Piccolo taglio, grande chirurgo Medicina - Chirurgia mini invasiva e tecnologicamente assistita: sono i nuovi orizzonti della neurochirurgia spinale / 06.02.2017 di Maria Grazia Buletti «Abbiamo davanti agli occhi i peccati degli altri uomini, ma i nostri li portiamo sulla schiena» sentenziava il filosofo Seneca (4 aC.-65 dC.). «La schiena è la parte che non puoi vederti, quella che lasci agli altri. Sulla schiena pesano i pensieri, le spalle che hai voltato quando hai deciso di andartene» sono parole della scrittrice Margaret Mazzantini. Fuor di metafora: le problematiche della colonna vertebrale arrecano vero dolore a chi le subisce. Se non identificate e curate adeguatamente possono cambiare la qualità della vita. Il più delle volte, una cura di tipo conservativo aiuta a risolvere la cosa, ma vi sono situazioni (talvolta pure in emergenza) in cui bisogna ricorrere alla chirurgia, quella chirurgia che ancora oggi è avvolta da un alone di diffidenza: la neurochirurgia spinale. Ne abbiamo parlato con il dottor Pietro Scarone, caposervizio al Servizio di neurochirurgia dell’Ospedale Regionale di Lugano: «Dobbiamo premettere che, purtroppo, quando si parla di questa branca della chirurgia ci si rapporta spesso ai concetti oramai superati di una ventina d’anni fa». L’avvento di nuove tecnologie e il perfezionamento chirurgico, costante e all’avanguardia, hanno portato grandi innovazioni: «Oggi la neurochirurgia è mini invasiva e comporta una netta diminuzione dell’alta percentuale di complicazioni e dei rischi di un tempo». È qualcosa di diverso rispetto agli esordi della chirurgia spinale che si era sviluppata attorno agli anni Settanta. All’epoca «si interveniva principalmente su pazienti che presentavano deformità o problemi legati a infezioni del rachide; oggi questi casi sono molto meno frequenti, perché prevenzione e farmaci adeguati hanno portato a una netta diminuzione, ad esempio, della tubercolosi vertebrale che, fra l’altro, causava seri problemi di deambulazione». La chirurgia spinale si pone oggi obiettivi meno semplicistici: «Un tempo i pazienti con ernie del disco arrivavano dal chirurgo quando già mostravano un deficit motorio (dunque in fase tardiva); oggi arrivano coi primi sintomi e siamo perciò in grado di intervenire in modo più rapido, efficace e duraturo». Parallelamente alla precocità diagnostica c’è stata un’evoluzione tecnologica di non poco conto, perché rispetto agli altri campi chirurgici questa è una disciplina molto dinamica che evolve di anno in anno, assieme alle tecniche interventistiche: «Oggi siamo in grado di intervenire ed effettuare interventi sulla colonna vertebrale senza invasività, senza fare grosse incisioni e, quindi, senza causare un grosso trauma alle strutture muscolari che circondano il rachide». Ciò si traduce in una serie di benefici: «Minore dolore post operatorio, tempi di recupero molto più rapidi e recupero del proprio stile di vita, anche professionale, in tempi brevi». L’equazione grande taglio uguale grande chirurgo è stata soppiantata da piccolo taglio, grande chirurgo: «La chirurgia mini invasiva mi permette di posizionare viti o effettuare gesti chirurgici attraverso il muscolo, senza praticare incisioni, con approcci transcutanei e percutanei». L’équipe del Servizio di neurochirurgia dell’ORL, in sala operatoria può infatti avvalersi – come quarto centro in Europa (e primo in Svizzera, a cui ha fatto seguito l’ospedale universitario di Zurigo) – «di una TAC mobile (AIRO) che durante l’intervento viene orientata di volta in volta secondo necessità, restituendoci un’immagine della colonna vertebrale in tempo reale». Assistiti da questa raffinata tecnologia associata a un sistema di navigazione computerizzato, i neurochirurghi possono sapere con precisione millimetrica cosa stanno facendo e dove sono i nervi e le strutture vertebrali mentre operano: «Ciò, in associazione con la chirurgia mini invasiva, riduce notevolmente i rischi operatori, soprattutto nella chirurgia spinale confrontata con l’applicazione di viti o gesti chirurgici operati su strutture molto molto piccole». Una precisione da orologiaio, oseremmo pensare, dagli indubbi ed evidenti benefici per il paziente e per la prognosi, che oggi è all’avanguardia anche nel nostro cantone dove disponiamo, sempre all’ORL, della Spine unit: un Centro di riferimento per le patologie spinali attivo 24 ore su 24 per le emergenze che, dice il dottor Scarone, per fortuna non sono molte: «Nella maggior parte dei casi, la chirurgia spinale può essere discussa e pianificata nei tempi migliori e sono rari i pazienti che presentano già un deficit motorio alle gambe e deficit neurologici acuti. Potrebbe ad esempio trattarsi di pazienti con trauma vertebrale che qui vengono accolti, trattati e seguiti (con intervento se necessario)». In questi casi la rapidità è fondamentale e l’intervento precoce garantisce rapidamente un miglior risultato. La neurochirurgia non rappresenta più in assoluto l’ultima spiaggia, come si pensava fino ad ora, anzi: «Studi scientifici certificano che un trattamento conservativo protratto troppo a lungo e senza miglioramenti comporta solo una protrazione dei sintomi e un peggioramento della qualità di vita del paziente». Ciò non significa ricorrere al bisturi con facilità: «Oggi i colleghi comprendono l’importanza di consultare il neurochirurgo per valutare individualmente ogni caso, a vantaggio di un’ottimale proposta terapeutica che non deve necessariamente passare dalla sala operatoria». I neurochirurghi non sono dunque così amanti del bisturi come il luogo comune imporrebbe di pensare: «Ricorrere al bisturi è una decisione ponderata, individuale, che poggia su diversi criteri (fra i quali quello anagrafico e lo stile di vita) che, combinati, permettono di valutare se procedere o meno chirurgicamente; la nostra tendenza è quella di indirizzarci sempre più verso procedure meno invasive, se non addirittura conservative». Un anonimo aforista ha detto: «Non sai se fa più male il coltello infilato nella schiena, o il vuoto che lascia quando lo togli». Oggi, almeno per quanto attiene alla neurochirurgia, possiamo riporre questo pensiero nel comparto puramente filosofico, perché la chirurgia spinale ha fatto passi così incoraggianti che il bisturi viene usato con parsimonia, precisione millimetrica e quasi inavvertitamente, ma con evidenti risultati.