Simulazioni e problem solving

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Filosofia
Attualizzazioni
Simulazioni e problem solving
Come l'insegnamento della filosofia può partire (e non arrivare) a situazione
concrete
di Gianluca Caputo
La filosofia insegna a risolvere problemi o dalla soluzione dei problemi possiamo imparare a
fare filosofia?
Dal metodo all'esempio
Uno dei metodi più utilizzati per far comprendere nozioni teoriche di sistemi filosofici astratti, nei
corsi di filosofia nelle scuole superiori, è sicuramente quello di mostrarne il "funzionamento"
tramite esempi concreti, situazioni possibili, quasi tangibili. Si sostiene, tramite queste esempi, che
la filosofia può apparire come una attività quotidiana con la quale tutti, in qualche modo abbiamo a
che fare. Sono d'accordo certamente sulla conclusione, ma non sulla premessa: che la filosofia sia
una attività quotidiana non ho dubbi, ma che questo si mostri facendo esempi concreti per far
comprendere un sistema filosofico "astratto" invece di dubbi ne ho molti senza togliere che questi
esempi ne faccio tanti anche io, e sono spesso inevitabili (e se li faceva Platone ricorrendo spesso al
mito evidentemente talvolta possono essere utili per comprendere teorie che altrimenti non
sarebbero comprensibili ad "addetti ai lavori").
Il problem solving
Più interessante a mio avviso è il procedimento opposto, quello che va dalla descrizione di una
situazione, al tentativo di comprenderla elaborando strategie e soluzioni, e quindi da essa elaborare
una teoria che possa valere come regola per situazioni simili: il procedimento chiamato problem
solving. Prima di fare degli esempi vale però la pena provare a dare una definizione di cosa sia il
problem solving, ovvero quella dote o capacità tra le più richieste negli annunci di lavoro. Non è
questa una competenza tecnica e sicuramente non si riferisce ad una materia specifica: il problem
solver è definito colui che dotato di capacità di pensiero laterale, utile nei diversi ambiti di lavoro oltre
che della vita. Quella vita che ti mette costantemente alla prova in situazioni problematiche e la cui
qualità stessa dipende dalla nostra capacità di trasformare queste situazioni in compiti da svolgere,
cioè in soluzioni.
In una qualsiasi simulazione proposta vi sono però delle attività che devono precedere il problem
solving vero e proprio. Di queste attività ne sintetizziamo brevemente solo alcune che ritendo
interessanti per il nostro obiettivo: il Problem Sensing, ovvero la capacità di percepire o riconoscere
una situazione come problematica; il Problem Finding, la ricerca attiva di possibili problemi, rilevare,
scoprire problemi, andare a caccia di problemi (la filosofia in fondo da sempre si definisce come la
Questa pagina può essere fotocopiata esclusivamente per uso didattico - © Loescher Editore
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capacità di farsi domande, più che darsi risposte); il Problem Talking, la capacità di parlare del
problema perché un problema diventa chiaro solo se lo si sa esprimere.
Sfogliando qualsiasi manuale manageriale o aziendale si trovano fior di liste comprendenti le
cosiddette Regole Del Problem Solving, ma a noi, nel contesto di un corso di filosofia saremo forse
interessati solo a questa: "Passa ad un livello di pensiero superiore!".
I problemi che abbiamo non possono essere risolti allo
stesso livello di pensiero che li ha generati. Albert Einstein
Se abbiamo un problema del quale non riusciamo trovare la soluzione, continuare a utilizzare gli
stessi schemi di pensiero che si sono rivelati insufficienti a questo scopo non potrà mai sbloccare la
situazione. Possiamo, anzi dobbiamo, evolvere il pensiero da un livello nel quale non è in grado di
risolvere il problema a uno più alto nel quale è in grado di immaginarne la soluzione.
Seguendo il consiglio di Einstein, se vogliamo uscire da un problema dobbiamo spostare il nostro
punto di vista ad un livello di pensiero superiore, immaginare come penseremmo se quel problema
non fosse per noi tale, se avessimo la mentalità, le convinzioni, la consapevolezza di chi non
vivrebbe mai, in nessun modo quel tipo di conflitto. Basta assumere una prospettiva diversa e ciò
che prima appariva come un problema non è più tale. Il problem solver apre la mente a possibilità
prima inesplorate.
Esempi banali di simulazioni che richiedono di assumere punti di vista superiori sono quelle in cui si
richiede di assumere il punto di vista opposto al proprio o un punto di vista terzo. Scambiare punti
di vista della stessa realtà è un buon modo per scoprire il significato profondo del ben noto
frammento di Eraclito:
Una e la stessa è la via all'in sù e la via all'in giù.
[60 Diels-Kranz]
Problemi e non problemi
Particolare attenzione, in una simulazione, è a come viete usato il linguaggio. Le parole sono il
mezzo principale per l'interpretazione della realtà ed è con esse che comunichiamo idee e
convinzioni, ma anche e soprattutto a noi stessi.
Probabilmente una delle parole più utilizzate in un qualsiasi discorso è proprio “problema” e spesso
quando le persone dicono “ho un problema”. Quando sento la parola problema amo ricordare che un
problema è tale quando esiste una soluzione e che una soluzione di un problema si trova quando il
problema è chiaro. Spesso i problemi sono senza soluzione quando appunto non sono espressi in
modo chiaro. Si scoprirà spesso che i problemi senza soluzione sono i problemi che usano termini di
cui non è chiaro il significato e che una volta chiariti il problema stesso scompare. Quando questo
non succede allora abbiamo un problema e possiamo trovare la soluzione.
Detto in altri termini: se non ci sono soluzioni non è un problema! Nella vita pratica molte
situazioni appaiono problematiche solo perché non sappiamo come agire o comportarci, non
sappiamo cioè fornire "soluzioni". Il problem solving ha come compito anche quello di distinguere
situazioni che sono problemi da quello che non lo sono, o di trasformare situazioni in problemi
appunto (creandoli) in modo che si possa di essi fornire soluzioni che altrimenti non ci sarebbero.
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Dall'esempio al metodo
Le situazioni da risolvere che forse meglio esemplificano questi concetti sono quelli concernenti la
vita pratica, quella cioè in cui le soluzioni portano ad azioni, a determinazioni della volontà,
determinazione che richiede di solito una interpretazione corretta, o modellizzazione, della
situazione stessa.
Antitesi: il filosofo non è un tecnico della ragione
Abbiamo creato un equivoco a proposito. Occorre certo anche riconoscere che l’insegnamento della
filosofia promuove la conduzione razionale del pensiero attraverso l’utilizzazione di concetti e di
argomenti, formando la capacità di passare dall’immediato delle emozioni e dei sentimenti
all’astrazione dei concetti e degli argomenti, di muoversi tra concreto e astratto, tra particolare e
generale. La capacità di pensare e di condurre razionalmente il pensiero, è uno degli effetti
formativi indiretti dell’insegnamento e dell’apprendimento della filosofia e sicuramente ricade sulla
formazione generale dell’allievo. Tuttavia sappiamo che questo effetto formativo scaturisce da una
più completa formazione filosofica. La formazione filosofica non è possibile attraverso scorciatoie
meramente procedurali, al di fuori di un’autentica esperienza di ricerca filosofica, in cui l’allievo si
mette alla prova in prima persona nella ricerca su questioni di senso e di valore, in cui che impara
ad elaborare i contenuti su cui esercitare il ragionamento.
Il fatto è che “il filosofare” non coincide con il mero “ragionare”. Il ragionare, l’uso dei concetti e la
conduzione razionale del pensiero nel porre, discutere e risolvere problemi, in filosofia non possono
essere distinti e separati se non artificialmente da un’esperienza, sia pure “ripetuta” o meramente
virtuale, di ricerca filosofica. Ogni sistema di concetti e ogni processo di convalida rimanda a
presupposti interni alle stesse filosofie o a famiglie di filosofie; essi non possono essere
generalizzati e astratti del tutto dai contesti teorici di riferimento. Tipico del filosofare non è il
“ragionare bene” in quanto tale, ma il ricercare sui problemi filosofici ragionando bene.
Conclusioni
Concludendo la filosofia può avere, tra le sue conseguenze, la capacità di astrarre problemi concreti
tentando di costruire modelli su cui riflettere per creare ipotesi di soluzioni da far ricadere
nell'ambito pratico e traducendole in concrete decisioni ed è a questo che possono servire le
simulazioni per lo sviluppo di quello che abbiamo definito problem solving, ma senza correre il rischio
di far coincidere questo con la filosofia stessa e il senso del suo insegnamento.
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