11 CUORE DI DONNA E’ persistita fino a non molto tempo fa la convinzione, anche tra i medici, che le malattie di cuore fossero un problema eminentemente maschile. Una simile convinzione ha fatto sì che le maggiori ricerche cliniche e sperimentali volte alla comprensione dei meccanismi fisio-patologici delle malattie cardio-vascolari sono state condotte quasi esclusivamente su maschi, con risultati non completamente trasferibili al sesso femminile. Negli ultimi tempi è cresciuta la consapevolezza che le cose non stanno propriamente così e che anche il gentil sesso paga un tributo molto pesante alle malattie cardiovascolari. Secondo i dati epidemiologici, infatti, risulta che le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte tra le donne in tutti i Paesi ad elevato sviluppo socio-economico e che più della metà delle donne in Europa muore per una malattia cardiovascolare. Anche fra i ricercatori sta crescendo la consapevolezza che le problematiche legate alla salute delle donne richiedono una maggiore e più specifica attenzione, con studi differenziati che tengano nel dovuto conto le diversità biologiche e psicologiche che distinguono uomini e donne. La svolta viene dagli Stati Uniti in cui è stata decisa la norma che nei prossimi studi clinici le donne devono essere rappresentate con una quota non inferiore al 25% . E’ vero che le donne per tutto il periodo fertile sono relativamente protette dagli eventi cardiovascolari dal maggiore livello di estrogeni circolanti nell’organismo, ormoni prodotti dalle ovaie capaci di preservare la struttura e la funzione dei vasi, e di mantenere un assetto lipidico favorevole. Infatti durante tale periodo hanno un rischio quattro volte inferiore di morire di infarto rispetto ai coetanei maschi. Le cose iniziano a cambiare dopo la menopausa, intorno ai 50 anni, quando viene a mancare l’ombrello protettivo estrogenico: si ha un aumento del colesterolo totale e LDL e una riduzione del colesterolo HDL; si ha un aumento del peso corporeo con una distribuzione del grasso corporeo di tipo androide, con localizzazione viscerale, che, come è ormai noto, si accompagna a una maggiore insulino-resistenza, a una maggiore propensione verso il diabete mellito, verso l’ipertensione arteriosa e la dislipidemia. Avviene che fino ai 55 anni circa, il rapporto uomo/donna per mortalità cardiaca è ancoro favorevole alla donna. Dopo, pian piano, il rapporto si riduce, fino ad invertirsi nell’età più avanzata: la cardiopatia ischemica colpisce le donne più avanti negli anni 92 rispetto agli uomini, ma la sua gravità il più delle volte è maggiore per decorso, complicanze e prognosi. Le ragioni di questa maggiore gravità sono diverse. La storia naturale dell’aterosclerosi che interessa le coronarie e le altre arterie sistemiche è differente nei due sessi: negli uomini è un processo lento, che consente un precondizionamento, cioè un graduale adattamento del cuore e degli altri organi agli insulti ischemici; nelle donne, invece, iniziando dopo la menopausa, quando, improvvisamente viene a cambiare l’assetto ormonale proprio dell’età fertile, ha una progressione più rapida, non consentendo una <<preparazione ischemica>> da parte del cuore, per cui un eventuale infarto cardiaco assume un quadro d’esordio più drammatico. Si potrebbe dire, in altre parole, che l’uomo ha una <<carriera>> di cardiopatico che inizia decisamente prima, per cui ha un cuore più preparato a subire l’evento acuto, mentre le donne, che si presentano all’episodio acuto infartuale impreparate, soccombono più facilmente. Altra situazione meno favorevole per le donne è che, vista la più avanzata età in cui iniziano a manifestarsi i fenomeni ischemici, è più probabile che esse presentino una co-morbilità, cioè la presenza di altre patologie (diabete mellito, ipertensione arteriosa, dislipidemia) che rendono la situazione più complicata. E’ da mettere in conto anche il fatto che la sintomatologia ischemica presentata dalle donne è diversa da quella manifestata dagli uomini. E’ in genere più sfumata e di interpretazione più difficile, per cui capita che si abbiano ritardi nei ricoveri ospedalieri e un minor ricorso a misure diagnostiche e terapeutiche immediate. Anche le analisi diagnostiche comunemente usate per le cardiopatie spesso sono nelle donne poco dirimenti. Può capitare che alla coronarografia le donne presentino coronarie indenni, nonostante dolore precordiale e modificazioni elettrocardiografiche tipiche per cardiopatia ischemica. Ciò comporta che spesso la diagnosi clinica, non invasiva, è errata: in una ricerca della Mayo Clinic (famoso ospedale del Minnesota, USA) soltanto il 35% delle donne e il 68% dei medici aveva associato correttamente i sintomi riferiti ad un problema cardiaco. Le coronarie femminili sono generalmente di dimensioni ridotte, così come i vasi utilizzati per il by-pass aorto-coronarico, cosa che spiega in parte perché le donne traggono dall’intervento di rivascolarizzazione un minor beneficio dei maschi, oltre al fatto di essere mediamente più avanti negli anni al momento dell’intervento. Anche la causa dell’incremento della patologia cardio-vascolare femminile va ricercata nella sempre maggiore diffusione di errati stili di vita, ma nonostante una diffusa consapevolezza di ciò oltre il 70% delle donne non fa nulla per la prevenzione. 93 94