LEZIONE 11 ottobre 2013 L’IMPRENDITORE Nozione: la nozione giuridica di imprenditore rappresenta un’innovazione apportata dal Codice Civile del 1942. Nell’abrogato codice del Commercio, infatti, la figura principale di soggetto economico era quella del commerciante, mentre l’imprenditore si configurava come un particolare tipo di commerciante che esercitava alcune specifiche attività. Il legislatore del 1942, invece, ha inteso fondare la disciplina delle attività economiche sull’imprenditore che rappresenta il “modello principale” di cui il commerciante non è che una species, cioè un particolare tipo di imprenditore la cui attività consiste nella compravendita di beni e servizi. Ai sensi dell’art. 2082 c.c., “ è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi”. Dalla suddetta nozione si evincono i caratteri dell’attività imprenditoriale e, precisamente: 1. L’esercizio di un’attività economica e il fine di produzione o scambio di beni o servizi; 2. L’organizzazione; 3. La professionalità; Questa nozione generale di imprenditore fissa i requisiti minimi affinchè un soggetto possa essere sottoposto alla disciplina prevista per l’impresa. 1 Non si può dire che vi sia piena coincidenza tra nozione giuridica e nozione economica di imprenditore. Per la scienza economica l’imprenditore è colui che utilizza i fattori della produzione organizzandoli, a proprio rischio, nel processo produttivo di beni o servizi, quindi è l’intermediario tra quanti offrono capitale e lavoro ( capitalisti e lavoratori) e quanti domandano beni o servizi. Due elementi fondamentali caratterizzano l’imprenditore: a) L’iniziativa: cioè il potere di organizzare l’impresa, di indirizzarne l’attività decidendone la politica economica e di dirigere la produzione; b) Il rischio economico: cioè la sopportazione di tutti gli oneri inerenti alla conduzione dell’impresa. Il compenso per tale rischio costituisce il “profitto imprenditoriale” ed è rappresentato dal “plusvalore” fra ricavo e costo di produzione. Ponendo l’accento sulla definizione giuridica di imprenditore, il primo dei requisiti indispensabili per l’acquisizione della qualità di imprenditore è, come sopra detto, l’esercizio di un’attività produttiva (I carattere dell’attività imprenditoriale): cioè il compimento di una serie di atti coordinati e finalizzati allo “scopo della produzione o dello scambio di beni e servizi”. Non solo, quindi, produzione materiale di beni e servizi, ma anche scambio di beni già prodotti: dunque, è imprenditoriale l’attività creatrice di nuova ricchezza. Tuttavia, non si può definire imprenditoriale una qualsiasi attività che fornisca nuova ricchezza. Non lo è, infatti, l’attività di mero godimento o di amministrazione (ad es., il proprietario di un immobile che tragga profitto dallo stesso dandolo in locazione non è un imprenditore). Discussa in dottrina è l’interpretazione del requisito dell’economicità. Per alcuni l’espressione “attività economica” di cui all’art. 2082 c.c. equivarrebbe ad “attività produttiva” e, dunque, ad “attività rivolta alla produzione o allo scambio di beni e servizi”. L’economicità non avrebbe pertanto valore autonomo, in quanto 2 espressione pleonastica diretta ad anticipare in termini generali quanto poi specificato dalla norma. Per dottrina maggioritaria l’economicità sarebbe, invece, un ulteriore requisito posto dal legislatore, piuttosto che un’inutile ripetizione: un’attività sarebbe dunque economica non solo per il fine cui è diretta, quello della produzione di beni e servizi, ma anche per le modalità con cui è svolta. Quindi, secondo tale ultima impostazione, per aversi un’impresa è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico, cioè secondo modalità che consentano quanto meno la copertura dei costi con i ricavi ed assicurino l’autosufficienza economica. È discusso se costituisca requisito essenziale dell’attività di impresa lo scopo di lucro (realizzazione di ricavi eccedenti i costi). Il principio della lucratività delle attività imprenditoriali, sia pure inteso in senso oggettivo, cioè con riferimento alle modalità di esercizio astrattamente lucrative, e non in senso soggettivo come movente psicologico dell’imprenditore, è sostenuto da notevole parte della dottrina. Invero, la normalità è che, almeno per le attività imprenditoriali private, l’attività produttiva viene svolta per ottenere un profitto; ciò però non ha rilievo determinante nella disciplina dell’impresa, per la quale requisito necessario non è lo scopo di lucro, ma l’obiettiva economicità della gestione, ovvero la potenziale remuneratività delle attività intraprese. È pacifico dunque che chi esercita un’attività di impresa lo faccia per ricavarne un guadagno, ma si evidenzia che dal punto di vista strettamente giuridico il requisito dello scopo di lucro non è essenziale e non entra a far parte degli elementi costitutivi dell’impresa (si pensi alle imprese pubbliche o mutualistiche). L’organizzazione (II requisito): perché si abbia impresa è necessario che l’attività economica sia organizzata, che venga cioè attuata attraverso l’organizzazionedei fattori lavoro e/o capitale. 3 È stato precisato che non è necessario che altre persone lavorino alle dipendenze dell’imprenditore il quale, quindi, può anche non avvalersi della collaborazione di altri soggetti e limitarsi ad utilizzare il proprio lavoro e il proprio capitale. Questa impostazione è conforme alla disciplina codicistica, infatti l’art. 2083 c.c. attribuisce la qualità di imprenditore all’artigiano e, in genere, “a quanti esercitano un’attività professionale prevalentemente con il proprio lavoro e dei componenti della famiglia”, senza cioè necessariamente utilizzare prestazioni lavorative diverse dalle proprie. Quanto alla necessità di un’organizzazione di beni capitali, cioè di beni strumentali tangibili (locali, macchine ecc.) – richiamata peraltro dall’art. 2555c.c. in tema di azienda‐ si conviene che, di regola, l’attività di impresa si concretizza in un apparato di beni strumentali, ma che essa può anche essere svolta senza alcuna organizzazione di beni materiali (ad es. artigiani). L’organizzazione di beni capitali può, inoltre, ridursi anche soltanto all’impiego di mezzi finanziari propri o altrui, come accade nell’attività imprenditoriale di investimento o di finanziamento. La professionalità (III requisito): l’art. 2082 c.c.richiede anche il carattere professionale dell’attività. L’impresa è stabile inserimento nel settore della produzione e della distribuzione e solo tale stabile inserimento giustifica l’applicazione della disciplina dell’impresa a chi opera nel mondo degli affari. Professionalità significa perciò esercizio abituale e non occasionale di una data attività produttiva. Non è perciò imprenditore chi compie un’isolata operazione di acquisto e di successiva rivendita di merci, o chi organizza un singolo trasporto. La professionalità non richiede però che l’attività imprenditoriale sia svolta in modo continuato e senza interruzioni. Per le attività stagionali è sufficiente il costante ripetersi di atti di impresa secondo le cadenze proprie di quel determinato tipo di attività. 4 La professionalità non richiede neanche che quella di impresa sia l’attività unica o principale. Impresa si può avere, infine, anche quando si opera per il compimento di un unico affare, se questo comporta il compimento di operazioni molteplici e l’utilizzo di un apparato produttivo complesso (è imprenditore il costruttore di un singolo edificio o chi acquista allo stato grezzo un immobile per completarlo e rivendere i singoli appartamenti). Appare opportuno rilevare che manca nella normativa codicistica sull’attività imprenditoriale un’autonoma definizione di imresa: il legislatore ha infatti fornito la nozione di imprenditore senza nulla precisare quanto all’impresa. Il vuoto lasciato dal legislatore ha dato luogo a più teorie e definizioni. Secondo alcuni, l’impresa sarebbe un’istituzione caratterizzata dal rapporto di gerarchia che sussiste tra imprenditore e i restanti membri dell’impresa; secondo altri, l’impresa si identificherebbe con l’azienda ma, invero, dall’art. 2555 si evince l’estraneità delle due nozioni dal rapporto di mezzo a fine che lega l’azienda all’impresa. Preferibile appare la tesi dominante secondo cui la definizione di imprenditore si desume in via derivata dalla definizione di imprenditore: l’impresa è, dunque, l’attività economica organizzata ed esercitata professionalmente dall’imprenditore al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi. ‐ La destinazione al mercato. L’impresa per conto proprio: la lettera dell’art. 2082 indurrebbe a negare che il fine della destinazione al mercato sia un requisito essenziale dell’attività imprenditoriale: la sola produzione di beni e servizi, in presenza di tutti i requisiti ex art. 2082, configurerebbe la fattispecie dell’impresa, senza alcuna necessità che tali beni e servizi vengano destinati al mercato. Prevale tuttavia la dottrina che, pur con argomentazioni diverse, non riconosce la qualità di imprenditore a colui che produce beni e servizi ad esclusivo uso e consumo personale (c.d. imprenditore per conto proprio) in 5 quanto, secondo alcuni mancherebbe il requisito dell’economicità e secondo altri, non sarebbero ravvisabili esigenze di tutela dei terzi per cui verrebbe meno la necessità di applicare le norme dettate per l’imprenditore. L’attuale ordinamento delle attività di impresa si struttura come un sistema differenziato in cui alla definizione generale di imprenditore fanno seguito diverse categorie soggette, in misura diversa, alla relativa disciplina. In particolare il legislatore distingue tra : 1)imprenditore commerciale e imprenditore agricolo (criterio dell’oggetto o qualitativo); 2)piccolo e grande imprenditore (criterio della dimensione o quantitativo); 3)imprenditore individuale e impresa collettiva pubblica o privata (criterio della natura o personale) Nel corso della prossima lezione individueremo brevemente le peculiarità di tali tipologie di imprese. 6 7