di cambio fissi
e regimi di cambio manovrati.
Oggi fra le principali valute esiste un regime di cambi flessibili
nel senso che il tasso di cambio, ad esempio fra dollaro ed euro,
è dato dall'equilibrio che si determina sul mercato fra domanda
e offerta delle due valute. La domanda di euro è effettuata dagli
operatori del nostro paese che esportando prodotti nel resto del
Mario Oteri
mondo, ad esempio negli Stati Uniti, sono pagati in dollari che,
tuttavia, non possono utilizzare in Italia come mezzo di
pagamento : sono perciò costretti ad offrire dollari e domandare
euro sul mercato valutario.
.
Figura 7.4.1. Mercato valutario e tasso di cambio
$/Є
S ( IM - DK)
S1 ( IM – DK)
E
e
A
1
E
e1
D (X – AK)
V
V1
V
L'offerta di euro è fatta, invece, dagli importatori che dovendo
pagare in dollari i prodotti acquistati all’estero, ad esempio negli
Stati Uniti, sono costretti a procurarseli sul mercato valutario
offrendo euro in cambio di dollari. Analogamente se si
considerano i movimenti di capitali la domanda di euro viene
effettuata da operatori del resto del mondo che, volendo
Equilibrio in Economia Aperta
acquistare attività finanziarie emesse nel nostro paese, devono
pagare in euro; mentre gli operatori nazionali che vogliono
acquistare attività finanziarie emesse all'estero in dollari,
offrono euro per procurarsi la valuta necessaria.
Nella figura 7.4.1 rappresentiamo il mercato valutario fra
dollaro ed euro: in ordinata poniamo il tasso di cambio $/Є che
ci dice quanti dollari occorrono per un euro. Mano a mano che
ci allontaniamo dall'origine degli assi è necessaria un quantità
crescente di dollari per acquistare un euro a significare che il
dollaro si deprezza e l'euro si apprezza
La domanda di euro ha il normale andamento decrescente ad
indicare che quando il dollaro si apprezza, a danno dell'euro,
diventa più conveniente per gli operatori stranieri acquistare
prodotti o attività finanziarie sul nostro mercato : le nostre
esportazioni pertanto aumentano. L'offerta di euro si presenta
crescente dato che per gli operatori nazionali è più conveniente
acquistare prodotti esteri quando il dollaro si deprezza e l'euro si
apprezza : le nostre importazioni aumentano.
In regime di cambi flessibili il tasso di cambio è determinato
dall'incontro fra domanda e offerta. Ad un livello superiore a
quello di equilibrio gli operatori nazionali vogliono comprare
beni dal resto del mondo per un valore che eccede quello che i
non residenti desiderano acquistare nel nostro paese, l'offerta
supera la domanda: l'euro si deprezza rispetto al dollaro,
aumentano le esportazioni si riducono le importazioni e si
raggiunge l'equilibrio. Se si dovesse verificare un improvviso
aumento dell'offerta di euro, ad esempio perché si verifica un
deflusso speculativo di capitali, la funzione si sposta verso
destra in S1 determinando un eccesso di offerta sulla domanda
pari al tratto EA; il dollaro comincia ad apprezzarsi mentre
l'euro si deprezza riducendo la quantità di dollari necessari ad
acquistare un euro. Si raggiunge una nuova posizione di
equilibrio in E1, quando il tasso di cambio si assesta al livello
Mario Oteri
e1 riportando l'eguaglianza fra domanda e offerta e la stabilità
sul mercato valutario.
Sino al 1971, con il sistema di Bretton Woods, vigeva un
regime di cambi fissi basato sul dollaro che era convertibile, in
rapporto fisso, con l’oro mentre ciascuna valuta nazionale si
scambiava, in rapporto fisso, con il dollaro. Lo scambio fra due
valute avveniva sulla base delle reciproche parità con il dollaro:
ad esempio se erano necessari 200 marchi e 400 lire,
rispettivamente, per acquistare un dollaro, il rapporto di cambio
fra lira e marco era determinato in 2 lire per 1 marco.
Ovviamente la Banca Centrale di ciascun paese era tenuta a far
fronte alle richieste del mercato cambiando al tasso
predeterminato i valori richiesti. Nel caso di un eccesso di
offerta sulla domanda, dovuto ad un deficit della Bilancia dei
Pagamenti, la Banca Centrale doveva far fronte alle richieste di
valuta attingendo alle Riserve Ufficiali, cioè alla quantità di
dollari precedentemente accumulate che deteneva in portafoglio.
Se le riserve si rivelavano insufficienti la Banca Centrale poteva
ricorre ai prestiti internazionali, ottenuti da altre Banche Centrali
o da istituzioni internazionali, che comportavano un costo
aggiuntivo in termini di interessi da corrispondere sul debito,
ovvero era costretta a svalutare il tasso di cambio accettando un
rapporto di scambio più gravoso per la propria valuta. La
svalutazione può rivelarsi positiva per quanto riguarda le
esportazioni, ma rappresenta un maggiore costo delle
importazioni e, nel caso di prodotti come il petrolio, un aggravio
dei costi che rende sempre più difficile il pareggio della Bilancia
dei Pagamenti. Per impedire che i tassi di cambio fossero
soggetti a manovre speculative difficilmente sostenibili dalle
Banche Centrali, nel sistema di Bretton Woods erano previste
forti limitazioni alla circolazione dei
capitali finanziari.
Ritornando alla figura 7.4.1 e ipotizzando che il tasso e sia
quello fisso previsto dagli accordi di cambio, un aumento
nell'offerta di valuta avrebbe costretto l’autorità monetaria a
Equilibrio in Economia Aperta
procurarsi un ammontare di dollari pari ad EA attingendo alle
riserve ufficiali.
Se queste fossero state insufficienti o se il deficit delle partite
correnti fosse stato di natura strutturale, e quindi destinato a
ripetersi nel tempo, l’autorità monetaria sarebbe stata costretta a
modificare il rapporto di scambio svalutando la moneta
nazionale.
Quando esistono degli accordi fra le Banche Centrali per
intervenire sul mercato dei cambi si parla di sistema di cambi
manovrati. Un tipico esempio è rappresentato dal Sistema
Monetario Europeo (SME) creato dai paesi europei aderenti alla
Comunità Economica Europea nel 1979 nel tentativo di far
fronte alla crisi del sistema di Bretton Woods stabilizzando i
tassi di cambio. Il sistema prevedeva la creazione di una moneta
comune, l'ECU, che fungeva da unità di misura meramente
contabile per le altre valute; ciascuna valuta nazionale poteva
oscillare liberamente attorno alla parità centrale con l'ECU di
una certa percentuale (+/- 2,5%); se la valuta nazionale avesse
superato la banda di oscillazione prevista i paesi interessati
sarebbero dovuti intervenire modificando i rapporti di cambio.
Nella figura 7.4.2. il tasso di cambio della lira nei confronti
dell'ECU è stabilito al livello ( e* ) e questo rapporto può variare
con un apprezzamento della lira sino al livello (e2 ) o un
deprezzamento sino al livello
( e1) senza che l’autorità
monetaria abbia l'obbligo di intervenire; nel caso in cui la
variazione dalla parità centrale avesse superato questi livelli
sarebbe stato necessario modificare il rapporto di cambio
rivalutando o svalutando la Lira.
Con la creazione dell'Unione Economica e Monetaria, alla
fine degli anni novanta, alcuni paesi dell'Unione Europea hanno
adottato una moneta unica, l'euro, che ha sostituito le singole
valute nazionali creando un nuovo sistema monetario basato
sulla Banca Centrale Europea. Lo SME continua a sopravvivere
per regolare i rapporti con
Mario Oteri
Figura 7.4.2 Tassi di cambio manovrati
ECU/
L
S ( IM - DK)
e2
E
e*
e1
D (X - AK)
L
L
i paesi europei che, pur aderendo alla Comunità Economica
Europea, non hanno adottato l'euro, come ad esempio la Gran
Bretagna o la Svezia, o con i paesi che sono entrati
successivamente nell'Unione, come la Polonia e la Romania, e
non hanno ancora potuto adottare l’euro. Nel nuovo sistema
l'euro rappresenta la valuta di riferimento alla quale si devono
adeguare tutti paesi aderenti.
Equilibrio in Economia Aperta
7.5 Il mercato delle merci in Economia Aperta
Che effetti hanno i rapporti con il resto del mondo sul mercato
interno ? Occorre innanzitutto evidenziare la differenza fra
domanda di prodotti nazionali e domanda nazionale di
prodotti : la prima si riferisce alla spesa per acquistare prodotti
nazionali proveniente sia dal paese, come i Consumi, gli
Investimenti e la Spesa Pubblica, che dal resto del mondo, come
le Esportazioni. Mentre la domanda nazionale di prodotti si
riferisce alla spesa dei residenti per acquistare prodotti nazionali
o provenienti dal resto del mondo, comprende cioè anche le
importazioni. Quindi mentre in economia chiusa i due concetti
coincidono in un'economia aperta occorre aggiungere, alle
componenti interne della spesa, la differenza fra la domanda di
prodotti nazionali che proviene dal resto del mondo
( esportazioni) e la domanda nazionale rivolta a merci prodotte
nel resto del mondo ( importazioni); occorre aggiungere la
differenza fra esportazioni o importazioni ovvero il saldo netto
delle partite correnti.
Come sappiamo in un'economia chiusa la domanda aggregata è
data da
AD = C + I + G
ma una parte di questa spesa si indirizza su beni e servizi
prodotti nel resto del mondo riducendo la domanda di beni
nazionali; sottraendo le importazioni alla domanda aggregata
evidenziamo la domanda nazionale di prodotti (AA) :
AA = C + I + G - IM
Mario Oteri
aggiungendo a questa la domanda di prodotti nazionali che
proviene dal resto del mondo (esportazioni) otteniamo la
domanda complessiva di prodotti nazionali ( ZZ)
ZZ = C + I + G - IM + X
che possiamo scrivere
ZZ = C + I + G + NX
dove
NX = X - IM
Lo scambio di beni e servizi con il resto del mondo dipende
innanzitutto dall'andamento del tasso di cambio nominale: se
l'euro si deprezza rispetto al dollaro per i residenti negli Stati
Uniti diventa più conveniente l'acquisto di prodotti europei
favorendo le nostre esportazioni. Gli scambi sono influenzati,
inoltre, dall’andamento del tasso di cambio reale che indica il
prezzo dei prodotti nazionali in termini di prodotti esteri: se il
tasso di cambio reale si apprezza il paese diventa meno
competitivo, perché i prodotti nazionali sono più cari dei
prodotti esteri. Ad esempio, dato un tasso di cambio nominale
fra dollaro ed euro il tasso di cambio reale si apprezza quando
il tasso d’inflazione nell’Unione Economica e Monetaria è più
elevato che negli Stati Uniti, il prezzo in dollari delle merci
europee aumenta e la competitività si riduce.
Dato il tasso di cambio reale possiamo dire che le esportazioni
( X ) dipendono dal reddito dei paesi importatori che sono,
generalmente, i paesi più ricchi : in un’economia di mercato i
beni si scambiano con moneta e la domanda pagante è quella più
importante. Ricordiamo che gli Stati Uniti, che sono il mercato
più ricco, rappresentano la locomotiva dello sviluppo
Equilibrio in Economia Aperta
internazionale perché importano dal resto del mondo più beni di
quanti non ne esportino.
X = f (Y*, e P/P*)
Le importazioni ( IM ) invece, dato il tasso di cambio reale,
dipendono dal livello di spesa dei residenti e, quindi, dal livello
del reddito nazionale (Y) ; seguendo l'impostazione già
analizzata per il consumo, si ipotizza una propensione
marginale ad importare (m) stabile che si aggiunge al risparmio
e all'imposizione fiscale riducendo la spesa su prodotti nazionali.
IM = f ( mY, e P/P*)
Le esportazioni nette, che indicano il saldo dalle partite correnti
e sono determinate dalla differenza fra esportazioni e
importazioni, dipendono perciò dal reddito estero, dal reddito
nazionale e dal tasso di cambio reale.
NX = X – IM
NX = f ( Y*, mY, e P/P*)
In particolare il saldo è positivo quando le esportazioni superano
le importazioni, ed aumenta al crescere del reddito dei paesi
esteri, al diminuire del reddito nazionale, quando il prezzo dei
prodottti nazionali in termini e di valuta estera diminuisce per
un deprezzamento del tasso di cambio nominale, ovvero perchè
il tasso d'inflazione nei paesi esteri è superiore a quello interno.
Viceversa le importazioni superano le esportazioni e si registra
un saldo negativo delle partite correnti.
NX ↑ se Y*↑ mY↓ e↓ P/P*↓
Mario Oteri
7.5.1
Una
commerciale
rappresentazione
grafica
della
bilancia
Nella fig.7.5.1 (a) rappresentiamo la spesa dei residenti (AD) in
relazione al livello del reddito, ricordiamo che la pendenza della
funzione dipende dalla propensione marginale al consumo , cioè
dalla parte d'incremento di reddito nazionale speso in incremento
dei consumi. In un’economia aperta, considerando anche la
spesa per Importazioni, una parte della spesa dei residenti si
indirizza al resto del mondo e la domanda di prodotti nazionali
diminuisce; in particolare si riduce la propensione marginale al
consumo dei prodotti nazionali e varia, quindi, la pendenza della
funzione.
Sottraendo le Importazioni (IM) dalla AD
individuiamo la domanda di beni nazionali (AA) espressa dai
residenti. A questa aggiungiamo la domanda di beni nazionali
proveniente dal resto del mondo, le Esportazioni (X), e
otteniamo la domanda complessiva di prodotti nazionali (ZZ);
dato che le esportazioni dipendono dal livello del reddito estero
la propensione marginale al consumo rispetto al reddito
nazionale rimane immutata e, quindi, la ZZ si sposta verso
l'alto parallelamente alla AA . La differenza fra la curva AD e
la curva ZZ permette di evidenziare l'andamento del saldo
commerciale della Bilancia dei pagamenti
in relazione al
Reddito nazionale.
Equilibrio in Economia Aperta
Fig.7.5.1
Mercato interno e saldo commerciale
D
45°
(a)
AD
ZZ
AA
Y'
Y''
Y
NX
(b)
Y'
Y''
Y
NX
Ricordiamo che la AD indica la spesa complessiva dei residenti,
la AA indica la spesa dei residenti per prodotti nazionali, la ZZ
indica la domanda interna ed esterna di prodotti nazionali.
Quando la domanda di prodotti nazionali supera la domanda
complessiva dei residenti ( ZZ > AD ) le esportazioni superano
Mario Oteri
le importazioni e si registra un saldo attivo della bilancia
commerciale ; quando la domanda di prodotti nazionali è
inferiore alla domanda complessiva dei residenti (ZZ < AD) le
importazioni superano le esportazioni e si registra un saldo
negativo della bilancia commerciale . Al livello di reddito Y' la
domanda di prodotti nazionali è uguale alla spesa complessiva
dei residenti (ZZ = AD) , le esportazioni sono uguali alle
importazioni e la bilancia commerciale è in equilibrio.
Nella parte (b) della figura 7.5.1 consideriamo le esportazioni
nette in relazione all'andamento del reddito nazionale, dato il
tasso di cambio reale, il reddito estero e le componenti interne
della domanda aggregata. Y' indica il livello del reddito che
porta in equilibrio la bilancia commerciale, la funzione NX
incontra l'asse delle ascisse; a livelli di reddito inferiori si ha un
saldo positivo dato che, a parità di esportazioni determinate dal
reddito estero, si riduce la spesa per importazioni ; al contrario
al crescere del reddito aumenta la spesa per importazioni e le
esportazioni nette diventano negative ( deficit della bilancia
commerciale). Va precisato che il livello di equilibrio del
reddito nazionale è individuato dall’incontro fra la curva della
domanda interna ed esterna di prodotti nazionali (ZZ) e la
bisettrice ad indicare che domanda e offerta sono uguali (reddito
Y''). Tuttavia a livello del reddito Y'' si determina un deficit
della bilancia commerciale evidenziato dalla funzione NX al di
sotto dell’asse delle ascisse ( fig. 7.5.1 b).
Il saldo NX permette di evidenziare il diverso effetto di una
variazione della domanda interna o della domanda esterna sul
livello del reddito e sulla bilancia commerciale. In un’economia
aperta un aumento di una componente autonoma della domanda
interna, come ad es. la spesa pubblica (G), ha innanzitutto un
impatto relativamente minore sul livello del reddito nazionale
dato che una parte della spesa si indirizza all’acquisto di
prodotti esteri, la propensione marginale a consumare prodotti
nazionali è diminuita; allo stesso tempo l’aumento della
Equilibrio in Economia Aperta
domanda nazionale di importazioni, a parità di esportazioni,
determina un deficit della bilancia commerciale. Nella figura
7.5.2 (a) l'aumento della spesa pubblica può essere individuato
da uno spostamento della ZZ verso lalto in ZZ' e da un nuovo
reddito di equilibrio Y', a questo maggiore livello di reddito
corrisponde nella fig. 7.5.2. (b) un deficit della bilancia
commerciale . In economia aperta l'efficacia della politica
fiscale espansiva è infatti ridotta dalla tracimazione degli effetti
sui mercati esteri: questo spiega la riluttanza dei singoli paesi ad
attuare singolarmente interventi di sostegno della domanda
aggregata e la necessità di concordare eventuali politiche con
gli altri paesi (G7, G20 etc.) .
Al contrario un aumento della domanda estera, dovuto ad
esempio ad un aumento del reddito dei paesi esteri
( gli Stati
Uniti sono considerati la “locomotiva del mondo”) o ad un
deprezzamento del tasso di cambio, fa crescere la domanda di
prodotti nazionali e il livello del reddito con un aumento delle
esportazioni nette. In questo caso, a parità di reddito nazionale,
il livello delle esportazioni è maggiore mentre le importazioni
restano invariate determinando un aumento delle esportazioni
nette.
Nella fig.ra 7.5.2 (a) l'aumento della domanda estera è
evidenziato da uno spostamento della funzione di domanda di
prodotti nazionali verso l'alto (ZZ') e dal un nuovo reddito di
equilibrio Y' in corrispondenza al punto E'. Nella parte (b) della
figura 7.5.2. l'aumento della domanda estera determina lo
spostamento della funzione di Esportazioni nette (NX) verso
l'alto e verso destra ad indicare che a parità di reddito , e di
importazioni, le esportazioni sono maggiori. Al nuovo livello di
reddito di equilibrio (Y') si determina un attivo della bilancia
commerciale evidenziato nella parte (a) dalla differenza fra
curva ZZ e curva AD, la domanda di prodotti nazionali supera la
domanda nazionale di prodotti, e nella parte (b) dalla differenza
Mario Oteri
Fig.ra 7.5.2 Aumento della domanda estera
e bilancia commerciale
D
45°
AD
ZZ '
E'
ZZ
E
Y
Y'
Y''
Y
Y''
NX'
NX
Y
Y'
NX
Equilibrio in Economia Aperta
positiva fra la NX' e l'asse delle ascisse. Si rileva che per
raggiungere il pareggio della bilancia commerciale il reddito
dovrebbe raggiungere il livello Y'' in corrispondenza del quale
ZZ = AD e NX = 0.
Va in effetti precisato che un deprezzamento del tasso di cambio
non porta necessariamente ad un aumento delle esportazioni
nette dato che la reattività delle esportazioni e delle importazioni
dipende dalla elasticità della domanda dei singoli prodotti. Così
un deprezzamento del tasso di cambio può avere un effetto
limitato sulla quantità di petrolio importato da un paese e si
potrebbe alla fine risolvere in un maggiore esborso per
acquistare la stessa quantità a prezzi più elevati. Allo stesso
tempo il deprezzamento del cambio potrebbe avere effetti
irrilevanti su quei prodotti che già soddisfano pienamente la
domanda estera , come ad esempio la domanda di caffè nei paesi
più ricchi: in questo caso i paesi produttori si troverebbero a
vendere la stessa quantità di merce a prezzi minori con
un'evidente calo del valore delle esportazioni. Gli economisti
hanno dimostrato che un deprezzamento del cambio può portare
ad un attivo della bilancia commerciale solo se la somma delle
elasticità delle esportazioni e delle importazioni rispetto al
prezzo è maggiore di uno ( condizione di Marshall - Lerner).
7.6
Il mercato dei capitali
Il movimento dei capitali fra un paese e il resto del mondo
dipende innanzitutto dal regime valutario esistente, perchè non
sempre è possibile portare liberamente capitali all'estero: nel
sistema di Bretton Woods esistevano ad esempio forti vincoli
che, sino alla metà degli anni ottanta , hanno limitato la
circolazione dei capitali. Con il prevalere dell'impostazione
liberista, ed il passaggio ad un sistema di cambi flessibili, il
mercato internazionale dei capitali è stato progressivamente
Mario Oteri
liberalizzato rendendo possibile lo scambio di strumenti
finanziari emessi in paesi diversi. La scelta degli operatori fra
titoli emessi in paesi diversi dipende ovviamente dalla differenza
fra i rendimenti: è più conveniente sottoscrivere i titoli emessi
nel paese dove si pagano tassi d'interesse più elevati. Tuttavia gli
operatori devono tener conto del tasso di rendimento reale che
può essere influenzato dalla differenza nei tassi d'inflazione fra i
due paesi e dalle variazioni attese nel tasso di cambio. Infatti a
parità di tasso di rendimento nominale, il rendimento reale è
diverso se il paese che emette i titoli ha un tasso d'inflazione più
elevato che riduce il potere d'acquisto della valuta di
pagamento ; analogamente il rendimento reale del titolo si riduce
se si prevede un deprezzamento del tasso di cambio della valuta
di pagamento. In simboli possiamo dire che l'operatore cerca di
eguagliare il rendimento dei titoli nazionali (i) al rendimento dei
titoli esteri (i*) che deve tener conto anche della variazione
attesa del tasso di cambio
i = i* - e
e
A parità di tassi di rendimento se vi sono aspettative di un
apprezzamento del tasso di cambio, l’euro si apprezza rispetto al
dollaro, gli operatori non avranno convenienza ad acquistare
titoli in dollari che potranno essere cambiati con una quantità
minore di euro. Viceversa se l’euro si deprezza conviene avere
acquistato titoli emessi in dollari che avranno un valore più
elevato in termini di euro.
Le aspettative sul diverso andamento del tasso di rendimento
reale spiega il fatto che possono essere considerati equivalenti
titoli emessi in due paesi con tassi nominali diversi. Infatti le
aspettative su variazioni del tasso di cambio possono rendere
più convenienti titoli che, pur indicando un rendimento nominale
inferiore, saranno pagati in valuta che avrà un maggiore potere
d’acquisto.
Equilibrio in Economia Aperta
Un altro aspetto che può influenzare il rendimento reale dei
titoli è il cosiddetto elemento politico che può essere
rappresentato, ad esempio, da una normativa fiscale sulla
tassazione dei rendimenti più favorevole in un paese piuttosto
che in un altro. Date le aspettative sul tasso d'inflazione, sul
tasso di cambio e sull'elemento politico, per semplicità
assumiamo che il movimento di capitali di un paese con il resto
del mondo dipende dalla differenza fra tasso d'interesse interno e
tasso d'interesse esterno.
ANK = f ( i – i*)
Quando il tasso d'interesse interno è maggiore del tasso
d'interesse esterno aumenta l'afflusso di capitali (AK) mentre
tende a ridursi il deflusso (DK): cresce perciò l'afflusso netto di
capitali (ANK). Agli operatori conviene, infatti acquistare
strumenti finanziari emessi nel nostro paese che offrono un
rendimento più elevato; al contrario se il tasso d’interesse
interno è inferiore a quello internazionale gli operatori hanno
convenienza a spostarsi su titoli esteri accrescendo il deflusso
netto di capitali. In quest'ambito possiamo evidenziare due
situazioni estreme: la perfetta mobilità del movimento dei
capitali e l'esistenza di vincoli alla mobilità. Nel primo caso il
paese opera in regime di liberalizzazione valutaria , non esiste
alcun limite al movimento dei capitali il sistema finanziario
nazionale è perfettamente integrato in quello internazionale, il
tasso d'interesse interno non può discostarsi da quello esterno.
Nel secondo caso, invece, non è consentito esportare o importare
capitali dal resto del mondo, il sistema finanziario del paese è
isolato dal sistema finanziario internazionale, il tasso d'interesse
interno è svincolato da quello esterno.
7.7 Equilibrio della Bilancia dei Pagamenti e curva BP.
Mario Oteri
Come abbiamo visto la Bilancia dei Pagamenti è in equilibrio
quando l’afflusso di valuta è uguale al deflusso di valuta,
indipendentemente dal fatto che partite correnti e movimenti di
capitali siano reciprocamente in equilibrio, ovvero l’attivo di un
conto compensi il passivo dell’altro.
AV=DV
Possiamo perciò dire che la Bilancia dei Pagamenti è in
equilibrio quando le esportazioni nette, differenza fra
esportazioni e importazioni, sono uguali al deflusso netto di
capitali, che si determina quando il deflusso supera l’afflusso di
capitali
NX = DNK
L’equilibrio della Bilancia dei Pagamenti dipende dalle variabili
che influenzano lo scambio di beni e servizi e i movimenti di
capitali: innanzitutto il tasso di cambio reale e ( P/P*), il reddito
estero Y*, il reddito nazionale mY, la differenza fra tasso
d‘interesse interno ed esterno ( i – i*),
BP = f [ e P/P*, Y*, mY, ( i – i*)]
Dato il tasso di cambio reale , il reddito dei paesi esteri e il tasso
d’interesse internazionale, che possono essere considerate
variabili esogene, la curva BP indica coppie di valori d’interesse
e di reddito che garantiscono l’equilibrio della Bilancia dei
Pagamenti. Nella figura 7.7 sul grafico a) indichiamo in
ordinata il tasso d’interesse interno (i) mentre in ascissa
indichiamo i movimenti valutari (V) che sono in attivo a destra
dell’origine e negativi a sinistra. Indichiamo poi, con una retta
parallela all’asse delle ordinate, la funzione di esportazioni nette
Equilibrio in Economia Aperta
(NX) , che dipende dal livello del reddito nazionale ma è
esogena rispetto al tasso d’interesse ; se il reddito nazionale è al
livello Y1 le esportazioni superano le importazioni , funzione
NX1, determinando un afflusso di valuta V1. Quando il reddito
aumenta al livello Y2, crescono anche le importazioni e le
esportazioni nette diventano negative, funzione NX2 , con un
deflusso valutario pari a V2. Costruiamo quindi la funzione di
deflusso netto di valuta (DNK), data dalla differenza fra deflusso
ed afflusso di valuta, che dipende dalla differenza fra tasso
d’interesse interno e tasso d’interesse esterno.
Figura 7.7 Costruzione della curva BP
a)
NX2
A2
b)
NX1
i
i
i2
BP
i2
E2
i = i*
i1
A1
i1
E1
DNK
- V2
0
V1
+V
Y1
Quando il tasso d’interesse interno è uguale a quello
internazionale ( i = i*) il deflusso netto di valuta è zero , la
funzione (DNK) interseca l’asse delle ordinate; al di sopra il
Y2 Y
Mario Oteri
tasso d’interesse interno supera quello internazionale ( i2 > i*) gli
operatori hanno convenienza ad acquisire titoli emessi nel nostro
paese e il deflusso netto di capitali diventa negativo, si verifica
cioè un afflusso di capitali . Al contrario diminuendo il tasso
d’interesse al di sotto di quello internazionale (i1 < i) gli
operatori hanno convenienza ad acquisire titoli esteri e il
deflusso netto di capitali diventa positivo .
Nel grafico b), a sinistra, indichiamo il tasso d’interesse, in
ordinata, e il livello del reddito, in ascissa, per individuare la
funzione di equilibrio della Bilancia dei pagamenti ( BP). Al
livello di reddito Y1 le esportazioni superano le importazioni e le
esportazioni nette sono positive, NX1, determinando un afflusso
di valuta V1; per mantenere la Bilancia dei pagamenti in
equilibrio il tasso d’interesse deve collocarsi al livello i1, al di
sotto del tasso internazionale, in modo da compensare le partite
correnti (A1) con un deflusso di capitali. Sul grafico b) abbiamo
il primo punto di equilibrio ( E1) corrispondente alle coordinate
Y1 e i1. Quando il reddito raggiunge il livello Y2 le importazioni
aumentano e superano le esportazioni determinando un
ammontare di esportazioni nette negativo con un deflusso di
valuta pari a V2; per compensare questo deflusso il tasso
d'interesse deve crescere al di sopra del livello internazionale ( i2)
in modo di attirare capitali, determinando un deflusso netto di
capitali negativo in corrispondenza al punto ( A2 ). Sul grafico
b) determiniamo il secondo punto di equilibrio E2 di coordinate
( i2) e (Y2 ) : attraverso i due punti tracciamo la funzione BP che
indica coppie di valori d'interesse e di reddito che danno
l'equilibrio sulla Bilancia dei pagamenti.
Di norma la funzione BP si presenta crescente ad indicare che
per mantenere l'equilibrio al crescere del reddito , e quindi delle
importazioni, con conseguente deflusso di valuta, deve crescere
anche il tasso d'interesse per attirare capitali e valuta. In
particolare la pendenza della funzione BP dipende dalla reattività
del movimento di capitali ai movimenti del tasso d'interesse: in
Equilibrio in Economia Aperta
caso di vincoli al movimento di capitali la BP si presenta
verticale ad indicare che l'equilibrio della Bilancia dei pagamenti
dipende soltanto dalle partite correnti. Si presenta invece
orizzontale in caso di perfetta mobilità nel movimento di capitali
ad indicare che il sistema finanziario nazionale è perfettamente
inserito in quello internazionale e il tasso d'interesse interno non
può discostarsi da quello esterno: un aumento determina un
afflusso teoricamente infinito di capitali e di valuta, mentre una
diminuzione determina un deflusso.
7.8 Equilibrio interno ed equilibrio esterno
Collegando la funzione BP al modello IS / LM è possibile
considerare la condizione di equilibrio del reddito nazionale in
economia aperta e analizzare gli effetti delle politiche monetarie
e di quelle fiscali. Dato l’elevato grado d’integrazione raggiunta
dai mercati finanziari si considera una situazione di perfetta
mobilità nel movimento dei capitali e ipotizziamo un regime di
cambi flessibili con riferimento ai rapporti dell’Unione
Economica e Monetaria con il resto del mondo.
In condizioni di equilibrio il tasso d’interesse interno deve essere
uguale al tasso d’interesse internazionale, la BP si presenta
orizzontale, e il livello del reddito Y determina l’equilibrio
simultaneo sul mercato delle merci, sul mercato finanziario e
della bilancia dei pagamenti in coincidenza con il punto
d’incontro fra le curve IS, LM e BP. Consideriamo innanzitutto
una politica monetaria restrittiva attuata dall’autorità monetaria
per contenere le spinte inflazionistiche nel sistema economico.
Seguendo lo schema LM la banca centrale riduce l’offerta di
moneta facendo aumentare il tasso d’interesse: in un’economia
chiusa si riduce la spesa per investimenti, la domanda aggregata
e il livello del reddito, in un’economia aperta si deve aggiungere
l’afflusso di capitali e di valuta che fa apprezzare il tasso di
Mario Oteri
cambio riducendo le esportazioni e accrescendo le importazioni.
L’effetto restrittivo della politica monetaria è dunque amplificato
da una diminuzione delle esportazioni nette che riduce
ulteriormente la domanda aggregata.
In economia chiusa:
MS ↓ MD > MS i↑ I ↓ AD↓ Y↓
in economia aperta:
i↑> i* AK↑ AV↑ e↑ Q↑ X↓ NX↓ AD↓ Y↓
Figura 7.8 Politica monetaria con cambi flessibili
i
LM1
LM
B
i
1
C
A
BP
i=i*
IS1
Y1
Y*
IS
Y
Equilibrio in Economia Aperta
In regime di cambi flessibili le variazioni del tasso di cambio
permettono di isolare il paese dal resto del mondo liberando la
Banca centrale dal vincolo esterno e rendono efficace la politica
monetaria. Nella figura 8.4 partendo da un reddito di equilibrio
Y* e da un tasso d'interesse i = i*, in corrispondenza al punto
d'incontro fra le curve IS LM e BP( punto A), vediamo che una
contrazione dell'offerta di moneta sposta la curva LM in alto a
sinistra in LM1 determinando un nuovo equilibrio nel punto B
con un tasso d'interesse maggiore e un reddito minore.
L'afflusso di capitali e di valuta fa apprezzare il tasso di cambio
che riduce le esportazioni nette e la domanda aggregata : la
curva IS si sposta in IS1 e si individua un nuovo equilibrio in
corrispondenza al punto C. Alla fine la politica monetaria ha
determinato una contrazione del reddito nazionale al livello Y1,
riducendo la domanda interna e quella esterna, tuttavia il paese si
sta indebitando con il resto del mondo per acquistare prodotti
esteri.
La politica fiscale si rivela invece inefficace in economia aperta
con cambi flessibili, per il fatto che le variazioni della spesa
pubblica sono compensate da variazioni in senso contrario delle
partite correnti della Bilancia dei pagamenti. Ipotizziamo che il
governo voglia attuare una politica fiscale espansiva per
sostenere la domanda aggregata e il livello del reddito.
L'aumento della spesa pubblica in deficit, finanziata con
emissione di titoli del debito pubblico, fa aumentare il tasso
d'interesse e, come sappiamo, determina uno spiazzamento
(parziale) della spesa privata; in economia aperta l'aumento del
tasso d'interesse influenza anche l'afflusso di capitali e di valuta
facendo apprezzare il tasso di cambio e riducendo le esportazioni
nette. In economia aperta con cambi flessibili e perfetta mobilità
dei capitali, la politica fiscale espansiva determina quello che è
definito il doppio deficit, quello dei conti pubblici e quello delle
Mario Oteri
partite correnti della bilancia dei pagamenti, e si rivela alla fine
inefficace.
G↑ AD↑ Y↑ Md↑ > Ms i↑ I ↓ AD↓ Y↓
i ↑ > i* AK↑ AV↑ e↑ Q↑ X↓ NX↓ AD↓ Y↓
Nella figura 8.4.1 l'aumento della spesa pubblica è evidenziato
da uno spostamento verso l'alto della curva IS che determina un
nuovo equilibrio nel punto B in corrispondenza ad un livello del
reddito e del tasso d'interesse più elevati.
Ma l'aumento del tasso d'interesse facendo affluire capitali
determina un apprezzamento del tasso di cambio e una
contrazione delle esportazioni nette che riporta la curva IS al
livello di equilibrio iniziale nel punto A.
Figura 7.8.1 Politica fiscale con cambi flessibili
i
LM
i1
i=i*
B
A
BP
IS1
IS
Y
Y1
Y
Equilibrio in Economia Aperta
In regime di cambi flessibili, dunque, la politica fiscale diventa
inefficace mentre quella monetaria risulta pienamente efficace
grazie alla reattività delle esportazioni e delle importazioni alle
variazioni del tasso di cambio. Queste conclusioni sono
evidentemente condizionate dall'elasticità delle singole voci
delle partite correnti rispetto al tasso di cambio: l'elasticità delle
esportazioni, che misura il rapporto fra variazione percentuale
della domanda di prodotti nazionali proveniente dal resto del
mondo rispetto alle variazioni percentuali del tasso di cambio, e
l'elasticità delle importazioni, che misura, invece, il rapporto fra
variazione percentuale della domanda nazionale di prodotti esteri
e la variazione percentuale del tasso di cambio. Come sappiamo
il valore dell'elasticità può variare a seconda dei prodotti e
quindi, a livello aggregato, possiamo avere effetti diversi in
relazione alla composizione delle esportazioni e delle
importazioni. Così ad esempio nel caso in cui prodotti a
domanda rigida, come il petrolio o alcuni prodotti alimentari
come il latte, hanno un peso significativo sul totale delle
importazioni
un deprezzamento del tasso di cambio può
comportare un aumento del loro costo e un esborso maggiore
piuttosto che una contrazione delle importazioni. Analogamente
non è detto che un deprezzamento del cambio possa portare ad
un aumento delle esportazioni: ad esempio nel caso di prodotti
alimentare di base, come il caffè che viene esportato da alcuni
paesi latino americani, la domanda che proviene dai paesi
importatori non è limitata dal prezzo nel senso che i consumatori
acquistano già tutta la quantità che desiderano, la domanda è
poco elastica. Un eventuale deprezzamento del tasso di cambio
avrebbe quindi, come conseguenza, una riduzione dell'incasso
complessivo e una decurtazione del valore delle esportazioni.