“Esiste davvero la Sindrome Glossoposturale? Considerazioni neurofisiologiche e cliniche”. Antonio Ferrante Fino a pochi anni orsono parlare di funzione linguale o di deglutizione era pura utopia. Non appena si cominciava a proporre l’argomento, l’interlocutore perdeva attenzione per il discorso o, addirittura, compariva sul suo volto una risatina trattenuta. Il motivo è semplice: nessuno ci ha mai parlato, durante il corso di studi medici, della importanza della funzione linguale. Così chiunque ci fosse di fronte ci prendeva per dei poveri illusi, magari in buona fede, persone poco sagge che credevano a tutto. Eppure chi trattava da anni la rieducazione della funzione linguale vedeva continuamente cambiamenti e miglioramenti non limitati all’apparato stomatognatico, bensì diffusi in tutto l’organismo e cercava soltanto di condividere la meraviglia di un cambiamento che pareva avvenire spontaneamente, solo stimolando la lingua a funzionare in modo naturale. La svolta nella conoscenza e nella accettazione della classe medica è avvenuta soltanto con la scoperta che la emergenza nel palato del nervo naso‐palatino è ricchissima di esterocettori, cioè dei recettori coinvolti nel meccanismo della informazione posturale. In effetti da tempo ci chiedevamo come fosse possibile che ogni volta che, durante una visita fatta sul baropodometro o sullo scoliosometro, facevamo posizionare la lingua in un punto preciso del palato, il paziente cambiava la sua situazione posturale, riducendo gli squilibri, riprogrammando l’appoggio plantare, variando l’atteggiamento della colonna. Leggere lo studio di Halata e Bauman (1), due ricercatori della Università di Hamburg, fu per noi l’illuminazione! Era chiaro il motivo dei cambiamenti. La lingua schiacciava i recettori trigeminali e riprogrammava l’individuo. A lungo tuttavia questo ha generato le perplessità dei “Posturologi”. Sì, la lingua disfunzionale interferisce con il recupero di alcune patologie trattate nei modi più svariati, ma da questo a dire che la lingua è pienamente coinvolta con la postura ce ne passa! La scoperta comunque di un ruolo della lingua nel trattamento posturale ha determinato la necessità di comprendere lo studio delle disfunzioni della deglutizione tra le materie di studio del Master in Posturologia della Università “Sapienza”. Nel frattempo il coordinatore scientifico del Master stesso, il prof. Fabio Scoppa, tra i primi a credere nella Lingua, individuava addirittura due atteggiamenti classici del paziente con disfunzione della deglutizione, le Sindromi Glosso‐posturali tipo I e II (2). Senza saperlo indubbiamente è stato tra i maggiori artefici, insieme con il Direttore del Master, Prof. Amabile, della crescita della ricerca in campo della funzione generale della lingua. Devo ad entrambi l’avermi inserito tra i Docenti del Master e devo loro riconoscere il merito di avermi dato la possibilità di sviluppare la Ricerca attraverso la assegnazione di tesi condotte insieme a docenti universitari di altre branche e, per me, prima irraggiungibili, come devo all’entusiasmo ed alla onestà intellettuale del prof. Amabile l’aver istituito un Master sui rapporti tra deglutizione e postura, che vedrà la luce nel prossimo anno accademico. Si è così sviluppato lo studio della rieducazione linguale come valido supporto alle varie tipologie di fisioterapia; si è valutata la capacità della lingua di influenzare il funzionamento dei recettori posturali primari dall’occhio al piede, all’apparato vestibolare, alla mandibola. Ma si è anche evidenziato il ruolo insostituibile della stimolazione dei recettori palatini nel trattamento riabilitativo di pazienti affetti dalle più svariate patologie, dal Parkinson (3) alla distrofia muscolare (4), etc. Grazie a questo lavoro, frutto di una forte e costante curiosità culturale, si sono condotti studi attraverso i quali si è apprezzato l’effetto miorilassante generale e l’effetto riequilibrante sulla muscolatura di tutto il corpo determinato dalla stimolazione palatina. Ciò ha permesso di approfondire alcune tematiche importanti e controverse come, ad esempio, quella del Bruxismo. L’effetto della stimolazione linguale del recettore palatino, sempre assente nel paziente bruxista, il progressivo interrompersi di questa deleteria parafunzione a mano a mano che la lingua riprende la sua postura ideale, fino alla scomparsa dello stesso, trovano la loro spiegazione proprio nella stimolazione del rilassamento muscolare. Per la verità, spinti da questi risultati stiamo ora studiando il bruxismo da un punto di vista esclusivamente neurologico. Basandoci sulle conoscenze che stanno crescendo sulle funzioni del trigemino nel controllo del sonno e sulla memoria (5), tutte facoltà mediate dal Locus Coeruleus, abbiamo supposto che la stimolazione trigeminale sia indispensabile per la produzione dei mediatori chimici della memoria. Secondo alcuni ricercatori francesi il sonno paradossale è lo stato della memorizzazione attiva, il passaggio delle esperienze della giornata appena vissuta negli scaffali della memoria. E’ questo, in conclusione, il momento in cui le secrezioni mediate dal trigemino sono indispensabili. Se il paziente non è in grado di stimolare i recettori nervosi del palato, cerca di recuperare stimoli trigeminali stringendo i denti o sfregandoli tra loro. Il problema nasce dalla differente qualità dei recettori stimolati. Se per i recettori palatini si tratta di fibre non mielinizzate, a conduzione più lenta, i recettori parodontali e quelli dei fusi neuromuscolari masseterini, utilizzati in vece dal bruxista, sono costituiti da fibre mielinizzate, a conduzione extrarapida (l’informazione impiega soltanto tre millisecondi a raggiungere il SNC). Tale informazione è tuttavia estremamente labile essendo sostituita immediatamente da una informazione successiva. Il motivo di ciò è che i recettori parodontali sono, così come i recettori fusali, degli informatori sulla variazione di distanza tra le arcate durante la masticazione, della deformazione delle fibre muscolari del massetere, quindi fornitori di una informazione estremamente precisa dal punto di vista temporale, che possa permettere al cervello di adattare la contrazione alle necessità del singolo momento. Ma cerchiamo allora di spiegare, per i non addetti ai lavori, come la lingua possa essere in grado di influenzare il comportamento dell’organismo intero. Precisiamo che la lingua è l’effettore, ma il protagonista dei cambiamenti è senza dubbio il nervo Trigemino. Questo è stato a lungo considerato “sovradimensionato”; appariva strano che il tronco encefalico fino al mesencefalo fosse disseminato di nuclei trigeminali quando poi il nervo veniva messo in relazione soltanto con la masticazione e, in casi estremi, con il dolore dentario. Ma le cose non stavano così. Gli studi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno evidenziato un ruolo peculiare unico del V° paio di nervi cranici; si è potuto notare come il trigemino fosse in relazione con molti altri nervi e come fosse da considerare il principe della formazione reticolare(6). Attraverso alcune vie neurologiche esso determina la secrezione dei vari modulatori della funzione cerebrale divenendo l’artefice del benessere generale o causa di danni di varia entità. La stimolazione dello Spot palatino (l’emergenza del nervo nel palato) ad opera della lingua, determina risposte a distanza che coinvolgono l’attività della vera “centralina” del SNC, il Locus Coeruleus. Questo nucleo, come spiegato chiaramente da De Cicco (7) è intimamente legato ai processi della memoria, del sonno, della sfera emotiva e, d’altra parte è correlato con tutta la corteccia cerebrale e cerebellare. La lingua, comprimendo i recettori palatini, sembra avere la capacità di rifunzionalizzare l’intero sistema nervoso centrale. Per quello che riguarda la sfera prettamente posturale dobbiamo inoltre ricordare che il verme cerebellare riceve in entrata afferenze cervicali e linguali, mentre alle due regioni paramediane afferiscono rami trigeminali. In questo modo la lingua ed il trigemino sono correlati direttamente con la memoria motoria e con la discriminazione motoria operate a livello cerebellare. Esistono evidenze cliniche di pazienti ai quali sia stata diagnosticata atrofia cerebellare da cerebellite virale che riprendono una corretta motorietà ripristinando le giuste stimolazioni palatine. Gli studi si stanno ormai accavallando tumultuosamente. Un aspetto della neurologia si sta riscrivendo alla luce di quanto non può essere più sottovalutato o negato e, in questi casi, la lingua e la sua rieducazione trovano un posto d’onore. Ma in che modo la lingua e la sua funzione sono correlate al trigemino? Il punto chiave è l’emergenza della seconda branca trigeminale dal foro naso‐palatino. In questo punto del palato sono stati rinvenuti i cinque tipi di esterocettori, tutti raccolti in gran numero in mezzo centimetro quadro di palato (1). La loro posizione corrisponde perfettamente al punto di appoggio della lingua al palato nella posizione di riposo linguale e al punto di partenza del movimento deglutitorio. Lo schiacciamento della punta della lingua contro il palato in questo punto determina degli effetti sulla muscolatura generale estremamente evidenti ed immediati. Nella sua tesi di laurea in Medicina, Alberto Ferrante ha dimostrato attraverso l’elettromiografia di superficie, come la stimolazione dello Spot palatino sia in grado di diminuire l’ipertono muscolare e riequilibrare il tono stesso in modo istantaneo. Sono stati testati sia i muscoli stomatognatici ( temporale anteriore, massetere, digastrico anteriore), che alcuni muscoli del tronco (paravertebrali, latissimo del dorso), fino ai muscoli degli arti inferiori, riscontrando sempre lo stesso benefico effetto. Tali valutazioni potrebbero aiutarci a spiegare le patologie della postura come correlate ad insufficiente stimolazione trigeminale, ma addirittura potrebbero fornire una spiegazione dell’atteggiamento scoliotico come dovuto a squilibri muscolari generati dalla alterata funzione linguale, con una inefficacia di stimolazione dei recettori palatini. Per la verità ci si può spingere ancora oltre. Studi soprattutto giapponesi hanno evidenziato nel paziente affetto da scoliosi una carenza di serotonina e come una pinealectomia (la ghiandola pineale è correlata alla secrezione di melatonina e alla sua trasformazione in serotonina) sia in grado di generare in pochissimo tempo una scoliosi nell’animale da esperimento.(8) La stessa influenza si sta valutando nell’uomo (9) Gli studi neurologici più recenti stanno attribuendo al trigemino la stimolazione della via serotoninergica (7) e quindi si potrebbe ipotizzare una carente stimolazione del palato come causa o concausa di alcune scoliosi. Tutto ciò confermato dagli effetti, in questi soggetti, della rieducazione della deglutizione, effetti fino a poco tempo fa assolutamente inspiegabili. Gli effetti determinati dalla stimolazione dei recettori palatini non si esauriscono in quanto detto. La deglutizione, attraverso la stimolazione trigeminale, si è mostrata in grado di interferire con tutti gli informatori posturali principali. Occhio, orecchio, piede, ATM devono adattarsi a quanto la deglutizione decide. In questa ottica la deglutizione acquista un ruolo ancora maggiore e “determinante” la postura individuale. In che modo può verificarsi tutto ciò? L’occhio risente delle alterazioni della deglutizione sia per quanto riguarda la motricità della muscolatura estrinseca che per quanto riguarda la capacità visiva. Tesi prodotte al Master di Posturologia della Università “Sapienza”(10) hanno messo in evidenza l’influenza della stimolazione trigeminale sulla convergenza oculare e sulla motilità della muscolatura estrinseca. Sembra esistere una affinità particolare tra spot palatino e motricità del M. Retto esterno in particolare. Anche la funzione visiva può essere condizionata indirettamente dalla funzione linguale. Abbiamo cercato di darci una spiegazione logica e scientifica di quanto ci è capitato frequentemente di osservare, mancando al momento una bibliografia attendibile sull’argomento. La funzione visiva dipende certamente dalla forma dell’occhio; un occhio troppo lungo determina la presenza di un fuoco anteriore alla retina, un occhio troppo corto una messa a fuoco posteriore alla retina stessa. Tuttavia esiste una altra determinante fondamentale: la contrazione del muscolo ciliare che cambia la convessità del cristallino. Ebbene, il muscolo ciliare riceve la propria innervazione dal nervo ciliare che origina tra la terza e la prima vertebra cervicale. Non è certamente un caso che i primi miglioramenti durante il trattamento riabilitativo della deglutizione siano evidenti a livello del distretto cervicale. E’ estremamente probabile che il cambiamento cervicale, con un recupero della fisiologica lordosi, possa essere il motivo del miglioramento visivo che è stato da noi apprezzato in circa il 40% dei pazienti portatori di correzione oculare, fino alla misura di due gradi, sia in caso di miopia che di ipermetropia. Anche l’orecchio può risentire di una deglutizione alterata. Anche in questo caso le componenti da analizzare sono due: la funzione uditiva e quella dell’equilibrio. La funzione uditiva, come sappiamo si esplica attraverso la vibrazione della membrana timpanica, stimolata dalle onde acustiche. Le vibrazioni si propagano attraverso gli ossicini dell’orecchio fino alla staffa, che è appoggiata con la base sulla membrana della chiocciola. L’entrata in vibrazione di questa genera, nel liquido presente nella coclea, delle onde che determinano l’eccitazione delle cellule ciliate del Corti, che hanno lo scopo di trasformare lo stimolo meccanico in elettrico. Le alterazioni della deglutizione provocano intasamento ed edema dell’orecchio medio a causa dell’aumento della pressione aerea che dal faringe si propaga all’orecchio attraverso la Tuba durante l’atto deglutitorio alterato. Ciò causa una diminuzione delle capacità vibratili delle membrane uditive con alterazioni frequenti della capacità uditiva, specialmente nella percezione delle frequenze più alte. Anche l’area critica del linguaggio viene spesso interessata con difficoltà di interpretazione dei fonemi ascoltati dal paziente. Lo stesso meccanismo può aiutare anche spiegare la presenza di acufeni, sintomo che presenta una origine multipla e difficoltà terapeutiche evidenti. L’acufene è generato dall’accumularsi da più fattori. Il primo e la circolazione alterata per compressione delle arterie cervicali che vengono schiacciate nel loro passaggio nei fori vertebrali, ciò accade per la variazione dell’atteggiamento cervicale caratteristico della postura linguale bassa. Il raddrizzamento della curva lordotica fisiologica determina strozzamento dei vasi che forniscono l’irrorazione all’orecchio. Altro elemento è la compressione dei vasi venosi che emergono dalla scissura di Glaser, operata dal condilo mandibolare retruso. Infine, e forse più importante, la compressione della membrana della chiocciola da parete dell’aria sospinta attraverso la tuba dalla contrazione dei muscoli buccinatori (questi si attivano durante l’atto deglutitorio scorretto sostituendosi alla carente funzione linguale). Tale compressione genererebbe nel liquido cocleare una onda anomala, non codificata come frequenza e in grado di produrre uno stimolo elettrico aspecifico e indistinto. L’altro elemento è dato dalla alterazione dell’equilibrio. Probabilmente lo stesso edema è in grado di alterare la qualità della endolinfa, nella quale rotolano gli otoliti; l’addensamento di essa potrebbe determinare sensazioni di vertigine o, molto più spesso, “sbandamenti” del soggetto. Il piede risente sempre delle disfunzioni della deglutizione. Il motivo è chiarissimo. La catena muscolare antero‐mediana, detta anche catena linguale, correla direttamente la lingua all’alluce; ma ogni catena muscolare ha origine o fine nel piede e lo collega con la funzionalità mandibolare, che a sua volta dipende essenzialmente dalla postura e dalla funzione linguale. L’effetto della lingua sul piede si estrinseca anche attraverso le alterazioni del tono muscolare dovute ad una mancata stimolazione dei recettori palatini. Come detto in precedenza essa determina ipertono, causa di tensioni anomale sulle arcate plantari, con alterazioni conseguenti dell’appoggio. Ultimo recettore alterato dalla disfunzione della deglutizione è quello mandibolare. Sappiamo che le informazioni provenienti dalla mandibola sono multiple. Il Sistema Nervoso Centrale riceve informazioni dai recettori parodontali, dai fusi neuromuscolari soprattutto indovati nelle fibre dei mm. Masseteri, dai recettori capsulari delle ATM. E’ chiaro come ogni alterazione della forma del palato, conseguente e disfunzioni muscolari correlate con la deglutizione alterata, possa ripercuotersi sulla postura mandibolare e sulla sua funzione. Una iperattività dei muscoli Buccinatori darà facilmente luogo ad un palato ristretto che causerà effetti diversi sulla mandibola. Questa al fine di adattare i suoi diametri con quelli mascellari potrà retrudere ( con compressione del tessuto retro discale e del nervo auricolo‐temporale) o deviarsi da un lato ricercando una stabilità ottenuta soltanto creando da un lato un morso crociato. In entrambi i casi le informazioni trigeminali verranno alterate evocando risposte motorie non corrette. La lingua potrà anche inserirsi tra le arcate, come accade per eccesso di attività del muscolo Verticale. Tale interposizione interferirà con l’eruzione dentaria; la mandibola per arrivare alla occlusione salirà più in alto con un condilo che si affonderà nella cavità glenoide. La mancanza di stimolazione dei recettori palatini darà luogo inoltre ad ipertono dei muscoli masseteri, con effetto sulla eruzione dentaria che ne risulterà ostacolata. Questo elemento è estremamente importante quando il clinico prescrive un bite. Senza il controllo preventivo del tono attraverso la riprogrammazione della funzione linguale il massetere facilmente, dopo una prima fase di benessere dovuta all’allungamento delle fibre muscolari, in seguito alle informazioni fusali, tende a riportare il muscolo alla lunghezza originaria con l’esito finale di peggiorare la situazione occlusale e articolare. Bibliografia 1 ) HALATA Z., BAUMANN K.I.: “Sensory nerve endings in the hard palate and papilla incisiva of the rhesus monkey”; Anatomy and Embriology, vol.199, iss.5, pp 427‐ 437,1999 2 ) Scoppa F.: “Glosso‐postural syndrome”; Annali di Stomatologia, Vol. LIV, n° 1Jan/March 2005 3 ) Bruzzese F., Nola D., Guirreri S.: “Il Parkinson e la Terapia Miofunzionale”, Tesi Master Spec in Posturologia,Univ. Sapienza, 2006 4 ) Campagna S., Carrino A., Lo Piccolo R., Ungaro D.:”Evoluzione della forza muscolare e della stabilità posturale in soggetti distrofici sottoposti a Terapia Miofunzionale”; Tesi master in Posturologia , Univ. Sapienza, 2008 5 ) Clauzade M., Marty JP.:”Orthoposturodontie” ed SEOO, Perpignan, 1998 6 ) Kandel E., Schwartz J.H., Jessel T. M.:”Principi di Neuroscienze”, ed. CEA, Milano, 2005 7 ) Chiesa D., Ciaravolo P., Colasanto S., De Cicco V., Ferrante A.:”LA Nuova Ortodonzia”; Marrapese ed., Roma, 2007 8 ) Machida M, Murai I, Miyashita Y, Dubousset J, Yamada T, Kimura J.:” Pathogenesis of idiopathic scoliosis. Experimental study in rats”; : Spine. 1999 Oct 1;24(19):1985‐9 9 ) Suh KT, Lee SS, Kim SJ, Kim YK, Lee JS.:” Pineal gland metabolism in patients with adolescent idiopathic scoliosis”; J Bone Joint Surg Br. 2007 Jan;89(1):66‐71 10 ) Crocellà C.:”Rapporto tra postura linguale e convergenza oculare”;Le nuove frontiere della Terapia Miofunzionale, ed. CTM, 2008, :74‐80 Cambiamenti posturali dopo correzione della posizione della lingua (Ruolo della funzione stomatognatica nel controllo posturale) Dott. Antonio Ferrante Per decenni la bocca è stata considerata avulsa dal resto dell’organismo, relegata ad un ruolo subalterno rispetto al rimanente del corpo, adibita alle sole funzioni del linguaggio, della masticazione e della deglutizione. L’attenzione poi si è finalmente spostata al recupero olistico delle relazioni presenti nell’organismo tra i vari apparati, relazioni che la sempre più imponente spinta alla specializzazione aveva reso invisibili ai più. Già a molti sembrava assurdo che una alterazione dell’occlusione potesse essere causa di cefalee (eppure i muscoli implicati nella loro comparsa sono nella maggior parte dei casi i muscoli dell’occlusione), figuriamoci la possibilità di correlare un atteggiamento del piede con un problema di funzione stomatognatica. Tuttavia le osservazioni da parte di vari specialisti hanno spinto ad aprire la mente ad un approccio valutativo del paziente più ampio e i pionieri di questo nuovo modo di vedere hanno visto rivalutate le proprie intuizioni ed esperienze. Ormai la ricerca va sempre più avanti con sempre maggiore velocità, tanto da richiedere l’integrazione di professionalità, fino a ieri, apparentemente distanti. In questo nuovo campo di lavoro alcune figure hanno assunto una importanza fondamentale per le loro intuizioni ed osservazioni che hanno aperto la via ad uno studio sempre più organico dei rapporti tra bocca e resto del corpo. Tra queste mi piace ricordare Bernard Jankelson (1) per i suoi studi sulla importanza dell’equilibrio della muscolatura oro-facciale per la funzione della mandibola, che può essere considerata un bilanciere per l’intero organismo. La posizione della mandibola è stata presa in considerazione anche dalla dottoressa Gabriella Guaglio, che da anni si è rivolta a valutare le relazioni tra mandibola, atteggiamento della colonna cervicale e appoggio plantare (2,3). E non dobbiamo dimenticare il prof. Harold Gelb che, riposizionando la mandibola, ha evidenziato effetti positivi sull’atteggiamento della colonna vertebrale. Per ultimo il professor Daniel Garliner, che ha segnalato variazioni posturali ottenute, senza volerlo, durante trattamenti miofunzionali effettuati per correggere attitudini scorrette della muscolatura oro-facciale. Non essendo un medico, purtroppo le sue osservazioni sono rimaste come un semplice dato clinico da tenere presente, ma null’altro. Il suo insegnamento è stato tenuto presente dal nostro gruppo di lavoro e la curiosità ci ha spinto a verificare se davvero fosse possibile un cambiamento della postura modificando la funzione oro-focciale. Abbiamo iniziato ad analizzare i nostri pazienti odontoiatrici su una pedana baropodometrica e sullo scoliosometro. La pedana baropodometrica/stabilometrica è uno strumento in grado di quantificare le variazioni del carico sui piedi in toto e su parti di essi; inoltre permette di valutare variazioni della attività muscolare attraverso l’esame stabilometrico (Fig.1). Ogni individuo, anche quando è fermo, in realtà oscilla. Le oscillazioni sono dovute alle risposte motorie che il sistema nervoso mette in essere per mantenere la posizione eretta. Esse sono suscitate dalle informazioni che raggiungono il Sistema Nervoso Centrale dalla periferia; gli organi preposti alla informazione del SNC sono recettori specializzati che si trovano sia in superficie (esterocettori), che in muscoli, tendini e articolazioni. E’ così intuibile per quale motivo i piedi siano costituiti da così tante ossa; più ossa significano più articolazioni ed il piede, per la sua posizione strategica di organo di contatto con il suolo, riveste una importanza peculiare. L’altro strumento che abbiamo utilizzato è lo scoliosometro, che ha lo scopo di mettere in evidenza la simmetria del corpo nelle due posizioni spaziali principali (frontale e sagittale). La visione del paziente posto frontalmente dietro il filo a piombo permette di valutare se le due parti del corpo divise dal filo sono simmetriche o meno: è anche possibile, in questa visione, valutare se i cingoli scapolare e pelvico sono alla stessa altezza o se ci sono inclinazioni del capo, indici di disfunzioni (Fig.2). Nella visione sagittale, prendendo come riferimento il malleolo esterno della caviglia, il filo dovrebbe passare anteriormente all’orecchio (sul trago), alla spalla, al centro dell’anca e nella parte anteriore del ginocchio (4)(Fig. 3). Un paziente disfunzionale potrà ritrovarsi spostato in avanti o dietro, rispetto ad uno o più dei riferimenti descritti (5). Enorme interesse ha suscitato il constatare che i pazienti con disfunzioni della deglutizione spesso presentavano atteggiamenti posturali generali alterati, che miglioravano quasi in ogni caso già durante l’esame, facendo posizionare la lingua al punto Spot di Garliner. (Fig.4) Lo Spot è un punto indicato in passato in maniera empirica, tanto che spesso sono sorte discussioni tra terapisti diversi sul suo posizionamento; chi lo ritrovava sulla papilla retroincisiva, che sulle rughe, che tra le rughe e la papilla. Ai nostri esami risultava chiaro che il punto importante per ottenere l’effetto posturale era uno solo e bastava discostarsene di soli due o tre millimetri per vedere svanire gli effetti benefici del contatto della lingua. Sono stati necessari anni di esami (ne abbiamo eseguiti oltre tremila) per convincerci di aver trovato lo Spot vero, ma mancava la spiegazione anatomo-fisiologica. In nessun testo di Anatomia era indicato chiaramente cosa ci fosse alla emersione del nervo naso-palatino nel palato. Era chiaro che il punto fosse proprio in relazione con questo ramo trigeminale, ma una spiegazione più completa mancava. Fino a quando non abbiamo letto una ricerca (6) effettuata alla Hamburg University dai professori Halata e Baumann all’Istituto di Anatomia Funzionale,. Essi avevano riscontrato la presenza nel centimetro quadrato di palato, compreso tra la parte posteriore della papilla e le prime rughe, di una grandissima concentrazione dei cinque tipi di esterocettori conosciuti, tanto da farci domandare a che servissero lì, nel palato, i recettori deputati alla spiegazione del mondo esterno al SNC, affinché esso possa adattarvisi. Era la risposta che cercavamo. Abbiamo incrementato le ricerche iniziando a valutare in modo scientifico gli effetti che il posizionamento corretto della lingua poteva dare sull’atteggiamento posturale (7). Ma a questo punto conviene fare una piccola digressione per chi non ha conoscenza approfondita dei meccanismi della deglutizione. L’uomo ha un solo tipo di deglutizione che possa essere ritenuto fisiologico (8). La deglutizione si sviluppa attraverso tre fasi (orale, faringea, esofagea) una propedeutica all’altra. Fondamentale risulta la fase orale; in essa la lingua prende progressivamente contatto col palato a partire proprio dallo Spot, schiacciando il suo dorso contro di esso e sospingendo così il bolo verso le fauci. Questo movimento risulta fondamentale perché durante il suo svolgimento non soltanto la deglutizione avviene nella maniera più efficiente, senza l’impegno di muscoli diversi dalla lingua, ma anche perché la pressione della lingua, che prende appoggio sullo Spot determina, tra l’altro, la stimolazione dei recettori che fanno capo alla seconda branca del trigemino che rivestono un ruolo posturale peculiare. Se la funzione della lingua è impedita per qualsivoglia motivo, il suo contatto con il palato può venire a mancare, con la comparsa di effetti dannosi a livello dello sviluppo orofacciale e le conseguenti problematiche odontoiatriche e respiratorie causate dalla iper-attivazione di muscoli (buccinatori) (9), che si sostituiscono funzionalmente alla lingua. Ogni movimento, diverso dal fisiologico, va considerato non solo atipico, ma francamente scorretto e fonte di patologia. E’ indubbio che, se ci si ferma a valutare una deglutizione soltanto in rapporto agli eventuali danni dentali, molto dell’effetto dannoso sarà per noi invisibile e sconosciuto e da qui viene l’esigenza di analizzare la deglutizione valutando altri parametri tra i quali quelli posturali sono tra i più immediatamente evidenti. Per molteplici cause, sia locali che generali, sia di carattere anatomico che funzionale (10), la lingua può mancare il suo compito e generare disfunzioni in molteplici organi ed apparati. Solo la conoscenza della funzione corretta potrà permetterci di chiarire correlazioni altrimenti impensabili, quali ad esempio quelle con le tensioni anomale dei muscoli paravertebrali, che potrebbero aiutare a spiegare i miglioramenti ottenuti in pazienti con atteggiamenti scoliotici (Fig.5), o quelle con la muscolatura estrinseca oculare o con il muscolo ciliare, in grado di spiegare gli effetti sulla funzione oculare. Uno studio durato quattro anni, analizzando sia meccanicamente che funzionalmente tutte le tettarelle ed i succhietti in commercio in Italia (11), porta a confermare quanto già affermato da Straub nei primi anni cinquanta (12), che cioè l’allattamento artificiale possa essere considerato la causa più importante di una disfunzione della deglutizione. Posso affermare questo dopo aver testato centinaia di neonati durante l’allattamento al seno e dopo un mese dal passaggio all’allattamento effettuato con metodiche artificiali. Addirittura questi esami hanno portato a non considerare più valida la dizione di deglutizione infantile perché il neonato allattato al seno attiva i muscoli come l’adulto. E’ l’allattamento effettuato con tettarelle con un foro troppo ampio o l’eccesso di latte materno ad indurre il neonato a spingere la lingua in avanti durante la deglutizione. Ma a questo punto dobbiamo introdurre un ulteriore concetto di estrema importanza. Sappiamo che il cambiamento della posizione mandibolare ottenuto ortodonticamente o attraverso l’uso di bites è a volte in grado di migliorare l’assetto posturale del soggetto; anzi alla posizione mandibolare si è data massima importanza nel determinismo della postura. Questo è senz’altro dovuto ad informazioni trigeminali più corrette quando la mandibola assume una posizione di equilibrio muscolare. Ma tutto ciò non basta. Fondamentale è la coerenza delle informazioni che partono dal trigemino. Sappiamo che tutto l’apparato stomatognatico presenta una innervazione trigeminale. Trigeminali sono i recettori parodontali e le informazioni a partenza dai fusi neuromuscolari dei masseteri (13). Queste fibre hanno la peculiarità di una conduzione estremamente rapida, necessaria per il bisogno del SNC di essere informato con la massima urgenza dello stato dell’atto masticatorio e dell’occlusione. L’informazione che ne deriva è repentina, ma estremamente labile, essendo sostituita subito dalla successiva. L’informazione a partenza dallo spot palatino è più lenta, passa attraverso vie diverse (anziché raggiungere direttamente il Locus Coeruleus, attraversa la Sostanza Reticolare ed i nuclei trigeminali in essa indovati), ma è più duratura, tanto che a volte i benefici di una stimolazione di breve durata persistono più tempo. Esiste una sola occasione di attivazione completa del trigemino, il momento della deglutizione. Si ha infatti stimolazione contemporanea dello Spot (ramo naso-palatino, II° branca), dei recettori parodontali mascellari (II° branca) e mandibolari (III° branca) nonché di quelli fusali. La postura viene ad essere sensibile alla stimolazione del recettore palatino. Abbiamo effettuato varie ricerche sui cambiamenti dell’appoggio plantare; la prima è stata presentata sulla rivista della Società Italiana di Ortodontia nel 2002 (fig. 6,7). Successivamente abbiamo effettuato, con il prof. Fabio Scoppa all’Università “La Sapienza” una ricerca più approfondita (14), presentata al Congresso Mondiale di Posturologia di Marsiglia nel 2005. I risultati sono stati altamente significativi di un ruolo unico della stimolazione trigeminale palatina nel determinare i miglioramenti dell’appoggio plantare in tutte le sue componenti. La curiosità ci ha quindi spinto a cercare i meccanismi attraverso i quali il trigemino può dettare i cambiamenti. Sono state effettuate elettromiografie dei muscoli del capo, del collo, del tronco, con la lingua in postura abituale e con la lingua allo Spot (fig. 8). Si sono potute apprezzare modificazioni e riequilibri muscolari in modo pressocchè istantaneo. Ma senz’altro la deglutizione è in grado di influenzare in modo più completo e marcato l’assetto posturale. La Posturologia (6) riconosce un ruolo di informatori encefalici primari a - Apparato stomatognatico (soprattutto articolazione temporo-mandibolare) - Occhio (componente propriocettiva della muscolatura estrinseca e componente visiva) - Orecchio (soprattutto nella componente vestibolare ) - Piede La lingua che non contatta il palato ed induce una deglutizione scorretta è in grado di interferire con tutti questi sistemi recettoriali. Può dare posture mandibolari alterate, per la retrusione indotta dalla ristrettezza del palato causata da buccinatori iperattivi (lo stesso restringimento può causare deviazioni laterali) o per diminuzione della dimensione verticale a causa della interposizione della lingua tra le arcate per la iperattività del m. verticale determinata dall’uso di succhietti e tettarelle rigide o dal succhiamento del dito. Può influenzare l’occhio nella sua capacità visiva, a causa delle alterazioni cervicali (il nervo ciliare ha origine a livello cervicale e determina la messa a fuoco del cristallino); anche la muscolatura estrinseca risente della mancanza di equilibrio di stimolazione neurologica. Tesi presentate al Master di Posturologia mostrano un effetto immediato della stimolazione dello Spot sulla convergenza oculare e sulle forie. La disfunzione deglutitoria è in grado di alterare il recettore Orecchio attraverso le variazioni di pressione aerea determinate dalla deglutizione scorretta con probabile variazione della qualità dell’endolinfa e del rotolamento degli otoliti. Agisce infine sul piede con meccanismo muscolare. E’ frequente, all’esame baropodometrico, vedere un piede cavo divenire normale semplicemente schiacciando lo Spot, per il riequilibrio delle tensioni. In questo ultimo periodo infine, l’attenzione degli specialisti si sta spostando verso patologie gravi ed invalidanti. Abbiamo iniziato in varie Università studi che stanno valutando le possibilità di stimolare miglioramenti attraverso la rifunzionalizzazione delle informazioni trigeminali. Un pioniere in questo campo è il è Prof. De Cicco (15) al quale si devono le più recenti osservazioni nel campo del trattamento di alcune patologie neurologiche. Non che si tratti in assoluto di novità; durante il mio tirocinio a Miami, circa venti anni fa, ho trattato pazienti distrofici che lasciavano le loro sedie a rotelle durante un trattamento miofunzionale praticato per rieducare una deglutizione deficitaria. Ora si stanno scoprendo le strade attraverso le quali il trigemino riesce a ricreare una funzione generale prima perduta e una ricerca multicentrica, condotta presso vari Istituti di Riabilitazione Universitari, si sta prendendo in considerazione la rifunzionalizzazione linguale come il mediatore del recupero generale dell’organismo. Bibliografia 1) Jankelson B.: Controllo elettronico della contrazione muscolare. Una nuova epoca clinica in occlusione e protesi. Sci.Ed. Bull. Int. Coll. 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