© Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX Licurgo fra tradizione e innovazione Livia De Martinis Questo lavoro si propone di riconsiderare la figura e l’attività di Licurgo, che di recente Patrice Brun ha tentato di ridimensionare. Attraverso una completa analisi delle testimonianze a nostra disposizione, con particolare attenzione per quelle epigrafiche, si cerca di mettere in luce da una parte il forte attivismo di Licurgo in politica interna, atto ad assicurare la sopravvivenza di Atene negli anni successivi alla sconfitta di Cheronea, dall’altra il suo prudente atteggiamento in politica estera, teso a non compromettere la città a livello internazionale. Si tenta poi di far emergere le molte somiglianze tra la politica di Licurgo e quella sviluppata da Eubulo una ventina di anni prima, all’indomani della sconfitta ateniese nella Guerra Sociale. Senza negare o minimizzare l’importanza dell’azione di Licurgo ad Atene, si conclude ipotizzando che il giovane Licurgo si sia formato all’interno del gruppo politico di Eubulo, per poi dare attuazione, nella stagione successiva, a misure già concepite in quel contesto. This paper aims to reconsider Lycurgus and his work, in response to the diminishing interpretation of his political role by Patrice Brun. Through a complete analysis of the evidence (especially of epigraphical nature) at our disposal, I emphasize the activism of Lycurgus in domestic policy, aimed to ensure the survival of Athens in the years following the defeat of Chaeronea; I also call attention to his marked moderation in foreign policy, aimed at not compromising the city on the international level. Moreover, the policy of Lycurgus bares some similarities to that which Eubulos developed earlier: the implementation of such a political program became necessary during the 4th century BC in the aftermath of the Social War. Thus, with no intent of minimizing and denying the importance of the action of Lycurgus in Athens, we might imagine a young Lycurgus, molded inside the political group of Eubulus, developing the measures started by Eubulus himself and his entourage in the previous two decades. P remessa Con la partenza di Alessandro per l’Asia (334) la scena politica ateniese cessò di essere animata da quella viva lotta tra fazioni che l’aveva caratterizzata negli anni immediatamente successivi a Cheronea1 e per il quadriennio compreso tra il 334 e il 330 Atene vide una sorta di cooperazione tra i diversi gruppi politici, tutti temporaneamente favorevoli a un atteggiamento prudente nei confronti della Macedonia2. Tale svolta si verificò in concomitanza con l’affermazione sulla scena politica di Licurgo, la cui figura risulta nel complesso alquanto sfuggente3. Le fonti letterarie ci restituiscono scarsi dati storici su di lui e sul suo programma di governo, preferendo offrire notizie generiche e prive di una autentica contestualizzazione storica; non partico- larmente ricco è anche il breve profilo biografico a lui dedicato nelle Vite dei dieci oratori, che comunque rappresenta per noi l’unica fonte articolata su questo personaggio4. Al di là delle affermazioni di Diodoro secondo cui Licurgo sarebbe stato responsabile delle finanze cittadine in qualità di ὁ ἐπὶ τῇ διοικήσει già dal 338 (XVI 88, 1)5 e il suo nome sarebbe stato tra quelli degli oratori ateniesi di cui Alessandro chiese la consegna all’indomani della distruzione di Tebe (XVII 15, 1)6, non siamo a conoscenza di nessun suo intervento a proposito delle principali questioni di politica contemporanea. Questo silenzio delle fonti letterarie risulta tanto più sorprendente se consideriamo che da diverse testimonianze, quasi esclusivamente di carattere epigrafico, sembra che Licurgo sia stato 24 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 protagonista della scena politica ateniese negli anni 338-326, durante i quali avrebbe proposto una serie di importanti decreti di argomento vario7. Inoltre, per dodici anni consecutivi, o rivestendo lui stesso le cariche o attraverso l’influenza che esercitava su coloro che le rivestivano, Licurgo fu responsabile delle finanze ateniesi8, garantendo alla città entrate annuali per 600-1200 talenti e spendendo complessivamente 18600 talenti9. Fu poi responsabile della messa in atto di un complesso piano di politica edilizia10, che favorì non solo l’ulteriore monumentalizzazione di Atene ma anche la crescita dell’occupazione11. Da non dimenticare, tra le altre testimonianze epigrafiche che lo riguardano, è in particolare il decreto onorario in suo onore promulgato nel 307/6, su proposta di Stratocle12, dalla democrazia ateniese risorta in seguito alla cacciata di Demetrio Falereo da parte del Poliorcete: questo documento, infatti, restituitoci per via sia epigrafica che letteraria13, al di là delle motivazioni che lo accompagnano14, conserva e consegna alla tradizione un’immagine particolarmente ricca e positiva dell’amministrazione licurghea, soprattutto per quanto riguarda la politica interna, ma anche per la politica estera15. Partendo spesso da quest’ultima testimonianza, gli studiosi moderni hanno insistito sull’importanza del ruolo rivestito da Licurgo nella seconda metà del IV secolo, in alcuni casi idealizzandone la figura. Di recente Patrice Brun si è inserito in questo dibattito, facendosi portavoce di una visione dissonante rispetto alle altre16: egli, infatti, pur partendo dal riconoscimento della sostanziale attendibilità delle fonti relative a Licurgo, cerca di ridimensionarne la portata, affermando che molte di queste riflettono semplicemente la tendenza dei Greci a riferire a un personaggio, ritenuto centrale per una determinata epoca, una serie di provvedimenti dei quali non è specificata la paternità e che quindi non necessariamente devono essergli attribuiti; sottolinea, inoltre, che molti ritratti di Licurgo risultano viziati, come nel caso del già citato decreto di Stratocle, dalla volontà di una utilizzazione propagandistica del personaggio in un momento specifico della storia ateniese17. Per quanto la demitizzazione di Licurgo operata dal Brun risulti eccessiva, dal momento che egli svolse effettivamente un ruolo determinante nella politica ateniese, soprattutto per gli anni compresi tra il 334 e il 324, sia a livello di politica interna sia per il complessivo orientamento moderato che impose alle decisioni assunte dalla città in politica estera, è opportuno sottolineare che parte del programma da lui messo in atto dipese non da una sua iniziativa personale e innovativa, quando piuttosto dal suo inserimento in un gruppo politico che già nella stagione precedente, vale a dire dalla metà del IV secolo in poi, aveva dimostrato, sotto la guida di Eubulo18, di avere una spiccata sensibilità ai problemi economici di un’Atene non più padrona del mondo. Come con Eubulo Atene, rimasta priva dei suoi alleati in seguito alla guerra sociale, aveva cercato di valorizzare le proprie risorse interne per ricostruire su basi differenti la propria grandezza, così con Licurgo Atene, sconfitta da Filippo a Cheronea e messa in ombra dalla crescente potenza macedone, cercò di recuperare i propri valori tradizionali di libertà e autonomia e di assicurarsi una certa stabilità interna in vista della riconquista di un certo rilievo internazionale. Per restituire un’immagine autentica e non idealizzata di Licurgo è poi importante non tralasciare quelle rare testimonianze che conservano qualche critica nei suoi confronti: Plutarco, infatti, attribuisce a Licurgo la tendenza a parlare più che ad agire19 e lo accusa di aver fatto affari con i sicofanti20. Per quanto si tratti di accuse decisamente generiche, è importante tenerle presenti, così da avere piena consapevolezza del fatto che, al di là del ritratto edulcorato che vogliono restituircene le fonti storiografiche primarie, Licurgo rimane un personaggio forse non sufficientemente noto. L’attività di Licurgo sulla scena politica ateniese 1. Atene alla ricerca di un accordo con la Persia Come accennato, all’indomani del 334 i protagonisti della scena politica ateniese, nonostante i rispettivi orientamenti personali, sembrano concordi nel riconoscere la necessità di gestire in modo cauto il rapporto con la potenza macedone21. In 25 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX questa fase Atene sembra optare per la ricerca di un contatto diplomatico con la Persia, nemica sul campo di Alessandro, piuttosto che per uno scontro aperto e diretto con il Macedone. Così, per il 333 abbiamo notizia dell’invio alla corte di Dario di ambasciatori greci22, tra i quali era presente anche l’ateniese Ificrate, figlio dell’omonimo generale ateniese23: la sua presenza lascia supporre una decisione ufficiale del governo ateniese di mantenere contatti con la Persia. E questo nonostante l’esistenza di un patto di alleanza con i Macedoni24 e benché in quello stesso anno Atene, proprio in virtù di tale patto, avesse contribuito alla flotta federale affidata a Egeloco25, in seguito all’esplicita richiesta di un contingente di triremi presentata da Alessandro, egemone della lega di Corinto26. All’agosto-settembre del 333 a.C., inoltre, si può ascrivere un documento epigrafico che ci restituisce il decreto, votato dal popolo su proposta di Licurgo, sull’introduzione in Atene, su richiesta degli emporoi di Cizio residenti in città, del culto dell’Afrodite di Cipro27: tenendo conto del proponente, Licurgo, uomo di punta del partito antimacedone, e della data, la vigilia della battaglia di Isso, quando Cipro non solo si trovava in mano ai Persiani, ma era anche la principale base della flotta28, il decreto contribuisce ad attestare per la fase precedente al 330 l’esistenza di rapporti stabili fra Atene e le basi persiane29. Nelle righe conclusive del decreto compare, poi, il ricordo di un’analoga concessione agli Egiziani per l’edificazione di un tempio di Iside30. Nel complesso, l’atteggiamento di disponibilità verso gli stranieri residenti in città, e quindi verso i loro culti, di cui questa testimonianza epigrafica darebbe prova, rappresenta per Atene un modo di tutelare la propria economia31: secondo Mikalson i culti dell’Afrodite di Cipro e di Iside erano decisamente poco diffusi ad Atene, dove a praticarli sarebbero stati unicamente cittadini di Cizio e dell’Egitto, invogliati ad avere basi nel Pireo proprio dalla presenza nell’emporio attico dei santuari delle proprie divinità32. A questo proposito possiamo notare che sia i Ciprioti sia gli Egiziani erano particolarmente preziosi per le importazioni di grano33, che divennero fondamentali per Atene negli anni successivi al 330, caratterizza- ti da una grave carestia34. Già per il 333, dunque, possiamo attestare la chiara volontà di Licurgo, che pure amministrava una città aderente alla Lega di Corinto e che da sempre aveva sostenuto una politica assai prudente nei confronti della Macedonia, di garantire l’indipendenza di Atene in materia di approvvigionamenti, mantenendo aperte tutte le vie per procurarsi rifornimenti. 2. Mancata partecipazione ateniese alla guerra di Agide Ritornando alla politica estera, in questa prima fase (334-333) l’atteggiamento attendista di Atene, che si limitò di fatto a sperare che la Persia sconfiggesse Alessandro e restituisse la libertà ai Greci, senza che fosse necessario un proprio coinvolgimento diretto35, si rivelò errato ed ebbe come risultato quello di un notevole incremento del potere macedone in Grecia36; al contrario, nel 331, con il suggerimento dato ai propri concittadini di non sostenere Agide, Demostene, come sostengono in genere i moderni, «non mancò una buona occasione, ma evitò ad Atene una catastrofe»37. In occasione della guerra di Agide III, infatti, Atene, il cui ruolo era determinante, dal momento che essa conservava ancora intatta la sua forza navale38, scelse di non appoggiare Sparta nella lotta contro il Macedone. Se è certo che Atene, optando per la neutralità, perseguì i propri interessi, non sembra che la sua scelta debba necessariamente presupporre orientamenti filo-macedoni39 e pare anzi infondata l’ipotesi sostenuta da Potter, secondo cui non solo Atene non sarebbe rimasta inattiva, ma avrebbe addirittura partecipato all’azione di Antipatro contro Agide40. Tra le fonti a nostra disposizione, Diodoro è l’unico a leggere la scelta ateniese come un appoggio ad Alessandro e insieme un tradimento degli ideali di libertà della Grecia41. L’oratoria contemporanea, con Eschine42 e Dinarco43, si limita a osservare che a orientare in questo senso la scelta ateniese sarebbe stato Demostene: nell’ottica dell’oratore e uomo politico ateniese in quel momento la città non si trovava di fatto in condizioni di fare una scelta diversa44. Plutarco, a sua volta, in un passo dei Moralia che molto ha di aneddotico e 26 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 che sembra di dubbia credibilità45, ricorda che Demade aveva cercato di dissuadere gli Ateniesi dal sostenere, con un contingente navale, «coloro che erano in rivolta contro Alessandro»46: egli fece infatti presente al popolo che un simile intervento avrebbe richiesto uno sforzo economico non indifferente, che li avrebbe obbligati a impiegare in quella direzione la somma che era stata destinata alla donazione di mezza mina a ciascun cittadino nel corso della festa dei boccali47. Curzio Rufo, infine, che conferisce alla sua narrazione dello scontro tra Agide e la Macedonia una coloritura decisamente politica, parlando di una lotta che oppone coloro che combattono per la libertà (gli Spartani) a coloro che combattono per il dominio (i Macedoni)48, nulla dice della scelta ateniese di non parteciparvi e non riporta alcuna notizia di eventuali discussioni dei politici ateniesi a questo proposito. Nel complesso, dunque, data la problematicità delle fonti a questo proposito, per quanto sembri che la libertà della Grecia sia stata lo scopo primario dell’azione di Agide III, è opportuno riflettere sul fatto che in realtà lo scontro del re spartano con Antipatro potrebbe aver avuto motivazioni iniziali decisamente più prosaiche. È stato infatti ipotizzato che Agide, all’inizio della sua azione, volesse solo recuperare quei territori che erano stati strappati a Sparta dopo la battaglia di Cheronea e che all’indomani di Isso risultavano importanti per poter mettere della terra a disposizione di quei mercenari spartani che avevano fatto ritorno in Grecia. Attaccando l’Argolide e la Corinzia, Agide avrebbe suscitato l’immediata reazione del comandante macedone della guarnigione dell’Acrocorinto, Corrago, e la sconfitta di quest’ultimo avrebbe trasformato un disordine regionale, nato per questioni di rettifiche territoriali, in una guerra più ampia, aprendo la strada alla discesa di Antipatro nel Peloponneso49. In quest’ottica dunque, la scelta ateniese di non sostenere l’azione di Agide dipenderebbe dal suo tradizionale atteggiamento antispartano e non riguarderebbe direttamente la disposizione di Atene nei confronti della Macedonia. La moderazione delle posizioni assunte da Atene in questa occasione, moderazione non solo approvata, ma suggerita da Demostene, sembra coinci- dere con l’ingresso sulla scena politica ateniese di Licurgo. In effetti, in diverse occasioni nel corso degli anni Trenta del IV secolo, Demostene e Licurgo risultano lavorare assieme, come è dimostrato dalla consonanza delle argomentazioni che i due svilupparono rispettivamente nelle orazioni Sulla Corona e Contro Leocrate; entrambi, poi, erano stati da sempre ferventi anti-macedoni50, e, pur nel mutato contesto internazionale, anche dopo il 330 erano desiderosi che Atene tornasse alla sua precedente grandezza51; è oltretutto probabile che, nonostante la differenza di una decina d’anni, i due fossero anche amici personali52. Ora, se il cuore propagandistico del programma di restaurazione pianificato da Licurgo era un’efficace opposizione al Macedone, proprio questo programma sarebbe stato messo a rischio da un eventuale disastro bellico53. È dunque ipotizzabile che nel 331/330, temendo che Atene non sarebbe stata in grado di sostenere uno scontro con il Macedone, Licurgo abbia convinto l’amico Demostene a rifiutare la guerra a fianco di Agide e a esprimere l’opposizione al Macedone in una resistenza giocata sulla propaganda politica54, che si concretizzò nelle aule dei tribunali, dove, come accennato, all’indomani della sconfitta di Agide, Demostene e Licurgo pronunciarono rispettivamente l’orazione Sulla Corona e Contro Leocrate. 3. Il discorso Sul trattato con Alessandro In questi anni, dunque, la classe dirigente ateniese sembrò davvero concepire l’opposizione alla Macedonia esclusivamente come argomento di propaganda, mentre a livello pratico optò per una pacifica convivenza con Alessandro55. Unica testimonianza dell’esistenza, per questa fase, di un’attività concretamente volta a promuovere uno scontro militare con Alessandro è il discorso Sul trattato con Alessandro56, tramandato nel corpus demostenico ma di attribuzione incerta57. Argomenti piuttosto convincenti hanno portato a datare l’orazione al 333, prima della battaglia di Isso, in quel periodo che il contemporaneo Eschine dice di estremo pericolo per Alessandro e pieno di grandi speranze per il partito anti-macedone in Atene (Aesch. III 164)58. Di fatto, però, le argomentazioni 27 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX sfruttate dall’oratore per indurre gli Ateniesi a dichiarare guerra ad Alessandro appaiono poco convincenti e riflettono più la frustrazione e l’impotenza degli anti-macedoni che la loro forza: ponendosi sul piano giuridico piuttosto che su quello politico, l’autore dell’orazione illustra una serie di casi «recenti» in cui i Macedoni avevano violato i patti stipulati con i Greci e la koinè eirene59. In particolare l’accento è posto su due affronti subiti dalla stessa Atene: la confisca e la perquisizione a Tenedo di navi onerarie provenienti dal Ponto60 e la violazione del Pireo da parte di una trireme macedone61. Nel contempo vengono tralasciate argomentazioni che sarebbero state ben più razionali e motivanti: manca, ad esempio, ogni accenno al problema dei mercenari greci prigionieri del Macedone62, argomento che pure avrebbe avuto una grande presa sull’assemblea cittadina, dove probabilmente molti tra i presenti erano parenti o amici dei prigionieri63. Nel complesso, dunque, l’orazione, che costituisce l’unica testimonianza di un’esortazione ad Atene a combattere attivamente contro Alessandro, appare poco incisiva ed è totalmente priva di allusioni a un piano organico per un’azione comune da intraprendere con gli altri Greci o con i Persiani64. Sarebbe importante capire chi fu l’autore di questa orazione o, almeno, in quale ambiente essa fu concepita: è chiaro, infatti, che un’attribuzione a Demostene sarebbe totalmente in contrasto con l’atteggiamento moderato da lui mostrato in questa fase e con la sua perfetta consonanza con l’attività licurghea. Un’attribuzione a Iperide, suggerita già in antico dalla testimonianza di Libanio, potrebbe, al contrario, essere di grande interesse, perché testimonierebbe un allontanamento tra due importanti esponenti del partito democratico: Demostene si sarebbe volto a più miti consigli, attendendo un momento più opportuno per trasformare in fatti un’opposizione al Macedone comunque viva a livello teorico e propagandistico; l’altro, Iperide, si sarebbe mostrato già disposto ad abbracciare un atteggiamento più radicale e a sostenere un’attiva opposizione alla Macedonia65. In realtà, mancano argomenti decisivi sia per l’attribuzione del testo sia per la sua datazione: le molte ipotesi messe in campo dagli studiosi non permettono di mettere un punto fermo sulla questione e di trarre conclusioni definitive in un senso o nell’altro. L’impressione resta quella che tra il 334 e il 330 sia mancata totalmente, persino negli ambienti tradizionalmente anti-macedoni, una netta presa di posizione a favore dello scontro militare diretto con Alessandro. Rimane quindi necessario chiedersene le ragioni. Una valida proposta di lettura potrebbe essere quella che pone alla base dell’incapacità del partito anti-macedone di approfittare in modo efficace delle occasioni che gli si presentarono la diffidenza dell’opinione pubblica ateniese, pur sinceramente anti-macedone, nei riguardi dei possibili, effettivi alleati a cui la causa anti-macedone avrebbe potuto appoggiarsi, vale a dire gli Spartani e soprattutto i Persiani, nemici tradizionali di Atene e della Grecia66. 4. L’oratoria ateniese: Eschine, Demostene e Licurgo Non molto tempo dopo la sconfitta di Agide, probabilmente nel 330/29, Eschine attaccò Demostene muovendo un’accusa di graphè paranomon ai danni di Ctesifonte, che aveva proposto l’assegnazione di onori allo stesso Demostene immediatamente dopo la morte di Filippo. Nell’ambito del processo che ne seguì vennero pronunciati i due discorsi, rispettivamente di Eschine e Demostene, conosciuti come Contro Ctesifonte e Sulla Corona. Di un certo interesse ai fini della nostra indagine è la ragione per cui il caso, aperto dalla proposta di Ctesifonte del 336, fu discusso solo nell’agosto del 33067. A motivare l’attacco di Eschine furono ragioni di inimicizia personale e soprattutto di politica interna68: egli vide probabilmente nella guerra di Agide, durante la quale Demostene aveva spinto Atene a mantenersi neutrale, un’occasione migliore per attaccare il suo tradizionale nemico, nella speranza che egli avesse perso credibilità come irremovibile anti-macedone69. Eschine rievoca, in particolare, il destino di Sparta e di Tebe, i due momenti di ribellione di città greche al Macedone in cui Atene, guidata da Demostene, scelse di rimanere inattiva70, imputando con ciò proprio a 28 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 Demostene e alla sua politica la responsabilità di aver reso gli Ateniesi, da egemoni, sudditi di Alessandro71. In tribunale Eschine venne però sconfitto, non riuscendo a ottenere neppure un quinto dei consensi: gli Ateniesi riconobbero che Demostene, la cui azione politica era stata orientata da Licurgo72, aveva agito nell’interesse della città. Passando a considerare il contenuto dell’orazione demostenica, possiamo notare che Demostene non fa riferimento, se non con allusioni generiche, agli avvenimenti degli anni 336-330: ciò non per l’acquisita consapevolezza di aver commesso un errore non sostenendo l’azione di Sparta73, ma semmai per l’amara constatazione della difficoltà di poter prevalere contro la Macedonia74. Egli, piuttosto, difende la sua politica attraverso il costante riferimento ai tradizionali valori di patriottismo, di rimpianto dell’antica grandezza di Atene, di libertà e autonomia (Demosth. XVIII 188-210): valori che, come è stato sottolineato da Burke, costituivano anche il fulcro della politica licurghea di restaurazione e che furono espressamente richiamati da Licurgo nell’orazione Contro Leocrate (Lyc. I 75-130), anch’essa da attribuire al 330, probabilmente alla primavera/estate75. Licurgo, che accusò Leocrate in tribunale perché questi aveva lasciato la città di Atene a pochi giorni dalla disfatta di Cheronea, era più che consapevole del fatto che nessuna legge stabiliva una pena per la colpa dell’imputato (Lyc. I 8-10)76. Possiamo dunque immaginare che si aspettasse la sconfitta in aula77, ma che scelse comunque di portare avanti la causa con lo scopo di mantenere viva a livello propagandistico la tematica antimacedone: con il suo attacco, infatti, voleva dimostrare che Leocrate, lasciando Atene, aveva di fatto sostenuto la Macedonia (Lyc. I 36-54). La causa, insomma, non diversamente da quella di Eschine contro Demostene, metteva in gioco la dialettica tra buon cittadino e traditore, e non a caso vi troviamo esaltati quegli stessi temi e valori che Demostene aveva evocati a propria difesa. Nel complesso, dunque, sembra di poter parlare, per questa altezza cronologica, di un asse Demostene-Licurgo, atto, da una parte a sostenere il complesso programma licurgheo, dall’altra a rin- vigorire l’opposizione popolare al Macedone78, senza tuttavia esporre la città al pericolo di un’azione effettiva che per il momento non sarebbe stata in grado di sostenere. 5. L’attività edilizia A questo proposito è interessante ricordare un altro elemento che conferma la scelta ateniese di non esporsi, negli anni successivi a Isso, nella lotta contro il Macedone: l’impiego di ingenti somme di denaro per scopi civili. Ciò è testimoniato da una serie di documenti epigrafici che ci attestano, per gli anni 334-330, un gran numero di interventi in campo edilizio, che costituiscono di fatto l’aspetto più eclatante dell’ampio e organico programma messo in atto da Licurgo e dal gruppo che lo sosteneva. Innanzitutto è bene osservare che questi interventi, spesso già avviati prima del 334 e conclusi poi solo dopo il 33079, non interessarono esclusivamente la città di Atene, ma anche alcuni santuari extra-urbani, primi fra tutti quelli di Eleusi e di Oropo80. Ad Eleusi, in particolare, il ruolo svolto da Licurgo è testimoniato almeno da due epigrafi81: una, datata al 333/2, attesta che un carrettiere è stato pagato sulla base di un decreto che Licurgo avrebbe personalmente proposto (IG II2 1673, ll. 64-65)82; un’altra, datata al 329/8, specifica chiaramente che lo stipendio di uno degli architetti, dell’ammontare di 87 dracme, è stato emesso «su ordine di Licurgo» (IG II2 1672, l. 11). Sembra, comunque, che sia stata in particolare l’agorà di Atene, centro della vita pubblica, a essere interessata dalla politica edilizia di Licurgo, come suggeriscono in questo caso le datazioni di carattere archeologico, dipendenti dall’analisi dei materiali e dai ritrovamenti ceramici83. Nel complesso, l’attuazione in età licurghea di progetti edilizi numerosi e spesso caratterizzati dalla grandiosità delle realizzazioni architettoniche sembra essere in contraddizione con un progetto politico di lotta a oltranza contro la Macedonia: si deve quindi rifiutare l’ipotesi che negli anni 334330 Atene pensasse a un’azione militare contro i Macedoni o contro chiunque altro, perché se questo fosse stato il progetto della classe dirigente ate- 29 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX niese, allora il denaro che essa aveva a disposizione sarebbe stato destinato a questo scopo e non certo alla monumentalizzazione della città84. Quanto al finanziamento dei suddetti lavori, è interessante notare che una parte considerevole, anche se purtroppo non quantificabile, dei costi dovette gravare sul bilancio dello Stato, ma che non si mancò di fare ampio ricorso a fondi messi a disposizione dai privati, anche non ateniesi, nell’ottica di quell’evergetismo caratteristico di tutto l’ellenismo85. In conclusione, dunque, possiamo notare che, anche a partire dallo studio dell’attività edilizia ateniese, si arriva a constatare che il gruppo licurgheo, all’interno del quale rientra a pieno titolo anche lo stesso Demostene, riuscì negli anni 334-330 a emarginare i sostenitori di soluzioni estreme e avventurose e sembrò abbracciare all’unanimità un atteggiamento più cauto nei confronti del Macedone, onde non esporre la città a pericoli che non sarebbe stata in grado di sostenere se non in seguito a un rafforzamento interno, che di fatto si cercò di perseguire con un ben pilotato sfruttamento delle risorse interne. 6. Gli approvvigionamenti di grano e di acqua Alcune testimonianze epigrafiche, poi, ci presentano in questa fase una città decisamente impegnata nella ricerca di approvvigionamenti granari. Al problema granario, così attuale in Grecia e ad Atene negli anni immediatamente successivi al 330, la città attica cercò di dare una soluzione sia andando alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento – e in questa prospettiva si colloca il rinnovato interesse per l’Occidente86 – sia attraverso una serie di misure volte a incoraggiare l’afflusso dei meteci e dei mercanti nell’emporio del Pireo87, quali i numerosi decreti onorari e quelli relativi all’introduzione in terra attica di culti stranieri88. Già in precedenza, vale a dire nel 338/7, in vista di un paventato assedio macedone, Atene, in apprensione per l’approvvigionamento granario, aveva istituito un fondo speciale (τὰ σιτωνικά) sotto il controllo di Demostene89; per questa nuova fase le iscrizioni attiche documentano ripetuti contributi volontari di cittadini e meteci per l’acquisto di grano90. È probabile, inoltre, che sia stata attuata un’intensificazione dello sfruttamento agricolo dell’Attica, realizzata soprattutto attraverso la messa a coltura di terreni in precedenza lasciati incolti o destinati al pascolo91. Nel complesso, possiamo osservare che le difficoltà di approvvigionamento cui Atene dovette far fronte in questi anni, oltre ad assorbire buona parte dell’energia degli Ateniesi, sortirono anche l’effetto di far sentire loro in modo molto concreto il declino della città e di rafforzare la loro ostilità all’egemonia macedone92. Negli anni dell’amministrazione licurghea Atene dovette affrontare anche difficoltà di approvvigionamento idrico, che resero necessaria la realizzazione di alcune importanti opere pubbliche, quali due fontane di grandi dimensioni e dalla complessa architettura ubicate rispettivamente nell’angolo S-O dell’agorà93 e nell’area del Dypilon e, soprattutto, il notevole “acquedotto di Acarne” che, per mezzo di una galleria scavata nel suolo, collegava la città al monte Parnete94; analogamente, il fenomeno dell’introduzione nelle abitazioni private della cisterna, avviato già verso la metà del IV secolo, fa pensare a un livello delle acque particolarmente basso, che aveva asciugato i pozzi e costretto al loro abbandono95. 7. Riordinamento e finanziamento dei culti Oltre a queste misure, si deve ricondurre all’epoca di Licurgo anche un complesso programma di riordinamento dei culti, consistente in una revisione dei programmi delle maggiori festività attiche e degli agoni a esse connessi96. L’attenzione di Licurgo per la componente cultuale e religiosa, testimoniata anche dal fatto che in più di un’occasione parlò a proposito di questioni religiose97, sembra da imputarsi alla sua appartenenza al demo di Butade e all’antichissima e potente famiglia degli Eteobutadi98, dalla quale per tradizione erano scelti il sacerdote di Poseidone-Eretteo e la sacerdotessa di Atena Poliade99: a Licurgo e ai suoi figli furono dedicate delle statue lignee nell’Eretteo e siamo certi che il maggiore dei figli di Licurgo, Abrone100, sia stato sacerdote nel tempio e abbia poi ceduto la stessa carica al fratello minore, Licofrone101; pos- 30 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 siamo immaginare che anche Licurgo abbia ricoperto la carica sacerdotale durante la sua vita102. In questa veste sacerdotale Licurgo avrebbe provveduto a trasferire alcuni tesori di altri dei affidandoli ai sacerdoti di Atena, a realizzare nuovi vasi processionali in metallo prezioso103, a far fare ornamenti d’oro per le canefore e a ripristinare le parti in oro delle Nikai104. Inoltre, diverse leggi sarebbero state proposte da Licurgo in relazione a questioni religiose105: una vietava alle donne di procedere su carri in occasione delle processioni dei Misteri Eleusini, pena il pagamento di una multa dell’ammontare di 6000 dracme106; un’altra stabiliva precise disposizioni per la gestione dei fondi sacri e per l’organizzazione dei sacrifici alle divinità, precisando, oltretutto, con quali risorse tali operazioni dovessero essere finanziate107. Dal momento, però, che l’attività di Licurgo, come già abbiamo avuto modo di notare, si esplica innanzitutto a livello di amministrazione finanziaria, sembra legittimo far dipendere, se non dal suo diretto operato, almeno dalla sua influenza anche la ricerca di nuove modalità di finanziamento dei culti e dei sacrifici. Tale ricerca ci è attestata da un’epigrafe relativa alle Piccole Panatenee composta di due frammenti, il primo contenente un testo legislativo, il secondo un decreto del popolo108: la datazione della legge è discussa, ma innegabile sembra esserne la collocazione in epoca licurghea, tra il 336 e il 330; il nome del proponente è Aristonico109, conosciuto per altra via come collega di Licurgo110 e del quale è probabile l’identificazione con il nomoteta Aristonico di Alessi. Il testo dell’epigrafe discute la modalità e l’organizzazione dei culti e dei sacrifici in occasione delle Piccole Panatenee, precisando, tra le altre cose, che i buoi da sacrificare sull’altare maggiore ad Atena Poliade dovessero essere pagati dalla città con le 41 mine ottenute dalla concessione in locazione di un territorio chiamato Νεά111. Questo documento, dunque, attesterebbe il tentativo di garantire l’esistenza di fondi per finalità specifiche con un provvedimento proposto sì da un certo Aristonico, ma probabilmente sostenuto e voluto da chi in quegli anni gestiva le finanze della città, vale a dire, appunto, Licurgo, di cui Aristonico era collabo- ratore. Così, alcuni studiosi hanno sottolineato come questo documento attesti una novità nella gestione delle finanze ateniesi propria dell’epoca di Licurgo; in realtà, però, una gestione delle finanze a partire da una valutazione preliminare dei bisogni era già stata fatta in precedenza, potremmo dire per quasi tutto il IV secolo112, ed era già stata ampiamente collaudata da Eubulo e dai suoi collaboratori113. 8. Il recupero della tradizione La totalità delle misure di cui si è parlato, dunque, risultò essere l’espressione di un gruppo relativamente ampio e compatto - capeggiato da Licurgo e all’interno del quale si muoveva lo stesso Demostene - che, rinunciando temporaneamente a una politica militarmente aggressiva, proponeva un programma organico e ben definito volto innanzitutto ad affrontare i problemi interni della città114, in particolar modo attraverso una politica economica capace di rispondere alle esigenze di una popolazione in crescita. A questo proposito, degno di nota sembra essere il fatto che l’azione licurghea venne modellandosi su quelle stesse proposte che Senofonte aveva formulato nei Poroi115, proposte che miravano al reperimento di risorse finanziarie attraverso lo sviluppo delle potenzialità interne alla comunità ateniese. Di fatto la presentazione e conseguente attuazione da parte di Licurgo di questa serie di misure sembra riproporre una pratica di governo già messa in atto ad Atene intorno alla metà del IV secolo: in alcuni casi, Licurgo non avrebbe fatto altro che dare nuova applicazione a una serie di misure già pensate e realizzate ad Atene da Eubulo116. È il caso, ad esempio, del sistema di affitti di terre sacre, concessi da parte dello Stato a cittadini ateniesi e meteci e soggetti a revisione decennale, per noi attestati da undici frammenti marmorei riconosciuti da Walbank come appartenenti a tre stele (a questi undici vanno poi aggiunti altri due frammenti)117. Di queste stele, l’unica che nel prescritto reca una chiara datazione, per la precisione al 343/2, è anche quella giudicata su base paleografica la più antica, dal che si evince con certezza che la paternità della pratica di questo sistema di affitti deve essere 31 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX ascritta a un periodo anteriore alla gestione finanziaria di Licurgo, nominato nel 338 ὁ ἐπὶ τῇ διοικήσει118, e deve essere attribuita a chi lo precedette nella gestione delle finanze ateniesi, quindi a Eubulo o comunque a qualcuno che si muoveva nella sua cerchia. Le altre due epigrafi, invece, sembrano doversi datare a una decina d’anni dalla prima, quindi in piena età licurghea. Indipendentemente dalla loro datazione, è possibile immaginare che la ragione che sta alla base del provvedimento di affitto sia la medesima, vale a dire la necessità di procacciare nuove entrate monetarie per la polis119. I pochi dati in nostro possesso non ci consentono conclusioni certe a questo proposito, tanto più che nessun documento di quegli anni registra come entrata il ricavato di queste operazioni di affitto, il che rende impossibile dire quale potesse esserne la destinazione120. In ogni caso, però, la pratica di concedere in affitto i terreni sacri con una scadenza decennale del contratto sembra inserirsi perfettamente in quelle strategie finanziarie che a metà del IV secolo vennero presentate anche a livello teorico come possibile soluzione della condizione di crisi che Atene stava vivendo121: gli affitti dei beni sacri, infatti, permettevano alla città di assicurarsi entrate regolari. Inoltre questi affitti testimoniano anche una riorganizzazione e un potenziamento dello sfruttamento dei terreni dell’Attica, probabilmente per far fronte al loro stato di abbandono122. Nella prospettiva della ripresa e del completamento, da parte di Licurgo, di misure messe in atto già nel corso del decennio precedente, possiamo recuperare anche le notizie relative all’edificazione in pietra del teatro di Dioniso. L’attività di Licurgo a questo proposito è ricordata nella totalità delle fonti con i verbi ἐξεργάζομαι e ἐπιτελέω, che significano ‘completare’123. È chiaro che se l’opera di Licurgo venne letta come un completamento, essa doveva essere già stata avviata da altri prima di lui. In effetti, tornando ai documenti epigrafici precedentemente citati e relativi alla pratica degli affitti di terre sacre, in alcune righe di quella che parrebbe esserne la colonna c124, si riferisce della concessione in affitto di terreni appartenenti al temenos di Zeus Olimpio, per l’identificazione topografica dei quali si menzionano la σκηνή e il vestibolo (παραστ]άδιον) di un teatro, identificato proprio come il teatro di Dioniso Eleuterio125, accanto ai quali si legge il nome di Eubulo. Concludendo, dunque, se, come sembra dalla nostra epigrafe, già nel 343/2 il nome di Eubulo era associato con il teatro di Dioniso Eleuterio e in particolare con il vestibolo dello stesso, si può supporre che proprio Eubulo avesse avviato sul teatro quei lavori che trovarono completamento solo in epoca licurghea e che spesso sono stati attribuiti anche nella loro genesi all’attività di Licurgo126. A conferma di questa lettura vi è poi un’altra epigrafe (IG II2 223 B, ll. 7-9), datata anch’essa al 343/2, che reca un ringraziamento alla boulé di quell’anno per la sua attenzione all’εὐκοσµία τοῦ θεάτρου127, il che può lasciar supporre la realizzazione di un intervento architettonico-ornamentale sul teatro stesso128. A sollecitare un confronto tra l’attività di Licurgo e quella di Eubulo sono anche quattro traditiones curatorum navalium, rinvenute al Pireo129 e datate tutte a momenti successivi al 330130: queste epigrafi riportano gli inventari navali e l’elenco degli ἐπιµεληταὶ τῶν νεωρίων131, restituendoci, oltretutto, una serie di informazioni relative alla consistenza numerica della flotta ateniese negli anni Venti del IV secolo. Tutte e quattro queste testimonianze epigrafiche ci attestano che tra il 330 e il 323 nei magazzini navali ateniesi si conservavano ancora alcuni materiali acquistati in precedenza da Eubulo e probabilmente destinati alla manutenzione della flotta stessa132. La più antica della quattro, vale a dire IG II2 1627, ll. 266-278, attesta che nel 330/29 la flotta ateniese era composta di 392 triremi e 18 quadriremi, alcune delle quali sarebbero state allestite dopo il 338133, quindi non all’epoca di Eubulo, ma a quella di Licurgo134. Questi quattro documenti epigrafici, dunque, attestano nel loro complesso un’attenzione continua e scrupolosa riservata da Atene al mantenimento e all’accrescimento delle risorse navali a propria disposizione: questo impegno della polis attica si estende per tutta la metà del IV secolo, protraendosi dall’epoca di Eubulo a quella di Licurgo135. Di fatto, però, è bene tener presente che il fatto che uno scafo comparisse negli inventari navali non significa- 32 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 va necessariamente che fosse opportunamente equipaggiato e pronto per prendere il mare. In ogni caso, comunque, immediata conseguenza dell’aumentata consistenza numerica della flotta ateniese dovette essere l’esigenza di disporre di un maggior numero di rimesse per le navi. Riferendoci ancora una volta alla prima delle quattro traditiones curatorum navalium già citate, possiamo notare che nel 330/29 esistevano 372 rimesse per le navi, localizzate 82 a Munichia, 196 a Zea e 94 a Kantharos136. Sulla base di accenni presenti nella tradizione oratoria è ipotizzabile che sia stato lo stesso Eubulo ad avviare i lavori di costruzione di tali rimesse137: la tassa straordinaria (εἰσφορά) che egli impose nel 347/6 dopo l’attacco di Filippo in Calcidica sarebbe da porsi in relazione proprio con questi progetti di costruzione138. I lavori sarebbero poi stati interrotti nel 339/8 a causa della guerra con Filippo139, per essere ripresi l’anno successivo per volontà di Licurgo140 e da lui portati a termine141. L’iscrizione IG II2 1627 è per noi ulteriormente preziosa in quanto testimonianza a proposito dei lavori per la skeuotheke, dal momento che alla l. 352 riporta la dicitura ΕΝ ΤΗ ΑΡΧΑΙΑΙ ΣΚΕΥΟΘΗΚΕΙ, che lascia presupporre che nel 330/29, data a cui si riferisce il rendiconto navale, i lavori per la costruzione di un nuovo magazzino per l’attrezzatura, indicato in greco appunto con la parola σκευοθήκη142, fossero già avviati, se non addirittura conclusi; in questa stessa direzione, dopotutto, siamo condotti anche da un altro punto di questo stesso rendiconto (ll. 287-289), laddove si riferisce che alcuni chiodi di ferro erano avanzati ἀπὸ τῆς σκευοθήκης143. 9. La componente militare Il programma licurgheo, così attento all’elemento civile, non dimentica però la componente militare: all’attenzione di Licurgo per la flotta va accostata la riforma dell’efebia144, che, pur attuata attraverso una legge proposta da un certo Epicrate, cui Licurgo stesso fa riferimento nell’orazione Sull’amministrazione come a una legge περὶ τῶν ἐφήβων145, si inserisce perfettamente all’interno del programma licurgheo, con valore complementare rispetto a quanto proposto da Licurgo in tema di rinnovamento edilizio e di riordinamento dei culti. Essa, infatti, da un lato risponde perfettamente alle necessità militari di Atene, creando un corpo di fanteria mobile e compatto, addestrato a garantire la difesa del territorio attico da possibili invasioni, dall’altro contribuisce a rafforzare la coesione e lo spirito patriottico della cittadinanza, attraverso il recupero delle tradizioni militari ancestrali, e permette a Licurgo di sostenere la sua politica di educazione dei giovani146. Conclusioni La figura di Licurgo e il suo operato furono, per gli anni compresi tra il 334 e il 326, decisamente importanti, molto più di quanto non lascino intendere le testimonianze storiografiche a nostra disposizione: pertanto il forte ridimensionamento operato da Brun non sembra giustificato. A Licurgo, infatti, come osservato, sembra doversi ricondurre la gestione delle finanze ateniesi per una dozzina d’anni, la promozione di un ricchissimo programma di rinnovamento edilizio, l’attuazione di una serie di misure volte a garantire ad Atene gli approvvigionamenti necessari alla sua sopravvivenza e un complesso programma di riordinamento e finanziamento dei culti. A rendere difficoltosa l’analisi del programma licurgheo è però la mancanza nelle fonti letterarie di dati storici sicuri e sufficientemente dettagliati. Queste, infatti, tendono a offrirci solo ritratti di Licurgo per lo più privi di una reale contestualizzazione storica. Esemplificativo a tale proposito è forse il migliore e il più incisivo di questi ritratti, quello offertoci da Pausania, che in poche righe sintetizza tutto il programma licurgheo, senza però citare un solo fatto storico di riferimento: Licurgo procurò al tesoro pubblico seimilacinquecento talenti di più di quanti ne aveva accumulati Pericle, figlio di Santippo; apprestò, per le processioni della dea, statue auree di Nike e gli ornamenti per cento ragazze, per la guerra armi pesanti e armi da getto, e portò a quattrocento le triremi della flotta greca. Quanto agli edifici, completò il teatro già iniziato da altri, mentre gli edifici che costruì sotto la sua amministrazione sono i ripari per le navi al Pireo e il ginnasio presso il cosiddetto Liceo147. 33 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX Sulla stessa linea si mantiene anche un passo dell’orazione pronunciata da Iperide in difesa dei figli di Licurgo, tanto più interessante in quanto, essendo stata pronunciata non molto tempo dopo la morte di Licurgo e rivolgendosi dunque a un pubblico ben informato, non poteva contenere falsificazioni o esagerazioni eccessive, in un senso o nell’altro: Cosa diranno quelli che passeranno accanto alla sua tomba? Quest’uomo ha mantenuto uno stile di vita sobrio; preposto all’amministrazione delle finanze, ha trovato risorse, ha edificato il teatro, l’Odeon e le rimesse navali, ha costruito triremi e porti; la nostra città ha disonorato l’uomo e imprigionato i suoi figli.148 In ogni caso, però, il pieno sfruttamento di tutte le testimonianze a nostra disposizione, in particolare di quelle epigrafiche, porta necessariamente a riconsiderare la figura e l’operato di Licurgo. Un’epigrafe, in particolare, può essere interessante per recuperare la totalità degli aspetti dell’azione di Licurgo, religiosi, economici e militari, questi ultimi non privi di una componente patriottica149. Quest’epigrafe, datata al 335/4150, si compone di otto diversi frammenti, dei quali uno ancora non è stata pubblicato e due hanno una collocazione incerta (IG II3 445)151, mentre gli altri cinque si caratterizzano per un pessimo stato di conservazione. Di questi ultimi, due (A B) restituiscono un provvedimento contenente l’ordine di presentare offerte votive in oro e in argento152 e recano menzione di una legge, forse contenuta in una sezione conclusiva dell’epigrafe che non ci è pervenuta e a cui potrebbero appartenere i due frammenti per i quali non è stata individuata una posizione. Questa legge, detta νόµος περὶ τῆς ἐξετάσεως, con ogni probabilità conteneva istruzioni per un censimento degli oggetti di metallo prezioso da fondere in vista della produzione di quelli nuovi153. Gli altri tre frammenti (C E + F), invece, restituiscono un testo legislativo sicuramente da ricondurre a Licurgo, individuato come proponente nel prescritto alla linea 14, e relativo alla realizzazione di arredi sacri: dopo un riferimento ad anfore d’argento e a canestri154, si menziona un surplus, o una somma messa da parte, probabilmente per destinarla al finanziamento di una processione155; si possono poi individuare i nomi di diverse divinità, inframmezzati dall’indicazione di ciò che viene dedicato alle stesse ogni anno o che si trova nei loro santuari156; si prescrive, poi, di incidere su ogni ornamento il nome della divinità di appartenenza157; si menziona del denaro guadagnato dal pellame, probabilmente degli animali sacrificati158; ricorre, infine, la menzione della necessità di consultare il dio a proposito del mantenimento di alcuni oggetti sacri o della loro sostituzione con ornamenti più grandi e belli159. Questa testimonianza epigrafica, come accennato, sembra in qualche modo riassumere un po’ tutti gli aspetti del programma licurgheo nel suo complesso: permette infatti di recuperarne sia la componente religiosa, sia quella economicofinanziaria, sia quella militare. L’aspetto religioso è sicuramente attestato dalla legge in sé, tesa a garantire una nuova organizzazione dei santuari e un regolare svolgimento delle processioni, nonché un costante svolgimento dei sacrifici. D’altro canto la proposta legislativa di Licurgo non trascura la componente finanziaria insita in questo programma religioso, dal momento che per garantire processioni, celebrazioni, sacrifici e dediche era necessario un costante impegno economico: la vendita del pellame degli animali sacrificati, ad esempio, permetteva ai santuari di avere un ritorno economico, e il controllo delle entrate dei tesori delle singole divinità sembra mettere in evidenza il tentativo di rendere i santuari indipendenti dall’erario pubblico. Quanto all’aspetto militare, infine, si può immaginare che, come era stato ai tempi di Pericle (e in questo si recupera anche la componente patriottica della manovra), le elevate somme di denaro e gli oggetti preziosi che si raccoglievano sull’Acropoli e che si conservavano nei vari santuari potevano rappresentare una valida riserva a disposizione degli Ateniesi in caso di guerra. Infine, a riprova del ruolo prezioso svolto da Licurgo a livello di politica interna e come moderatore capace di controllare ed equilibrare la politica ateniese, è possibile osservare che è proprio nel momento in cui Atene rimane priva della sua gui- 34 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 da160 che la politica ateniese conosce un forte squilibrio, arrivando a registrare una decisa frattura interna, certo in buona parte da ricondurre anche alla clamorosa vicenda di Arpalo, il tesoriere di Alessandro fuggito da Babilonia con parte delle ricchezze affidategli, e alla proclamazione del decreto relativo al ritorno degli esuli nelle città greche161. Alla luce di quanto ricostruito, resta da osservare, sulla scorta delle osservazioni di Brun, che molti dei provvedimenti che i moderni riconducono alla sua azione di governo e al suo programma non sono in realtà ascritti specificamente al suo nome: tra gli altri possibili esempi, possiamo ricordare, da una parte, il caso della già citata legge sull’efebia, genericamente riferita dai più a Licurgo, ma chiaramente ricondotta dalle fonti all’azione di Epicrate, dall’altra il caso, presentato trattando della politica religiosa, delle statue di Nike apprestate per l’Acropoli, la responsabilità per la realizzazione delle quali è ricondotta da diverse fonti letterarie a Licurgo, per quanto esistano testimonianze epigrafiche che sembrano riferirla a Demade di Peania, tesoriere della cassa militare162. L’impropria attribuzione di queste stesse misure a Licurgo, da parte delle fonti letterarie e, sulla scorta di queste, anche da parte di molti dei moderni, si spiega a partire dal fatto che fu proprio il terreno preparato e reso fertile da Licurgo a permettere che determinate proposte venissero avanzate e approvate: anche quando non fu espressamente lui il proponente di queste misure, si deve ascrivere al clima da lui creato ad Atene se esse vennero prese da altri (in alcuni casi suoi stretti collaboratori) e approvate dall’assemblea. Tanto più che, dal momento che negli anni Trenta del IV secolo esisteva già una divisione dei fondi tra le diverse magistrature163, è improbabile che un singolo potesse gestire e promuovere tutti gli interventi che richiedevano un investimento economico. Più calzanti sembrano, invece, le osservazioni di Brun a proposito dell’attribuzione a Licurgo di un’attività volta ad accrescere l’armamento di Atene e il deposito d’armi dell’Acropoli: fatto salvo l’ampliamento della flotta e l’ammodernamento delle strutture portuali del Pireo, infatti, quest’azione licurghea sarebbe attestata solo dal decreto di Stratocle così com’è riferito in [Plut.] Mor. 852a-e164. Pare, dunque, alquanto ragionevole l’osservazione di Brun, secondo cui l’insistenza sugli interventi in ambito militare nel decreto di Stratocle, la cui versione epigrafica, oltretutto, concede ampio spazio al resoconto anacronistico dei pericoli che incombevano sulla Grecia a causa del dispotico dilagare di Alessandro in quanto re dell’intera ecumene165, costituisca non tanto un fedele resoconto dell’azione effettivamente svolta da Licurgo ad Atene, quanto piuttosto uno sfruttamento del modello licurgheo dopo l’ingresso in città di Demetrio Poliorcete, quando, all’indomani della cacciata del tiranno, sembrava utile recuperare l’immagine di una città militarmente pronta, sotto la guida di una personalità carismatica come quella di Licurgo, alla resistenza al Macedone166. Infine, se anche le misure favorite da Licurgo per assicurare ad Atene una sopravvivenza e una nuova grandezza, con una notevole insistenza sulla politica interna e una spiccata moderazione tesa a non compromettere la città sul piano internazionale, risultano inusuali per un’Atene abituata a svolgere un ruolo di leader della Grecità e dotata di un notevole rilievo sul piano internazionale, è opportuno tenere presente che esse non sono totalmente innovative, dal momento che tendono a riproporre e a sviluppare misure già attuate alla metà del IV secolo, all’indomani della conclusione della guerra sociale, da Eubulo e dal gruppo politico che si muoveva intorno a lui. Concludendo, dunque, senza voler sminuire e negare la portata dell’opera licurghea ad Atene, è forse suggestivo immaginare che il giovane Licurgo si sia formato proprio all’interno del gruppo politico di Eubulo, per poi dare attuazione, nella stagione successiva, a quella misure, soprattutto economiche e di valorizzazione delle risorse interne di Atene, che altri avevano cominciato a concepire prima di lui. Livia De Martinis Università Cattolica, sede di Milano 35 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX Abbreviazioni bibliografiche Bibliografia Agora H.A. Thompson - R.E. Wycherley, Aleshire S.B., The Demos and the Priests: The Se- XIV The Athenian Agora, XIV. The Agora of Athens. The History, Shape and Uses of an Ancient City Center, APF FGrHist IG PAA R&O Schwenk SEG Syll. 3 Tod Princeton 1972. J.K. Davies, Athenian Propertied Families, 600-300 B.C., Oxford 1971. F. Jacoby, Die Fragmente der Griechischen Historiker, Berlin-Leyden 1923-. Inscriptiones graecae, Berlin 1873-. 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Problemi politici economici, finanziari, MAL 9/2 (1992), pp. 165-447. 3 Su Licurgo cfr. Traill, PAA, XI (2002), n° 611335; W. Heckel, Who’s Who in the Age of Alexander the Great, Malden-Oxford-Carlton 2006, pp. 152-153. L’ultima monografia moderna sul personaggio risale alla fine dell’Ottocento, cfr. F. Durrbach, L’orateur Lycurgue, Paris 1890. Da allora gli sono stati dedicati numerosi articoli: cfr. S. Humphreys, Lycurgus of Butadae: An Athenian Aristocrat, in J.W. Eadie - J. Ober (eds.), The Craft of the Ancient Historian, Lanham 1985, pp. 199-252; C. Mossé, Lycurgue l’Athénien: homme du passé ou précurseur de l’avenir?, QS 30 (1989), pp. 25-36; J. Engels, Zur Stellung Lykurgs und zur Aussagekraft seines Militär- und Bauprogramms für die Demokratie vor 322 v.Chr., AncSoc 23 (1992), pp. 5-29; G. Wirth, Lykurg und Athen in Schatten Philipps II, in W. Eder - K.J. Hölkeskamp (hrsg.), Volk und Verfassung im vorhellenistischen Griechenland, Stuttgart 1997, pp. 191-226, in part. 207 sgg.; inoltre, il suo nome e la sua attività hanno spesso trovato spazio in studi di più ampio respiro e in opere di sintesi sulla sua epoca: cfr. per esempio Mitchel, Athens in the Age of Alexander, pp. 189-204; Id., Lykourgan Athens: 338322, in Lectures in Memory of Louise Taft Semple, II, Cincinnati 1970, pp. 164-214; W. Will, Athen und Alexander. Untersuchungen zur Geschichte der Stadt von 338 bis 322 v.Chr., München 1983, pp. 98-99; Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447; G. Wirth, Hypereides, Lykurg und die αὐτονομία der Athener. Ein Versuch zum Verständnis einiger Reden der Alexanderzeit, Wien 1999. 4 Sul valore di quest’operetta e per una breve disamina sulle sue fonti principali, con la principale bibliografia di riferimento, cfr. M. Faraguna, I documenti nelle “Vite dei X oratori” dei Moralia plutarchei, in A.M. Biraschi - P. Desideri S. Roda - G. Zecchini (a cura di), L’uso dei documenti nella storiografia antica (Atti del Convegno, Gubbio, 22-24 maggio 2001), Napoli 2003, 481-503, in part. 482-484. 5 Cfr. anche Hyp. In Demosthenem Fr. 7, 28, ma il discorso, preservato dallo stesso papiro che ci ha restituito il discorso Pro Lycophrone, è decisamente frammentario e compromesso; cfr. [I. Worthington] - C. Cooper - [E.M. Harris], Dinarchus, Hyperides, & Lycurgus, Austin 2001, p. 124. Brun solleva qualche dubbio sulla validità di questa testimonianza, sottolineando oltretutto che, proprio in corrispondenza dell’asserzione iperidea di questo ruolo di Licurgo come amministratore delle finanze all’indomani di Cheronea, il testo dell’orazione ci è restituito a seguito di un’integrazione operata a partire da un testimone tardo della stessa; cfr. P. Brun, Lycurgue d'Athènes: la construction d'un paradigme historique, in G. Lachenaud - D. Longrée (eds.), Grecs et Romains aux prises avec l'histoire: représentations, récits et idéologie. Colloque de Nantes et Angers, Rennes 2003, II, pp. 493-507, in part. 496 e n. 13. A proposito del dato cronologico D.M. Lewis, On the Financial Offices of Eubulus and Lycurgus, in Id., Selected Papers in Greek and Near Eastern History, Cambridge 1997, pp. 212-229, in part. 221224, che ritiene l’affermazione licurghea ad Atene successiva al 336. 6 Cfr. anche [Plut.] Mor. 841e. La tradizione sulle liste degli oratori è molto complessa: esse ci sono pervenute in tre versioni diverse conservate da Plutarco (Demosth. 23, 4), da Arriano (Anab. I 10, 4-5) e dalla Suda (s.v. Αντίπατρος). Il nome di Licurgo compare in tutti e tre i casi, tanto che sembra indiscutibile la sua presenza tra gli oratori di cui Alessandro chiese agli Ateniesi la consegna. In generale per uno studio più approfondito di queste liste e delle problematiche a esse connesse cfr. Bearzot, Focione tra storia e trasfigurazione, pp. 141-155; Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165447, in part. 230-232; J. Engels, Hypereides: Studien zur politischen Biographie des Hypereides. Athen in der Epoche der lykurgischen Reformen und des makedonischen Universalreiches, München 1993, pp. 162-178. Per ampia bibliografia sull’argomento cfr. anche F. Landucci, I mercenari nella politica ateniese nell’età di Alessandro, I, Soldati e ufficiali mercenari ateniesi al servizio della Persia, AncSoc. 25 (1994), pp. 33-61, in part. 39 n. 32. A proposito di Licurgo è però opportuno sottolineare che una testimonianza, il cosiddetto decreto di Stratocle, datato al 307/6, ne colloca la richiesta di estradizione in un momento in cui Alessandro avrebbe già concluso la conquista dell’Asia, indicazione partendo dalla quale si è ipotizzata una rinnovata richiesta di consegna degli oratori da parte del Macedone all’indomani della guerra di Agide (331). Tale collocazione cronologica, però, pare essere determinata più da una rilettura propagandistica della vita e dell’attività licurghea che non da un dato oggettivo: cfr. E. Culasso Gastaldi, Eroi della città: Eufrone di Sicione e Licurgo di Atene, in A. Barzanò - C. Bearzot - F. Landucci - L. Prandi - G. Zecchini (a cura di), Modelli eroici dall’antichità alla cultura europea (Atti del Convegno, Bergamo, 20-22 novembre 2001), Roma 2003, pp. 65-98. 7 I decreti proposti da Licurgo sono almeno 11, ai quali si deve aggiungere una legge (forse due). Una legge presentata da Licurgo è attestata per via epigrafica (IG II3 445 = IG II2 333 = Schwenk 21): è relativa a questioni di carattere religioso e si data al 335/4; cfr. infra, 24-25. Traccia di un’altra legge, sempre di carattere religioso, potrebbe trovarsi in [Plut.] Mor. 842a; cfr. infra, 18 e n. 106. Gli undici decreti di paternità licurghea, fatta eccezione per uno soltanto, sono anch’essi attestati per via epigrafica. Il più antico si colloca nel 336/5 e concerne gli onori proposti per un benefattore dello stato ateniese di cui però non conserviamo il nome (IG II3 329 = 41 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX IG II2 328 = Schwenk 15). Un altro decreto (IG II3 336 = IG II2 414a = Schwenk 25) ci attesta per il 334/3 la richiesta di onori per Diotimo: questo decreto è ricordato anche in [Plut.] Mor. 844a e sarebbe diretta conseguenza di un altro decreto (il terzo del nostro elenco), emanato dallo stesso Licurgo nell’anno precedente (335/4) e ricordato in IG II2 1623, ll. 276-285, con il quale Licurgo avrebbe ordinato al generale Diotimo di agire ai danni della pirateria. Quarto decreto in ordine di tempo è quello del 333/32 con cui Licurgo propone di concedere ai mercanti di Cizio il diritto di edificare un tempio per l’Afrodite di Cipro (IG II3 337 = IG II2 337 = Schwenk 27 = Tod 189 = R&O 91; cfr. infra, 5-7). Un quinto decreto, datato al 332/1, riguarda la proposta di onori per un uomo di Platea (IG II3 345 = IG II2 345 = Schwenk 36); accanto a questo, un sesto, attesta gli onori richiesti, questa volta nel 330/29, per Eudemo di Platea (IG II3 352 = IG II2 351 + IG II2 624 = IG II2 Addenda, 660 = Tod 198 = Schwenk 48 = R&O 94). A un periodo compreso tra il 337 e il 324 è attribuito un settimo decreto, relativo alla concessione della prossenia a un mercante siciliano di nome Sopatro [IG II3 432 = «Hesperia» 43 (1974), 322-324]. Altri due decreti di paternità licurghea sono ricordati in IG II2 1672, ll. 302-303: essi sarebbero stati presentati rispettivamente davanti alla boulé e davanti al demos. Un decimo decreto, del quale non riusciamo a ricostruire il contenuto e che è stato assegnato al 328/7, sembra recare l’indicazione di una proposta di Licurgo dinnanzi all’assemblea (IG II3 357 = IG II2 452 = Schwenk 53). Un undicesimo decreto è attestato unicamente per via letteraria ([Plut.] Mor. 843f): si tratta di un decreto onorifico per Neottolemo di Melite, che si sarebbe assunto il compito di far dorare a proprie spese l’altare di Apollo nell’agorà. In generale, per l’attenzione che Licurgo pone nell’onorare i benefattori della città cfr. Mitchel, Lykourgan Athens: 338-322, 164214, in part. 203. 8 Diod. XVI 88, 1; [Plut.] Mor. 841b-c. Questo periodo di dodici anni è quello compreso fra il 338 e il 326. L’importanza di questo dato è evidente: è in gran parte attraverso il controllo dei fondi monetari che Licurgo poté imprimere il suo marchio su molti progetti che trovarono attuazione ad Atene; cfr. Mitchel, Lykourgan Athens, 164-214, in part. 190191. 9 [Plut.] Mor. 841b-c, 842f; Paus. I 29. Nel complesso siamo più informati a proposito del modo in cui Licurgo spese il denaro, che non delle modalità secondo cui riuscì a raccoglierlo, cfr. E.M. Burke, Lycurgan Finances, GRBS 26 (1985), pp. 251-264. 10 Per un dettagliato esame del programma edilizio di Licurgo cfr. Mitchel, Athens in the Age of Alexander, pp. 189-204, in part. 194-202; Id., Lykourgan Athens: 338-322, pp. 164214, in part. 194-197; Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 245-285; Per un quadro sintetico ma interessante, perché collocato nell’evoluzione complessiva della topografia di Atene cfr. E. Greco, Topografia di Atene. Sviluppo urbano e monumenti dalle origini al III secolo d.C. I: Acropoli, Areopago, Tra Acropoli e Pnice, Paestum 2010 (SATAA 1), p. 39. 11 Cfr. F.W. Mitchel, Demades of Peania and IG II2, TAPhA 93 (1962), pp. 213-229 [corrigenda in IG II2 1493, AJA 76 (1966), p. 66]. 12 Su Stratocle di Diomea cfr. Ch. Habicht, Athens from Alexander to Antony, Cambridge 1997, pp. 71-72 e Id., Athenian Politicians and Inscriptions of the Years 307 to 302, «Hesperia» 69 (2000),pp. 227-233, in part. 228 e nn. 13-18. 13 IG II2 457 + 513 = Syll.3 326; [Plut.] Mor. 852a-e; cfr. anche M.J. Osborne, Lykourgos again?, ZPE 42 (1981), pp. 172-174. Cfr. Culasso Gastaldi, Eroi della città, pp. 65-98, in part. n. 13 e, per un’analisi delle differenze tra le due versioni, 68-72; a questo proposito cfr. anche A.N. Oikonomides, The Epigraphical Tradition of the Decree of Stratokles Honoring ‘Post Mortem’ the Orator Lykourgos, AncW 14 (1986), pp. 51-54; L. Prauscello, Il decreto per Licurgo, IG II2 457, IG II2 513 e [Plut.] Mor. 851f-852e: discontinuità della tradizione?, «Studi Ellenistici» 12 (1999), pp. 41-71; Faraguna, I documenti nelle “Vite dei X oratori”, pp. 481-503, in part. 488-489 e, infine, 490, dove suggerisce un’interessante spiegazione per il carattere maggiormente sintetico della versione plutarchea del decreto rispetto a quella epigrafica. 14 Culasso Gastaldi, Eroi della città, pp. 65-98, in part. 68 sottolinea che, in effetti, questo documento è da considerarsi una fonte storica innanzitutto per l’età della sua approvazione e, solo secondariamente, per l’età di Licurgo. In quest’ottica è bene tenere presente che all’interno del personale politico che trova affermazione in seguito alla vittoria di Demetrio Poliorcete e cui è legato lo stesso Stratocle, figura anche Abrone, figlio di Licurgo, che, oltretutto, come responsabile delle questioni finanziarie della città, ricoprirebbe un ruolo abbastanza simile a quello del padre; cfr. Brun, Lycurgue d'Athènes, pp. 493-507, in part. 499. 15 Il decreto tende a sottolineare con una certa insistenza l’anti-macedonismo licurgheo: questo non è da considerarsi un’invenzione, come spesso è stato fatto, insistendo sul carattere complessivamente pacifista della politica licurghea, ma è da leggersi come una forzatura dovuta al nuovo contesto di età antigonide in cui nasce il decreto; cfr. Culasso Gastaldi, Eroi della città, pp. 65-98, in part. 74-75. 16 Brun, Lycurgue d'Athènes, pp. 493-507; Id., Lycurgue vieillard idéal et la vieillesse au pouvoir à Athènes 338-323, in B. Bakhouche (ed.), L'ancienneté chez les Anciens. Études rassemblées par Béatrice Bakhouche, Montpellier 2003, I, pp. 99-112; Id., Lycurgue d'Athènes: un législateur? in P. Sineux (ed.), Le législateur et la loi dans l'Antiquité: hommage à Françoise Ruzé (Actes du colloque de Caen, 15-17 mai 2003), Caen 2005, pp. 187-199. 17 Anche Culasso Gastaldi, Eroi della città, pp. 65-98, in part. 82 sottolinea come il decreto di Stratocle vada letto alla luce della democrazia di età antigonide da cui è stato prodotto e afferma che la rappresentazione di Licurgo che esso offre è «una rappresentazione finalizzata alla contemporaneità», ma 42 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 non arriva per questo a mettere in discussione l’importanza storica della figura di Licurgo e il ruolo determinante da lui svolto sulla scena politica ateniese della seconda metà del IV secolo. 18 Su Eubulo cfr. Traill, PAA, VII (1998), n° 428490. Unico recente studio monografico sul personaggio è G.L. Cawkwell, Eubulus, JHS 63 (1983), pp. 47-67; possiamo poi ricordare i due studi di E. Hellinkx , La fonction d’Eubule de Probalinthos, «Recherches de Philologie et de Linguistique» 2 (1968), pp. 149-166 e P. Carlier, Eubule diplomate, «Hellènika Symmikta: histoire, archéologie, épigraphie» 8 (1991), pp. 29-34; esiste poi una tesi dottorale degli inizio del Novecento, cfr. A. Motzki, Eubulus von Probalinthios und seine Finanzpolitik, Köningsberg 1903 (diss.). Certo, il suo operato trova spazio in studi e interventi di più ampio respiro, relativi a questioni e avvenimenti che hanno coinvolto Atene negli anni della sua amministrazione, cfr. R. Sealey, Athens after the Social War, JHS 75 (1955), pp. 74-81; E.M. Burke, Eubulus, Olynthus and Euboea, TAPhA 114 (1984), pp. 111-120. Infine, possiamo ricordare alcuni studi che associano l’operato di Eubulo e quello di Licurgo cfr. Lewis, On the Financial Offices of Eubulus and Lycurgus, pp. 212-229; B. HintzenBohlen, Die Kulturpolitik des Eubulos und des Lykurg, Berlin 1997. 19 Plut. Phoc. 7, 5. 20 Plut. Mor. 541b. 21 Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 254-255. 22 Arr. Anab. II 15, 2-5 e Curt. III 13, 15. Arriano ricorda specificamente i nomi di ciascuno di questi ambasciatori, riferendo anche del destino toccato a ciascuno: lo spartano Euticle (Heckel, Who’s Who, pp. 123-124), in un primo momento tenuto sotto custodia dal Macedone perché originario di una città ostile, ma infine liberato (Arr. Anab. II 15, 5); i tebani Tessalisco (Heckel, Who’s Who, p. 264.) e Dionisodoro (Heckel, Who’s Who, p. 114), lasciati immediatamente liberi per compassione verso Tebe e perché avevano agito legittimamente cercando un appoggio esterno dal momento che la loro città era asservita alla Macedonia (Arr. Anab. II 15, 3); l’ateniese Ificrate (Heckel, Who’s Who, p. 143; Traill, PAA, IX (2000), n° 542935), tenuto da Alessandro presso di sé e onorato grandemente per amicizia verso Atene e per ricordo della gloria del padre (Arr. Anab. II 15, 4). In Curzio Rufo (III 13, 15) la lista degli ambasciatori è del tutto diversa, con la sola eccezione del nome di Ificrate: nomina, infatti, gli Ateniesi Aristogitone (Heckel, Who’s Who, p. 47; Traill, PAA, III, 1995, n° 168120), Dropide (Heckel, Who’s Who, p. 116; Traill, PAA, VI, 1997, n° 375800) e Ificrate; e gli Spartani Pausippo (Heckel, Who’s Who, p. 194), Onomastoride (Heckel, Who’s Who, p. 184), Monimo (Heckel, Who’s Who, p. 170) e Callicrate (Heckel, Who’s Who, p. 75). I quattro Spartani nominati da Curzio e l’Ateniese Dropide compaiono in Arriano (III 24, 4) in un contesto del tutto differente come coloro che vennero catturati in Ircania nel 330. Sembra dun- que di poter affermare che Curzio fa confusione tra due liste del tutto differenti (J.E. Atkinson, A Commentary on Q. Curtius Rufus' Historiae Alexandri Magni. Books 3 and 4, Leiden 1980, pp. 328-329) e che nel complesso la tradizione di Arriano sia più attendibile (F. Sisti, a cura di, Arriano. Anabasi di Alessandro, I, Milano 2001, pp. 439-440; cfr. anche A.B. Bosworth, A Historical Commentary on Arrian’s History of Alexander, I, Commentary on Books I-III, Oxford 1980, p. 233-234). 23 Sulla famiglia di Ificrate cfr. APF n. 251; Traill, PAA, IX (2000), n° 542925. 24 Curt. III 13, 15. Per la corrispondenza cronologica tra l’invio di questa ambasceria e il rifiuto di Alessandro a liberare i prigionieri greci della battaglia del Granico cfr. Landucci, I mercenari nella politica ateniese, I, pp. 33-61, in part. 36-37. 25 Arr. Anab. II 2, 3. 26 Di fronte all’opposizione degli oratori (τῶν ῥητόρων ἐνισταμένων) ricordata da Plutarco ([Plut.] Mor. 847c ), Focione, richiesto del suo parere dalla boulé, rispose con una cinica battuta, affermando che occorreva o essere i più forti militarmente o essere amici dei più forti (Plut. Phoc. 21, 1; Plut. Apophth.188c). Dietro l’accenno indeterminato di Plutarco all’opposizione degli oratori, è probabile che si nascondano i nomi di Demostene e Iperide. Demostene, in particolare, avrebbe suggerito agli Ateniesi di non inviare ad Alessandro le triremi che aveva richiesto per la spedizione in Asia perché non si poteva essere certi del fatto che non le avrebbe utilizzate contro gli stessi che gliele avessero fornite; cfr. [Plut.] Mor. 847c. 27 IG II3 337 = IG II2 337 = Schwenk 27 = Tod 189 = R&O 91. Sull’Afrodite Urania venerata al Pireo, differente dall’Afrodite Urania che aveva un altare e un santuario sull’Agorà, ad Ovest della Stoà Poikile, cfr. L. Vidman, Isis und Sarapis bei den Griechen und Römern, Berlin 1970, pp.11-12; R.R. Simms, Isis in Classical Athens, CJ 84 (1989), pp. 216-221. 28 Se Cipro partecipò alla campagna della flotta persiana contro Alessandro (Arr. Anab. II 20, 3), Cizio in particolare sembra essere stata animata da un particolare attaccamento alla causa persiana (cfr. A.H.M. Jones, The Cities of the Roman Eastern Provinces, Oxford 19712, p. 366), tanto che il suo re Pumiatone, nonostante il tentativo di ingraziarsi Alessandro con doni (Plut. Alex. 32, 10), venne punito, subito dopo l’assedio di Tiro, con la perdita di alcuni territori (probabilmente la città di Tamasso), che passarono sotto il dominio di Pnitagora di Salamina (Duride, FGrHist. 76 F 4). Cfr. G. Hill, A History of Cyprus, I, Cambridge 1949, p. 150. 29 Cfr. M. Sordi, L’orazione pseudodemostenica ‘Sui patti con Alessandro’ e l’atteggiamento dei Greci prima di Isso, in Ead. (ed.), Alessandro Magno tra storia e mito, Milano 1984, pp. 23-30, in part. 30. In particolare M.P. Nilsson, Bendis in Athen, in From the Collections of the NY Carlsberg Glyptotek, III, Copenhagen 1942, pp. 176-177 (= Opuscola Selecta, III, 43 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX Lund 1960, pp. 64-65) ritiene che il favore ateniese nei confronti dei mercanti ciprioti possa essere ricondotto a una strategia politica mirante ad allargare le “amicizie internazionali” della polis attica in vista di un possibile scontro con Alessandro. 30 IG II3 337, ll. 43-45. Quest’ultima inusuale specificazione ha attirato l’attenzione degli studiosi, che si sono interrogati sul suo significato e la sua portata. U. Koehler, Studien zu attischen Psephismen, «Hermes» 5 (1871), pp. 1-20 e 328-353, in part. 352 sostiene che a permettere agli Egiziani di edificare un tempio di Iside fosse stato Licurgo figlio di Licomede [Traill, PAA, XI (2002), n° 611325], nonno di quel Licurgo figlio di Licofrone proponente di questo decreto: in effetti, il culto di Iside è stato datato alla fine del V secolo e Ferecrate, poeta comico dell’epoca, attribuisce a un Licurgo, probabilmente proprio l’avo dell’oratore ateniese, l’appellativo di Αἴγυπτον (Pherecrat. F 11 K.-A.); J. Pečírka, The Formula for the Grant of Enktesis in Attic Inscriptions, Praha 1966, p. 61 osserva le difficoltà cronologiche insite nell’interpretazione di Koehler e preferisce una lettura più moderata: per quanto Licurgo figlio di Licofrone potrebbe aver ereditato da suo nonno un interesse per l’Egitto, non esiste attestazione di un coinvolgimento di Licurgo figlio di Licomede in una concessione di proprietà a Egiziani con lo scopo di edificare un tempio. Da parte sua Mitchel, Lykourgan Athens: 338-322, pp. 164-214, in part. 194 propone una diversa lettura: il decreto non si riferirebbe a una concessione proposta nel lontano passato dal nonno di Licurgo, bensì a una proposta molto più recente avanzata da Licurgo stesso. In generale sui culti stranieri ad Atene cfr. R. Garland, Introducing New Gods: The Politics of Athenian Religion, New York 1992; R. Parker, Athenian Religion: A History, Oxford 1996, pp. 152198 e 243; specificamente sui culti egizi cfr. S. Dow, The Egyptian Cults in Athen, HThR 30 (1937), pp. 183-232. 31 In questo modo Licurgo si allineava con le proposte formulate da Senofonte nei Poroi (II 6), nei quali l’autore suggeriva, quale misura volta ad accrescere il numero dei meteci residenti nell’emporio attico, di concedere, a quelli di essi che ne sembrassero degni, terreni edificabili perché potessero costruirvi la propria casa. Per un commento al passo di Senofonte cfr. Ph. Gauthier, Un commentaire historique des Poroi de Xénophon, Genéve-Paris 1976, pp. 66-68. Provvedimenti di tale natura dovevano rivelarsi quanto mai opportuni in età licurghea, perché, da un lato, secondo la proposta di Senofonte, contribuivano ad aumentare le entrate della città derivanti dal μετοίκιον, dall’altro, più concretamente, erano volti ad attirare ad Atene, in un momento di spanositia generalizzata, i mercanti provenienti da Cipro e dall’Egitto, aree del bacino mediterraneo di fondamentale importanza per il commercio granario. Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 363. 32 Cfr. J.D. Mikalson, Religion in Hellenistic Athens, Berkeley-Los Angeles-London 1998, pp. 30-31. 33 Alla base della pesante carestia che colpì Atene negli anni 330-325 furono la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro nel 332, il controllo macedone dell’Ellesponto e lo sviluppo della pirateria nell’Egeo. Sui problemi di approvvigionamento di Atene, analizzati in particolare sulla base di un’abbondante documentazione epigrafica cfr. Will, Athen und Alexander, pp. 107-113. Sul condizionamento che i rifornimenti alimentari hanno sempre esercitato sulle scelte politiche ateniesi cfr. P. Hunt, War, Peace and Alliance in Demosthenes’ Athens, Cambridge 2010, p. 37-39. 34 Sulla carestia e sui problemi di approvvigionamento granario che Atene dovette affrontare negli anni successivi al 330 cfr. infra, n. 86. In generale, come contributo sui problemi della produzione cerealicola ateniese ancora fondamentale risulta A. Jardé, Les céréales dans l’antiquité grecque, Paris 1925; inoltre cfr. L. Migeotte, Les ventes de grain public dans les cités grecques aux périodes classique et hellenistique, in AA.VV., La mémoire perdue: recherches sur l’administration romaine, Rome 1998 («Collection de l’École française de Rome» 243), pp. 229-246; M. Whitby, The Grain Trade of Athens in the Fourth Century B.C., in H. Parkins - Ch. Smith (eds.), Trade, Traders and the Ancient City, London-New York 1998, pp. 102-128; V.J. Rosivach, Some Economic Aspects of the Fourth-Century Athenian Market in Grain, «Chiron» 30 (2000), pp. 31-64; A. Moreno, Feeding the Democra- cy. The Athenian Grain Supply in the Fifth and Fourth Centuries B.C., Oxford 2007. 35 Cfr. I. Worthington, Demosthenes, Statesman and Orator, London 2000, p. 90. Cfr. G.L. Cawkwell, The Crowning of Demosthenes, CQ 19 (1969), pp. 163-180, in part. 177-178. Worthington, Demosthenes, Statesman and Orator, pp. 94-95 nota che, sebbene Cawkwell individui nella battaglia di Isso il momento in cui la politica demostenica di attesa dell’azione persiana entrò in crisi, Dario sopravvisse allo scontro e due anni dopo fu in grado di radunare nuove forze e portare Alessandro nuovamente sul campo di battaglia a Gaugamela, e si domanda perché mai Demostene avrebbe dovuto abbandonare ogni speranza nei Persiani già dopo Isso. Certo lo studioso non manca di osservare come la notizia della vittoria macedone a Isso abbia potuto essere sconvolgente per il mondo greco e non solo per la vittoria di Alessandro, quanto piuttosto anche per la fuga di Dario, che altro non poteva che evocare nella memoria ateniese la fuga di Serse dopo la battaglia di Salamina del 480. 37 Cfr. P. Carlier, Demostene, Torino 1994 (= ed. orig. Paris 1990), p. 176. Di fatto, le possibilità di una vittoria nella guerra suscitata da Agide III della coalizione anti-macedone, pur se fosse stata accresciuta dall’adesione di Atene, erano molto limitate: Alessandro non avrebbe apprezzato di dover rinunciare alla conquista delle Satrapie più orientali per rientrare in Grecia e combattere Agide, ma lo avrebbe fatto se fosse stato necessario, tanto che il lungo periodo intercorrente tra la vittoria di Gaugamela nell’ottobre del 331 e la par36 44 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 tenza di Alessandro per le Satrapie più orientali nel giugno del 330 sembra autorizzare l’ipotesi che il Macedone attendesse di conoscere proprio il risultato dei conflitti europei prima di proseguire verso Oriente. 38 Agide riteneva, proprio come Alessandro (Arr. Anab. II 17), che il potere navale nell’Egeo fosse vitale per la causa della libertà della Grecia e che, una volta che Alessandro avesse conquistato le basi navali fenice, la diretta cooperazione militare con la Persia sarebbe diventata impossibile. Nonostante questo il re spartano non rinunciò al suo tentativo di ribellione neppure dopo la presa di Tiro nell’agosto del 332, in seguito alla quale Alessandro poté godere dell’egemonia sul mare, e la conquista dell’Egitto alla fine del 332, grazie alla quale il Macedone venne a controllare tutti i porti del Mediterraneo orientale. Carlier suggerisce che Agide, ostinatamente, perseverò in un’impresa che le circostanze non giustificavano più; cfr. Carlier, Demostene, p. 175. 39 Cfr. Engels, Hypereides, 209-217. 40 Cfr. D.S. Potter, IG II2 399: Evidence for Athenian Involvement in the War of Agis III, ABSA 79 (1984), pp. 229235, contra L. Moretti, Iscrizioni storiche ellenistiche, I, Firenze 1967, n. 2; E. Badian, History from «Square Brackets», ZPE 79 (1989), pp. 59-70; Chr. Habicht, Zwei athenisce Volksbeschlüsse aus der Ära Lykurgs, IG II2 399 und 452, «Chiron» 19 (1989), pp. 1-5. 41 Diod. XVII 62, 7. 42 Aesch. III 165-167. 43 Din. I 34-35. 44 A proposito delle ragioni che starebbero alla base dell’operato di Demostene in questa circostanza cfr. Cawkwell, The Crowning of Demosthenes, pp. 163-180. In particolare, a mettere gli Ateniesi nella condizione di scegliere la via del non intervento fu il timore di rimanere senza rifornimenti di derrate alimentari, qualora si fossero messi contro il Macedone, che controllava ormai l’Egitto, l’Ellesponto e il Bosforo; a questo riguardo teniamo presente che lo stesso Demostene afferma a più riprese che ogni uomo politico che si occupa degli interessi di Atene deve porre attenzione alla questione dei rifornimenti di grano, avendo come prima priorità la difesa dell’Attica e come seconda il garantire un passaggio lungo rotte favorevoli per gli approvvigionamenti di grano fino al Pireo, cfr. Demosth. XVIII 301. A rendere la scelta ateniese una scelta obbligata furono anche la presenza di guarnigioni macedoni a Corinto, Tebe e Calcide, e l’assenza di molte forze ateniesi, di terra e di mare, impegnate rispettivamente in Asia e nella flotta di Anfotero (Heckel, Who’s Who, p. 23), inviato da Alessandro nel Peloponneso in aiuto di quei Peloponnesiaci che non prestavano ascolto ai Lacedemoni e che gli rimanevano fedeli (Arr. Anab. III 6, 2). 45 Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 255-256. 46 L’espressione utilizzata da Plutarco (Plut. Mor. [Praecepta 818f), τοῖς ἀφισταµένοις gerendae republicae] Ἀλεξάνδρου, è estremamente generica; sembra comunque che i responsabili dell’appello siano da individuare in Agide e negli Spartani, dal momento che l’episodio è collocato nell’inverno del 331; cfr. S. Ruzicka, War in the Aegean, 333331 B.C.: A Reconsideration, «Phoenix» 42 (1988), pp. 131151, in part. 147-148. 47 Plut. Mor. [Praecepta gerendae republicae] 818f. La minaccia che i fondi per le distribuzioni potessero essere tagliati nel caso di una guerra risulta essere in questa circostanza un forte argomento per la pace; quanto al valore che queste donazioni hanno ad Atene cfr. Hunt, War, Peace and Alliance, p. 49 e Plut. Mor. 1001b, laddove Demade le definisce «colla della democrazia»; cfr. poi E.M. Harris, Demosthenes and the Theoric Fund, in R.W. Wallace - E.M. Harris (eds.), Transitions to Empire. Essays in Greco-Roman History 360-146 B.C. in Honor of E. Badian, Norman 1996, pp. 5776, in part. 74. 48 Curt. VI 1, 8; 1, 17-19 e X 10, 14. 49 Per una lettura di questo genere, che vedrebbe Agide trasformarsi, suo malgrado, in un paladino della libertà, quando si ritrovò a combattere non contro le piccole comunità statali limitrofe a Sparta per recuperare i territori perduti, ma contro il luogotenente di Alessandro in Europa, cfr. F. Landucci, Sparta dopo Leuttra: storia di una decadenza annunciata, in C. Bearzot - F. Landucci (a cura di), Contro le ‘leggi immutabili’. Gli Spartani fra tradizione e innovazione, Milano 2004 («Contributi di Storia antica» 2), pp. 161-190, in part. 181-188. 50 Nel 343 partecipano a un’ambasceria destinata a incoraggiare sentimenti anti-macedoni nel Peloponneso ([Plut.] Mor. 841e-f); di entrambi Alessandro domandò la consegna all’indomani della rivolta di Tebe ([Plut.] Mor. 841e e 847c; Arr. Anab. I 10, 2-5); entrambi prepararono la difesa di Atene subito dopo la disfatta di Cheronea (per l’attività svolta da Demostene in questo frangente cfr. Mitchel, Lykourgan Athens: 338-322, 164-214, in part. 177; per quella svolta da Licurgo cfr. ibid., in part. 192-195; in generale, per le decisioni prese dal partito democratico all’indomani di Cheronea cfr. De Martinis, I democratici ateniesi dopo Cheronea, pp. 3962). 51 Desiderio alimentato per entrambi dalla loro appartenenza all’aristocrazia; cfr. E.M. Burke, Contra Leocratem and De Corona: Political Collaboration?, «Phoenix» 31 (1977), pp. 330-340, in part. 335. Per il background di Demostene cfr. P. MacKendrick, The Athenian Aristocracy, 399-31 B.C., Cambridge 1969, pp. 3, 8, 69 e n. 33; per quello di Licurgo cfr. ibid., pp. 22-24 e Mitchel, Lykourgan Athens: 338-322, pp. 164-214, in part. 196. 52 Demostene, poco dopo la morte dell’amico oratore, scrisse una lettera in difesa dei figli di lui, coinvolti in un processo legato alla condotta del padre e alla sua amministrazione finanziaria ([Plut.] Mor. 842e). Sulla lettera, la cui autenticità è stata dimostrata in maniera conclusiva, cfr. J. Goldstein, The Letters of Demosthenes, New York 1968, pp. 64-94. Nel testo l’oratore da un lato sottolinea l’enormità dell’errore com- 45 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX messo dal popolo ateniese (Demosth. Epist. III 42-43), dall’altro esalta la politica di Licurgo, mirando in realtà a giustificare anche il proprio comportamento, rimasto sempre coerente con quello licurgheo. In generale sul processo che vide coinvolti i figli di Licurgo e sul ruolo che vi svolsero Demostene e Iperide cfr. Engels, Hypereides, pp. 323-326. 53 Cfr. Burke, Contra Leocratem and De Corona, pp. 330-340, in part. 335-336. 54 Cfr. Mitchel, Lykourgan Athens: 338-322, in part. p. 213; Burke, Contra Leocratem and De Corona, 330-340, in part. p. 337. 55 Cfr. F. Landucci, I mercenari nella politica ateniese, II, Il ritorno in patria dei mercenari, AncSoc. 33 (1995), pp. 59-91, in part. 61. Si sentiva in Atene, anche in conformità con l’intero programma licurgheo, la necessità di rinvigorire il sentimento popolare di opposizione alla Macedonia, evitando però il rischio di un diretto coinvolgimento militare: il luogo e il mezzo più adatto alla scopo sembrò proprio essere il tribunale; cfr. Burke, Contra Leocratem and De Corona, pp. 330-340, in part. 337. 56 [Demosth.] XVII. In generale per il testo dell’orazione, con traduzione e presentazione della relativa problematica a esso relative cfr. E. Culasso Gastaldi, Sul trattato con Alessandro. Polis, monarchia macedone e memoria, Padova 1984. 57 La paternità demostenica della diciassettesima orazione è concordemente negata da antichi e moderni. Dionigi di Alicarnasso escludeva un’attribuzione a Demostene sulla base di considerazioni stilistiche (Dion.Hal. De Dem. 57), mentre Arpocrazione si limitava a formulare la possibilità di un’impropria attribuzione (Harpokrat. s.v. προβολάς). Libanio si occupò della questione più diffusamente e manifestò la convinzione che il discorso fosse pseudepigrafo: a suo avviso personalità e impostazione stilistica sono più iperidee che demosteniche (Liban. Hypóthesis ad Demosth XVII). La possibilità di un’attribuzione a Egesippo appare invece formulata negli scolii (Schol. ad Demosth. XVII). La questione, ampiamente affrontata anche dai moderni a partire dall’Ottocento, non ha trovato una soluzione definitiva: è stato proposto con insistenza il nome di Democare di Leuconoe, nipote di Demostene, o si è comunque parlato di un autore che ha subito l’influenza della cerchia familiare demostenica. Per un’ampia sintesi della questione della paternità dell’orazione cfr. Culasso Gastaldi, Sul trattato con Alessandro, 159 sgg. 58 Cfr. W. Will, Zur Datierung der Rede Ps-Demosthenes XVII, RhM 125 (1982), pp. 202-213; Will, Athen und Alexander, 67-70; Sordi, L’orazione pseudodemostenica, pp. 23-30; Landucci, I mercenari nella politica ateniese, I, pp. 33-61, in part. 37. Diversamente M.A. Levi, Introduzione ad Alessandro Magno, Milano-Varese 1977, in part. p. 17, la ritiene anteriore alla caduta di Tebe, di cui il testo non fa menzione alcuna, e la attribuisce quindi al 336/5, lo stesso periodo a cui viene assegnata dagli scoliasti (Schol. ad Demosth. XVII, Dindorf 8.256, l. 3). Per parte sua G.L. Cawkwell, A Note on Ps. Demosthenes 17.20, «Phoenix» 15 (1961), pp. 74-78 propende per il 331/0. Più articolata la posizione di Culasso Gastaldi, Sul trattato con Alessandro, pp. 159-183, che inquadra il nucleo originario del discorso tra il 330 e il 326 (così anche in E. Culasso Gastaldi, Ps.Dem. XVII: appunti di cronologia, «Prometheus» 6, 1980, pp. 233-242), ma ritiene che questo sia stato rielaborato nei primi decenni del III secolo e riadattato secondo le necessità politiche del momento negli ambienti anti-macedoni che facevano capo a Democare e che si riallacciavano, idealmente, all’opera politica di Demostene. 59 Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 254. 60 [Demosth.] XVII 19-21. I Macedoni avrebbero condotto a Tenedo ἅπαντα τά ἐκ τοῦ Πόντου πλοῖα κατήγαγον e non le avrebbero rilasciate se non in seguito all’arrivo di una forte squadra di cento triremi da guerra al comando di Menesteo (Heckel, Who’s Who, p. 165; Traill, PAA, XII, 2003, n° 654115). A. Schaefer, Demosthenes und seine Zeit, Leipzig 1887, pp. 173 ss. ritiene che il colpo di mano macedone si debba collocare nel 333 e sia diretta conseguenza del rifiuto opposto dagli Ateniesi alla richiesta di navi da parte di Alessandro (cfr. supra, 5 e n. 26). Contra Sordi, L’orazione pseudodemostenica, pp. 23-30, in part. 26, che colloca il fatto prima del 333, forse alla fine del 334 e lo spiega con i sospetti di rapporti fra Atene e la Persia che i Macedoni dovevano nutrire in questo periodo. Cawkwell, A Note on Ps. Demosthenes, pp. 74-78, in part. 78, in modo ingiustificatamente riduttivo, avanza l’ipotesi di una spontanea e non richiesta scorta macedone a un convoglio granario ateniese, la cui notizia sarebbe poi stata deliberatamente strumentalizzata in Atene da circoli politici anti-macedoni. 61 [Demosth.] XVII 26-29. I Macedoni avrebbero navigato fino al Pireo con una sola trireme (µία τριήρης ἦν), che sarebbe giunta con la richiesta di far costruire piccole imbarcazioni nei cantieri ateniesi e probabilmente anche di equipaggiarle. Come nota ampiamente Culasso Gastaldi, Sul trattato con Alessandro, pp. 94-95 il testo rimane estremamente generico e non chiari sono i termini dei patti che i Macedoni avrebbero tradito con le loro azioni: se anche si volesse postulare l’inviolabilità dell’accesso ai porti confederati, rimane certa una strumentale forzatura dell’episodio da parte dell’oratore, dal momento che l’ingresso di una sola trireme non appare fornire, in contesti ufficiali, sufficiente argomentazione per una violazione (Thuc. VI 52, 1; II 7, 2; III 71,1). Sordi, L’orazione pseudodemostenica, pp. 23-30, in part. 26 nota che quest’episodio è assolutamente comprensibile in relazione alla situazione in cui Alessandro si trovò dopo lo scioglimento della flotta e in seguito all’offensiva navale persiana del 333: mentre il Macedone cercava di ricostruirsi una flotta in Asia, affidando l’incarico ad Anfotero ed Egeloco, Antipatro incaricò Protea di raccogliere navi e, per quanto Arriano riferisca che tali navi furono raccolte in Eubea e nel Peloponneso (Arr. Anab. II 2, 4), sembra probabile che pri- 46 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 ma di rivolgersi ai piccoli cantieri delle città euboiche e peloponnesiache, Protea si sia rivolto ad Atene. 62 All’indomani della battaglia del Granico (334), Alessandro fece mettere ai ceppi e inviare in Macedonia, dove furono costretti ai lavori forzati, molti prigionieri greci, mercenari che combattevano al soldo del Persiano (Arr. Anab. I, 16, 6; Plut. Mor. [Reg. et imper. apophtheg.] 181a-b); in merito alla presenza di questi mercenari greci nell’esercito persiano cfr. Landucci, I mercenari nella politica ateniese nell’età di Alessandro, I, 33-61; Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 247 n. 6 ha ipotizzato che il numero degli Ateniesi tra i mercenari greci fatti prigionieri da Alessandro a seguito della battaglia del Granico fosse piuttosto consistente; noi con certezza sappiamo soltanto che i prigionieri ateniesi dovevano essere meno di duemila, perché Arriano dà questa cifra come totale dei deportati in Macedonia (Arr. Anab. I 29, 5). Un’ambasceria ateniese raggiunse Alessandro a Gordio per chiedere la liberazione dei prigionieri ateniesi (Arr. Anab. I 29, 5; Curt, III 1, 9-10 riporta notizia dell’ambasceria ateniese per la richiesta dei prigionieri del Granico in termini molto simili a quelli di Arriano, ma la colloca cronologicamente prima dell’arrivo di Alessandro a Gordio, all’indomani dell’occupazione di Celene da parte del Macedone, quindi nel 333). Alessandro rifiutò, ritenendo poco sicuro, mentre ancora si stava conducendo la guerra contro il Persiano, mitigare la paura di quei Greci che non avevano esitato a combattere in favore dei barbari contro la Grecia; suggerì quindi agli ambasciatori di tornare a trattare della questione in un momento più opportuno (Arr. Anab. I 29, 6; Curt. III 1, 9 specifica che Alessandro avrebbe promesso che la restituzione sarebbe avvenuta in seguito, per la precisione quando la campagna persiana fosse stata ultimata: allora egli avrebbe liberato non solo i prigionieri ateniesi, ma anche tutti i prigionieri greci). Una seconda ambasceria ateniese rinnovò ad Alessandro la richiesta di restituzione dei prigionieri greci del Granico mentre era in corso la guerra di Agide III e, in questo nuovo contesto, ad Alessandro sembrò ragionevole rispondere positivamente alle loro richieste (Arr. Anab. III 6, 3; Curt. IV 8, 12). Si può addirittura supporre che fossero stati gli ambasciatori ateniesi, Diofanto (Heckel, Who’s Who, p. 114) e Achille (Heckel, Who’s Who, p. 3), a riferire ad Alessandro dei moti di rivolta che stavano nascendo nel Peloponneso, dipingendo, con il solo scopo di ottenere il rilascio dei prigionieri, un quadro finanche esagerato delle recenti attività diplomatiche spartane. Stando così le cose, dunque, la concessione della liberazione dei prigionieri ateniesi da parte di Alessandro dimostrerebbe la buona volontà del Macedone nei confronti degli Ateniesi e probabilmente anche il suo tentativo di garantirsi la sicurezza che Atene non volesse riconsiderare la sua decisione di non fornire contingenti navali ad Agide; cfr. Ruzicka, War in the Aegean, pp. 131-151, in part. 151; Cawkwell, The Crowning of Demosthenes, pp. 163-180, in part. 177. 63 Landucci si interroga sulle ragioni di questo silenzio da parte dell’oratore e suggerisce che esso abbia un fondamento giuridico: dal momento che l’orazione insiste sul fatto che Atene ha diritto di dichiarare guerra ad Alessandro per le sue violazioni alla pace comune che era alla base della Lega di Corinto, diventava necessario tacere sulla prigionia di quegli Ateniesi che, servendo come mercenari il re di Persia, avevano violato i patti della Lega; cfr. Landucci, I mercenari nella politica ateniese, I, pp. 33-61, in part. 37-38. 64 Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 254. 65 Per l’individuazione del 334 come terminus post quem per un allontanamento tra i due cfr. De Martinis, I democratici ateniesi dopo Cheronea, pp. 39-62, in part. 62. 66 Cfr. Sordi, L’orazione pseudodemostenica, pp. 23-30, in part. 29-30. 67 Da Dion.Hal. Amm. I 12 sappiamo che l’anno era il 330 e da Aesch. III 254 traiamo che il mese era agosto. Ad Atene un processo politico importante era giudicato alquanto rapidamente se l’accusatore era molto influente e aveva molta fretta; in caso contrario, se l’accusatore, per il sopravvenire di nuovi avvenimenti, non si augurava più un processo immediato, finiva con il persuadere i tesmoteti sorteggiati a prolungare a lungo l’istruzione, sempre che l’accusato e l’opinione pubblica consentissero questo ritardo; cfr. Carlier, Demostene, p. 177. In merito a questo caso specifico, se è probabile che la morte di Filippo abbia indotto Eschine a non volere un giudizio immediato, è difficile immaginare che, sei anni più tardi, i tesmoteti abbiano deciso di propria iniziativa di inserire un processo politico di tale risonanza nel calendario giudiziario dei tribunali popolari: devono esserci state precise pressioni e manovre ed è oggetto di discussione chi avesse interesse a sollevare nuovamente la questione nell’estate del 330 e per quali ragioni. Due differenti spiegazioni sono state offerte a questo proposito, rispettivamente da Cawkwell, The Crowning of Demosthenes, pp. 163-180 e Burke, Contra Leocratem and De corona, pp. 330-340. Cawkwell ritiene che sia stato Eschine a portare il caso dinnanzi alla corte in quell’anno, in virtù del recente fallimento di Demostene in relazione alla campagna di Agide III; Burke, da parte sua, suggerisce che sia stato Demostene a scegliere il 330 come momento della discussione finale della causa, aggiungendo anche l’impressione che l’oratore abbia lavorato a quattro mani con Licurgo, che poco prima aveva discusso una causa contro Leocrate; cfr anche N. Sawada, Athenian Politics in the Age of Alexander the Great: A Reconsideration of the Trial of Ctesiphon, «Chiron» 26 (1996), pp. 57-84. Per un esame più approfondito delle due ipotesi cfr. E.M. Harris, Aeschines and Athenian Politics, New York-Oxford 1995, pp. 173-174. 68 Burke, Contra Leocratem and De Corona, pp. 330-340, in part. 334 insiste sul fatto che nel 330 a motivare l’attacco di Eschine non era rimasta che la volontà di screditare la reputazione politica di Demostene, perché era venuta a mancare, 47 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX dato il tempo intercorso dalla proposta di Ctesifonte, la forza delle argomentazione giuridiche e legali. 69 Cfr. Worthington, Demosthenes, Statesman and Orator, pp. 96-97. 70 Aesch. III 133. 71 Cfr. Worthington, Demosthenes, Statesman and Orator, p. 97. 72 Cfr. supra, p. 9. 73 Questa la lettura proposta da Cawkwell; cfr. Cawkwell, The Crowning of Demosthenes, 163-180, in part. pp. 173-180. Contra R. Sealey, Demosthenes and his Time: A Study in Defeat, Oxford 1993, pp. 207-208. 74 Cfr. Worthington, Demosthenes, Statesman and Orator, p. 99. 75 Sulla base di Eschine (Aesch. III 252) la collochiamo prima del suo scontro in tribunale con Demostene: ma l’indicazione πρώην dell’oratore non ci permette di stabilire con esattezza la data del processo. 76 Al limite era lecito sostenere che con la sua fuga Leocrate avesse violato lo spirito di numerose leggi ateniesi, ma la sostanza giuridica dell’accusa era in realtà piuttosto tenue, cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 282. 77 Il processo si concluse con l’assoluzione di Leocrate e con la sconfitta, anche se solo per un voto, di Licurgo (Aesch. III 252). 78 Burke, Contra Leocratem and De Corona, pp. 330-340, in part. 339. Contra si esprime Faraguna, che ritiene che tale interpretazione politica perda buona parte della sua forza e della sua specificità qualora si consideri il processo contro Leocrate alla luce della altre εἰσαγγελίαι mosse da Licurgo, tutte egualmente motivate dalla volontà di attaccare chiunque con il suo comportamento minasse le basi del vivere sociale e rappresentasse quindi un pericolo per la democrazia ateniese; cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165447, in part. 281-284. A sostegno della sua posizione, inoltre, Faraguna osserva che i sostenitori della tesi politica hanno dovuto far ricorso all’interpretazione allegorica o ai parallelismi con il discorso Sulla Corona perché se nell’orazione licurghea lo spirito patriottico traspare da ogni riga, nondimeno mancano del tutto in essa riferimenti politici concreti e attuali; cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165447, in part. 283. 79 Da un punto di vista cronologico tale attività edilizia sembra inquadrarsi negli anni compresi tra il 336 e la guerra di Lamia, con una particolare concentrazione nel periodo 336330/29; cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165447, in part. 268. 80 Per il santuario di Eleusi ricordiamo, in particolare, la costruzione del portico del Telesterion, che, progettato al tempo di Eubulo, fu realizzato solo dopo un ventennio (IG II2 204; 1066): abbiamo attestazione del contratto d’appalto per le fondazioni (IG II2 1671), dell’edificazione dei gradini e dello stilobate (IG II2 1670), degli appalti per i tamburi delle co- lonne (IG II2 1673 + SEG 34, 122) e per i πόλοι e gli ἐμπόλια necessari per fissarli assieme (IG II2 1675). Connesse a questo stesso santuario sono la realizzazione del tempietto di Plutone e la riparazione del muro di cinta (IG II2 1672, ll. 23-24) e della torre per la conservazione dei cereali (IG II2 1672, l. 292). Per quanto riguarda il santuario di Anfiarao ricordiamo la ristrutturazione della fontana e la manutenzione delle condutture d’acqua (IG II2 338), nonché opere di canalizzazione delle acque di scarico provenienti dal bagno degli uomini (IG VII 4255). In generale sui progetti edilizi di età licurghea che riguardano i santuari di Eleusi ed Oropo cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 260-262. 81 Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 357-358. 82 Cfr. K. Clinton, Inscriptions from Eleusis, AE 117 (1971), pp. 81-136, in part. 83-113. 83 Nell’angolo nord-est della piazza fu eretto un peristilio a pianta quadrata, pensato per accogliere nei vari colonnati più di un tribunale, ma che non fu mai del tutto portato a termine; la datazione all’età licurghea è stata desunta dallo stile architettonico e dalla ceramica associata alle strutture; cfr. J. Travlos, Pictorial Dictionary of Ancient Athens, London 1971, pp. 520-522; Agora XIV, pp. 56-61. Sul lato occidentale si costruì il tempio di Apollo Patroos, che venne a formare un complesso unitario con il tempietto di Zeus Phratrios e di Athena Phratria (contra Ch.W. Hedrick, Jr., The Temple and Cult of Apollo Patroos in Athens, AJA 92 (1988), pp. 185-210); in relazione a questo tempio di Apollo Patroos cfr. anche [Plut.] Mor. 843f, dove si riferisce della richiesta di onori presentata da Licurgo per Neottolemo di Melite, che si sarebbe assunto il compito di far dorare a proprie spese l’altare di Apollo nell’agorà; cfr. supra, n. 7; H.A. Thompson, The American Excavations in the Athenian Agora. Eleventh Report: Buildings on the West Side of the Agora, «Hesperia» 6 (1937), pp. 1-226; Travlos, Pictorial Dictionary, pp. 96-99; Agora XIV, pp. 136-139. In buona parte all’età licurghea si può poi riferire l’edificazione del monumento degli eroi eponimi: se elementi architettonici e componenti ceramiche ci riportano al 350, la notizia secondo cui nel 328/7 la boulé aveva dedicato agli eroi eponimi dieci κύλικες d’argento del peso di circa 150 dracme ciascuna e l’ipotesi che lega questo gesto alla volontà di celebrare il completamento del monumento suggeriscono di datare quest’ultimo al 330 circa; cfr. S.I. Rotroff, An Anonymous Hero in the Athenian Agora, «Hesperia» 47 (1978), pp. 196-209, in part. 208-209. Infine si possono ricordare la riedificazione in pietra delle strutture lignee del ginnasio presso il santuario di Apollo Liceo ([Plut.] Mor. 841d; IG II2 457, fr. B, ll. 7-8) e l’aggiunta a esso di una palestra (Travlos, Pictorial Dictionary, p. 345); ancora più importante è poi la costruzione dello stadio panatenaico ([Plut.] Mor. 841d, 852c; IG II2 457, fr. B, l. 7). In generale sugli interventi edilizi dell’età licrughea 48 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 che riguardano l’agorà cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 262- 266. 84 In questa direzione porta anche IG II2 351 + IG II2 624 = IG 2 II Addenda, 660 = Tod 198 = Schwenk 48 = R&O 94, datata al 330/29, che attesta la concessione di onori a Eudemo di Platea (Traill, PAA, VII, 1998, n° 429695) per aver promesso alla città, a titolo di ἐπίδοσις, 4000 dracme per la guerra, se ce ne fosse stato bisogno, e per aver poi effettivamente donato 1000 coppie di buoi per la realizzazione dello stadio e del teatro panatenaico. Ora, la prima concessione è collocata da un πρότερον in un momento precedente, ma non meglio definito, rispetto all’emanazione del decreto onorifico, mentre la seconda concessione parrebbe essere a esso contemporanea (νῦν) e quindi associabile al 330/29. Si può dunque immaginare che in un primo momento Eudemo avesse promesso di corrispondere l’ἐπίδοσις nella forma di 4000 dracme εἰς τὸν πόλεµον, ma che, in un secondo momento, non risultando più necessaria una simile destinazione della stessa, si sia deciso di mutarne la destinazione, trasformandola in χίλια ζεύγη, da intendersi, però, non come mille coppie di buoi, ma come buoi per un totale di mille giornate di lavoro, permettendo oltretutto che l’ammontare dell’ἐπίδοσις risultasse immutato, dal momento che, stando ai rendiconti finanziari di Eleusi il prezzo giornaliero per l’affitto di una coppia di buoi sembra essere stato di 4 dracme; cfr. Clinton, Inscriptions from Eleusis, pp. 81-136, in part. 103-105. Se si vuole, poi, utilizzare l’epigrafe in questione per una riflessione sui progetti edilizi dell’epoca di Licurgo, si può osservare che, probabilmente, l’autore dell’iscrizione ha commesso un errore parlando di stadio e teatro panatenaico, invece che di “stadio panatenaico e teatro”, con riferimento ai due progetti edilizi dello stadio panatenaico e del teatro di Dioniso, entrambi associati al nome di Licurgo (cfr. infra, 21-22). Chi, invece, ha voluto salvare il testo, come Tod, ha letto l’espressione “teatro panatenaico” ponendola in relazione ai sedili per gli spettatori nello stadio panatenaico; D.G. Romano, The Panathenaic Stadium and Theater of Lykourgos: A Re-examination of the Facilities on the Pnyx-Hill, AJA 89 (1985), pp. 441-454, in part. 450-451 e n. 43, poi, ha suggerito di vedere nel termine θέατρον un’allusione non alla gradinata dello stadio, ma all’auditorium dove avevano luogo le assemblee del popolo ateniese; sempre lui, oltretutto, partendo dalla constatazione che gli scavi archeologici condotti dallo Ziller nell’Ottocento non avevano portato alla luce, sotto le strutture di epoca romana, alcuna traccia dello stadio licurgheo, ha proposto, con argomenti poco convincenti, una localizzazione alternativa sulla Pnice; contra R.A. Moysey, A New Reference to the Skene of the Lykourgan Theater of Dionysos, in The 87th General Meeting of the Archeological Institute of America, AJA 90 (1986), pp. 173-226, in part. 212. 85 In epoca licurghea le occasioni per l’intervento della ricchezza privata a vantaggio della comunità sono molteplici e non si limitano ai soli momenti di necessità. Per una rifles- sione in proposito cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessan- dro, pp. 165-447, in part. 384-396. 86 La diversificazione dei canali per gli approvvigionamenti granari che Atene mise in atto negli anni successivi al 330 la portò a spostare il proprio asse commerciale verso l’Occidente, tra l’Adriatico e la Sicilia; cfr. L. Braccesi, Grecità adriatica. Un capitolo della colonizzazione greca in occidente, Bologna 19772, pp. 286 ss. In particolare per quanto riguarda i contatti commerciali esistenti tra Atene e la Sicilia, possiamo ricordare l’orazione Contro Zenotemide (Demosth. XXXIII), che riguarda un carico di grano proveniente da Siracusa. Un ulteriore riferimento a σῖτος siciliano è in Demosth. LVI, 9. Infine, un mercante di grano di Agrigento, di nome Soprato, è onorato da Atene con la concessione della prossenia in «Hesperia» 43 (1974), n° 3, pp. 322-324, testimonianza tanto più interessante per la presente indagine perché il proponente della concessione di onori è proprio Licurgo. Grano siciliano potrebbe essere menzionato (ma le integrazioni sono insicure) anche in IG II2 408 e in IG II2 342 + SEG 24, 104. Sui rapporti commerciali destinati all’approvvigionamento granario tra la Grecia e la Sicilia cfr. U. Fantasia, Grano siciliano in Grecia nel V e nel IV secolo, ASNP 23 (1993), pp. 9-31; sull’interesse ateniese per la zona adriatica cfr. Engels, Hypereides, pp. 257-261; infine, più in generale, sulle risposte alle crisi di approvvigionamento cfr. P. Garnsey, Famine and Food-Supply in the Graeco-Roman World: Responses to Risk and Crisis, Cambridge 1988. In particolare, poi, conserviamo notizia di un decreto per la fondazione di una colonia nell’Adriatico da parte di una missione ateniese a capo della quale sarebbe stato Milziade di Lacide: il decreto è datato al 325/4 ed è stato proposto da Cefisofonte di Colargo (Heckel, Who’s Who, p. 82) e approvato dal popolo; cfr. IG II2 1629 (ll. 128-302) = SIG3 305 (ll. 165271) = Tod 200 (ll. 145-271) = R&O 100 (ll. 128-302). Ai fini della nostra indagine interessante è notare che all’interno del decreto, laddove si precisa quali sono le ragioni che stanno alla base della fondazione coloniaria, la volontà di prevenire la pirateria nell’Adriatico, azione presentata come un vantaggio per Greci e barbari (R&O 100, ll. 220-232), è accompagnata da considerazioni economiche (R&O 100, ll. 217-220): esplicitamente si dice, infatti, che con questa nuova colonia Atene si sarebbe assicurata una ἐµπορία οἰκεία καὶ [σιτ]οποµπία καί ... φυλακὴ ἐπὶ [Τυρ]ρηνούς. 87 IG II3 367 = IG II2 360 = Schwenk 68 = R&O 95 è in questa prospettiva particolarmente interessante: essa riporta il testo di cinque diversi decreti riguardanti Eraclide di Salamina, collocati tra il 330 e il 325/4 (per una sintesi delle principali questioni cronologiche legate a questa datazione cfr. Schwenk 68, in part. pp. 339-340; in particolare, sui problemi cronologici della successione dei decreti registrati in questa iscrizione cfr. P.J. Rhodes, The Athenian Boule, Oxford 1972, pp. 66-68; R.A. De Laix, Probouleusis at Athens. Study of Decision-making, Berkeley 1973, pp. 129 ss.); questi decreti attestano il riconoscimento di particolari onori per Eraclide e 49 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX la sua discendenza, in cambio della benevolenza da lui dimostrata per Atene, sia con la vendita di quantitativi di grano a prezzi vantaggiosi nonostante la carestia sia con i donativi concessi per gli approvvigionamenti. L’iscrizione può dunque essere utilizzata come prova dell’esistenza di un fitto commercio granario fra Atene e l’élite commerciale di Salamina di Cipro, in un momento in cui l’isola era saldamente sotto il controllo macedone: nel IV secolo Atene, con donativi e riconoscimenti, molto si impegna per mantenere e tutelare i propri contatti commerciali con la zona del Mar Nero. In relazione ai provvedimenti ateniesi volti a incoraggiare l’afflusso di meteci e mercanti cfr. anche IG II2 363 (= Schwenk 63); IG II2 407; IG II2 408; IG II2 416; «Hesperia» 8 (1939), pp. 1-47, n° 7, ; «Hesperia» 9 (1940), pp. 309-357, n° 39; «Hesperia» 49 (1980), pp. 251-257, n° 1. Sulla comunanza di questi provvedimenti con quelli suggeriti da Senofonte nei Poroi cfr. supra, n. 31. 88 Cfr. supra, 5-6. 89 Demosth. XVIII 248; [Plut.] Mor. 845f e 851a-b. 90 IG II2 1628, ll. 339-452; IG II2 1629, ll. 859-975; IG II2 1631, ll. 7-15. 91 Indagini topografiche condotte mediante fotografia aerea nell’Attica meridionale hanno permesso di accertare che i terrazzamenti in età classica giungevano fino ad altitudini considerevoli, superiori rispetto a oggi, e che l’area coltivata risultava perciò essere più estesa che nei tempi moderni. È opportuno tenere anche presente che i terrazzamenti erano generalmente connessi con le colture cerealicole. Cfr. J. Bradford, Ancient Landscapes. Studies in Field Archeology, London 1957, pp. 29-34; E.A. Dowman, Conservation in Field Archeology, London 1970. 92 Cfr. Carlier, Demostene, p. 180. 93 Una fontana di dimensioni notevoli, costituita da un bacino a L cui si accedeva attraverso un porticato; era alimentata attraverso un acquedotto a galleria scavato nel suolo che correva lungo il lato Sud della piazza e di cui è stato individuato un tratto lungo più di 200 metri, il tutto genericamente datato al 330-325; cfr. Agora XIV, 200-201; J.McK. Camp, Drought and Famine in the 4th Century B.C., in Studies in Athenian Architecture, Sculpture and Topography presented to H.A. Thompson, Princeton 1982 («Hesperia» Suppl. 20), pp. 9-17, in part. 9-10. 94 L’esistenza e il percorso seguito da questo notevole impianto idraulico sono stati ricostruiti grazie ad alcuni testi epigrafici che documentano l’elaborata procedura con cui la commissione incaricata della costruzione era tenuta ad acquistare dai privati i diritti per il passaggio delle condutture nei loro fondi e per lo sfruttamento delle acque presenti nel sottosuolo. Questi stessi documenti, poi, ci possono dare la misura dei costi legati alla realizzazione del progetto: in uno dei casi documentati, infatti, risulta che la commissione dovette versare a un solo proprietario la somma di 700 dracme. Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 331, con indicazioni bibliografiche, tra cui in particolare cfr. E. Vanderpool, The Acharnanian Aqueduct, in Χαριστήριοω εἰς Α.Κ. Ὀρλάνδον, I, Athenai 1965, pp. 166-175. 95 Cfr. Camp, Drought and Famine, 9-17. 96 Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 355-380; Mitchel, Lykourgan Athens: 338-322, pp. 164214, in part. 197-198 e 204-209; Mikalson, Religion in Hellenistic Athens, pp. 11-45. 97 [Plut.] Mor. 843d. Conserviamo anche diversi frammenti di orazioni licurghee di argomento religioso, che attestano come Licurgo trattò in più di un’occasione questioni legate al culto e ai riti: Mikalson, Religion in Hellenistic Athens, pp. 24-25. Sul significato religioso di alcuni passaggi della Contro Leocrate, unica orazione di Licurgo superstite, e sulla possibilità di usarla come fonte per la ricostruzione di alcuni aspetti della religione ateniese nel IV secolo cfr. Mikalson, Religion in Hellenistic Athens, pp. 13-20. 98 Plut. Mor. 841b. 99 Sul sacerdozio di Poseidone-Eretteo cfr. S.B. Aleshire, The Demos and the Priests: The Selection of Sacred Officials at Athens form Cleisthenes to Augustus, in R. Osborne - S. Hornblower (eds.), Ritual, Finance, Politics, Oxford 1994, pp. 325-337, in part. 327-335. 100 Su Abrone cfr. Traill, PAA, I (1994), n° 101575 e I.L. Merker, Habron the Son of Lykourgos of Boutadai, AncW 14 (1986), pp. 41-50. 101 Su Licofrone cfr. Traill, PAA, XI (2002), n° 611535. 102 [Plut.] Mor. 841a-b, 842f-843a, 843e-f. Cfr. Mikalson, Religion in Hellenistic Athens, p. 22. 103 IG II3 445; IG II2 457, 1493-1496; [Plut.] Mor. 841b, 852b; Demosth. XXII, XXIV; Diod. XVI 88, 1. 104 Paus. I 29, 16; [Plut.] Mor. 841d, 852b; Diod. XV 88, 1. Cfr. Greco, Topografia di Atene, p. 68. Per una sintesi delle principali fonti antiche e della bibliografia moderna relative alle Nikai dorate conservate sull’Acropoli cfr. D. Harris, The Tresaures of the Parthenon and Erechtheion, Oxford 1995, pp. 272-275. IG II2 1493-1495 attestano che, a partire dal 334/3, si cominciò a raccogliere l’oro da utilizzare a questo scopo, ma indicano come responsabile di questo procedimento Demade di Peania, nella sua veste di tesoriere dei fondi militari; cfr. Harris, The Tresaures, p. 36 e n. 150; Mitchel, Demades of Peania, pp. 213-229, in part. 213-219 e P. Brun, L’orateur Démade, Bordeaux 2000, pp. 138-140. 105 Cfr. Mikalson, Religion in Hellenistic Athens, pp. 23-24, che ne ricorda cinque in tutto, considerando, accanto a quelle ‘religiose’ in senso stretto, anche alcune leggi relative ai concorsi teatrali e alla canonizzazione dei tre grandi tragici, cfr. [Plut.] Mor. 842a-b. 106 [Plut.] Mor. 842a-b. La stessa moglie di Licurgo sembra aver violato questa disposizione e Licurgo avrebbe pagato 1 talento, per sottrarsi a eventuali accuse da parte di sicofanti. 107 Schwenk 21 = IG II3 445 = IG II2 333. Cfr. infra, 24-25. Secondo Harris questa nuova attenta organizzazione dei tesori delle divinità dipende dall’educazione che Licurgo avrebbe ricevuto negli ambienti platonici e isocratei; cfr. Harris, The 50 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 Tresaures, p. 34 e n. 143. A proposito di questo testo legislativo cfr. anche Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 368-369 e 371-379. IG II2 334 = Hesperia 28 (1959), pp. 239-247 = Schwenk 17A e B. Cfr. anche G.V. Lalonde et Al., The Athenian Agora 108 XIX. Inscriptions: Horoi, Poletai Records, Leases of Public Land, Princeton 1991, L7, n°. 75; V.J. Rosivach, lG 22 334 and Panathenaic Hekatomb, PP 261 (1991), pp. 430-442; V.J. Rosivach, The System of Public Sacrifice in Fourth-Century Athens, Atlanta 1994 («American Classical Studies» 34); P. Brulé, La cité en ses composantes: remarques sur les sacrifice et la procession des Panathénées, «Kernos» 9 (1996), pp. 3763; A.G. Woodhead, The Athenian Agora XVI. Inscriptions: The Decrees, Princeton 1997. 109 Su Aristonico cfr. PA 2028; Traill, PAA, III (1995), n° 174070. 110 IG II2 1623, ll. 280-282. 111 IG II2 334, ll. 16-20. Natura e posizione della Νεά rimangono ad oggi discusse; cfr. M.K. Langdom, An Attic Decree Concerning Oropos, «Hesperia» 56 (1987), pp. 47-58 e Rosivach, IG 22 334 and Panatbenaic Hekatomb, 430-442, in part. 436-439. Quanto alla somma di 41 mine, è stato calcolato, sulla base dei prezzi correnti per i bovini, che avrebbero permesso di acquistarne 60; cfr. Brulé, La cité en ses composantes, pp. 37-63, in part. 53-54. 112 Questo sistema è attestato fin dal 386, cfr. IG II2 29, ll. 1822 = Tod 116. 113 Aristotele afferma che nel IV secolo Atene, probabilmente per far fronte alla difficile situazione economica, aveva provveduto a una precisa ripartizione dei fondi tra le magistrature; cfr. Arist. Ath.Pol. 48, 2. Questo procedimento, definito con termine tecnico µερισµός e messo in atto dagli ἀποδέκται, era regolato da specifici νόµοι, la violazione dei quali rischiava di far incorrere in una vera e propria denuncia, sottoposta all’assemblea, probabilmente da parte dei proedri. Sui νόµοι che regolavano la gestione del µερισµός e su possibilità e modalità della loro eventuale modifica e sostituzione cfr. M.H. Hansen, Did the Athenian Ecclesia Legislate after 403/2?, in Id., The Athenian Ecclesia. A Collection of Articles 1976-1983, Copenhagen 1983, pp. 179-205, in part. 191-201. Sul ruolo dei proedri come responsabili delle denunce cfr. P.J. Rhodes, A Commentary on the Aristotelian Athenaion Politeia, Oxford 1981, p. 560, che, sebbene dal resoconto di Aristotele sembri che siano gli apodektai a presentare queste mozioni, ritiene probabile che la mancata menzione dei proedri dipenda dalla sintesi estrema operata dall’autore nell’organizzazione del materiale; contra M.H. Hansen, La democrazia ateniese nel IV secolo, Milano 2003 (= ed. orig. Copenhagen 1991), p. 371, che ritiene siano invece gli apodektai a occuparsene. 114 Cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 397-398. 115 Sulla corrispondenza tra alcune misure licurghee e quelle suggerite da Senofonte nei Poroi cfr. anche supra, n. 31. 116 A suggerire una lettura dell’attività di Licurgo come un completamento di misure e realizzazioni già messe in atto da chi l’aveva preceduto è lo stesso profilo biografico dell’oratore presente in [Plut.] Mor. 841D. 117 M.B. Walbank, Leases of Sacred Properties in Attica. Part I, «Hesperia» 52 (1983), pp. 100-135; Id., Leases of Sacred Properties in Attica. Part II, «Hesperia» 52 (1983), pp. 177199; Id., Leases of Sacred Properties in Attica. Part III, «Hesperia» 52 (1983), pp. 200-206; Id., Leases of Sacred Properties in Attica. Part IV, «Hesperia» 52 (1983), pp. 207-231; Id., Leases of Sacred Properties in Attica. Part V, «Hesperia» 53 (1984), pp. 361-368; Id., Leases of Sacred Properties in Attica. Part VI, «Hesperia» 54 (1985), p. 140. 118 A proposito di questa datazione cfr. supra, n. 5. 119 Quanto all’impatto economico e sociale della pratica degli affitti delle terre pubbliche ad Atene, cfr. R. Osborne, Social and Economic Implications of the Leasing of Land and Property in Classical and Hellenistic Greece, «Chiron» 18 (1988), pp. 279-323, in part. 281-292. Walbank, Leases of Sacred Properties in Attica. Part IV, pp. 229-230. 121 Isocr. Sulla Pace 19-21; Xen. Poroi II 6. 122 S.D. Lambert, Rationes Centesimarum. Sales of Public Land in Lykourgan Athens, Amsterdam 1997 («Archaia Hellas» 3), p. 288. 123 IG II2 457, fr. b, l. 6; [Plut.] Mor. 841c-d, 852 c; Paus. I 29, 16. 124 «Hesperia» 52 (1983), p. 108 (cfr. supra, n. 117): col. III, fr. c, ll. 14-16. 125 L’identificazione con il teatro di Dioniso Eleutereo, collocato sulla pendice meridionale dell’Acropoli, dipende dal fatto che, con ogni probabilità, il temenos di Zeus si collocava nei pressi dell’unico santuario del dio presente in città. 126 Per l’individuazione di alcuni interventi ad opera di Eubulo già avviati dal 360 cfr. Hyp. Fr. 118 Conomis; R. Townsend, Aspects of Athenian Architectural Activity in the Second Half of the Fourth Century, Chapel Hill 1982 (diss.); Hintzen-Bohlen, Die Kulturpolitik des Eubulos und des Lykurg. A proposito della ricostruzione o quantomeno riorganizzazione dell’edificio teatrale in età licurghea cfr. A.W. Pickard-Cambridge, The Theatre of Dionysos in Athens, Oxford 1946, pp. 134-174, in part. 136; Travlos, Pictorial Dictionary, pp. 537-539; Greco, Topografia di Atene, p. 168. 127 [Κηφι]σοφῶ[ν] Καλλιβίου Παιανιεὺς εἶπεν· ἐπειδὴ ἡ βουλὴ ἡ ἐ[πὶ Πυθοδ]ότο[υ ἄρχ]οντος καλῶς καὶ δικαίως ἐπε[µελή]θη [τ]ῆς εὐκοσµίας τοῦ θεάτρου, ἐπαινέσαι αὐτὴν καὶ στεφα[νῶ]σαι χρυσῶι [στεφ]άνωι… Il testo riportato riproduce IG II2. 128 Contra A.W. Pickard-Cambridge, The Dramatic Festivals of Athens, Oxford 19682, p. 136, che interpreta questa espressione come un riferimento all’ordinato svolgimento delle rappresentazioni teatrali. 129 IG II2 1627, 1628, 1629, 1631. 120 51 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX 130 Il primo documento è datato all’arcontato di Aristofonte, cioè al 330/29 (IG II2 1627, ll. 216; cfr. S.D. Lambert, Athenian Chronology 352/1 – 322/1 B.C., in A. Tamis - C.J. Mackie - S.G. Byrne, ΦΙΛΑΘΗΝΑΙΟΣ. Studies in honour of M.J. Osborne, Athens 2010, pp. 91-102, in part. 93); il secondo all’arcontato di Cremete, quindi al 326/5 ( IG II2 1628, ll. 340341, 487; cfr. Lambert, Athenian Chronology, p. 93); il terzo all’arcontato di Anticleonte, vale a dire al 325/4 (IG II2 1629, ll. 794-795; cfr. Lambert, Athenian Chronology, p. 93); e il quarto all’arcontato di Cefisodoro, che corrisponde al 323/2 (IG II2 1631, ll. 507; cfr. Lambert, Athenian Chronology, p. 94). 131 Si tratta di una commissione, attiva nel IV secolo, composta di dieci membri, eletti annualmente uno per ogni tribù; cfr. IG II2 1607. 132 IG II2 1627, ll. 353-357; IG II2 1628, ll. 523-526; IG II2 1629, ll. 1000-1003; IG II2 1631, ll. 231-233. In tal senso un’ulteriore conferma ci viene dalla tradizione letteraria: Dinarco, infatti, ricorda esplicitamente l’azione di Eubulo come volta a un incremento delle forze navali a disposizione di Atene (Din. I 96), mentre Eschine riferisce che sotto la guida di Eubulo la commissione preposta all’amministrazione dello theorikon avrebbe cominciato ad assorbire gli incarichi propri degli ἐπιµεληταὶ τῶν νεωρίων e quindi a ricoprire anche la νεωρίων ἀρχή (Aesch. III 25). 133 IG II2 1627, ll. 426-429, dove il riferimento cronologico è l’arcontato di Cheronda, proprio del 338 (cfr. Lambert, Athenian Chronology, p. 93). 134 Si tratta dell’armata navale più consistente di cui Atene abbia disposto, ma, osserva Rhodes, la spesa affrontata sembra quanto meno futile, dal momento che non esiste per questa fase un potere navale rivale che abbia bisogno, per essere affrontato, di così tante navi. A riprova di questo, aggiunge, su può considerare il fatto che nella guerra lamiaca Atene usa solo 170 navi. Cfr. P.J. Rhodes, A History of the Classical Greek World. 478-323 B.C., Cornwall 2006, p. 341 e A.B. Bosworth, Why Did Athens Lose the Lamian War?, in O. Palagia - S.V. Tracy (eds.), The Macedonians in Athens, Oxford 2003, pp. 14-22. 135 Che Licurgo si sia dedicato alla flotta è per noi confermato anche dalle fonti letterarie; cfr. [Plut.] Mor. 841c e Paus. I 29, 16. 136 IG II2 1627, ll. 397-405. Questo numero, oltretutto, stando ad altre due delle nostre traditiones curatorum navalium non sembra essere cresciuto negli anni successivi; cfr. IG II2 1628, ll. 552-559; IG II2 1629, ll. 1030-1036. Per i diversi resti di rimesse per le navi rinvenuti al Pireo e per la loro localizzazione cfr. K.-V. von Eickstedt, Beiträge zur Topographie des antiken Piräus, Athens 1991, pp. 69 ss., 73 ss. e 146 ss. Nel complesso queste testimonianze archeologiche risalgono tutte al IV secolo, ma possiamo presumere che in molti casi gli Ateniesi abbiano riutilizzato le fondamenta degli edifici del V secolo che erano stati demoliti dopo la sconfitta ateniese del 404; cfr. J.R. Blackman, The Ship-Sheds, in J.S. Morrison - R.T. Williams, Greek Oared Ships 900-322 B.C., Cambridge 1968, pp. 181-192, in part. 181. Stando alle evidenze archeologiche queste rimesse per le navi presentavano sempre lo stesso schema: una rimessa comprendeva due capannoni delle dimensioni di 6,3-6,5 metri di larghezza e 37-40 metri di lunghezza, entrambi ricoperti da una tettoia e separati l’uno dall’altro da una serie di colonne; cfr. Blackman, The ShipSheds, pp. 181-192, in part. 188. A partire dagli scavi condotti a Zea nel 1885 da Dragatzes e Dörpfeld, poi, sembra di poter affermare che le rimesse siano organizzate in blocchi chiusi da un muro in pietra, finalizzato a un’ulteriore protezione, anche da eventuali incendi; cfr. Blackman, The ShipSheds, pp. 181-192, in part. 182. 137 Cfr. supra, n. 132. È stato proposto, addirittura, di collocare l’inizio di questi lavori di costruzione nel 355, quindi un anno prima che Eubulo fosse incaricato di gestire lo theorikon, ma di fatto questa datazione alta non è supportata né dalle fonti né dalle testimonianze archeologiche; per tale ipotesi cfr. J. Mausbach - A. Linfert, Die Skeuothek des Philon im Piräus, Köln 1981, p. 57. 138 A permetterci di collocare cronologicamente questa tassa è il decreto onorifico per Nicandro di Ilio (Traill, PAA, XIII, 2004, n° 709070) e Polizelo di Efeso (Traill, PAA, XIV, 2005, n° 778515), emanato dalla città di Atene nel 302/1 e restituitoci da due frammenti di marmo pentelico ritrovati sull’Acropoli di Atene e appartenenti a un’unica stele; cfr. IG II2 505; F.G. Maier, Griechische Mauerbauninschriften, Heidelberg 1959-1960, I, n° 13; L. Migeotte, Les souscriptions publiques dans les cités grecques, Genève-Québec 1992, n° 9. Tra i meriti dei due meteci vi è infatti quello di essersi resi disponibili per la «costruzione delle rimesse delle navi e dell’arsenale, contribuendo annualmente alla tassa di 10 talenti», «dall’arcontato di Temistocle a quello di Cefisodoro», rispettivamente nel 347/6 e nel 323/2 (cfr. Lambert, Athenian Chronology, pp. 91-102). Sulle principali questioni connesse a questa εἰσφορά cfr. P. Brun, Eisphora, Syntaxis, Stratiotika, Paris 1983, pp. 50-51. Oltretutto, sulla base di Aesch. III 25, che attesta un assorbimento da parte della commissione ὁ ἐπὶ θεωρικόν di una serie di prerogative precedentemente ascritte ad altri magistrati, non è da escludere che l’eisphora menzionata dall’iscrizione fosse gestita in questo periodo proprio da tale commissione, di cui Eubulo faceva parte; cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 191 n. 71. 139 FGrHist 328 F 135 (Filocoro), che segnala l’interruzione sia dei lavori per le rimesse (νεώσοικοι) sia per il deposito delle attrezzature portuali (σκευοθήκη). 140 [Plut.] Mor. 851d, dove vengono menzionate sia le rimesse (νεώσοικοι) sia il deposito per gli attrezzi (σκευοθήκη). 141 [Plut.] Mor. 841d, 852c; Hyp. Fr. 118 Jensen; Paus. I 29, 16. 142 L. Migeotte, Les dépenses militaires des cités grecques: essai de typologie, in J. Andreau - P. Briant - R. Descat (eds.), Économie antique. La guerre dans les economies antiques, 52 NS RICERCA n. 8, aprile 2013 Saint-Bertrand-de-Comminges 2000 («Entretiens d’archéologie et d’histoire» 5), pp. 145-176, in part. 156. 143 Contra K. Jeppesen, Paradeigmata: Three Mid-Fourth Century Main Works of Hellenic Architecture Reconsidered, Arhus 1961, pp. 60-70 e n. 2 ritiene che il prelievo dell’eisphorá per tutto il periodo compreso tra il 347/6 e il 323/2 deve indurre a datare la conclusione dei lavori per la skeuotheke al 323/2. 144 Sull’organizzazione, in generale, dell’efebia cfr. Arist. Ath. Pol. 42, 1-4. Sulle questioni relative alla riforma dell’efebia cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 274-280, con indicazioni bibliografiche. Specificamente sul contributo di Licurgo cfr. Mitchel, Lykourgan Athens: 338-322, pp. 164-214, in part. 198-201. L’unica sostanziale novità introdotta dalla legge di Epicrate rispetto all’efebia di età anteriore sembra essere stata quella di aver reso il servizio continuo e regolare nel corso dei due anni e di aver fatto in modo che le attività formative non si limitassero, come in precedenza, all’addestramento militare, ma venissero allargate anche all’insegnamento delle virtù civiche. 145 Fr. 20 Blass = V, 3 Conomis. 146 L’efebia era infatti concepita come una scuola che doveva non soltanto creare valorosi soldati, ma soprattutto formare cittadini educati al culto della patria: parallelo all’addestramento militare era perciò un ampio programma di indottrinamento delle virtù civiche; cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 278; Sawada, Athenian Politics in the Age of Alexander the Great, pp. 5784, in part. 77-78. Si è discusso ampiamente in merito al fatto se questo riordino dell’efebia sia da porsi in connessione con una preparazione di Atene per un eventuale scontro con la Macedonia (Sealey, Demosthenes, 211-212), ma questa lettura sembra improbabile (Mitchel, Athens in the Age of Alexander, 189-204, in part. 202-204; Landucci, I mercenari nella politica ateniese, II, 59-91, in part. 60). 147 Paus. I 29, 16: Λυκοῦργος ὁ Λυκόφρονος. Λυκούργῳ δὲ ἐπορίσθη µὲν τάλαντα ἐς τὸ δηµόσιον πεντακοσίοις πλείονα καὶ ἑξακισχιλίοις ἢ ὅσα Περικλῆς ὁ Ξανθίππου συνήγαγε, κατεσκεύασε δὲ ποµπεῖα τῇ θεῷ καὶ Νίκας χρυσᾶς καὶ παρθένοις κόσµον ἑκατόν, ἐς δὲ πόλεµον ὅπλα καὶ βέλη καὶ τετρακοσίας ναυµαχοῦσιν εἶναι τριήρεις· οἰκοδοµήµατα δὲ ἐπετέλεσε µὲν τὸ θέατρον ἑτέρων ὑπαρξαµένων, τὰ δὲ ἐπὶ τῆς αὐτοῦ πολιτείας ἃ ᾠκοδόµησεν ἐν Πειραιεῖ νεώς εἰσιν οἶκοι καὶ τὸ πρὸς τῷ Λυκείῳ καλουµένῳ γυµνάσιον. 148 C. Jensen, Hyperidis orationes sex, Leipzig 1917, fr. 118: τίνα ϕήcουcιν οἱ παριόντεc αὐτοῦ τὸν τάϕον; οὗτοc ἐβίω µὲν cωϕρόνωc, ταχθεὶc δὲ ἐπὶ τῇ διοικήcει τῶν χρηµάτων εὗρε πόρουc, ᾠκοδόµηcε τὸ θέατρον, τὸ ᾠδεῖον, τὰ νεώρια, τριήρειc ἐποιήcατο, λιµέναc· τοῦτον ἡ πόλιc ἡµῶν ἠτίµωcε καὶ τοὺc παῖδαc ἔδηcεν αὐτοῦ. Cfr. anche [Worthington] - Cooper - [Harris], Dinarchus, Hyperides & Lycurgus, Fr. 118. 149 Schwenk 21, in part. p. 126. U. Koehler, Ein Neues Aktenstück aus der Finanzverwaltung des Lykourgos, «Hermes» 1 (1886), pp. 312-322, che 150 ritiene che questa epigrafe stia alla base di quell’inventariazione dei tesori delle divinità attestata per via epigrafica (IG II2 1493-1497) dal 334/3 e che decide, quindi, di collocarla nel 335/4 in virtù della rapidità d’azione di Licurgo. Per una datazione più precisa, vale a dire alla decima pritania del 335/4 cfr. Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 368 e n. 55. 151 IG II3 445 = IG II2 333 = Schwenk 21. 152 IG II3 445, A B, ll. 8 e 10. 153 IG II3 445, A B, ll. 11 e 12. 154 IG II3 445, A B, l. 15. 155 IG II3 445, C E + F, ll. 25-26. A suggerire che questa somma sia stata messa da parte per il finanziamento di una processione è l’integrazione ποµπεῖα (ποµπέα in IG II3) alla fine della linea 26; forse si può addirittura supporre che questa processione sia quella della Grandi Panatenee (l. 27), cfr. Schwenk 21, in part. 123 e Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 371, che interviene anche a proposito di queste eccedenze ricollegandole alla pratica del μερισμός, sul quale cfr. supra, n. 113. 156 IG II3 445, C E + F, ll. 30-53. 157 IG II3 445, C E + F, ll. 41-42. Secondo Faraguna, Atene nell’età di Alessandro, pp. 165-447, in part. 368-369, l’uso di scrivere il nome della divinità di appartenenza sui diversi oggetti, attestato tra l’altro da inventari di epoca postlicurghea (IG II2 1474b, ll. 8-9; IG II2 1492, ll. 22-23), dipenderebbe dal fatto che essi erano destinati al tesoro dell’Acropoli, dove era possibile una certa confusione a proposito dell’appartenenza della suppellettile sacra. 158 IG II3 445, C E + F, l. 42. 159 IG II3 445, C E + F, ll. 44-45, 46-47, 49. 160 Licurgo venne colto da una malattia che lo costrinse a ritirarsi dalla vita pubblica e che lo portò rapidamente alla morte. Terminus ante quem per l’insorgere della malattia e la morte è il processo per malversazione intentato contro i suoi figli e conclusosi prima della scomparsa di Alessandro; cfr. [Plut.], Mor. 842e; Demosth. Ep. III. 161 In occasione dei giochi olimpici dell’estate del 324 Nicanore diede pubblica lettura di un διάγραμμα proclamato da Alessandro relativo al ritorno degli esuli, con la sola eccezione di sacrileghi e omicidi; cfr. Diod. XVII 109, 1; Curt. X 2, 4-7; Iust. XIII 5, 2-5; Hyp. I 18. Il testo del decreto è conservato da Diod. XVIII 8, 2-5. Ampie discussioni sono state condotte in merito alla “costituzionalità” di questo decreto e al significato che esso assume non solo in relazione al rapporto di Alessandro con il mondo greco ma anche in relazione al legame del Macedone con il suo luogotenente Antipatro: per un’accurata sintesi di queste discussioni e valide indicazioni bibliografiche cfr. Ch.W. Blackwell, In the Absence of Alexander: Harpalus and the Failure of Macedonian Authority, New York 1999, pp. 145-151. A essere esclusi dal decreto sono, oltre a sacrileghi e omicidi, anche gli ex-abitanti di Tebe, 53 © Nuova Secondaria n. 8, aprile 2013, anno XXX cfr. [Plut.] Mor. [Apophth. Lac.] 221a. In generale sul provvedimento di Alessandro cfr. M. Zahrnt, Versöhnen oder Spalten? Überlegungen zu Alexanders Verbanntendekrt, «Hermes» 131 (2003), pp. 407-432, con ampia disamina bibliografica. Questa decisione del sovrano macedone ebbe dirette implicazioni sulla situazione in Grecia, dal momento che il ritorno degli esuli nelle città d’origine era sempre foriero di attriti legati alla proprietà della terra, rivendicata sia dagli esuli di ritorno sia da coloro che ne erano stati proprietari durante la loro assenza: in particolare essa suscitò il mal contento di Atene e degli Etoli (Diod. XVIII 8, 6-7; Iust. XIII 5, 1-6; Curt. X 2, 5-7 riferisce della disapprovazione dei soli Ateniesi; Hyp. I 18 parla di una resistenza generale), spingendo queste due parti a ricercare una reciproca alleanza (Diod. XVII 111, 1-4; Diod. XVIII 8, 1-7. Per l’interesse di quest’alleanza tra Atene e l’Etolia cfr. Blackwell, In the Absence of Alexander, pp. 148). Gli Etoli lessero il decreto come una punizione per essersi impossessati di Eniade e averne cacciato gli abitanti nel 330: la città era situata sulla costa dell’Acarnania e la sua occupazione da parte degli Etoli disturbava i Macedoni, stabilitisi, per opera di Filippo II, nella vicina Ambracia (Diod. XVIII 8, 6; Plut. Alex. 49, 8; per l’importanza geografica di Eniade cfr. Polyb. IV 65, 8-10). Gli Ateniesi, invece, accolsero con ostilità questo provvedimento perché imponeva loro di restituire ai Samii l’isola, dove, dal 365, erano insediati cleruchi ateniesi (per le fonti e la bibliografia sull’insediamento dei cleruchi ateniesi a Samo cfr. R.B. Kebric, In the Shadow of Macedon: Duris of Samos, Wiesbaden 1977 [«Historia Einzelschriften» 29], p. 3 n. 16; G. Shipley, A History of Samos 800-188 BC, Oxford 1987, pp. 138143); il contrasto tra Ateniesi e Samii è confermato anche da una serie di testimonianze epigrafiche, che dimostrano sia il desiderio degli isolani di rientrare nella loro patria, con il beneplacito di Alessandro, sia la volontà degli occupanti di non abbandonare le loro conquiste (Syll.3 312; Chr. Habicht, Samische Volksbeschlüsse der hellenistischen Zeit, MDAI(A) 72, 1957, pp. 152-274, in part. 156-169 nn. 1-2; per una più corretta interpretazione dell’iscrizione n. 2 dello Habicht cfr. E. Badian, A Comma in the History of Samos, ZPE 23, 1976, pp. 289-294). Gli studiosi hanno focalizzato la loro attenzione su questo decreto e l’hanno considerato come la vera causa dell’inasprimento dei rapporti fra Atene e Alessandro, preoccupandosi soprattutto di individuare il momento nel quale la questione samia avrebbe indotto gli Ateniesi a pensare alla guerra con il Macedone; cfr. Chr. Habicht, Der Bei- Interessante è che nello stesso anno di proclamazione del decreto, 325/4, il Macedone ordinò ai satrapi di licenziare i mercenari, che, congedati, cominciarono a vagare per tutta l’Asia per poi giungere via mare al Tenaro; in questa località trovarono rifugio anche i comandanti superstiti dell’esercito di Dario, Greci o Persiani che fossero, e vi organizzarono un’armata unitaria, offrendo il comando all’ateniese Leostene, che, dopo aver conferito con la boulé, ricevette cinquanta talenti per pagare il soldo ai mercenari e un quantitativo di armi sufficiente per le necessità urgenti, e che allacciò contatti diplomatici con gli Etoli, che erano ostili ai Macedoni, conducendo poi tutti i preparativi necessari per una guerra. 162 IG II2 1493, 1494, 1495; per l’integrazione del nome di Demade cfr. Mitchel, Demades of Peania, pp. 213-229 e cfr. supra, n. 104. 163 Cfr. supra, n. 113. 164 Cfr. anche Paus. I 29, 16. Il ricorrere di un riferimento alle armi anche nel ritratto di Licurgo offertoci da Pausania potrebbe dipendere dal fatto che esso sia stato costruito proprio a partire dal decreto di Stratocle; cfr. Faraguna, I documenti nelle “Vite dei X oratori”, pp. 481-503, in part. 487 e n. 30. 165 IG II2 457, ll. 9-21. 166 Brun, Lycurgue d'Athènes, pp. 493-507, in part. 500; cfr. anche Ch.W. Hedrick, Epigraphical Writing and the Democratic Restoration of 307, in P. Flensted-Jensen - T.H. Nielsen - L. Rubinstein (eds.), Polis&Politics. Studies in Ancient Greek History. Presented to Mogens Herman Hansen on his Sixtieth Birthday, August 20, Copenhagen 2000, pp. 327-335, in part. 331; Faraguna, I documenti elle “Vite dei X oratori”, pp. 481-503, in part. 488-489 e n. 35; contra I. Kralli, Athens and the Hellenistic Kings (338-261 B.C.): The Language of the Decrees, CQ 50 (2000), pp. 113-129, in part. 115-116 e n. 14. Complementare a questa enfatizzazione dell’elemento militare è l’obliterazione nel decreto di Stratocle della componente religiosa dell’operato di Licurgo. Questa strana lacuna, nota Brun, dipende dal fatto che nel momento stesso in cui gli Ateniesi decretarono gli onori per Licurgo, essi stessi votarono anche un decreto finalizzato ad accordare un culto a Demetrio Poliorcete, atto del tutto incompatibile con la tradizione religiosa greca e con la politica religiosa messa in atto da Licurgo, come abbiamo visto assolutamente tesa a dare nuova vitalità ai culti arcaici e tradizionali. trag Spartas zur Restitution von Samos während des Samischen Krieges, «Chiron» 5 (1975), pp. 45-50; R.M. Errington, Samos and the Lamian War, «Chiron» 5 (1975), pp. 51-57; K. Rosen, Der «göttliche» Alexander, Athen und Samos, «Historia» 27 (1978), pp. 20-39; Engels, Hypereides, in part. pp. 262-286; contra E. Lepore, Leostene e le origini della guerra lamiaca, PP 42 (1955), pp. 161-185, in part. 171-177, che considera esagerata l’importanza data alla questione samia tra le cause della guerra lamiaca. 54