Oggi che le scienze sociali ci hanno reso consapevoli della natura multivocale e plurale del lavoro di cura, e del carattere problematico dei percorsi identitari, diventa urgente che al livello del noi - nei nostri gruppi, nelle nostre istituzioni - i processi e i prodotti culturali si possano svincolare dalla loro aderenza a determinati modelli, contribuendo a restituire il concetto di cultura ai luoghi in cui esso viene ridefinito e riattualizzato. È il tempo di ripensare la nostra idea di universale, che troppo spesso occulta le differenze, e finisce per occupare tutto lo spazio della riflessione e delle pratiche. L’esperienza di ricerca, raccontata nel testo, si pone quindi l’obiettivo di testimoniare il vincolo a vivere, imparare e sperimentare, sul campo, i paradossi e le contraddizioni dell'incontro con l'Altro, della rivendicazione di sé, delle costruzioni identitarie; è la politica della testimonianza, che istituisce un senso di differenza e di vita, poiché in grado di liberare e ricostruire spazi, pensieri, metafore, rappresentazioni. Simone Perin, antropologo, ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze Umane e Filosofia presso l’Università degli Studi di Verona. Dal 2008 collabora con il LaMec (Laboratorio di Mediazione Culturale) diretto da Gabriel Maria Sala, psicoterapeuta e docente di Antropologia dell’Educazione, presso cui svolge attività di ricerca in ambito etnoclinico e terapeutico; nel 2011 ha condotto una ricerca a Cluj-Napoca, Romania, sulla costruzione identitaria maschile nella cultura romena. Da anni impegnato nel lavoro con i/le migranti sul territorio veronese, svolge attività di consulenza e ricerca presso istituzioni che si occupano di minori, studiando gli effetti che la dimensione del potere crea nel tessuto sociale e nel mondo della cura, della terapia e dell’educazione.