31 CULTURA NUOVI MODELLI O gni cultura umana è dotata di strumenti che permettono di comunicare fra individui. Ci troviamo di fronte a una capacità di comunicazione attraverso linguaggi verbali e non verbali. In che cosa consiste la differenza tra linguaggi verbali e non verbali? Il linguaggio verbale si realizza nell’utilizzo di parole che, con le loro strutture grammaticali, diventano meccanismi logico-cognitivi che filtrano e organizzano il pensiero (Jackendoff 1989). Il linguaggio non verbale è espresso attraverso azioni che un soggetto compie per comunicare qualcosa ad altri. Oggi i sistemi di comunicazione attraverso “azioni artistiche”, e in particolare con la musica, si sono particolarmente evoluti. Per tutti noi è consuetudine pensare alla musica come fenomeno esclusivamente centrato sul suono, mentre nelle culture di quasi tutte le popolazioni del mondo il suono è visto come elemento necessariamente connesso con i gesti che lo producono, con le voci che lo cantano, con i passi che lo danzano e con le situazioni rituali a cui esso si associa. I principi fondatori di tali concezioni si basano sul fatto che nei secoli la musica strumentale, e in particolare quella occidentale, si è sviluppata in stretta connessione tra gli elementi puramente tecnici e l’immaginazione dell’uomo. La musica diventa quindi un’esperienza globale e non solo sonora, quella che i greci chiamavano mousikè. È vero che la divisione di ruoli tra musicisti e ascoltatori è assai netta, ma è altrettanto vero che se l’ascoltatore non può partecipare fisicamente all’azione perché “bloccato” nelle poltrone, è comunque chiamato a prendervi parte immaginariamente, nella misura in cui si lascia coinvolgere, anche fisiologicamente. Nelle società antiche le manifestazioni musicali erano soprattutto legate a rituali e feste religiose, materie che avevano ed hanno, nei loro più profondi significati, lo scopo di svelare i misteri dell’esistenza e di chiarire all’uomo perché vive e per quali scopi è stato creato. Hanno anche il naturale compito di indicare quali sono gli obiettivi ultimi verso cui la natura umana deve tendere, transitando verso i valori più profondi dell’individuo e della società. Non è un caso che la musica venga “utilizzata” anche per confermare ed accrescere certi valori in parate militari o di unione nazionale. Oggi esiste il caso dei sabati sera, che si svolgono nelle discoteche come vere e proprie celebrazioni dei valori di gruppi adolescenziali. Un tempo queste erano identificabili nelle feste di palazzo, dedicate ai fasti di una determinata classe sociale o di una singola famiglia. La musica diviene quindi l’espressione di valori comuni e condivisi. Non è agevole il compito di esporre in modo chiaro i contenuti di un concetto come quello di valore. Di valori Il valore sociale della musica si può discutere in famiglia, con un collega di lavoro, con un amico, di valori si può leggere sui libri, su un giornale, nell’affrontare il significato di ricerche scientifiche, di valori ne possono discutere gli insegnanti, i giornalisti, i commessi dei negozi; a criteri di valore si possono riferire quindi tutti coloro che, per qualsiasi ragione, intendono dare un giudizio su qualcosa o su qualcuno. I valori a cui una persona crede, contemplano il d.n.a. delle sue aspettative per il futuro e l’essenza progettuale della sua vita. Quando ci troviamo di fronte a una qualsiasi azione o ad un comportamento umano di qualche tipo e siamo in grado di capirne le motivazioni, sicuramente è perché diamo un “senso” a quell’azione o a quel comportamento. Possiamo quindi definire, con ragionevole certezza, “senso” come il frutto di una nostra interpretazione delle azioni. Sulla base di tali constatazioni si può affermare che i valori rappresentano e sono un patrimonio generale che accomuna ogni individuo e che permette ai singoli di riconoscersi anche in gruppi di appartenenza sociale, azione necessaria a dare sicurezza e appoggio collettivo alla sue idee, nell’affermazione della propria identità. Esiste quindi un settore specifico dell’attività umana il cui scopo è proprio quello di porre l’attenzione sui valori, di riflettere sulla loro esistenza e di mettere in luce le loro funzioni, l’arte in genere ed in particolare la musica. Gesti e movimenti, parole e suoni, abbigliamenti, spazi e luoghi, funzionano come sistemi di linguaggio non verbale che interagiscono continuamente fra loro, essendo organizzati con caratteristiche proprie e dotati di un senso che i partecipanti ben comprendono. Si educano i giovani a rispondere adeguatamente alla realtà culturale in cui sono inseriti e la musica, in questo, può avere un ruolo molto importante. Non importa se è musica colta o musica leggera. L’attenzione dei compositori, dei musicisti, degli educatori e del pubblico, dovrebbe essere rivolta al fatto che la funzione della musica e delle arti è ancora quella in cui la società è chiamata a raffigurare per immagini i suoni, trasformandoli in valori personali e collettivi. La musica è per tutti e oggi il pubblico colto è immensamente più numeroso di quello “musicalmente” colto. Le facoltà che servono all’ascolto impegnano la persona intera e la sua più profonda identità. Impegnano l’essere umano alla ricerca e al pieno possesso di ideologie assolutamente necessarie alla vita. La musica è anche un piacevole divertimento, è una profonda e piacevole esperienza e quella del divertirsi e del divertire è un’importante funzione sociale. Proposta da un professionista o da un dilettante, ascoltata dal vivo o attraverso una riproduzione, la musica è e rimarrà sempre uno tra i più validi strumenti di espressione umana. Come calare dunque anche nella realtà scolastica queste considerazioni sull’importanza della musica nell’intero tessuto sociale? Un’idea educativa potrebbe essere quella di far capire che i gusti musicali provengono anche dall’esperienza di vita quotidiana, aiutarli a riconoscerli in quanto valori, nei molteplici modi in cui la società li manifesta. Sono gusti anche quelli del vestiario, ad esempio, e lo sono perché riflettono i valori. na seconda strada potrebbe essere quella di abituare i giovani a capire il senso dei differenti stili musicali, partendo ovviamente da quelli a loro più familiari. Se il nonno ascolta un’operetta è semplicemente perché questa riflette i valori e le conoscenze della sua epoca. Gli esempi potrebbero essere infiniti: anche i cinesi amano musiche per noi apparentemente incomprensibili, ma anche per loro la storicizzazione può funzionare. La storia, quindi la comprensione dei contesti e delle funzioni culturali, ci può insegnare molte cose a questo proposito. E in una aggiornata didattica, che in questi anni si sta cominciando a sviluppare, il concetto di valore può avere una funzione centrale per una crescita sociale che dia sicurezze e certezze al futuro dei nostri giovani. Stefano Darra