POLIMORFISMO DEL GENE GH E PERFORMANCES PRODUTTIVE

Large Animals Review, Anno 9, n. 3, Giugno 2003
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POLIMORFISMO DEL GENE GH
E PERFORMANCES PRODUTTIVE
DARIA CARNICELLA, CATALDO DARIO, GUIDO BUFANO
Dipartimento di Sanità e Benessere degli Animali - Università degli Studi di Bari - Strada per Casamassima - 70010 Valenzano (Ba)
Riassunto
Lo studio del polimorfismo genetico ha dato nuovo impulso alla ricerca in zootecnia contribuendo all’identificazione di
QTLs (Quantitative traits loci), che costituiscono i nuovi parametri di valutazione per le produzioni in campo zootecnico. Attualmente la ricerca sembra orientata verso l’individuazione di marker genetici con cui tipizzare il genoma animale. L’asse ipofisario, a tale riguardo, contiene il candidato più promettente. Gli Autori passano in rassegna alcuni dei lavori ritenuti fondamentali per la comprensione del percorso evolutivo che ha caratterizzato la ricerca degli ultimi anni.
Summary
Genetic polymorphism puts new life into zootechnics research enabling identification of QTLs (Quantitative traits loci), these are the new ways of judging animal yields. Research now looks for genetic markers by which characterize animal genome.
Somatotropic axis includes one of the most promising candidate genes. The Authors show some important goals reached in
the last years on this topic.
INTRODUZIONE
Lo scopo del miglioramento genetico in un contesto
zootecnico è quello di rendere una popolazione più idonea
a produrre secondo le esigenze dettate dal mercato. Tale
finalità può essere conseguita attraverso diverse modalità
operative; due in particolare meritano di essere ricordate:
selezione e incrocio. Se la selezione tende ad aumentare la
frequenza dei geni favorevoli attraverso accoppiamenti
programmati tra individui geneticamente elitari, l’incrocio
a sua volta utilizza la potenzialità di popolazioni diverse
nella possibilità di creare nuove combinazioni, consentendo in entrambi i casi di esaltare le capacità produttive.
Il miglioramento genetico, avvalendosi dei vantaggi legati all’utilizzo delle biotecnologie e di innovativi strumenti di studio e di ricerca, ha negli ultimi anni subito una
svolta. In tale contesto la MAS (Marker Assisted Selection)
ha contribuito in maniera decisiva al progresso zootecnico,
incrementando l’intensità di selezione, diminuendo l’intervallo fra generazioni, ottenendo una più accurata stima del
valore genetico individuale.
Strumenti mutuati dalla biologia molecolare, inoltre, hanno permesso di effettuare ricerche sul genoma animale, consentendo, di volta in volta, di svelare e talvolta spiegare l’esistenza della variabilità nelle diverse specie animali. Lo stu-
dio del polimorfismo genetico ha dato un nuovo impulso alla ricerca in zootecnia, fornendo una nuova base scientifica
per la costruzione di mappe genetiche attraverso l’analisi di
linkage e consentendo l’identificazione di ETLs (Economic
Trait Loci), offrendo tra l’altro la possibilità di effettuare
una valutazione delle relazioni filogenetiche tra diverse razze ed una stima della variabilità genetica entro le razze.
Non bisogna dimenticare i progressi compiuti anche
nelle discipline “collaterali” alla zootecnia; infatti le acquisizioni in campo endocrinologico hanno permesso di chiarire meglio i meccanismi biologici con cui ottenere un miglioramento delle performances. Ricerche in tal senso sono
orientate nell’individuazione di un marker genetico ideale
con cui tipizzare una popolazione, marker al quale sia riconosciuto un certo grado di ereditabilità, sia misurabile e
sia correlabile con parametri oggettivamente rilevabili.
L’asse ipofisario contiene il candidato più promettente a
tale riguardo, molti studi infatti hanno contribuito a mettere in luce le importanti correlazioni esistenti tra il GH ed
il merito genetico degli individui selezionati per la produzione di latte e carne; pertanto, sembra logico pensare che
questo potrebbe costituire un valido parametro per la valutazione delle produzioni in campo zootecnico essendo
questo ormone implicato nei meccanismi fisiologici della
lattazione, dell’accrescimento e della riproduzione.
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Polimorfismo del gene GH e performances produttive
FISIOLOGIA DEL GH
La somatotropina, detta anche ormone della crescita,
viene, nelle diverse specie animali, secreta dal lobo anteriore dell’ipofisi. Gli effetti del GH (growth hormone) sono in parte diretti, come ad esempio l’effetto diabetogeno
e lipolitico, e in parte mediati da fattori insulino simili:
IGF-1 ed IGF-2 (insulin growth factor).
L’asse GH-IGF agisce fisiologicamente sul metabolismo
glucidico, determinando iperglicemia; sul metabolismo protidico, favorendo l’anabolismo proteico e lo sviluppo delle masse muscolari, aumentando la captazione cellulare di amminoacidi ed accelerando trascrizione e traduzione di mRNA; sul
metabolismo lipidico, determinando la lipolisi con aumento
degli acidi grassi liberi e dei corpi chetonici. Interviene, inoltre, nella formazione del tessuto osseo, favorendo un aumento
dell’assorbimento intestinale di calcio e fosforo e promuovendo il corrispondente riassorbimento renale (Fig. 1).
La secrezione di questo ormone segue un ritmo circadiano, viene influenzata da fattori esterni come il fotoperiodo, l’alimentazione, l’età, il sesso ed è sotto il controllo
del sistema nervoso centrale. L’esatto meccanismo d’azione del GH resta ancora da chiarire.
Da un punto di vista strutturale la molecola risulta costituita da una singola catena polipeptidica composta da
circa 191 residui amminoacidici e la sua struttura secondaria risulta assemblata prevalentemente come α-elica.
FIGURA 1 - Effetti della sintesi endogena dell’ormone della crescita sui
diversi tessuti.
POLIMORFISMO DEL GH
Nella maggior parte dei mammiferi un unico gene presiede alla sintesi dell’ormone della crescita.
Nella specie umana, invece, un complesso di cinque geni localizzati sul cromosoma 17 codifica per le proteine
GH-simili; di questi uno presiede alla sintesi di GH ipofisario (hGH-N; N=normal) e un altro codifica per hGH-V
(V=variant), una molecola di 20K probabilmente corrispondente all’hGH placentare (Fiddes et al., 1979;
Frankenne et al., 1987; Chen et al., 1989) (Fig. 2). Questo
complesso di geni simil-GH è verosimilmente il prodotto
di una duplicazione di un singolo gene, il cosiddetto “gene
ancestrale comune”, trovato in quasi tutti i mammiferi ed
altri tetrapodi, il quale poi avrebbe seguito un diverso destino evolutivo a seconda della specie animale (Wa l l i s
1994, 1996). Tali osservazioni potrebbero fornire una valida base scientifica utile alla comprensione del meccanismo
evolutivo del gene GH nelle diverse specie animali.
FIGURA 2 - Locus GH umano (cromosoma 17q23), particolare del complesso di 5 geni che codificano per l’ormone GH e le proteine GH-simili.
Polimorfismo nella specie bovina
La struttura primaria della somatotropina nella specie
bovina (bGH) isolata per la prima volta da Li nel 1944, ricorda molto quella di origine umana (191 aa); la sintesi di
questo ormone tuttavia, dipende dall’attività di un gene localizzato sulla regione cromosomica 19q26-qter (Womack
et al., 1989; Hediger et al., 1990).
Secondo quanto riportato da Gordon et al. (1983) il gene bGH, lungo circa 1800 bp (base pair), è costituito da 5
esoni e 4 introni (Woychik et al., 1982) di lunghezza variabile da 2,6 a 3 kbp (Fig. 3).
FIGURA 3 - Struttura del gene GH, nelle diverse specie animali è costituito da 5 esoni (strutture in grigio), e 4 regioni introniche (in giallo).
Large Animals Review, Anno 9, n. 3, Giugno 2003
La regione fiancheggiante l’estremità 5’ è probabilmente coinvolta nella regolazione ormonale della trascrizione
del gene del bGH (Gordon et al., 1989). Quest’ultima si
pensa possa essere controllata anche dalla proteina Pit-1, a
sua volta coinvolta nell’attivazione del promotore (Bodner
e Karin, 1987).
Dato il suo ruolo fondamentale nella fisiologia della lattazione, il gene del GH è un potenziale target per gli studi
concernenti le variazioni molecolari in associazione agli indici genetici di animali di interesse zootecnico.
Con l’utilizzo degli enzimi di restrizione è stato possibile evidenziare numerosi polimorfismi a carico del gene
bGH.
A causa di una inserzione della base azotata T(timina) in
posizione +837 e in seguito ad una sostituzione di C(citosina)/G(guanina) in posizione +838 è stato individuato un
MspI RFLP (sito di restrizione) localizzato nell’introne III.
Høj et al. (1993) hanno osservato una differente frequenza allelica ai loci GH nelle popolazioni di bovine di
origine danese e norvegese; l’aplotipo MspI(-) è risultato
essere più frequente nella linea selezionata per il latte costituito da una frazione di grasso più elevata.
Per Furu et al. (1988) il sito MspI è posizionato a livello di
introne III ma accanto ad un sito che lega il fattore di trascrizione; le conformazioni MspI(±) sono associate ad un frammento di 0.9kb (inserto/deleto) nella regione 3’ flanking che
potenzialmente trasporta i siti di regolazione della trascrizione. Per questi Autori tale polimorfismo non conferirebbe la
possibilità per questo gene di essere considerato un marker
genetico nella popolazione di Holstein da loro esaminata.
Con la stessa tecnica (PCR-RFLP), utilizzando un altro
enzima di restrizione AluI, Lucy et al. (1993) hanno evidenziato 2 alleli responsabili di due forme alternative presentanti un residuo di Leucina o Valina in posizione 127.
La somministrazione dell’analogo ricombinante bovino,
contenente un residuo di Val in bovine in lattazione, ha
mostrato di incrementare il tasso di grasso nel latte. Tale
incremento è risultato maggiore rispetto a quanto osservato in seguito a somministrazione di un analogo ricombinante contenente Leu, suggerendo che i soggetti con allele
Val siano più indicati per la produzione di latte.
In uno studio relativo alla distribuzione media delle frequenze geniche di questi alleli in diverse popolazioni bovine selezionate per la produzione di carne, alcuni Autori
hanno evidenziato una prevalenza dell’allele A (Leu) sull’allele B (Val) (Piemontese A=0,72; Hereford A=0,78; Angus A=0,80; Frisona A=0,91), mentre l’allele C finora è stato segnalato solo nella popolazione bovina Japanese Black.
Da tale osservazione scaturirebbe l’ipotesi in base alla quale l’esistenza e l’individuazione del polimorfismo in una
zona codificante del gene GH potrebbe influire sull’attività dell’ormone ed essere correlato alle caratteristiche
morfofunzionali degli animali con riflessi sulle produzioni
(Chikuni et al., 1991; Vukasinovic et al., 1999; Di Stasio et
al., 2002). È possibile infatti intravedere nella presenza di
varianti relative ai due loci l’individuazione di un marker
genetico che possa essere utilizzato a fini zootecnici.
Un terzo polimorfismo è stato osservato utilizzando la
TaqI da Rocha et al. (1992). Falaki et al. (1996, 1997) per
questo polimorfismo hanno riscontrato una associazione
con le attitudini lattifere nelle bovine Simmental ma non
per i tori di razza Frisona. Il polimorfismo in analisi (GH-
5
TaqI) è dovuto all’inserzione/delezione di un frammento
di circa 1000 bp nella regione 3’ dell’estremità terminale
del gene GH, tra il sito di EcoRI e quello della TaqI.
Il polimorfismo nella specie ovina
L’ormone della crescita ovino (oGH) è composto da circa 190 amminoacidi e, secondo Hediger et al. (1990), viene
codificato da un gene localizzato sul cromosoma 11q25qter. Analogamente a quanto riscontrato per la specie bovina il gene oGH è lungo circa 1792 bp (Byrne et al., 1987;
Orian et al., 1988) ed è costituito da 5 esoni e 4 introni.
Studi recenti hanno mostrato uno sdoppiamento al locus GH, per cui sono stati riscontrati due alleli: GH1 in
singola copia, e GH2 presente in due forme diverse designate come GH2-N e GH2-Z (Valinsky et al., 1990;
Gootwine et al., 1993) inoltre delle due forme solo la variante GH2-N troverebbe espressione nella pituitaria
(Gootwine et al., 1996). L’allele GH2 è stato originariamente riscontrato in pecore selvatiche da Valinsky et al.
(1990) risultando anche molto frequente nelle popolazioni
ovine attualmente allevate e studiate; ciò ha indotto alcuni
ricercatori a pensare che da tale configurazione dipendesse anche un maggior vantaggio selettivo legato a individui
con genotipo GH2/GH2 (Gootwine et al., 1996).
Attualmente non è ancora chiaro se esiste una reale correlazione tra l’espressione di queste varianti e le diverse
performances degli animali. Da un’indagine comparativa
delle strutture molecolari del GH2-N e del GH2-Z sono
emerse diverse analogie; tuttavia sulla scorta di un diverso
comportamento elettroforetico causato da sostituzioni di
residui amminoacidici è stata dimostrata l’esistenza di 3
combinazioni genotipiche al locus GH: GH1/GH1,
GH1/GH2, GH2/GH2 (Fig. 4).
Da tali considerazioni sono partite ampie disquisizioni dei
possibili risvolti sui meccanismi di espressione e di trascrizione presieduti dal gene GH, in base ai quali anche i diversi
genotipi al locus GH potrebbero giocare un ruolo determinante nelle diverse concentrazioni plasmatiche, ponendo così le basi per uno studio finalizzato a chiarire meglio le possibili influenze tra questo ormone e l’accrescimento.
FIGURA 4 - Esempio di tracciato elettroforetico al locus GH ovino dopo
analisi RFLP. La corsa 1 rappresenta il genotipo GH1/GH1, la corsa 2 il
genotipo GH1/GH2, infine la corsa 3 mostra il genotipo GH2/GH2.
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Polimorfismo del gene GH e performances produttive
Polimorfismo nella specie caprina
Nella specie caprina il gene del GH (gGH) è costituito
da 5 esoni e 4 regioni introniche, tale struttura è stata evidenziata da Kioka et al. nel 1989. Malveiro et al. (2001)
hanno tipizzato al locus GH una popolazione di 108 capre
Algarvia, una razza autoctona portoghese allevata per le
grandi potenzialità produttive relative alla produzione di
latte. I risultati della loro indagine hanno portato all’evidenza di diversi patterns elettroforetici per ogni esone considerato (Fig. 5).
In particolare il pattern A nell’esone 2 sembra essere
correlato con una più elevata produzione quantitativa di
latte ed anche con una maggiore percentuale di grasso e
proteine; i soggetti con il pattern F e D nell’esone 4 e 5 rispettivamente mostrerebbero invece, una maggiore produzione di latte. Tali osservazioni costituiscono i risultati di
uno studio preliminare volto a consentire anche in questa
specie l’individuazione di un gene candidato (marker)
ideale per ottimizzare le performances produttive.
Polimorfismo nella specie suina
L’esatta localizzazione del gene dell’ormone della crescita
suino (pGH) è stata scoperta da Yerle nel 1993, e sembra risiedere in singola copia sul cromosoma 12p1.2-1.5; la regione codificante è costituita da 5 esoni ricoprendo uno spazio
di 1,7kb (Vize, 1987). L’analogia strutturale del pGH con il
bGH si riflette anche sul piano endocrinologico.
Recentemente alcuni Autori (Wang et al., 2002) hanno
tipizzato suini di razza Nanchang e Large Yorkshire al locus GH, utilizzando la metodica PCR-RFLP. Essi hanno
evidenziato l’esistenza di un polimorfismo ottenendo due
frammenti di restrizione di natura e costituzione diversa
(alleli A e B). Dalla loro esperienza, che mirava soprattutto
a studiare l’effetto del genotipo rilevato su alcune importanti caratteristiche produttive, non è emersa alcuna correlazione tra i livelli di accrescimento dei soggetti appartenenti alla razza Nanchang e il loro genotipo, mentre per la
razza Large Yorkshire il genotipo BB al locus GH sembra
conferire un miglioramento delle performances, almeno
per quelle concernenti la percentuale di massa magra.
Il polimorfismo al locus GH era stato già oggetto di studio da parte di altri Autori (Cheng et al., 2000) i quali avevano riscontrato differenze nella distribuzione delle frequenze
geniche relative al locus GH nelle razze Duroc, Landrace e
Tao-Yuan. Nello stesso lavoro gli Autori avevano correlato la
variabilità osservata con le concentrazioni plasmatiche dell’ormone somatotropo ed i livelli di accrescimento, dimostrando che la razza autoctona presentava una minore tendenza ad accrescersi ed aveva anche concentrazioni plasmatiche inferiori. Questi risultati portano alla conferma dell’esistenza di una correlazione tra GH e indici produttivi. Infatti,
in virtù di tali variazioni alcuni Autori avrebbero ipotizzato
una base genetica per spiegarne l’origine. È possibile che il
“fattore razza” possa giocare un ruolo nel determinismo, dato che le concentrazioni plasmatiche di GH nelle comuni
razze commerciali (Yorkshire) e nelle razze autoctone cinesi
risultano sostanzialmente diverse (Sun et al, 2002).
CONCLUSIONI
Uno degli ostacoli al progresso nel lavoro di selezione in
campo zootecnico resta quello costituito dai tempi con cui
si possono manifestare fenotipicamente le scelte effettuate
su base genotipica, questo vale tanto per la produzione di
latte quanto per la produzione di carne. Tuttavia le recenti
acquisizioni scientifiche hanno consentito da un lato di ottimizzare i tempi, dall’altro hanno fornito una nuova chiave di lettura sia per la genetica classica che per la genetica
molecolare.
È indubbio che lo studio dei marcatori genetici costituisce il futuro della ricerca in zootecnia. Da quanto illustrato
in questa breve review il polimorfismo genetico del gene
GH costituisce, a nostro avviso, un valido strumento per
approfondire le ricerche in tal senso.
Parole chiave
Polimorfismo, GH, performances produttive.
Key words
Polymorphism, GH, performances traits.
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