Parmenide, l`antimetafisico - Filosofia e Scienze umane

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Parmenide, l'antimetafisico
di Gianluca Caputo
La filosofia non ha bisogno di certezze ma dubbi e confutazioni. Con questo articolo proviamo a
sovvertire una delle più granitiche certezze della storia della filosofia: che Parmenide sia uno dei
fondatori della metafisica.
AVVERTENZE
Attenzione, quello che diremo in questo breve articolo non ha pretesa di valore “scientifico” né
accademico, vuole essere un esempio di come la filosofia, in classe deve tentare di sviluppare senso
critico e pensiero “divergente” (a nostro avviso è questo uno dei suoi fini didattici). Altrove,1 infatti,
abbiamo sostenuto che uno dei problemi dell'insegnamento di questa materia è il suo riportare tesi
universalmente accettate con lo scopo, comunque interessante, di comprenderle e confrontarle con
altre simili ecc. Raramente si tenta la strada che fa della filosofia una disciplina che prepari
all'approccio scientifico: provare la confutazione di ogni tesi, contraddirle in modo logico e
razionale.
L'ANTIMETAFISICA DI PARMENIDE
Solitamente Parmenide è presentato come il padre della “metafisica” (termine che non è stato
coniato da lui) per l'identità sostenuta tra pensiero, linguaggio ed essere, che ha tra le conseguenze
che solo l'essere è pensabile. Il pensiero, dunque, può andare oltre ciò che i sensi esperiscono come
elementi contingenti, occupandosi della realtà più autentica Andare oltre il contingente però ha il
problema di non sapere più tornare indietro, ovvero il pensiero allo stesso tempo deve escludere
dall'orizzonte della verità tutto ciò che non è, pertanto risponde agli stessi attributi che solo
dell'essere (in quanto tale) sono pensabili. Con Parmenide la storia della filosofia, nel suo
“racconto”, sembra quasi subire una brusca frenata. Se la filosofia nasce difatti come ricerca di un
principio che dia fondamento alla conoscenza della realtà, o meglio a ciò che di vero, autentico,
immutabile si può affermare di una realtà in (apparente) continuo cambiamento, ecco che giunge
alla sentenza secondo la quale di essa possiamo affermare con certezza qualcosa solo se tutto ciò
che ne esperiamo venga rigettato come falso.
Premesso che quest'ultima affermazione potrebbe essere criticata alla luce della cosiddetta terza via
di Parmenide (di cui abbiamo discusso altrove2), per quello che è il fine della nostra lezione, in
1
2
G. Caputo. La filosofia non ha bisogno di esempi. www.filosofiascienzeumane.loescher.it
G. Caputo. Dalla doxa plausibile alla téchne. www.filosofiascienzeumane.loescher.it
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questa sede e in generale per la tradizione filosofica, possiamo prenderla per buona. Ma se essa è
valida, non è una negazione della stessa ragion d'essere della metafisica? Anche uno studente
(magari tra quelli più attenti) capisce che questa conclusione mina alle basi la stessa ragione
d'esistere della ricerca filosofica fino a quel momento studiata, si rischia di mettere una pietra
tombale affermando che la ragione coglie verità che non possono essere confermate nella realtà e
tantomeno fondamento o legge della stessa. Basta poi attendere qualche lezione, fino a Platone, per
scoprire che questa metafisica, per iniziare a fare quello che è il suo “mestiere” dovrà essere in
qualche modo “uccisa” per essere superata.
Insomma per farla breve: se la metafisica è la ricerca di leggi eterne al di là dell'esperienza ma che
possano esserne il fondamento, legge immutabile in un modo che cambia incessantemente, allora il
pensiero di Parmenide è esattamente la negazione di questa possibilità, la definitiva resa della
ricerca filosofica di questa legge.
CONCLUSIONI
Perché fare lezioni di questo tipo? Per almeno due buoni motivi:
a) La lezione non si dimentica facilmente. Concetti chiave ridefiniti continuamente alla luce delle
nuove scoperte e con queste confrontati, faranno parte di un bagaglio di conoscenze che si potrà
dire adesso personale.
b) Ci si abitua, fin dalle prime lezioni (che sono le più importanti da un punto di vista didattico), a
esercitare un pensiero divergente e critico che se non porta necessariamente risultati nei contenuti
(non è una gran conquista accademica un’argomentazione sull'anti-metafisica parmenidea) lo farà
sicuramente nei metodi, un po' come quando nei saggi brevi invitiamo gli studenti ad argomentare
la propria tesi anche cercando delle antitesi, che servono, se non altro, a rafforzare la propria,
comprendendo un po' delle possibili obiezioni, magari fino a quel momento ignorate o trascurate.
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