N. 4- LUG/AGO 2013 La ricerca 5 CelluleTumorali circolanti: un potente strumento utile nella prognosi delle neoplasie solide La ricerca di biomarcatori in grado di predire il rischio di metastasi nei pazienti affetti da neoplasia è una sfida molto importante per la medicina moderna. Infatti, non sono ancora disponibili nella diagnostica di laboratorio clinico strumenti efficaci e sensibili, in grado di anticipare l’insorgenza di metastasi, in particolare nei tumori solidi. Il ricorso al dosaggio dei cosiddetti “marcatori tumorali” rappresenta uno strumento surrogato di monitoraggio della terapia che risulta spesso inefficace perché alcuni tumori possono non esprimere tali marcatori rendendo quindi difficile il monitoraggio del paziente durante ed in corso di trattamento. Negli ultimi dieci anni, però, la ricerca ha evidenziato che nel sangue periferico degli individui affetti da neoplasie solide (come il carcinoma mammario, del colon-retto, prostatico, ovarico, polmonare ecc), possono essere presenti le cellule tumorali circolanti (CTCs). Tali cellule sono rare in termini di numero, o del tutto assenti nei pazienti in buona salute, o affetti da patologie non neoplastiche. La presenza di un elevato numero di CTCs nel sangue periferico di pazienti affetti da neoplasie epiteliali (carcinomi) correla con una prognosi sfavorevole, mentre una riduzione del numero di CTCs è correlata ad un intervallo libero da malattia più lungo e ad una risposta terapeutica migliore. Inoltre, numerosi studi mostrano come vi sia una stretta correlazione tra numero di CTCs e positività degli esami radiodiagnostici effettuati durante il follow-up, indicando che una precoce rilevazione delle CTCs può anticipare di qualche mese la presenza di una metastasi a distanza. La rilevazione della presenza delle cellule tumorali circolanti permette quindi una valutazione della prognosi del tumore e offre una fotografia dello stato della malattia, permettendo all’Oncologo una gestione del paziente più mirata ed efficace. Mentre la caratterizzazione immunofenotipica delle CTCs (generalmente determinata attraverso la ricerca di particolari molecole espresse da di tali cellule) è abbastanza standardizzata, ancora poco si conosce della clonalità molecolare, della staminalità e dell’espressione di marcatori molecolari di aggressività delle CTCs: pertanto, i ricercatori si stanno interessando alla caratterizzazione del profilo molecolare e della identificazione di fattori geneticomolecolari in grado di descrivere la biolo- gia e la fisiologia di tali cellule, con il fine di individuare nuovi marcatori diagnostici e prognostici in grado di predire l’evoluzione clinica della malattia permettendo anche di definire combinazioni di terapia citotossica e/o biologica in grado di colpire non solo il tumore primitivo ma anche le cellule circolanti, evitando l’insorgenza di recidive o di metastasi a distanza. Attraverso l’arricchimento di tali cellule dal sangue periferico (attraverso un semplice prelievo di sangue), possono essere messi a punto protocolli in grado di valutarne le caratteristiche di staminalità e di aggressività, oltre che di correlare le caratteristiche molecolari delle CTC stesse con quello del tumore primitivo: quest’ultimo aspetto permette infatti di verificare se le alterazioni del tumore primitivo siano le stesse o diverse nelle CTCs. “Il nostro Laboratorio - spiega il prof. Ettore Capoluongo, Responsabile U.O.S Diagnostica Molecolare Clinica - Dipartimento di Diagnostica e Medicina di Laboratorio, Policlinico A. Gemelli - è da tempo impegnato, insieme all’Unità Operativa di Oncologia Medica diretta dal Prof. Carlo Barone, nella ricerca delle CTCs nel carcinoma del colon-retto. L’obiettivo è quello di correlare proprio gli aspetti fenotipici e biomolecolari delle CTCs con la risposta a diversi protocolli terapeutici somministrati ai pazienti in funzione dello stadio clinico di malattia, in modo da poter evidenziare alcune sottoclassi di pazienti che possano beneficiare di specifici trattamenti in funzione non solo delle caratteristiche del tumore primitivo ma anche delle CTCs”. Si punta in tal modo a rendere l’intervallo libero da malattia sempre più lungo e di aumentare la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti. Se i risultati di tali studi dovessero far emergere il valore discriminante delle CTCs, in termini prognostici e predittivi, la ricerca e la caratterizzazione di tali cellule potrebbe rivelarsi in futuro uno strumento davvero potente in grado di individuare molto precocemente gli individui a rischio di metastasi a distanza. Il problema attuale rimane quello della standardizzazione delle metodologie di ricerca di tali CTCs che, da una parte, è estremamente eterogeneo e, dall’altra, in continua evoluzione a causa della difficoltà che si incontrano nell’isolare tali cellule dal sangue periferico. Le moderne biotecnologie, comunque, stanno mettendo a disposizione nuovi sistemi di cattura e di tipizzazione di tali cellule che renderanno sempre più semplice e standardizzato tale tipo di test. Quindi, al momento, sebbene utile per la ricerca clinica, il risultato di un test per la ricerca delle CTCs deve sempre essere valutato dall’Oncologo di riferimento tenendo conto degli eventuali limiti della metodologia impiegata. Sicuramente, in futuro, i pazienti affetti da neoplasie solide potranno trovare in questo tipo di valutazione analitica, che corrisponde ad una semplice “biopsia liquida”, uno strumento utile di personalizzazione della terapia. 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