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NEL MONASTERO DI HEMIS,
UNA STATUA DEL BUDDHA
SEDUTO. ESISTONO
QUATTRO POSIZIONI
NELL’ICONOGRAFIA
BUDDHISTA, IN PIEDI,
SDRAIATO, IN CAMMINO
E APPUNTO SEDUTO.
QUEST’ULTIMA POSTURA
È LA PIÙ DIFFUSA
E RAFFIGURA
LA MEDITAZIONE.
NELLA PAGINA PRECEDENTE,
LA FACCIATA DEL MONASTERO,
1672
45 CHILOMETRI
DA LEH, MAGGIORE CENTRO
URBANO DEL LADAKH
FONDATO NEL
A
testo di Simona Angioni
fotografie di M. Richard Stiller
In cammino tra le cime
dell’Himalaya e del Karakorum
nel distaccamento spirituale
del Tibet. Un luogo immobile
nel tempo e consacrato alla
ricerca della felicità
L’ALTRO
TETTO
DEL MONDO
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La montagna regala cieli notturni divorati dalle stelle. Raramente, però, il buio diventa tenebra. C’è sempre un pezzo
di città a disturbare. Non in Ladakh, la regione dello Stato indiano
del Jammu e Kashmir, incastonata tra le catene montuose
dell’Himalaya e del Karakorum. India, ma fisicamente, etnicamente e culturalmente Tibet. Dalla fuga del Dalai Lama, il buddhismo
abita qui, in altissimo, nel Paese degli alti valichi che è diventato il
distaccamento spirituale del Tetto del mondo. In questo gioiello
grande come il nord Italia, a differenza del vicino Kashmir, la maggioranza buddhista convive con i mussulmani sciiti e i pochi induisti, come in un’oasi immobile di serenità e bellezza.
I monasteri, gompa, stanno appesi alle pietraie come profezie.
Bianchi e rossi, severi e squadrati, vigilano sul tuo viaggio.
Raggiungerli significa avventurarsi su strade di polvere che vanno
reinventate dopo ogni frana. Distillare i passi per sopportare l’aria
rarefatta che rompe il respiro e spacca le gambe. L’arrivo è la
ricompensa. Scoprire che all’interno di questi luoghi sacri si vive
ancora come nel Medioevo, la sorpresa più grande. Il primo gompa
che si incontra arrivando da Srinagar, Kashmir, è quello di
Mulbekh. Un piccolissimo monastero che ti accoglie nella prima
vallata di sapore completamente tibetano nonostante la vicinanza
con i mussulmani Kashmiri e Balti. Poca luce, difficile fotografare,
grande magia, le prime scoperte di un pantheon infinito di divinità
buddhiste.
Hemis, con i suoi 400 monaci, è il gompa più grande e forse il più
bello del Ladakh. All’interno, la litania di due giovani lama introduce il momento della preghiera. In queste sale avvolte dalla
penombra si pratica ancora lo yoga di Milarepa, il monaco asceta e
poeta che occupa nella cultura Tibetana lo stesso ruolo di san
Francesco nel cristianesimo.
Il monastero di Lamayuru, sull’antica carovaniera che unisce il
Kashmir a Lhasa, sta attaccato alla montagna come un uccello bianco e gentile. Le piccole bandiere colorate che si muovono dolcemente nell’aria, fanno da arcobaleno al tuo ingresso. Nel cortile i
monaci bambini corrono e urlano il loro ciao: «Juleeeeee», con la e
che non finisce mai o al massimo termina in un sorriso. Hanno le
dita nel naso, la testa rasata e i piedi neri che spuntano dalle lunghe
tuniche porpora. Allegria allo stato puro. All’interno, una punja, la
verve # 114
preghiera buddhista. «Aom Mani Padme
Hum», il mantra del Buddha della compassione. I bisbigli accarezzano il buio,
le lame di luce trasformano le statue dei
Protettori in apparizioni. La dolcezza
della voce e la ripetitività delle parole
diventa una culla per i pensieri agitati. A
Spitok, un monastero in cui ci si perde
tra chiostri affrescati e corridoi umidi,
l’indiscussa protagonista è la dea Tara, la
Divina madre nel buddhismo tantrico.
In una sala si possono ammirare, dipinte su splendidi tankha (gli arazzi tradizionali tibetani), 21 delle sue rappresentazioni. Le donne indossano abiti pesanti
e hanno i visi bruciati dal sole. Entrano
nei gompa portando le mani giunte alla
fronte, alla bocca e al petto. Si inchinano, si prostrano, e si rialzano. E ancora.
verve # 115
IN QUESTA PAGINA,
IL MONASTERO
DI
LAMAYURU, UNO DEI
PIÙ GRANDI E ANTICHI
DEL
LADAKH. OGGI VI
150 MONACI
RISIEDONO
MA IN PASSATO SONO
STATI ANCHE
4O0. NEL
SECONDO E NEL QUINTO
MESE DEL CALENDARIO
LUNARE TIBETANO
QUESTO GOMPA OSPITA
UN IMPORTANTE FESTIVAL
DI DANZE RELIGIOSE
IN MASCHERA.
NELLA
PAGINA DI SINISTRA,
IL PICCOLO MONASTERO
DI
MULBEKH, AL CONFINE
CON LA PORZIONE
ISLAMICA DEL
KASHMIR
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UNO DEI MIRABILI
ESEMPI DI ARTE SACRA
ALL’INTERNO DEL
MONASTERO DI
THIKSE,
NOTO ANCHE PER
L’AMPIA COLLEZIONE
DI SETE RICAMATE
NELLE FOTO QUI SOPRA,
IL MONASTERO DI
THIKSE, FONDATO NEL
XV SECOLO, RACCHIUDE
DIECI TEMPLI TRA CUI
MAITREYA
DALAI
LAMA NEL 1980
QUELLO DI
INAUGURATO DAL
Una devozione che diventa un’onda. I cigli delle strade sono costellati di chorten, o stupa, costruzioni bianche e tondeggianti che rendono onore al Buddha. Ogni dettaglio è intriso di simbologia religiosa. Alcuni contengono pagine di testi sacri. Altri, ciò che un
buddhista mira a raggiungere più di ogni altra cosa: il vuoto, ovvero
l’essenza del tutto. Thikse ti guarda dalla cima di una collina. Uno
dei gompa più ricchi del Ladakh, con i suoi templi e le terrazze inondate di sole. All’interno si trovano numerose rappresentazioni di
uno dei capisaldi della religione buddhista: l’impermanenza (anicca)
. Corpi di uomini e animali stanno appesi al contrario, attraversati
da gocce di sangue che poi cadono a terra. Vogliono raccontare che
ogni cosa è soggetta alla sofferenza. Per fortuna, il sole accecante,
fuori, cancella in un istante l’ombra di questi pensieri tetri. Il
monastero di Rizong offre uno sguardo a 360 gradi sull’arco delle
montagne. Sei sul tetto del mondo, sospeso, attaccato solo ai fili dei
tuoi pensieri. Le albicocche messe a essiccare al sole trasformano i
tetti in tovaglie arancioni. Un monaco incartapecorito ci invita in
cucina per offrirci il tchai, il tè locale con il burro salato di yak. Non
è una delizia per il palato, ma l’atmosfera di quella stanza è così
magica che anche quella bevanda diventa gradita. E soprattutto è un
dono, qui, dove non si ha nulla da donare, se non fede e silenzio. Il
monastero di Likir ti accoglie con un gigantesco Buddha di pietra
verve # 117
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QUI A FIANCO,
UN DIPINTO NEL
MONASTERO DI
LIKIR;
PIÙ A SINISTRA, MONACI
A
SPITOK SI PREPARANO
IL PASTO; QUI SOTTO
E IN BASSO IL GOMPA
DI
RIZONG, FONDATO
1892
NEL
seduto sul tetto. Per raggiungere le sale di
preghiera ci sono scale ripide. Si deve faticare almeno un poco per assaporare la bellezza. Pesantissimi mantelli gialli sono
appoggiati sulle panche come corolle di
fiori in attesa di essere riempiti dai monaci. Eccoli. Arrivano con passo felpato,
chiacchierando. I campanelli iniziano a
suonare insieme ai corni e ai tamburi.
Comincia il canto. I bambini offrono
yogurt e tè durante tutta la preghiera, silen-
ziosi come gattini sui tetti. La sala straripa
di offerte: latte d’olio, fiori, caramelle,
soldi, semi, burro. Le candele ballano
piano. Due monaci ridono. Qui si prega
seriamente, giocando. Ci si interroga su
tutto senza pretendere nulla. Non è difficile pensare che la ricerca della felicità possa
parlare questa lingua. |
I MAGNIFICI DRAPPI
E I MANTELLI DEI MONACI
NEL GOMPA DI
LIKIR,
www.incredibleindia.com; www.clupviaggi.it
LUNGO QUELLA CHE
www.viaggidellelefante.it
ERA LA
verve # 118
VIA DELLA SETA