EM CSL immunews2 090108:EM ZLB A B 9-01-2008 S T R 12:29 A Pagina I C T C O L L E C T I O N immunews A B S T R A C T C 2 2007 O L L E C T I O N EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:30 Pagina II EM CSL immunews2 090108:EM ZLB A B S 9-01-2008 T R 12:30 A Pagina 1 C T C O L L E C T I O N 2 2007 Anno I - N.2 - 2007 Trimestrale di aggiornamento scientifico Reg. Trib. N. 642 del 18.10.2007 ISSN XXXX-XXXX immunologia Direttore responsabile Immunodeficienze primitive Wubbo Tempel Editore Elsevier Masson srl Via Paleocapa, 7 20121 Milano (MI) Redazione In-folio - Torino Grafica Studio Sismondo - Roma Stampa Arti Grafiche Nidasio Assago (MI) Edizione riservata CSL Behring per i Sigg. Medici Fuori commercio © 2007, Elsevier Masson srl - Tutti i diritti riservati. È vietato riprodurre, archiviare in un sistema di riproduzione o trasmettere sotto qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per fotocopia, registrazione o altro, qualsiasi parte di questa pubblicazione senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non si assume alcuna responsabilità per qualsiasi lesione e/o danno a persona o beni in quanto responsabilità di prodotto, negligenza o altrimenti, oppure a operazione di qualsiasi metodo, prodotto, istruzione o idea contenuti nel materiale di cui trattasi. A causa del rapido progresso nella scienza medica, l’Editore raccomanda la verifica indipendente delle diagnosi e del dosaggio dei medicinali. 3 Use of intravenous immunoglobulin in human disease: a review of evidence 6 by members of the Primary Immunodeficiency Committee of the American Academy of Allergy, Asthma and Immunology Orange JS, Hossny EM, Weiler CR, Ballow M, Berger M, Bonilla FA, Buckley R, Chinene J, El-Gamal Y, Mazer BD, Nelson RP Jr, Patel DD, Secord E, Sorensen RU, Wasserman RL, Cunningham-Rundles C; Primary Immunodeficiency Committee of the American Academy of Allergy, Asthma and Immunology Health-related quality of life and treatment satisfaction in North American patients with primary immunedeficiency diseases receiving subcutaneous IgG self-infusions at homesitis Nicolay U, Kiessling P, Berger M, Gupta S, Yel L, Roifman CM, Gardulf A, Eichmann F, Haag S, Massion C, Ochs HD 8 Safety and efficacy of self-administered subcutaneous immunoglobulin in patient with primary immunodeficiency diseases Ochs HD, Gupta S, Kiessling P, Nicolay U, Berger M; Subcutaneous IgG Study Group Rapid subcutaneous IgG replacement therapy is effective and safe in children and adults with primary immunodeficiencies – a prospective, multi-national study Gardulf A, Nicolay U, Asensio O, Bernatowska E, Bock A, Carvalho BC, Granert C, Haag S, Hernandez D, Kiessling P, Kus J, Pons J, Niehues T, Schmidt S, Schulze I, Borte M Replacement IgG therapy and self-therapy at home improve the health-related quality of life in patients with primary antibody deficiencies Gardulf A, Nicolay U 9 ematologia 10 11 13 Uso di Ig endovena nelle patologie neoplastiche ematologiche associate a ipogammaglobulinemia A study of incidence and characteristics of infections in 476 patients from a single center undergoing autologous blood stem cell transplantation Puig N, de la Rubia J, Jarque I, Salavert M, Montesinos P, Sanz J, Martín G, Sanz G, Cantero S, Lorenzo I, Sanz MA 15 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:30 Pagina 2 Superior immunomodulatory effects of intravenous immunoglobulins on human T-cells and dendritic cells: comparison to calcineurin inhibitors Tha-In T, Metselaar HJ, Tilanus HW, Boor PP, Mancham S, Kuipers EJ, de Man RA, Kwekkeboom J A multicenter, randomized, double-blind comparison of different doses of intravenous immunoglobulin for prevention of graft-versus-host disease and infection after allogeneic bone marrow transplantation Winston DJ, Antin JH, Wolff SN, Bierer BE, Small T, Miller KB, Linker C, Kaizer H, Lazarus HM, Petersen FB, Cowan MJ, Ho WG, Wingard JR, Schiller GJ, Territo MC, Jiao J, Petrarca MA, Tonetta S Dose-by-dose virological and hematological responses to intravenous immunoglobulin in an immunocompromised patient with persistent parvovirus B19 infection Tang JW, Lau JS, Wong SY, Cheung JL, Chan CH, Wong KF, Wong A, Chan PK Temporary blast reduction after immunoglobulin administration for congenital cytomegalovirus infection masking infant leukemia with cryptic MLL rearrangement Metzler M, Bruch J, Stachel D, Langer T, Borkhardt A, Harbott J, Rascher W, Holter W 16 neurologia 21 Sindrome di Guillain-Barré The challenges of managing and treating Guillain-Barré syndrome during the acute phase Atkinson SB, Carr RL, Maybee P, Haynes D 23 17 18 19 Current therapeutic options in severe Guillain-Barré syndrome Shahar E 23 Pharmacoeconomics of therapy for Guillain-Barré syndrome: plasma exchange and intravenous immunoglobulin Tsai CP, Wang KC, Liu CY, Sheng WY, Lee TC 25 Intravenous immunoglobulin for Guillain-Barré syndrome: how effective? Tasdemir HA, Dilber C, Kanber Y, Uysal S 26 Long-term outcome of Guillain-Barré syndrome Koeppen S, Kraywinkel K, Wessendorf TE, Ehrenfeld CE, Scharks M, Diener HC, Weimar C 27 Guillain-Barré syndrome Kuwabara S 29 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:31 Pagina 3 immunologia Immunodeficienze primitive Andrea Matucci,* Alessandra Vultaggio,* Paola Parronchi† *Azienda Ospedaliero-Universitaria, Careggi; † Università degli Studi, Firenze Caratteristiche generali delle immunodeficienze Le immunodeficienze primitive (Primary ImmunoDeficiency Diseases, PIDD) costituiscono un gruppo disomogeneo di malattie, caratterizzato da deficit a carico di varie componenti del sistema immune, con conseguente aumentata suscettibilità alle infezioni (in particolare da agenti batterici). Le PIDD sono malattie relativamente poco frequenti in quanto si riscontrano in 1/10.000-1/20.000 nati vivi e possono essere correlate a difetti genetici singoli oppure essere poligeniche o dovute a interazioni tra substrato genetico e ambiente. Possono manifestarsi in qualsiasi età, compresa l’età adulta, e si mantengono per tutto il corso della vita. La classificazione delle PIDD si basa sul tipo di difetto immunologico che le caratterizza, per cui vengono distinte in: ID con interessamento esclusivo della produzione di anticorpi – agammaglobulinemia legata al cromosoma X (XLA) – agammaglobulinemia autosomico-recessiva – immunodeficienza comune variabile (ICV) – deficit di sottoclassi IgG – ipogammaglobulinemia transitoria dell’infanzia – deficit di anticorpi specifici ID combinate da deficit anticorpale e cellulare – sindrome di Wiskott-Aldrich – atassia-teleangectasia – sindrome da iper-IgM Malattie da deficit della funzione linfocitaria – deficit anticorpali (o ID umorali o a carico dei linfociti B) – deficit cellulari in cui le risposte anticorpali sono conservate, ma sono alterati i meccanismi effettori cellulari – ID combinate in cui entrambi i bracci dell’immunità specifica sono alterati Malattie da deficit di fagocitosi Malattie da deficit complementare La terapia sostitutiva con immunoglobuline (Ig) somministrate per via endovenosa (IVIG) è stata introdotta nei protocolli terapeutici delle PIDD da circa 25 anni e ha profondamente modificato le prospettive e la qualità della vita dei pazienti. Inoltre, e quasi contemporaneamente, sono state descritte le proprietà immunomodulatorie e antinfiammatorie delle IVIG e il loro uso è stato quindi allargato a numerose patologie autoimmuni. Sia le immunodeficienze primitive caratterizzate da esclusivo interessamento del compartimento umorale sia le gravi forme combinate, nelle quali sono anche presenti alterazioni del compartimento cellulare, si avvalgono della terapia sostitutiva con preparati immunoglobulinici: Il tempo di comparsa delle tipiche manifestazioni infettive che caratterizzano queste forme di PIDD con interessamento del compartimento umorale è molto variabile. Le IgG di origine materna, che passano al feto nel terzo trimestre di gravidanza, infatti, vengono progressivamente perdute nell’arco dei primi 6-12 mesi di vita, parallelamente all’acquisizione della capacità di produrre autonomamente anticorpi. Le immunodeficienze ad esclusivo interessamento del compartimento umorale e osservate dagli immunologi pediatri sono rappresentate da forme legate a deficit genetici che bloccano la maturazione dei linfociti B a uno stadio precoce (linfociti pre-B), con conseguente sviluppo di manifestazioni infettive gravi (infezioni batteriche dell’intero tratto respiratorio o di altri organi e apparati, sepsi, infezioni da enterovirus). In alternativa, l’assenza completa dello sviluppo dei linfociti o di alcune loro sottopopolazioni, oppure l’alterato sviluppo dei linfociti T o dei meccanismi alla base della cooperazione B-T, sono alla base di gravi forme a comparsa precoce di immunodeficienze combinate, talora associate a malformazioni di altri organi e apparati. Alcune di queste patologie, pur avvalendosi della terapia sostitutiva con Ig, trovano esclusivamente nel trapianto di midollo 3 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:32 Pagina 4 immunologia o nella terapia genica un possibile approccio risolutivo. Nell’adulto, l’immunodeficienza comune variabile (ICV), il deficit di IgA o di sottoclassi IgG e il deficit di anticorpi specifici sono le forme di più frequente riscontro, oltre al vasto gruppo di immunodeficienze secondarie. L’ICV è caratterizzata da bassi livelli di IgG (e spesso anche di IgA e/o di IgM) e alterata risposta a seguito di vaccinazioni o infezioni naturali. All’immunodeficit, quasi paradossalmente, si associano manifestazioni autoimmuni per lo più organo-specifiche (tiroiditi, anemie emolitiche, piastrinopenia, neutropenie, uveiti), ma anche non organo-specifiche (vasculiti, artriti), a un elevato rischio di proliferazione B cellulare benigna o linfomatosa, e a malattie respiratorie (asma, rinite). La complessità delle alterazioni genetiche descritte nell’ICV rende ragione della sua considerazione come “sindrome” più che un singolo quadro patologico. Il deficit di IgA (IGAD) è relativamente frequente (1 caso/700 nella popolazione bianca), ma non è necessariamente corredato da sintomi clinici. Un aumento della frequenza degli episodi infettivi a carico del tratto respiratorio superiore (riniti, sinusiti) e inferiore (broncopolmoniti) caratterizza questa sindrome e non è raro il riscontro di deficit immunoglobulinici associati (ad es., deficit di IgG2). Anche il deficit di sottoclassi IgG (IGGSD) può passare del tutto inosservato, ma i pazienti sintomatici sperimentano frequenti infezioni batteriche a carico dell’apparato respiratorio, in particolare causate da germi capsulati ad alto contenuto polisaccaridico (deficit di IgG2) o virali (deficit di IgG3). Infine, una categoria distinta di pazienti con ricorrenti infezioni dell’apparato respiratorio mostra, pur in presenza di livelli consistenti di Ig circolanti, un’inadeguata capacità di rispondere con la produzione di anticorpi specifici verso particolari agenti infettivi (SADNI). Indicazioni al trattamento con sostituti immunoglobulinici La somministrazione regolare di preparati immunoglobulinici purificati è alla base della terapia delle agammaglobulinemie, dell’ICV e delle immunodeficienze combinate, oltre che di alcuni casi selezionati di immunodeficienza secondaria gravati da infezioni ricorrenti o insolitamente gravi. Nelle recenti raccomandazioni del Primary Immunodeficiency Committee dell’American Academy of Allergy, Asthma and Immunology sono richiamate le indicazioni per l’uso delle IVIG codificate dalla FDA statunitense (si veda pag. 6). 4 Per quanto attiene le immunodeficienze primarie, le indicazioni sono riservate al trattamento delle PIDD, all’incremento del livello circolante di anticorpi nelle immunodeficienze primarie e alla terapia sostitutiva nelle immunodeficienze primarie in cui sia stata dimostrata una grave alterazione della capacità di sintesi anticorpale. Facendo riferimento alle patologie dell’adulto e del bambino sopra discusse, nell’articolo è anche riportata la forza delle evidenze della letteratura riguardanti il trattamento con immunoglobuline in ciascuna entità nosologica. Nonostante non siano disponibili studi in doppio cieco, controllati con placebo su pazienti con ICV, è noto che la precocità della diagnosi (e quindi dell’intervento terapeutico sostitutivo) è fondamentale per ridurre l’incidenza delle infezioni ed evitare così ai pazienti la progressione verso la malattia polmonare cronica e il deterioramento funzionale. Nei pazienti affetti da deficit di sottoclassi IgG, il trattamento sostitutivo è riservato a coloro che presentano gravi manifestazioni infettive con necessità di trattamenti antibiotici ripetuti. In questi casi, il protocollo di terapia è caratterizzato dalla somministrazione di IVIG prevalentemente nel periodo invernale e sottoposto a revisione per l’opportunità di prosecuzione dopo 5 o più mesi di semplice osservazione. Dopo tale periodo, infatti, mentre alcuni pazienti continuano a mostrare miglioramento clinico, altri possono presentare recidive delle infezioni e quindi richiedere la ripresa della terapia. Il deficit isolato di IgA non è generalmente un’indicazione alla terapia sostitutiva con IVIG, a meno che non sia associato a deficit di produzione di IgG e a manifestazioni infettive maggiori. In questi pazienti deve essere sempre ben considerata la possibilità di reazioni avverse ai preparati immunoglobulinici per la produzione di IgE-anti-IgA oppure di attivazione complementare da complessi IgG-anti-IgA. Terapia con IVIG Come tutte le Ig di uso terapeutico, le IVIG provengono invariabilmente dal plasma dei donatori attraverso una serie di “step” preparatori e sono specificatamente preparate per la via di somministrazione endovenosa (polvere liofilizzata, formulazioni liquide al 5% o al 10%). Le preparazioni di Ig possono provenire dalla frazione plasmatica di una donazione di sangue o, più frequentemente, da un gran numero di plasmaferesi. Il numero di donatori che contribuiscono a formare questo “pool” di Ig varia da 15.000 a EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:32 Pagina 5 immunologia 60.000 ed è sottoposto di routine a screening infettivologico (HbsAg, p24 dell’HIV, HCV, RPR-ELISA). La capacità di fornitura del prodotto è quindi limitata ed è perciò cruciale riconoscere esattamente il bisogno dei pazienti di essere trattati, valutando al contempo il rischio di eventi avversi. Nella rassegna di Orange et al. vengono in proposito riportate le principali indicazioni e modalità di trattamento (si veda pag. 6). Come sottolineato invece dall’articolo di Nicolay et al., negli USA oltre la metà dei pazienti trattati riceve la propria dose di IVIG presso una struttura medica (ambulatorio, DH, ospedale) e il 40% al proprio domicilio, ma sempre assistito da personale sanitario sia per la possibile difficoltà nel reperire facilmente vie di accesso venoso sia per la possibilità che si verifichino eventi avversi con ricadute sulla vita sociale dei pazienti e con la sempre più urgente necessità di trovare vie alternative per la somministrazione dei preparati. Alternative alle IVIG: somministrazione sottocutanea Nonostante la terapia con Ig per via venosa sia tuttora la più usata al mondo, le prime infusioni di preparati immunoglobulinici sono state eseguite per via sottocutanea da sir Bruton nella metà degli anni Cinquanta per i pazienti affetti dalla sindrome agammaglobulinemica che porta il suo nome (agammaglobulinemia legata al sesso, XLA o sindrome di Bruton). I primi trial clinici con Ig per via sottocutanea (SCIG) sono stati messi a punto nei Paesi scandinavi all’inizio degli anni Novanta utilizzando i preparati immunoglobulinici formulati per la somministrazione intramuscolare e riscontrando come la somministrazione a intervalli compresi tra 3 e 14 giorni fosse in grado di garantire (e mantenere) livelli soddisfacenti di IgG sieriche. Lo studio di Ochs et al. appare di interesse poiché ha preso in considerazione il profilo di sicurezza e l’efficacia di una preparazione immunoglobulinica polivalente non modificata per uso sottocutaneo (Vivaglobin® IgG al 16%, ZLB Behring) (si veda pag. 9), giungendo alla conclusione che le SCIG agiscono con analoga efficacia rispetto alle classiche IVIG, presentando un buon profilo di sicurezza e tollerabilità. Anche il lavoro di Gardulf et al. si è prefissato di studiare efficacia e sicurezza del trattamento con SCIG in pazienti adulti e pediatrici, esaminando tuttavia una diversa modalità di utilizzo del farmaco (si veda pag. 10). Analoghi risultati positivi dal punto di vista medico ben si accordano, del resto, con i risultati positivi riportati dall’articolo di Nicolay et al. in un terzo studio multicentrico, che ha invece avuto come obiettivo la valutazione dell’impatto psicologico del trattamento domiciliare con SCIG su pazienti già trattati in ospedale con IVIG attraverso l’uso di un questionario sulla qualità di vita correlata alla salute (HRQL) (si veda pag. 8). Infine, se, come sottolinea l’articolo di Gardulf e Nicolay (si veda pag. 11), è vero che i pazienti con PIDD (ICV o XLA) hanno una peggiore qualità di vita rispetto ai soggetti normali di controllo, essi raggiungono facilmente un miglioramento significativo delle loro condizioni (indice fisico p <0,01, indice psicosociale p <0,001, svago p <0,05), una volta iniziata la terapia sostitutiva con Ig. Inoltre, adulti e bambini sono ancora più soddisfatti dall’introduzione dei programmi domiciliari con SCIG con l’autosomministrazione a opera di piccole pompe portatili facili da maneggiare. Letture consigliate Aiuti F, et al. Linee guida per la diagnosi e la terapia dell’immunodeficienza comune variabile. Position Paper della Società Italiana di Allergologia ed Immunologia Clinica. Italian J Allergy Clin Immunol 2006;16:1-30. Bonilla FA, Geha RS. Primary immunodeficiency diseases. J Allergy Clin Immunol 2003;111:S571-581. Busse PJ, Razvi S, Cunningham-Rundles C. Efficacy of intravenous immunoglobulin in the prevention of pneumonia in patients with common variable immunodeficiency. J Allergy Clin Immunol 2002;109:1001-1004. Notarangelo L, Casanova JL, Fisher A, et al. Primary immunodeficiency diseases: an update. J Allergy Clin Immunol 2004;114:677-687. Radinsky S, Bonagura VR. Subcutaneous immunoglobulin infusion as an alternative to intravenous immunoglobulin. J Allergy Clin Immunol 2003;112:630-633. 5 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:33 Pagina 6 immunologia Immunodeficienze primitive Use of intravenous immunoglobulin in human disease: a review of evidence by members of the Primary Immunodeficiency Committee of the American Academy of Allergy, Asthma and Immunology Orange JS, Hossny EM, Weiler CR, Ballow M, Berger M, Bonilla FA, Buckley R, Chinene J, El-Gamal Y, Mazer BD, Nelson RP Jr, Patel DD, Secord E, Sorensen RU, Wasserman RL, Cunningham-Rundles C; Primary Immunodeficiency Committee of the American Academy of Allergy, Asthma and Immunology J Allergy Clin Immunol 2006;117(6):S525-553 Le preparazioni di immunoglobuline umane per uso endovenoso (IVIG) sono di estrema importanza per il trattamento di molte patologie umane. Alcune di queste sono malattie per le quali non esistono terapie alternative accettabili. In questa rassegna, vengono riconsiderate le evidenze per il vasto spettro di utilizzo delle IVIG e formulate specifiche raccomandazioni sulla base dei dati finora raccolti. Dati i potenziali rischi legati al loro uso e la forzata scarsità delle IVIG correlata alla loro modalità di preparazione, è assolutamente necessaria una stretta osservanza delle indicazioni e delle modalità di somministrazione. • Il paziente in cui si dimostra necessità di trattamento viene generalmente trattato ogni 3-4 settimane con una dose di IVIG di 200-600 mg/kg. • Vengono in seguito stabiliti la dose da somministrare e l’intervallo di trattamento successivi, in modo da garantire un livello di IgG di almeno 500 mg/dl. • Un buon protocollo di trattamento prevede in genere 0,4 g/kg di IVIG ogni 3-4 settimane. • Un livello sierico più elevato di IgG circolanti (800 mg/dl) potrebbe essere utile per ottenere migliori risultati a livello polmonare. – Tuttavia, poiché la farmacocinetica delle IgG è molto variabile da soggetto a soggetto, una determinata dose mensile di IVIG può dare risultati molto diversi anche in pazienti con massa corporea simile, per cui la terapia va adeguatamente individualizzata. • Difficoltà nel codificare il trattamento in tutti i pazienti derivano, inoltre, da: – Frequenza con cui si misurano i livelli sierici di IgG nei pazienti trattati altamente variabile da Centro a Centro. – Scarsa utilità del dosaggio delle IgG totali nei pazienti trattati affetti da forme di immunodeficienza normoglobulinemica con deficit di produzione di anticorpi specifici. – Mancato raggiungimento di un livello “stabile” di IgG prima di 6 mesi di trattamento continuativo. – Necessità di adeguamento della dose per modificazioni della massa corporea del paziente trattato (soprattutto nei bambini). – Variabilità del protocollo di trattamento da Centro a Centro. – Mancata esistenza di studi che confrontino i diversi intervalli di somministrazione (2, 3, 4 settimane), per cui i clinici generalmente “adeguano” la frequenza del trattamento sulla base di eventuali manifestazioni cliniche (febbre, sintomi a carico dell’apparato respiratorio, ecc.) che si presentano nella settimana precedente l’infusione. 6 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:34 Pagina 7 immunologia Immunodeficienze primitive Tabella. Indicazioni all’uso delle IVIG codificate dalla FDA statunitense N. di prodotti riconosciuti Malattie nelle quali il trattamento è indicato 11 PIDD o altre immunodeficienze primarie del compartimento umorale 5 Porpora trombocitopenica primaria 3 Malattia di Kawasaki 2 Leucemia linfatica cronica a cellule B 1 Infezione pediatrica da HIV 1 Trapianto di midollo Tabella. Evidenze della letteratura riguardanti la terapia con IVIG in diverse condizioni di immunodeficit dell’adulto e del bambino Malattia Evidenza Forza della raccomandazione Immunodeficienze primitive con assenza di linfociti B PIDD con ipogammaglobulinemia e alterata produzione di anticorpi specifici (ICV, IGGSD) IIb IIb B B SADNI III C IGGSD (IgG4) IGAD IV D Evidenza IIb: da almeno uno studio quasi-sperimentale. Evidenza III: da studi non sperimentali descrittivi, come ad esempio studi comparativi, di correlazione o caso-controllo. Evidenza IV: da report di commissioni di esperti, opinioni e/o esperienza clinica di autorità riconosciute nel campo. 7 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:34 Pagina 8 immunologia Immunodeficienze primitive Health-related quality of life and treatment satisfaction in North American patients with primary immunedeficiency diseases receiving subcutaneous IgG self-infusions at homesitis Nicolay U, Kiessling P, Berger M, Gupta S, Yel L, Roifman CM, Gardulf A, Eichmann F, Haag S, Massion C, Ochs HD La terapia dei pazienti affetti da immunodeficienze primitive si avvale della somministrazione di preparati immunoglobulinici contenenti IgG per tutta la durata della vita. La somministrazione può essere eseguita sia per via endovenosa (IVIG) sia per infusione sottocutanea (SCIG). In questo articolo, è stato preso in esame l’impatto dell’autosomministrazione settimanale domiciliare di immunoglobuline per via sottocutanea (SCIG) sulla qualità della vita in relazione allo stato di salu- comuni attività quotidiane e lavorative, una vitalità significativamente migliorata e un miglior stato di salute in generale. La soddisfazione nei confronti del trattamento era significativamente migliore nel gruppo A. La preferenza per la via sottocutanea e per la somministrazione a casa era rispettivamente dell’81% e del 90% nel gruppo A. Nel gruppo B, il 69% dei pazienti preferiva la via sottocutanea e il 92% la somministrazione domiciliare. te, alla soddisfazione nei confronti del trattamento e alle preferenze in pazienti che, prima dell’inizio di questo studio, erano trattati con IVIG presso l’ospedale o l’ambulatorio medico (gruppo A) o a casa (gruppo B). Quarantaquattro pazienti nordamericani affetti da immunodeficienze primitive sono stati inclusi nel presente studio (28 pazienti nel gruppo A e 16 nel gruppo B). I pazienti del gruppo A hanno riferito un numero significativamente inferiore di limitazioni nelle J Clin Immunol 2006;26(1):65-72 • Una terapia sostitutiva con IgG per tutta la vita rappresenta il cardine del trattamento dei pazienti affetti da deficit immunitari a prevalente componente anticorpale. • La somministrazione delle SCIG è di facile esecuzione, riduce il rischio di eventi avversi gravi rispetto alla terapia endovenosa, ottiene livelli sierici di IgG elevati e affidabili e rende agevole il trattamento domiciliare. • Questo studio ha valutato la qualità di vita correlata alla salute (HRQL), la soddisfazione rispetto al trattamento e le preferenze di pazienti adulti affetti da PIDD passati da una terapia con IVIG eseguita in una struttura sanitaria o già a domicilio, a un trattamento domiciliare con SCIG (Vivaglobin® IgG al 16%, ZLB Behring) somministrato autonomamente. • Ai quesiti standard facenti parte degli strumenti di valutazione della HRQL e del gradimento dei pazienti sono state aggiunte le due seguenti domande: – Quale terapia con IgG preferisce? – Dove preferisce eseguire il trattamento? • IVIG • In ospedale/ambulatorio • SCIG • A casa • Indifferente • Indifferente Risultati • Il trattamento domiciliare (con IVIG o con SCIG) è risultato comunque più gradito rispetto alla terapia ospedaliera/ambulatoriale perché riduce la percezione di limitazioni allo svolgimento delle proprie attività e alla salute fisica in generale. • Il passaggio da un trattamento domiciliare con IVIG a una terapia domiciliare con SCIG ha mostrato benefici ulteriori per il miglioramento della vitalità dei pazienti che hanno riferito di sentirsi più energici, meno stanchi e meno esposti a “fatigue” (meno astenici). 8 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:35 Pagina 9 immunologia Immunodeficienze primitive Safety and efficacy of self-administered subcutaneous immunoglobulin in patient with primary immunodeficiency diseases Ochs HD, Gupta S, Kiessling P, Nicolay U, Berger M; Subcutaneous IgG Study Group Negli Stati Uniti, la terapia standard per i pazienti affetti da immunodeficienze primitive (PIDD) consiste attualmente nell’infusione endovenosa di immunoglobuline (IVIG) a intervalli di 3-4 settimane. Per valutare metodi alternativi di somministrazione delle immunoglobuline, abbiamo messo a punto uno studio in aperto per studiare l’efficacia e la sicurezza della somministrazione di preparati immunoglobulinici per via sottocutanea (IgG al 16%) in pazienti affetti da PIDD. Dopo l’ultima infusione endovenosa di IVIG, 65 pazienti hanno iniziato un periodo di wash-in/wash-out della durata di 3 mesi fino alla fase di mantenimento media della concentrazione sierica di IgG è aumentata da 786 a 1040 mg/dl, con un incremento medio del 39%. L’evento avverso di più frequente riscontro è stato una reazione nella sede di infusione, riferita dal 91% dei pazienti, di intensità per lo più tra lieve e moderata e con un’incidenza decrescente nel tempo. Non sono stati riportati eventi avversi maggiori correlati al trattamento. Abbiamo pertanto concluso che la somministrazione sottocutanea di SCIG al 16% è sicura e rappresenta una valida alternativa alla terapia sostitutiva endovenosa (IVIG) nelle PIDD. con le sole immunoglobuline per via sottocutanea. Questa fase è stata seguita da 12 mesi di infusioni sottocutanee settimanali di immunoglobuline, a una dose determinata in un sottostudio di farmacocinetica in modo da garantire dosi non inferiori a quelle endovenose. La dose media settimanale era di 158 mg/kg, calcolata in modo da essere pari al 137% della precedente dose endovenosa. Due pazienti (4%) hanno riferito un’infezione batterica grave (polmonite), con un’incidenza annuale di 0,04 per annopaziente. Si sono verificate 4,43 infezioni globalmente considerate per anno-paziente. Durante lo studio, la J Clin Immunol 2006;26(3):265-273 • Questa valutazione, multicentrica e in aperto, del profilo di sicurezza ed efficacia di una preparazione immunoglobulinica polivalente non modificata per uso sottocutaneo (Vivaglobin® IgG al 16%, ZLB Behring), recentemente immessa sul mercato europeo e statunitense, ha esaminato i risultati ottenuti in adulti e bambini affetti da PIDD. • Il preparato contiene 160 mg/ml di IgG, è privo di zuccheri o conservanti, ha un pH di 7,0 e utilizza come stabilizzante la glicina. • Lo studio si è posto come obiettivi la misurazione del livello sierico di IgG, il numero delle infezioni durante il ciclo di trattamento e il numero (e il tipo) di eventi avversi correlato alle infusioni sottocutanee che venivano eseguite a domicilio da pazienti precedentemente sottoposti a terapia con IVIG arruolati dopo adeguato addestramento. • Le dosi somministrate sono state variabili in quanto aggiustate sulla base dei livelli individuali di IgG sieriche e della diversa farmacocinetica, ma con range abbastanza ristretti (155-165 mg/kg) e comunque corrispondenti al 137% della dose settimanale di IVIG. Risultati • I livelli di IgG totali nel siero, già soddisfacenti prima dell’inizio del trattamento (in media 786 mg/dl), indice di una buona qualità della terapia sostitutiva alla quale tutti i pazienti erano stati sottoposti, hanno raggiunto una media di 1040 mg/dl dopo l’inizio della SCIG, con un incremento del 39% e mantenimento di tali livelli per tutto il periodo dello studio, che è stato protratto per un anno. 9 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:36 Pagina 10 immunologia Immunodeficienze primitive • Verosimilmente, in correlazione ai migliorati livelli sierici di anticorpi, il numero degli episodi infettivi è stato basso (0,04 episodi per paziente/anno) e soltanto due pazienti hanno mostrato eventi infettivi maggiori (polmonite) anche se, in pratica, quasi tutti i pazienti (96%) hanno riferito infezioni di un qualche tipo durante il periodo dello studio con preponderanza di infezioni delle vie respiratorie superiori (50% circa) e di febbre (12%). • Su un totale di 3656 infusioni, sono stati osservati 2584 eventi avversi, di cui, però, solo 1901 effettivamente correlati alle infusioni (0,52/infusione). La quasi totalità di essi è consistita in reazioni nel punto di infusione (1787 eventi) e oltre il 90% dei casi è risultato di entità da lieve a modesta, di durata breve (1-2 giorni) e non tale da richiedere alcun trattamento. • Analogamente a quanto osservato per il trattamento con IVIG, anche la somministrazione sottocutanea ha determinato con discreta frequenza la comparsa di cefalea (32%), generalmente tardiva (1-2 giorni dopo l’infusione), mentre 9 pazienti (14%) hanno sperimentato un totale di 10 episodi avversi maggiori, ma non correlabili alla terapia (ostruzione intestinale, epistassi, gastroenterite, ecc.). • Le conclusioni sono state pertanto che le SCIG agiscono con analoga efficacia rispetto alle classiche IVIG, presentando un buon profilo di sicurezza e tollerabilità. 10 Rapid subcutaneous IgG replacement therapy is effective and safe in children and adults with primary immunodeficiencies – a prospective, multi-national study Gardulf A, Nicolay U, Asensio O, Bernatowska E, Bock A, Carvalho BC, Granert C, Haag S, Hernandez D, Kiessling P, Kus J, Pons J, Niehues T, Schmidt S, Schulze I, Borte M Sessanta pazienti (16 bambini e 44 adulti) hanno partecipato allo studio, che aveva lo scopo di stabilire: (i) i livelli di IgG sieriche quando i pazienti passavano dalla modalità di somministrazione endovenosa (IVIG) praticata in ospedale a quella sottocutanea (SCIG) autogestita a casa usando la stessa dose cumulativa mensile, (ii) il grado di protezione contro le infezioni e (iii) la sicurezza di un nuovo preparato pronto all’uso contenente IgG al 16%. Tutti i bambini e 33 adulti partecipanti allo studio avevano ricevuto IVIG per >6 mesi al momento del reclutamento. Dieci adulti che erano stati mantenuti in trattamento SCIG per molti anni ticolare dopo 8-10 settimane. In conclusione, la somministrazione SCIG si è dimostrata sicura. Elevati livelli di IgG sieriche sono stati facilmente mantenuti, garantendo un’ottima protezione nei confronti delle infezioni. hanno fatto da gruppo di controllo. La media delle IgG sieriche è aumentata nei bambini inizialmente trattati con IVIG da 7,8 a 9,2 g/l (p <0,001) e negli adulti da 8,6 a 8,9 g/l (p <0,001). In totale, sono state osservate 114 infezioni respiratorie, il 90% delle quali di entità lieve. Una sola infezione grave di natura batterica (polmonite) è stata osservata in un adulto. Il tasso annuale di infezioni gravi è stato di 0,04 episodi/paziente. In totale, sono state eseguite 2297 infusioni e sono state osservate 28 reazioni avverse (1%) a interessamento sistemico, ma nessuna di grave entità. Le reazioni locali sono andate riducendosi nel tempo, in par- J Clin Immunol 2006;26(2):177-185 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:37 Pagina 11 immunologia Immunodeficienze primitive • Questa valutazione di efficacia e sicurezza del trattamento (inizialmente eseguito in ospedale e poi proseguito al domicilio) con SCIG in pazienti adulti e pediatrici ha previsto una somministrazione rapida, assicurata da una speciale pompa per infusioni con ago piccolo (25G) che consente di infondere 40 ml della preparazione (sufficiente per un paziente di 65 kg) in appena 1 ora. Per evitare reazioni locali eccessive, in ciascuna sede non sono stati infusi più di 10-15 ml di preparato. Risultati • Il livello sierico di IgG raggiunto con tale modalità di infusione è risultato significativamente maggiore rispetto a quanto osservato con le classiche IVIG (da 780 a 920 mg/dl nei bambini e da 860 a 890 mg/dl negli adulti; p <0,001). • Dei 52 pazienti arruolati, ben 5 non hanno sviluppato alcuna infezione durante il periodo di trattamento, 35 pazienti hanno presentato 1-3 episodi infettivi e i restanti 12 episodi multipli (1 paziente x 8 episodi, 1 x 6, 3 x 5 e 7 x 4). • Le infezioni sono risultate prevalentemente a carico delle vie respiratorie, con un rapporto di 0,5 e 3,6 paziente/anno, rispettivamente, per le infezioni del tratto respiratorio inferiore e superiore. • Su un numero totale di 2297 infusioni, 28 (1%) sono state le reazioni avverse segnalate (17 episodi febbrili, 1 crisi di starnuti, 1 malessere generale, 1 reazione cutanea non generalizzata, 1 brividi) e 641 le reazioni locali (edema, eritema, indurimento della cute), che nella quasi totalità (98%) sono state giudicate di entità lieve. Inoltre, il numero delle reazioni locali è andato riducendosi nel corso della terapia, in particolare dopo le prime 12 settimane di trattamento. Replacement IgG therapy and self-therapy at home improve the health-related quality of life in patients with primary antibody deficiencies Scopo della rassegna. L’articolo prende in considerazione la qualità di vita correlata alla salute e lo stato di salute di pazienti affetti da immunodeficienze del compartimento umorale (deficit di produzione di anticorpi) prima e dopo l’inizio di una terapia sostitutiva cronica con immunoglobuline IgG e prima e dopo l’introduzione di programmi terapeutici domiciliari. Viene anche discussa l’importanza dei risul- tati ottenuti secondo la valutazione da parte del paziente stesso o dei suoi familiari. Risultati recenti. I pazienti adulti ai quali è stata da poco diagnosticata un’immunodeficienza primitiva da deficit anticorpale e non ancora sottoposti ad adeguato trattamento sostitutivo con immunoglobuline IgG riferiscono un cattivo stato di salute e una qualità di vita insoddisfacente rispetto Gardulf A, Nicolay U Curr Opin Allergy Clin Immunol 2006;6(6):434-442 agli individui sani di controllo. L’infusione sottocutanea di IgG a cadenza settimanale (100 mg/kg) migliora nettamente lo stato di salute e normalizza la qualità della vita correlata alla salute. L’autosomministrazione domiciliare di IgG migliora ulteriormente lo stato di salute e la qualità di vita percepiti dai pazienti sia adulti sia bambini. È stato dimostrato che essere in grado di autoinfondersi i preparati 11 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:37 Pagina 12 immunologia Immunodeficienze primitive immunoglobulinici a casa propria anziché doversi recare in ospedale 2-4 volte al mese aumenta notevolmente la soddisfazione nei confronti del trattamento in pazienti e familiari e accre- sce il senso di indipendenza, autocontrollo e flessibilità. Riassunto. Un’adeguata terapia sostitutiva con IgG comporta un netto miglioramento delle condizioni di vita. I programmi di terapia domiciliare vanno incoraggiati in quanto l’autosomministrazione migliora la qualità della vita correlata alla salute e la percezione del proprio stato di salute. • I pazienti con deficit anticorpali primari non sottoposti a trattamento evidenziano una qualità di vita correlata alla salute (HRQL) peggiore rispetto a quella della popolazione generale. Risultati • La terapia sostitutiva con IgG migliora la HRQL di questi pazienti. • L’autoinfusione domiciliare di SCIG ottiene un ulteriore miglioramento della HRQL e della soddisfazione dei pazienti nei confronti del trattamento. Figura 1. Qualità di vita riferita da pazienti affetti da immunodeficienza comune variabile o da agammaglobulinemia legata al cromosoma X prima di qualunque trattamento con IgG e dopo 18 mesi di terapia con SCIG (100 mg/kg/settimana). Pazienti con ICV o XLA non trattati Gli stessi pazienti dopo 18 mesi di terapia con infusione rapida di SCIG Controlli sani di età corrispondente Punteggio SIP 30 20 10 0 Mobilità Comportamento emotivo Attività sociali Stanchezza Attività lavorative Attività ricreative (SIP = Sickness Impact Profile, a un punteggio SIP più elevato corrisponde una peggiore HRQL) Percezione delle infezioni riferita dai pazienti prima di qualunque trattamento con IgG e dopo 18 mesi di terapia con SCIG (100 mg/kg/settimana). Punteggio su una scala analogico-visiva* Figura 2. 100 Pazienti con ICV o XLA non trattati Gli stessi pazienti dopo 18 mesi di terapia con infusione rapida di SCIG 80 ** p <0,01 *** p <0,001 60 *** ** 40 ** 20 0 Frequenza di infezioni Timore per le infezioni Ansia per la salute futura (*Il punteggio di 100 corrispondeva alla massima frequenza e al livello massimo di timori e ansia per la salute futura, il grafico si riferisce ai valori mediani registrati durante lo studio) 12 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:38 Pagina 13 ematologia Uso di Ig endovena nelle patologie neoplastiche ematologiche associate a ipogammaglobulinemia L’ipogammaglobulinemia rappresenta una condizione che si associa a numerose emopatie maligne, sia come conseguenza diretta della malattia, sia come effetto collaterale della terapia. In particolare nelle forme linfoproliferative, come leucemia linfatica cronica, mieloma multiplo, linfomi, il coinvolgimento dei linfociti B determina la ridotta produzione di immunoglobuline policlonali esponendo così il paziente a un aumentato rischio di infezioni, specie da batteri capsulati. Nei pazienti sottoposti a chemioterapia intensiva, e ancor più in quelli trattati con trapianto autologo o allogenico di cellule staminali, l’ipogammaglobulinemia si presenta come conseguenza della immunodepressione generalizzata indotta dalla terapia. Nel trapianto di cellule staminali autologhe, le complicanze infettive dovute a immunodepressione rappresentano la maggior causa di morbilità, sebbene la mortalità infettiva legata alla procedura sia piuttosto bassa (Puig et al.). Più del 90% delle morti dovute a cause infettive nella casistica riportata di 476 pazienti autotrapiantati era tuttavia da ricondurre a infezioni polmonari. Nei pazienti immunodepressi a seguito di chemioterapia intensiva, la somministrazione di immunoglobuline endovena (IVIG) ad alte dosi viene utilizzata nell’ambito della profilassi antinfettiva o come trattamento delle infezioni resistenti alla politerapia antibiotica. In questi casi, il razionale della terapia risiede essenzialmente in un effetto sostitutivo, nel tentativo di rimpiazzare l’azione antinfettiva delle immunoglobuline che non vengono prodotte dal paziente. Tuttavia, come in altre patologie (le malattie autoimmunitarie, ad esempio) è probabile che la somministrazione di immunoglobuline endovena induca effetti di immunomodulazione più ampi di quelli attualmente conosciuti. Un esempio illuminante viene dai riceventi di trapianto allogenico di midollo osseo. Questi pazienti rappresentano il sottogruppo maggiormente a rischio di infezioni nell’ambito dei pazienti ematologici e la somministrazione profilattica di immunoglobuline endovena è comunemente utilizzata, e approvata, per la profilassi delle infezioni e delle polmoniti interstiziali. Tuttavia, è stato dimostrato che le IVIG sono anche in grado di ridurre Valeria Santini Professore Associato di Malattie del Sangue UF Ematologia Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi Università di Firenze l’incidenza di graft-versus-host-disease (GVHD) acuta dopo allotrapianto. Studi recenti riportano gli effetti delle immunoglobuline nell’inibire in vitro la proliferazione e l’attivazione dei linfociti T e la capacità allostimolatoria delle cellule dendritiche (Tha-in et al.). Quest’ultimo effetto sarebbe dovuto all’induzione di ADCC (citotossicità cellulare anticorpo-dipendente) delle cellule dendritiche da parte delle cellule NK. Da notare che i farmaci immunodepressivi più impiegati nella prevenzione della GVHD, ciclosporina e tacrolimus, non sembrano in grado di agire sulle cellule dendritiche, le cellule presentanti l’antigene professionali, responsabili dell’attivazione dei linfociti T vergini. Il dosaggio di immunoglobuline da somministrare rappresenta un punto chiave. Nei riceventi di trapianto allogenico, la dose classica di 500 mg/kg di peso corporeo è stata messa a confronto con due dosaggi ridotti: 100 mg/kg e 250 mg/kg (Winston et al.). Nello studio randomizzato che ha coinvolto più di 600 pazienti, non sono state riscontrate differenze fra i diversi dosaggi nell’incidenza di GVHD acuta e cronica e nelle infezioni post-trapianto, se non nei pazienti ad alto rischio con donatore non correlato. È possibile quindi che dosi anche inferiori a quelle comunemente utilizzate possano essere efficaci, almeno nella maggior parte dei casi, grazie anche a meccanismi immunomodulanti. Da notare che anche nella leucemia linfatica cronica, nella quale la somministrazione profilattica mensile di IVIG si è dimostrata in grado di ridurre significativamente il numero di infezioni, studi randomizzati non hanno trovato differenze di efficacia fra la dose di 250 mg/kg e quella di 500 mg/kg giorni di trattamento. Una strategia efficace per ottenere un rapporto costo/beneficio ottimale nel trattamento con immunoglobuline endovena può essere quella del monitoraggio frequente dell’effetto terapeutico. Le IVIG sono utilizzate comunemente nel trattamento delle infezioni virali persistenti nei soggetti immunocompromessi con neoplasie ematologiche. Infezioni da citomegalovirus (CMV) o parvovirus B19 (PVB 19) sono estremamente diffuse nella popolazione generale, per cui la percentuale di immunoglobuline 13 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:39 Pagina 14 ematologia specifiche presenti nei preparati ottenuti da pool di donatori è piuttosto alta, spiegando l’efficacia della terapia con IVIG nel trattamento di queste infezioni nei pazienti immunodepressi. La possibilità data dalle moderne tecniche di biologia molecolare di monitorare i livelli di DNA virale nel circolo dei pazienti durante il trattamento con IVIG permette di ottimizzare il numero di dosi da somministrare (Tang et al.). In casi di mancata risposta dopo 1 o 2 dosi, la terapia può essere interrotta, risparmiando così al paziente ulteriori dosi probabilmente non efficaci; in caso di risposta progressiva, la terapia può essere continuata, fino a negativizzazione della carica virale. Un ulteriore esempio di trattamento con IVIG di un’infezione virale da CMV viene dal caso riportato da Metzler et al., che illustra anche gli stretti rapporti intercorrenti fra infezioni virali e patologie linfoproliferative. In questo caso, la terapia con immunoglobuline di una neonata di 2 mesi con infezione da CMV congenita ha mascherato una sottostante leucemia a cellule B, la cui progressione è stata temporaneamente ritardata dalla somministrazione di IVIG. Il caso è interessante perché apre nuovi scenari per il trattamento con immunoglobuline endovena nei pazienti con neoplasie ematologiche. Sebbene non sia noto un effetto patoge- 14 netico del CMV nello sviluppo di leucemia, è possibile ipotizzare che progenitori emopoietici spinti a proliferare dall’infezione virale siano più suscettibili all’insorgere della trasformazione neoplastica. La terapia con IVIG potrebbe quindi, bloccando la replicazione virale, aver rallentato lo sviluppo della malattia leucemica. La terapia con immunoglobuline endovena ha un ruolo accertato nel trattamento dei pazienti con neoplasie ematologiche e ipogammaglobulinemia secondaria, con un’efficacia riconosciuta nella prevenzione delle infezioni in particolare in alcune condizioni (leucemia linfatica cronica, riceventi di trapianto allogenico). Accanto al trattamento sostitutivo delle immunoglobuline non prodotte dal paziente, le IVIG presentano altre potenzialità, legate a un vasto effetto immunomodulante, in parte ancora da scoprire. Nei pazienti sottoposti ad allotrapianto le immunoglobuline svolgono anche un ruolo di prevenzione della GVHD, agendo sui principali protagonisti della risposta immunitaria cellulare, linfociti T e cellule dendritiche. Altre prospettive terapeutiche non mancheranno di venire da un’ulteriore conoscenza dei meccanismi d’azione delle immunoglobuline ad alte dosi terapeutiche nella immunomodulazione. EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:39 Pagina 15 ematologia Uso di Ig endovena nelle patologie neoplastiche ematologiche associate a ipogammaglobulinemia A study of incidence and characteristics of infections in 476 patients from a single center undergoing autologous blood stem cell transplantation Puig N, de la Rubia J, Jarque I, Salavert M, Montesinos P, Sanz J, Martín G, Sanz G, Cantero S, Lorenzo I, Sanz MA Le complicanze infettive sono la maggiore causa di morbilità e mortalità nei pazienti sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali (ASCT). Abbiamo esaminato 476 pazienti con emopatie maligne (401) o tumori solidi (75) trattati con ASCT tra febbraio 1990 e maggio 2005. La profilassi antinfettiva consisteva di differenti combinazioni di ciprofloxacina, cotrimossazolo, fluconazolo, amfotericina B in aerosol, acyclovir e immunoglobuline endovena. Complessivamente, 454 pazienti (95%) hanno sviluppato una febbre nei primi 60 gior- quentemente. Il quadro delle infezioni non si è modificato significativamente durante lo studio, con l’eccezione di una incidenza di batteriemia da grampositivi significativamente più alta nei primi 5 anni dello studio. La mortalità dovuta alle infezioni è stata del 5% (21 casi), con la polmonite come causa di morte più frequente. L’ASCT dovrebbe essere considerata una procedura a basso rischio, sebbene siano ancora necessari approcci terapeutici nuovi per i pazienti che sviluppano infezioni respiratorie gravi. Int J Hematol 2007;86(2):186-192 ni dopo ASCT. Nella maggioranza dei casi, la terapia antibiotica iniziale consisteva di antibiotici beta-lattamici a largo spettro con o senza amikacina. Un glicopeptide è stato somministrato come terapia iniziale in 86 casi. In totale, vi sono state 132 (29%) infezioni clinicamente documentate (37 polmoniti), 79 (17%) infezioni documentate microbiologicamente (65 batteriemie) e 243 (54%) casi di febbre di origine sconosciuta. Gli stafilococchi coagulasinegativi (18, 25%) e l’Escherichia coli (18, 25%) erano gli organismi isolati più fre- • Le complicanze infettive rappresentano il maggior rischio associato con il trapianto autologo di cellule staminali. Questo studio ne ha analizzato le frequenza e il tipo in una casistica di 476 pazienti. • Nonostante il 95% dei pazienti inclusi nell’analisi abbia sviluppato una febbre, la mortalità dovuta alle infezioni è risultata complessivamente bassa: 5% dei casi. L’incidenza di infezioni da gram-positivi è diminuita dopo i primi 5 anni (vedi Figura). Distribuzione delle batteriemie. L’incidenza delle batteriemie è stata del 22%, 12% e 9% nei tre periodi dello studio. Gram-positive Gram-negative Batteriemie p = 0,003 25 Percentuale di episodi Figura. 20 15 10 5 0 1990-1995 1996-2000 2001-2005 Periodo di studio • La somministrazione di immunoglobuline endovena può essere usata, accanto a quella di antibiotici, antifungini e antivirali, per la profilassi antinfettiva in questi pazienti. 15 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:40 Pagina 16 ematologia Uso di Ig endovena nelle patologie neoplastiche ematologiche associate a ipogammaglobulinemia Superior immunomodulatory effects of intravenous immunoglobulins on human T-cells and dendritic cells: comparison to calcineurin inhibitors Premesse: La somministrazione profilattica di immunoglobuline endovena (IVIG) anti-HBs nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato con infezione da epatite B è in grado di proteggere dal rigetto acuto. Per esplorare l’idoneità delle immunoglobuline endovena (IVIG) come profilassi del rigetto acuto e della graft-versus-host-disease (GVHD) dopo trapianto allogenico, sono stati paragonati gli effetti delle IVIG e degli inibitori della calcineurina (CNI) sulle cellule T umane circolanti e sulle cellule dendritiche (DC). Metodi: Le cellule T venivano stimolate con fitoemoagglutinina (PHA) o cellule presentanti l’antigene (APC) spleniche allogeniche e la proliferazione e produzione di citochine dei linfociti T era determinata in presenza o in assenza di IVIG o CNI. DC circolanti immature erano stimolate in presenza o assenza di IVIG o CNI, e venivano valutate la capacità stimolatoria allogenica delle cellule T, la morte cellulare e la maturazione fenotipica. Risultati: IVIG e CNI inibivano egualmente la proliferazione dei linfociti T e la produzione di IFN-gamma dopo stimolazione con PHA o allogenica. Le cellule T CD8+ rappresentavano il bersaglio preferenziale dell’effetto inibitorio sia delle IVIG che dei CNI dopo stimolazione allogenica. Come i CNI, l’aggiunta di IVIG a diversi intervalli di tempo dopo l’attivazione dei linfociti T sopprimeva la progressione mitotica delle cellule T rispondenti. Nelle DC trattate con IVIG la capacità di stimola- Tha-In T, Metselaar HJ, Tilanus HW, Boor PP, Mancham S, Kuipers EJ, de Man RA, Kwekkeboom J Transplantation 2006;81(12):1725-1734 re la proliferazione allogenica delle cellule T veniva soppressa del 73 ± 12%, mentre la funzione delle DC non era alterata dai CNI. La ridotta capacità di stimolare linfociti T allogenici delle DC trattate con IVIG correlava con l’induzione di morte cellulare nelle DC stesse e la ridotta sopra-regolazione di CD40 e CD80. Conclusioni: In vitro il trattamento con IVIG è in grado di inibire funzionalmente i due principali tipi cellulari immunitari implicati nel rigetto e nella GVHD, cioè i linfociti T e le DC, mentre i CNI sopprimono solo le cellule T. Agendo sia sui linfociti T sia sulle DC, le IVIG possono rappresentare un candidato promettente per la terapia immunosoppressiva dopo trapianto allogenico. • Questo articolo indaga gli effetti in vitro delle IVIG e degli inibitori della calcineurina più usati in clinica, ciclosporina e tacrolimus, sui tipi cellulari responsabili della GVHD dopo trapianto di midollo osseo: linfociti T e cellule dendritiche. • A differenza dei CNI, le IVIG a concentrazioni paragonabili a quelle raggiungibili clinicamente, sono in grado non solo di inibire la proliferazione e l’attivazione dei linfociti T, ma anche la capacità allostimolatoria e la maturazione di DC isolate dal sangue periferico (vedi Figura). Effetto delle IVIG sull’attività allostimolatoria delle DC: paragonate al controllo e a DC trattate con ciclofosfamide (ciclo) e tacrolimus (tacro), DC trattate con IVIG (IVIG) inducono una proliferazione significativamente minore di linfociti Tallogenici (p < 0,05). Controllo Incorporazione di 3H (cpm) Figura. IVIG Ciclo Tacro 40000 35000 30000 25000 20000 15000 10000 5000 0 5000 2500 Numero di DC 1250 • La terapia con IVIG è stata approvata per la prevenzione di GVHD e infezioni nei riceventi di trapianto allogenico: oltre a presentare minori effetti collaterali, i dati immunologici suggeriscono che potrebbe essere più efficace di quella con ciclosporina o tacrolimus. 16 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:41 Pagina 17 ematologia Uso di Ig endovena nelle patologie neoplastiche ematologiche associate a ipogammaglobulinemia A multicenter, randomized, double-blind comparison of different doses of intravenous immunoglobulin for prevention of graft-versus-host disease and infection after allogeneic bone marrow transplantation La terapia con immunoglobuline endovena è approvata per l’uso nei riceventi di trapianto allogenico di midollo osseo per la prevenzione della graft-versushost-disease (GVHD) e delle infezioni, ma la dose minima efficace non è stata stabilita. In questo studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, pazienti sottoposti a trapianto allogenico di midollo sono stati randomizzati a ricevere dosi di 100 mg/kg, 250 mg/kg o 500 mg/kg di immunoglobuline endovena. Ciascuna dose veniva somministrata settimanalmente per 90 giorni e poi mensilmente fino a 1 anno dopo il trapianto. Una GVHD acuta (gradi 2-4) è comparsa nel 39% dei pazienti (80 su 206) nel gruppo trattato con 100 mg/kg, nel 42% dei pazienti (88 su 208) nel gruppo trattato con 250 mg/kg e nel 35% (72 su 204) nel gruppo trattato con 500 mg/kg (p = 0,344). Fra i pazienti con donatore di midollo non correlato, una dose più alta di immunoglobuline endovena (500 mg/kg) era associata con una minore GVHD acuta (p = 0,07). L’incidenza di GVHD cronica, di infezione e di polmonite interstiziale è risultata simile per tutte e tre le dosi di immunoglobuline endovena. Inoltre, la dose di immunoglobuline non aveva effetto sui tipi di infezione, sulla recidiva della emopatia maligna o sulla sopravvivenza. A eccezione di una maggiore frequenza di brividi (p = 0,007) e cefalea (p = 0,015) nei pazienti riceventi la dose di Winston DJ, Antin JH, Wolff SN, Bierer BE, Small T, Miller KB, Linker C, Kaizer H, Lazarus HM, Petersen FB, Cowan MJ, Ho WG, Wingard JR, Schiller GJ, Territo MC, Jiao J, Petrarca MA, Tonetta SA Bone Marrow Transplant 2001;28(2):187-196 immunoglobulina di 500 mg/kg o di 250 mg/kg, gli eventi avversi erano simili per i tre dosaggi. Questi risultati suggeriscono che le dosi di immunoglobuline endovena di 100 mg/kg, 250 mg/kg e 500 mg/kg sono associate con una incidenza di GVHD e di infezioni simile nella maggior parte dei trapianti di midollo osseo allogenico. Questi dati dovrebbero essere tenuti in considerazione nel disegno di strategie con un buon rapporto costo/efficacia per l’utilizzo di immunoglobuline endovena in pazienti sottoposti a trapianto allogenico riceventi altri regimi standard per la profilassi della GVHD e delle infezioni. • Questo studio multicentrico randomizzato è stato disegnato per indagare l’efficacia di dosaggi di IVIG minori di quelli dimostratisi efficaci nella prevenzione di infezioni e GVHD nei riceventi di trapianto allogenico di midollo osseo. • Su una popolazione complessiva di 618 pazienti valutabili, dosaggi ridotti, pari a 250 mg/kg e 100 mg/kg, si sono dimostrati altrettanto efficaci della dose standard di 500 mg/kg nella prevenzione della GVHD acuta e cronica e delle infezioni post-trapianto (vedi Tabella). Tabella. Incidenza di graft-versus-host-disease (GVHD) acuta Caratteristiche Dose di immunoglobuline endovena 100 mg/kg 250 mg/kg 500 mg/kg Pazienti totali 206 208 204 Pazienti con GVHD 80 (39%) 88 (42%) 72 (35%) Grado 2 33 (16%) 37 (18%) 34 (17%) Grado 3-4 47 (23%) 51 (24%) 38 (18%) • Il dosaggio di 500 mg/kg si è dimostrato più efficace nel prevenire la GVHD acuta solo nei pazienti ad alto rischio (in particolare, nei riceventi di trapianto da donatore non correlato). • Un migliore rapporto costo/efficacia può essere ottenuto con il trattamento con immunoglobuline endovena a dosi di 250 e 100 mg/kg nella maggior parte dei riceventi di trapianto allogenico. 17 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:41 Pagina 18 ematologia Uso di Ig endovena nelle patologie neoplastiche ematologiche associate a ipogammaglobulinemia Dose-by-dose virological and hematological responses to intravenous immunoglobulin in an immunocompromised patient with persistent parvovirus B19 infection Tang JW, Lau JS, Wong SY, Cheung JL, Chan CH, Wong KF, Wong A, Chan PK Un uomo di 42 anni con linfoma mantellare al IV stadio ha ricevuto chemioterapia e trapianto autologo di cellule staminali periferiche. Il paziente ha sviluppato pancitopenia e l’esame del midollo osseo indicava una aplasia della serie rossa indotta dal parvovirus B19 (PVB 19), confermata dai test virologici. Dosi multiple di immunoglobuline endovena (IVIG) sono state somministrate nei to graduale dei parametri ematologici del paziente. Questa comunicazione dimostra come il monitoraggio frequente della risposta virologica ed ematologica alla terapia con IVIG per infezione persistente da PVB 19 in un paziente immunocompromesso possa permettere di ottimizzare l’uso di questo trattamento, relativamente costoso e qualche volta insufficiente. mesi seguenti, mentre campioni di sangue venivano prelevati dopo ogni dose per la valutazione quantitativa del DNA del PVB 19 e la valutazione ematologica, al fine di determinare la risposta. Ogni dose di IVIG ha prodotto una diminuzione di 1-3 log10 nei livelli di DNA del PVB 19. Alla fine, dopo la quinta dose di IVIG, il DNA virale è stato ridotto a <10 copie/ml di siero, con un miglioramen- J Med Virol 2007;79(9):1401-1405 • In questo Case Report viene descritto il caso di un paziente con linfoma mantellare con pancitopenia da parvovirus B19 dopo trapianto autologo di cellule staminali. • Il trattamento con IVIG è stato monitorato dopo ogni dose valutando la ripresa ematologica e il livello di DNA virale: il raggiungimento di un livello <10 copie/ml di siero dopo la 5a dose ha permesso di interrompere il trattamento, evitando la somministrazione di dosi superflue (vedi Figura). Livelli di parvovirus B19 (copia di DNA/ml), emoglobina (Hb, g/dl), globuli bianchi (GB, x 109/l-1) e piastrine (Plts, x 109/l-1) dopo chemioterapia. B19 Hb Plts GB 25,00 20,00 Hb, GB, piastrine Figura. 15,00 10,00 5,00 0,00 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 190 200 210 220 Giorni dopo la chemioterapia • Il numero di dosi di immunoglobuline endovena utilizzate nel trattamento delle infezioni da parvovirus negli ospiti immunocompromessi può essere ottimizzato, ottenendo un migliore rapporto costo/beneficio, con un monitoraggio appropriato degli effetti della terapia. 18 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:42 Pagina 19 ematologia Uso di Ig endovena nelle patologie neoplastiche ematologiche associate a ipogammaglobulinemia Temporary blast reduction after immunoglobulin administration for congenital cytomegalovirus infection masking infant leukemia with cryptic MLL rearrangement Metzler M, Bruch J, Stachel D, Langer T, Borkhardt A, Harbott J, Rascher W, Holter W La distinzione fra soppressione midollare reattiva dovuta a infezione virale e stadi leucemici iniziali può essere difficile, in particolare nei neonati. Riportiamo il caso di una bambina di 2 mesi presentatasi con pancitopenia e marker positivi per infezione congenita da citomegalovirus (CMV). La diagnosi munoglobuline. La diagnosi molecolare ha potuto essere posta solo utilizzando l’analisi di ibridazione in situ fluorescente (FISH) in interfase, che può essere considerata uno strumento diagnostico addizionale di grande utilità in simili casi. Leuk Res 2007;31(4):553-557 definitiva della coesistenza di leucemia neonatale a cellule pro-B con riarrangiamento criptico MLL è stata ritardata in questo caso dalla rigenerazione transitoria della ematopoiesi normale e dalla riduzione delle cellule blastiche anormali nel midollo osseo seguite alla somministrazione di im- • Questo Case Report illustra il caso di una neonata di 2 mesi in cui una pancitopenia, in presenza di marker positivi per una infezione congenita da CMV, è stata trattata con la somministrazione di IVIG. • Sebbene la terapia con immunoglobuline abbia permesso una ripresa ematologica temporanea, una leucemia a cellule B, caratterizzata dalla presenza di un riarrangiamento del gene MLL non evidenziabile all’analisi citogenetica convenzionale, si è sviluppata 4 settimane più tardi. • L’analisi quantitativa retrospettiva del clone neoplastico ha permesso di individuare una chiara riduzione del clone stesso a seguito del trattamento con IVIG (vedi Figura). Quantificazione dei blasti tramite osservazione al microscopio di strisci di midollo osseo (MO), dual-color FISH e analisi citofluorimetrica (FACS). Striscio di MO FISH FACS 100 % di leucociti totali Figura. 80 60 40 20 0 0 7 14 21 28 35 42 Giorni dalla presentazione iniziale 19 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:43 Pagina 20 ematologia Uso di Ig endovena nelle patologie neoplastiche ematologiche associate a ipogammaglobulinemia • Un effetto immunomodulatorio, la riduzione del carico virale co-responsabile della proliferazione leucemica o una azione diretta sui blasti neoplastici sono i meccanismi potenzialmente responsabili di questo effetto anti-leucemico della terapia con immunoglobuline, da investigare ulteriomente. 20 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:43 Pagina 21 neurologia Sindrome di Guillain-Barré La forma classica della sindrome di Guillain-Barré (GBS) viene definita come una polineuropatia acuta demielinizzante, caratterizzata da una paralisi flaccida ascendente simmetrica, ariflessia, danno sensoriale e alterazioni del sistema nervoso autonomo. La GBS è spesso preceduta da un’infezione intercorrente, virale o batterica, seguita da una progressione dei sintomi fino a una fase acuta “di plateau” e graduale risoluzione della sintomatologia. Sebbene siano state descritte diverse varianti della malattia, fra cui la classica forma di polineuropatia demielinizzante infiammatoria acuta, la neuropatia assonale motoria acuta e la neuropatia assonale senso-motoria acuta, la patogenesi immunomediata è considerata comune a tutte, pur con meccanismi probabilmente diversi. Il trattamento della GBS si basa pertanto, a fianco della terapia di supporto necessaria nella fase acuta, su interventi ad azione immunomodulante. La terapia di supporto della GBS è diretta essenzialmente alla prevenzione e al trattamento dell’insufficienza respiratoria, se necessario con l’ausilio della ventilazione meccanica, della disfunzione del sistema nervoso autonomo, delle sepsi e della trombosi venosa profonda Altri interventi essenziali comprendono la terapia del dolore, la nutrizione enterale o parenterale, la cura dell’integrità cutanea e la prevenzione della perdita di tono muscolare (Atkinson et al.). Tre differenti approcci immunomodulanti sono stati valutati per il trattamento dei pazienti con GBS grave: inizialmente corticosteroidi per via orale o endovenosa, poi plasmaferesi (PE) e infine immunoglobuline endovena (IVIG). Come descritto nell’articolo di revisione di Shahar, a differenza dell’effetto positivo esercitato nella polineuropatia demielinizzante cronica, l’uso dei corticosteroidi somministrati da soli si è rivelato inefficace nella GBS grave. In una metanalisi sistematica del Cochrane Database, che includeva 6 trial clinici randomizzati, per un totale di 195 pazienti trattati con steroidi orali e 243 pazienti trattati con metilprednisolone endovena paragonati con 187 controlli, i corticosteroidi non inducevano differenze significative nella risoluzione dei sintomi e nell’esito della malattia. Al momento, il trattamento con corticosteroidi da soli, sia per via orale sia per via endovenosa, non è raccomandato nella GBS, sebbene vi siano indicazioni a favore di una loro efficacia, in associazione alla terapia con IVIG, nel ridurre il tempo necessario per riacqui- Adriano Chiò Professore Associato di Neurologia Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Torino stare la deambulazione autonoma. Le ragioni per cui gli steroidi, nonostante la loro efficacia nel trattamento della gran parte delle patologie autoimmunitarie, non sono attivi nella GBS non sono note e potrebbero essere legate a un effetto tossico diretto sul muscolo denervato. La plasmaferesi è stato il primo trattamento per le forme gravi di GBS a dimostrarsi superiore in efficacia alla sola terapia di supporto e viene generalmente effettuata secondo uno schema terapeutico che comprende lo scambio di 200-250 ml di plasma per kg di peso corporeo per ogni sessione, per un totale di 5-6 sessioni durante un periodo di 7-14 giorni. La logica alla base dell’uso della plasmaferesi nella GBS è quella di rimuovere gli immunocomplessi dannosi, tuttavia essa è probabilmente anche in grado di agire direttamente sul sistema immunitario attivando il complemento, influenzando i componenti cellulari e persino rimuovendo gli auto-anticorpi legati ai tessuti. Nonostante la sua efficacia, l’utilizzo della plasmaferesi nella GBS presenta notevoli problemi, poiché necessita di personale qualificato, attrezzatura specialistica e accessi venosi adeguati, potenzialmente difficili da reperire soprattutto nei bambini. Inoltre, la plasmaferesi è associata a una frequenza non indifferente di effetti collaterali e complicanze, che possono mettere in pericolo la vita del paziente e incidono anche sulla valutazione costo-beneficio. Nello studio di Tsai et al., la valutazione farmacoeconomica del trattamento con plasmaferesi paragonato a quello con IVIG ha mostrato un costo complessivo per paziente minore nel caso di terapia con immunoglobuline. Da notare che il costo delle immunoglobuline stesse, seppur non indifferente, viene significativamente superato nei pazienti trattati con plasmaferesi dai costi aggiuntivi legati alle complicanze e a una maggiore durata dell’ospedalizzazione. La terapia con alte dosi di immunoglobuline endovena si è andata affermando nel trattamento della GBS grave a partire dalla fine degli anni ’80, sulla base di un razionale che vedeva le IVIG fornire una fonte di anticorpi anti-idiotipo, in grado di bloccare la cascata di eventi conducenti alla demielinizzazione. Anche in questo caso, i meccanismi che mediano l’efficacia delle IVIG sono probabilmente più complessi e comprendono il legame con componenti del complemento, l’inibizione 21 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:44 Pagina 22 neurologia della produzione di citochine e l’azione sulle cellule effettrici B e T. Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia terapeutica delle IVIG nelle forme gravi di GBS, inclusi studi randomizzati controllati che hanno confrontato l’efficacia, la frequenza di recidiva e gli eventi avversi delle IVIG rispetto alla plasmaferesi. L’efficacia delle immunoglobuline è risultata comparabile a quella della plasmaferesi e questo dato, associato a una maggiore facilità d’uso e alla minore incidenza di effetti collaterali, rende attualmente il trattamento con IVIG la terapia di prima linea di scelta nella GBS. La dose utilizzata è di 2 g/kg di peso corporeo, somministrata secondo diversi schemi terapeutici: 0,4 g/kg/die per 5 giorni o la dose totale di 2 g/kg distribuita su 2 giorni consecutivi. A questi dosaggi, gli effetti collaterali sono generalmente lievi e autolimitanti, e comprendono cefalea, brividi, mialgia, dolore lombare. Gli effetti collaterali gravi sono rari e compaiono principalmente in pazienti con patologie sistemiche preesistenti. La sindrome di Guillain-Barré nei bambini si manifesta generalmente con un decorso più lieve e con prognosi più favorevole. Numerosi studi hanno indagato l’efficacia della terapia con immunoglobuline endovena nei pazienti pediatrici, anche in relazione alle maggiori difficoltà legate all’utilizzo della plasmaferesi nei bambini più piccoli. In uno studio clinico su 47 pazienti pediatrici trattati con IVIG paragonati a 28 bambini sottoposti a sola terapia di supporto, il primo gruppo presentava un più rapido miglioramento dei sintomi, in particolare in quei pazienti in cui la terapia veniva somministrata in un periodo di 2 giorni rispetto a quelli trattati su un periodo di 5 giorni. Sebbene la maggioranza degli studi riporti una più rapida risoluzione dei sintomi e una riduzione della mortalità nei bambini sottoposti a terapia con IVIG rispetto alla sola terapia di supporto, nel loro studio Tasdemir et al. non hanno trovato vantaggi significativi nella terapia con immunoglobuline rispetto alla sola terapia di supporto e ne suggeriscono l’utilizzo solo nei casi con fattori di rischio per insufficienza respiratoria. Fattori come il momento di inizio della terapia (ottimale entro 10 giorni dalla comparsa dei primi sintomi) e le caratteristiche cliniche e di laboratorio dei pazienti andranno ulteriormente studiati per ottimizzare l’efficacia del trattamento con IVIG nei bambini con GBS. Un aspetto importante della GBS è quello della risoluzione dei segni e sintomi della malattia e delle possibili sequele neurologiche. La risoluzione della fase acuta della malattia, che normalmente inizia dopo 2-4 settimane dalla fine della fase progressiva, può residuare in una serie di deficit neurologici, principalmente di tipo motorio. Nello studio condotto da Koeppen et al., accanto alle sequele motorie, è stato preso in considera- 22 zione anche l’esito a lungo termine dei disturbi sensoriali e del sistema nervoso autonomo. Su una popolazione di 34 pazienti con sindrome di Guillain-Barré, sottoposti a esame neurologico ed elettrofisiologico a un intervallo medio di 3,5 anni dall’insorgenza della malattia, l’85% dei pazienti ha mostrato deficit neurologici alla valutazione di follow-up. La percentuale è maggiore di quanto riportato da altri autori, generalmente non superiore al 30-40%, discrepanza che potrebbe essere dovuta proprio alla maggiore attenzione posta alle sequele di tipo sensoriale e autonomico. Ciò che può essere realmente importante è la possibilità per il medico di predire l’esito clinico della malattia durante la fase acuta e l’attenzione posta su aspetti importanti della sindrome a volte trascurati. Il punteggio clinico che viene proposto, basato su 3 fattori (l’età alla diagnosi, la durata dell’ospedalizzazione e la necessità di respirazione meccanica durante la fase acuta) in grado di predire l’evoluzione della malattia, se confermato potrà rappresentare un utile strumento clinico. Va sottolineato che il trattamento effettuato non sembra invece associato con la presenza di deficit neurologici residui. Le prospettive terapeutiche della GBS includono trattamenti al momento ancora in corso di sperimentazione, come la filtrazione del liquido cefalorachidiano, la somministrazione di anticorpi monoclonali anti-linfociti T, la terapia con interferone beta. È inoltre possibile che le diverse forme della malattia presentino meccanismi patogenetici immunitari differenti, da tenere in considerazione nel disegno di approcci terapeutici innovativi e nell’ottimizzazione delle terapie attualmente disponibili. Studi elettrofisiologici suggeriscono un danno neurologico diverso per la AIDP (polineuropatia demielinizzante infiammatoria acuta, prevalente in Europa e Nord America) e per la AMAN (neuropatia assonale motoria acuta, prevalente nell’Estremo Oriente): una dominante riduzione dei potenziali motori nella AMAN e un rallentamento della conduzione nervosa nella AIDP (Kuwabara). Le due forme potrebbero avere alla base meccanismi autoimmunitari diversi, con un prevalente interessamento dell’immunità umorale nella prima e dell’immunità cellulare nella seconda. Di qui, ad esempio, la maggiore efficacia della terapia con IVIG rispetto alla plasmaferesi nella AMAN riportata in alcuni studi preliminari. La sempre migliore comprensione dei meccanismi patogenetici immunitari alla base della malattia e delle sue diverse forme potrà consentire in futuro una terapia maggiormente personalizzata e attiva, in particolare per quei pazienti, specie con importante interessamento assonale, in cui ancora le attuali terapie possono risultare inefficaci. EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:45 Pagina 23 neurologia Sindrome di Guillain-Barré The challenges of managing and treating Guillain-Barré syndrome during the acute phase Atkinson SB, Carr RL, Maybee P, Haynes D La sindrome di Guillain-Barré (GBS) è una malattia infiammatoria acquisita che interessa circa 2 persone ogni 100.000 abitanti all’anno. L’incidenza è casuale e non sono stati identificati fattori di rischio discriminanti, inclusa l’età, il sesso o l’etnia. La sindrome pro- inclusi la fisiopatologia della malattia, la presentazione clinica, la valutazione e il trattamento infermieristico e le opzioni terapeutiche attualmente disponibili. voca una demielinizzazione dei nervi periferici, che porta a una progressiva debolezza muscolare e paralisi. L’infermiere di terapia intensiva dovrebbe ottenere da questo articolo una visione generale della sindrome di GuillainBarré durante la fase acuta. Vengono Dimens Crit Care Nurs 2006;25(6):256-263 • Il trattamento infermieristico rappresenta un aspetto molto importante della gestione dei pazienti con sindrome di Guillain-Barré. L’articolo riassume le principali caratteristiche della malattia e il ruolo dell’infermiere nella terapia di supporto e immunomodulante. • Vengono citati quattro approcci terapeutici immunomodulanti: i corticosteroidi, la plasmaferesi, la terapia con immunoglobuline endovena e la filtrazione del liquido cefalorachidiano, quest’ultimo ancora sperimentale. La plasmaferesi e le IVIG sono le terapie di scelta. L’infermiere di terapia intensiva deve conoscerle adeguatamente entrambe, per essere in grado di prevenire le complicanze e per aiutare il malato e la famiglia nella comprensione del trattamento. • Altri interventi infermieristici essenziali comprendono il riconoscimento e il trattamento del dolore, della paura e dell’ansia, la valutazione dello stato nutrizionale e della nutrizione enterale, la cura dell’integrità cutanea, la prevenzione della perdita di tono muscolare e il riconoscimento precoce di complicanze come l’insufficienza respiratoria, la disfunzione del sistema nervoso autonomo, le sepsi e la trombosi venosa profonda. Current therapeutic options in severe Guillain-Barré syndrome Shahar E La forma classica della sindrome di Guillain-Barré (GBS) consiste in una polineuropatia motoria e sensoriale demielinizzante acuta monofasica, caratterizzata da debolezza flaccida motorie e sensoriali, come pure forme esclusivamente autonomiche. Complessi meccanismi immunomediati portano alla demielinizzazione segmentale accompagnata da interessa- simmetrica ascendente, con alterazione sensoriale e, meno comunemente, perturbazioni autonomiche. Sono anche state identificate forme puramente motorie assonali, assonali Clin Neuropharmacol 2006;29(1):45-51 23 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:45 Pagina 24 neurologia Sindrome di Guillain-Barré mento assonale nei casi a decorso protratto. L’individuazione di strategie di immunomodulazione può quindi consentire di arrestare e persino far regredire il danno autoimmune ai nervi periferici. Il presente articolo rivede le opzioni immunomodulatorie attuali nelle forme gravi di GBS. Una recente metanalisi Cochrane di 6 studi randomizzati ha mostrato l’assenza di un miglioramento significativo con l’uso di corticosteroidi, incluso metilprednisolone orale o endovena. Il trattamento combinato con metilprednisolone e immunoglobuline era in grado di accorciare il tempo necessario per riguadagnare la deambulazione indipendente. La pla- smaferesi (PE) è stato il primo metodo sicuramente efficace di immunomodulazione, seguito dalle immunoglobuline endovena (IVIG). I due approcci presentano effetti benefici comparabili e sono stati usati sia separatamente sia in combinazione, ma la PE è più frequentemente associata a eventi avversi gravi, richiedenti l’interruzione della terapia, inclusa una diatesi emorragica. Inoltre, la PE è effettuabile solo nei maggiori centri di riferimento e richiede attrezzature adeguate e personale esperto. In più, i bambini più piccoli possono essere a rischio di sanguinamento dopo l’inserzione di cateteri di calibro elevato. Pertanto, nei casi di GBS grave, le IVIG sono raccomandate come prima linea di terapia, a una dose totale empirica di 2 g/kg somministrata nel corso di 2 giorni consecutivi. Tale trattamento, specialmente nei bambini, si è dimostrato molto efficace con trascurabili effetti collaterali. Nei casi a decorso protratto, l’aggiunta di corticosteroidi endovena alle IVIG dovrebbe essere presa in considerazione, poiché può accorciare il tempo necessario a riguadagnare una deambulazione indipendente. In caso di fallimento di questo schema terapeutico, può essere eseguita una PE, usando separatori a centrifuga con albumina 5% come soluzione sostitutiva. • Questo articolo presenta una estensiva revisione della letteratura per quanto riguarda il trattamento immunomodulante della sindrome di Guillain-Barré, indicato a partire dal grado 3 di severità (vedi Tabella). Tabella. Scala della disabilità motoria nella sindrome di Guillain-Barré Grado Disabilità motoria 0 Sano 1 Segni o sintomi minori 2 In grado di camminare 5 m senza supporto 3 In grado di camminare 5 m con supporto 4 Costretto a letto o su una sedia: incapace di camminare 5 m con supporto 5 Necessita della ventilazione meccanica 6 Deceduto • Il trattamento con IVIG risulta il trattamento di prima linea di scelta nei casi di GBS grave, alla dose di 2 g/kg somministrata nel corso di 2 giorni consecutivi. • La terapia con corticosteroidi (metilprednisolone i.v., 20-30 mg/kg/die per 5 giorni), inefficace da sola, può essere aggiunta al trattamento con IVIG nei casi protratti, per accelerare la ripresa della deambulazione autonoma. • La plasmaferesi risulta altrettanto efficace delle IVIG, ma per i suoi maggiori effetti collaterali va riservata ai casi di fallimento della terapia di prima linea. 24 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:46 Pagina 25 neurologia Sindrome di Guillain-Barré Pharmacoeconomics of therapy for Guillain-Barré syndrome: plasma exchange and intravenous immunoglobulin Tsai CP, Wang KC, Liu CY, Sheng WY, Lee TC La sindrome di Guillain-Barré (GBS) è una neuropatia acuta e una sindrome clinica che include diversi sottotipi patologici ed elettrofisiologici. Le immunoglobuline endovena (IVIG) e la plasmaferesi (PE) sono entrambe terapie ugualmente efficaci per il trattamento della GBS; tuttavia, il costo delle IVIG può essere più basso, sia per il paziente sia per il sistema sanitario. Uno studio retrospettivo è stato effettuato dal 1999 al 2004 per confrontare la farmacoeconomica di PE e IVIG nella pazienti che hanno richiesto un respiratore automatico rispetto a quelli in cui non è stato necessario (p = 0,008, ttest) e la lunghezza dell’ospedalizzazione ha mostrato una correlazione lineare molto forte con i costi totali (coefficiente di correlazione di Pearson = 0,907). L’analisi della regressione indicava che ogni giorno addizionale di ricovero aumentava i costi di ospedalizzazione di una media di 5599 Nuovi Dollari di Taiwan (NT) (1,00$ USA = 33,50$ NT nel 2005). J Clin Neurosci 2007;14(7):625-629 GBS, includendo un totale di 24 pazienti con GBS ricoverati presso il Taipei Veterans General Hospital. Lo studio ha dimostrato che, nonostante i costi dei farmaci usati nella terapia con IVIG, il trattamento della GBS con IVIG presentava un migliore rapporto costo/efficacia (p = 0,057) di quello con PE per quanto riguarda la durata totale dell’ospedalizzazione e i costi per le procedure e l’ospedalizzazione stessa. Lo studio ha anche mostrato che i costi totali erano più alti per i • Sia la plasmaferesi sia le immunoglobuline endovena si sono dimostrate terapie efficaci per la sindrome di Guillain-Barré: un’analisi dei costi legati a entrambe le procedure può quindi rappresentare un utile criterio nella scelta della terapia. • In questo studio sono stati confrontanti i costi totali del trattamento di 7 pazienti con GBS che hanno ricevuto IVIG con quelli di 10 pazienti trattati con plasmaferesi. Nonostante il costo più elevato dei farmaci nel gruppo immunoglobuline, il costo totale per paziente era più alto nel gruppo trattato con plasmaferesi (vedi Tabella). Tabella. Stima dei costi medi e test di Kruskal Wallis Variabili di costo PE (n = 10) IVIG (n = 7) Media SEM Media SEM Farmaci 135.740 54.087 227.975 64.646 Procedure 128.944 22.326 40.320 26.685 Ospedalizzazione 252.673 52.172 92.529 62.358 Totale 517.357 114.813 360.824 137.228 • La riduzione del costo nei pazienti trattati con immunoglobuline risulta principalmente dovuta alla minore durata dell’ospedalizzazione, alla minore incidenza di complicanze e al minor numero di pazienti che hanno necessitato della ventilazione meccanica rispetto al gruppo trattato con plasmaferesi. 25 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:47 Pagina 26 neurologia Sindrome di Guillain-Barré Intravenous immunoglobulin for Guillain-Barré syndrome: how effective? La sindrome di Guillain-Barré è una neuropatia infiammatoria demielinizzante acuta caratterizzata da poliradicoloneurite progressiva simmetrica, manifestantesi principalmente con debolezza e ariflessia. In questo articolo, riportiamo i nostri risultati in 25 bambini trattati con immunoglobuline endovena e li confrontiamo con quelli di altri 30 bambini che hanno ricevuto esclusivamente terapia di supporto. Terapia di supporto da sola è stata somministrata a 30 bambini non in grado di ricevere gammaglobuline endovena a causa di una carente disponibilità delle gammaglobuline stesse, importate in piccola quantità in quegli anni. Venticinque pazienti sono stati trattati con gammaglobuline endovena, alla dose di 0,4 g/kg/die per 5 giorni consecutivi. Diciassette bam- bini in questo gruppo hanno ricevuto le gammaglobuline endovena entro 10 giorni dalla comparsa dei primi sintomi e 8 dopo i primi 10 giorni. La media del tempo impiegato dai sintomi per raggiungere il livello massimo è stata di 6,9 (range 4-12) giorni nei pazienti trattati con gammaglobuline endovena entro i primi 10 giorni, significativamente più corto che nel gruppo trattato con sola terapia di supporto (6,9 vs 8,8 giorni, rispettivamente) (p <0,05). Il ricovero in ospedale dopo i primi sintomi, il grado di disabilità, il tempo necessario per migliorare il grado di disabilità, il periodo di ospedalizzazione e la mortalità non sono stati differenti nei gruppi trattati con gammaglobuline e con terapia di supporto (p >0,05). Il nostro parere per la terapia con gammaglobuline endove- Tasdemir HA, Dilber C, Kanber Y, Uysal S J Child Neurol 2006;21(11):972-974 na nella sindrome di Guillain-Barré è che se il paziente ha fattori di rischio per l’insufficienza respiratoria, allora il trattamento dovrebbe essere iniziato. Dopo i risultati di questo studio siamo più fiduciosi circa il follow-up di questi pazienti. In conclusione, sebbene sia stato riportato che le gammaglobuline endovena possono facilitare il miglioramento della malattia e ridurre la mortalità nei bambini con sindrome di Guillain-Barré, vi sono stati anche studi in cui il trattamento con gammaglobuline endovena non è risultato migliore della terapia di supporto, come nel nostro caso. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per determinare quando le immunoglobuline endovena dovrebbero essere somministrate e a pazienti con quali caratteristiche cliniche e di laboratorio. • È generalmente accettato che la sindrome di Guillain-Barré presenti un decorso clinico e una prognosi più favorevoli nei pazienti pediatrici. In questo articolo vengono riportati i risultati ottenuti in 25 bambini con GBS trattati con IVIG, confrontati con quelli ottenuti in un’altra coorte di pazienti pediatrici che hanno ricevuto solo terapia di supporto. • Dei 25 bambini trattati con IVIG, 17 hanno iniziato la terapia entro i primi 10 giorni dalla comparsa dei sintomi. Né il tempo necessario per migliorare la sintomatologia, né la durata di ospedalizzazione, né la mortalità sono risultati significativamente differenti nei bambini trattati con IVIG rispetto a quelli trattati con sola terapia di supporto (vedi Tabella). 26 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:48 Pagina 27 neurologia Sindrome di Guillain-Barré Tabella. Caratteristiche cliniche dei pazienti che hanno ricevuto IVIG o terapia di supporto Caratteristiche IVIG (n = 25) Terapia di supporto (n = 30) Età alla presentazione (anni) 6,8 (1,5-16) 6,3 (1,5-15) Sesso (M/F) Infezione precedente (g) Coinvolgimento del nervo cranico Ventilazione meccanica Proteina CSF (mg/dl) Follow-up mediano (g) Ricovero in ospedale dopo il primo sintomo (g) Grado di disabilità Tempo trascorso dall’inizio dei sintomi per raggiungere il nadir (g) Tempo per il miglioramento di un grado di disabilità (g) Durata dell’ospedalizzazione (g) Mortalità 2,6 12 3 7 167 (5,4-510) 105 (20-270) 5 (1-30) 6,5 (4-9) 8,2 (4-17) 15,9 (9-34) 20,7 (6-52) 4 2,7 19 1 2 194 (55-471) 184 (22-730) 7 (1-30) 6,1 (4-9) 8,8 (4-15) 16,4 (10-33) 17,6 (8-48) 1 • I pazienti che hanno ricevuto immunoglobuline entro i primi 10 giorni hanno presentato un tempo medio per raggiungere il grado massimo di sintomatologia (nadir) significativamente più corto rispetto ai pazienti trattati con terapia di supporto (6,9 vs 8,8 giorni, rispettivamente; p <0,05). • Viene raccomandato l’uso delle IVIG nei pazienti pediatrici con GBS solo in presenza di fattori di rischio per lo sviluppo di insufficienza respiratoria. L’inizio del trattamento entro i primi 10 giorni dalla comparsa dei sintomi sembra essere un fattore importante per un’efficacia terapeutica ottimale. Koeppen S, Kraywinkel K, Wessendorf TE, Ehrenfeld CE, Scharks M, Diener HC, Weimar C Long-term outcome of Guillain-Barré syndrome Obiettivi. Indagare le sequele neurologiche a lungo termine dopo la sindrome di Guillain-Barré (GBS) e valutare il valore predittivo dell’insufficienza respiratoria durante la fase acuta della malattia. Metodi. Trentaquattro pazienti con GBS, inclusi 5 pazienti con la sindrome di Miller-Fisher, ricoverati presso la clinica universitaria fra il 1994 e il 2002 sono stati sottoposti a esame neurologico ed elettrofisiologico dopo 7-86 mesi di follow-up dalla comparsa della GBS. Risultati. Dei 34 pazienti, 5 hanno mostrato una guarigione com- Neurocrit Care 2006;5(3):235-242 pleta, 11 hanno presentato lievi sintomi e/o segni residuali e 18 hanno avuto deficit neurologici funzionalmente rilevanti, principalmente agli arti inferiori, sebbene tutti i pazienti fossero in grado di camminare senza assistenza e nessuno mostrasse insufficienza respiratoria. Gli studi di conduzione nervosa hanno rivelato segni di anormalità in 30 pazienti. La valutazione della funzione autonomica del sistema cardiovascolare mostrava una risposta della pressione arteriosa alla stazione eretta patologica in 27 pazienti su 33. Non è stata trovata alcuna associazione fra il decorso della malattia e un respiro patologico durante il sonno al follow-up. L’età all’esordio della malattia, la necessità di respirazione meccanica e la durata della fase di plateau correlavano con la gravità delle sequele neurologiche al follow-up. Conclusioni. Vi è stata un’alta persistenza di segni e sintomi sensorimotori residui dopo GBS nella nostra coorte di pazienti. Inoltre, cali pressori anormali non associati a una disregolazione ortostatica clinicamen- 27 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:48 Pagina 28 neurologia Sindrome di Guillain-Barré te evidente sono stati rilevati nella maggioranza dei pazienti al follow-up. Ciò è in contrasto con studi precedenti che hanno descritto un graduale miglioramento della disfunzione autonomica dopo 2-18 mesi. Uno score prognostico combinato basato su età del paziente, durata della fase di plate- au e presenza di insufficienza respiratoria nella fase acuta della GBS potrebbe predire l’esito a lungo termine. • In questo studio sono state indagate le sequele a lungo termine in 34 pazienti con sindrome di Guillain-Barré. I segni e sintomi neurologici sono stati valutati separatamente per il sistema nervoso motorio, sensitivo e autonomo, allo scopo di ottenere un quadro più dettagliato dell’esito funzionale della GBS a lungo termine. • In contrasto con lavori precedenti, ben l’85% dei pazienti ha mostrato deficit neurologici alla valutazione di follow-up, localizzati principalmente alle estremità inferiori. Ventisette pazienti su 33 presentavano una caduta più o meno marcata della pressione arteriosa all’assunzione della stazione eretta. • Non è stata identificata alcuna associazione significativa fra il tipo di trattamento ricevuto nella fase acuta e l’esito a lungo termine. Al contrario, uno score prognostico basato sull’età alla diagnosi, la durata della fase di plateau e la necessità di respirazione meccanica era in grado di predire l’evoluzione della malattia a lungo termine (vedi Figura). Distribuzione dei punteggi clinici totali al follow-up, stratificati secondo il punteggio prognostico al basale (determinato da età all’esordio, durata della fase di plateau e necessità di ventilazione meccanica) in 34 pazienti dopo GBS. 30 Punteggio totale (IC 95%) Figura. 20 10 0 0 1 2 3 Punteggio prognostico 28 4 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:49 Pagina 29 neurologia Sindrome di Guillain-Barré Kuwabara S Guillain-Barré syndrome La sindrome di Guillain-Barré (GBS) viene attualmente divisa in due sottotipi maggiori: la polineuropatia demielinizzante infiammatoria acuta (AIDP) e la neuropatia assonale motoria acuta (AMAN). Questa revisione evidenzia le pubblicazioni recenti più rilevanti, in particolare sulla fisiopatologia della AMAN. Il mimetismo molecolare del lipo-oligosaccaride batterico da parte dei gangliosidi umani è oggi considerato un’importante causa di AMAN. I Curr Neurol Neurosci Rep 2007;7(1):57-62 gangliosidi GM1, GM1b, GD1a e GalNAc-GD1a espressi sull’assolemma del neurone motorio sono probabilmente gli epitopi per gli auto-anticorpi nella AMAN. A livello dei nodi o paranodi, la deposizione di anticorpi antiganglioside causa inizialmente un blocco reversibile della conduzione, seguito da degenerazione assonale. Dati elettrodiagnostici avvalorano questo processo. La disgregazione dei glicolipidi, importanti per mantenere il raggruppamento dei canali ionici a livello dei nodi e paranodi, può alterare la conduzione nervosa. I polimorfismi genetici del Campylobacter jejuni determinano l’espressione dei gangliosidi sulla parete batterica. Al contrario, i target molecolari nella AIDP non sono ancora stati identificati. Metanalisi hanno mostrato l’efficacia della plasmaferesi e della terapia con immunoglobuline, ma non con corticosteroidi, nell’accelerare la guarigione. • L’articolo rivede le conoscenze fisiopatologiche attuali dei due principali tipi di sindrome di Guillain-Barré, evidenziando i potenziali meccanismi immunomediati che determinano i difetti a carico del rivestimento mielinico o dell’assone nervoso. • I dati elettrodiagnostici mostrano una riduzione dei potenziali motori nella AMAN e un rallentamento della conduzione nervosa nella AIDP, in relazione probabilmente a meccanismi immunopatogenetici diversi. • Entrambi i tipi di GBS rispondono al trattamento con plasmaferesi e immunoglobuline endovena (vedi Figura), ma dati preliminari mostrano che queste ultime potrebbero essere più efficaci della plasmaferesi nelle forme assonali (AMAN). Figura. Studi di conduzione del nervo ulnare in pazienti con neuropatia assonale motoria acuta eseguiti nei giorni 3 e 8. Il paziente ha ricevuto trattamento con immunoglobuline a partire dal giorno 3. I potenziali d’azione del muscolo sono registrati dall’abduttore del mignolo con stimolazione a livello del polso, sopra e sotto il gomito, e dell’ascella. Si noti la rapida risoluzione dei blocchi della conduzione nel segmento distale del nervo e al gomito. Giorno 3 Giorno 8 29 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:49 Pagina 30 V EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:49 Pagina 31 Riassunto delle caratteristiche del prodotto 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Vivaglobin, soluzione di 160 mg/mL per iniezione (uso sottocutaneo) 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA 1 mL contiene: immunoglobulina umana normale (sottocutanea) 160 mg* *Corrispondenti al contenuto di proteine totali di cui almeno il 95% IgG Distribuzione delle sottoclassi di IgG: ca. 61 % IgG1 IgG2 ca. 28 % ca. 5 % IgG3 IgG4 ca. 6 % IgA max. 1,7 mg/mL Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione per iniezione (uso sottocutaneo) 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Terapia sostitutiva negli adulti e nei bambini affetti da sindromi di immunodeficienza primitiva (PID) quali: • agammaglobulinemia e ipogammaglobulinemia congenite • immunodeficienza comune variabile, • immunodeficienza combinata grave, • carenza di sottoclassi IgG con infezioni ricorrenti. Terapia di sostituzione nel mieloma o nella leucemia linfatica cronica, con grave ipogammaglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Il dosaggio va determinato singolarmente per ciascun paziente, tenendo conto dei parametri farmacocinetici e della risposta clinica. I dosaggi qui di seguito riportati sono da ritenere come indicativi. Con somministrazione per via sottocutanea, il dosaggio deve essere scelto in modo tale da conseguire un livello sostenuto di IgG nel plasma. Può essere necessaria una dose di carico di almeno 0,2 - 0,5 g/kg (1,3-3,1 mL/kg) di peso corporeo, ripartita in più giorni, con una dose massima giornaliera di 0,1 fino a 0,15 g/kg di peso corporeo, e secondo quanto indicato dal medico curante. Dopo che i livelli di IgG abbiano raggiunto lo stato stazionario, le dosi di mantenimento si somministreranno a intervalli successivi, preferibilmente con cadenza settimanale tali da raggiungere una dose mensile complessiva compresa fra circa 0,4 e 0,8 g/kg (2,5 - 5 mL/kg) di peso corporeo. Per la regolazione della dose e degli intervalli di dosaggio di Vivaglobin vanno misurati i livelli minimi di IgG. Modalità di somministrazione Vivaglobin deve essere somministrato per via sottocutanea. L’infusione sottocutanea nel trattamento domiciliare deve essere effettuata da un medico esperto nel trattamento dell’immunodeficienza e nell’orientamento dei pazienti in tema di terapia domiciliare. I pazienti saranno istruiti sull’impiego della pompa a siringa, sulle tecniche di infusione, sulla compilazione di un diario di trattamento e sui provvedimenti da adottare in caso di gravi reazioni avverse. La velocità di infusione raccomandata è pari a 22 mL/h. In una sperimentazione clinica, nel corso della quale sono stati valutati 53 pazienti, la velocità di infusione di Vivaglobin è stata portata - nella fase di addestramento sotto la supervisione di un medico - dagli iniziali 10 mL/h a 22 mL/h. Vivaglobin deve essere preferibilmente iniettato nella parete addominale, nella coscia e/o nel gluteo. In ogni singolo sito di iniezione non devono essere iniettati più di 15 mL. Dosi di quantità superiore a 15 mL devono essere iniettate ripartendole in più punti. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità accertata nei confronti di qualsiasi componente del prodotto. Vivaglobin non deve essere iniettato per via intravascolare. Non deve essere somministrato per via Vivaglobin 210x280 indd 1 intramuscolare in caso di trombocitopenia di grado severo e in altri disturbi della coagulazione. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego Non iniettare per via endovascolare! In caso di iniezione accidentale di Vivaglobin in un vaso sanguigno, è possibile che il paziente sviluppi uno shock anafilattico. La velocità di infusione raccomandata per Vivaglobin è indicata al paragrafo “4.2 Modalità di somministrazione” e deve essere rispettata. I pazienti devono essere tenuti sotto stretto monitoraggio ed attentamente controllati durante l’infusione per accertare tempestivamente l’eventuale insorgenza di qualsiasi effetto avverso. Alcune reazioni avverse possono presentarsi con maggiore frequenza nei pazienti ai quali l’immunoglobulina umana normale è somministrata per la prima volta, oppure, ma raramente, quando si cambia prodotto o se il trattamento è stato interrotto per più di 8 settimane. Vere reazioni di ipersensibilità sono rare. Possono manifestarsi in rarissimi casi di carenza di IgA con anticorpi anti-IgA: questi pazienti devono essere trattati con cautela. Raramente, Vivaglobin può causare caduta pressoria accompagnata da reazione anafilattica anche in pazienti che hanno ben tollerato un precedente trattamento con immunoglobulina umana normale. Le potenziali complicanze possono essere sovente evitate, accertandosi: • che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane normali, infondendo loro, la prima volta, il prodotto lentamente (vedere paragrafo” 4.2 Modalità di somministrazione”); • che i pazienti siano attentamente monitorati per accertare con tempestività l’insorgenza di qualsiasi sintomo nel corso dell’infusione. In particolare, si raccomanda di monitorare i pazienti nel corso della prima infusione e per la prima ora successiva, al fine di potere subito individuare potenziali reazioni avverse che insorgano nelle seguenti situazioni: - pazienti non precedentemente trattati con immunoglobulina umana normale, - pazienti in precedenza trattati con un altro prodotto, oppure - quando è intercorso molto tempo dalla precedente infusione. Tutti gli altri pazienti devono essere comunque tenuti sotto osservazione per almeno 20 minuti dopo la somministrazione. In caso di sospetta reazione allergica o anafilattica si dovrà sospendere immediatamente la somministrazione del prodotto. In caso di shock devono essere adottate le procedure correnti standard per il trattamento dello shock. Le procedure standard per prevenire infezioni che risultino dall’uso di prodotti derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di specifici marcatori di infezione e l’adozione di fasi di produzione efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante, quando vengono somministrati prodotti derivati da sangue o plasma umano, non può essere totalmente esclusa la possibilità di trasmissione di agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e per altri patogeni. I provvedimenti adottati sono considerati efficaci nei confronti di virus capsulati come HIV, HBV e HCV, e nei confronti dei virus non capsulati HAV e parvovirus B19. Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B 19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza contro i virus. Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual volta si somministri Vivaglobin, si registrino sia il nome del paziente che il numero di lotto del prodotto stesso, in modo da stabilire un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Vaccini con virus vivi attenuati La somministrazione di immunoglobulina può compromettere, in un periodo compreso fra 6 settimane e 3 mesi dalla vaccinazione, l’efficacia di vaccini vivi attenuati, come i vaccini contro il morbillo, la rosolia, la parotite e la varicella. Dopo la somministrazione di Vivaglobin deve intercorrere un intervallo di almeno 3 mesi prima di procedere alla vaccinazione con vaccini contenenti virus vivi attenuati. Nel caso del morbillo, questo effetto di indebolimento della vaccinazione può durare fino a 1 anno. Pertanto, nei pazienti vaccinati contro il morbillo 7-01-2008 14:29:07 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9-01-2008 12:49 Pagina 32 si deve controllare la specifica situazione anticorpale. Interazioni con analisi sierologiche È opportuno tenere presente all’atto dell’interpretazione dei risultati di test sierologici che il transitorio aumento degli anticorpi trasportati passivamente in seguito ad iniezioni di immunoglobuline può rendere positivi i risultati dei test. La trasmissione passiva di anticorpi per gli antigeni eritrocitari, ad es. A, B e D, può interferire con alcuni test sierologici per la ricerca di allo-anticorpi eritrocitari (ad es. test di Coombs), con la conta dei reticolociti e con l’aptoglobina. 4.6 Gravidanza ed allattamento La sicurezza di questo medicinale in donne gravide non è stata stabilita in sperimentazioni cliniche controllate, pertanto, occorre porre particolare attenzione nel decidere se somministrare questa specialità medicinale durante la gravidanza o nella fase di allattamento al seno. L’esperienza clinica acquisita nell’impiego delle gammaglobuline non porta a ritenere la comparsa di effetti pericolosi in caso di somministrazione delle stesse durante la gravidanza né per la madre, né per il feto o per il neonato. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non vi sono indicazioni che Vivaglobin possa compromettere la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati In uno studio clinico eseguito con somministrazione sottocutanea in 60 soggetti, sono stati riportati, i seguenti effetti indesiderati: reazioni al sito di infusione molto comuni e in gran parte di intensità lieve (gonfiore, irritazione, arrossamento, indurimento, sensazione localizzata di calore, prurito, ecchimosi) all’inizio del trattamento sottocutaneo e con riduzione molto rapida entro le prime dieci infusioni, quando i soggetti si abituano a questo tipo di trattamento. (Le reazioni al sito di iniezione non sono state segnalate in uno studio in cui i pazienti erano stati trattati con immunoglobulina sottocutanea per anni prima della sperimentazione). In singoli casi: • reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione • reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere, moderata lombalgia, sincope, capogiri, disturbi cutanei, broncospasmo Durante la sorveglianza post-marketing di prodotti somministrati per via intramuscolare o sottocutanea, sono stati segnalati raramente i seguenti effetti indesiderati: • reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione, dispnea, reazioni cutanee che, in casi isolati, sono progredite fino allo shock anafilattico, anche quando il paziente non aveva presentato reazioni di ipersensibilità in occasione di somministrazioni precedenti. • reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere, nausea, vomito, artralgia e moderata lombalgia. • reazioni cardiovascolari, in particolare nei casi di accidentale somministrazione del prodotto per via endovascolare. • reazioni locali nel sito di infusione/iniezione: gonfiore, irritazione, arrossamento, indurimento, sensazione localizzata di calore, prurito, ecchimosi o rash. Per informazioni in merito al rischio di malattie infettive, vedere paragrafo 4.4 “Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego”. 4.9 Sovradosaggio Non sono note conseguenze da sovradosaggio. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni ed immunoglobuline; immunoglobuline umane normali, per somministrazione extravascolare. Codice ATC: J06B A01 L’immunoglobulina umana normale contiene principalmente immunoglobulina G (IgG), caratterizzata da un ampio spettro anticorpale verso vari agenti infettivi. Vivaglobin contiene gli anticorpi dell’immunoglobulina G che sono presenti nella popolazione normale. Per la sua preparazione si impiegano pool di plasma ottenuti da almeno 1.000 donatori. Vivaglobin presenta una distribuzione di sottoclassi di immunoglobulina G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. La somministrazione di dosi adeguate di questa specialità medicinale consente di riportare alla norma bassi valori di immunoglobulina G. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Mediante somministrazione sottocutanea dell’immunoglobulina Vivaglobin 210x280 indd 2 umana normale sono stati raggiunti nel circolo del ricevente valori di picco con un ritardo di circa 2 giorni. I dati ottenuti da una sperimentazione clinica (n = 60) hanno evidenziato che, nel plasma, possono essere mantenuti livelli di 8 - 9 g/L (n = 53), somministrando ogni settimana dosi di Vivaglobin comprese fra 0,05 e 0,15 g per kg di peso corporeo. Ciò è paragonato a un dosaggio cumulativo mensile di 0,2-0,6 g per kg di peso corporeo. La IgG e i complessi di IgG vengono catabolizzati nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale 5.3 Dati preclinici di sicurezza Non esistono dati considerati rilevanti per la sicurezza clinica oltre ai dati inclusi in altre sezioni del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Glicina, sodio cloruro, acido idrocloridrico o idrossido di sodio (in piccole quantità, per la regolazione del pH), acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità In assenza di studi di compatibilità questo prodotto medicinale non deve essere miscelato ad altri prodotti medicinali. 6.3 Periodo di validità Il periodo di validità è di 3 anni. Il prodotto deve essere utilizzato immediatamente dopo l’apertura della fiala o del flacone. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Vivaglobin va conservato in frigorifero (+2° C e +8° C) nella confezione. Non congelare! 6.5 Natura e contenuto del contenitore Flaconcino (vetro Tipo I) da 3 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1 o 10 flaconcini; Fiala (vetro Tipo I) da 5 mL di soluzione - confezione da 1 o 10 fiale; Flaconcino (vetro Tipo I) da 10 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1, 2, 10 o 20 flaconcini; Flaconcino (vetro Tipo I) da 20 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1 flaconcino. Solo la confezione da 2 flaconcini x 10 mL contiene i seguenti dispositivi: 1 siringa da 20 mL, 1 tubo-perfusore con ago, 2 aghi ipodermici, 2 aghi areatori, 3 tamponi con alcool. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6 Speciali precauzioni per lo smaltimento Vivaglobin è una soluzione pronta per l’uso e deve essere somministrata a temperatura corporea. Vivaglobin è una soluzione limpida. Il colore può variare da trasparente a giallo pallido fino a marrone chiaro entro il periodo di validità Non usare soluzioni che sono torbide o che presentano depositi. Il prodotto non utilizzato ed i materiali di scarto devono essere smaltiti in conformità ai requisiti di legge locali. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CSLBehring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76 D-35041 Marburg - Germania 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE (DELLE AUTORIZZAZIONI) ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 037882014/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 fiala da 5 mL 037882026/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 fiale da 5 mL 037882038/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 10 mL 037882040/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 10 mL 037882053/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 20 flaconcini 10 mL 037882065/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 3 mL 037882077/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 3 mL 037882089/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 20 ml 037882091/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 2 flaconcini 10 mL + 1 siringa + 1 tubo perfusore con ago + 2 aghi ipodermici + 2 areatori + 3 tamponi con alcool 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE 28 settembre 2007 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Settembre 2007 CSL Behring - P.zza S. Tuerr, 5 - 20149 Milano - Tel. 02 349641 7-01-2008 14:29:08 EM CSL immunews2 090108:EM ZLB 9:08 9-01-2008 12:49 Pagina III ITC 3080387 Depositata presso AIFA 23/11/2007 Una nuova opzione per la terapia con immunoglobuline Immunoglobulina umana normale (uso sottocutaneo)