Le basi genetiche della cardiopatia ischemica. C`è qualcosa di

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Le basi genetiche della cardiopatia ischemica.
C’è qualcosa di peculiare nelle donne?
Maria Francesca Notarangelo1, Lucia Coppini1, Angela Guidorossi1, Rossella Giacalone1,
Piera Angelica Merlini2
1
U.O. di Cardiologia, Dipartimento Cardio-Nefro-Polmonare, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
2
U.O. di Cardiologia, A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano
More women die every year from cardiovascular disease than men from any other cause. Several fundamental variations have been reported in the mechanisms underlying coronary artery disease, which suggest that
its genetic basis varies by gender. Such differences are not limited to gonadal hormones and can be seen in
the physiology of atherosclerosis, including plaque components, endothelial function and hemostasis.
It is possible to speculate that genetic factors are different in men and women and probably involve biological pathways that have not yet been identified. To date, studies performed by means of the candidate gene
approach have identified several genetic variants associated with coronary artery disease in women. However, these scientific data have not been translated into clinical practice. It has recently become possible to search
for common gene variants that affect the susceptibility to myocardial infarction on the basis of our knowledge
of common single nucleotide polymorphisms and haplotypes across the human genome using genome-wide
genotyping technologies. Currently more than 20 gene regions have been associated with ischemic heart disease using this approach. However, so far we do not know several genetic variants differently associated with
risk of ischemic heart disease in men and women. A challenge for the near future will therefore be to identify genetic variants that maximally differentiate males from females, and also to identify possible relationships
between genes and environment and genes and hormones in both sexes.
Key words. Candidate gene; Coronary heart disease; Genetics; Genome-wide association studies; Women.
G Ital Cardiol 2012;13(6):386-395
INTRODUZIONE
La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte femminile nei paesi occidentali1. Sebbene la mortalità per cardiopatia ischemica sia globalmente diminuita nel corso degli anni, è doveroso sottolineare come questo miglioramento della
prognosi riguardi selettivamente il sesso maschile2. Analizzando per sesso i dati di mortalità si evince, infatti, che in Europa
il 54% dei decessi femminili è attribuibile alla cardiopatia ischemica contro il 43% nel sesso maschile3 e tale andamento è
analogo anche in Italia dove le malattie cardiovascolari risultano responsabili del 46.8% di tutte le morti nelle donne e del
37% negli uomini4. Infatti anche se il genere femminile, specie in giovane età, ha un’incidenza di eventi coronarici inferiore, con un “ritardo” di circa 9 anni rispetto al genere maschile5, è noto che le donne muoiono più degli uomini in tutte le fasce di età6. Tale dato epidemiologico non appare riconducibile semplicisticamente alla maggior prevalenza di comorbilità nel sesso femminile, ma deve essere interpretato alla lu-
© 2012 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 01.02.2012; accettato 06.03.2012.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr.ssa Maria Francesca Notarangelo U.O. di Cardiologia,
Dipartimento Cardio-Nefro-Polmonare, Azienda OspedalieroUniversitaria di Parma, Via Gramsci 14, 43126 Parma
e-mail: [email protected]
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ce delle differenze di base presenti tra uomo e donna nella fisiopatologia della cardiopatia ischemica e dell’infarto miocardico in particolare. La cardiopatia ischemica nella donna non
deve essere considerata semplicemente la trasposizione della
patologia maschile nel sesso femminile, in quanto essa è caratterizzata da peculiarità che condizionano una diversa incidenza, presentazione clinica, risposta ai trattamenti e mortalità5. I dati degli studi epidemiologici suggeriscono che, sebbene le donne e gli uomini siano esposti agli stessi fattori di rischio ambientali, il significato e il peso relativo di questi fattori differisce nei due sessi7,8. Crescenti evidenze mostrano che i
meccanismi fisiopatologici dell’infarto miocardico sono diversi nell’uomo e nella donna9. Le donne infatti hanno una più
elevata componente infiammatoria vascolare, un pattern aterosclerotico più diffuso rispetto all’uomo, con arterie coronarie maggiormente caratterizzate da rimodellamento positivo.
Specialmente nelle donne più giovani il momento fisiopatologico scatenante l’infarto miocardico sembrerebbe essere l’erosione di placca più che la rottura di placca. In effetti queste
spesso presentano coronarie non stenotiche all’angiografia coronarica e disfunzione microvascolare verosimilmente causata
dall’embolizzazione distale di microemboli a partenza dalla
placca erosa9-13. Non bisogna dimenticare che uomo e donna
sono considerevolmente diversi in relazione ai geni localizzati
a livello dei cromosomi sessuali X e Y e che i due sessi sono caratterizzati da un assetto ormonale differente. Non è da sottovalutare anche il fatto che queste caratteristiche biologiche
GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA
CHIAVE DI LETTURA
Ragionevoli certezze. La cardiopatia ischemica è
la principale causa di morte femminile nei paesi
occidentali. Sebbene le donne, specie in età
premenopausale, presentino un’incidenza minore
di eventi coronarici rispetto agli uomini, è noto
che la mortalità cardiovascolare è maggiore nel
sesso femminile in tutte le fasce di età. È infatti
possibile che la scarsa consapevolezza nella
comunità scientifica delle peculiarità della
cardiopatia ischemica nel sesso femminile sia alla
base di un trattamento subottimale delle donne.
Le differenze biologiche tra uomo e donna sono
alla base della diversa suscettibilità dei due sessi ai
fattori di rischio ambientali e della differente
fisiopatologia della cardiopatia ischemica e
dell’infarto miocardico. La cardiopatia ischemica
nella donna, pertanto, non va interpretata come la
trasposizione della patologia maschile nel sesso
femminile, in quanto essa è caratterizzata da
peculiarità che condizionano una diversa
incidenza, presentazione clinica, risposta ai
trattamenti e mortalità.
Questioni aperte. I dati clinici ed epidemiologici
suggeriscono che la cardiopatia ischemica,
malattia multifattoriale derivante dall’interazione
tra fattori di rischio genetici e ambientali, sia
causata da geni differenti nei maschi e nelle
femmine. È infatti noto che la componente
ereditaria di alcuni dei fattori di rischio classici
può essere differente nella donna rispetto
all’uomo, suggerendo la possibile interazione tra
geni e sesso nel determinare il rischio di
cardiopatia ischemica. Esistono delle solide basi
biologiche a supporto dell’ipotesi che la
componente genetica influenzi differentemente i
due sessi. Uomo e donna infatti non solo
differiscono per i geni localizzati sui cromosomi
sessuali, ma sono caratterizzati da un differente
assetto ormonale che verosimilmente modula
differentemente l’espressione genica. Sebbene
siano stati numerosi i tentativi volti ad
identificare le specifiche varianti genetiche
associate al rischio di cardiopatia ischemica nel
sesso femminile, gli studi eseguiti con l’approccio
del gene candidato hanno fornito risultati spesso
contrastanti e poco riproducibili. Tuttavia la
maggior parte di questi studi ha utilizzato analisi
statistiche combinate per i due sessi utilizzando il
genere come semplice covariata.
Le ipotesi. È possibile che la mancanza di risultati
riproducibili, anche mediante l’utilizzo delle più
recenti metodiche di analisi genetica whole
genome, sia attribuibile non alla reale assenza di
differenze genetiche tra uomo e donna correlate
alla cardiopatia ischemica, ma piuttosto al
mancato utilizzo di test statistici volti ad
individuare tali differenze. Dati recenti infatti
dimostrano che utilizzando un approccio sessospecifico nell’analisi dei risultati degli studi di
associazione genome-wide è possibile identificare
polimorfismi genetici correlati al rischio di
malattia significativamente diversi nell’uomo e
nella donna. È pertanto possibile sostenere
l’ipotesi che la cardiopatia ischemica sia causata
da geni differenti nei maschi e nelle femmine che
estrinsecano il loro effetto fenotipico in un
contesto biologico ed ambientale differente.
si traducano in differenze ambientali e sociali. Appare chiaro
come sia il background genetico sia l’influsso ambientale siano differenti nei due sessi. È pertanto possibile sostenere l’ipotesi che la cardiopatia ischemica, malattia multifattoriale derivante dall’interazione tra fattori di rischio genetici e ambientali,
sia causata da geni differenti nei maschi e nelle femmine che
estrinsecano il loro effetto fenotipico in un contesto biologico
ed ambientale differente.
Obiettivo di questa rassegna è ripercorrere la lunga strada
della genetica in campo cardiovascolare al fine di evidenziare le
peculiarità genetiche del sesso femminile implicate nello sviluppo della cardiopatia ischemica, con l’auspicio che una miglior comprensione delle caratteristiche biologiche alla base delle differenze clinico-epidemiologiche dei due sessi consenta di
ottimizzare la gestione clinica della cardiopatia ischemica nella
donna, favorendo l’utilizzo di strategie di prevenzione, diagnosi
e terapia personalizzate.
I FATTORI DI RISCHIO TRADIZIONALI
I grandi studi epidemiologici hanno dimostrato che i fattori di
rischio tradizionali hanno non solo diversa prevalenza nei due
sessi, ma anche un differente peso specifico nella predisposizione alla cardiopatia ischemica, conferendo un diverso rischio
attribuibile di popolazione (PAR) tra maschi e femmine7,14. In
effetti, i dati del recente INTERHEART Study, se analizzati per
sesso, mostrano che la prevalenza di fumo, dislipidemia ed
esercizio fisico è maggiore tra gli uomini, mentre l’ipertensione
arteriosa è più frequente tra le donne. I due sessi non differiscono solo per la prevalenza dei fattori di rischio, ma soprattutto per le differenze dei valori di odds ratio (OR) correlati al rischio che questi conferiscono (Figura 1)7. Infatti sia il rischio
conferito da ipertensione arteriosa (PAR 35.8 vs 19.5%) e diabete mellito (PAR 19.1 vs 10.1%) sia l’effetto protettivo di esercizio fisico (PAR 37.3 vs 22.9%) e consumo di alcool (PAR 46.9
vs 10.5%) sembrano avere un peso maggiore nelle donne piuttosto che negli uomini (Figura 2)7.
È risaputo che l’ipertensione arteriosa è più comune nelle
donne più anziane rispetto ai maschi, tuttavia è forse meno noto che essa conferisce un PAR pari al 36% nelle donne vs il
19% negli uomini14. Inoltre, anche valori di pressione arteriosa
borderline sono risultati associati a disfunzione endoteliale e
cardiopatia ischemica più nella donna rispetto all’uomo15.
Il diabete mellito conferisce un più elevato rischio di complicanze cardiovascolari nella donna rispetto all’uomo. Nei pazienti diabetici, infatti, il rischio cardiovascolare è aumentato
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Figura 1. Confronto del peso specifico dei fattori di rischio tradizionali sul rischio di cardiopatia ischemica nell’uomo e nella donna. Tutti i fattori di rischio elencati sono significativamente associati all’infarto miocardico sia nell’uomo che nella donna. L’ipertensione, il diabete, l’assunzione di alcool e l’attività fisica sono più fortemente correlati all’infarto nel sesso femminile, mentre solo lo stato di ex fumatore ha influenza
significativa maggiore nel sesso maschile.
Rapporto ApoB/ApoA-1: confronto tra il terzile più elevato e quello più basso; Obesità addominale: confronto sesso-specifico tra il terzile più elevato e quello più basso del rapporto circonferenza-vita; Fattori psicorelazionali: individui con almeno uno di cinque fattori componenti lo stress psicosociale [depressione,
stress globale, stress finanziario, locus interno o altri fattori stressanti (tra cui separazione dal coniuge,
perdita del lavoro e conflitti familiari)].
Adattata da Anand et al.7.
Figura 2. Fattori di rischio cardiovascolare nella donna e nell’uomo: confronto
del rischio attribuibile di popolazione. Il contributo dei fattori di rischio cardiovascolare al rischio attribuibile di popolazione è differente nei due sessi. Tale variazione dipende sia dalla loro diversa prevalenza nella popolazione sia dai differenti valori di odds ratio di ciascun fattore di rischio nei due sessi. Ipertensione,
diabete ed alcool contribuiscono maggiormente al rischio nella donna, il fumo
nell’uomo.
APO, apolipoproteina.
Adattata da Anand et al.7.
da 2 a 3 volte negli uomini e da 3 a 5 volte nelle donne16. Una
recente metanalisi di 37 studi prospettici di coorte ha evidenziato che il rischio di cardiopatia ischemica fatale è del 50%
maggiore nelle donne diabetiche se comparate agli uomini dia-
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betici17. È possibile affermare pertanto che il diabete non solo
annulla il “vantaggio” femminile nel rischio di morte coronarica, ma conferisce un rischio aumentato rispetto all’uomo. Infine è possibile notare come, considerati globalmente, i fattori di
GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA
rischio correlati alla sindrome metabolica contribuiscano sostanzialmente al rischio di infarto miocardico nella donna più
che nell’uomo18.
L’obesità è un fattore di rischio ad elevata prevalenza nella
popolazione femminile occidentale; infatti il 33% delle donne
è obeso e tra queste il 7% ha un indice di massa corporea >40
kg/m2 19. È stato dimostrato che il rischio coronarico aumenta
proporzionalmente all’aumento del peso corporeo, e che la categoria di donne più in sovrappeso ha un rischio di cardiopatia
ischemica 4 volte maggiore rispetto alle donne normopeso19. È
stato riportato che nelle donne, inoltre, l’esercizio fisico sembrerebbe dare meno benefici in termini di riduzione del rischio
cardiovascolare, in particolare relativamente alla riduzione di
peso e all’incremento del colesterolo HDL20.
Il fumo ha effetti più deleteri nelle donne rispetto agli uomini. In particolare nelle donne fumatrici di età <50 anni il rischio di cardiopatia ischemica è incrementato di circa il 60%
rispetto alla popolazione maschile di pari età, effetto verosimilmente legato all’azione di down-regulation del fumo di tabacco della vasodilatazione dipendente dagli effetti degli estrogeni nelle giovani donne21.
Sebbene nelle donne giovani la prevalenza di dislipidemia
sia minore rispetto ai maschi, dopo la menopausa questo trend
si inverte. Inoltre, bassi valori ematici di colesterolo HDL sembrano essere associati maggiormente al rischio di cardiopatia
ischemica nelle donne piuttosto che negli uomini22. Così come
i trigliceridi, la lipoproteina(a) e l’apolipoproteina(a) aumenterebbero il rischio maggiormente nella popolazione femminile
piuttosto che in quella maschile. L’ipertrigliceridemia, per esempio, è associata ad un aumento del rischio cardiovascolare nelle donne del 37%, e solo del 14% negli uomini23.
Sono sempre più numerose le evidenze scientifiche che mostrano come i fattori psicosociali siano in grado di influenzare
l’esordio e il decorso della cardiopatia ischemica in misura maggiore nella donna rispetto all’uomo24-26. Infatti l’esposizione
combinata a fattori psicosociali come depressione e situazioni
stressanti sia nell’ambito domestico sia in quello lavorativo è risultata significativamente associata al rischio di infarto miocardico con un OR pari a 2.6 negli uomini e 3.5 nelle donne26. È
possibile infatti che alterazioni delle funzioni autonomiche indotte dallo stress si associno ad alterazioni protrombotiche, in
maniera particolare nelle donne27.
Interpretati globalmente questi dati mostrano come gli
stessi fattori ambientali abbiano un effetto diverso sull’uomo
e sulla donna, conferendo un rischio cardiovascolare differente. È quindi plausibile sostenere l’ipotesi che fattori ereditari giochino un ruolo preponderante e differente nei due
sessi. È stato dimostrato infatti che i geni che influenzano
l’indice di massa corporea sono diversi nell’uomo e nella donna28; inoltre l’influenza della componente ereditaria sui valori di colesterolo HDL è risultata più elevata nella donna rispetto all’uomo29; al contrario l’ereditarietà dei tratti correlati allo sviluppo di diabete mellito è più importante nell’uomo30. Queste osservazioni dimostrano che la componente
ereditaria di alcuni dei fattori di rischio classici può essere differente nella donna rispetto all’uomo, suggerendo la possibile interazione tra geni e sesso nel determinare il rischio di
cardiopatia ischemica. Tuttavia è possibile che la componente genetica non solo influenzi indirettamente il rischio di cardiopatia ischemica attraverso i fattori di rischio, ma che agisca anche in maniera diretta attraverso pathway biologici ancora sconosciuti.
IL RUOLO DELLA FAMILIARITÀ E GLI STUDI
SUI GEMELLI
Dagli studi epidemiologici emerge chiaramente il ruolo della
predisposizione genetica nel conferire suscettibilità allo sviluppo di infarto miocardico sia negli uomini che nelle donne. La familiarità per cardiopatia ischemica, definita come la presenza di
almeno un parente di primo grado che ha sviluppato la malattia entro i 55 anni per i maschi ed entro i 65 anni per le femmine, costituisce infatti un fattore di rischio indipendente per lo
sviluppo di infarto miocardico non solo nell’uomo ma anche
nella donna e, come si evince dagli studi condotti sui gemelli
monozigoti e dizigoti, tale associazione non può essere spiegata dalla sola esposizione agli stessi fattori di rischio ambientali31-33. Il rischio conferito dalla familiarità è dalle 2 alle 11 volte più alto nei parenti di primo grado di pazienti con infarto
miocardico e la concordanza nello sviluppo di questa patologia
è più alta nei gemelli monozigoti, che condividono lo stesso patrimonio genetico, rispetto ai gemelli dizigoti34-36. Il Framingham
Heart Study ha mostrato che la presenza di storia familiare positiva per patologia aterosclerotica coronarica, cerebrovascolare e periferica ad insorgenza precoce è un potente fattore di rischio per lo sviluppo di cardiopatia ischemica (OR=2.4 per gli
uomini; OR=2.2 per le donne) e che il rischio è tanto più grande quanto minore è l’età di manifestazione della patologia nei
familiari affetti35. Il più recente INTERHEART Study, inoltre, ha
chiaramente dimostrato che la familiarità è un fattore di rischio
con un valore indipendente ed incrementale rispetto ai fattori
di rischio tradizionali; in questo studio, infatti, la familiarità rimaneva associata al rischio di cardiopatia ischemica anche dopo aver aggiustato per i classici fattori di rischio, mantenendo
un OR pari a 1.4514.
Anche il rischio relativo dei fattori ereditari sembra differente nelle donne rispetto agli uomini. Infatti, nel caso di gemelli monozigoti la morte cardiaca in età giovanile di uno dei
due comporta che il gemello sopravvissuto abbia un rischio 15
volte maggiore di andare incontro allo stesso evento se di sesso femminile e di 8 volte se di sesso maschile rispetto al caso in
cui nessuno dei due gemelli muoia per morte cardiaca in età
giovanile. Tale differenza, seppur meno significativa, vale anche per i gemelli dizigoti, che, in caso di morte cardiaca in età
giovanile di uno dei due, presentano un rischio incrementato di
morte cardiaca di 6 volte per le donne e di 2 volte per gli uomini (Figura 3)32.
Questi studi suggeriscono l’importanza del ruolo della componente genetica nella determinazione del rischio di cardiopatia ischemica. Inoltre confermano l’ipotesi biologicamente plausibile che la componente genetica alla base della cardiopatia
ischemica sia differente nell’uomo e nella donna.
LE BASI BIOLOGICHE DELL’INTERAZIONE TRA GENI
E SESSO
Esistono delle solide basi biologiche a supporto dell’ipotesi che
la componente genetica influenzi differentemente i due sessi.
Uomo e donna infatti non solo differiscono per i geni localizzati
sui cromosomi sessuali37,38, ma sono caratterizzati da un differente assetto ormonale che verosimilmente modula differentemente l’espressione genica39.
Studi genetici di linkage hanno identificato regioni geniche
associate alla cardiopatia ischemica sul cromosoma X (XQ2326) che verosimilmente influenzano le manifestazioni cliniche
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Figura 3. Rischio relativo di morte per coronaropatia in soggetti con un fratello gemello deceduto per cardiopatia ischemica in relazione dell’età alla morte e del sesso. Nel caso di gemelli monozigoti la morte
cardiaca in età giovanile di uno dei due comporta che il gemello sopravvissuto abbia un rischio 15 volte
maggiore di andare incontro allo stesso evento se di sesso femminile e di 8 volte se di sesso maschile rispetto al caso in cui nessuno dei due gemelli muoia per morte cardiaca in età giovanile. Tale differenza,
seppur meno significativa, vale anche per i gemelli dizigoti, che, in caso di morte cardiaca in età giovanile di uno dei due, presentano un rischio incrementato di morte cardiaca di 6 volte per le donne e di 2 volte per gli uomini.
Adattata da Marenberg et al.32.
della cardiopatia ischemica regolando la funzione di geni localizzati sui cromosomi autosomici40. I geni localizzati sul cromosoma X possono favorire lo sviluppo delle malattie cardiovascolari attraverso la modulazione della funzione mitocondriale,
la risposta all’ipossia, l’apoptosi, la risposta agli androgeni41. È
da notare che la variabilità dei geni presenti sul cromosoma X
ha una maggior influenza sui processi fisiologici e sul fenotipo
nel sesso maschile, dovuta alla presenza di una sola copia del
gene, rispetto al sesso femminile, in cui l’inattivazione a mosaico del cromosoma X materno o paterno determina una maggiore eterogeneità fenotipica. Un esempio di questo fenomeno
è la ripetizione del polimorfismo CAG che codifica per il dominio trascrizionale del recettore per gli androgeni. Nell’uomo il
numero di queste ripetizioni si correla con l’attività dei recettori per gli androgeni, con i livelli di lipoproteine ad alta densità
(HDL), con l’obesità addominale e con l’aumento del tono simpatico e della pressione arteriosa. Nella donna invece, un aumentato numero di ripetizioni del polimorfismo CAG si associa
alla sindrome dell’ovaio policistico e non ad alterazioni delle
HDL, tono simpatico o pressione arteriosa42.
Nonostante siano i cromosomi sessuali a determinare la base delle differenze presenti tra uomo e donna nella malattia
cardiovascolare, sono gli ormoni sessuali a rappresentare i fattori modulanti l’attività dei geni coinvolti nella risposta dei recettori steroidei sia sugli autosomi sia sui cromosomi sessuali.
L’assetto ormonale può influenzare quindi differentemente
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l’espressione genica nei due sessi conferendo una suscettibilità sesso-specifica alla cardiopatia ischemica. È infatti plausibile che gli ormoni steroidei interagiscano e/o attivino geni che
favoriscono l’insorgenza di disfunzione endoteliale e aterosclerosi nelle cellule endoteliali e nelle cellule muscolari lisce
dei vasi arteriosi o che influenzano il metabolismo epatico delle lipoproteine39. Pertanto la differente espressione fenotipica
patologica osservata nell’uomo e nella donna non deve essere considerata solo il frutto delle peculiarità genotipiche dei
due sessi ma deriva anche dalla differente modulazione dell’espressione genica mediata dagli ormoni steroidei. La trascrizione di tali geni varia nel corso della vita in base alla concentrazione endogena degli ormoni sessuali; cambia dal periodo della maturità sessuale alla fase riproduttiva, durante la
gravidanza e successivamente nella fase della vecchiaia. Diversi
studi hanno dimostrato l’associazione tra alcune varianti dei
geni per i recettori degli estrogeni (ERS1 ed ERS2) e un aumentato rischio di cardiopatia ischemica43-45. In particolare,
donne in postmenopausa portatrici dell’aplotipo 1 del recettore ERS1 hanno mostrato un aumentato rischio sia di infarto
miocardico sia di cardiopatia ischemica in generale (allele
c.454-397 T e allele c.454-351 A)43; altri studi mostrano invece che nella donna ma non nell’uomo, l’allele T della variante
rs127152 e l’allele A della variante rs1256049 del recettore
ERS2 si associano ad un aumentato rischio di cardiopatia ischemica e infarto miocardico44.
GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA
L’APPROCCIO DEL GENE CANDIDATO
Negli ultimi 10 anni sono stati effettuati numerosi tentativi
volti ad identificare le varianti genetiche correlate alla cardiopatia ischemica e all’infarto miocardico in particolare. Più di
5000 studi hanno analizzato la possibile associazione tra circa 300 varianti genetiche e il rischio di tale patologia. Gli studi che hanno utilizzato l’approccio del gene candidato hanno
focalizzato la ricerca su geni coinvolti nei pathway biologici
correlati alla cardiopatia ischemica e in particolare su geni
coinvolti nel metabolismo delle lipoproteine, su geni correlati al processo infiammatorio e alla funzione endoteliale e su
geni implicati nel processo trombotico. Tuttavia la maggior
parte di questi studi ha utilizzato analisi statistiche combinate per i due sessi utilizzando il genere come semplice covariata (Tabella 1)46-48.
Nell’ambito dei geni coinvolti nel metabolismo delle lipoproteine è stato dimostrato che i polimorfismi dell’apolipopro-
teina E (ApoE) sono espressi in modo sessualmente dimorfico49.
L’ApoE svolge un importante ruolo come glicoproteina regolatrice del metabolismo del colesterolo. Il gene dell’ApoE è polimorfico, le numerose varianti sono il risultato dello scambio di
cisteina e arginina all’interno di tre alleli conosciuti come ε2, ε3,
ε4. L’allele ε4 è presente nel 78% della popolazione caucasica
e codifica per le principali isoforme dell’ApoE umana (E2, E3,
E4). I dati dello studio WISE (Women’s Ischemia Syndrome Evaluation) mostrano come l’allele ε4 si associ ad un profilo lipidico meno favorevole e ad un incrementato rischio di cardiopatia
ischemica mentre l’allele ε2 svolga l’effetto opposto. Tale associazione sembra essere più importante nelle donne rispetto agli
uomini e ancora più forte nelle donne in postmenopausa49.
È stato anche dimostrato che alcune varianti genetiche del
recettore delle HDL, SR-B1, si associano nelle donne ad un’aumentata concentrazione di lipoproteine anomale determinando
una maggior suscettibilità a sviluppare cardiopatia ischemica50.
Tabella 1. Varianti genetiche risultate associate all’infarto miocardico nell’uomo e nella donna negli studi effettuati con l’approccio del gene candidato.
Gene
Polimorfismo
Modello genetico
p
Uomo
Acetilidrossilasi, fattore attivante le piastrine
p22phox
Connessina 37
Trombospondina 4
Angiotensinogeno
Fattore di necrosi tumorale α
Transforming growth factor β
Subunità β3 proteina
Apolipoproteina C-III
Interleuchina-10
Trombomodulina
Apolipoproteina E
Glicoproteina Ia
Interleuchina-10
Apolipoproteina E
Trombopoietina
Apolipoproteina C-III
Recettore chemochine CC di tipo 2
Ossido nitrico-sintetasi endoteliale
G994T
C242T
C1019T
G1186C
G-6A
C-863A
T869C
G C825T
C-482T
T-819C
C2136T
C4070T
A1648G
A-592C
G-219T
A5713G
C1100T
G190A
T-786C
Additivo
Dominante
Additivo
Dominante
Recessivo
Dominante
Additivo
Additivo
Recessivo
Recessivo
Additivo
Additivo
Recessivo
Recessivo
Recessivo
Recessivo
Recessivo
Recessivo
Dominante
<0.001
0.006
0.007
0.013
0.019
0.045
0.049
0.051
0.057
0.061
0.065
0.074
0.080
0.088
0.092
0.094
0.095
0.097
0.098
Donna
Paraoxonase
Interleuchina-6
Connessina 37
Transporter-cassetta legante l’ATP-1
Fattore di necrosi tumorale α
Endotelina-1
Apolipoproteina E
Apolipoproteina C-III
Apolipoproteina E
CD14 recettore
Fattore di necrosi tumorale α
Inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1
Proteina legante gli acidi grassi 2
Substrato 1 del recettore insulinico
Stromelisina-1
Glicoproteina Ibα
E-selectina
Ossido nitrico-sintetasi endoteliale
G584A
C-634G
C1019T
G1051A
C-850T
G5665T
C4070T
C-482T
T3932C
C-260T
G-238A
4G-688/5G
G2445A
G3494A
5A-1171/6A
C1018T
A561C
T-786C
Dominante
Additivo
Dominante
Additivo
Additivo
Additivo
Recessivo
Recessivo
Recessivo
Dominante
Additivo
Recessivo
Additivo
Dominante
Additivo
Additivo
Dominante
Dominante
0.009
0.009
0.013
0.014
0.015
0.028
0.038
0.044
0.047
0.050
0.052
0.055
0.057
0.058
0.072
0.072
0.074
0.087
Tra i polimorfismi genetici elencati, quelli del gene per l’inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1 e i polimorfismi per la stromelisina-1 sono significativamente associati all’infarto miocardico nella donna. Nell’uomo si ha una più significativa associazione con i polimorfismi genetici della
connessina 37.
Adattata da Yamada et al.48.
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Utilizzando l’approccio del gene candidato sono state identificate varianti che contribuiscono specificatamente al rischio
cardiovascolare nel sesso femminile come CPB2, F13A1 e
LPIN1, USF1. Questi geni hanno mostrato significative interazioni sesso-specifiche per i trigliceridi e per l’indice di massa
corporea in famiglie con iperlipidemia familiare. Due geni, LCT
e APOBEC2, non precedentemente associati alla cardiopatia
ischemica, sono risultati associati al rischio cardiovascolare nel
sesso maschile. L’allele C della variante esonica rs2304371 del
gene LCT è risultata associata ad elevati livelli di colesterolo
ematico; APOBEC2 è risultato associato ad elevati livelli di colesterolo LDL51.
Anche i geni correlati alla funzione endoteliale hanno mostrato avere effetti sesso-specifici. È noto che esiste un legame
speciale tra il genere femminile e la disfunzione endoteliale e il
link fisiopatologico è rappresentato dalla menopausa. Al cessare della funzione ovarica viene meno la concentrazione plasmatica di 17-beta estradiolo, estrogeno naturale con azione
protettiva sull’endotelio. La donna in postmenopausa può presentare, dunque, disfunzione endoteliale pur senza avere, ancora, un’evidente malattia aterosclerotica52. L’ossido nitrico-sintetasi endoteliale (eNOS) è l’enzima chiave nell’omeostasi vascolare. Il suo prodotto, l’ossido nitrico, possiede proprietà vasodilatatorie e media una serie di effetti antiaterogeni e antitrombotici tra cui l’adesione di piastrine e leucociti all’endotelio, induce la proliferazione di fattori di crescita, la migrazione
di cellule muscolari, il turnover della matrice extracellulare e la
formazione dell’intima. È stato dimostrato come la ripetizione
del polimorfismo CA nell’introne 13 del gene di eNOS sia un
fattore di rischio indipendente per cardiopatia ischemica. Stratificando per sesso, inoltre, è stato dimostrato che solo nelle
donne la presenza di 36 o più ripetizioni è associata in modo significativo ad un aumentato rischio di infarto miocardico53.
Anche la composizione dell’endotelio stesso varia nei due
sessi. La trombospondina-4 (THBS-4) è uno dei cinque membri
della famiglia delle trombospondine, proteine della matrice extracellulare identificate all’interno del tessuto vascolare. THBS4 sembra essere più specifica per il muscolo cardiaco e il muscolo scheletrico. È stato dimostrato come vi sia un’associazione sesso-dipendente tra la variante 1186G>C di THBS e l’infarto miocardico54.
Il processo trombotico, oltre ad essere influenzato in modo
sesso-dipendente dall’ossido nitrico, presenta anche differenze
nei livelli dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1 (PAI1) e dell’attivatore del plasminogeno tissutale (t-PA). In un recente studio caso-controllo su 2246 pazienti svedesi con infarto miocardico, elevati livelli di PAI-1 sono stati associati ad un rischio di infarto miocardico 2 volte maggiore negli uomini rispetto alle donne55. Altri studi hanno dimostrato inoltre come
i livelli plasmatici di PAI-1 siano più bassi nelle donne in premenopausa rispetto a quelle in postmenopausa56,57. La presenza di particolari polimorfismi del gene di PAI-1 è correlata ad
un’aumentata concentrazione plasmatica di PAI-1 e questo può
in parte spiegare le differenze tra uomini e donne e tra donne
in pre- e postmenopausa55.
Tuttavia, sebbene le varianti genetiche analizzate siano state numerose, complessivamente i risultati derivanti dagli studi
che hanno utilizzato l’approccio del gene candidato sono stati
di scarso rilievo clinico, in quanto le varianti genetiche analizzate non solo spiegavano una minima parte (<1%) dei casi di
malattia, ma per la maggior parte non hanno fornito risultati riproducibili47,58.
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In effetti tale tipologia di studio è gravata da limiti potenziali che possono essere responsabili della scarsa applicabilità
clinica dei risultati ottenuti. In primo luogo, la restrizione dell’analisi di associazione ad una singola o a pochissime varianti
geniche, di solito coinvolte nei pathway molecolari riconosciuti come determinanti la patologia aterosclerotica, non consente l’identificazione di nuovi geni correlati alla patologia in studio, in quanto i risultati sono influenzati dalla scelta del ricercatore di testare determinate varianti ritenute causative e biologicamente plausibili. In secondo luogo, tali studi sono stati
eseguiti solitamente su campioni di piccole dimensioni, con un
conseguente elevato rischio di ottenere risultati falsamente positivi e, non da ultimo, va ricordato il possibile bias di pubblicazione relativo ai risultati positivi59.
L’APPROCCIO GENOME-WIDE
Negli ultimi anni si è assistito a numerose innovazioni scientifiche e tecnologiche in campo genetico. In particolare, il completamento del progetto Genoma Umano e dell’International
Haplotype Map Project ha consentito di ottenere una grande
quantità di informazioni relative al DNA umano e alla variabilità tra individui; inoltre è divenuto possibile produrre, a costi
contenuti, piattaforme in grado di analizzare contemporaneamente milioni di varianti genetiche provenienti da un singolo campione di DNA. In questo contesto una nuova metodica di analisi genomica, chiamata “genome-wide association
study” (GWAS) ha consentito di identificare una serie di loci
genici associati al rischio di infarto miocardico in maniera significativa e riproducibile60-63. Utilizzando chip che permettono di analizzare sino a 2 milioni di tag polimorfismi a singolo
nucleotide per ogni individuo, è stato possibile individuare piccole regioni del DNA che massimamente si differenziano tra
sani e malati, indipendentemente da qualsiasi ipotesi aprioristica.
Attualmente sono più di 20 le regioni geniche risultate associate alla cardiopatia ischemica mediante gli studi genomewide; tuttavia anche gli studi più prestigiosi fino ad ora pubblicati in questo ambito non hanno rilevato la presenza di varianti genetiche differentemente associate al rischio di cardiopatia ischemica nell’uomo e nella donna60-63. È importante notare però che gli studi sopracitati non contengono analisi per
sesso prespecificate, ma piuttosto controllano l’associazione
utilizzando il sesso come covariata. Questo rende conto dell’esiguità di dati relativi ai polimorfismi genetici sesso-specifici
correlati alla cardiopatia ischemica identificati mediante la metodica genome-wide. È tuttavia plausibile che questa mancanza di dati sia attribuibile non alla reale assenza di differenze genetiche tra uomo e donna correlate alla cardiopatia ischemica, ma piuttosto al mancato utilizzo di test statistici volti ad
individuare tali differenze (Figura 4)64. Dati recentemente pubblicati dimostrano come questa ipotesi sia veritiera. I ricercatori
del Wellcome Trust Case Control Consortium (WTCCC) hanno
dimostrato che utilizzando un approccio sesso-specifico nell’analisi dei risultati degli studi di associazione genome-wide è
possibile identificare polimorfismi genetici correlati al rischio
di malattia significativamente diversi nell’uomo e nella donna64. Questo nuovo approccio è stato utilizzato in un’ampia
popolazione costituita da 14 000 casi e 3000 controlli prendendo in esame 7 patologie complesse tra cui la cardiopatia
ischemica, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito di tipo 1
GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA
Figura 4. Modello di uno studio di genome-wide association
(GWAS) disegnato per individuare le varianti genetiche che massimamente differenziano i maschi dalle femmine. La prima fase degli studi di GWAS permette di screenare rapidamente milioni di polimorfismi genetici a singolo nucleotide (SNPs) di molti individui e
rintracciare le varianti genetiche associate ad un particolare fenotipo o malattia. Successivamente è possibile condurre un confronto
caso-controllo separatamente per i due sessi per rintracciare gli SNPs
che si associano in modo differente al sesso maschile e al sesso femminile.
Adattata da Liu et al.64.
cardico Giovanile” suggeriscono che, utilizzando un corretto
disegno di studio, nonché analisi statistiche mirate, è possibile identificare varianti genetiche selettivamente associate
al rischio di cardiopatia ischemica nelle donne. L’analisi, effettuata su un’ampia casistica raccolta in 125 unità coronariche italiane, costituita da circa 2000 pazienti con infarto
miocardico giovanile, ovvero che si verifica prima dei 45 anni di età, e 2000 controlli sani appaiati per sesso, età ed origine geografica, ha consentito di selezionare, in modo del
tutto preliminare, un gruppo di 702 varianti genetiche di suscettibilità specifiche per il sesso femminile, che seppur con
un’associazione che non raggiunge i livelli di significatività
genome-wide, potranno rappresentare un punto di partenza
per la ricerca futura. In particolare la variante genetica
rs11872403 è localizzata in una regione genica che regola
l’apoptosi e l’infiammazione e potrebbe rendere ragione della maggior prevalenza di erosione di placca del sesso femminile. Tali dati dovranno essere confermati in popolazioni più
ampie dotate di una potenza statistica maggiore utile all’identificazione delle varianti genetiche che, nell’ambito della cardiopatia ischemica, massimamente differenziano l’uomo e la donna.
PROSPETTIVE FUTURE
e 2, l’artrite reumatoide, il morbo di Crohn e i disturbi bipolari. Relativamente alle varianti genetiche correlate alla cardiopatia ischemica è stato dimostrato che il polimorfismo
rs7865618 localizzato nella regione genica 9p21 è specifico
per il sesso maschile (Figura 5)64. Anche i risultati preliminari
dell’analisi genome-wide specifica per sesso eseguita nella
popolazione dello “Studio genetico Italiano nell’Infarto Mio-
Figura 5. Polimorfismi genetici sesso-specifici associati alla cardiopatia ischemica identificati mediante la metodica di analisi genome-wide. Valore di associazione con la malattia coronarica di
ogni polimorfismo a singolo nucleotide analizzato, espresso come valore di p in scala logaritmica (log10) e graficato contro la posizione cromosomica. I polimorfismi a singolo nucleotide con effetti sesso-specifici e con differenza tra i due sessi con p<0.05 sono evidenziati dalla freccia aperta per l’uomo e dalla freccia piena per la donna. Il polimorfismo rs7865618 localizzato sul Cr9p21
ha influenza esclusiva sul sesso maschile. Il pannello è troncato a
1x10-15 sebbene alcuni marker superino la soglia di significatività.
Le linee orizzontali indicano la correzione di Bonferroni.
Adattata da Liu et al.64.
Negli ultimi anni la ricerca genetica in ambito cardiovascolare
ha prodotto risultati sempre più concreti ed entusiasmanti. Tuttavia, per trasformare le informazioni ottenute in strumenti clinici utili per la predizione del rischio, la prevenzione e la terapia dei pazienti è necessario investire ulteriori energie al fine di
completare lo studio dell’ereditarietà della cardiopatia ischemica, in particolare per quanto riguarda le differenze tra uomo e
donna. Diviene necessario in questo contesto disegnare studi di
analisi genetica al fine di identificare le varianti genetiche che
massimamente differenziano, all’interno del campione di pazienti affetti da cardiopatia ischemica, i maschi dalle femmine.
Inoltre è altrettanto interessante completare gli studi di espressione genica per identificare le possibili relazioni tra geni e ambiente e geni e ormoni nei due sessi. Infine potrebbe essere
conveniente utilizzare nuove tecniche di sequenziamento diretto del genoma umano per identificare nelle donne varianti
genetiche associate alla cardiopatia ischemica con dimensione
dell’effetto maggiore rispetto a quelle identificabili mediante le
analisi genome-wide65. La strada da percorrere per colmare il
vuoto di conoscenze relativo alla base genetica della cardiopatia ischemica nella donna sembra ancora lunga, tuttavia è necessario che la comunità scientifica raggiunga la consapevolezza che solo la precisa comprensione dei meccanismi molecolari e biologici che caratterizzano la cardiopatia ischemica nella donna consentirà di ottimizzare la gestione clinica, favorendo l’utilizzo di strategie di prevenzione, diagnosi e terapia personalizzate.
RIASSUNTO
È noto che la cardiopatia ischemica nelle donne è caratterizzata da
aspetti peculiari rispetto agli uomini, non solo per quanto riguarda
la presentazione clinica e la prognosi dopo infarto miocardico, ma
anche relativamente all’impatto specifico dei fattori di rischio tradizionali e ai meccanismi fisiopatologici che sottendono la malattia aterosclerotica.
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Sulla base dei dati clinici ed epidemiologici è possibile ipotizzare
che le differenze tra donne e uomini nell’ambito della cardiopatia
ischemica non siano semplicemente limitate agli effetti degli estrogeni sul sistema cardiovascolare, ma siano piuttosto causate dal
differente background genetico dei due sessi. Negli ultimi anni, utilizzando l’approccio del gene candidato, sono stati effettuati numerosi tentativi volti ad identificare le principali varianti genetiche,
specifiche per il genere femminile, associate alla cardiopatia ischemica. Tuttavia i risultati fino ad ora ottenuti non sono completamente trasferibili nella pratica clinica, sia perché le varianti genetiche analizzate spiegano solo una minima parte dei casi di malattia,
sia per l’elevata possibilità, insita in questa tipologia di studio, di
trovare associazioni sesso-specifiche spesso spurie. È possibile che
l’attuale esiguità di risultati riproducibili, anche mediante l’utilizzo
delle più recenti metodiche di analisi genetica whole genome, sia
attribuibile non alla reale assenza di varianti genetiche che influenzano il rischio di cardiopatia ischemica specifiche per il sesso
femminile, ma piuttosto al mancato utilizzo di test statistici volti ad
individuare tali differenze. Una sfida per il prossimo futuro sarà
dunque quella di disegnare studi di analisi genetica capaci di identificare le varianti genetiche che massimamente differenziano i maschi dalle femmine.
Parole chiave. Cardiopatia ischemica; Donne; Gene candidato;
Genetica; Studi di associazione genome-wide.
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