Universiteit van Amsterdam Facoltà di Scienze Umane Tesi di laurea specialistica in lingua e cultura italiana 3 giugno 2010 L’apprendimento del sistema verbale in italiano L2: Un’analisi dell’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza nella produzione scritta da parte di un gruppo di apprendenti olandesi dell’italiano come seconda lingua Candidato: Carin van der Pijl Relatore: Dr. S.C. Vedder Correlatore: Dr. F. Kuiken Indice Prefazione 1 Introduzione 2 1. Il sistema verbale italiano 5 Premessa 5 1.1. Il verbo italiano 5 1.1.1. Il genere 5 1.1.2. La forma 7 1.1.3. La persona e il numero 7 1.1.4. Il tempo 8 1.1.5. Il modo verbale 9 1.2. L’aspetto verbale 10 1.3. Conclusione 11 2. Il processo dell’apprendimento di una seconda lingua 13 Premessa 13 2.1. Differenza fra acquisizione e apprendimento 13 2.2. Fattori generali che influenzano l’apprendimento 15 2.2.1. Età 15 2.2.2. Motivazione 16 2.2.3. Personalità 17 2.3. L’interlingua e l’errore linguistico 18 2.4. Grammaticalizzazione 19 2.4.1. Temporalità 19 2.4.2. Modalità 21 3. La ricerca CALC e il Quadro di Riferimento 23 Premessa 23 3.1. CALC 23 3.2. QCER 24 3.2.1. Livelli 24 3.2.2. Competenze 27 4. Impostazione dello studio 29 Premessa 29 4.1. Domande 29 4.2. Ipotesi 29 4.3. Partecipanti 30 4.4. Test 31 4.4.1. C-test 31 4.4.2. Test Dialang 32 4.4.3. Compiti scritti CALC 32 4.4.4. Compito scritto secondo gruppo 33 4.5. Somministrazione 33 4.6. Valutazione e analisi 33 5. Risultati: apprendenti L2 35 Premessa 35 5.1. Il gruppo sperimentale 35 5.1.1. Complessità 35 5.1.2. Accuratezza 39 5.1.3. Analisi degli errori 43 5.2. Il secondo gruppo 48 5.2.1. Complessità 49 5.2.2. Accuratezza 50 5.2.3. Analisi degli errori 51 5.3. Il rapporto con il livello di padronanza linguistica 56 5.3.1. Risultati C-test gruppo sperimentale 57 5.3.2. Risultati C-test secondo gruppo 58 6. Risultati: parlanti nativi 61 Premessa 61 6.1. Confronto gruppo sperimentale e parlanti nativi 61 7. Conclusione 69 Bibliografia 72 Allegati 74 Prefazione Vorrei ringraziare alcune persone che hanno reso possibile lo svolgimento di questa tesi. Un primo ringraziamento va alla professoressa e mio relatore Ineke Vedder, che ha suscitato in me l’interesse e l’entusiasmo per la linguistica. Inoltre la ringrazio per tutti i suoi utili consigli che mi hanno permesso di migliorare sempre di più questa mia tesi. Grazie anche al mio correlatore Folkert Kuiken ed a Roger Gilabert, per i loro dati derivanti dalla ricerca CALC, da loro realizzata insieme ad Ineke Vedder. Un ringraziamento doveroso va a Gabriele Pallotti per avermi dato la possibilità di analizzare un suo gruppo di studenti italiani indispensabile per il completamento della tesi. In particolare ringrazio tanto la professoressa Sophie Jitta per la sua collaborazione e per avermi concesso la possibilità, in brevissimo tempo, di lavorare con un suo gruppo di studenti. Grazie mille a tutti gli studenti che hanno partecipato alla ricerca, senza di loro non avrei potuto svolgere questo lavoro. Inoltre ringrazio i miei genitori per avermi consentito liberamente di lavorare, per essermi stati sempre vicino e per credere sempre in me. Per ultimo voglio ringraziare di cuore Alessandro per il suo sostegno infinito e per la sua fiducia in me. Carin van der Pijl, giugno 2010 1 Introduzione In questa tesi di laurea verranno esaminate la complessità e l’accuratezza del sistema verbale italiano nella produzione scritta di studenti olandesi che apprendono l’italiano come seconda lingua. Nella letteratura sull’apprendimento per seconda lingua si intende una lingua appresa nel paese dove questa viene parlata abitualmente (ad es. l’italiano appreso in Italia dagli immigrati). Gli studenti del nostro studio apprendono l’italiano nel proprio paese invece che in Italia, per questo motivo sarebbe più corretto utilizzare il termine “lingua straniera”, 1 ciononostante useremo il termine “seconda lingua” (L2) in modo generico, intendendo l’apprendimento di una lingua dopo quella nativa (L1). Con “complessità” intendiamo il grado di sviluppo del sistema verbale in relazione all’utilizzo o meno che un apprendente fa dei diversi tempi verbali. Al fine del nostro studio ci baseremo su sette tempi verbali fondamentali, cioè l’infinito, il presente, il participio passato, l’imperfetto, il futuro, il condizionale ed il congiuntivo. Con “accuratezza” intendiamo il grado di correttezza delle forme verbali usate e analizzeremo gli errori che si verificano più frequentemente nei testi degli apprendenti olandesi nell’italiano scritto. Anche se l’apprendente usa certe forme non vuol dire automaticamente che le usi nel modo giusto. Che tipo di errori fanno più frequentemente gli apprendenti e fino a che punto si tratta di errori ‘logici’? Con il termine “errori logici” intendiamo errori che possiamo giustificare, come per esempio errori di sovraestensione di forme regolari o irregolari. Questo tipo di errori non viene fatto dagli adulti parlanti nativi, mentre è più frequente nei bambini parlanti nativi dell’italiano (ad. es. ando). All’interno di questa ricerca verrà dedicata particolare attenzione all’uso dell’aspetto verbale da parte di apprendenti dell’italiano L2, in quanto risulta particolarmente difficile da apprendere. L’aspetto verbale indica la durata di un’azione o di una situazione che vengono di solito distinti come l’aspetto perfettivo e quello imperfettivo. E’ importante sottolineare che questa tesi fa parte di una ricerca più ampia, chiamata CALC (Communicative Adequacy and Linguistic Complexity). Questa ricerca ha come obiettivo l’esame della relazione fra la competenza comunicativa e la competenza linguistica nei testi scritti da tre gruppi di apprendenti L2, più precisamente dell’olandese, dell’italiano e dello spagnolo. In particolare viene studiata la relazione fra l’adeguatezza comunicativa e la 1 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, Bompiani, Milano, 1998, p. 13 2 complessità linguistica, definita in relazione alle scale ed ai livelli del Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER). 2 La nostra parte della ricerca si limiterà, quindi, all’analisi della complessità e dell’accuratezza nei testi scritti in italiano da parte di studenti universitari di madrelingua olandese. Per fare questo ci siamo posti la seguente domanda: Quali sono le principali difficoltà riscontrate dagli apprendenti L2 nell’italiano scritto, in termini di complessità ed accuratezza dell’uso del sistema verbale? Abbiamo scelto questo argomento per la nostra tesi finale, perché durante il corso di ‘Apprendimento dell’italiano L2’, che fa parte del master in ‘La lingua e cultura italiana’ presso l’Università di Amsterdam, abbiamo lavorato con i dati del progetto CALC. Questo ha suscitato un gran interesse da parte nostra per il processo dell’apprendimento di una seconda lingua, in particolare dell’italiano L2, dato che noi, di madrelingua olandese, abbiamo anche studiato questa lingua. In più la grammatica, e quindi anche il sistema verbale, è una delle parti più complesse ed interessanti della ricerca CALC, soprattutto quando le due lingue, cioè la madrelingua e la seconda lingua, non hanno la stessa matrice linguistica; l’olandese fa parte della famiglia linguistica di matrice germanica, mentre l’italiano risale alle lingue definite romanze. Questa diversità fra le lingue era già nota nel Medioevo, quando Dante scrisse De vulgari eloquentia (1305), in cui si diversificava il linguaggio comune in tre grandi famiglie linguistiche: il germanico al nord, il latino al sud e il greco nella zona di frontiera fra Europa e Asia. 3 A questo lavoro hanno preso parte tre diversi gruppi di partecipanti. Il primo gruppo consiste di apprendenti dell’italiano L2, composto da 47 studenti olandesi di età varia al primo anno di studi del corso di laurea di lingua e cultura Italiana presso l’Università di Amsterdam. E’ stato anche esaminato un gruppo di parlanti L1, composto da 22 studenti dell’Università di Reggio Emilia, come gruppo di controllo per poter paragonare i risultati ottenuti dagli apprendenti con quelli di un gruppo di parlanti nativi. Questi due gruppi hanno compiuto, ai fini della ricerca CALC, tre tipi di test, il C-test, il test Dialang e due compiti scritti. I primi due test sono stati sottoposti ai partecipanti per poter stabilire il livello di padronanza linguistica di ciascun apprendente. Grazie a questi test potremo mettere a confronto i diversi livelli di complessità ed accuratezza con i diversi livelli di padronanza linguistica degli apprendenti L2. I due compiti scritti serviranno, invece, per l’analisi dei diversi gradi di complessità ed accuratezza del sistema verbale. 2 Kuiken, F., Vedder, I. & Gilabert, R. (in stampa), Communicative adequacy and linguistic complexity in L2 writing in relation to CEFR scales and levels. In I. Bartning, M., Martin & Vedder I. (editors), Second language acquisition and testing in Europe. Eurosla Monograph Series (Series Editor G. Pallotti), Vol. 1 3 René Appel, Taal en Taalwetenschap, Oxford, Blackwell, 2002, pp. 288-289 3 Accanto a questi due gruppi abbiamo analizzato un secondo gruppo di apprendenti dell’italiano L2, indipendentemente dalla ricerca CALC. Il gruppo in questione è formato da 13 studenti olandesi che studiano lingua e cultura italiana presso l’Università di Amsterdam. Questo gruppo è stato aggiunto per poter indagare meglio l’uso dell’aspetto verbale tramite un altro compito scritto, sviluppato da noi, in cui gli apprendenti sono stati obbligati ad utilizzare solo i tempi del passato. Questo ulteriore compito scritto è stato sottoposto ad un secondo gruppo di apprendenti dell’italiano L2, in quanto il gruppo sperimentale risultava essere ormai già al secondo anno di studi mentre per la nostra ricerca ci baseremo solo sugli studenti del primo anno. Questa tesi è suddivisa in sette capitoli. Il primo capitolo riguarda una spiegazione del sistema verbale italiano nella quale analizzeremo le caratteristiche di questo sistema e faremo una comparazione con il sistema verbale olandese. Il secondo capitolo si concentrerà sul processo dell’apprendimento di una seconda lingua ed in particolare del sistema verbale italiano. Il terzo capitolo descriverà in dettaglio il progetto CALC ed il QCER, cioè due componenti fondamentali ai fini della nostra tesi. Nel capitolo quattro tratteremo la metodologia e l’impostazione dello studio, parlando dei vari aspetti dell’indagine, come i partecipanti, i test, la valutazione e la somministrazione dei test e insieme alle domande che hanno guidato la ricerca e le ipotesi. Nel quinto e sesto capitolo verranno presentati i risultati delle analisi e l’ultimo capitolo sarà dedicato alle conclusioni. 4 1. Il sistema verbale italiano Premessa Questo capitolo sarà focalizzato sulla descrizione del sistema verbale italiano. Per poter valutare il grado di sviluppo del sistema verbale e la correttezza delle forme verbali usate bisogna sapere quali sono i particolari del verbo italiano. Tratteremo i vari aspetti del verbo con un’attenzione particolare all’aspetto verbale, cioè il perfettivo e l’imperfettivo. In più faremo una comparazione fra il sistema verbale italiano e quello olandese, così da vedere dove si presentano le somiglianze e le differenze fra i due sistemi verbali. 1.1. Il verbo italiano Il verbo italiano ha una struttura molto complessa ed articolata. Noi ci rivolgeremo soltanto alle parti che hanno importanza per questa indagine, la spiegazione del sistema verbale italiano in questo paragrafo, quindi, non sarà completa. Si possono distinguere otto categorie diverse per il verbo italiano: il genere, la forma, la persona, il numero, il tempo, il modo, la funzione e la coniugazione. 4 Non tratteremo la funzione e la coniugazione del verbo, dato che il nostro studio si è focalizzato soprattutto sul capire fino a che punto gli apprendenti hanno sviluppato certe forme del sistema verbale italiano, invece di analizzare le varie funzioni dei tempi verbali usati. Insomma, delle otto categorie ci concentreremo solo su sei. Per ogni aspetto è stata fatta una comparazione con quella olandese, così da capire dove si trovano le somiglianze e le differenze fra i due sistemi verbali. 1.1.1. Il genere Il genere è una forma di classificazione dei nomi in categorie, in italiano esistono due generi: maschile e femminile. Nel caso dei nomi che si riferiscono a esseri animati, il genere è legato al sesso del referente: il maestro/la maestra, il bambino/la bambina; in altri casi, invece, esso viene assegnato arbitrariamente: il tavolo/la sedia, il sole/la luna. Il genere del nome dà luogo a un importante fenomeno grammaticale, l’accordo: nella frase Le mie care bambine sono tornate tutti gli elementi sottolineati sono accordati con il genere (e il numero, plurale) di bambine. L’acquisizione del genere avviene senza un riconoscimento delle marche di genere sui nomi (laddove presenti) non sono riconosciute come tali ed è talvolta sovrestesa la desinenza nominale -a, forse sentita come tipicamente italiana e non ancora analizzata come femminile (cfr. uoma, filma, parca in persiani; colpa “corpo” in cinesi). In un secondo momento, quando 4 Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, Mondadori, 1997, Milano, pp. 235-237 5 la categoria entra nella grammatica dell’apprendente, si individuano come indicative di genere le terminazioni nominali più tipiche (-o maschile, -a femminile), mentre i nomi in -e causano più problemi, talora anche con suffisi che (per l’italofono) sono associati a un certo genere (es. -tore m., -zione f.). I criteri di assegnazione del genere si imparano nell’ordine (Chini 1995, p. 220): 5 criteri fonologici (-o/-a) > criteri semantici (sesso del referente) > criteri di morfologia derivazionale (suffisi) L’acquisizione del genere pone agli apprendenti due ordini di problemi 6 : da un lato essi devono ricostruire il genere di tutti i nomi (certi indizi formali, come -o per il maschile e -a per il femminile, sono in linea di massima utili, ma esistono eccezioni come il problema; inoltre molte parole non terminano per -a e -o, come maglione o totale); dall’altro essi devono rispettare l’accordo fra il genere del nome e quello di altri elementi della frase, come articoli, aggettivi, verbi. 7 Ciò al contrario dell’olandese, in cui non esiste tale accordo fra il genere e il verbo. Esempi: italiano olandese Anna è andata al cinema. Anna is naar de bioscoop geweest. Alessandro è andato al cinema. Alessandro is naar de bioscoop geweest. Anna e Alessandro sono andati al cinema. Anna en Alessandro zijn naar de bioscoop geweest. Anna e Claudia sono andate al cinema. Anna en Claudia zijn naar de bioscoop geweest. Si nota che in olandese, quindi, non esiste l’accordo del verbo, in quanto il participio passato non cambia in base al soggetto, mentre in italiano sì. 5 Marina Chini, Che cos’è la linguistica acquisizionale, Roma, Carocci, 2005, p. 100 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., pp. 56-57 7 Ibidem 6 6 1.1.2. La forma Il verbo italiano può avere forma attiva, passiva e riflessiva. Si usa la forma attiva quando ‘il soggetto compie l’azione, cioè quando ha un ruolo attivo rispetto all’azione indicata dal verbo ed è quindi l’agente (dal latino agens, ‘colui che fa, che agisce’) della frase’. 8 Il verbo è di forma passiva quando ‘il soggetto subisce da parte di qualcuno o di qualcosa l’azione indicata dal verbo’. 9 Si riconosce questa forma solitamente alla costruzione di una forma del verbo essere o avere seguito dal participio passato del verbo. Si parla della forma riflessiva quando ‘il soggetto compie e nello stesso tempo subisce l’azione o, meglio, compie volontariamente un’azione su se stesso’. 10 La forma è caratterizzata dal verbo che è preceduto da una delle particelle mi, ti, si, ci, vi. Anche l’olandese conosce queste tre forme (attiva, passiva, riflessiva), solo che in olandese le particelle, parlando ovviamente della forma riflessiva, vengono sempre subito dopo il verbo al contrario dell’italiano dove vengono prima del verbo. La forma del verbo rappresenta un aspetto molto interessante, anche se non è stato esplicitamente indagato per la nostra ricerca. 1.1.3. La persona e il numero Il verbo modifica le sue desinenze a seconda della persona e del numero del soggetto, cioè l’essere o la cosa che compie o subisce l’azione a cui si riferisce la situazione espressa dal verbo stesso. Per quanto riguarda il numero, il verbo distingue il numero singolare (io, tu, egli/esso/essa) e quello plurale (noi, voi, essi/esse), che dipende dal soggetto se è singolare (un solo soggetto) o plurale (più soggetti). Parlando di persona, il verbo conosce tre forme: la prima, la seconda e la terza persona. La prima persona indica ‘il soggetto che è l’emittente del messaggio’. 11 Si usa la seconda persona quando ‘il soggetto è il destinatario’. 12 E la terza persona si usa quando ‘il soggetto è ciò/colui di cui si parla’. 13 Nei suoi diversi tempi e modi, quindi, il verbo italiano presenta sei diverse desinenze che corrispondono alle sei persone (tre singolari e tre plurali) che possono avere funzione di soggetto. 14 Riassumendo questi dati in una tabella, (per il verbo pensare, in olandese denken) si otterrebbe quanto segue: 8 Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, cit., p. 242 Ivi, p. 242 10 Ivi, p. 246 11 Ivi, p. 253 12 Ibidem 13 Ibidem 14 Ivi, p. 254 9 7 Tabella 1: la costruzione italiana del verbo con le 6 diverse desinenze che corrispondono alle 6 persone Numero Persona Radice Desinenza Singolare 1ª (io) pens- -o 2ª (tu) pens- -i 3ª (egli) pens- -a 1ª (noi) pens- -iamo 2ª (voi) pens- -ate 3ª (essi) pens- -ano Plurale Tabella 2: la costruzione olandese del verbo con le diverse desinenze che corrispondono alle 6 persone Numero Persona Radice Singolare 1ª (ik) denk- 2ª (jij) denk- -t 3ª (hij) denk- -t 1ª (wij) denk- -en 2ª (jullie) denk- -en 3ª (zij) denk- -en Plurale Desinenza Comparando le due tabelle vediamo che in italiano ogni persona, sia singolare che plurale, conosce una differente desinenza, mentre in olandese tutte le persone del plurale hanno la stessa desinenza e esistono solo due desinenze uguali nel singolare; la prima persona singolare non presenta alcuna desinenza e consiste nella radice stessa. Si può dire, quindi, che l’italiano sotto questo aspetto è più complicato dell’olandese. 1.1.4. Il tempo Per quel che riguarda il tempo possiamo distinguere tre dimensioni fondamentali: presente, passato e futuro. Esse sono espresse in tutti i paradigmi indipendentemente dal modo. Anche il congiuntivo, il condizionale, l’infinito e il gerundio hanno un passato; l’unico modo che non ammette il passato, per evidenti ragioni di ordine logico-semantico, è l’imperativo. 15 Il presente costituisce la categoria centrale e indica coincidenza e simultaneità di un evento rispetto al momento della enunciazione. Fra gli usi deittici del presente è notevole la possibilità che si ha, con alcuni verbi trasformativi, di fare riferimento a un passato recente oppure di esprimere posteriorità rispetto al momento della enunciazione: in tal caso il 15 Emanuele Banfi e Giuliano Bernini, Il verbo, In A. Giacalone Ramat (a cura di), Verso l’italiano. Percorsi e strategie di acquisizione, Roma, Carocci, 2003, p. 75 8 presente può essere usato al posto del futuro (ad. es. Stasera sono da te a cena; tra un anno lascio l’Italia e mi trasferisco in Olanda). 16 Il passato si riferisce a eventi precedenti il momento della enunciazione (anteriorità): in base all’aspetto, si distingue un passato imperfettivo da un passato perfettivo. Il primo è rappresentato dall’imperfetto, il secondo dal passato prossimo e dal passato remoto. 17 Nel paragrafo 1.2. entreremo più nel dettaglio su questa differenza, dato che essa riveste una parte importante della nostra indagine. Il futuro indica la posteriorità, ovvero un fatto che, nel momento in cui si parla o si scrive, deve ancora avvenire o giungere a compimento. 18 Per la nostra indagine è interessante osservare come in italiano la formula fissa per esprimere il dubbio è resa mediante la 3ª persona singolare del futuro del verbo essere (sarà). 19 Il fatto che l’apprendente usi questa specifica forma, non vuol dire per forza che sappia usare il futuro, dato che essa è una forma che viene usata frequentemente nella lingua italiana, quindi la possibilità che l’apprendente l’abbia sentita è maggiore rispetto alle altre forme verbali. Può darsi che l’apprendente la usi senza sapere precisamente come sia effettivamente costituita la struttura del futuro. L’olandese conosce una divisione simile dei tempi fondamentali. In totale esistono 8 tempi diversi, tutti da classificare in presente (2 tempi), passato (2 tempi) e futuro (4 tempi). 20 1.1.5. Il modo verbale In italiano esistono sette modi verbali: quattro modi finiti (l’indicativo, il congiuntivo, il condizionale e l’imperativo), e tre modi indefiniti (l’infinito, il participio, il gerundio). I modi finiti si chiamano così, perché ‘sono definiti in rapporto alla persona-soggetto, cioè presentano desinenze differenziate che permettono di individuare (di “definire”) le varie persone che possono avere funzione di soggetto’. 21 Quelli indefiniti sono detti così, perché ‘sono non definiti rispetto alla persona-soggetto, cioè hanno desinenze che si modificano in base al tempo dell’azione, ma mai in base alla persona e, solo in taluni casi, in base al genere e al numero’. 22 In questa indagine analizzeremo sia i modi finiti che i modi indefiniti come indicato nella tabella 3. 16 Emanuele Banfi e Giuliano Bernini, Il verbo, cit., p. 75 Ivi, p. 76 18 Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, cit., p. 265 19 Emanuele Banfi e Giuliano Bernini, Il verbo, cit., p. 77 20 http://nl.wikipedia.org/wiki/Tempus 21 Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, cit., p. 256 22 Ivi, p. 257 17 9 Tabella 3: Quadro generale dei modi e dei tempi del verbo 23 TEMPI INDEFINITI FINITI MODI PRESENTE PASSATO FUTURO Indicativo presente futuro semplice imperfetto futuro anteriore passato prossimo passato remoto trapassato prossimo trapassato remoto Congiuntivo presente imperfetto passato trapassato Condizionale presente passato Imperativo presente Infinito presente passato Participio presente passato Gerundio presente passato L’olandese, al contrario dell’italiano, conosce dieci modi, di cui quattro sono fondamentali, cioè l’indicativo, l’infinito, l’imperativo e il congiuntivo. 24 Il congiuntivo in olandese, però, non viene quasi mai usato, al contrario dell’italiano in cui il congiuntivo è molto importante e viene usato spesso, e soltanto nella frase principale e nelle espressioni fisse (ad. es. ‘Het zij zo’, ‘lang leve de koningin!’, ‘uw wil geschiede’). In olandese per indicare il congiuntivo si usa la terza persona singolare, che spesso è uguale all’infinito meno la -n (ad. es. ware het dat). Soltanto con il verbo essere è possibile usare il passato (ad. es. was het maar zo), oppure con il verbo ausiliare zullen (ad. es. ik zou het niet doen). 25 Le conseguenze di questo tempo verbale sull’apprendimento saranno trattate nel prossimo capitolo, paragrafo 2.4.2., in cui tratteremo più nel dettaglio la modalità. 1.2. L’aspetto verbale ‘L'aspetto verbale è la proprietà che definisce la durata nel tempo di un'azione. Si distingue perciò essenzialmente l'aspetto perfettivo e quello imperfettivo’. 26 L’aspetto è, quindi, la categoria del verbo che segnala come viene presentato lo svolgersi di un evento. 23 Marcello Sensini, La grammatica della lingua italiana, cit., p. 257 http://nl.wikipedia.org/wiki/Modus_(taalkunde) 25 http://nl.wikipedia.org/wiki/Aanvoegende_wijs 26 http://it.wikipedia.org/wiki/Aspetto_verbale 24 10 L'aspetto perfettivo descrive azioni o situazioni che sono delimitate nel tempo, cioè vengono presentate interamente, dall’inizio alla fine. L'aspetto imperfettivo, invece, descrive azioni o situazioni che non specificano la durata, o durano a lungo o si ripetono nel tempo. In altre parole, vengono presentate quando si stanno ancora sviluppando. 27 L'aspetto, nel campo della linguistica, è una delle principali categorie semantiche che compongono il sistema di coniugazione verbale (assieme a modo, tempo e azione). Accanto a queste tre categorie, vi sono anche la diatesi (attiva versus passiva), la persona, il numero ed il genere. 28 Già in latino ci si limitava a contrapporre l' imperfectum (non compiuto) al perfectum (azione compiuta). Di conseguenza le lingue neolatine come l'italiano o il francese hanno sviluppato tempi verbali imperfettivi (come l' imperfetto) e perfettivi (come il passato prossimo o passato remoto). In italiano gli unici tempi verbali che suggeriscono un'idea di aspettualità sono il passato prossimo e l'imperfetto (perfettivo e imperfettivo). Il futuro è l'unico tempo che non esprime l'aspetto verbale, ma soltanto la nozione temporale di posteriorità. Anche il greco antico distingue l’imperfectum e il perfectum, tramite l’uso dell’aorista. Le lingue germaniche, come l’olandese, non conoscono le forme diverse per esprimere questa differenza, per questo sarà probabilmente difficile per gli apprendenti L2 impararla. Per indagare se gli apprendenti L2 hanno appreso l’uso di questi due tempi verbali, abbiamo sviluppato uno specifico compito scritto che richiede sia l’uso dell’imperfetto che del passato prossimo. Questo perché appare una delle principali difficoltà nell’apprendimento del sistema verbale italiano per gli apprendenti L2. I risultati di questo test verranno esposti nel quinto capitolo. 1.3. Conclusione Riassumendo è possibile affermare che il sistema verbale italiano differisce da quello olandese su vari punti, soprattutto per quanto riguarda il genere, in olandese non esiste l’accordo con il verbo mentre in italiano sì; la persona e il numero, il sistema verbale italiano è più complicato perché conosce più desinenze diverse; e il modo, in olandese il congiuntivo viene poco usato e soltanto nella frase principale o le espressioni fisse, mentre in italiano il congiuntivo occupa un posto importante nella grammatica quotidiana. Potremmo aspettarci gli errori più frequenti su questi punti di differenza fra ambedue i sistemi, ma le differenze fra la lingua materna e la seconda lingua non sono necessariamente fonte di difficoltà nel processo di apprendimento. La madrelingua potrebbe 27 28 René Appel, Taal en Taalwetenschap, cit., p. 175 http://it.wikipedia.org/wiki/Aspetto_verbale 11 avere anche il ruolo positivo nell’acquisizione della L2, in questo caso si parla di “transfer positivi”. 29 Da certi studi è emerso che tutti gli apprendenti fanno ricorso alla loro prima lingua quando ne apprendono una nuova e di questo sono ben consapevoli (Bartelt 1977). Secondo Selinker, una simile strategia ha un’importanza maggiore di quanto solitamente si ammetta: “i dati disponibili avvalorano l’idea che la lingua materna abbia principalmente un ruolo facilitativo nel creare l’interlingua, qualora l’apprendente percepisca, mediante delle identificazioni interlinguistiche, una corrispondenza tra qualche proprietà della lingua materna e della lingua d’arrivo” (1992, p.172). Però, si dice spesso che lingue più ‘simili’ alla propria sono più facili da apprendere: per un italiano sarà più facile imparare lo spagnolo o il francese che non il norvegese, il russo o il giapponese. Infatti, relativamente agli apprendenti dell’italiano L2, è stato osservato che i parlanti di lingue tipologicamente affini, come lo spagnolo o il francese, procedono più speditamente di altri che parlano lingue europee non del ceppo romanzo (come il tedesco) (Berretta 1991; Schmid 1994; Valentini 1992). 30 Dato che la nostra tesi si basa su un gruppo di studenti olandesi, una lingua non del ceppo romanzo, possiamo aspettarci più difficoltà nell’apprendimento del sistema verbale italiano e probabilmente nei punti dove il sistema verbale italiano e quello olandese differiscono. Questa considerazione sarà valutata successivamente nel capitolo 5, in cui verranno esposti i risultati degli apprendenti L2. 29 30 Con ‘transfer’ si intende l’influenza della lingua materna. Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., pp. 64-65 12 2. Il processo dell’apprendimento di una seconda lingua Premessa In questo capitolo ci concentreremo sul percorso di apprendimento dell’italiano L2, perché l’apprendimento di una seconda lingua viene influenzato da tanti fattori diversi. Cominceremo il capitolo (paragrafo 2.1.) definendo due differenti termini, acquisizione e apprendimento. Il successivo paragrafo (2.2.) sarà dedicato ai fattori generali che influenzano l’apprendimento, come per esempio l’età e la motivazione degli apprendenti, fattori che possono chiarire il motivo per cui certi parlanti apprendono la seconda lingua meglio e più velocemente di altri. La seconda parte del capitolo (paragrafi 2.3.-2.4.) sarà più specifica sugli aspetti che determinano il processo dell’apprendimento. Ci focalizzeremo, quindi, sullo studio degli errori, sull’interlingua e sulle due principali aree della grammaticalizzazione, cioè la temporalità e la modalità. 2.1. Differenza fra acquisizione e apprendimento Esistono due modi essenzialmente diversi per imparare una seconda lingua: l’acquisizione (acquisition) e l’apprendimento (learning). La differenza fra i due modi è data principalmente dal modo o dall’ambiente in cui questa viene imparata. L’apprendimento è un processo conscio, esplicitamente rivolto alla forma linguistica. Si apprende una lingua, ad esempio, quando si usa un libro di grammatica imparando una lingua o quando si segue un corso linguistico. Si fa, quindi, consciamente la scelta di imparare una lingua. Si parla di acquisizione, invece, quando si impara la lingua in modo spontaneo, inconscio, senza prestarvi attenzione. Un esempio chiaro di acquisizione di una lingua si vede nei bambini, che non imparano una lingua tramite le regole e i libri, ma in modo spontaneo. 31 (Krashen 1994) Il rapporto fra acquisizione e apprendimento è per Krashen 32 univoco, nel senso che si può passare dall’acquisizione all’apprendimento, ma non è possibile il passaggio contrario. 33 Per la nostra indagine parliamo, quindi, di apprendimento, dato che i partecipanti della ricerca imparano l’italiano in un contesto guidato, quindi in modo conscio, ed in un contesto scolastico, cioè all’Università. Come abbiamo detto prima Krashen distingue fra apprendere (processo conscio/esplicito) e acquisire (processo inconscio/implicito) una lingua. In base a questa differenza ha elaborato 31 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 191 Krashen ha fatto un’ipotesi su come l’uomo impara una lingua, che si chiama SLAT (Second Language Acquisition Theory). 33 Maria Cecilia Luise, Italiano come seconda lingua: elementi di didattica, Torino, Utet, 2006, p. 85 32 13 la non-interface ipotesi. L’obiettivo dell’apprendente L2 alla fine è farsi capire senza dover pensare in che modo vuole esprimersi. In altre parole, si tratta di acquisire tanta conoscenza implicita di una lingua. 34 Per Krashen, l’unico vero modo in cui si può far progredire l’acquisizione di questa conoscenza consiste nell’esposizione all’input 35 comprensibile. Ricevere una grande quantità di messaggi comprensibili, anche ad un livello un po’ più avanzato di quello che l’apprendente raggiunge nelle sue espressioni, consente l’acquisizione (inconsapevole) di nuove strutture della L2. 36 In poche parole, l’acquisizione avviene durante la comunicazione, quando lo studente viene esposto ad un input comprensibile e l’attenzione si concentra sul messaggio, mentre l’apprendimento ha luogo quando l’attenzione è focalizzata sulle forme linguistiche, cioè durante le spiegazioni e gli esercizi che hanno come oggetto la grammatica (Krashen 1981). 37 Per questo, secondo Krashen, l’attenzione per la grammatica non è importante per l’apprendimento di una seconda lingua. Imparare non porta ad apprendere. 38 Per la demarcazione fra apprendere e acquisire la non-interface ipotesi predice che l’insegnamento della grammatica non ha influenza sull’ordine in cui le strutture di una seconda lingua vengono apprese, né sulla velocità del processo dell’apprendimento di una seconda lingua, né sul livello finale che viene raggiunto. 39 L’insegnamento esplicito delle regole grammaticali, che genera apprendimento, ha per Krashen quindi un ruolo marginale in quanto la conoscenza consapevole di una regola non ha alcun rapporto con la capacità di usarla nella comunicazione spontanea, determinata solo dall’acquisizione. La funzione principale che Krashen riconosce a tale conoscenza è quella di monitor, cioè di controllo della produzione. 40 Dall’altra parte ci sono tanti autori che sostengono che processi controllati, basati sulla conoscenza consapevole delle forme linguistiche, possono diventare automatici con la pratica. Sherewood-Smith ha elaborato un modello che spiega come la conoscenza appresa possa trasformarsi in conoscenza acquisita con la pratica (Giunchi 1990). 41 34 Folkert Kuiken e Ineke Vedder, Grammatica opnieuw bekeken: over de rol en aanpak van grammatica in tweede- en vreemde-taalonderwijs, Amsterdam, Meulenhoff, 1995, p. 41 35 Cfr. Pallotti, op cit., p. 151, L’input è il materiale linguistico di cui è circondato l’apprendente: tutto ciò che viene detto rivolgendosi a lui, tutto ciò che viene pronunciato in sua presenza, tutto ciò che incontra scritto nella L2. 36 Gabrielle Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 193 37 Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, p. 102 38 Folkert Kuiken e Ineke Vedder, Grammatica opnieuw bekeken: over de rol en aanpak van grammatica in tweede- en vreemde-taalonderwijs, cit., p. 41 39 Ibidem 40 Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., p. 102 41 Ibidem 14 Questo viene chiamato l’interface ipotesi (Rutherford & Sharwood-Smith 1988). Nonostante la demarcazione fra apprendere e acquisire la conoscenza esplicita possa influenzare l’apprendimento della conoscenza implicita in modo indiretto. Vuol dire che quando l’apprendente si concentra su un certo aspetto della lingua, si rende conto della correttezza o meno della sua produzione linguistica. L’interface ipotesi predice, al contrario della noninterface ipotesi, che l’insegnamento della grammatica è importante per il processo dell’apprendimento di una seconda lingua. 42 Queste due ipotesi risultano legate al nostro studio, in quanto meglio specificano il concetto dell’apprendimento di una seconda lingua. Al nostro avviso queste due ipotesi non dovrebbero escludersi l’una con l’altra, ma dovrebbero essere viste come successive. All’inizio dell’apprendimento di una seconda lingua è molto importante imparare le basi grammaticali della lingua (l’interface ipotesi). Una volta acquisite in pieno le basi della grammatica allora si potrà dedicare all’apprendimento più inconscio per meglio capire, interpretare ed imparare anche le più piccole sfaccettature della lingua, come per esempio quei modi di dire quelle frasi tipiche che non sono riportate sui libri ma che possono essere apprese solo stando a stretto contatto con i parlanti nativi (non-interface ipotesi). 2.2. Fattori generali che influenzano l’apprendimento L’apprendimento può avvenire in età e situazioni diverse e con motivazioni differenti. Si può apprendere una lingua, ad esempio, subito dopo la nascita, da adolescenti oppure da adulti, in ambito scolastico o accademico, durante una lunga permanenza all’estero, attraverso corsi di lingua, per ragioni di lavoro, per piacere o per necessità. Nei paragrafi 2.2.1.-2.2.3. tratteremo i fattori generali più importanti che influenzano l’apprendimento in maniera più dettagliata, anche se non li abbiamo esplicitamente presi in considerazione per quanto riguarda la nostra ricerca, per capire perché certi parlanti apprendono la seconda lingua meglio e più velocemente di altri. 2.2.1. Età Tutti i partecipanti della presente ricerca sono adulti, l’età minima è 18 anni. Questo potrebbe significare che l’età potrebbe costituire un ostacolo in base agli studi linguistici che affermano che c’è una maggiore facilità ad apprendere le lingue fino agli 8 anni (Johnson e Newport 1989). Fino agli 8 anni si ha una maggiore probabilità di avvicinarsi alla competenza dei nativi, perché dopo tale periodo inizia il periodo ‘critico’, in cui il processo di apprendimento risulta sempre più faticoso. 43 Questo aspetto sulle criticità dell’apprendimento in relazione ai 42 Folkert Kuiken, Ineke Vedder, Grammatica opnieuw bekeken: over de rol en aanpak van grammatica in tweede- en vreemde-taalonderwijs, cit., p. 42 43 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 200 15 tempi in cui avviene sono state analizzate anche da Seliger (1978), che ha suggerito l’esistenza di diversi periodi critici: la fonologia pare essere l’area più sensibile all’età, per cui già a partire dai sei anni si assiste in molti individui a un decadimento delle potenzialità di apprendimento ‘senza accento’, che diventa una quasi impossibilità dopo i 12 anni; la morfologia e la sintassi paiono essere acquisibili in modo paragonabile ai nativi fino a un periodo leggermente superiore; il lessico, invece, può venire appreso facilmente a qualunque età. Secondo Seliger, quindi, non è possibile fare un discorso globale che colleghi l’età a tutti gli aspetti ed a tutte le abilità dell’apprendimento linguistico, ma bisogna fare una distinzione fra le diverse aree della lingua. Studi successivi hanno dimostrato che non si può individuare un unico periodo critico per l’apprendimento di una seconda lingua, ma sono riscontrabili più periodi sensibili, in relazione a diverse aree della lingua (Pulvermüller-Schumann 1994; Singleton-Lengyel 1995). La fonologia rappresenta il livello maggiormente sensibile, per cui l’età puberale costituirebbe una soglia temporale dopo la quale risulta difficile acquisire la pronuncia nativa di una seconda lingua. In alcuni individui, già verso i 6 anni si verifica una riduzione della capacità di apprendimento della fonologia, che si incrementa poi nel tempo. Per la morfologia e la sintassi il periodo sensibile si presenta più tardi, ma sempre nell’adolescenza. Il lessico e la pragmatica costituiscono invece aree che non conoscono periodi sensibili connessi all’età, in quanto l’apprendimento di unità lessicali e di aspetti pragmatici del linguaggio può continuare per tutto l’arco della vita. 44 In termini generali i più giovani sembrano favoriti nell’acquisizione della pronuncia e dell’intonazione, nonostante siano gli adolescenti ad ottenere risultati migliori nella scelta lessicale e nella costruzione frasale (Snow e Hoefnagel-Höhle 1978). 45 Per quel che riguarda la nostra ricerca gli apprendenti non sono più adolescenti, quindi imparano una seconda lingua senza i vantaggi portati dalla giovane età. Non è impossibile però; ci vuole solo più fatica, autodisciplina e soprattutto motivazione. 2.2.2. Motivazione Con motivazione intendiamo l’impegno e lo sforzo con cui l’individuo affronta l’apprendimento di una seconda lingua. Questo appare molto importante per l’avanzamento dell’apprendimento. Ogni apprendente ha i suoi motivi che lo spingono ad imparare una seconda lingua. Questi motivi possono essere raggruppati in tre categorie principali 46 : motivi strumentali (“motivazione basata sui bisogni”, Balboni 1994); motivi integrativi, per meglio 44 Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, pp. 109110 45 Maria Teresa Sanniti di Baja, L1 e L2; ipotesi e apprendimento, Napoli, Liguori, 2000, p. 110 46 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 212 16 integrarsi nella comunità dei suoi parlanti; motivi intrinseci (“motivazione basata sul piacere”, Balboni 1994). Un apprendente che abbia motivi molto validi (ad. es. motivi professionali) per imparare la seconda lingua sarà probabilmente più motivato di uno che ne abbia pochi e deboli. 47 E quando una persona è motivata impara di solito più velocemente. Gli apprendenti del nostro studio sono in generale motivati, anche se non abbiamo indagato questo aspetto nel dettaglio, e quindi non è considerato ai fini di questa tesi. 2.2.3. Personalità Anche la personalità dell’individuo può influenzare l’apprendimento di una lingua. Sono stati svolti vari studi che hanno dimostrato questa influenza. Un apprendente che ha, ad esempio, tanta autostima, avrà anche buoni risultati nell’apprendimento della seconda lingua. Questo vale anche per le persone estroverse che, rispetto alle persone introverse, non avranno paura di cercare contatti con parlanti nativi, parteciperanno più facilmente alle conversazioni, non avranno paura di sbagliare, quindi rischieranno nel formulare ipotesi linguistiche, ecc. 48 Per questo le persone estroverse hanno più successo nelle attività orali dove è richiesta una maggiore sicurezza di sé. Gli introversi, invece, sono quelli che solitamente ottengono migliori risultati nei compiti scritti che richiedono analisi e concentrazione. 49 Se rapportiamo questi tre fattori, età, personalità e motivazione, agli apprendenti olandesi che hanno partecipato alla presente ricerca possiamo dire che essi hanno appreso l’italiano L2 fuori dall’Italia, in un ambito scolastico, attraverso corsi a livello universitario, e in generale sono studenti motivati anche se non l’abbiamo indagato esplicitamente di età compresa tra 18 e 45 anni. Riassumendo, l’apprendimento di una seconda lingua è un processo individuale che dipende da tanti fattori che sono diversi per ogni apprendente. La nostra analisi si focalizza sui risultati dell’intero gruppo, senza prendere in considerazione i fattori generali che influenzano l’apprendimento. In un’eventuale indagine successiva sarebbe interessante prendere un gruppo più piccolo ed analizzare i risultati dei test per ogni singolo apprendente rispetto all’influsso di fattori che ruotano intorno all’apprendente, come l’età, la personalità, i motivi per imparare la lingua, ecc. Adesso inizieremo la seconda parte del capitolo, che sarà più specifica sugli aspetti che determinano il processo di apprendimento. 47 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 215 Ivi, p. 223 49 Ivi, pp. 223-224 48 17 2.3. L’interlingua e l’errore linguistico Il termine “interlingua” 50 è stato introdotto da Larry Selinker (1972) per designare la competenza parziale e transitoria di chi apprende una L2. 51 Secondo Selinker “non si può evitare di riconoscere l’esistenza di un’interlingua, la quale deve essere descritta come un sistema e non come una collezione isolata di errori”. 52 Non si può dire, quindi, che l’interlingua sia semplicemente una lingua che sta a metà tra la prima e la seconda lingua, anzi, è un sistema linguistico in formazione con il quale un apprendente cerca di avvicinarsi il più possibile alla seconda lingua. 53 Questo sistema ha i suoi vari stadi, le sue regole che portano l’interlingua a divenire sempre più complessa e, si spera il più simile possibile alla lingua parlata e scritta dai nativi. In altre parole, il processo di apprendimento è una graduale complessificazione dell’interlingua. L’instabilità dell’interlingua è ritenuta una caratteristica essenziale, senza la quale non ci sarebbe sviluppo della competenza (Ellis 1994). 54 L’interlingua, però, è parzialmente indipendente dalla lingua materna. Ogni apprendente usa il proprio sistema cognitivo per acquisire e processare nuovi dati, cioè nuove informazioni nella forma di nuove parole, regole, ecc., per allargare ovvero complicare la sua interlingua. L’apprendente produce frasi che possono contenere degli errori, delle forme devianti; esse però vengono interpretate, dal punto di vista dell’interlingua, come dei tentativi sistematici da parte di un apprendente di ricostruzione del sistema della seconda lingua. Di solito si cerca di evitare gli errori, nella L1 essi non sono perfino tollerati. Nell’interlingua, però, gli errori hanno un ruolo importante, perché l’apprendente li correggerà soltanto quando è pronto ad apprendere le correzioni, quindi quando si trova nello stadio adeguato. ‘Il concetto di errore si distacca quindi da quello di correzione e si allea con quello di apprendimento.’ 55 L’analisi degli errori si rivela cruciale nell’ipotesi dell’interlingua, perché gli errori danno informazioni relative agli stadi di sviluppo della grammatica e alle strategie adottate da chi apprende. 56 In altre parole, grazie agli errori, che rivelano una natura sistematica, è possibile studiare il processo di apprendimento e capire come facilitare lo sviluppo dell’interlingua. La maggior parte degli errori è attribuibile a forme di semplificazione da parte di chi apprende, che cerca di gestire un processo di cui non ha ancora acquisito padronanza. 57 Gli errori sono necessari, quindi, perché segnalano l’evolversi del processo di apprendimento in corso. Però, questo processo viene spesso definito soltanto in termini di accuratezza, 50 Cfr. Pallotti, op. cit., Il termine “interlingua” si riferisce alla varietà di lingua parlata da un apprendente: si tratta di un vero e proprio sistema linguistico, caratterizzato da regole che in parte coincidono con quelle della L2, in parte sono riconducibili alla L1 e in parte sono indipendenti da entrambe. 51 Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuele di didattica dell’italiano L2, cit., p. 96 52 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 21 53 Lucia Maddii, Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, Atene, Edilingua, 2004, p. 60 54 Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., p. 99 55 Maria Teresa Sanniti di Baja, L1 e L2; ipotesi e apprendimento, cit., p. 98 56 Ivi, p. 97 57 Ivi, p. 98 18 ovvero verso gli errori come ad esempio tanti studi sull’acquisizione di una seconda lingua (SLA) che misurano il processo dell’apprendimento verso il numero degli errori / t-unit oppure il numero degli errori / 100 parole (Wolfe-Quintero, Inagaki e Kim 1998). E anche il QCER formula l’accuratezza grammaticale tramite il numero degli errori. Si legge ad esempio: “continua sistematicamente a fare errori di base (A2); Nonostante gli errori, ciò che cerca di esprimere è chiaro (B1); Non fa errori che possano provocare fraintendimenti (B2); gli errori sono rari e poco evidenti (C1)”. Questo non è un approccio sbagliato, però l’accuratezza non è l’indicatore dell’intero processo di apprendimento. In altre parole, la crescita al livello di accuratezza e lo sviluppo dell’apprendimento non sono la stessa cosa. 58 Per questo noi ci concentriamo in questa tesi su ambedue questi aspetti dell’apprendimento del sistema verbale, invece di basarci soltanto sugli errori, visto che per poter creare un’immagine completa di questo apprendimento bisogna anche vedere lo sviluppo del sistema verbale, ovvero la complessità. 2.4. Grammaticalizzazione In Italia sono state svolte molte ricerche sulle sequenze acquisizionali degli apprendenti dell’italiano L2, che hanno portato ad individuare dei percorsi di acquisizione comuni. 59 Nell’ottica della grammaticalizzazione acquisizionale, il compito dell’apprendente è quello di scoprire quali forme grammaticali possano servire ad esprimere certe distinzioni semantiche e cognitive della L2 (Dittmar 1993; Giacalone Ramat 1992, 1993, 1995; Rutherford 1987; Skiba e Dittmar 1992). 60 La maggior parte degli studi sulla grammaticalizzazione riguarda l’acquisizione della modalità e temporalità nella L2 (Banfi, 1995; Bernini, 1995; Berretta 1995; Dittmar e Ahrenholz 1995). 61 Per questo motivo tratteremo in questo paragrafo in maniera più dettagliata la temporalità (2.4.1.) e la modalità (2.4.2.). 2.4.1. Temporalità L’espressione di nozioni temporali ha un’importanza fondamentale per gli apprendenti ed è stata oggetto di vari progetti di ricerca, soprattutto in ambito europeo (per rassegne cfr. Bernini & Giacalone Ramat 1990; Bhardwaj, Dietrich & Noyau 1988; Klein 1994). Per quanto riguarda l’italiano, è stata osservata una sequenza di apprendimento come la seguente: 62 58 Gabriele Pallotti (in stampa), Doing interlanguage analyses in teaching and testing contexts. In I. Bartning, M., Martin & Vedder I. (editors), Second language acquisition and testing in Europe. Eurosla Monograph Series (Series Editor G. Pallotti), Vol. 1 59 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 49 60 Atie Blok-Boas, Costantino Maeder, Mauro Scorretti, Frase e testo, studi in onore di Vincenzo Lo Cascio, Firenze, Cesati, 2001, p. 93 61 Ibidem 62 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 50 19 (infinito) presente (forma basica) > participio passato > imperfetto > futuro > condizionale/congiuntivo Questa acquisizione della morfologia verbale è articolata in quattro stadi da Giacalone Ramat (1993; 2003), i quali sono stati riformulati da Pallotti (2004) così: Primo stadio. In questa fase il verbo viene prodotto in un’unica forma, ovvero la cosiddetta forma basica, che corrisponde di solito alla radice verbale. Dal punto di vista morfologico tale forma riflette spesso la terza persona singolare del presente indicativo, in alcuni casi la seconda, o talvolta anche l’infinito della lingua d’arrivo. Si potrebbe ipotizzare dunque che in questo primo stadio anche l’infinito possa rappresentare una forma basica; in realtà il suo uso nel sistema iniziale dell’interlingua sembra limitarsi per lo più all’espressione di nozioni non fattuali (ovvero in riferimento a eventi non realmente accaduti) in contesti ipotetici e futuri, oppure compare più frequentemente in parlanti di lingue tipologicamente molto distanti dall’italiano. Secondo stadio. Questo stadio è caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione morfologica tra la forma base, che esprime azioni presenti o durative, e una forma perfettiva, che descrive azioni passate e concluse, delimitate nel tempo; quest’ultima viene espressa con il suffiso -to del participio passato (ad esempio, lavora vs, lavorato). Terzo stadio. In questa fase, che è già piuttosto avanzata, vi è la comparsa delle prime forme di imperfetto e la distinzione morfologica nei verbi tra eventi a carattere puntuale ed eventi a carattere durativo. Inizialmente l’imperfetto viene applicato a verbi che di per sé esprimono un significato durativo o stativo (come ‘lavorare’, ‘studiare’, ‘essere’). La prima forma di imperfetto a comparire nelle interlingue è di solito ero/era con funzione di copula, e compaiono presto anche avere e potere. Quarto stadio. Questo stadio, che copre uno spazio piuttosto vasto di varietà di interlingue avanzate, è caratterizzato ‘dall’emergenza della distinzione tra fattualità e non fattualità, come un fatto, e ciò che è presentato come possibile, ma di cui non si hanno prove certe, oppure come ipotizzato o desiderato.’ (Giacalone Ramat 1993, p. 377). Ciò avviene con la comparsa del futuro, del condizionale e del congiuntivo, in particolare in apprendenti avanzati, solitamente soggetti colti, favoriti da un’istruzione esplicita delle regole della lingua d’arrivo, o in parlanti di una lingua materna simile all’italiano. Il futuro appare con un certo ritardo nelle interlingue e con scarsa frequenza, riflettendo probabilmente il fatto che nella stessa lingua d’arrivo viene spesso sostituito dall’uso del presente; quando compare, è spesso accompagnato da esitazioni e richieste di conferma. 20 Il condizionale talvolta compare piuttosto precocemente negli apprendenti, anche prima del futuro, ma solitamente nelle sole forme vorrei e sarebbe, che rappresentano probabilmente formule, forme lessicali memorizzate. Infine, il congiuntivo, è l’ultima forma verbale ad essere appresa anche dagli apprendenti più avanzati, presentando non poche incertezze ed esitazioni. Il congiuntivo risulta complesso, perché esprime valori di modalità ipotetica, e, allo stesso tempo, una dipendenza sintattica nella frase, comportando notoriamente difficoltà agli stessi nativi. 63 2.4.2. Modalità Le osservazioni su condizionali e congiuntivi ci portano nell’ambito della modalità. Essi infatti non sono dei tempi del verbo, ma dei modi: esprimono cioè il modo in cui il parlante si rapporta a ciò che dice, secondo una modalità di dubbio, di ipotesi, di desiderio. L’insieme delle nozioni modali è molto ampio e non si esaurisce con quelle espresse dai modi del verbo: oltre a quelle appena viste, riguardanti il modo in cui il parlante si pone verso certe proposizioni (e che vengono perciò dette epistemiche, aventi a che fare con la conoscenza), esistono modalità che riguardano la libertà e gli obblighi (dette deontiche, del ‘dovere’) e modalità che riguardano la volontà (dette dinamiche). I mezzi per esprimere la modalità sono molti e nell’acquisizione della seconda lingua essi vengono appresi attraversando delle sequenze regolari, nelle quali si possono riconoscere tre stadi: la modalità implicita, la modalità lessicale e la modalità grammaticale. 64 I mezzi grammaticali per codificare la modalità appaiono piuttosto tardi: le forme specifiche per questa funzione, quindi il condizionale ed il congiuntivo, sono acquisite in modo produttivo solo dagli apprendenti avanzati. Alcuni condizionali emergono relativamente presto, ma si tratta perlopiù di forme apprese in modo non analizzato come vorrei e sarebbe. Il congiuntivo, che viene padroneggiato pienamente per ultimo, è particolarmente difficile per almeno due ordini di ragioni: da un lato, implica un paradigma verbale complesso; dall’altro, riveste due funzioni difficili da distinguere nell’input, quella di esprimere una dipendenza sintattica e quella di indicare la modalità ipotetica. 65 Dato che gli apprendenti L2 di questa ricerca si trovano in uno stato non avanzato dell’apprendimento della lingua ci aspetteremo, quindi, che essi non abbiano ancora appreso in pieno il condizionale ed il congiuntivo. Questa considerazione sarà valutata successivamente nel capitolo 5, in cui verranno esposti i risultati degli apprendenti L2. 63 Lucia Maddii, Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, cfr. Pallotti, op. cit., p. 62-64 Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., pp. 52-53 65 Cfr. Gabriele Pallotti, La seconda lingua, cit., p. 54 64 21 In conclusione possiamo dire che, per la nostra ricerca, useremo i quattro stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2, per definire l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza da parte degli apprendenti L2. Il nostro obiettivo sarà determinare in quale stadio gli apprendenti L2 si trovano così da poter fare il paragone con il loro livello di padronanza e con il livello dei parlanti nativi. 22 3. La ricerca CALC e il Quadro di Riferimento Premessa In questo capitolo tratteremo in maniera più dettagliata i due componenti fondamentali ai fini della nostra tesi, cioè la ricerca CALC e il Quadro di Riferimento. La prima parte del capitolo (paragrafo 3.1.) sarà dedicata alla ricerca CALC di cui fa parte questa tesi. Nel secondo paragrafo (3.2.) passeremo al Quadro di Riferimento (QCER), che rappresenta una linea guida impiegata per descrivere i risultati conseguiti da chi studia le lingue straniere in Europa, e in più tratteremo i livelli e le competenze formulate dal Quadro. 3.1. CALC Come abbiamo detto prima questa tesi fa parte di una ricerca più ampia chiamata CALC (Communicative Adequacy and Linguistic Complexity), la quale non è basata soltanto sull’apprendimento dell’italiano L2, ma anche di altre due lingue, cioè lo spagnolo L2 e l’olandese L2. Questa ricerca di Folkert Kuiken e Ineke Vedder 66 ha come obiettivo l’esame della relazione fra la competenza comunicativa e la competenza linguistica nei testi scritti da tre gruppi di apprendenti L2, cioè dell’olandese, dell’italiano e dello spagnolo 67 . In particolare viene studiata la relazione fra l’adeguatezza comunicativa e la complessità sintattica, la variazione lessicale e l’accuratezza del testo. 68 I partecipanti della ricerca CALC sono rappresentati da 34 apprendenti dell’olandese L2 di madrelingue diverse, 42 apprendenti dell’italiano L2 di madrelingua olandese, e 27 apprendenti dello spagnolo L2 di madrelingua olandese. Tutti i partecipanti erano studenti universitari con un livello di padronanza della seconda lingua fra A2 a B2 in termini del QCER. Nel prossimo paragrafo (3.2.) torneremo in maniera più dettagliata al QCER. Oltre agli apprendenti L2, c’erano 22 parlanti nativi dell’italiano, 18 parlanti nativi dell’olandese, e 10 parlanti nativi dello spagnolo, che avevano il ruolo del gruppo di controllo. Tutti i partecipanti, quindi sia gli apprendenti L2 che i parlanti L1, hanno eseguito due compiti scritti. Ogni compito scritto conteneva tre possibili temi tra cui scegliere, per arrivare a formulare un consiglio argomentato sul tema trattato. Il primo compito aveva come oggetto la 66 Folkert Kuiken e Ineke Vedder sono due professori all’Università di Amsterdam. Alcune pubblicazioni: Vedder, I. (2008), Competenza pragmatica e complessità sintattica in italiano L2: l’uso dei modificatori nelle richieste. Linguistica e filologia 25, 99-124; Vedder, I. & Kuiken, F. (2008) Cognitive task complexity and written output in Italian and French as a foreign language. Journal Second Language Writing 17/1, 48-60; Vedder, I. & Kuiken, F. (2006) Scrivere in italiano L2; Gli effetti della complessità cognitiva del compito sulla complessità sintattica e lessicale del testo. In: B. Van den Bossche, M. Bastiaensen, C. Salvadori Lonergan & S. Widlak (eds) Italia e europa; Dalla cultura nazionale all'interculturalismo. Firenze, Cesati, 267-276. 67 La ricerca viene eseguita in collaborazione con Roger Gilabert (Università di Barcellona). 68 Kuiken, F., Vedder, I. & Gilabert, R. (in stampa), Communicative adequacy and linguistic complexity in L2 writing in relation to CEFR scales and levels. In I. Bartning, M., Martin & Vedder I. (editors), Second language acquisition and testing in Europe. Eurosla Monograph Series (Series Editor G. Pallotti), Vol. 1 23 sponsorizzazione di un’organizzazione di beneficenza, per la quale l’apprendente doveva scegliere fra tre organizzazioni, il secondo compito riguardava la ricerca di un tema adeguato per la prima pagina del loro giornale preferito, e anche in questo caso l’apprendente poteva scegliere fra tre temi possibili. (I due compiti scritti si trovano negli allegati 2 e 3). Ambedue i compiti scritti hanno avuto come risultato un insieme di circa 210 testi degli apprendenti L2 e 60 dei parlanti L1. Oltre a questi due compiti scritti, tutti i partecipanti hanno fatto un test C 69 e un test Dialang 70 , che sono stati sottoposti ai partecipanti per avere un’idea del loro livello di padronanza linguistica. Nel capitolo 4 spiegheremo in che cosa consistono questi test e quale funzione hanno all’interno di questo lavoro. 3.2. QCER In quasi tutta l’Europa il QCER, Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle Lingue, forma la base dell’insegnamento e dell’investigazione dell’apprendimento di una seconda lingua. Il QCER distingue tre ampie fasce di competenza ripartite a loro volta in due livelli ciascuna per un totale di sei livelli complessivi e descrive ciò che un individuo è in grado di fare in dettaglio a ciascun livello nei diversi ambiti di competenza. 71 Il QCER è stato messo a punto dal Consiglio d’Europa come parte principale del progetto Language Learning for European Citizenship (apprendimento delle lingue per la cittadinanza europea) tra il 1989 e il 1996. Il suo scopo principale è fornire un metodo - per accertare le conoscenze e trasmetterle - che si applichi a tutte le lingue d’Europa. I sei livelli di riferimento in cui il QCER si articola (A1, A2, B1, B2, C1 e C2) sono sempre più diffusamente accettati come standard per valutare il livello di competenza linguistica individuale; gran parte degli enti certificatori delle varie lingue europee stanno ormai completando il passaggio alle nuove denominazioni dei livelli di conoscenza linguistica per le certificazioni da essi rilasciate o, in alternativa, forniscono tabelle di conversione tra le denominazione dei propri livelli e quelle standard del Quadro Comune di Riferimento Europeo. 3.2.1. Livelli Il QCER distingue tre ampie fasce di competenza: A (livello elementare), B (livello intermedio) e C (livello avanzato). Sono ripartite a loro volta in due livelli ciascuna per un totale di sei livelli complessivi (A1 contatto, A2 sopravvivenza, B1 soglia, B2 progresso, C1 efficacia e C2 padronanza), e descrive ciò che un individuo è in grado di fare in dettaglio a 69 Il C-test è un test che contiene parole incomplete che l’apprendente deve completare. Il test Dialang è un test diagnostico per fornire agli apprendenti L2 informazioni sul loro livello e sull’apprendimento della lingua. 71 Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., p. 137 70 24 ciascun livello nei diversi ambiti di competenza: comprensione scritta (comprensione di elaborati scritti), comprensione orale (comprensione della lingua parlata), produzione scritta e produzione orale (abilità nella comunicazione scritta e orale). 72 Il QCER descrive la competenza linguistica attraverso una serie di scale, che descrivono ed illustrano cosa l’apprendente sa fare con la lingua (Can-do statements), accompagnate da introduzioni che forniscono utili informazioni su elementi rilevanti nell’insegnamento, nell’apprendimento e nella valutazione delle lingue. L’approccio di fondo che caratterizza il QCER è l’orientamento all’azione. La competenza, pertanto, viene formulata con la descrizione di cosa l’apprendente è in grado di fare nello svolgimento di un compito comunicativo, in un determinato contesto, utilizzando un certo repertorio di risorse linguistiche. Il documento permette di descrivere la competenza dell’apprendente secondo due dimensioni: una verticale, data dalle scale globali, e una orizzontale, costituita dai parametri per le attività comunicative e la competenza linguisticocomunicativa (QCER, capitoli 4 e 5). 73 Per ciascuno dei sei livelli sono disponibili i descrittori delle singole competenze e abilità. Vediamo ora i descrittori globali della competenza: 74 Livelli comuni di riferimento: produzione scritta 75 A1 Riesce a scrivere una breve e semplice cartolina, per esempio per mandare i saluti dalle vacanze. Riesce a compilare moduli con dati personali scrivendo per esempio il suo nome, la nazionalità e l’indirizzo sulla scheda di registrazione di un albergo. A2 Riesce a prendere semplici appunti e a scrivere brevi messaggi su argomenti riguardanti bisogni immediati. Riesce a scrivere una lettera personale molto semplice, per esempio per ringraziare qualcuno. B1 Riesce a scrivere testi semplici e coerenti su argomenti a lei noti o di suo interesse. Riesce a scrivere lettere personali esponendo esperienze e impressioni. B2 Riesce a scrivere testi chiari e articolati su un’ampia gamma di argomenti che lo interessano. Riesce a scrivere saggi e relazioni, fornendo informazioni e ragioni a favore o contro una determinata opinione. Riesce a scrivere lettere mettendo in evidenza il significato che attribuisce personalmente agli avvenimenti e alle esperienze. C1 Riesce a scrivere testi chiari e ben strutturati sviluppando analiticamente il suo punto di vista. Riesce a scrivere lettere, saggi e relazioni esponendo argomenti complessi, 72 http://it.wikipedia.org/wiki/CEFR S. Ferrari, E. Nuzzo, La valutazione delle competenze orali in italiano L2: una verifica sperimentale dell’affidabilità dei criteri suggeriti dal QCER, Università di Verona 74 Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., pp. 132-148 75 Council of Europe, Common European Framework of Reference for Languages: Learning, teaching, assessment, Cambridge, Cambridge University Press, 2001, p. 236 73 25 evidenziando i punti che ritiene salienti. Riesce a scegliere lo stile adatto ai lettori ai quali intende rivolgersi. C2 Riesce a scrivere testi chiari, scorrevoli e stilisticamente appropriati. Riesce a scrivere lettere, relazioni e articoli complessi, supportando il contenuto con una struttura logica efficace che aiuti il destinatario a identificare i punti salienti da rammentare. Riesce a scrivere riassunti e recensioni di opere letterarie e di testi specialistici. Esistono tre modelli di competenza linguistica: competenza grammaticale, competenza comunicativa, competenza multiculturale. 76 Per la nostra ricerca ci siamo occupati della competenza grammaticale. I descrittori della correttezza grammaticale sono riportati così: 77 Descrittori della correttezza grammaticale (QCE: 140) A1 Ha solo una padronanza limitata di qualche semplice struttura grammaticale e di semplici modelli sintattici, in un repertorio memorizzato. A2 Usa correttamente alcune strutture semplici, ma continua sistematicamente a fare errori di base, per esempio tende a confondere i tempi verbali e a dimenticare di segnalare gli accordi; ciononostante ciò che cerca di dire è solitamente chiaro. B1 Comunica con ragionevole correttezza in contesti familiari; la padronanza grammaticale è generalmente buona anche se si nota l’influenza della lingua madre. Nonostante gli errori, ciò che cerca di esprimere è chiaro. Usa in modo ragionevolmente corretto un repertorio di formule di routine e strutture d’uso frequente, relative alle situazioni più prevedibili. B2 Ha una buona padronanza grammaticale; nelle strutture delle frasi possono ancora verificarsi sbagli occasionali, errori non sistematici e difetti minori, che sono però rari e vengono per lo più corretti a posteriori. Mostra una padronanza grammaticale piuttosto buona. Non fa errori che possano provocare fraintendimenti. C1 Mantiene costantemente un livello elevato di correttezza grammaticale; gli errori sono rari e poco evidenti. C2 Mantiene costantemente il controllo grammaticale di forme linguistiche complesse, anche quando la sua attenzione è rivolta altrove (ad es. nella pianificazione di quanto intende dire e nell’osservazione delle reazioni altrui). 76 Pierangela Diadori, Massimo Palermo, Donatella Troncarelli, Manuale di didattica dell’italiano L2, cit., p. 141 77 Ivi, p. 145 26 3.2.2. Competenze Il Quadro è un ricco repertorio di descrittori delle competenze che quanti studiano una o più lingue sviluppano durante il loro percorso di apprendimento. Per quanto riguarda queste competenze il Quadro propone un sistema in cui è possibile distinguere le componenti che hanno meno attinenza con le competenze linguistiche e quelle più specificamente linguistiche. Le prime sono le competenze generali (Cresson 1995), le seconde le competenze linguistico-communicative. 78 Le competenze generali comprendono: -le conoscenze dichiarative (il sapere), cioè quei saperi che derivano dall’esperienza o dall’apprendimento formale concernenti alla conoscenza del mondo; -le abilità e il saper fare, che riguardano più il sapere procedurale che le conoscenze dichiarative; -la competenza “esistenziale” (il saper essere), connessa con le caratteristiche individuali, i tratti della personalità, e intesa come sistema che può essere modificato; -la capacità di imparare (il saper apprendere), competenza che coinvolge il sapere essere, il sapere e il saper fare e si basa su competenze di vario genere. Le competenze linguistico-comunicative includono: -la competenza linguistica, relativa alla lingua in quanto sistema di regole formali (cfr. La competenza lessicale, grammaticale, semantica, fonologica, ortografica, ortoepica); -la competenza pragmatica, concernente sia l’uso funzionale delle risorse linguistiche, che si basa su scenari e copioni di scambi interazionali, sia la gestione della coerenza e della coesione del testo, delle tipologie testuali, cioè di tutto quanti è coinvolto nei processi discorsivi. Le competenze dell’apprendente vengono descritte secondo due dimensioni: ‘una “dimensione verticale” che segna «an ascending series of levels for describing learner proficiency» che, tale dimensione verticale si aggiunge a quella “orizzontale” che per il Quadro serve a delineare i parametri di gestione dell’attività comunicativa, cioè gli ambiti e i domini di uso, i contesti di comunicazione, le abilità, i testi coinvolti.’ 79 Per quanto riguarda la nostra ricerca siamo interessati soprattutto alla competenza grammaticale e alla produzione scritta. Un soggetto che possiede una competenza grammaticale sa usare le risorse grammaticali di una lingua, vale a dire gli articoli, i 78 Cfr. Lucia Maddii, Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, cit., p. 124 Massimo Vedovelli, Guida all’italiano per stranieri: la prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue, Roma, Carocci, 2002, p. 58 79 27 dimostrativi, i pronomi, le preposizioni, i verbi, le congiunzioni, le interiezioni, le strutture, le relazioni ecc. Per quel che riguarda questo studio guarderemo soltanto l’uso dei verbi. Uno degli obiettivi di questo studio sarà caratterizzare i diversi livelli di correttezza grammaticale e di produzione scritta, che sono sopracitati, degli apprendenti L2. Il livello così assegnato sarà paragonato con il loro uso del sistema verbale in termini di complessità in relazione agli stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2 (vedi capitolo 2) e con il livello di padronanza linguistica, dopo aver trattato i risultati nel quinto e sesto capitolo. 28 4. Impostazione dello studio Premessa In questo capitolo esamineremo più nello specifico la metodologia e l’impostazione dello studio. Tratteremo i partecipanti (paragrafo 4.3.), i vari test (paragrafo 4.4.), la somministrazione (paragrafo 4.5.), la valutazione e l’analisi (paragrafo 4.6.), descrivendo quindi nei dettagli il metodo di lavoro. Cominceremo il capitolo, però, con le domande sulle quali abbiamo basato la nostra ricerca (paragrafo 4.1.) e con la nostra ipotesi su queste domande (paragrafo 4.2.). 4.1. Domande Le tre domande centrali a cui daremo una risposta in questa tesi sono le seguenti: 1. Quali sono le principali difficoltà riscontrate dagli apprendenti L2 nell’italiano scritto, in termini di complessità ed accuratezza dell’uso del sistema verbale? 2. Qual è il rapporto tra l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza da parte degli apprendenti L2 e il loro livello di padronanza linguistica globale? 3. Quali sono le differenze nell’uso del sistema verbale in termini di complessità fra gli apprendenti L2 e i parlanti nativi? Come abbiamo detto prima, con ‘complessità’ intendiamo il grado di sviluppo del sistema verbale. Per quanto riguarda la complessità indagheremo quali forme verbali sono usate dagli apprendenti L2 del gruppo sperimentale. In seguito andremo a specificare il grado di accuratezza derivante dall’analisi degli errori fatti nei compiti scritti. Successivamente faremo un confronto tra i risultati ottenuti dagli apprendenti L2 e quelli dei parlanti nativi, poi tra i risultati degli apprendenti L2 e il loro livello di padronanza. 4.2. Ipotesi Ci possiamo aspettare che il livello grammaticale (in termini degli stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia verbale, paragrafo 2.4.1., e i descrittori della correttezza grammaticale del Quadro di Riferimento, paragrafo 3.2.1.) sia adeguato al livello espresso in termini del QCER. In altre parole, gli apprendenti con un livello di padronanza al livello elementare, cioè A1/A2, saranno meno avanzati nell’apprendimento del sistema verbale di quelli con un livello di padronanza intermedia, cioè B1/B2. Di conseguenza ci possiamo aspettare che gli apprendenti con un livello elementare faranno più errori e useranno 29 soprattutto i tempi verbali appartenenti ai primi stadi dell’apprendimento. La complessità e l’accuratezza del sistema verbale non saranno avanzate. Questo vuol dire che per quanto riguarda la complessità vedremo una bassa frequenza dell’uso del condizionale e del congiuntivo e in merito all’accuratezza vedremo tanti errori grammaticali. Per quel che riguarda la complessificazione del sistema verbale italiano da parte degli apprendenti L2 come abbiamo visto nel paragrafo 2.3.1. (Giacalone Ramat: 2003), cioè: presente (forma basica) > participio passato > imperfetto > futuro > condizionale/congiuntivo, non ci aspettiamo che ci siano tante differenze fra gli apprendenti con diversi livelli di padronanza per quel che riguarda l’uso del presente, dato che questo tempo verbale si impara nelle prime fasi dell’apprendimento. Diversa è invece la situazione nel caso dell’uso del condizionale e del congiuntivo, cioè dei tempi verbali che vengono appresi nell’ultimo stadio di apprendimento linguistico (Giacalone Ramat: 2003), per il quale ci aspettiamo un minore uso rispetto ai tempi verbali appresi nei primi stadi e una quantità più alta di errori. In altre parole, la percentuale degli errori sarà più alta in relazione alla percentuale dell’uso di questi due tempi verbali. Riguardo l’uso delle forme del passato, ci aspettiamo anche tanti errori rispetto all’uso di altri tempi verbali, visto che l’olandese non conosce le forme diverse per esprimere la differenza fra l’aspetto perfettivo e quello imperfettivo (paragrafo 1.2.). Sarà molto difficile, probabilmente, per gli olandesi apprendere questo particolare aspetto. Accanto a quanto precedentemente descritto ci aspettiamo grandi differenze per quanto riguarda la complessità dell’uso del sistema verbale fra i parlanti L1 e il gruppo sperimentale, perché partiamo dal presupposto che tutti i parlanti L1 abbiano il livello di padronanza dell’ordine C1/C2, mentre non ci aspettiamo che questi livelli vengano raggiunti dal gruppo sperimentale. 4.3. Partecipanti I partecipanti di questa indagine, da non confondere quindi con la totalità di apprendenti che hanno partecipato alla ricerca CALC (vedi capitolo 3), possono essere suddivisi in tre gruppi ben distinti: Il primo gruppo di partecipanti, il cosiddetto gruppo sperimentale, consiste di 47 80 studenti olandesi di età compresa tra 18 e 45 anni, al primo anno di studio del corso di laurea in ‘La lingua e cultura italiana’ presso l’Università di Amsterdam. Di questi apprendenti 14 studiano l’italiano come materia principale e 33 come materia facoltativa. La metà del gruppo è già stata in Italia, per un periodo che varia tra 1 e 9 mesi per un corso di studi o di uno stage, e 80 Il numero degli apprendenti L2 non corrisponde con i numeri dati prima della ricerca CALC. Questo perché noi abbiamo usato tutti i compiti scritti, anche se l’apprendente per esempio aveva fatto solo uno dei due compiti, invece di usare solo gli apprendenti che avevano fatto tutti i test. 30 quindi vanta una conoscenza dell’italiano prima ancora di iniziare gli studi. Altri quattro apprendenti hanno un padre o una madre italiana. Al gruppo sperimentale sono stati somministrati vari test, il C-test, il test Dialang e i due compiti scritti (vedi paragrafo 4.3.) durante il corso di ‘Taalverwerving’ (Apprendimento linguistico). Il primo compito scritto è stato svolto da 46 apprendenti, il secondo compito da 40 apprendenti. Il gruppo di controllo consiste di 22 studentesse italiane, tutte di madrelingua italiana, di età compresa tra i 18 e i 22 anni. Studiano all’Università di Reggio Emilia e hanno effettuato gli stessi test che già erano stati sottoposti al gruppo sperimentale. Il primo compito scritto è stato svolto da 21 studentesse, il secondo compito da 20 studentesse. 81 Il terzo gruppo è costituito da un altro gruppo di apprendenti L2, a cui è stato sottoposto un compito scritto differente (vedi paragrafo 4.4.4.) da quelli del gruppo sperimentale, e consiste in 13 studenti olandesi di un’età compresa tra 18 e 66 anni. Anche loro sono al primo anno di studi del corso di laurea in ‘La lingua e cultura italiana’ presso l’Università di Amsterdam. Nessuno di loro ha un genitore italiano, ma quattro studenti sono già stati in Italia per un corso, un lavoro o una lunga permanenza. Il gruppo ha fatto i due test, cioè il test C e il compito scritto, durante il corso di ‘Taalverwerving 2’ (Apprendimento linguistico 2). 82 4.4. Test Per questo lavoro abbiamo usato due tipi di test. Il primo consiste in: C-test, test Dialang e due compiti scritti (i compiti scritti derivano dalla ricerca CALC). Il secondo tipo di test consiste in: C-test e un altro compito scritto (diverso da quelli sviluppati per il progetto CALC). 4.4.1. C-test Il C-test (riportato nell’allegato 1) è un test costituito da piccoli testi che contengono un insieme di parole incomplete che l’apprendente deve cercare di completare. In totale ci sono cento parole da completare. Di ogni seconda parola manca la metà delle lettere o la metà più una lettera quando la parola ha un numero dispari di lettere. E’ stato sottoposto questo test agli apprendenti per avere un’idea del loro livello di padronanza linguistica, dato che questo tipo di esercizio richiede diverse competenze 81 Le studentesse italiane hanno fatto i vari test sotto la supervisione del loro professore Gabriele Pallotti che insegna Didattica delle lingue moderne all’Università di Modena e Reggio Emilia. Egli si occupa di linguistica applicata, semiotica, analisi della conversazione. 82 Questo corso è insegnato da Sophie Jitta, insegnante alla facoltà delle discipline umanistiche all’Università di Amsterdam nei corsi dell’apprendimento dell’italiano come seconda lingua da circa 30 anni. 31 linguistiche e non-linguistiche, come competenze vocabolari produttive, competenza grammaticale ricettiva e produttiva, competenza ortografica, semantica, pragmatica e comprensione di testo. 4.4.2. Test Dialang Un altro test che è stato sottoposto agli apprendenti per indicare il loro livello di padronanza linguistica è il test Dialang. Questo è un test diagnostico. Il suo scopo è di fornire agli studenti di lingue straniere informazioni sul loro livello e sull’apprendimento della lingua. Il test Dialang è costituito da cinque categorie divise per differenti abilità linguistiche: ascolto, scrittura, lettura, grammatica e lessico. Per la ricerca CALC è stata scelta una prova ricadente nell’ultima categoria, che consiste in 75 verbi, un misto tra veri e inventati. L’apprendente deve segnare con una crocetta se un verbo esiste o meno, anche se non li conosce tutti. Il Dialang è stato realizzato da più di 20 istituzioni europee importanti, con il supporto della Commissione Europea. E’ il primo importante sistema di valutazione di una lingua basato sul "Quadro Comune Europeo di riferimento" del Consiglio d'Europa, introdotto in ogni parte d'Europa come la struttura di riferimento più largamente riconosciuta nel campo dell'apprendimento linguistico. 83 Alla fine abbiamo deciso di tralasciare i risultati di questo test dato che appariva troppo difficile e per questo è stato inadeguato per la nostra ricerca. 4.4.3. Compiti scritti CALC I più rilevanti di tutti i test ai fini dello studio sono i due compiti scritti. Ambedue i test richiedono la stessa abilità, cioè l’abilità di poter scrivere un testo argomentativo su un tema dato in trentacinque minuti senza l’uso del vocabolario. La prima metà del gruppo ha svolto prima il primo compito scritto e poi il secondo, mentre la seconda metà ha svolto per primo il secondo compito scritto e poi il primo. Questo è stato fatto per rendere i risultati di entrambi i test i più reali possibile. Prima di fare i due test gli studenti non sapevano quali sarebbero stati i temi su cui scrivere, quindi non avevano la possibilità di prepararsi specificamente sui test. Questo perché altrimenti i risultati sarebbero stati influenzati, mentre lo scopo di questo test è ottenere risultati spontanei e puri, basati sulla propria capacità, senza l’aiuto di mezzi di nessun tipo. Ogni compito scritto contiene tre possibilità di soggetti tra cui scegliere, così da essere sicuri che almeno un soggetto potesse attirare l’attenzione dell’apprendente. (I compiti scritti sono visionabili negli allegati 2 e 3). 83 www.dialang.org 32 Si tratta di un testo argomentativo. Questo tipo di testo richiede per esempio l’uso del congiuntivo, dato che si usano spesso verbi come trovare, credere e pensare esprimenti un’opinione. L’uso delle forme del passato, invece, non viene richiesto. 4.4.4. Compito scritto secondo gruppo Questo compito scritto è stato sviluppato direttamente da noi per poter indagare più nel dettaglio l’uso dell’imperfetto, tempo che non veniva richiesto negli altri compiti scritti. Il compito consiste nella stesura da parte degli studenti di un racconto o di un’esperienza verificatesi nel passato, così da obbligarli ad usare le forme verbali del passato. Abbiamo scelto come soggetto per il compito ‘le vacanze’, perché è un soggetto semplice e soprattutto che piace a tutti, il quale non richiede un vocabolario difficile, (così da non correre il rischio che gli studenti si bloccassero a scrivere), insomma un soggetto su cui tutti hanno sicuramente da scrivere un lungo testo, a prescindere dall’età, dal sesso e dal livello di preparazione, così da essere sicuri di raccogliere una gran quantità di dati. Questo è stato un fattore molto importante, in quanto avevamo soltanto un piccolo gruppo su cui basare i nostri risultati riguardanti il processo di apprendimento dell’imperfetto. (Il compito scritto del secondo gruppo è aggiunto nell’allegato 4). 4.5. Somministrazione Per la somministrazione dei test tratteremo soltanto il secondo gruppo di apprendenti L2, dato che è l’unico dei tre gruppi di partecipanti che ha fatto il test sviluppato da noi e che quindi abbiamo potuto seguire personalmente facendo i test. In totale questo gruppo ha fatto due test, cioè il C-test e il compito scritto che richiedeva esplicitamente le forme del passato. 84 Abbiamo somministrato i test agli studenti senza rivelare l’obiettivo dell’indagine, per evitare ogni forma di influenza, dando loro un’ora in totale per la compilazione dei due test. Tutti gli apprendenti hanno fatto prima il C-test e poi il compito scritto. Sono stati alle prese circa una mezz’ora con il C-test e un’altra mezz’ora con il compito scritto, tranne una studentessa che, essendo in ritardo di una mezz’ora, ha dovuto fare ambedue i test in una sola mezz’ora. Prima di iniziare i test abbiamo spiegato in breve che tipo di test era il C-test e detto che l’uso del vocabolario non era ammesso. 4.6. Valutazione e analisi Ogni test richiede una valutazione diversa. Il C-test ha una valutazione semplice. Questo test consiste in 100 parole, quindi se l’apprendente non facesse nessun errore, il voto finale del test sarebbe 100%. Ogni errore è un punto, ossia 1%, in meno. Ogni voto finale inferiore a 55 rappresenta un’insufficienza. Un errore si fa, ad esempio, quando una parola non è 84 Gli apprendenti hanno fatto i test nel pomeriggio del 3 dicembre 2009. 33 completata oppure quando una parola è scritta in modo sbagliato, anche se la parola è in sè giusta (ad. es. ‘I gioveni italiani sono i più innamorati di tutti’). Per ogni spazio si può fare al massimo un errore. Abbiamo corretto questo test manualmente. Il programma Dialang usa invece una valutazione automatica. Dopo aver fatto il test, il computer dà subito il risultato. Il punteggio massimo è 1000. In totale ci sono 6 livelli diversi in base al punteggio ottenuto. Per le analisi dei compiti scritti abbiamo usato il programma Markin 85 con 14 bottoni diversi. 86 Dopo aver concluso l’analisi di un testo il programma dà automaticamente una statistica in cui è calcolata la quantità dei punti negativi, ossia errori, e dei punti positivi, quindi dei tempi usati nel modo corretto. Di ogni test, quindi, abbiamo un’altra statistica. 85 Markin è un programma digitale che viene spesso usato nelle classi di lingua per correggere dei testi scritti come, ad esempio, delle risposte a domande aperte. Il programma facilita la ricezione del feed-back, perché bastano meno azioni manuali per correggere i testi. Markin usa uno schermo in cui si può selezionare il testo digitale da correggere, accanto a questo schermo si possono creare dei bottoni (personali) per dare il feed-back. I bottoni sono collegati al più frequente feed-back, inoltre l’utente può aggiungerne e rimuoverne a piacimento. (http://wiki.uva.nl/proeve-uva/index.php/Beginnersgids_Markin) 86 Per ogni tempo verbale (sono 7 in totale) abbiamo creato due bottoni; uno per quando il tempo è stato usato in modo corretto e l’altro per quando il tempo è stato usato in modo scorretto (inf+, inf-, pres+, pres-, pp+, pp-, imp+, imp-, fut+, fut-, cond+, cond-, cong+, cong-). 34 5. Risultati: apprendenti L2 Premessa Questo capitolo è dedicato ai risultati del gruppo sperimentale e del secondo gruppo degli apprendenti L2, riguardanti due delle tre domande proposte nel precedente capitolo. Abbiamo diviso il capitolo in tre paragrafi. Il primo paragrafo (5.1.) riguarda il gruppo sperimentale in cui faremo vedere quali sono le difficoltà che questo gruppo ha riscontrato nell’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza. Il secondo paragrafo (5.2.) è dedicato ad un secondo gruppo di apprendenti L2, che ha fatto un altro compito scritto, più specifico, al fine di poter indagare meglio le forme verbali del passato. Nel terzo paragrafo (5.3.) tratteremo i livelli di padronanza linguistica di ambedue i gruppi precedentemente indicati per vedere se esiste un rapporto fra questi livelli e l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza nell’italiano scritto. 5.1. Il gruppo sperimentale In questo paragrafo risponderemo alla prima domanda riguardante l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza: Quali sono le principali difficoltà riscontrate dagli apprendenti L2 nell’italiano scritto, in termini di complessità ed accuratezza dell’uso del sistema verbale? Per rispondere a tale quesito andremo ad analizzare quali tempi verbali sono stati usati nei due compiti scritti da parte del gruppo sperimentale e di conseguenza potremo anche valutare quali ne sono stati esclusi e quali usati in misura minore. In più vedremo se tali tempi sono stati usati in modo corretto e valuteremo anche quali sono gli errori più frequenti. Alla fine faremo un confronto fra l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza da parte del gruppo sperimentale con i quattro stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2 (Giacalone Ramat: 2003, vedi capitolo 2). 5.1.1. Complessità Il gruppo sperimentale è stato sottoposto a due compiti scritti. Il primo compito scritto è stato svolto da 46 apprendenti L2 appartenenti al gruppo sperimentale. Essi hanno usato in totale 1200 forme verbali, di cui la maggior parte sono forme del presente (55%) e dell’infinito (32%). Il secondo compito scritto è stato svolto da 40 apprendenti L2. In questo compito il numero di forme verbali diverse è minore rispetto al primo, 964 forme usate, il che si spiega con il minor numero di apprendenti (46 apprendenti nel primo compito e 41 apprendenti nel secondo) e la minore lunghezza media del testo (la media di 137 parole nel primo compito e 129 parole nel secondo) come si può dedurre dalla tabella 1. 35 Tabella 1: media e deviazione standard del numero di parole usate in ambedue i compiti scritti da parte del gruppo sperimentale N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 Compito 1 46 137 33,6 52 230 122 143 158 Compito 2 40 129 28,0 81 189 114 133 151 N = numero di apprendenti che hanno fatto il compito M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana Dei tempi verbali usati la maggior parte sono forme del presente (59%) e dell’infinito (26%). Nella tabella 2 sono elencati i tempi verbali usati con i numeri assoluti e le percentuali per ciascun compito scritto per l’intero gruppo sperimentale. Tabella 2: uso dei tempi verbali in ambedue i compiti scritti per il gruppo sperimentale in numeri assoluti e in percentuali Tempo Verbale Assoluto Percentuale Assoluto Percentuale Comp1 Comp1 Comp2 Comp2 N=46 N=40 Infinito 385 32,1% 250 25,9% Presente 665 55,4% 569 59,0% 41 3,4% 38 4,0% 3 0,2% 6 0,6% Futuro 28 2,3% 45 4,7% Condizionale 28 2,3% 27 2,8% Congiuntivo 51 4,3% 29 3,0% 1200 100% 964 100% Participio passato Imperfetto TOTALE N = numero di apprendenti Comp1 = compito 1 Comp2 = compito 2 36 In base a questa tabella è possibile fare la classifica dell’uso di questi tempi verbali in base alla loro frequenza come possiamo vedere nella tabella 3. Tabella 3: uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il gruppo sperimentale in ordine decrescente Posizione Compito 1 (N=46) Compito 2 (N=40) 1. (più usato) Presente Presente 2. Infinito Infinito 3. Congiuntivo Futuro 4. Participio passato Participio passato 5. Futuro/Condizionale Congiuntivo 6. 7. (meno usato) Condizionale Imperfetto Imperfetto N = numero di apprendenti Per quel che riguarda le tabelle 2 e 3, possiamo dire che c’è stato un uso maggiore di forme del presente e dell’infinito rispetto a tutti gli altri tempi verbali, in particolare all’imperfetto. In più possiamo notare che il congiuntivo non è ancora stato appreso visto che in (quasi) tutti i casi che richiederebbero l’uso del congiuntivo, è stata usata invece una forma del presente dell’indicativo. Nelle tabelle 4 e 5 è riportata la frequenza media dell’utilizzo di ogni singolo tempo verbale relativa ad un solo testo scritto da parte del gruppo sperimentale. 37 Tabella 4: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il primo compito scritto da parte del gruppo sperimentale (N=46) Infinito N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 46 8,4 2,8 3 14 6 8,5 10 Presente 46 14,5 3,7 5 21 12 15 17 Participio Passato 25 1,6 1,1 1 4 1 1 2 Futuro 18 1,5 0,6 1 3 1 1 2 Condizionale 17 1,6 1,3 1 6 1 1 2 Congiuntivo 31 1,6 0,9 1 4 1 1 2 N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana Tabella 5: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il secondo compito scritto da parte del gruppo sperimentale (N=40) N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 Infinito Presente 40 6,3 2,6 1 14 5 6 8 40 14,2 4,5 6 27 11 14 16,5 Participio Passato 23 1,7 0,8 1 3 1 1 2 Futuro 21 2,1 1 1 4 1 2 3 Condizionale 15 1,8 1,1 1 4 1 1 2 Congiuntivo 17 1,7 0,6 1 3 1 2 2 N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana Come dimostrato dalle tabelle 4 e 5 il totale degli apprendenti, in ambedue i compiti, ha utilizzato sia il presente (con una media superiore) che l’infinito. L’uso degli altri tempi risulta nettamente inferiore, infatti 31 apprendenti su 46 (circa il 67%) usa il congiuntivo nel primo compito scritto e addirittura solo 17 apprendenti su 46 (circa il 37%) usa il condizionale nel primo compito scritto. Per quanto concerne l’uso dell’infinito e del presente vediamo che, anche se questi vengono usati da tutti gli apprendenti, appare ampiamente diffuso. L’uso del presente però ha una diffusione maggiore rispetto all’infinito, ma questo è logico dato che 38 l’infinito non viene usato mai in forma isolata (ad. es. io mangiare), ma sempre in combinazione con una forma del presente (ad. es. voglio mangiare). Nel secondo compito, ad esempio, vediamo per quanto riguarda l’uso del presente una media di 14,2 per un singolo testo con una deviazione standard di 4,5. Questo vuol dire che due terzi dell’intero gruppo ha usato il presente tra le 9,7 e le 18,7 volte per ogni singolo testo. Per il primo compito questo numero varia da 10,8 a 18,2 per un singolo testo. In più possiamo vedere che la mediana per quanto riguarda l’uso del presente nel primo compito scritto è di 15 e nel secondo compito scritto è di 14. Questo vuol dire che nel primo caso la metà del gruppo ha usato il presente più di 15 volte, l’altra metà meno di 15 e nel secondo caso è la metà del gruppo che ha usato questo tempo verbale più di 14 volte e l’altra metà meno di 14 volte per un singolo testo. Per l’uso dell’infinito tutti questi numeri sono inferiori. Si nota ad esempio nel primo compito scritto una media di 8,4 dell’infinito verso la media di 14,5 del presente. Nel secondo compito scritto questa differenza è ancora più grande, vediamo la media di 6,3 dell’infinito verso la media di 14,2 del presente. Se facciamo il confronto con i quattro stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2 possiamo dire che per quanto riguarda la complessità il gruppo si trova nel secondo stadio. Questo stadio è caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione morfologica tra la forma basica, che esprime azioni presenti o durative, e una forma perfettiva, che descrive azioni passate e concluse, delimitate nel tempo. Questa conclusione nasce dal fatto che gli apprendenti non si trovano al primo stadio (ovvero lo stadio in cui il verbo viene prodotto in un’unica forma, ovvero la cosiddetta forma basica, che corrisponde di solito alla radice verbale, paragrafo 2.4.1.), in quanto l’uso del presente (utilizzato da tutti) non è stato effettuato soltanto nella forma basica, e più del 50% degli apprendenti utilizza una forma del participio passato. Secondo la nostra analisi gli apprendenti non possono ancora trovarsi nel terzo stadio (ovvero lo stadio già piuttosto avanzato e viene caratterizzato dalla comparsa delle prime forme di imperfetto), in quanto l’utilizzo degli altri tempi verbali risulta nettamente inferiore rispetto alle forme del presente (e dell’infinito). Le forme del passato, soprattutto dell’imperfetto, non vengono quasi mai usate. Nel prossimo paragrafo (5.1.2.) faremo un’analisi degli errori fatti in entrambi i compiti dagli apprendenti L2 del gruppo sperimentale analizzando quali tempi verbali sono stati usati in modo corretto e quali in modo scorretto. In altre parole, passeremo dalla complessità all’accuratezza concernente l’uso del sistema verbale. 5.1.2. Accuratezza Analizzando il primo compito scritto abbiamo riscontrato l’utilizzo di 1200 forme verbali, delle quali 1031 sono state usate in modo corretto, ovvero l’86%. Per il secondo compito questa 39 percentuale è dell’87%. Di 964 forme verbali usate, ne sono state usate 840 in modo corretto. Sulla falsa riga dell’organizzazione proposta nella tabella 2 abbiamo creato diverse ‘coppie’, cioè categorie positive e negative in relazione al grado di accuratezza dei tempi verbali usati in ambedue i compiti scritti per l’intero gruppo sperimentale. Abbiamo chiamato Infinito+ (uso corretto dell’infinito) e Infinito- (uso scorretto dell’infinito) una coppia, come anche Presente+ e Presente- formano un’altra coppia e così via. Per poter calcolare meglio il rapporto corretto-scorretto dei singoli tempi verbali ogni coppia è considerata sul totale del 100%, così come raffigurato nella tabella 6. Tabella 6: rapporto corretto-scorretto dei tempi verbali per il gruppo sperimentale in numeri assoluti e in percentuali Coppia Assoluto Percentuale Assoluto Percentuale Comp1 Comp1 Comp2 Comp2 (N=46) (N=40) 1. Infinito+ 342 88,8% 219 87,6% Infinito- 43 11,2% 31 12,4% 2. Presente+ 582 87,5% 510 89,6% Presente- 83 12,5% 59 10,4% 3. PP+ 30 73,2% 28 73,7% PP- 11 26,8% 10 26,3% 4. Imperfetto+ 2 66,7% 5 83,3% Imperfetto- 1 33,3% 1 16,7% 5. Futuro+ 20 71,4% 30 66,7% Futuro- 8 28,6% 15 33,3% 6. Condizionale+ 24 85,7% 23 85,2% Condizionale- 4 14,3% 4 14,8% 7. Congiuntivo+ 29 56,9% 24 82,8% Congiuntivo- 22 43,1% 5 17,2% N = numero di apprendenti Comp1 = compito 1 Comp2 = compito 2 In base a questa tabella è possibile fare una classifica dei tempi verbali usati relativamente alla quantità di errori riscontrati come è visibile nella tabella 7. 40 Tabella 7: uso dei tempi verbali in termini di accuratezza per il gruppo sperimentale in ordine decrescente Posizione Compito 1 (N=46) Compito 2 (N=40) 1. (più errori) Congiuntivo Futuro 2. Imperfetto Participio passato 3. Futuro Congiuntivo 4. Participio passato Imperfetto 5. Condizionale Condizionale 6. Presente Infinito 7. (meno errori) Infinito Presente N = numero di apprendenti Le tabelle 6 e 7 dimostrano che la maggior parte degli errori si è verificata per le forme verbali che si apprendono successivamente all’infinito e al presente. Ci stupisce, però, il fatto che il condizionale sia stato usato in modo corretto in quanto insieme al congiuntivo è una delle ultime forme verbali che vengono apprese. Questo dato appare interessante in quanto solo il 21% delle forme utilizzate del condizionale ricadono nelle forme fisse memorizzate, vorrei e sarebbe, nominate nel capitolo 2, mentre nel restante 79% dei casi è stata usata un’altra forma del condizionale (ad. es. dovrebbe, preferirei, sceglierei, potrebbe(ro), dovremmo, penserei). Questo ci fa capire che gli apprendenti L2 che utilizzano il condizionale, hanno effettivamente appreso come usare questo tempo verbale. Per quanto riguarda l’accuratezza del futuro è stato interessante osservare se gli apprendenti usano soltanto la formula fissa per esprimere il dubbio, cioè la 3ª persona singolare del futuro del verbo essere (sarà). Dato che essa è una forma che viene usata frequentemente nella lingua italiana, la possibilità che l’apprendente l’abbia sentita o letta è maggiore rispetto alle altre forme verbali. Può darsi, quindi, che l’apprendente la usi senza sapere precisamente come sia effettivamente costituita la struttura del futuro (paragrafo 1.1.4.). In ambedue i compiti scritti il futuro è stato usato da parte del gruppo sperimentale 50 volte (vedi tabella 6) in modo corretto. Di queste 50 volte è stato usato 15 volte sarà, ovvero il 30%. Vuol dire che 70% delle volte è stata usata un’altra forma che la terza persona singolare del verbo essere. Possiamo dire, quindi, che la maggiore parte del gruppo sperimentale sa com’è costituita la struttura del futuro. Nelle tabelle 8 e 9 è riportata l’accuratezza media dell’utilizzo di ogni singolo tempo verbale relativa ad un solo testo scritto, come abbiamo fatto prima per l’uso in termini di frequenza (vedi tabelle 4 e 5), da parte del gruppo sperimentale. 41 Tabella 8: media dell’uso dei tempi verbali in termini di accuratezza per il primo compito scritto da parte del gruppo sperimentale (N=46) N M Dev. st Min Max Q1 Med Q3 Inf + 46 7,4 2,8 Inf 29 1,5 1,1 Pres + 46 12,7 3,7 Pres 38 2,2 1,9 PP + 20 1,5 0,9 PP 8 1,4 0,7 Fut + 15 1,3 0,5 Fut 6 1,2 0,4 Cond + 14 1,7 1,4 Cond 3 1,3 0,6 Cong + 19 1,5 0,8 Cong 14 1,6 0,9 2 13 5 7,5 9 1 6 1 1 1,5 4 19 11 14 15 1 12 1 2 3 1 4 1 1 2 1 3 1 1 1,5 1 2 1 1 2 1 2 1 1 1 1 6 1 1 2 1 2 1 1 2 1 4 1 1 2 1 4 1 1 2 N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale in modo corretto/scorretto M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana Per spiegare la tabella 8 prendiamo la colonna in cui sono segnati i numeri che riguardano l’uso del presente usato in modo scorretto. Vediamo che 38 apprendenti, su un totale di 46 apprendenti, usano almeno una volta nel loro primo compito scritto una forma del presente in modo scorretto. Questa percentuale è abbastanza alta, e quindi sono solo 8 apprendenti che usano il presente sempre in modo giusto. Gli altri 38 apprendenti usano il presente sia in modo giusto che in modo sbagliato. La media dell’uso di questo tempo verbale in modo sbagliato è di 2,2 per un solo testo con la deviazione standard di 1,9. La mediana è 2, quindi il 50% del gruppo che ha usato il presente in modo sbagliato, l’usa meno di 2 volte e l’altro 50% l’usa più di 2 volte per singolo testo. La tabella 9 contiene questi dati per il secondo compito scritto. 42 Tabella 9: media dell’uso dei tempi verbali in termini di accuratezza per il secondo compito scritto da parte del gruppo sperimentale (N=40) N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 Inf + 40 5,5 2,5 Inf 21 1,5 0,8 Pres + 40 12,8 4,6 Pres 26 2,3 1,5 PP + 18 1,6 0,7 1 13 3,5 5 7 1 4 1 1 2 5 25 10 12,5 14,5 1 6 1 2 3 1 3 1 1 2 PP 7 1,4 0,8 1 3 1 1 2 Fut + 17 1,8 0,8 Fut 9 1,7 0,9 Cond + 13 1,8 0,9 Cond 4 1 0 Cong + 15 1,6 0,5 Cong 5 1 0 1 3 1 2 2 1 3 1 1 2,5 1 4 1 2 2 1 1 1 1 1 1 2 1 2 2 1 1 1 1 1 N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale in modo corretto/scorretto M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana In base alla tabella 9 possiamo dire che i due compiti scritti, svolti dal gruppo sperimentale, fanno vedere una deviazione standard simile riguardo l’uso corretto del presente (e dell’infinito) risultando questa più alta rispetto agli altri tempi verbali. Se vediamo la colonna dell’inf+ possiamo dire che tutti gli apprendenti usano almeno una volta e al massimo 13 volte l’infinito in modo corretto (sempre in combinazione con una forma del presente) nel secondo compito scritto. La media è di 5,5 e la mediana è di 5, quindi la metà del gruppo usa l’infinito in modo corretto meno di 5 volte e l’altra metà l’usa più di 5 volte per singolo testo. Nel prossimo paragrafo (5.1.3.) analizzeremo gli errori fatti. 5.1.3. Analisi degli errori Abbiamo fatto vedere quali sono i tempi verbali che presentano il maggior numero degli errori da parte del gruppo sperimentale in ambedue i compiti scritti. In questo paragrafo faremo un’analisi di questi errori, 265 in totale. Non è possibile trattare tutti gli errori uno per uno, per questo abbiamo fatto una classifica di quelli fatti più frequentemente. Per illustrare gli errori faremo degli esempi tratti dai testi scritti. Abbiamo raggruppato gli errori in cinque categorie diverse, che vanno da A ad E, con le percentuali indicative. ll totale delle percentuali non raggiunge il 100%, in quanto la maggior parte degli errori non è stata classificabile in nessuna delle suddette categorie. Le categorie A e B, ‘sovraestensione’ e ‘transfer’, sono strategie di apprendimento, mentre le categorie C e D, ‘accordo di genere’ e ‘accordo di numero’, sono tipi di errori. La categoria E, ‘ortografia’, forma una categoria a sé stante. 43 La categoria in cui sono stati fatti relativamente tanti errori è quella della sovraestensione, quindi casi in cui viene usata una forma regolare laddove viene richiesta una forma irregolare. Relativamente pochi sono gli errori nella categoria “transfer”, cioè errori fatti a causa dell’influenza della lingua materna (o di un’altra lingua straniera). Gli errori più frequenti sono fatti concernente l’ortografia. Questi errori spesso non sono identificabili e non possono essere ridotti ad un’unica strategia, in quanto possono essere dovuti a diversi motivi, come per esempio la sovraestensione, il transfer, ecc, cioè le cinque categorie in cui abbiamo raggruppato gli errori. Se facciamo il collegamento fra questi risultati e gli stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2 (vedi capitolo 2) possiamo dire che la maggior parte degli apprendenti L2 si trovano nel secondo stadio, che è caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione morfologica tra la forma basica, che esprime azioni presenti o durative, e una forma perfettiva, che descrive azioni passate e concluse, delimitate nel tempo. Il presente (e quindi anche l’infinito) viene usato con più frequenze e presenta la più bassa percentuale degli errori. L’uso di altri tempi verbali c’è, tranne il congiuntivo che non è ancora appreso, però ancora in modo abbastanza errato. Gli apprendenti L2 hanno quindi già superato il primo stadio in cui si vede soltanto la forma basica per esprimere il tempo presente, passato e futuro. Nella tabella 10 sono elencate le cinque categorie con il relativo numero di errori e le percentuali. Tabella 10: categorie degli errori fatti dal gruppo sperimentale in ambedue i compiti scritti in numeri assoluti e in percentuali Categoria A. Sovraestensione Numero di errori Percentuale 50 18,9% 8 3,0% C. Accordo di genere 21 7,9% D. Accordo di numero 24 9,1% E. Ortografia 56 21,1% B. Transfer La tabella 10 ci fa vedere quali categorie abbiamo distinto riguardo gli errori che sono stati fatti dall’intero gruppo di apprendenti L2. In base a questa tabella faremo vedere degli esempi per ogni categoria, più le percentuali. 44 A. Sovraestensione Relativamente ai casi di sovraestensione sono stati fatti tanti errori, in totale 50, ovvero l’18,9% del totale degli errori. La maggior parte di questi, cioè 32, sono stati fatti nell’uso dei verbi irregolari dovere, sapere e scegliere, nel presente. Per quanto riguarda l’utilizzo del verbo dovere sono stati riscontrati 8 errori di cui molti uguali. Gli apprendenti hanno difficoltà con la terza persona singolare e la prima persona plurale del presente. Alcuni esempi per il verbo dovere sono: 1. ‘Doviamo prendere questo problema molto serio.’ 2. ‘Dunque, deviamo aiutare l’ambiente con questo sostegno.’ Il primo esempio è un chiaro esempio di sovraestensione, perché l’apprendente ha usato il verbo dovere, che è un verbo irregolare, in modo regolare. L’apprendente ha attaccato la radice di dovere, cioè -dov, alla desinenza della prima persona plurale, -iamo. Non sapeva, quindi, che fosse un verbo irregolare. L’altro esempio è più difficile da spiegare, ma probabile è che l’apprendente pensava che l’infinito fosse devere invece di dovere e in più non si rendeva conto che fosse un verbo irregolare, quindi ha sbagliato in due sensi. Il verbo sapere presenta un totale di 5 errori, tutti diversi, di cui tre fatti nell’uso della terza persona plurale del presente, uno nell’uso della prima persona plurale del presente, ed un altro nell’uso dell’imperfetto. Un esempio per il verbo sapere è: 3. ‘Molte persone non sappono la consequenza dell'essere grasse.’ Il terzo esempio è paragonabile al primo esempio. L’apprendente si è basato sulla radice del verbo, -sap, e l’ha attaccata alla desinenza (regolare) della terza persona plurale di un verbo che finisce in -ere, cioè -ono. Inoltre sapeva di dover aggiungere un’altra p, però non sapeva che sapere fosse un verbo irregolare. Per questo parliamo di sovraestensione del verbo sapere. Altri errori fatti (10): 1ª (verbi in -are) stano, pensono (due volte), damo, si farono; 2ª (verbi in -ere) rimano, potrano, piacionno; 3ª (verbi in –ire) scomparono, si fiorono. 45 Gli altri 18 errori che appartengono alla categoria di sovraestensione riguardano l’uso del futuro. Questi apprendenti L2 non hanno ancora appreso le forme del futuro come vediamo nei prossimi esempi: 4. ‘La gente pensaranno sul clima e il surriscaldamento.’ 5. ‘Se metteremo questo articolo in la prima pagina sembrara abbastanza importante per leggere.’ Negli esempi 5 e 6 si tratta di casi di sovraestensione, perché gli apprendenti usano i verbi in -are come forme basica per il futuro. Non sapevano quindi che nel futuro la lettera -a diventa la -e. B. Transfer La seconda categoria è quella del ‘transfer’, cioè l’influenza della lingua materna o un’altra lingua straniera. Abbiamo trovato un certo numero di verbi ‘finti’, nel senso che l’apprendente non conoscendo una parola, probabilmente l’ha inventata tramite “l’italianizzazione” di parole olandesi o inglesi. Sono stati fatti 8 errori, ovvero il 3% del totale degli errori fatti. Qui seguono alcuni esempi: subsidiare per sussidiare (in olandese: subsidiëren), deservono per meritare (in inglese: to deserve), developare per sviluppare (in inglese: to develop), supportare per sostenere (in inglese: to support), adressare per indirizzare (in olandese: adresseren, in inglese: to adress), proposare per proporre (in inglese: to propose), recercere per ricercare (in inglese: to research), espressionare per esprimere (in inglese: to express). C. Accordo di genere Riguardo l’accordo del genere, ovvero la congruenza, sono stati fatti 21 errori, ovvero il 7,9% del totale degli errori. Questi errori riguardano soprattutto l’uso del participio passato. Alcuni esempi sono: 6. ‘Questo è un organizzazione che cerca di salvare i luoghi della bella natura del nostro paese chi sono rimasta intatto.’ Il soggetto in questa frase sono ‘i luoghi’, quindi l’apprendente avrebbe dovuto dire ‘sono rimasti’, ma l’apprendente si è basato probabilmente sulla ‘natura’. 7. ‘La natura può essere visto come un giardino più grande, [...]’ 46 L’apprendente ha usato la forma maschile, mentre il soggetto è femminile. 8. ‘[...], perché il tema non è considerata 'vendibile'.’ In questa frase, invece, l’apprendente ha fatto il contrario e ha usato la forma femminile mentre il soggetto è maschile. Questo errore viene probabilmente causato dalla -a finale della parola tema, che di solito significa che la parola è femminile, ma c’è una (piccola) categoria di parole che finiscono in -a che sono maschili. 9. ‘Negli ultimi mesi nuove ricerche hanno portati nuovi dati che hanno cambiati il discorso fra i vari punti da visto.’ Nell’esempio 10 il soggetto sono le nuove ricerche, quindi l’apprendente avrebbe dovuto usare la forma del plurale femminile, ma invece ha usato la forma del plurale maschile. Questo errore viene probabilmente causato dalla parola dati, per cui l’apprendente pensava che essa fosse il soggetto della frase invece di ricerche. D. Accordo di numero Abbiamo riscontrato anche degli errori concernenti l’accordo di numero tra soggetto e verbo. Sono stati fatti 24 errori di questo tipo, che sono errori di concordanza, cioè il 9,1% del totale degli errori. Alcuni esempi sono: 10. ‘E' un luogo dove tutti può camminare e può vedere tutti che la natura ha.’ 11. ‘Gli abbitudini degli uomini deve cambiare per un salute megliore.’ 12. ‘I soldi deve andara all'associazione di Ritorno alla Natura.’ 13. ‘Questi argumenti è importante per l'università per andare i soldi [...].’ 14. ‘[...] dove ancora non si vede le influenze della gente.’ In tutti questi esempi è stata usata la forma del singolare, invece del plurale. 47 In seguito agli errori fatti riguardo l’accordo di numero abbiamo notato una particolare difficoltà nell’uso della parola gente. Si potrebbe spiegare questo errore con il fatto che in olandese gente è plurale. Tanti apprendenti sono, quindi, confusi. Un esempio: 15. ‘[...] e la gente andranno aiutare con la combattere dell surriscaldamento.’ In questo esempio l’apprendente ha scritto ‘la gente’ in modo corretto, è singolare, però ha usato la forma plurale del verbo. Per concludere questo paragrafo faremo vedere ancora qualche esempio degli errori ortografici, la categoria in cui troviamo la maggior parte degli errori, cioè 56, ovvero il 21,1% del totale degli errori fatti. Qui seguono alcuni esempi di forme errate dell’infinito: movere, ripossare, indentificarsi, benificiare (3x), confirmare, proteggiere, stimulare, ricivere/recivere, auitare (2x), interesarsi. Il verbo scegliere appare un verbo particolarmente difficile nell’uso, soprattutto per quanto riguarda l’ortografia del verbo stesso. Abbiamo trovato perfino cinque variazioni: sceltere, sciegliere (2x), scelere, scelgliere, scieglere. Un altro problema trovato, riguardante l’ortografia, è l’uso dell’accento, o in effetti, l’assenza dell’accento nei casi in cui è invece obbligatorio. Sono stati fatti 31 errori con le parole: dà, è, può e sarà. Nel prossimo paragrafo (5.2.) tratteremo i risultati del secondo gruppo. 5.2. Il secondo gruppo degli apprendenti L2 In questo paragrafo analizzeremo i risultati del compito scritto che riguarda l’aspetto verbale fatto dal secondo gruppo di apprendenti L2, quindi diversi da quelli di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, a cui è stato assegnato il compito scritto che richiedeva soltanto le forme del passato. In questo paragrafo parleremo, quindi, soltanto delle forme del passato e non degli altri tempi verbali. C’è stato solo un apprendente che non aveva rispettato le istruzioni del compito e ha scritto il suo testo nel presente invece che nel passato. Per questo abbiamo potuto usare i dati soltanto di 12 apprendenti invece che 13 apprendenti. Inizieremo il paragrafo con la percentuale dei tempi verbali usati, che riguarda la complessità (5.2.1.), e il rapporto corretto-scorretto, che riguarda l’accuratezza (5.2.2.). Concluderemo il paragrafo con un’analisi degli errori fatti tramite una loro classificazione con l’ausilio di alcuni esempi (5.2.3.). 48 5.2.1. Complessità Il secondo gruppo ha usato in totale 163 forme verbali, di cui 104 forme del participio passato, e 59 dell’imperfetto. Se trascriviamo questi dati in percentuali otteniamo quanto mostrato nella tabella 11. Tabella 11: uso dei tempi verbali per il secondo gruppo (N=12) in numeri assoluti e in percentuali Tempo verbale Assoluto Participio passato Percentuali 104 63,8% Imperfetto 59 36,2% TOTALE 163 100% N = numero di apprendenti La tabella 11 fa vedere il maggior uso del participio passato rispetto all’imperfetto. Questo non ci sorprende, perché dalla letteratura sull’acquisizione (capitolo 2) è emerso che il participio passato di solito venga appreso prima dell’imperfetto. Nella tabella 12 è riportata la frequenza media dell’utilizzo di ambedue i tempi verbali da parte del secondo gruppo. Tabella 12: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza da parte del secondo gruppo (N=12) N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 Participio Passato 12 8,7 5,3 3 21 5 7 11,5 Imperfetto 12 4,9 3,3 2 12 2 3,5 7,5 N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana Per quel che riguarda la tabella 12 possiamo dire che tutti gli apprendenti usano sia le forme del participio passato che quelle dell’imperfetto. Però, la media e la mediana sono molto più alte per le occorrenze del participio passato rispetto all’imperfetto, come anche la deviazione standard. In base alla deviazione standard possiamo dire che due terzi dell’intero gruppo 49 hanno usato il participio passato tra le 3,4 e le 14 volte, mentre questo per l’imperfetto è fra le 1,6 e le 8,2 volte. Nel prossimo paragrafo (5.2.2.) vedremo se le forme del participio passato e del’imperfetto sono state usate in modo corretto, passando quindi dalla complessità all’accuratezza delle forme del participio passato e l’imperfetto. 5.2.2. Accuratezza Su 163 tempi verbali usati, sono stati fatti 56 errori, ovvero il 34,4%. Nella tabella 13 è indicato il rapporto corretto-scorretto per ambedue i tempi verbali. Tabella 13: rapporto corretto-scorretto del participio passato e dell’imperfetto per il secondo gruppo (N=12) in numeri assoluti e in percentuali Coppia Assoluto Percentuale 1. Participio passato+ 65 62,5% Participio passato- 39 37,5% 2. Imperfetto+ 42 71,2% Imperfetto- 17 28,8% N = numero di apprendenti Nella tabella 13 possiamo vedere che il rapporto corretto-scorretto per ambedue i tempi del passato è uguale. Questo vuol dire che in modo proporzionale sono stati fatti altrettanti errori nell’uso del participio passato quanto nell’uso dell’imperfetto. Nella tabella 14 è riportata l’accuratezza nelle occorrenze di ambedue i tempi verbali relativa per il secondo gruppo. 50 Tabella 14: media dell’uso delle forme del passato in termini di accuratezza per il secondo gruppo (N=12) N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 Participio Passato+ 9 7,2 6,1 1 19 2,5 5 12 Participio Passato12 3,3 1,5 1 6 2,5 3 4,5 Imperfetto+ 12 3,5 2,5 1 9 2 3 4 Imperfetto5 3,4 1,8 1 6 2 3 5 N = numero di apprendenti che hanno usato il tempo verbale in modo corretto/scorretto M = media Dev st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana In base alla tabella 14 possiamo dire che tutti gli apprendenti usano almeno una volta l’imperfetto in modo giusto, a differenza dell’uso del participio passato; sono ‘soltanto’ 9 gli apprendenti che usano almeno una volta il participio passato in modo giusto, mentre tutti i 12 apprendenti fanno degli errori nell’uso del passato prossimo. La deviazione standard è molto alta per il participio passato usato in modo giusto, pari al 6,1. L’uso di questo tempo verbale varia da un minimo di 1 volta ad un massimo di 19 volte. Le altre tre colonne fanno vedere una divisione più equilibrata. Nel prossimo paragrafo (5.2.3.) faremo un’analisi degli errori fatti da parte del secondo gruppo come abbiamo fatto prima per il gruppo sperimentale. 5.2.3. Analisi degli errori In questo paragrafo faremo un’analisi degli errori fatti nell’uso soltanto del participio passato e dell’imperfetto. In totale sono stati fatti 56 errori. Come anche per il gruppo sperimentale (vedi paragrafo 5.1.3.) abbiamo fatto una cosiddetta classificazione dei tipi di errori fatti da parte di questo gruppo. Abbiamo raggruppato gli errori in sei categorie, più le percentuali indicative. La categoria A è quella più importante ai fini della nostra ricerca, perché riguarda l’apprendimento dell’aspetto verbale. Le categorie B e C, ‘sovraestensione’ e ‘transfer’, sono strategie di apprendimento. Le categorie D e E, ‘accordo di genere’ e ‘accordo di numero’, sono tipi di errori e la categoria F contiene gli errori di scrittura. Gli errori più frequenti si trovano nella categoria ‘imperfetto al posto del participio passato’. Sono casi in cui l’apprendente ha dovuto usare una forma del participio passato, ma invece 51 ha usato una forma dell’imperfetto. Un’altra categoria relativamente diffusa è quella della sovraestensione. Sono casi di sovraestensione che riguardano soprattutto l’uso del participio passato. Relativamente pochi sono invece gli errori nella categoria ‘accordo di numero’. Nella tabella 15 sono visibili le 5 categorie con il numero di errori e le percentuali. Tabella 15: categorie degli errori fatti dal secondo gruppo (N=12) in numeri assoluti e in percentuali Categoria Numero di errori Percentuali A. Imperfetto al posto del PP 13 23,2% B. Sovraestensione 12 21,4% 8 14,3% D. Accordo di genere 10 17,9% E. Accordo di numero 3 5,3% F. Ortografia 10 17,9% TOTALE 56 100% C. Transfer La tabella 15 ci fa vedere quali categorie sono state distinte riguardanti gli errori commessi dall’intero gruppo di apprendenti L2. In base a questa tabella faremo vedere degli esempi per ogni categoria. A. Imperfetto al posto del participio passato L’errore più importante ai fini dello studio, è stato ovviamente l’uso dell’imperfetto laddove è obbligatorio usare il participio passato e viceversa. Abbiamo riscontrato 13 errori di questo tipo, ovvero il 23,2% degli errori fatti in totale. Sono stati tutti errori fatti nei casi in cui è stato usato l’imperfetto quando l’italiano richiederebbe una forma del participio passato. Il contrario, quindi l’uso di una forma del participio passato laddove è richiesta una forma dell’imperfetto, non è stato riscontrato. Alcuni esempi sono: 1. ‘Nell'estate dell'anno 2005, io e la mia ragazza siamo andato in vacanza a Roma. Era la mia prima volta in Italia, e questa vacanza era molto bella.’ 2. ‘Le due settimane erano una dei miei vacanze migliore, e quando sono tornata in Olanda, […].’ 3. ‘In estate andavo in Italia con nuove dei miei amici.’ 52 La difficoltà della differenza nell’uso dell’aspetto verbale si trova probabilmente nel fatto che in olandese viene quasi soltanto usato l’imperfetto anche laddove l’italiano richiede il participio passato. Per gli apprendenti olandesi dell’italiano L2 è quindi difficile sapere quando usare le forme del passato prossimo, com’è visibile negli esempi 1-3. B. Sovraestensione Nella categoria della sovraestensione abbiamo riscontrato 10 errori, ovvero il 21,4% del totale degli errori. Questi errori riguardano soprattutto l’uso del participio passato, come per esempio il verbo avere: 4. ‘Miei amici e io abbiamo ballati in un bar.’ 5. ‘Abbiamo traversati la Francia fina alla Costa Azzurra […].’ 6. ‘Abbiamo presi l’autobus per arrivare là.’ In questi tre esempi si parla di sovraestensione dell’uso del participio passato in combinazione con il verbo essere, in cui la forma di questo tempo verbale cambia col soggetto. In tutti questi esempi il soggetto della frase è noi, quindi plurale, per questo gli apprendenti pensavano che il participio passato cambiasse anche, però il participio passato non cambia col soggetto quando viene usato il verbo avere. Altri esempi: 7. ‘Ho videto sull’internet quando era a casa,[…].’ 8. ‘[…] ma un giorno la mia ragazza ed io abbiamo decidato di visitare una citta fuori di Roma insieme […].’ 9. ‘Ho dormentato nella casa di lui.’ 10. ‘Dopo la vacanza ho decisato per studiare la lingua italiana.’ [l’apprendente in questo caso ha probabilmente capito che il verbo decidere è irregolare, ma sbaglia comunque] Negli esempi 7-10 l’apprendente non sapeva che il verbo fosse irregolare, quindi in tutti i casi è stato usato la forma regolare del participio passato. 53 C. Transfer Per quel che riguarda il transfer, cioè quegli errori che sono influenzati dalla madrelingua dell’apprendente, troviamo nei testi 8 errori, ovvero il 14,3% del totale degli errori. Abbiamo trovato errori di transfer soprattutto nell’uso del participio passato come vediamo nei prossimi esempi: 11. ‘Eriamo a un luogo belissima, vicino a Firenze. Avriamo una casa grande con un piscina.’ 12. ‘[…] ma voleviamo rimanere ancora una settimana. […] Il viaggio a Amsterdam era molto lungo, ma quando cantaviamo canzoni, il tempo fugiva.’ In questi esempi si tratta del transfer della terza persona plurale che finisce di solito in iamo, ma nell’imperfetto viene tralasciata la -i. In più, i verbi essere e avere sono irregolari, quindi nell’esempio 11 si tratta anche di sovraestensione. D. Accordo di genere Nella categoria ‘accordo di genere’ si trovano 10 errori, ovvero il 17,9% del totale degli errori fatti. Abbiamo notato questo tipo di errore soprattutto nell’uso delle forme del participio passato, come dimostrano i seguenti esempi: 13. ‘Nell'estate dell'anno 2005, io e la mia ragazza siamo andato in vacanza a Roma.’ 14. ‘Siamo stato a un campeggio al Lago di Garda.’ 15. ‘[…] siamo guidato a la Grand Canyon.’ In questi tre esempi il soggetto è plurale, mentre gli apprendenti usano la forma singolare del participio passato, nel esempio 15 viene anche sbagliato il tipo di verbo ausiliare (dovrebbe essere abbiamo guidato). 16. [scritto da un ragazzo:] ‘Luglio questo anno, sono andata a Italia.’ Questa frase è scritta da un ragazzo quindi lui avrebbe dovuto usare la forma maschile invece di quella femminile. 54 17. [scritto da una ragazza:] ‘Io sono rimasto per 4 giorni.’ Questa frase è scritta da una ragazza, quindi lei avrebbe dovuto usare la forma femminile invece di quella maschile. 18. ‘[…] e siamo restate amici per parecchi anni.’ Il soggetto della frase è amici, quindi l’apprendente avrebbe dovuto usare la forma maschile del plurale invece quella femminile. In questa categoria dell’accordo di genere abbiamo notato soltanto un errore nell’uso dell’imperfetto: 19. ‘Ho videto sull’internet quando era a casa, […].’ In questo esempio l’apprendente parla di sè, mentre usa la terza persona del singolare. E. Accordo di numero Una parte molto piccola riguarda gli errori che sono stati fatti nella categoria ’accordo di numero’. Sono stati fatti solo 3 errori di questo tipo, cioè il 5,3% del totale degli errori, soltanto nel caso dell’uso dell’imperfetto. Un esempio: 20. ‘Era tanti piatti, […] era grande tende fuori su montagne, […] era gioci ecc.’ In tutti questi casi l’apprendente usa la forma singolare, mentre il soggetto è plurale. F. Ortografia Abbiamo osservato anche in questo secondo gruppo relativamente tanti errori ortografici, cioè 10, ovvero il 17,9% del totale degli errori fatti. Gli errori ortografici si riscontrano sia nell’uso del participio passato che nell’uso dell’imperfetto come vediamo nei prossimi esempi: 21. ‘Erà una bellissima vacanza!’ L’apprendente ha fatto lo stesso errore, quindi ha scritto erà con l’accento, anche nel Ctest. 55 22. ‘Dove la scuola ha presque comminciato.’ L’apprendente ha raddoppiato la lettera m sbagliando. In base ai risultati ottenuti dal secondo gruppo possiamo dire che gli apprendenti L2 trovano parecchie difficoltà nell’uso del participio passato e dell’imperfetto. Diversamente dai compiti scritti dal gruppo sperimentale, gli apprendenti L2 del secondo gruppo dovevano svolgere il compito usando le forme del passato. La conclusione è che la maggior parte degli apprendenti non li usa in modo appropriato, il quale è meno visibile nei risultati dei testi del gruppo sperimentale in cui le forme del passato sono assai rare. In generale vediamo più difficoltà nell’uso del participio passato rispetto all’imperfetto. Gli apprendenti L2 non hanno appreso in pieno le forme del passato prossimo e si sbagliano anche nelle forme dell’imperfetto. La difficoltà maggiore, però, si trova nel fatto che gli apprendenti L2 non sanno usare il tempo giusto al momento giusto. Per questo si può dire che essi non hanno ancora appreso a pieno questi tempi verbali e di conseguenza anche loro si trovano nel secondo stadio (caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione morfologica tra la forma basica, che esprime azioni presenti o durative, e una forma perfettiva, che descrive azioni passate e concluse, delimitate nel tempo) dei quattro stadi che descrivono l’acquisizione della morfologia verbale in italiano L2 (Giacalone Ramat: 2003, capitolo 2) come gli apprendenti L2 che appartengono al gruppo sperimentale. Nel prossimo paragrafo (5.3.) faremo il confronto fra i risultati di ambedue i gruppi ed il loro livello di padronanza. 5.3. Il rapporto con il livello di padronanza linguistica Questo paragrafo è dedicato alla seconda domanda: Qual è il rapporto tra l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza da parte degli apprendenti L2 e il loro livello di padronanza linguistica globale? Prima di poter indagare il rapporto fra l’uso del sistema verbale in termini di complessità e accuratezza da parte degli apprendenti L2 e il loro livello di padronanza linguistica, dobbiamo conoscere i livelli di padronanza linguistica. In questo paragrafo presentiamo i risultati del Ctest. Come già stato discusso nel capitolo 4 non tratteremo i risultati del test Dialang, dato che questo test è apparso troppo difficile e quindi non discrimina tra i vari livelli di padronanza. 56 5.3.1. risultati C-test gruppo sperimentale La media del C-test ottenuto dagli apprendenti L2 dal gruppo sperimentale è 70, sul punteggio massimo di 100. Dei 42 apprendenti (5 apprendenti non hanno fatto il test) che hanno svolto il test il punteggio più alto ottenuto è 93, il punteggio più basso è 46, e 19 hanno ottenuto un risultato più basso della media. Nella tabella 16 abbiamo rappresentato tutti questi dati. Tabella 16: media del C-test del gruppo sperimentale N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 C-test Gruppo sperimentale 42 69,8 12,4 46 93 63 71 78 N = numero di apprendenti che hanno fatto il C-test M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana In base ai punteggi ottenuti nel C-test abbiamo classificato gli apprendenti in tre categorie diverse, come è indicato nella tabella 17. Abbiamo fatto questa divisione per capire meglio in quale punteggio ricade la media del gruppo in base ai risultati del C-test. Tabella 17: classificazione degli apprendenti L2 (secondo gruppo) nelle varie categorie Categoria Punteggio Numero degli apprendenti 1. alta 2. media 3. bassa >80 60-80 <60 8 26 8 In base ai risultati di questo test possiamo dire che circa il 62% degli apprendenti ricade nella media collettiva e quindi nella seconda categoria, come si può vedere nella sottostante figura 1, in cui sono rappresentate le percentuali indicative del numero degli apprendenti. 57 19% 19% categoria 1 categoria 2 categoria 3 62% Figura 1: risultati del C-test del gruppo sperimentale in percentuali, espressi nelle varie categorie Riassumendo possiamo dire che la maggior parte degli apprendenti L2 del gruppo sperimentale si trova al livello medio per quanto riguarda il punteggio del C-test. Alla luce di questi dati possiamo vedere che la maggior parte degli apprendenti possiede un livello intermedio sia per quanto riguarda il livello di padronanza linguistica che per quanto riguarda l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza, dato che il secondo stadio (Giacalone Ramat: 2003, capitolo 2) non può essere considerato uno stadio elementare né avanzato. 5.3.2. risultati C-test secondo gruppo In questo paragrafo tratteremo i risultati del C-test del secondo gruppo. La media del C-test svolto dai 13 apprendenti appartenenti al secondo gruppo è 68, sul punteggio massimo di 100. Di questi 13 il punteggio più alto ottenuto è 93, il punteggio più basso è 47, e 7 hanno ottenuto un risultato più basso della media di 68, come si può dedurre dalla tabella 18. 58 Tabella 18: media del C-test del secondo gruppo N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 C-test Secondo gruppo 13 67,7 13,9 47 93 57 65 78,5 N = numero di apprendenti che hanno fatto il C-test M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana In relazione ai vari punteggi ottenuto possiamo fare una suddivisione di questo gruppo, come abbiamo fatto per il gruppo sperimentale, così come è indicato nella tabella 19. Tabella 19: classificazione degli apprendenti L2 (secondo gruppo) nelle varie categorie Categoria Punteggio Numero di apprendenti 1. alta 2. media 3. bassa >80 60-80 <60 3 6 4 I risultati di questo test hanno rivelato che circa il 46% degli apprendenti L2 del secondo gruppo si trova nella seconda categoria. Le percentuali del numero degli apprendenti sono visibili nella figura 2. 59 23% 31% categoria 1 categoria 2 categoria 3 46% Figura 2: risultati del C-test, secondo gruppo, espressi nelle varie categorie Riassumendo possiamo dire che la maggior parte del secondo gruppo ha il livello medio per quanto riguarda il C-test, come anche il gruppo sperimentale. Però, il 62% del gruppo sperimentale ha questo livello, mentre questa percentuale è più bassa per il secondo gruppo, cioè il 46%. In più abbiamo notato che il 31% del secondo gruppo ha il livello basso, mentre questa percentuale per il gruppo sperimentale è quasi la metà, cioè il 19%. Possiamo dire, quindi, che in generale il gruppo sperimentale ha un livello di padronanza linguistica più alta del secondo gruppo. Nel prossimo capitolo (6) tratteremo i risultati dei parlanti nativi e faremo il confronto fra questi risultati e i risultati del gruppo sperimentale in termini di complessità. 60 6. Risultati: parlanti nativi Premessa In questo capitolo faremo un confronto tra l’uso del sistema verbale in termini di complessità da parte del gruppo sperimentale e dei parlanti nativi, per rispondere alla nostra terza domanda: Quali sono le differenze nell’uso del sistema verbale in termini di complessità fra gli apprendenti L2 e i parlanti nativi? Nel capitolo precedente (5) abbiamo rivelato i risultati del gruppo sperimentale in termini di complessità e accuratezza, adesso li metteremo in relazione a quelli dei parlanti nativi. Tratteremo, però, soltanto la complessità, e non faremo quindi il confronto fra i due gruppi in termini di accuratezza, dato che il tipo degli errori che commettono i parlanti nativi, perché non è detto che i parlanti nativi scrivano in italiano ‘perfetto’, non sarà comunque paragonabile al tipo degli errori che commettono gli apprendenti L2. Per questo abbiamo deciso di ignorare il paragone fra i due gruppi riguardo l’accuratezza. 6.1. Confronto gruppo sperimentale e parlanti nativi Il primo compito scritto è stato svolto da 21 studenti che hanno usato 417 forme verbali, di cui la maggior parte forme del presente (39%) e dell’infinito (36%). Il secondo compito è stato svolto da 20 studenti che hanno usato 380 forme verbali di cui anche la maggior parte sono forme del presente (48%) e dell’infinito (30%). Nel secondo compito sono state usate in totale meno forme verbali, il che si spiega per il minore numero di apprendenti e per la minore lunghezza media del testo, come raffigurato nella tabella 1. Dobbiamo aggiungere, però, che questo è dovuto dal cosiddetto ‘task effect’, ovvero che i due compiti scritti non richiedevano l’uso di una grande varietà di tempi verbale (quindi non è che i parlanti nativi non sappiano usare altri tempi verbali, ma semplicemente i compiti scritti richiedevano principalmente l’uso del presente). 61 Tabella 1: Media e deviazione standard del numero di parole usate in ambedue i compiti scritti da parte del gruppo di parlanti nativi Compito 1 21 139 44,9 77 240 102,5 131 160 N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 Compito 2 20 115 31,4 45 177 94,5 116,5 140,5 N = numero di apprendenti che hanno fatto il compito M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana Nella tabella 2 sono esposti i tempi verbali usati da parte dei parlanti nativi con i numeri assoluti e le percentuali per ambedue i compiti scritti. Tabella 2: uso dei tempi verbali in ambedue i compiti scritti per il gruppo di parlanti nativi in numeri assoluti e in percentuali Tempo verbale Assoluto Percentuale Assoluto Percentuale Comp1 Comp1 Comp2 Comp2 (N=21) (N=20) Infinito 151 36,2% 113 29,7% Presente 164 39,3% 183 48,2% Participio 32 7,7% 37 9,8% 1 0,3% 0 0,0% Futuro 25 6,0% 7 1,8% Condizionale 23 5,5% 13 3,4% Congiuntivo 21 5,0% 27 7,1% 417 100% 380 100% passato Imperfetto TOTALE N = numero di apprendenti Comp1 = compito 1 Comp2 = compito 2 Se confrontiamo questi risultati dei parlanti nativi concernenti l’uso dei tempi verbali con quelli del gruppo sperimentale possiamo vedere dove si trovano le differenze e le somiglianze, come si può evincere dalla tabella 3. 62 Tabella 3: uso dei tempi verbali per ambedue i compiti scritti per il gruppo sperimentale e il gruppo di parlanti nativi in percentuali Tempo L2 Comp1 L1 Comp1 L2 Comp2 L1 Comp2 Verbale N=46 N=21 N=40 N=20 Infinito 31,9% 36,2% 25,7% 29,7% Presente 55,4% 39,3% 59,2% 48,2% Participio 3,6% 7,7% 3,9% 9,8% Imperfetto 0,3% 0,3% 0,6% 0,0% Futuro 2,3% 6,0% 4,7% 1,8% Condizionale 2,3% 5,5% 3,0% 3,4% Congiuntivo 4,3% 5,0% 2,9% 7,1% 100% 100% 100% 100% passato TOTALE L2 = gruppo sperimentale L1 = parlanti nativi N = numero di apprendenti Comp1 = compito 1 Comp2 = compito 2 In base alla tabella 3 possiamo dire che riguardo la complessità nell’uso del sistema verbale sia il gruppo sperimentale che i parlanti nativi hanno usato più spesso il presente (se o meno in combinazione con l’infinito) in ambedue i compiti scritti. Per gli altri tempi verbali è stato notato che questi sono stati utilizzati in modo più frequente dai parlanti nativi, soprattutto per quanto riguarda l’uso delle forme del participio passato. Nella tabella 4 abbiamo fatto una classifica dei suddetti tempi usati (infinito/presente, participio passato, imperfetto, futuro, condizionale e congiuntivo) dai parlanti nativi in base alla frequenza dell’uso per il singolo tempo verbale. 63 Tabella 4: uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il gruppo di parlanti nativi in ordine decrescente Posizione Compito 1 (N=21) Compito 2 (N=20) 1. (più usato) Presente Presente 2. Infinito Infinito 3. Participio passato Participio passato 4. Futuro Congiuntivo 5. Condizionale Condizionale 6. Congiuntivo Futuro 7. (meno usato) Imperfetto Imperfetto N = numero di apprendenti Nella tabella 4 possiamo vedere il maggior uso del presente (se o meno in combinazione con l’infinito) da parte dei parlanti nativi. Una comparazione fra la classifica dei tempi verbali concernente la complessità per l’intero gruppo di parlanti nativi con la classifica dell’intero gruppo sperimentale (vedi capitolo 5, tabella 3) è rappresentato nella tabella 5. Tabella 5: uso dei tempi verbali in ambedue i compiti scritti in termini di frequenza per il gruppo sperimentale e per il gruppo di parlanti nativi in ordine decrescente Posizione L2 Compito 1 L1 Compito 1 L2 Compito 2 L1 Compito 2 (N=46) (N=21) (N=40) (N=20) 1. (più usato) Presente Presente Presente Presente 2. Infinito Infinito Infinito Infinito 3. Congiuntivo Participio Futuro Participio passato 4. Participio passato Futuro passato Participio Congiuntivo passato 5. Futuro/Condizionale 6. 7. (meno usato) Imperfetto Condizionale Condizionale Condizionale Congiuntivo Congiuntivo Futuro Imperfetto Imperfetto Imperfetto L2 = apprendenti L2 L1 = parlanti nativi N = numero di apprendenti Per quel che riguarda la tabella 5 possiamo dire che in ambedue i gruppi è possibile notare il maggior uso del presente, ma questo è il risultato del cosiddetto ‘task effect’ come già detto prima. Vediamo anche che il participio passato si trova sempre al terzo o quarto posto nella classifica in ambedue i gruppi e l’imperfetto è stato meno usato in ogni compito scritto, sia 64 dagli apprendenti L2 che dai parlanti nativi, ma anche questo è il risultato del ‘task effect’, in altre parole i compiti scritti non richiedevano l’uso dell’imperfetto. Gli altri tempi verbali hanno una posizione che varia fra il terzo e il sesto posto. Possiamo dire, quindi, che in termini di complessità il gruppo sperimentale non differisce molto dal gruppo di parlanti nativi. Nelle tabelle 6 e 7 è riportata la frequenza media dell’utilizzo di ogni singolo tempo verbale relativa ad un solo testo scritto da parte dei parlanti nativi, come abbiamo fatto anche per il gruppo sperimentale (vedi capitolo 5, tabelle 4 e 5). Tabella 6: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il primo compito scritto da parte dei parlanti nativi (N=21) N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 Infinito Presente 21 7,2 3,3 1 15 5 7 8,5 21 7,8 3,6 2 17 5,5 8 9,5 Participio Passato 15 2,1 1,3 1 5 1 2 3 Futuro 13 1,9 1,1 1 4 1 2 2,5 Condizionale 15 1,5 0,9 1 4 1 1 2 Congiuntivo 10 2,1 1,7 1 6 1 1,5 2 N = numero di parlanti nativi che hanno usato il tempo verbale M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana In base alla tabella 6 vediamo una media ed una divisione standard quasi simili nell’uso dell’infinito e del presente concernente il primo compito scritto. Gli altri tempi verbali non sono stati usati da tutti gli apprendenti, il congiuntivo per esempio non è stato usato nemmeno dalla metà. Nella tabella 7 possiamo vedere se esiste una simile divisione per il secondo compito scritto. 65 Tabella 7: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il secondo compito scritto da parte dei parlanti nativi (N=20) Infinito N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 20 5,7 2 2 8 4 6 7 Presente 20 9,2 4,2 3 19 5,5 9 12 Participio Passato 13 2,8 1,3 1 5 2 3 4 Futuro 4 1,8 1 1 3 1 1,5 2,5 Condizionale 10 1,3 0,5 1 2 1 1 2 Congiuntivo 14 1,9 1,1 1 4 1 1,5 2 N = numero di parlanti nativi che hanno usato il tempo verbale M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana Per quel che riguarda la tabella 7 possiamo dire che la deviazione standard è superiore nell’uso del presente, come vediamo anche nel primo compito scritto. Il presente è stato usato al massimo 17 volte, con una mediana di 8, mentre nel secondo compito è stato usato al massimo 19 volte con una mediana di 9. Il confronto concernente la media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza fra il gruppo sperimentale e i parlanti nativi per ambedue i compiti scritti è visibile nelle tabelle 8 e 9. 66 Tabella 8: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il primo compito scritto da parte del gruppo sperimentale (N=46) e dei parlanti nativi (N=21) N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 L2 Inf 46 8,4 2,8 L1 Inf 21 7,2 3,3 L2 Pres 46 14,5 3,7 L1 Pres 21 7,8 3,6 L2 PP 25 1,6 1,1 L1 PP 15 2,1 1,3 L2 Fut 18 1,5 0,6 3 14 6 8,5 10 1 15 5 7 8,5 5 21 12 15 17 2 17 5,5 8 9,5 1 4 1 1 2 1 5 1 2 3 1 3 1 1 2 L1 Fut 13 1,9 1,1 1 4 1 2 2,5 L2 L1 L2 Cond Cond Cong 17 15 31 1,6 1,5 1,6 1,3 0,9 0,9 1 6 1 1 2 1 4 1 1 2 1 4 1 1 2 L1 Cong 10 2,1 1,7 1 6 1 1,5 2 L2 = gruppo sperimentale L1 = parlanti nativi N = numero di parlanti nativi che hanno usato il tempo verbale M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana Tabella 9: media dell’uso dei tempi verbali in termini di frequenza per il secondo compito scritto da parte del gruppo sperimentale (N=40) e dei parlanti nativi (N=20) N M Dev. St Min Max Q1 Med Q3 L2 Inf 40 6,3 2,6 1 14 5 6 8 L1 Inf 20 5,7 2 L2 Pres 40 14,2 4,5 L1 Pres 20 9,2 4,2 L2 PP 23 1,7 0,8 L1 PP 13 2,8 1,3 L2 Fut 21 2,1 1 2 8 4 6 7 6 27 11 14 16,5 3 19 5,5 9 12 1 3 1 1 2 1 5 2 3 4 1 4 1 2 3 L1 Fut 4 1,8 1 1 3 1 1,5 2,5 L2 Cond 15 1,8 1,1 L1 Cond 10 1,3 0,5 L2 Cong 17 1,7 0,6 1 4 1 1 2 1 2 1 1 2 1 3 1 2 2 L2 = gruppo sperimentale L1 = parlanti nativi N = numero di parlanti nativi che hanno usato il tempo verbale M = media Dev. st = deviazione standard Min = minimo Max = massimo Q = quartile Med = mediana In base alle tabelle 8 e 9 è possibile dire che solo il presente è stato usato dal 100% sia degli apprendenti del gruppo sperimentale che dei parlanti nativi in ambedue i compiti scritti. Abbiamo notato invece che questa omogeneità non è presente per gli altri tempi verbali, che 67 L1 Cong 14 1,9 1,1 1 4 1 1,5 2 è il risultato del ‘task effect’. Infatti possiamo vedere che l’uso ad esempio del futuro risulta diminuito nel secondo compito scritto da parte dei parlanti nativi, questo vale anche per l’uso del congiuntivo da parte del gruppo sperimentale. Altro dato interessante appare quello della deviazione standard che, per quanto riguarda l’infinito e il presente, è molto simile in entrambi i gruppi per entrambi i compiti. Questo aspetto è molto più accentuato nell’uso del presente (3,7 versus 3,6 nel primo compito, e 4,5 versus 4,2 nel secondo compito). Nel prossimo capitolo (7) tratteremo le conclusioni relative alle tre domande principali di questo lavoro tramite l’interpretazione dei risultati fino a qui ottenuti. 68 7. Conclusione Nella presente tesi è stato analizzato l’uso del sistema verbale in termini di complessità e accuratezza da parte degli apprendenti L2. Per quanto riguarda la complessità ci aspettavamo un minore utilizzo del condizionale e del congiuntivo in relazione agli altri tempi verbali, dato che essi vengono appresi per ultimi (Giacalone Ramat: 2003). In più ci aspettavamo un maggiore utilizzo del presente (se o meno in combinazione con l’infinito), cioè il tempo verbale che viene appreso per primo. Queste ipotesi sono state confermate, dato che il tempo verbale più usato in ambedue i compiti scritti è stato appunto il presente (il 55% ed il 59%), mentre il congiuntivo ed il condizionale sono stati usati relativamente poco (non più del 4% in ambedue i compiti scritti). Questo basso utilizzo del congiuntivo è legato al fatto che gli apprendenti l’hanno ancora appreso, visto che in (quasi) tutti i casi in cui è stato richiesto l’uso del congiuntivo, è stata usata una forma del presente dell’indicativo (ad. es. ‘Credo che questo scopo è molto importante.’). Potremmo spiegare questo anche col fatto che il congiuntivo in olandese viene poco usato e soltanto nella frase principale o nelle espressioni fisse, mentre in italiano il congiuntivo occupa un posto importante nella grammatica quotidiana (paragrafo 1.1.5.). Questa differenza nell’uso del congiuntivo può rendere l’apprendimento di questo tempo verbale ancora più difficile per gli apprendenti olandesi. Riguardo all’accuratezza abbiamo notato relativamente pochi errori da parte del gruppo sperimentale nei compiti scritti (il 14% ed il 13%). Una parte di questi errori ci riporta al capitolo 1, in cui abbiamo esposto le differenze tra il sistema verbale italiano e quello olandese. Infatti, gli apprendenti L2 hanno trovato delle difficoltà laddove i due sistemi, italiano e olandese, differiscono, cioè con l’accordo di genere e l’accordo di numero. Relativamente più errori, però, sono stati fatti nella categoria ‘sovraestensione’, una strategia di apprendimento, ovvero nei casi in cui è stata usata una forma regolare laddove è stata richiesta una forma irregolare. L’uso del condizionale ci ha stupito, però, dato che nell’uso di questo tempo verbale gli errori sono stati fatti in quantità minore rispetto all’uso degli altri tempi verbali, ad eccezione del presente. In più, non sono stati usati soltanto i condizionali che emergono relativamente presto, ovvero le forme apprese in modo non analizzato come vorrei e sarebbe (Pallotti: 1998). Queste forme sono usate il 21% del totale utilizzo, in tutti gli altri casi è stata usata un’altra forma (paragrafo 5.1.2.). Questo non corrisponde, quindi, alla nostra ipotesi e potremmo spiegarlo dicendo che in ambedue i compiti scritti è stato meno di un terzo dell’intero gruppo di apprendenti che ha usato il condizionale in modo corretto. Forse è stata 69 una coincidenza nel senso che quei pochi hanno avuto più input dell’italiano in qualsiasi modo. Per quanto riguarda l’uso del futuro possiamo dire che in generale gli apprendenti L2 hanno appreso in pieno questo tempo verbale, dato che solo nel 30% dei casi, in cui è stata usata una forma del futuro in modo corretto, è stata usata la forma epistemica per esprimere il dubbio, cioè sarà (Pallotti: 1998). Tutte le altre volte (70%) è stata usata un’altra forma del futuro. I compiti scritti sviluppati per il progetto CALC non richiedevano l’uso delle forme del passato, per questo abbiamo sviluppato un altro compito scritto mirato ad utilizzare delle forme del passato. Grazie a questo test abbiamo potuto indagare fino a che punto gli apprendenti L2 del secondo gruppo hanno sviluppato le forme del participio passato e dell’imperfetto. I dati ottenuti ci portano a capire che le forme dell’imperfetto e del participio passato non sembrano essere apprese a pieno (vedi gli esempi 7-12 nel paragrafo 5.2.3.), dato che circa il 34%, del totale delle forme usate, è errato. Abbiamo constatato, però, più difficoltà con le forme del participio passato rispetto a quelle dell’imperfetto (rispettivamente il 38% ed il 29%). Questo dato ci fa riflettere, dato che il participio passato si apprende prima dell’imperfetto (Giacalone Ramat: 2003). Questo ci porta a pensare che il participio passato venga appreso prima dell’imperfetto, ma presenta una struttura più complicata. L’analisi degli errori ha fatto notare difficoltà nell’uso del participio passato data dal fenomeno dell’accordo del genere, il che non si verifica nell’uso dell’imperfetto e che non esiste nella lingua olandese (paragrafo 1.1.1.). Il participio passato, infatti, presenta un uso maggiore (circa il 64%) rispetto all’imperfetto (circa il 36%), ma un’accuratezza inferiore (62,5% per il participio passato e 71,2% per l’imperfetto). Gli errori analizzati non riguardano soltanto la struttura del tempo verbale, ma sono anche da collegare al fatto che gli apprendenti non hanno ancora appreso la differenza tra l’aspetto perfettivo e quello imperfettivo. Questo non ci sorprende, dato che in olandese l’uso dell’aspetto verbale è diverso che in italiano, e viene usato l’imperfetto laddove in italiano viene richiesto l’uso del participio passato (capitolo 2). Dopo aver analizzato l’uso del sistema verbale da parte degli apprendenti L2 abbiamo fatto il confronto fra questi risultati e il loro livello di padronanza linguistica globale. Abbiamo ipotizzato esserci un rapporto tra l’uso del sistema verbale e il livello di padronanza linguistica e i risultati ottenuti hanno confermato questa ipotesi. A parte qualche eccezione, il gruppo sperimentale si trova nella categoria media per quanto riguarda il C-test. Vuol dire che la maggior parte del gruppo ha ottenuto un punteggio tra 60 e 80, sul punteggio massimo di 100. Per quel che riguarda l’uso del sistema verbale la media degli apprendenti è stata classificata nel secondo stadio degli stadi che descrivono l’acquisizione della 70 morfologia verbale in italiano L2 (Giacalone Ramat: 2003). Questo stadio intermedio è caratterizzato dalla comparsa di una prima opposizione morfologica tra la forma basica, che esprime azioni presenti o durative, e una forma perfettiva, che descrive azioni passate e concluse, delimitate nel tempo. Per ambedue i test, quindi, gli apprendenti L2 hanno il livello intermedio. Questo livello intermedio è anche riscontrabile nella produzione scritta. Infatti, analizzando i testi scritti abbiamo potuto valutare che gli apprendenti L2 non si limitano soltanto a “prendere semplici appunti ed a scrivere brevi messaggi su argomenti riguardanti bisogni immediati” (livello A2), ma riescono “a scrivere testi semplici e coerenti su argomenti noti o di interesse esponendo esperienze e impressioni” (livello B1), (Council of Europe: 2001), ad. es. ‘Secondo me è importante che l’università da attenzione a queste persone.’ Per quel che riguarda la correttezza grammaticale (Council of Europe: 2001) gli apprendenti L2 appartengono, anche in questo caso, ad un livello B1, in quanto “comunicano con ragionevole correttezza in contesti familiari e la padronanza grammaticale è generalmente buona anche se si nota l’influenza della lingua madre. Nonostante gli errori, ciò che cercano di esprimere è chiaro” (ad. es. ‘Le gente dell’organizzazione “ritorno alla Natura” beneficiano del sostegno e perciò possono lavorare miglioramente.’). L’esempio riportato dimostra che l’apprendente riesce ad esprimersi in modo chiaro, anche se con qualche errore grammaticale e si nota l’influenza della lingua madre (la parola gente in olandese è di numero plurale al contrario dell’italiano). In base a questo possiamo dire che c’è infatti una correlazione fra il livello di padronanza linguistica e l’uso del sistema verbale in termini di complessità ed accuratezza. Questo viene anche rispecchiato nella produzione scritta e nel livello grammaticale generale dove la media degli apprendenti si trova ad un livello intermedio. La nostra ultima domanda riguarda il confronto fra il gruppo sperimentale e i parlanti nativi in termini di complessità. Per quanto riguarda questo confronto abbiamo ipotizzato che ci fosse una grande differenza fra gli apprendenti L2 ed i parlanti nativi. Abbiamo notato, però, che anche i parlanti nativi hanno usato le forme del presente in quantità superiore rispetto agli altri tempi verbali, rivelando quindi una complessità simile al gruppo sperimentale nell’uso del sistema verbale. Potremmo spiegare questo tramite il cosiddetto ‘task effect’, vale a dire che non è che i parlanti nativi non sappiano usare altri tempi verbali, ma i due compiti scritti non hanno richiesto molta varietà di tempi verbali. Per rendere i risultati fin qui ottenuti ancora più precisi si potrebbe pensare alla formulazione di compiti scritti differenti, così da poter ricoprire la totalità dell’utilizzo di tutti i tempi verbali. Importante sarà anche somministrare i compiti scritti ad un unico gruppo di apprendenti, per rendere più semplice l’analisi statistica sul gruppo di lavoro. 71 Bibliografia Libri: APPEL, R., BAKER, A., HENGEVELD, K., KUIKEN, F. e MUYYSKEN, P., 2002, Taal en Taalwetenschap, Oxford: Blackwell BANFI, E., BERNINI, G., 2003, Il verbo, In Giacalone Ramat, A., (a cura di), Verso l’italiano, percorsi e strategie di acquisizione, Roma: Carocci BLOK-BOAS, A., MAEDER, C., SCORRETTI, M., 2001, Frase e testo, studi in onore di Vincenzo Lo Cascio, Firenze: Cesati CHINI, M., 2005, Che cos’è la linguistica acquisizionale, Roma: Carocci COUNCIL OF EUROPE, 2001, Common European Framework of Reference for Languages: Learning, teaching, assessment, Cambridge: Cambridge University Press DIADORI, P., PALERMO, M., TRONCARELLI, D., 2009, Manuale di didattica dell’italiano L2, Perugia: Guerra FERRARI, S., NUZZO, E., La valutazione delle competenze orali in italiano L2: una verifica sperimentale dell’affidabilità dei criteri suggeriti dal QCER, Università di Verona GIACALONE RAMAT, A., Italiano di stranieri, In Sobrero, A. (a cura di) Introduzione all'italiano contemporaneo. La variazione e gli usi. Bari: Laterza LUISE, M. C., 2006, Italiano come seconda lingua: elementi di didattica, Torino: Utet KUIKEN, F., VEDDER, I., 1995, Grammatica opnieuw bekeken: over de rol en aanpak van grammatica in tweede- en vreemde-taalonderwijs, Amsterdam: Meulenhoff KUIKEN, F., VEDDER, I & GILABERT, R. (in stampa), Communicative adequacy and linguistic complexity in L2 writing in relation to CEFR scales and levels, In I. Bartning, M. Martin & I. Vedder (editors), Second language acquisition and testing in Europe. Eurosla Monograph Series (Series Editor G. Pallotti), Vol. 1 MADDII, L., 2004, Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, Atene: Edilingua PALLOTTI, G., 1998, La seconda Lingua, Milano: Bompiani PALLOTTI, G., (in stampa), Doing interlanguage analyses in teaching and testing contexts, In I. Bartning, M. Martin & I. Vedder (editors), Second language acquisition and testing in Europe. Eurosla Monograph Series (Series Editor G. Pallotti), Vol. 1 SANNITI DI BAJA, M. T., 2000, L1 e L2; ipotesi e apprendimento, Napoli: Liguori SENSINI, M., 1997, La grammatica della lingua italiana, Milano: Mondadori VEDOVELLI, M., 2002, Guida all’italiano per stranieri: la prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue, Roma: Carocci 72 Siti: http://nl.wikipedia.org/wiki/Modus_(taalkunde) http://nl.wikipedia.org/wiki/Tempus http://nl.wikipedia.org/wiki/Aanvoegende_wijs http://it.wikipedia.org/wiki/Aspetto_verbale http://it.wikipedia.org/wiki/CEFR http://www.dialang.org http://wiki.uva.nl/proeve-uva/index.php/Beginnersgids_Markin 73 Allegato 1: C-test C-test Italiano Di queste parole manca la metà o la metà + 1. Completa le parole. Esempio: Domani pe_ _ _ di and_ _ _ al cin_ _ _ . Soluzione: Domani penso di andare al cinema. Se non conosci una parola, la puoi saltare. IN BOCCA AL LUPO! 1. Cupido sì, amore eterno no. Terra di poeti, viaggiatori e innamorati. Il B_ _ Paese risc_ _ _ _ il cu_ _ _ dei gio_ _ _ _ ? Pare prop_ _ _ di s_ . I gio_ _ _ _ italiani so_ _ i p_ _ innamorati d_ tutti. N_ _ credono a_ _ amore ete_ _ _ , ma a_ colpo d_ fulmine s_ . Nove ital_ _ _ _ su di_ _ _ hanno de_ _ _ di ess_ _ _ già st_ _ _ innamorati. Ma solo un giovane su due crede all’amore eterno. 2. McDonald’s sulle pagelle scolastiche La pervasività della pubblicità negli Stati Uniti non conosce limiti. È succ_ _ _ _ in u_ _ contea del_ _ Florida, la Seminole County, do_ _ 27000 stud_ _ _ _ delle scu_ _ _ medie s_ sono vis_ _ recapitare a ca_ _ la pag_ _ _ _ (in America vi_ _ _ di sol_ _ _ inviata p_ _ posta) su_ _ _ quale e_ _ stata stam_ _ _ _ la pubbl_ _ _ _ _ degli ‘Happy Meals’ d_ McDonald’s. Non so_ _ : ogni studente che riporta buoni voti ha diritto a un ‘Happy Meal’ gratis. 3. Cocaina in macchina Un cittadino tedesco è stato arrestato nei pressi di Prato per traffico internazionale di stupefacenti. Tutto co_ _ in u_ film: l’insospe_ _ _ _ _ _ _ turista c_ _ nasconde l_ droga n_ _ doppiofondo de_ _ _ valigia. L’uo_ _ è st_ _ _ fermato d_ _ carabinieri p_ _ un cont_ _ _ _ _ mentre e_ _ a bo_ _ _ di u_ _ macchina d_ grossa cilin_ _ _ _ _ . 74 I mil_ _ _ _ _ hanno tro_ _ _ _ sei ch_ _ _ di coc_ _ _ _ . L’uomo aveva nascosto le buste sotto il sedile. 4. Tornano di moda i cavalli Sono oltre 70 le città francesi che hanno scelto il cavallo invece del motore per alcuni servizi pubblici. Niente p_ _ scuolabus o cam_ _ _ per l_ raccolta d_ _ rifiuti, m_ carrozzelle a cav_ _ _ _ e carr_ _ _ _ . A St Pierre sur Dives nel Calvados i bam_ _ _ _ vanno a scu_ _ _ in carroz_ _ _ _ _ comunale A Trouville, sem_ _ _ in Normandia, l_ bottiglie d_ vetro vu_ _ _ circolano s_ _ carretti. Tor_ _ _ _ all’ant_ _ _ è an_ _ _ la sce_ _ _ del com_ _ _ di Castelbuono, in Sicilia. A Castelbuono sono stati recuperate gli asinelli per la raccolta differenziata. 5. Sparatoria in una clinica a Napoli Sparatoria all’ingresso della clinica Villa Betania nel quartiere Ponticelli a Napoli. Una per_ _ _ _ , forse u_ paramedico, risult_ _ _ _ _ _ ferita a_ una ga_ _ _ . L’uo_ _ che h_ fatto fu_ _ _ all’int_ _ _ _ della cli_ _ _ _ Villa Betania avr_ _ _ _ sparato p_ _ «motivi pass_ _ _ _ _ _ » . Le condi_ _ _ _ _ dell’infer_ _ _ _ _ che è st_ _ _ colpito al_ _ coscia sini_ _ _ _ , non appa_ _ _ _ preoccupanti. La prima prognosi rilasciata dai medici che l’hanno assistito è di dieci giorni. 75 Allegato 2: compito di scrittura 1 CALC Task 1 La tua università ha deciso di sponsorizzare a partire da quest’anno un’organizzazione nonprofit, con una somma di €50.000. Sono state proposte tre associazioni: 1) Ritorno alla Natura 2) ASPH (Associazione Sportiva Portatori di Handicap fisici e mentali) 3) Prima gli animali La selezione verrà fatta da una commissione composta da studenti. Ogni membro della commissione deve scrivere una breve relazione per indicare a chi dovrebbero andare i soldi e per quale motivo. In base agli argomenti indicati dai membri della commissione l’università deciderà in seguito quale di queste organizzazioni verrà sponsorizzata. Quest’anno tu sei membro della commissione. Leggi qui le descrizioni delle tre organizzazioni e decidi a quale associazione secondo te devono andare i soldi. Nella relazione devi fornire almeno tre argomenti per motivare la tua scelta. Cerca di essere molto chiaro. Nel tuo testo devono essere presenti i seguenti punti: - l’associazione che verrà sponsorizzata; - lo scopo dell’associazione; - chi potrà beneficiare del sostegno; - perché l’università deve sostenere l’associazione (3 argomenti) Hai 35 minuti di tempo per scrivere un testo di almeno 150 parole (circa 15 righe). Per questo compito non è ammesso l’uso del dizionario. 76 Ritorno alla Natura ASPH (Associazione Sportiva Portatori di Handicap fisici e mentali) Prima gli Animali Ritorno alla Natura è Prima gli Animali lotta un’organizzazione che per la difesa degli cerca di salvare i pochi animali minacciati. luoghi nel nostro paese ASPH sostiene le in cui la natura è rimasta associazioni sportive intatta. che prendono iniziative a favore dei bambini portatori di handicap. 77 Allegato 3: compito di scrittura 2 CALC Task 2 Ogni mese il tuo giornale favorito offre ai lettori la possibilità di decidere quale sarà l’articolo principale dell’inserto mensile. Per il prossimo numero la redazione ha proposto i seguenti temi: 1) L’effetto serra 2) Esercizio fisico 3) Esperimenti sugli animali La selezione di uno di questi articoli verrà fatta da un comitato di lettori. Ogni membro del comitato deve scrivere una breve relazione per indicare quale articolo deve essere scelto e per quali motivi. In base agli argomenti indicati dai membri del comitato, la redazione deciderà in seguito quale sarà l’articolo che apparirà in prima pagina. Questa volta sei tu a far parte del comitato dei lettori. Leggi qui le descrizioni degli articoli e decidi quale ti sembra quello più adatto per la prima pagina dell’inserto e perché. Nella tua relazione devi fornire almeno 3 argomenti per motivare la tua scelta. Cerca di essere molto chiaro. Nel tuo testo devono essere presenti i seguenti punti: - Quale articolo deve essere scelto? - Qual è l’importanza dell’articolo? - Per quali lettori l’articolo ti sembra interessante? - Per quali motivi l’articolo deve apparire in prima pagina (3 argomenti) Hai 35 minuti di tempo per scrivere un testo di almeno 150 parole (circa 15 righe). Per questo compito non è ammesso l’uso del dizionario. 78 L’effetto serra Esercizio fisico Esperimenti sugli animali In tutto il mondo è in corso un dibattito su quali misure sono necessarie per combattere l’effetto serra e perché. Il Ministero della Sanità vuole promuovere una campagna nelle scuole per prevenire il fatto che i giovani diventino sempre più grassi e per far sì che facciano più esercizio fisico. Si calcola che ogni anno nel mondo vengono utilizzati e uccisi tra 50 e 100 milioni di animali durante e dopo gli esperimenti sugli animali. 79 Allegato 4: compito di scrittura secondo gruppo Compito scritto Scrivete un testo di almeno 100 parole su uno dei seguenti soggetti: - una bella vacanza passata (quando è stata, con chi eravate, dove, ecc.) - un bel ricordo di una festa (potrebbe essere di tutto, per esempio la festa di compleanno o la festa di San Nicola; come l’avete festeggiata, dove, e perché vi è piaciuta questa festa in particolare, ecc.) 80