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CULTURA
NUOVI MODELLI
O
gni cultura umana è dotata di strumenti
che permettono di comunicare fra individui. Ci troviamo di fronte a una capacità di
comunicazione attraverso linguaggi verbali e
non verbali. In che cosa consiste la differenza
tra linguaggi verbali e non verbali? Il linguaggio verbale si realizza nell’utilizzo di parole
che, con le loro strutture grammaticali, diventano meccanismi logico-cognitivi che filtrano
e organizzano il pensiero (Jackendoff 1989).
Il linguaggio non verbale è espresso attraverso
azioni che un soggetto compie per comunicare
qualcosa ad altri.
Oggi i sistemi di comunicazione attraverso
“azioni artistiche”, e in particolare con la musica, si sono particolarmente evoluti.
Per tutti noi è consuetudine pensare alla musica come fenomeno esclusivamente centrato
sul suono, mentre nelle culture di quasi tutte le popolazioni del mondo il suono è visto
come elemento necessariamente connesso con
i gesti che lo producono, con le voci che lo
cantano, con i passi che lo danzano e con le situazioni rituali a cui esso si associa. I principi
fondatori di tali concezioni si basano sul fatto
che nei secoli la musica strumentale, e in particolare quella occidentale, si è sviluppata in
stretta connessione tra gli elementi puramente tecnici e l’immaginazione dell’uomo. La
musica diventa quindi un’esperienza globale
e non solo sonora, quella che i greci chiamavano mousikè.
È vero che la divisione di ruoli tra musicisti
e ascoltatori è assai netta, ma è altrettanto
vero che se l’ascoltatore non può partecipare
fisicamente all’azione perché “bloccato” nelle poltrone, è comunque chiamato a prendervi
parte immaginariamente, nella misura in cui si
lascia coinvolgere, anche fisiologicamente.
Nelle società antiche le manifestazioni musicali erano soprattutto legate a rituali e feste
religiose, materie che avevano ed hanno, nei
loro più profondi significati, lo scopo di svelare i misteri dell’esistenza e di chiarire all’uomo perché vive e per quali scopi è stato creato.
Hanno anche il naturale compito di indicare
quali sono gli obiettivi ultimi verso cui la natura umana deve tendere, transitando verso i valori più profondi dell’individuo e della società.
Non è un caso che la musica venga “utilizzata” anche per confermare ed accrescere certi
valori in parate militari o di unione nazionale.
Oggi esiste il caso dei sabati sera, che si svolgono nelle discoteche come vere e proprie celebrazioni dei valori di gruppi adolescenziali.
Un tempo queste erano identificabili nelle feste di palazzo, dedicate ai fasti di una determinata classe sociale o di una singola famiglia.
La musica diviene quindi l’espressione di valori comuni e condivisi. Non è agevole il compito di esporre in modo chiaro i contenuti di
un concetto come quello di valore. Di valori
Il valore sociale
della musica
si può discutere in famiglia, con un collega di
lavoro, con un amico, di valori si può leggere
sui libri, su un giornale, nell’affrontare il significato di ricerche scientifiche, di valori ne
possono discutere gli insegnanti, i giornalisti, i commessi dei negozi; a criteri di valore
si possono riferire quindi tutti coloro che, per
qualsiasi ragione, intendono dare un giudizio
su qualcosa o su qualcuno. I valori a cui una
persona crede, contemplano il d.n.a.
delle sue aspettative per il futuro
e l’essenza progettuale della
sua vita.
Quando ci troviamo di
fronte a una qualsiasi
azione o ad un comportamento umano
di qualche tipo e
siamo in grado di
capirne le motivazioni, sicuramente
è perché diamo un
“senso” a quell’azione o a quel comportamento. Possiamo quindi
definire, con ragionevole
certezza, “senso” come il
frutto di una nostra interpretazione delle azioni.
Sulla base di tali constatazioni si può affermare che i valori rappresentano e sono un patrimonio generale che accomuna ogni individuo
e che permette ai singoli di riconoscersi anche
in gruppi di appartenenza sociale, azione necessaria a dare sicurezza e appoggio collettivo
alla sue idee, nell’affermazione della propria
identità. Esiste quindi un settore specifico
dell’attività umana il cui scopo è proprio quello di porre l’attenzione sui valori, di riflettere
sulla loro esistenza e di mettere in luce le loro
funzioni, l’arte in genere ed in particolare la
musica.
Gesti e movimenti, parole e suoni, abbigliamenti, spazi e luoghi, funzionano come sistemi di linguaggio non verbale che interagiscono continuamente fra loro, essendo organizzati
con caratteristiche proprie e dotati di un senso
che i partecipanti ben comprendono. Si educano i giovani a rispondere adeguatamente alla
realtà culturale in cui sono inseriti e la musica,
in questo, può avere un ruolo molto importante. Non importa se è musica colta o musica
leggera.
L’attenzione dei compositori, dei musicisti,
degli educatori e del pubblico, dovrebbe essere rivolta al fatto che la funzione della musica
e delle arti è ancora quella in cui la società è
chiamata a raffigurare per immagini i suoni,
trasformandoli in valori personali e collettivi.
La musica è per tutti e oggi il pubblico colto è
immensamente più numeroso di quello “musicalmente” colto.
Le facoltà che servono all’ascolto impegnano
la persona intera e la sua più profonda identità. Impegnano l’essere umano alla ricerca e al
pieno possesso di ideologie assolutamente
necessarie alla vita. La musica è anche un piacevole divertimento,
è una profonda e piacevole
esperienza e quella del divertirsi e del divertire è
un’importante funzione
sociale.
Proposta da un professionista o da un dilettante, ascoltata dal vivo
o attraverso una riproduzione, la musica è e
rimarrà sempre uno tra
i più validi strumenti di
espressione umana.
Come calare dunque anche
nella realtà scolastica queste
considerazioni sull’importanza della
musica nell’intero tessuto sociale? Un’idea
educativa potrebbe essere quella di far capire che i gusti musicali provengono anche
dall’esperienza di vita quotidiana, aiutarli a
riconoscerli in quanto valori, nei molteplici
modi in cui la società li manifesta. Sono gusti anche quelli del vestiario, ad esempio, e lo
sono perché riflettono i valori. na seconda strada potrebbe essere quella di abituare i giovani
a capire il senso dei differenti stili musicali,
partendo ovviamente da quelli a loro più familiari.
Se il nonno ascolta un’operetta è semplicemente perché questa riflette i valori e le conoscenze della sua epoca.
Gli esempi potrebbero essere infiniti: anche i
cinesi amano musiche per noi apparentemente
incomprensibili, ma anche per loro la storicizzazione può funzionare.
La storia, quindi la comprensione dei contesti e delle funzioni culturali, ci può insegnare
molte cose a questo proposito. E in una aggiornata didattica, che in questi anni si sta cominciando a sviluppare, il concetto di valore può
avere una funzione centrale per una crescita
sociale che dia sicurezze e certezze al futuro
dei nostri giovani.
Stefano Darra