Uso dei farmaci
e allattamento al seno
Serve un’attitudine positiva da parte
degli operatori sanitari
R&P 2015; 31: 171-187
La Società Italiana di Medicina Perinatale ha elaborato un
consensus statement in 9 punti:
1.
Consiglio
professionale
non
dovrebbe
basarsi
esclusivamente su un errato principio di precauzione,
scoraggiando l’allattamento al seno quando il rischio per il
lattante è molto basso. Inoltre, gli operatori sanitari non
dovrebbero riferirsi soltanto al foglietto illustrativo. Foglietti
illustrativi spesso contengono una controindicazione all’uso in
gravidanza e allattamento senza distinguere tra i due periodi e
senza considerare le evidenze disponibili aggiornate.
2.
Quando interpellati per un consiglio i medici dovrebbero
prendersi il tempo necessario per valutare attentamente le
evidenze
scientifiche.
Un’immediata
sospensione
dell’allattamento è richiesta solo in
caso di chemioterapia
antitumorale, assunzione di sostanze d’abuso o ingestione
acuta di sostanze a scopo suicidario. In altri casi è appropriato
prendersi del tempo per valutare la sicurezza di impiego di un
farmaco in allattamento e fornire la risposta entro 24 ore.
Molti farmaci, infatti, raggiungono concentrazioni nel latte
materno al di sotto della dose terapeutica del lattante.
Inoltre, le possibili reazioni avverse sono associate ad accumulo
nel plasma del lattante, quando un farmaco è assunto per un lungo
periodo di tempo o dopo somministrazioni ripetute, e raramente
riguardano l’assunzione di una singola dose.
3. Rischi dell’esposizione del lattante ai farmaci assunti dalla
madre devono essere confrontati con i rischi associati
all’interruzione dell’allattamento al seno e all’allattamento con
latte
formulato.
Anche
una
temporanea
sospensione
dell’allattamento al seno comporta un rischio di interruzione
prematura, con i rischi conseguenti dell’allattamento artificiale a
lungo termine.
4. Quantità di farmaco escreta nel latte materno e i possibili
effetti sul lattante dipendono sia dalle caratteristiche
farmacocinetiche del farmaco, sia dalla capacità della mamma e del
neonato di metabolizzarlo. I rischi potenziali per il lattante sono
maggiori se è allattato esclusivamente al seno e se ha un
metabolismo non ancora maturo (neonato pretermine o di età
inferiore a due mesi). Dopo i due mesi il rischio di reazioni avverse
si riduce significativamente, ancor più se l’allattamento è
complementare e il latte materno non è più l’unico alimento.
5. Per limitare l’escrezione nel latte materno, la madre potrebbe
assumere il farmaco subito dopo la poppata. In questo modo la
concentrazione di farmaco nella poppata successiva potrebbe
essere ridotta al minimo.
6. In caso di assunzione di un farmaco controindicato in
allattamento per un periodo limitato di tempo, durante il
trattamento la mamma può spremere il latte ed eliminarlo e
riprendere ad allattare al seno una volta terminata la terapia. Il
latte può essere spremuto manualmente o utilizzando una pompa.
Per mantenere la lattazione la spremitura deve essere regolare e
deve seguire gli intervalli delle poppate. Infatti, la produzione di
latte potrebbe ridursi in caso di intervalli maggiori tra le spremiture.
La mamma che prevede di sottoporsi a un trattamento che
controindichi l’allattamento al seno (p.es. scintigrafia con
radioisotopi) potrebbe, inoltre, spremere il latte prima della terapia
e conservarlo. Il latte materno può essere conservato in frigorifero
a una temperatura di 4°C per 4 giorni, o in congelatore a una
temperatura di -20°C per 6 - 12 mesi. In questi casi può essere
opportuno indirizzare la mamma a un consulente per
l’allattamento.
7. I timori di possibili effetti negativi sullo sviluppo cognitivo di
una esposizione prolungata ai farmaci non deve rappresentare un
motivo per scoraggiare l’allattamento. È stato documentato che
neonati allattati da mamme in monoterapia con antiepilettici hanno
esiti cognitivi a 6 anni simili a quelli di neonati allattati
artificialmente. Anche se i dati disponibili sono ancora limitati, si
può ipotizzare che simili risultati siano attesi anche per gli
antidepressivi. Alcune revisioni dei dati disponibili in letteratura
hanno documentato la sicurezza in allattamento di molti
psicofarmaci, inclusi antidepressivi, antiepilettici e anti-emicrania.
In caso di trattamento con psicofarmaci in allattamento il
lattante dovrebbe essere monitorato attentamente dal pediatra per
sintomi neurologici (p. es. sedazione eccessiva, irritabilità, difficoltà
alla suzione) e, in caso di sospetti effetti indesiderati, si dovrebbero
misurare le concentrazioni nel plasma del lattante, quando
possibile.
8.
9.
La politerapia potrebbe aumentare il rischio di effetti indesiderati
da interazione tra farmaci, ma ad oggi non c’è evidenza di un
aumento di rischio quando la mamma assume più di un farmaco
simultaneamente alle dosi appropriate. In ogni caso c’è necessità
di maggiore ricerca in questo ambito.
Nel fornire un consiglio sull’uso di farmaci in allattamento
occorre fare riferimento a fonti di informazione autorevoli. La
banca dati Lactmed (vedi sotto “Fonti di informazioni”) appare
la fonte maggiormente attendibile in termini di consistenza, qualità
e citazioni bibliografiche e dovrebbe essere quella di scelta.
Fonti di informazioni su farmaci e allattamento:
Banca dati Lactmed: è parte del National Library of Medicine’s Toxicology Data
Network (TOXNET).
Fornisce informazioni sulle concentrazioni nel latte e nel plasma del lattante e
sui possibili effetti indesiderati.
I dati pubblicati in Lactmed derivano dalla revisione della letteratura, sono
frequentemente aggiornati e supportati da referenze bibliografiche.
È
accessibile
liberamente
al
portale
TOXNET
all’indirizzo:
http://toxnet.nlm.nih.gov/newtoxnet/lactmed.htm
Sono, inoltre, disponibili applicazioni per smartphone e tablet (iOS e Android),
che consentono la consultazione anche offline.