Le basi genetiche della cardiopatia ischemica. C’è qualcosa di peculiare nelle donne? Maria Francesca Notarangelo1, Lucia Coppini1, Angela Guidorossi1, Rossella Giacalone1, Piera Angelica Merlini2 1 U.O. di Cardiologia, Dipartimento Cardio-Nefro-Polmonare, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma 2 U.O. di Cardiologia, A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano More women die every year from cardiovascular disease than men from any other cause. Several fundamental variations have been reported in the mechanisms underlying coronary artery disease, which suggest that its genetic basis varies by gender. Such differences are not limited to gonadal hormones and can be seen in the physiology of atherosclerosis, including plaque components, endothelial function and hemostasis. It is possible to speculate that genetic factors are different in men and women and probably involve biological pathways that have not yet been identified. To date, studies performed by means of the candidate gene approach have identified several genetic variants associated with coronary artery disease in women. However, these scientific data have not been translated into clinical practice. It has recently become possible to search for common gene variants that affect the susceptibility to myocardial infarction on the basis of our knowledge of common single nucleotide polymorphisms and haplotypes across the human genome using genome-wide genotyping technologies. Currently more than 20 gene regions have been associated with ischemic heart disease using this approach. However, so far we do not know several genetic variants differently associated with risk of ischemic heart disease in men and women. A challenge for the near future will therefore be to identify genetic variants that maximally differentiate males from females, and also to identify possible relationships between genes and environment and genes and hormones in both sexes. Key words. Candidate gene; Coronary heart disease; Genetics; Genome-wide association studies; Women. G Ital Cardiol 2012;13(6):386-395 INTRODUZIONE La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte femminile nei paesi occidentali1. Sebbene la mortalità per cardiopatia ischemica sia globalmente diminuita nel corso degli anni, è doveroso sottolineare come questo miglioramento della prognosi riguardi selettivamente il sesso maschile2. Analizzando per sesso i dati di mortalità si evince, infatti, che in Europa il 54% dei decessi femminili è attribuibile alla cardiopatia ischemica contro il 43% nel sesso maschile3 e tale andamento è analogo anche in Italia dove le malattie cardiovascolari risultano responsabili del 46.8% di tutte le morti nelle donne e del 37% negli uomini4. Infatti anche se il genere femminile, specie in giovane età, ha un’incidenza di eventi coronarici inferiore, con un “ritardo” di circa 9 anni rispetto al genere maschile5, è noto che le donne muoiono più degli uomini in tutte le fasce di età6. Tale dato epidemiologico non appare riconducibile semplicisticamente alla maggior prevalenza di comorbilità nel sesso femminile, ma deve essere interpretato alla lu- © 2012 Il Pensiero Scientifico Editore Ricevuto 01.02.2012; accettato 06.03.2012. Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr.ssa Maria Francesca Notarangelo U.O. di Cardiologia, Dipartimento Cardio-Nefro-Polmonare, Azienda OspedalieroUniversitaria di Parma, Via Gramsci 14, 43126 Parma e-mail: [email protected] 386 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 ce delle differenze di base presenti tra uomo e donna nella fisiopatologia della cardiopatia ischemica e dell’infarto miocardico in particolare. La cardiopatia ischemica nella donna non deve essere considerata semplicemente la trasposizione della patologia maschile nel sesso femminile, in quanto essa è caratterizzata da peculiarità che condizionano una diversa incidenza, presentazione clinica, risposta ai trattamenti e mortalità5. I dati degli studi epidemiologici suggeriscono che, sebbene le donne e gli uomini siano esposti agli stessi fattori di rischio ambientali, il significato e il peso relativo di questi fattori differisce nei due sessi7,8. Crescenti evidenze mostrano che i meccanismi fisiopatologici dell’infarto miocardico sono diversi nell’uomo e nella donna9. Le donne infatti hanno una più elevata componente infiammatoria vascolare, un pattern aterosclerotico più diffuso rispetto all’uomo, con arterie coronarie maggiormente caratterizzate da rimodellamento positivo. Specialmente nelle donne più giovani il momento fisiopatologico scatenante l’infarto miocardico sembrerebbe essere l’erosione di placca più che la rottura di placca. In effetti queste spesso presentano coronarie non stenotiche all’angiografia coronarica e disfunzione microvascolare verosimilmente causata dall’embolizzazione distale di microemboli a partenza dalla placca erosa9-13. Non bisogna dimenticare che uomo e donna sono considerevolmente diversi in relazione ai geni localizzati a livello dei cromosomi sessuali X e Y e che i due sessi sono caratterizzati da un assetto ormonale differente. Non è da sottovalutare anche il fatto che queste caratteristiche biologiche GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA CHIAVE DI LETTURA Ragionevoli certezze. La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte femminile nei paesi occidentali. Sebbene le donne, specie in età premenopausale, presentino un’incidenza minore di eventi coronarici rispetto agli uomini, è noto che la mortalità cardiovascolare è maggiore nel sesso femminile in tutte le fasce di età. È infatti possibile che la scarsa consapevolezza nella comunità scientifica delle peculiarità della cardiopatia ischemica nel sesso femminile sia alla base di un trattamento subottimale delle donne. Le differenze biologiche tra uomo e donna sono alla base della diversa suscettibilità dei due sessi ai fattori di rischio ambientali e della differente fisiopatologia della cardiopatia ischemica e dell’infarto miocardico. La cardiopatia ischemica nella donna, pertanto, non va interpretata come la trasposizione della patologia maschile nel sesso femminile, in quanto essa è caratterizzata da peculiarità che condizionano una diversa incidenza, presentazione clinica, risposta ai trattamenti e mortalità. Questioni aperte. I dati clinici ed epidemiologici suggeriscono che la cardiopatia ischemica, malattia multifattoriale derivante dall’interazione tra fattori di rischio genetici e ambientali, sia causata da geni differenti nei maschi e nelle femmine. È infatti noto che la componente ereditaria di alcuni dei fattori di rischio classici può essere differente nella donna rispetto all’uomo, suggerendo la possibile interazione tra geni e sesso nel determinare il rischio di cardiopatia ischemica. Esistono delle solide basi biologiche a supporto dell’ipotesi che la componente genetica influenzi differentemente i due sessi. Uomo e donna infatti non solo differiscono per i geni localizzati sui cromosomi sessuali, ma sono caratterizzati da un differente assetto ormonale che verosimilmente modula differentemente l’espressione genica. Sebbene siano stati numerosi i tentativi volti ad identificare le specifiche varianti genetiche associate al rischio di cardiopatia ischemica nel sesso femminile, gli studi eseguiti con l’approccio del gene candidato hanno fornito risultati spesso contrastanti e poco riproducibili. Tuttavia la maggior parte di questi studi ha utilizzato analisi statistiche combinate per i due sessi utilizzando il genere come semplice covariata. Le ipotesi. È possibile che la mancanza di risultati riproducibili, anche mediante l’utilizzo delle più recenti metodiche di analisi genetica whole genome, sia attribuibile non alla reale assenza di differenze genetiche tra uomo e donna correlate alla cardiopatia ischemica, ma piuttosto al mancato utilizzo di test statistici volti ad individuare tali differenze. Dati recenti infatti dimostrano che utilizzando un approccio sessospecifico nell’analisi dei risultati degli studi di associazione genome-wide è possibile identificare polimorfismi genetici correlati al rischio di malattia significativamente diversi nell’uomo e nella donna. È pertanto possibile sostenere l’ipotesi che la cardiopatia ischemica sia causata da geni differenti nei maschi e nelle femmine che estrinsecano il loro effetto fenotipico in un contesto biologico ed ambientale differente. si traducano in differenze ambientali e sociali. Appare chiaro come sia il background genetico sia l’influsso ambientale siano differenti nei due sessi. È pertanto possibile sostenere l’ipotesi che la cardiopatia ischemica, malattia multifattoriale derivante dall’interazione tra fattori di rischio genetici e ambientali, sia causata da geni differenti nei maschi e nelle femmine che estrinsecano il loro effetto fenotipico in un contesto biologico ed ambientale differente. Obiettivo di questa rassegna è ripercorrere la lunga strada della genetica in campo cardiovascolare al fine di evidenziare le peculiarità genetiche del sesso femminile implicate nello sviluppo della cardiopatia ischemica, con l’auspicio che una miglior comprensione delle caratteristiche biologiche alla base delle differenze clinico-epidemiologiche dei due sessi consenta di ottimizzare la gestione clinica della cardiopatia ischemica nella donna, favorendo l’utilizzo di strategie di prevenzione, diagnosi e terapia personalizzate. I FATTORI DI RISCHIO TRADIZIONALI I grandi studi epidemiologici hanno dimostrato che i fattori di rischio tradizionali hanno non solo diversa prevalenza nei due sessi, ma anche un differente peso specifico nella predisposizione alla cardiopatia ischemica, conferendo un diverso rischio attribuibile di popolazione (PAR) tra maschi e femmine7,14. In effetti, i dati del recente INTERHEART Study, se analizzati per sesso, mostrano che la prevalenza di fumo, dislipidemia ed esercizio fisico è maggiore tra gli uomini, mentre l’ipertensione arteriosa è più frequente tra le donne. I due sessi non differiscono solo per la prevalenza dei fattori di rischio, ma soprattutto per le differenze dei valori di odds ratio (OR) correlati al rischio che questi conferiscono (Figura 1)7. Infatti sia il rischio conferito da ipertensione arteriosa (PAR 35.8 vs 19.5%) e diabete mellito (PAR 19.1 vs 10.1%) sia l’effetto protettivo di esercizio fisico (PAR 37.3 vs 22.9%) e consumo di alcool (PAR 46.9 vs 10.5%) sembrano avere un peso maggiore nelle donne piuttosto che negli uomini (Figura 2)7. È risaputo che l’ipertensione arteriosa è più comune nelle donne più anziane rispetto ai maschi, tuttavia è forse meno noto che essa conferisce un PAR pari al 36% nelle donne vs il 19% negli uomini14. Inoltre, anche valori di pressione arteriosa borderline sono risultati associati a disfunzione endoteliale e cardiopatia ischemica più nella donna rispetto all’uomo15. Il diabete mellito conferisce un più elevato rischio di complicanze cardiovascolari nella donna rispetto all’uomo. Nei pazienti diabetici, infatti, il rischio cardiovascolare è aumentato G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 387 MF NOTARANGELO ET AL Figura 1. Confronto del peso specifico dei fattori di rischio tradizionali sul rischio di cardiopatia ischemica nell’uomo e nella donna. Tutti i fattori di rischio elencati sono significativamente associati all’infarto miocardico sia nell’uomo che nella donna. L’ipertensione, il diabete, l’assunzione di alcool e l’attività fisica sono più fortemente correlati all’infarto nel sesso femminile, mentre solo lo stato di ex fumatore ha influenza significativa maggiore nel sesso maschile. Rapporto ApoB/ApoA-1: confronto tra il terzile più elevato e quello più basso; Obesità addominale: confronto sesso-specifico tra il terzile più elevato e quello più basso del rapporto circonferenza-vita; Fattori psicorelazionali: individui con almeno uno di cinque fattori componenti lo stress psicosociale [depressione, stress globale, stress finanziario, locus interno o altri fattori stressanti (tra cui separazione dal coniuge, perdita del lavoro e conflitti familiari)]. Adattata da Anand et al.7. Figura 2. Fattori di rischio cardiovascolare nella donna e nell’uomo: confronto del rischio attribuibile di popolazione. Il contributo dei fattori di rischio cardiovascolare al rischio attribuibile di popolazione è differente nei due sessi. Tale variazione dipende sia dalla loro diversa prevalenza nella popolazione sia dai differenti valori di odds ratio di ciascun fattore di rischio nei due sessi. Ipertensione, diabete ed alcool contribuiscono maggiormente al rischio nella donna, il fumo nell’uomo. APO, apolipoproteina. Adattata da Anand et al.7. da 2 a 3 volte negli uomini e da 3 a 5 volte nelle donne16. Una recente metanalisi di 37 studi prospettici di coorte ha evidenziato che il rischio di cardiopatia ischemica fatale è del 50% maggiore nelle donne diabetiche se comparate agli uomini dia- 388 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 betici17. È possibile affermare pertanto che il diabete non solo annulla il “vantaggio” femminile nel rischio di morte coronarica, ma conferisce un rischio aumentato rispetto all’uomo. Infine è possibile notare come, considerati globalmente, i fattori di GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA rischio correlati alla sindrome metabolica contribuiscano sostanzialmente al rischio di infarto miocardico nella donna più che nell’uomo18. L’obesità è un fattore di rischio ad elevata prevalenza nella popolazione femminile occidentale; infatti il 33% delle donne è obeso e tra queste il 7% ha un indice di massa corporea >40 kg/m2 19. È stato dimostrato che il rischio coronarico aumenta proporzionalmente all’aumento del peso corporeo, e che la categoria di donne più in sovrappeso ha un rischio di cardiopatia ischemica 4 volte maggiore rispetto alle donne normopeso19. È stato riportato che nelle donne, inoltre, l’esercizio fisico sembrerebbe dare meno benefici in termini di riduzione del rischio cardiovascolare, in particolare relativamente alla riduzione di peso e all’incremento del colesterolo HDL20. Il fumo ha effetti più deleteri nelle donne rispetto agli uomini. In particolare nelle donne fumatrici di età <50 anni il rischio di cardiopatia ischemica è incrementato di circa il 60% rispetto alla popolazione maschile di pari età, effetto verosimilmente legato all’azione di down-regulation del fumo di tabacco della vasodilatazione dipendente dagli effetti degli estrogeni nelle giovani donne21. Sebbene nelle donne giovani la prevalenza di dislipidemia sia minore rispetto ai maschi, dopo la menopausa questo trend si inverte. Inoltre, bassi valori ematici di colesterolo HDL sembrano essere associati maggiormente al rischio di cardiopatia ischemica nelle donne piuttosto che negli uomini22. Così come i trigliceridi, la lipoproteina(a) e l’apolipoproteina(a) aumenterebbero il rischio maggiormente nella popolazione femminile piuttosto che in quella maschile. L’ipertrigliceridemia, per esempio, è associata ad un aumento del rischio cardiovascolare nelle donne del 37%, e solo del 14% negli uomini23. Sono sempre più numerose le evidenze scientifiche che mostrano come i fattori psicosociali siano in grado di influenzare l’esordio e il decorso della cardiopatia ischemica in misura maggiore nella donna rispetto all’uomo24-26. Infatti l’esposizione combinata a fattori psicosociali come depressione e situazioni stressanti sia nell’ambito domestico sia in quello lavorativo è risultata significativamente associata al rischio di infarto miocardico con un OR pari a 2.6 negli uomini e 3.5 nelle donne26. È possibile infatti che alterazioni delle funzioni autonomiche indotte dallo stress si associno ad alterazioni protrombotiche, in maniera particolare nelle donne27. Interpretati globalmente questi dati mostrano come gli stessi fattori ambientali abbiano un effetto diverso sull’uomo e sulla donna, conferendo un rischio cardiovascolare differente. È quindi plausibile sostenere l’ipotesi che fattori ereditari giochino un ruolo preponderante e differente nei due sessi. È stato dimostrato infatti che i geni che influenzano l’indice di massa corporea sono diversi nell’uomo e nella donna28; inoltre l’influenza della componente ereditaria sui valori di colesterolo HDL è risultata più elevata nella donna rispetto all’uomo29; al contrario l’ereditarietà dei tratti correlati allo sviluppo di diabete mellito è più importante nell’uomo30. Queste osservazioni dimostrano che la componente ereditaria di alcuni dei fattori di rischio classici può essere differente nella donna rispetto all’uomo, suggerendo la possibile interazione tra geni e sesso nel determinare il rischio di cardiopatia ischemica. Tuttavia è possibile che la componente genetica non solo influenzi indirettamente il rischio di cardiopatia ischemica attraverso i fattori di rischio, ma che agisca anche in maniera diretta attraverso pathway biologici ancora sconosciuti. IL RUOLO DELLA FAMILIARITÀ E GLI STUDI SUI GEMELLI Dagli studi epidemiologici emerge chiaramente il ruolo della predisposizione genetica nel conferire suscettibilità allo sviluppo di infarto miocardico sia negli uomini che nelle donne. La familiarità per cardiopatia ischemica, definita come la presenza di almeno un parente di primo grado che ha sviluppato la malattia entro i 55 anni per i maschi ed entro i 65 anni per le femmine, costituisce infatti un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di infarto miocardico non solo nell’uomo ma anche nella donna e, come si evince dagli studi condotti sui gemelli monozigoti e dizigoti, tale associazione non può essere spiegata dalla sola esposizione agli stessi fattori di rischio ambientali31-33. Il rischio conferito dalla familiarità è dalle 2 alle 11 volte più alto nei parenti di primo grado di pazienti con infarto miocardico e la concordanza nello sviluppo di questa patologia è più alta nei gemelli monozigoti, che condividono lo stesso patrimonio genetico, rispetto ai gemelli dizigoti34-36. Il Framingham Heart Study ha mostrato che la presenza di storia familiare positiva per patologia aterosclerotica coronarica, cerebrovascolare e periferica ad insorgenza precoce è un potente fattore di rischio per lo sviluppo di cardiopatia ischemica (OR=2.4 per gli uomini; OR=2.2 per le donne) e che il rischio è tanto più grande quanto minore è l’età di manifestazione della patologia nei familiari affetti35. Il più recente INTERHEART Study, inoltre, ha chiaramente dimostrato che la familiarità è un fattore di rischio con un valore indipendente ed incrementale rispetto ai fattori di rischio tradizionali; in questo studio, infatti, la familiarità rimaneva associata al rischio di cardiopatia ischemica anche dopo aver aggiustato per i classici fattori di rischio, mantenendo un OR pari a 1.4514. Anche il rischio relativo dei fattori ereditari sembra differente nelle donne rispetto agli uomini. Infatti, nel caso di gemelli monozigoti la morte cardiaca in età giovanile di uno dei due comporta che il gemello sopravvissuto abbia un rischio 15 volte maggiore di andare incontro allo stesso evento se di sesso femminile e di 8 volte se di sesso maschile rispetto al caso in cui nessuno dei due gemelli muoia per morte cardiaca in età giovanile. Tale differenza, seppur meno significativa, vale anche per i gemelli dizigoti, che, in caso di morte cardiaca in età giovanile di uno dei due, presentano un rischio incrementato di morte cardiaca di 6 volte per le donne e di 2 volte per gli uomini (Figura 3)32. Questi studi suggeriscono l’importanza del ruolo della componente genetica nella determinazione del rischio di cardiopatia ischemica. Inoltre confermano l’ipotesi biologicamente plausibile che la componente genetica alla base della cardiopatia ischemica sia differente nell’uomo e nella donna. LE BASI BIOLOGICHE DELL’INTERAZIONE TRA GENI E SESSO Esistono delle solide basi biologiche a supporto dell’ipotesi che la componente genetica influenzi differentemente i due sessi. Uomo e donna infatti non solo differiscono per i geni localizzati sui cromosomi sessuali37,38, ma sono caratterizzati da un differente assetto ormonale che verosimilmente modula differentemente l’espressione genica39. Studi genetici di linkage hanno identificato regioni geniche associate alla cardiopatia ischemica sul cromosoma X (XQ2326) che verosimilmente influenzano le manifestazioni cliniche G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 389 MF NOTARANGELO ET AL Figura 3. Rischio relativo di morte per coronaropatia in soggetti con un fratello gemello deceduto per cardiopatia ischemica in relazione dell’età alla morte e del sesso. Nel caso di gemelli monozigoti la morte cardiaca in età giovanile di uno dei due comporta che il gemello sopravvissuto abbia un rischio 15 volte maggiore di andare incontro allo stesso evento se di sesso femminile e di 8 volte se di sesso maschile rispetto al caso in cui nessuno dei due gemelli muoia per morte cardiaca in età giovanile. Tale differenza, seppur meno significativa, vale anche per i gemelli dizigoti, che, in caso di morte cardiaca in età giovanile di uno dei due, presentano un rischio incrementato di morte cardiaca di 6 volte per le donne e di 2 volte per gli uomini. Adattata da Marenberg et al.32. della cardiopatia ischemica regolando la funzione di geni localizzati sui cromosomi autosomici40. I geni localizzati sul cromosoma X possono favorire lo sviluppo delle malattie cardiovascolari attraverso la modulazione della funzione mitocondriale, la risposta all’ipossia, l’apoptosi, la risposta agli androgeni41. È da notare che la variabilità dei geni presenti sul cromosoma X ha una maggior influenza sui processi fisiologici e sul fenotipo nel sesso maschile, dovuta alla presenza di una sola copia del gene, rispetto al sesso femminile, in cui l’inattivazione a mosaico del cromosoma X materno o paterno determina una maggiore eterogeneità fenotipica. Un esempio di questo fenomeno è la ripetizione del polimorfismo CAG che codifica per il dominio trascrizionale del recettore per gli androgeni. Nell’uomo il numero di queste ripetizioni si correla con l’attività dei recettori per gli androgeni, con i livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL), con l’obesità addominale e con l’aumento del tono simpatico e della pressione arteriosa. Nella donna invece, un aumentato numero di ripetizioni del polimorfismo CAG si associa alla sindrome dell’ovaio policistico e non ad alterazioni delle HDL, tono simpatico o pressione arteriosa42. Nonostante siano i cromosomi sessuali a determinare la base delle differenze presenti tra uomo e donna nella malattia cardiovascolare, sono gli ormoni sessuali a rappresentare i fattori modulanti l’attività dei geni coinvolti nella risposta dei recettori steroidei sia sugli autosomi sia sui cromosomi sessuali. L’assetto ormonale può influenzare quindi differentemente 390 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 l’espressione genica nei due sessi conferendo una suscettibilità sesso-specifica alla cardiopatia ischemica. È infatti plausibile che gli ormoni steroidei interagiscano e/o attivino geni che favoriscono l’insorgenza di disfunzione endoteliale e aterosclerosi nelle cellule endoteliali e nelle cellule muscolari lisce dei vasi arteriosi o che influenzano il metabolismo epatico delle lipoproteine39. Pertanto la differente espressione fenotipica patologica osservata nell’uomo e nella donna non deve essere considerata solo il frutto delle peculiarità genotipiche dei due sessi ma deriva anche dalla differente modulazione dell’espressione genica mediata dagli ormoni steroidei. La trascrizione di tali geni varia nel corso della vita in base alla concentrazione endogena degli ormoni sessuali; cambia dal periodo della maturità sessuale alla fase riproduttiva, durante la gravidanza e successivamente nella fase della vecchiaia. Diversi studi hanno dimostrato l’associazione tra alcune varianti dei geni per i recettori degli estrogeni (ERS1 ed ERS2) e un aumentato rischio di cardiopatia ischemica43-45. In particolare, donne in postmenopausa portatrici dell’aplotipo 1 del recettore ERS1 hanno mostrato un aumentato rischio sia di infarto miocardico sia di cardiopatia ischemica in generale (allele c.454-397 T e allele c.454-351 A)43; altri studi mostrano invece che nella donna ma non nell’uomo, l’allele T della variante rs127152 e l’allele A della variante rs1256049 del recettore ERS2 si associano ad un aumentato rischio di cardiopatia ischemica e infarto miocardico44. GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA L’APPROCCIO DEL GENE CANDIDATO Negli ultimi 10 anni sono stati effettuati numerosi tentativi volti ad identificare le varianti genetiche correlate alla cardiopatia ischemica e all’infarto miocardico in particolare. Più di 5000 studi hanno analizzato la possibile associazione tra circa 300 varianti genetiche e il rischio di tale patologia. Gli studi che hanno utilizzato l’approccio del gene candidato hanno focalizzato la ricerca su geni coinvolti nei pathway biologici correlati alla cardiopatia ischemica e in particolare su geni coinvolti nel metabolismo delle lipoproteine, su geni correlati al processo infiammatorio e alla funzione endoteliale e su geni implicati nel processo trombotico. Tuttavia la maggior parte di questi studi ha utilizzato analisi statistiche combinate per i due sessi utilizzando il genere come semplice covariata (Tabella 1)46-48. Nell’ambito dei geni coinvolti nel metabolismo delle lipoproteine è stato dimostrato che i polimorfismi dell’apolipopro- teina E (ApoE) sono espressi in modo sessualmente dimorfico49. L’ApoE svolge un importante ruolo come glicoproteina regolatrice del metabolismo del colesterolo. Il gene dell’ApoE è polimorfico, le numerose varianti sono il risultato dello scambio di cisteina e arginina all’interno di tre alleli conosciuti come ε2, ε3, ε4. L’allele ε4 è presente nel 78% della popolazione caucasica e codifica per le principali isoforme dell’ApoE umana (E2, E3, E4). I dati dello studio WISE (Women’s Ischemia Syndrome Evaluation) mostrano come l’allele ε4 si associ ad un profilo lipidico meno favorevole e ad un incrementato rischio di cardiopatia ischemica mentre l’allele ε2 svolga l’effetto opposto. Tale associazione sembra essere più importante nelle donne rispetto agli uomini e ancora più forte nelle donne in postmenopausa49. È stato anche dimostrato che alcune varianti genetiche del recettore delle HDL, SR-B1, si associano nelle donne ad un’aumentata concentrazione di lipoproteine anomale determinando una maggior suscettibilità a sviluppare cardiopatia ischemica50. Tabella 1. Varianti genetiche risultate associate all’infarto miocardico nell’uomo e nella donna negli studi effettuati con l’approccio del gene candidato. Gene Polimorfismo Modello genetico p Uomo Acetilidrossilasi, fattore attivante le piastrine p22phox Connessina 37 Trombospondina 4 Angiotensinogeno Fattore di necrosi tumorale α Transforming growth factor β Subunità β3 proteina Apolipoproteina C-III Interleuchina-10 Trombomodulina Apolipoproteina E Glicoproteina Ia Interleuchina-10 Apolipoproteina E Trombopoietina Apolipoproteina C-III Recettore chemochine CC di tipo 2 Ossido nitrico-sintetasi endoteliale G994T C242T C1019T G1186C G-6A C-863A T869C G C825T C-482T T-819C C2136T C4070T A1648G A-592C G-219T A5713G C1100T G190A T-786C Additivo Dominante Additivo Dominante Recessivo Dominante Additivo Additivo Recessivo Recessivo Additivo Additivo Recessivo Recessivo Recessivo Recessivo Recessivo Recessivo Dominante <0.001 0.006 0.007 0.013 0.019 0.045 0.049 0.051 0.057 0.061 0.065 0.074 0.080 0.088 0.092 0.094 0.095 0.097 0.098 Donna Paraoxonase Interleuchina-6 Connessina 37 Transporter-cassetta legante l’ATP-1 Fattore di necrosi tumorale α Endotelina-1 Apolipoproteina E Apolipoproteina C-III Apolipoproteina E CD14 recettore Fattore di necrosi tumorale α Inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1 Proteina legante gli acidi grassi 2 Substrato 1 del recettore insulinico Stromelisina-1 Glicoproteina Ibα E-selectina Ossido nitrico-sintetasi endoteliale G584A C-634G C1019T G1051A C-850T G5665T C4070T C-482T T3932C C-260T G-238A 4G-688/5G G2445A G3494A 5A-1171/6A C1018T A561C T-786C Dominante Additivo Dominante Additivo Additivo Additivo Recessivo Recessivo Recessivo Dominante Additivo Recessivo Additivo Dominante Additivo Additivo Dominante Dominante 0.009 0.009 0.013 0.014 0.015 0.028 0.038 0.044 0.047 0.050 0.052 0.055 0.057 0.058 0.072 0.072 0.074 0.087 Tra i polimorfismi genetici elencati, quelli del gene per l’inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1 e i polimorfismi per la stromelisina-1 sono significativamente associati all’infarto miocardico nella donna. Nell’uomo si ha una più significativa associazione con i polimorfismi genetici della connessina 37. Adattata da Yamada et al.48. G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 391 MF NOTARANGELO ET AL Utilizzando l’approccio del gene candidato sono state identificate varianti che contribuiscono specificatamente al rischio cardiovascolare nel sesso femminile come CPB2, F13A1 e LPIN1, USF1. Questi geni hanno mostrato significative interazioni sesso-specifiche per i trigliceridi e per l’indice di massa corporea in famiglie con iperlipidemia familiare. Due geni, LCT e APOBEC2, non precedentemente associati alla cardiopatia ischemica, sono risultati associati al rischio cardiovascolare nel sesso maschile. L’allele C della variante esonica rs2304371 del gene LCT è risultata associata ad elevati livelli di colesterolo ematico; APOBEC2 è risultato associato ad elevati livelli di colesterolo LDL51. Anche i geni correlati alla funzione endoteliale hanno mostrato avere effetti sesso-specifici. È noto che esiste un legame speciale tra il genere femminile e la disfunzione endoteliale e il link fisiopatologico è rappresentato dalla menopausa. Al cessare della funzione ovarica viene meno la concentrazione plasmatica di 17-beta estradiolo, estrogeno naturale con azione protettiva sull’endotelio. La donna in postmenopausa può presentare, dunque, disfunzione endoteliale pur senza avere, ancora, un’evidente malattia aterosclerotica52. L’ossido nitrico-sintetasi endoteliale (eNOS) è l’enzima chiave nell’omeostasi vascolare. Il suo prodotto, l’ossido nitrico, possiede proprietà vasodilatatorie e media una serie di effetti antiaterogeni e antitrombotici tra cui l’adesione di piastrine e leucociti all’endotelio, induce la proliferazione di fattori di crescita, la migrazione di cellule muscolari, il turnover della matrice extracellulare e la formazione dell’intima. È stato dimostrato come la ripetizione del polimorfismo CA nell’introne 13 del gene di eNOS sia un fattore di rischio indipendente per cardiopatia ischemica. Stratificando per sesso, inoltre, è stato dimostrato che solo nelle donne la presenza di 36 o più ripetizioni è associata in modo significativo ad un aumentato rischio di infarto miocardico53. Anche la composizione dell’endotelio stesso varia nei due sessi. La trombospondina-4 (THBS-4) è uno dei cinque membri della famiglia delle trombospondine, proteine della matrice extracellulare identificate all’interno del tessuto vascolare. THBS4 sembra essere più specifica per il muscolo cardiaco e il muscolo scheletrico. È stato dimostrato come vi sia un’associazione sesso-dipendente tra la variante 1186G>C di THBS e l’infarto miocardico54. Il processo trombotico, oltre ad essere influenzato in modo sesso-dipendente dall’ossido nitrico, presenta anche differenze nei livelli dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1 (PAI1) e dell’attivatore del plasminogeno tissutale (t-PA). In un recente studio caso-controllo su 2246 pazienti svedesi con infarto miocardico, elevati livelli di PAI-1 sono stati associati ad un rischio di infarto miocardico 2 volte maggiore negli uomini rispetto alle donne55. Altri studi hanno dimostrato inoltre come i livelli plasmatici di PAI-1 siano più bassi nelle donne in premenopausa rispetto a quelle in postmenopausa56,57. La presenza di particolari polimorfismi del gene di PAI-1 è correlata ad un’aumentata concentrazione plasmatica di PAI-1 e questo può in parte spiegare le differenze tra uomini e donne e tra donne in pre- e postmenopausa55. Tuttavia, sebbene le varianti genetiche analizzate siano state numerose, complessivamente i risultati derivanti dagli studi che hanno utilizzato l’approccio del gene candidato sono stati di scarso rilievo clinico, in quanto le varianti genetiche analizzate non solo spiegavano una minima parte (<1%) dei casi di malattia, ma per la maggior parte non hanno fornito risultati riproducibili47,58. 392 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 In effetti tale tipologia di studio è gravata da limiti potenziali che possono essere responsabili della scarsa applicabilità clinica dei risultati ottenuti. In primo luogo, la restrizione dell’analisi di associazione ad una singola o a pochissime varianti geniche, di solito coinvolte nei pathway molecolari riconosciuti come determinanti la patologia aterosclerotica, non consente l’identificazione di nuovi geni correlati alla patologia in studio, in quanto i risultati sono influenzati dalla scelta del ricercatore di testare determinate varianti ritenute causative e biologicamente plausibili. In secondo luogo, tali studi sono stati eseguiti solitamente su campioni di piccole dimensioni, con un conseguente elevato rischio di ottenere risultati falsamente positivi e, non da ultimo, va ricordato il possibile bias di pubblicazione relativo ai risultati positivi59. L’APPROCCIO GENOME-WIDE Negli ultimi anni si è assistito a numerose innovazioni scientifiche e tecnologiche in campo genetico. In particolare, il completamento del progetto Genoma Umano e dell’International Haplotype Map Project ha consentito di ottenere una grande quantità di informazioni relative al DNA umano e alla variabilità tra individui; inoltre è divenuto possibile produrre, a costi contenuti, piattaforme in grado di analizzare contemporaneamente milioni di varianti genetiche provenienti da un singolo campione di DNA. In questo contesto una nuova metodica di analisi genomica, chiamata “genome-wide association study” (GWAS) ha consentito di identificare una serie di loci genici associati al rischio di infarto miocardico in maniera significativa e riproducibile60-63. Utilizzando chip che permettono di analizzare sino a 2 milioni di tag polimorfismi a singolo nucleotide per ogni individuo, è stato possibile individuare piccole regioni del DNA che massimamente si differenziano tra sani e malati, indipendentemente da qualsiasi ipotesi aprioristica. Attualmente sono più di 20 le regioni geniche risultate associate alla cardiopatia ischemica mediante gli studi genomewide; tuttavia anche gli studi più prestigiosi fino ad ora pubblicati in questo ambito non hanno rilevato la presenza di varianti genetiche differentemente associate al rischio di cardiopatia ischemica nell’uomo e nella donna60-63. È importante notare però che gli studi sopracitati non contengono analisi per sesso prespecificate, ma piuttosto controllano l’associazione utilizzando il sesso come covariata. Questo rende conto dell’esiguità di dati relativi ai polimorfismi genetici sesso-specifici correlati alla cardiopatia ischemica identificati mediante la metodica genome-wide. È tuttavia plausibile che questa mancanza di dati sia attribuibile non alla reale assenza di differenze genetiche tra uomo e donna correlate alla cardiopatia ischemica, ma piuttosto al mancato utilizzo di test statistici volti ad individuare tali differenze (Figura 4)64. Dati recentemente pubblicati dimostrano come questa ipotesi sia veritiera. I ricercatori del Wellcome Trust Case Control Consortium (WTCCC) hanno dimostrato che utilizzando un approccio sesso-specifico nell’analisi dei risultati degli studi di associazione genome-wide è possibile identificare polimorfismi genetici correlati al rischio di malattia significativamente diversi nell’uomo e nella donna64. Questo nuovo approccio è stato utilizzato in un’ampia popolazione costituita da 14 000 casi e 3000 controlli prendendo in esame 7 patologie complesse tra cui la cardiopatia ischemica, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito di tipo 1 GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA Figura 4. Modello di uno studio di genome-wide association (GWAS) disegnato per individuare le varianti genetiche che massimamente differenziano i maschi dalle femmine. La prima fase degli studi di GWAS permette di screenare rapidamente milioni di polimorfismi genetici a singolo nucleotide (SNPs) di molti individui e rintracciare le varianti genetiche associate ad un particolare fenotipo o malattia. Successivamente è possibile condurre un confronto caso-controllo separatamente per i due sessi per rintracciare gli SNPs che si associano in modo differente al sesso maschile e al sesso femminile. Adattata da Liu et al.64. cardico Giovanile” suggeriscono che, utilizzando un corretto disegno di studio, nonché analisi statistiche mirate, è possibile identificare varianti genetiche selettivamente associate al rischio di cardiopatia ischemica nelle donne. L’analisi, effettuata su un’ampia casistica raccolta in 125 unità coronariche italiane, costituita da circa 2000 pazienti con infarto miocardico giovanile, ovvero che si verifica prima dei 45 anni di età, e 2000 controlli sani appaiati per sesso, età ed origine geografica, ha consentito di selezionare, in modo del tutto preliminare, un gruppo di 702 varianti genetiche di suscettibilità specifiche per il sesso femminile, che seppur con un’associazione che non raggiunge i livelli di significatività genome-wide, potranno rappresentare un punto di partenza per la ricerca futura. In particolare la variante genetica rs11872403 è localizzata in una regione genica che regola l’apoptosi e l’infiammazione e potrebbe rendere ragione della maggior prevalenza di erosione di placca del sesso femminile. Tali dati dovranno essere confermati in popolazioni più ampie dotate di una potenza statistica maggiore utile all’identificazione delle varianti genetiche che, nell’ambito della cardiopatia ischemica, massimamente differenziano l’uomo e la donna. PROSPETTIVE FUTURE e 2, l’artrite reumatoide, il morbo di Crohn e i disturbi bipolari. Relativamente alle varianti genetiche correlate alla cardiopatia ischemica è stato dimostrato che il polimorfismo rs7865618 localizzato nella regione genica 9p21 è specifico per il sesso maschile (Figura 5)64. Anche i risultati preliminari dell’analisi genome-wide specifica per sesso eseguita nella popolazione dello “Studio genetico Italiano nell’Infarto Mio- Figura 5. Polimorfismi genetici sesso-specifici associati alla cardiopatia ischemica identificati mediante la metodica di analisi genome-wide. Valore di associazione con la malattia coronarica di ogni polimorfismo a singolo nucleotide analizzato, espresso come valore di p in scala logaritmica (log10) e graficato contro la posizione cromosomica. I polimorfismi a singolo nucleotide con effetti sesso-specifici e con differenza tra i due sessi con p<0.05 sono evidenziati dalla freccia aperta per l’uomo e dalla freccia piena per la donna. Il polimorfismo rs7865618 localizzato sul Cr9p21 ha influenza esclusiva sul sesso maschile. Il pannello è troncato a 1x10-15 sebbene alcuni marker superino la soglia di significatività. Le linee orizzontali indicano la correzione di Bonferroni. Adattata da Liu et al.64. Negli ultimi anni la ricerca genetica in ambito cardiovascolare ha prodotto risultati sempre più concreti ed entusiasmanti. Tuttavia, per trasformare le informazioni ottenute in strumenti clinici utili per la predizione del rischio, la prevenzione e la terapia dei pazienti è necessario investire ulteriori energie al fine di completare lo studio dell’ereditarietà della cardiopatia ischemica, in particolare per quanto riguarda le differenze tra uomo e donna. Diviene necessario in questo contesto disegnare studi di analisi genetica al fine di identificare le varianti genetiche che massimamente differenziano, all’interno del campione di pazienti affetti da cardiopatia ischemica, i maschi dalle femmine. Inoltre è altrettanto interessante completare gli studi di espressione genica per identificare le possibili relazioni tra geni e ambiente e geni e ormoni nei due sessi. Infine potrebbe essere conveniente utilizzare nuove tecniche di sequenziamento diretto del genoma umano per identificare nelle donne varianti genetiche associate alla cardiopatia ischemica con dimensione dell’effetto maggiore rispetto a quelle identificabili mediante le analisi genome-wide65. La strada da percorrere per colmare il vuoto di conoscenze relativo alla base genetica della cardiopatia ischemica nella donna sembra ancora lunga, tuttavia è necessario che la comunità scientifica raggiunga la consapevolezza che solo la precisa comprensione dei meccanismi molecolari e biologici che caratterizzano la cardiopatia ischemica nella donna consentirà di ottimizzare la gestione clinica, favorendo l’utilizzo di strategie di prevenzione, diagnosi e terapia personalizzate. RIASSUNTO È noto che la cardiopatia ischemica nelle donne è caratterizzata da aspetti peculiari rispetto agli uomini, non solo per quanto riguarda la presentazione clinica e la prognosi dopo infarto miocardico, ma anche relativamente all’impatto specifico dei fattori di rischio tradizionali e ai meccanismi fisiopatologici che sottendono la malattia aterosclerotica. G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 393 MF NOTARANGELO ET AL Sulla base dei dati clinici ed epidemiologici è possibile ipotizzare che le differenze tra donne e uomini nell’ambito della cardiopatia ischemica non siano semplicemente limitate agli effetti degli estrogeni sul sistema cardiovascolare, ma siano piuttosto causate dal differente background genetico dei due sessi. Negli ultimi anni, utilizzando l’approccio del gene candidato, sono stati effettuati numerosi tentativi volti ad identificare le principali varianti genetiche, specifiche per il genere femminile, associate alla cardiopatia ischemica. Tuttavia i risultati fino ad ora ottenuti non sono completamente trasferibili nella pratica clinica, sia perché le varianti genetiche analizzate spiegano solo una minima parte dei casi di malattia, sia per l’elevata possibilità, insita in questa tipologia di studio, di trovare associazioni sesso-specifiche spesso spurie. È possibile che l’attuale esiguità di risultati riproducibili, anche mediante l’utilizzo delle più recenti metodiche di analisi genetica whole genome, sia attribuibile non alla reale assenza di varianti genetiche che influenzano il rischio di cardiopatia ischemica specifiche per il sesso femminile, ma piuttosto al mancato utilizzo di test statistici volti ad individuare tali differenze. Una sfida per il prossimo futuro sarà dunque quella di disegnare studi di analisi genetica capaci di identificare le varianti genetiche che massimamente differenziano i maschi dalle femmine. Parole chiave. Cardiopatia ischemica; Donne; Gene candidato; Genetica; Studi di associazione genome-wide. BIBLIOGRAFIA 1. Lloyd-Jones D, Adams R, Carnethon M, et al. Heart disease and stroke statistics 2009 update: a report from the American Heart Association Statistics Committee and Stroke Statistics Subcommittee. Circulation 2009;119:e21-e181. 2. Ford ES, Ajani UA, Croft JB, et al. Explaining the decrease in US deaths from coronary disease, 1980-2000. N Engl J Med 2007;356:2388-98. 3. Allender S, Scarborough P, Peto V, Rayner M. European cardiovascular disease statistics, 2008 edition. British Heart Foundation Statistics. 2008. http://www.bhf.org. uk/idoc.ashx?docid=e4f82fee-58f0-4a518099-db9520123e24&version=-1 [accessed February 2, 2012]. 4. Modena MG, Arbustini E, Borghi C, et al. Il cuore delle donne. Documento a cura del Gruppo di Lavoro della Società Italiana di Cardiologia. G Ital Cardiol 2007;8:3-27. 5. Maas AH, van der Schouw YT, Regitz-Zagrosek V, et al. Red alert for women’s heart: the urgent need for more research and knowledge on cardiovascular disease in women: proceedings of the workshop held in Brussels on gender differences in cardiovascular disease, 29 September 2010. Eur Heart J 2011;32:1362-8. Recente report dell’EuroHeart Project che mette in luce le ragioni della necessità di un approccio sesso-specifico alla malattia cardiovascolare nella donna. 6. Vaccarino V, Parsons L, Every NR, Barron HV, Krumholz HM. Sex-based differences in early mortality after myocardial infarction. National Registry of Myocardial Infarction 2 Participants. N Engl J Med 1999;341:217-25. 7. Anand SS, Islam S, Rosengren A, et al.; INTERHEART Investigators. Risk factors for myocardial infarction in women and men: insights from the INTERHEART study. Eur Heart J 2008;29:932-40. Importante studio caso-controllo eseguito su un’ampia casistica focalizzato sul differente peso specifico dei fattori di rischio tradizionali nell’uomo e nella donna. 8. Vaccarino V, Badimon L, Corti R, et al. Ischaemic heart disease in women: 394 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 are these sex differences in pathophysiology and risk factors? Position paper from the working group on coronary pathophysiology and microcirculation of the European Society of Cardiology. Cardiovasc Res 2011; 90:9-17. Recente position paper del working group sulla fisiopatologia coronarica e il microcircolo della Società Europea di Cardiologia che descrive chiaramente il vuoto di conoscenze relative alla fisiopatologia della cardiopatia ischemica nella donna. 9. Shaw LJ, Bugiardini R, Merz CN. Women and ischemic heart disease: evolving knowledge. J Am Coll Cardiol 2009;54: 1561-75. 10. Burke AP, Farb A, Malcolm G, Virmani R. Effect of menopause on plaque morphologic characteristics in coronary atherosclerosis. Am Heart J 2001;141(2 Suppl):S58S62. 11. Frink RJ. Gender gap, inflammation and acute coronary disease: are women resistant to atheroma growth? Observations at autopsy. J Invasive Cardiol 2009;21:270-7. 12. Burke AP, Farb A, Malcolm GT, Liang Y, Smialek J, Virmani R. Effect of risk factors on the mechanism of acute thrombosis and sudden coronary death in women. Circulation 1998;97:2110-6. 13. Blum A, Blum N. Coronary artery disease: are men and women created equal? Gend Med 2009;6:410-8. 14. Yusuf S, Hawken S, Ounpuu S, et al.; INTERHEART Study Investigators. Effect of potentially modifiable risk factors associated with myocardial infarction in 52 countries (the INTERHEART study): case-control study. Lancet 2004;364:937-52. 15. Vasan RS, Larson MG, Leip EP, et al. Impact of high-normal blood pressure on the risk of cardiovascular disease. N Engl J Med 2001;345:1291-7. 16. Lee WL, Cheung AM, Cape D, Zinman B. Impact of diabetes on coronary artery disease in women and men: a meta-analysis of prospective studies. Diabetes Care 2000;23:962-8. 17. Huxley R, Barzi F, Woodward M. Excess risk of fatal coronary heart disease associ- ated with diabetes in men and women: meta-analysis of 37 prospective cohort studies. BMJ 2006;332:73-8. 18. Regitz-Zagrosek V, Lehmkuhl E, Mahmoodzadeh S. Gender aspects of the role of the metabolic syndrome as a risk factor for cardiovascular disease. Gend Med 2007; 4(Suppl B):S162-S177. 19. Ogden CL, Carroll MD, Curtin LR, McDowell MA, Tabak CJ, Flegal KM. Prevalence of overweight and obesity in the United States, 1999-2004. JAMA 2006;295: 1549-55. 20. Manson JE, Willett WC, Stampfer MJ, et al. Body weight and mortality among women. N Engl J Med 1995;333:677-85. 21. Prescott R, Hipp M, Schnohr P, Hein HO, Vestbo J. Smoking and risk of myocardial infarction in women and men: longitudinal population study. BMJ 1998;316:1043-7. 22. Manolio TA, Pearson TA, Wenger NK, Barrett-Connor E, Payne GH, Harlan WR. Cholesterol and heart disease in older persons and women. Review of an NHLBI workshop. Ann Epidemiol 1992;2:161-76. 23. Hokanson JE, Austin MA. Plasma triglyceride level is a risk factor for cardiovascular independent of high-density lipoprotein cholesterol level: a meta-analysis of population-based prospective studies. J Cardiovasc Risk 1996;3:213-9. 24. Wassertheil-Smoller S, Shumaker S, Ockene J, et al. Depression and cardiovascular sequelae in postmenopausal women. The Women’s Health Initiative (WHI). Arch Intern Med 2004;164:289-98. 25. Rutledge T, Reis SE, Olson MB, et al. Depression symptom severity and reported treatment history in the prediction of cardiac risk in women with suspected myocardial ischemia: the NHLBI-sponsored WISE study. Arch Gen Psychiatry 2006;63:874-80. 26. Whang W, Kubzansky LD, Kawachi I, et al. Depression and risk of sudden cardiac death and coronary heart disease in women: results from the Nurses’ Health Study. J Am Coll Cardiol 2009;53:950-8. 27. von Kanel R, Orth-Gomér K. Autonomic function and prothrombotic activity in women after an acute coronary event. J Womens Health 2008;17:1331-7. GENETICA DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA NELLA DONNA 28. Pilia G, Chen WM, Scuteri A, et al. Heritability of cardiovascular and personality traits in 6148 Sardinians. PLoS Genet 2006; 2:e132. 29. Middelberg RP, Spector TD, Swaminathan R, Snieder H. Genetic and environmental influences on lipids, lipoproteins, and apolipoproteins: effects on menopause. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2002;22: 1142-7. 30. Schousboe K, Visscher PM, Henriksen JE, Hopper JL, Sorensen TI, Kyvik KO. Twin study of genetic and environmental influences on glucose tolerance and indices of insulin sensitivity and secretion. Diabetologia 2003;46:1276-83. 31. Evans A, Van Baal GC, McCarron P, et al. The genetics of coronary heart disease: the contribution of twin studies. Twin Res 2003;6:432-41. 32. Marenberg ME, Risch N, Berkman LF, Floderus B, de Faire U. Genetic susceptibility to death from coronary heart disease in a study of twins. N Engl J Med 1994;330:1041-6. Uno degli studi che può essere considerato il punto di partenza della ricerca nell’ambito della genetica della cardiopatia ischemica. 33. Zdravkovic S, Wienke A, Pedersen NL, Marenberg ME, Yashin AI, De Faire U. Heritability of death from coronary heart disease: a 36-year follow up of 20 966 Swedish twins. J Intern Med 2002;252:247-54. 34. Shea S, Ottman R, Gabrieli C, Stein Z, Nichols A. Family history as an independent risk factor for coronary artery disease. J Am Coll Cardiol 1984;4:793-801. 35. Myers RH, Kiely DK, Cupples LA, Kannel WB. Parental history is an independent risk factor for coronary artery disease: the Framingham Study. Am Heart J 1990;120:963-9. 36. Murabito JM, Pencina MJ, Nam BH, et al. Sibling cardiovascular disease as a risk factor for cardiovascular disease in middleaged adults. JAMA 2005;294:3117-23. 37. Yang C, Wang X, Ding H. Is coronary artery disease a multifactorial inherited disorder with a sex-influenced trait? Med Hypotheses 2008;71:449-52. 38. Arain FA, Kuniyoshi FH, Abdalrhim AD, Miller VM. Sex/gender medicine. The biological basis for personalized care in cardiovascular medicine. Circ J 2009;73:1774-82. 39. Rossouw JE. Hormones, genetic factors, and gender differences in cardiovascular disease. Cardiovasc Res 2002;53:550-7. 40. Pajukanta P, Cargill M, Viitanen L, et al. Two loci on chromosomes 2 and X for premature coronary heart disease identified in early- and late-settlement populations of Finland. Am J Hum Genet 2000;67:148193. 41. Miller VM. Sex-based differences in vascular function. Womens Health 2010;6:73752. 42. Van PL, Bakalov VK, Zinn AR, Bondy CA. Maternal X chromosome, visceral adiposity, and lipid profile. JAMA 2006;295:1373-4. 43. Schuit SC, Oei HH, Witteman JC, et al. Estrogen receptor alpha gene polymorphisms and risk of myocardial infarction. JAMA 2004;291:2969-77. 44. Domingues-Montanari S, Subirana I, Tomás M, Marrugat J, Sentí M. Association between ESR2 genetic variants and risk of myocardial infarction. Clin Chem 2008;54: 1183-9. 45. Rexrode KM, Ridker PM, Hegener HH, Buring JE, Manson JE, Zee RY. Polymorphisms and haplotypes of the estrogen receptor-beta gene (ESR2) and cardiovascular disease in men and women. Clin Chem 2007;53:1749-56. 46. Lucas G, Lluís-Ganella C, Subirana I, et al. Post-genomic update on a classical candidate gene for coronary artery disease: ESR1. Circ Cardiovasc Genet 2011;4:64754. 47. Patsopoulos NA, Tatsioni A, Ioannidis JP. Claims of sex differences: an empirical assessment in genetic associations. JAMA 2007;298:880-93. Studio metodologicamente ben condotto incentrato sulle possibili associazioni spurie tra genotipo e sesso relativamente agli studi condotti con l’approccio del gene candidato. 48. Yamada Y, Izawa H, Ichihara S, et al. Prediction of the risk of myocardial infarction from polymorphisms in candidate genes. N Engl J Med 2002;347:1916-23. 49. Kolovou G, Damaskos D, Anagnostopoulou K, Cokkinos DV. Apolipoprotein E gene polymorphism and gender. Ann Clin Lab Sci 2009;39:120-33. 50. McCarthy JJ, Lehner T, Reeves C, et al.; GeneQuest Investigators. Association of genetic variants in the HDL receptor, SR-B1, with abnormal lipids in women with coronary artery disease. J Med Genet 2003;40: 453-8. 51. Silander K, Alanne M, Kristiansson K, et al. Gender differences in genetic risk profiles for cardiovascular disease. PloS One 2008; 3:e3615. 52. Regitz-Zagrosek V. Therapeutic implications of the gender-specific aspects of cardiovascular disease. Nat Rev Drug Discov 2006;5:425-38. 53. Laule M, Meisel C, Prauka I, et al. Interaction of CA repeat polymorphism of the endothelial nitric oxide synthase and hyperhomocysteinemia in acute coronary syndromes: evidence of gender-specific differences. J Mol Med 2003;81:305-9. 54. Cui J, Randell E, Renouf J, et al. Thrombospondin-4 1186G>C (A387P) is a sex-dependent risk factor for myocardial infarction: a large replication study with increased sample size from the same population. Am Heart J 2006;152:543.e1-5. 55. Asselbergs FW, Williams SM, Hebert PR, et al. Gender-specific correlations of plasminogen activator inhibitor-1 and tissue plasminogen activator levels with cardiovascular disease-related traits. J Thromb Haemost 2007;5:313-20. 56. Stevenson JC, Crook D, Godsland IF. Influence of age and menopause on serum lipids and lipoproteins in healthy women. Atherosclerosis 1993;98:83-90. 57. Gebara OC, Mittleman MA, Sutherland P, et al. Association between increased estrogen status and increased fibrinolytic potential in the Framingham Offspring Study. Circulation 1995;91:1952-8. 58. Morgan TM, Krumholz HM, Lifton RP, Spertus JA. Nonvalidation of reported genetic risk factors for acute coronary syndrome in a large-scale replication study. JAMA 2007;297:1551-61. 59. Cohen JC. Genetic approaches to coronary heart disease. J Am Coll Cardiol 2006; 48:A10-A14. 60. Samani NJ, Erdmann J, Hall AS, et al.; WTCCC and the Cardiogenics Consortium. Genomewide association analysis of coronary artery disease. N Engl J Med 2007;357: 443-53. 61. Helgadottir A, Thorleifsson G, Manolescu A, et al. A common variant on chromosome 9p21 affects the risk of myocardial infarction. Science 2007;316:1491-3. 62. McPherson R, Pertsemlidis A, Kavaslar N, et al. A common allele on chromosome 9 associated with coronary heart disease. Science 2007;316:1488-91. 63. Wellcome Trust Case Control Consortium. Genome-wide association study of 14 000 cases of seven common diseases and 3000 shared controls. Nature 2007; 447:661-78. 64. Liu LY, Schaub MA, Sirota M, Butte AJ. Sex differences in disease risk from reported genome-wide association study findings. Hum Genet 2011;131:353-64. 65. Manolio TA, Collins FS, Cox NJ, et al. Finding the missing heritability of complex diseases. Nature 2009;461:747-53. G ITAL CARDIOL | VOL 13 | GIUGNO 2012 395