Modelli atomici e proprietà periodiche File

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Programma di II Liceo
AS 2007/2008
II LICEO
0. Premessa
Queste dispense sono il frutto del lavoro svolto dalla collega Claudia Pedroni e dal
collega Michele Bernasconi, che ringrazio per avermi permesso di utilizzare il loro
materiale.
1. La struttura dell’atomo
Fin dall’antichità (II a.C.) si credeva che la materia fosse costituita da particelle
indivisibili chiamate atomi. Verso la fine dell’ 800 furono scoperte delle particelle più
piccole e leggere degli atomi. Queste furono alla base delle successive ricerche
fondamentali sulla struttura dell’atomo, che vennero eseguite solamente a partire
dall’inizio del 1900.
1.1. La scoperta degli elettroni
A pressione normale i gas non conducono elettricità, infatti sono dei pessimi
conduttori.
Utilizzando un tubo contenente un gas rarefatto (pressione molto bassa) e due lamine
metalliche alle quale viene applicato, attraverso un generatore, un potenziale elevato
si nota come dalla parte opposta del catodo si manifesta una fluorescenza verde.
catodo
Tubo di vetro
contenente gas
rarefatto
anodo
Questo fenomeno è analogo a quello utilizzato nelle televisioni a tubo catodico.
Nel 1869 Hittorf suggerì che questa fluorescenza è causata da radiazioni emesse dal
catodo (raggi catodici). Egli scopri che interponendo un oggetto metallico lungo il
percorso dei raggi era visibile la sua ombra sul vetro del tubo. Ciò indusse ad
ammettere che queste radiazioni sono causate da particelle subatomiche.
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W. Crookes scoprì nello stesso periodo che con un magnete queste radiazioni potevano
essere deviate dal loro normale cammino. Dunque queste particelle devono possedere
una carica elettrica negativa.
J.J. Thomson nel 1897 riuscì a determinare il rapporto carica/massa di queste
particelle (1,76 . 108 C/g) utilizzando un tubo a scarica perfezionato. Questo rapporto
non dipendeva dal gas rarefatto utilizzato.
Fu Millikan, nel 1909 con il famoso esperimento della goccia d’olio, a riuscire a
calcolare la carica di queste particelle (1,602 . 10-19 C).
Infine Stoney dette il nome di elettroni a queste particelle.
1.2. La scoperta dei protoni
Gli esperimenti sulla scarica nei gas rarefatti portò alla scoperta di un’altra radiazione
che si produceva se, al posto di un catodo normale, si usava un catodo forato.
Infatti fu proprio Goldstein che nel 1886 spiegò questo fatto:
gli elettroni emessi dal catodo forato (raggi catodici) urtando gli atomi o le molecole
del gas rarefatto che incontrano nel loro movimento verso l’anodo, strappano loro degli
elettroni. La perdita di questi elettroni, trasforma gli atomi o le molecole in particelle
caricate positivamente che si dirigono verso il catodo forato. Lì, parte di essi
riprendono gli elettroni mancanti,trasformandosi nuovamente in atomi e molecole,
mentre coloro che riescono ad attraversare il catodo forato, costituiscono una
radiazione positiva, chiamata raggi anodici o raggi canale.
Fu sempre J.J. Thomson che scoprì la natura corpuscolare di questi raggi e misurò il
rapporto carica/massa, che risultò non solo molto più piccolo di quello dei raggi
catodici, ma a differenza di questi ultimi variabile a seconda del gas rarefatto
contenuto nel tubo. Se si utilizzava idrogeno, le particelle costituenti i raggi canale
presentavano una carica positiva esattamente uguale e contraria a quella
dell’elettrone. Si trovò poi che, mentre gli elettroni erano quasi privi di massa, quella
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di queste particelle di idrogeno era 1837 volte superiore. Queste particelle d’idrogeno
private del loro elettrone (cationi di idrogeno) venne dato il nome di protoni.
1.3. Fenomeni radioattivi
Nel 1895 Röntgen scoprì una terza radiazione che si ottiene interponendo nel cammino
dei raggi catodici un ostacolo, rappresentato ad esempio da una parete metallica di
spessore tale da non potere essere attraversata.
È appunto da questa parete, detta anticatodo, che si origina la nuova radiazione
avente caratteristiche molto diverse sia dai raggi catodici sia dai raggi canale. Questa
radiazione, a differenza delle altre due, non ha natura corpuscolare, non viene
influenzata né dal campo elettrico né dal campo magnetico ed ha un potere penetrante
molto maggiore. Röntgen non riuscì a stabilire la natura di questi raggi che perciò
vennero da lui stesso chiamati raggi X, nome che viene ancora oggi utilizzato, anche se
oggi conosciamo la loro natura. Infatti, i raggi X sono costituiti da vibrazioni
elettromagnetiche della stessa natura della luce, ma aventi una lunghezza d’onda molto
più piccola.
H. Becquerel nel 1896 scopre casualmente al radioattività naturale. Egli volle
verificare se le sostanze fluorescenti naturali avevano la capacità di emettere raggi
simili a quelli emessi dai tubi di vetro.
L’esame delle radiazioni emesse dagli elementi radioattivi chiarì che erano costituiti
da tre componenti essenziali, due (particelle  e ) poco penetranti e una (radiazione
) molto più penetrante.
La determinazione del rapporto carica/massa della radiazione  rilevò una massa
quattro volte superiore rispetto a quella del protone (H +). Si tratta cioè di ioni di elio
(He2+). In modo analogo si determinò che le radiazioni  sono costituite da elettroni
dotati di velocità enormemente superiore rispetto a quella dei raggi catodici.
Il terzo tipo di radiazione, che fu chiamata , risultò elettricamente neutra e molto
penetrante. Questa radiazione è analoga ai raggi X scoperti da Röntgen qualche anno
prima.
1.4. La scoperta dei neutroni
Nel 1910 E. Rutherford sottopose una lamina d’oro dello spessore di circa 0,6 mm ad
un fascio di particelle  (He2+) notando che la quasi totalità delle particelle
attraversava la lamina e che le poche deviate lo facevano secondo angoli, il cui valore
non poteva essere spiegato per mezzo di un semplice urto meccanico.
Per spiegare questo fenomeno (v. schema) Rutherford postulò la presenza di un nucleo
(contenente un certo qual numero di protoni) caricato positivamente, all’esterno del
quale sarebbero disposti gli elettroni dotati di un moto rotatorio molto rapido per
poter compensare con una forza centrifuga la forza di attrazione elettrostatica.
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Dal modo in cui i le particelle  venivano deviate dalla lamina metallica, Rutherford e i
suoi collaboratori furono in grado di valutare il numero di cariche positiva presenti nel
nucleo dell’atomo. Naturalmente questo corrispondeva al numero di protoni presenti
nel nucleo.
Quando egli calcolò la massa nucleare basandosi sul numero di protoni, il valore
ottenuto risultava essere circa la metà della massa nucleare effettiva.
Questa osservazione lo spinse a suggerire che nel nucleo dovevano essere presenti
altre particelle di massa simile a quella del protone, ma prive di carica elettrica.
La nuova particella, il neutrone, fu scoperta nel 1932 da J. Chadwick.
2. Modelli atomici nella storia
La chimica è una scienza empirica che fa uso di modelli per cercare di spiegare i
fenomeni osservati. Un modello non è la realtà, né una sua rappresentazione, bensì un
tentativo di spiegare la realtà in base ai dati sperimentali a disposizione; un modello
sopravvive fintanto che non esiste almeno un dato sperimentale attendibile che lo
contraddice.
2.1. Modello atomico di Dalton 1806
Il più semplice modello atomico fu quello sviluppato da J. Dalton. Questo fu il primo
modello meccanico dell’atomo e si basava sulle seguenti postulati:
a) la materia è costituita da atomi indivisibili, indistruttibili, non creabili.
b) Atomi di un elemento sono identici per la massa e le proprietà chimiche.
c) Gli atomi di elementi diversi si combinano tra loro in rapporti di numeri interi e
semplici per formare le molecole dei composti.
d) Gli atomi di elementi diversi possono combinarsi in più di un rapporto di numeri
interi semplici per formare più di un composto.
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Il modello trae origine dalle prime speculazioni sulla materia (Democrito) e riassume
tutte le conoscenze sulla materia di allora; con esso si spiega l'identità degli elementi,
la legge della conservazione della massa, la legge delle proporzioni definite e multiple.
2.2. Thomson 1904
Le osservazioni effettuate con il tubo catodico esigono un modello atomico, che
contempli subparticelle atomiche caricate elettricamente. In seguito l'atomo è
considerato una particella neutra e piena, costituita da un "impasto" di particelle con
carica elettrica.
Spesso questo modello atomico viene presentato come
una costruzione ingenua; in realtà si tratta di una
complessa trattazione matematica in cui si immagina
una “sostanza elettrica positiva” (Nota: non ancora
identificata!) distribuita entro una sfera nella quale si
muovono gli elettroni.
Con la scoperta del protone Thomson, nel 1906, modificò il proprio modello iniziale
attribuendo natura corpuscolare anche alla carica positiva, pur mantenendo il concetto
di modello a cariche diffuse.
2.3. Il modello atomico di Rutherford 1911
Nel precedente capitolo abbiamo parlato dell’esperienza di Rutherford con le
particella a usate come proiettili contro una sottile lamina di oro.
Fatti gli opportuni calcoli, nel 1911 Rutherford propose che la carica positiva
dell’atomo dovesse essere racchiusa in un piccolo ma pesante “nocciolo”, in seguito
chiamato nucleo.
Il modello atomico di Thomson venne
accantonato e si impose quello di
Rutherford che era in accordo con i
risultati sperimentali dell’epoca.
Quest’ultimo venne chiamato modello
planetario perché si può immaginare la
relazione fra gli elettroni e il nucleo
simile a quella esistente fra i pianeti del
sistema solare e il sole.
Tuttavia la teoria proposta da Rutherford non era in grado di spiegare la stabilità
dell’atomo. Infatti secondo le leggi dell’elettrodinamica un elettrone accelerato
dovrebbero emettere energia e in breve tempo cadere nel nucleo. Fu questa la ragione
che determinò il superamento della teoria (e non del modello) di Rutherford.
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2.4. Il modello atomico di Bohr 1913
Nel 1913 N. Bohr pubblica tre saggi nei quali dichiara di accettare il modello
planetario di Rutherford ma impone agli elettroni dell’atomo delle condizioni che sono
sintetizzabili in due postulati:
a) l’elettrone si muove attorno al nucleo su orbite circolari i cui raggi sono definiti e
fissi;
b) l’elettrone dell’atomo emette o assorbe energia solo quando salta da un’orbita ad
un’altra.
Per meglio capire le idee di Bohr si può esaminare la caduta di una pallina lungo una
scala.
Cadendo lungo la scala la pallina assume solo
alcuni particolari valori di energia potenziale in
corrispondenza dei vari scalini: in questo caso per
superare uno scalino la pallina deve avere
l’energia necessaria altrimenti rimane sullo
stesso scalino. Cadendo non può fermarsi a metà
scalino ma dovrà forzatamente posarsi su uno
scalino con energia potenziale inferiore.
In questa semplice rappresentazione, gli scalini sono assimililabili alle orbite mentre la
pallina è l’elettrone.
Quindi l’elettrone deve trovarsi solo su orbite ben determinate il cui raggio ha un
valore fisso. Per passare da un’orbita interna con energia E1 ad una più esterna con
energia E2 l’elettrone avrà bisogno di una quantità d’energia pari a E=E2-E1.
Il modello di Bohr porta ad una perfetta concordanza tra i valori teorici dell’energia
dell’elettrone e quelli sperimentali in atomi con un solo elettrone (atomo di idrogeno),
ma non riuscì a giustificare le osservazioni sperimentali di atomi contenenti più di un
elettrone.
2.5. Il modello quantomeccanico
Nel 1923 L. De Broglie avanzò l’ipotesi che tutta la materia possedesse propeità
ondulatorie.
La natura ondulatoria dell’elettrone e in generale di ogni particella), non permette di
fissare nel medesimo tempo la sua posizione e la sua velocità. Questa impossibilità è
stata espressa da W. Heisenberg nel 1926 in una relazione matematica detta appunto
principio di indeterminazione.
Questo principio ha avuto come conseguenza l’abbandono del modello atomico di Bohr,
perché l’ammettere che l’elettrone possa spostarsi lungo orbite definite significa
conoscere, in ogni istante, la sua esatta posizione ed il vettore velocità ad esso
associato.
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Di conseguenza, visto che non è possibile assegnare all’elettrone un’orbita definita, si
considera l’elettrone confinato in un volume di probabilità attorno al nucleo dove è
possibile trovarlo.
Nel 1926 E. Schrödinger presentò un’equazione che permise di descrivere la natura
andulatoria dell’elettrone.
In conclusione la raffigurazione ottenuta dal modello quantomeccanico differisce dal
modello di Bohr in quanto all’elettrone non viene attribuita un’orbita definita, bensì un
orbitale (volume nel quale c’è un’alta probabilità di trovare l’elettrone).
Il modello quantomeccanico ha permesso di prevedere situazioni che
sperimentalmente furono osservate a posteriori e permise di comprendere e spiegare
situazioni più complesse con atomi a più elettroni.
Nella figura che segue sono rappresentati alcuni tipi di orbitali atomici.
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3. Configurazione elettronica
La chimica si interessa soprattutto degli elettroni: il loro numero (che è uguale al
numero di protoni, se l'atomo è neutro) e la loro disposizione attorno al nucleo
(configurazione elettronica) influiscono sulle caratteristiche chimiche dell'elemento in
questione.
Per semplicità cominceremo ad utilizzare il modello di Bohr, che didatticamente è più
che sufficiente per spiegare la maggior parte delle proprietà degli atomi.
Vi ricordo che Bohr assimilò i livelli energetici permessi degli elettroni a orbite
permesse descritte dagli elettroni attorno al nucleo.
Il livello (o detto anche guscio) più vicino al nucleo è detto primo livello energetico o
livello 1, e corrisponde alla più bassa energia che un elettrone può avere in un
determinato atomo.
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Un elettrone nel livello 1 è trattenuto più fortemente ed è più stabile di un elettrone
in qualsiasi altro livello.
I livelli successivi sono numerati nell’ordine della loro distanza dal nucleo: livello 2,
livello 3, …
Ogni livello energetico può contenere un determinato numero di elettroni. Il livello 1
può contenere fino ad un massimo di 2 elettroni, il livello 2 può contenere al massimo 8
elettroni e il livello 3 fino a 18, …
La distribuzione degli elettroni tra i livelli energetici disponibili è detta
configurazione elettronica dell’atomo.
Di seguito alcuni esempi:
C
Ne
Na
Cl
Questo tipo di rappresentazione utilizzando il modello atomico di Bohr,
didatticamente è semplice ed intuitiva, ma è applicabile solo fino all’atomo di Argon
(Ar).
Per spiegare la configurazione elettronica degli atomi aventi più di 18 elettroni,
dobbiamo utilizzare il nuovo modello quantomeccanico.
Le orbite secondo Bohr vengono associate ad un livello energetico principale al quale
viene associato un numero naturale n, detto appunto numero quantico principale.
Per esempio un elettrone che si trova nella seconda orbita (Livello 2, con n=2) avrà un
livello energetico principale più alto rispetto ad un elettrone che si trova nel livello 1
(con n=1).
Questo numero quantico principale n può essere paragonato al raggio
(e
rispettivamente all’energia) dell’orbita del modello di Bohr.
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Ad ogni numero quantico principale n è associato un numero quantico secondario l che
ha valori compresi nell’intervallo da 0 a n-1. Il numero quantico secondario l è
paragonabile ad un sottolivello energetico.
Per esempio se n=2 (livello 2) possiamo avere l=0 oppure l=1, ovvero nel secondo livello
abbiamo due sottolivelli energetici.
Per n=1 (livello 1) abbiamo solo un sottolivello (l=0).
Per n=3 (livello 3) abbiamo tre sottolivelli (l=0, l=1 e l=2) e così via per gli altri livelli.
Il numero quantico secondario l indica la forma dell’orbitale (volume in cui si ha un’alta
probabilità di trovare l’elettrone).
Gli orbitali possibili sono 4 tipi:
 s quando l=0;
 p quando l=1;
 d quando l=2;
 f quando l=3.
Abbiamo un terzo numero quantico m, detto numero quantico magnetico. Questo indica
l’orientamento dell’orbitale nello spazio.
m può assumere valori interi compresi da –l a +l .
Per esempio se abbiamo n=2 e l=1, possiamo avere valori di m compresi nell’intervallo
da -1 a +1. Questo vuol dire che m può avere tre valori numerici possibili: -1; 0; +1 .
Semplicemente abbiamo tre orientamenti possibili degli orbitali di tipo p (px, py, pz).
Gli elettroni contenuti in questi orbitali hanno la stessa energia, in quanto si trovano
allo stesso livello e allo stesso sottolivello energetico.
L’ultimo numero quantico, detto numero quantico di spin ed identificato con la lettera
s indica il senso di rotazione dell’elettrone. s può avere solo i valori + ½ o – ½ .
Sapendo che per ogni orbitale può contenere al massimo 2 elettroni aventi spin
diversi, è facile ora capire perché le varie orbite possono contenere un ben
determinato numero massimo di elettroni.
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La tabella seguente riassume i concetti sopra descritti per i primi quattro livelli
energetici:
Livello
Numeri quantici
principale n
l
M
s
1
1
0
0
±½
1s
1
2
2
2
2
0
0
±½
2s
1
2
8
1
-1;0;+1
±½
2p
3
6
0
0
±½
3s
1
2
1
-1;0;+1
±½
3p
3
6
2
-2;-1;0;+1;+2
±½
3d
5
10
0
0
±½
4s
1
2
1
-1;0;+1
±½
4p
3
6
2
-2;-1;0;+1;+2
±½
4d
5
10
3
-3;-2;…;+2;+3
±½
4f
7
14
3
4
3
4
Tipo di Numero Numero Numero
orbitale orbitali elettroni totale di
elettroni
nel livello
principale
18
32
I livelli principali 5, 6 e 7 sono incompleti e gli orbatali sono occupati solo in parte.
Questo codice (1s, 2s, …) è quello utilizzato su tutte le tavole periodiche per darti la
configurazione elettronica di tutti gli elementi.
Per capire la configurazione elettronica degli atomi con più di 18 elettroni devi ancora
conoscere qual è il livello d’energia dei singoli orbitali. Qui di seguito trovi i tipi di
orbitali ordinati per livello di energia crescente:
1s; 2s; 2p; 3s; 3p; 4s; 3d; 4p; 5s; 4d; 5p; 6s; 4f; 5d; 6p; 7s; 5f; 6d
Come puoi sicuramente notare il sottolivello 4s viene occupato prima del sottolivello
3d, poichè esso ha un’energia minore. Questa anomalia si ripete anche per altri
orbitali.
La configurazione elettronica è molto importante, in quanto gli elettroni nell’ultimo
livello, detti elettroni di valenza, saranno quelli messi in gioco durante le reazioni
chimiche per formare i legami chimici.
4. Periodicità nel sistema periodico degli
elementi (SPE)
Nelle reazioni chimiche, i nuclei degli atomi coinvolti rimangono invariati; perciò in una
reazione chimica viene modificato qualcosa che concerne gli elettroni che deve essere
periodico come la reattività degli elementi; intuitivamente si tratta della
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configurazione elettronica degli atomi: la disposizione degli elettroni attorno al nucleo
presenta cioè analogie in modo periodico.
4.1. L’energia di ionizzazione (EI)
L'energia di ionizzazione (EI) è l'energia necessaria per staccare completamente un
elettrone da un atomo o da uno ione, isolato e allo stato gassoso.
Dato che gli elettroni hanno carica elettrica negativa e il nucleo ha carica elettrica
positiva, tra loro esistono delle forze di attrazione e per staccare un elettrone da un
atomo o da uno ione positivo occorre sempre energia. Il valore di questa è un numero
positivo e viene espresso in kJ/mol, o più raramente, in eV (energia acquistata da un
elettrone per attraversare una differenza di potenziale di 1 Volt).
Perdendo un elettrone l’atomo si trasforma in catione (uno ione con carica positiva):
Na(g) + EI1
Na+(g) + 1 e¯
L’EI riveste una certa importanza dal momento che essa può essere considerata una
misura dell’energia dell’orbitale e conseguentemente di poterla considerare un
parametro della stabilità di una definita configurazione elettronica.
Anche ad uno ione positivo può venir tolto un elettrone: in questo caso si parlerà di
energie di ionizzazione successive (seconda, terza,… a dipendenza dell’ordine
dell’elettrone eliminato).
Si può chiaramente ipotizzare che l'energia di seconda ionizzazione è sempre molto
maggiore di quella di prima ionizzazione, infatti è più difficile togliere un elettrone
(caricato negativamente) da una particella positiva che da un atomo neutro.
Il grafico seguente mostra l’andamento dell’EI1 all’aumentare di Z per i primi 95
elementi.
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Per i valori dell'EI1 (energia di prima ionizzazione) in funzione Z si nota che:
i)
ii)
iii)
iv)
v)
vi)
la variazione dei valori dell'energia di ionizzazione in funzione di Z è
periodica.
i gas nobili (gruppo VIII) hanno valori di energia di ionizzazione più alti.
gli alogeni (gruppo VII) hanno valori di energia di ionizzazione molto
elevati.
i metalli alcalini (gruppo I) hanno i valori di energia di ionizzazione più
bassi.
i valori di energia di ionizzazione diminuiscono in un gruppo al crescere di
Z.
i valori di energia di ionizzazione aumentano in un periodo al crescere di Z.
Per i valori dell'EI2 (energia di seconda ionizzazione) in funzione di Z si nota che:
i)
la variazione dei valori dell'energia di ionizzazione in funzione di Z è
periodica
ii)
iii)
iv)
v)
i metalli alcalini (gruppo I) hanno valori di energia di ionizzazione più alti.
i metalli alcalino-terrosi (gruppo II) hanno i valori di energia di
ionizzazione minori.
i gas nobili (gruppo VIII) hanno valori di energia di ionizzazione molto
elevati.
i valori di energia di ionizzazione diminuiscono in un gruppo al crescere di
Z.
Note:
 I valori più bassi di energia di prima ionizzazione concernono i metalli alcalini
(gruppo I): questi elementi hanno numero di ossidazione I e formano cationi del
tipo M+. I valori più bassi di energia di seconda ionizzazione concernono i metalli
alcalino-terrosi (gruppo II): questi elementi hanno numero di ossidazione II e
formano cationi del tipo M2+.
 Per convenzione il valore di energia è la differenza (∆E) tra lo stato finale e
quello iniziale dal punto di vista della materia coinvolta.
Quandi, se per far avvenire un processo occorre energia, per trasformarsi la
materia ha bisogno energia, alla fine essa ha più energia che all'inizio
(∆E > 0).
Se invece un processo cede energia, trasformandosi la materia cede energia, alla
fine essa ha meno energia che all'inizio, quindi ∆E < 0.
Qualora prima e dopo il processo la materia mantiene la stessa energia, la
trasformazione della materia non causa alcuno scambio d'energia (∆E = 0).
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4.2. Affinità elettronica (AE)
L'affinità elettronica (AE) è l'energia ceduta (o più raramente, acquistata) quando un
atomo riceve un elettrone, essa può cioè avere valori negativi o, meno
frequentemente, positivi.
Esempio:
Na(g) + e-
Na-(g) + 50 kJ/mol
I valori dell'AE in funzione di Z mostrano che:
i) gli elementi del gruppo VI, dopo gli alogeni (gruppo VII) hanno i valori (negativi) di
affinità elettronica più elevati, cioè cedono più energia quando acquistano un
elettrone.
ii) i gas nobili (gruppo VIII) e i metalli alcalino-terrosi (gruppo II) hanno i valori di
affinità elettronica positivi, cioè necessitano energia per acquistare elettroni.
iii) i valori assoluti di affinità elettronica diminuiscono in un gruppo per Z crescenti.
iv) i valori assoluti di affinità elettronica aumentano in un periodo al crescere di Z.
4.3. Raggio atomico e raggio ionico
La forza di attrazione tra due cariche elettriche di segno opposto è proporzionale sia
ad una che all'altra carica ed è inversamente proporzionale al quadrato della distanza
tra le due cariche (legge di Coulomb).
Considerando il modello atomico di Bohr (ma vale anche per quello quantomeccanico),
ne consegue che maggiore è la distanza tra un elettrone e il nucleo dell'atomo in cui si
trova, minore è la forza attrattiva tra loro.
Gli atomi di un certo elemento hanno sempre lo stesso numero atomico (Z), cioè lo
stesso numero di protoni, e, in quanto neutri, anche lo stesso numero di elettroni. Il
comportamento chimico degli elementi varia in modo periodico al crescere di Z, cioè
man mano che aumenta il numero di elettroni.
Dopo queste premesse, bisogna notare che non è possibile misurare il raggio di un
atomo isolato poiché non è possibile determinare con buona precisione sia la posizione,
sia la velocità degli elettroni (principio di indeterminazione di Heisenberg).
Per avere un'idea sulla dimensione di un atomo si può però considerare la metà della
distanza tra i due nuclei di atomi uguali legati assieme.
I raggi atomici (covalenti) variano tra 0,037 nm (idrogeno) e 0,27 nm (francio).
Il modello atomico permette di dare la seguente interpretazione alle variazioni di
raggio atomico nella tavola periodica:
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

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in uno stesso gruppo per Z crescente c'è un numero sempre maggiore di gusci
riempiti di elettroni, quindi le dimensioni atomiche aumentano nel gruppo per Z
crescente.
in un periodo per Z crescente si riempie gradualmente sempre lo stesso guscio
cui compete circa la stessa distanza dal nucleo, ma proprio perché aumenta
anche la carica nucleare, l'attrazione tra nucleo e elettroni diventa più grande,
ciò spiega la contrazione delle dimensioni atomiche.
Un discorso analogo vale per le dimensioni di uno ione: se esso è positivo, sarà più
piccolo dell'atomo (in certi casi viene addirittura svuotato un guscio), se esso è
negativo, sarà più grande dell'atomo neutro (infatti aumenta la repulsione degli
elettroni tra loro).
Esempi:
il fluoro ha un raggio atomico di 0,064 nm, il suo anione di 0,136 nm;
il cesio ha un raggio atomico di 0,265 nm, il suo catione di 0,165 nm.
Indicare quale atomo o ione nelle seguenti coppie ha dimensioni maggiori:
a) berillio-calcio
i) Li+ - Na+
b) boro-carbonio
j) Cl- - Brc) zolfo-fluoro
k) K+ - Ca2+
d) cesio stronzio
l) S2- - Fe) rame-oro
m) Cs+ - Xe
+
f) Cs - Cs
n) Cl- - Ar
g) S2- - S
o) Li+ - Hh) K+ - Clp) N3- - O2-
4.4. Conclusioni
Prendendo in esame la variazione di EI, AE e del raggio atomico nel SPE con i dati
sperimentali, si può affermare che queste proprietà hanno una periodicità.
Riassumendo:


i gas nobili (gruppo VIII) hanno energie di ionizzazione molto alte e valori di
affinità elettronica positivi: hanno bisogno energia per accogliere un elettrone.
Questi elementi non accettano né danno facilmente elettroni. La configurazione
elettronica di questi elementi è cioè particolarmente stabile, infatti la loro
reattività è minima.
I metalli alcalini (gruppo I) hanno valori di prima energia di ionizzazione molto
bassi (e di seconda ionizzazione molto alti); essi hanno valori di affinità
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elettronica negativi, ma in valore assoluto piuttosto bassi. I metalli alcalini sono
gli elementi che cedono più facilmente un elettrone (così facendo assumono
infatti la configurazione elettronica dei gas nobili, che è particolarmente
stabile); acquistano elettroni cedendo poca energia. Questi elementi si trovano
spesso come cationi: H+, Li+, Na+, K+...

I metalli alcalino terrosi (gruppo II) hanno valori di seconda energia di
ionizzazione molto bassi (e di prima ionizzazione relativamente bassi); essi
hanno valori di affinità elettronica positivi. I metalli alcalino-terrosi sono gli
elementi che cedono più facilmente due elettroni (così facendo assumono
infatti la configurazione elettronica dei gas nobili, che è particolarmente
stabile); essi necessitano di energia per acquistare elettroni. Questi elementi si
trovano spesso come cationi con due cariche positive: Be2+, Mg2+, Ca2+...

Gli alogeni (gruppo VII) hanno valori affinità elettronica negativi e in valore
assoluto molto alti; essi hanno una grande facilità nell'acquistare un elettrone
(così facendo assumono infatti la configurazione elettronica dei gas nobili, che
è particolarmente stabile). Questi elementi si trovano spesso come anioni: F-,


Cl-, Br-, I-.
Per i metalli del gruppo I e II si hanno valori di energia di ionizzazione che
diminuiscono al crescere di Z; analogamente la loro reattività e il loro potere
riducente aumentano nel gruppo per Z crescente.
Per i non metalli del gruppo VI e VII si hanno valori di affinità elettronica che
diminuiscono al crescere di Z; analogamente la loro reattività e il loro potere
ossidante diminuiscono nel gruppo per Z crescente.
Concludendo, la configurazione elettronica di un atomo dipende dalla posizione
dell'elemento nella tavola periodica: il periodo a cui appartiene indica il numero dei
suoi gusci che contengono elettroni e, per i primi 20 elementi della tavola periodica
(elio escluso), il numero del gruppo a cui appartiene coincide con quello dei suoi
elettroni di valenza, cioè il numero di elettroni che contiene il guscio più esterno
dell'atomo.
Nelle reazioni chimiche sono coinvolti soprattutto gli elettroni di valenza.
Quest’analisi sarà una preziosa guida per capire il legame chimico: gli atomi tendono a
raggiungere una configurazione elettronica possibilmente uguale a quella del gas nobile
più prossimo sulla tavola periodica.
Per raggiungere questo obbiettivo, alcuni atomi tenderanno a perdere elettroni
(metalli) ed altri ad acquistarli (non-metalli).
Pagina 16
II
Programma di II Liceo
AS 2007/2008
Esercizi:
Riformulare con proprie parole la reattività di metalli e non metalli a partire dai dati
sperimentali dell'energia di ionizzazione e dell'affinità elettronica.
Scrivere alcuni ioni isoelettronici a:
a) He
d) Kr
b) Ne
e) Xe
c) Ar
f) Rn
g) Ni
h) Pt
i) Pd
Pagina 17
l) Hg2+
m) Hn) Li+
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