PROGRAMMA ELETTRONICA CLASSE V ANNO 2009/2010 I MODULO: CONVERTITORI u.d. 1: Convertitore di tensione-corrente u.d. 2: Convertitore corrente-tensione u.d. 3: Convertitore analogico-digitale e digitale II MODULO: RADRIZZATORI E SISTEMI DI CONTROLLO u.d. 1: Raddrizzatori di precisione u.d. 2: Sistemi di controllo u.d. 3: Sistema di controllo di temperatura III MODULO: ONDE E GENERATORI u.d. 1: Oscilattore u.d. 2: Generatore di onda quadra e triangolare u.d. 3: Multivibratori u.d. 4: Timer 555 u.d. 5: Multivibratore astabile con NE 555 u.d. 6: Multivibratore monostable con timer 555 IV MODULO: ELETTRONICA DI POTENZA u.d. 1: Motore in corrente continua u.d. 2: Dinamo u.d. 3: Tiristori SCR u.d. 4: Triac u.d. 5: GTO u.d. 6: Transistor IGBT u.d. 7: Regolazione di potenza PWM I MODULO U.D. 1: CONVERTITORE TENSIONE – CORRENTE Il convertitore tensione-corrente è un circuito in grado di mantenere costante la corrente in uscita al variare del carico applicato e facendola dipendere dalla sola tensione applicata in ingresso. Circuito del convertitore tensione-corrente Nel circuito di sopra la corrente nel carico Ru dipende solo dalla tensione applicata in ingresso vi. Quindi la corrente iu dell'utilizzatore sarà costante al variare del carico Ru, entro un certo campo di valori di Ru partendo da zero. Infatti se poniamo Ru=0, il resistore R4 risulta in corto e quindi tutta la corrente di R3 va in Ru; ma su R3 vi è una tensione pari a quella di R2, in quanto il morsetto invertente si trova a massa virtuale; quindi v3=v2. La corrente La v2 la possiamo calcolare in funzione della vi l'amplificatore è in configurazione invertente, quindi: sapendo che Quindi la Cioè la iu non dipende da Ru ma solo da vi. Se nel carico Ru vi è un aumento di tensione la variazione di corrente avverrà in R3 e non in Ru; in R4 si avrà una corrente se indichiamo con vA la tensione nel punto A, che è uguale a quella ai capi di R4; corrente che andrà a spese di R3 In pratica la Essendo la tensione al punto A applicata al morsetto non invertente essa sarà amplificata del valore: per cui la v2 può essere anche uguale a: Uguagliando le due equazioni di v2 otteniamo: da cui otteniamo: e quindi: ricordando che: otteniamo che iu diventa: quindi la iu non dipende da Vu o da VA ma dipende dalla sola R4 e da vi. Il circuito, allora, mantiene costante la corrente sul carico al variare della tensione del carico stesso. U.D. 2: CONVERTITORE CORRENTE – TENSIONE Il convertitore corrente-tensione è un circuito che mi dà in uscita una tensione che è proporzionale alla corrente ricevuta in ingresso. Di conseguenza la tensione in uscita non dipende dal carico ma dipende dalla sola corrente in ingresso. Convertitore corrente-tensione Il generatore in ingresso lo schematizziamo secondo il modello di Norton, cioè con un generatore di corrente Ii, con in parallelo una unica resistenza equivalente Ri. Essendo il morsetto invertente a massa virtuale, tutta la corrente del generatore di corrente, che si trova in corto circuito, arriva sul morsetto invertente; ma essendo nulla la corrente assorbita dallo stesso morsetto invertente, la corrente di corto circuito icc va interamente in R2. La tensione ai capi di R2, cioè v2, è uguale alla tensione vu disponibile sul carico, essendo R2 tra morsetto di uscita e carico. Quindi: vu=v2= - R2 icc Questa equazione ci dice che la tensione nel carico non dipende dalla corrente del carico ma dalla sola corrente di ingresso icc; quindi è un circuito convertitore corrente-tensione. U.D. 3: CONVERTITORE ANALOGICO – DIGITALE E DIGITALE Ricordiamo,brevemente, il concetto di grandezze analogiche e grandezze digitali. Differenza tra tensione analogica e tensione digitale Una grandezza, tensione o corrente, si dice analogica quando al variare del tempo può essere rappresentata mediante una funzione continua, senza punti di discontinuità. Una grandezza si dice digitale quando viene rappresentata mediante un sistema binario costituito da valori 0 ed 1. In genere tutte le apparecchiature elettroniche od elettriche tradizionali sono analogiche, cioè hanno tensioni o correnti che variano con continuità nel tempo, come lampade, elettrodomestici, apparecchi radio e televisivi. Le apparecchiature moderne, poiché hanno al loro interno un microprocessore che funziona solamente nel sistema binario, sono per lo più apparecchiature digitali. Ed è proprio la presenza del computer che ci costringe ad usare i convertitori analogici-digitali e digitali-analogici. Sistema di controllo digitale lnfatti la impossibilità di avere computer di tipo analogico ci costringe ad utilizzare i convertitori in modo da passare da un segnale analogico ad un segnale digitale; unico segnale in grado di essere elaborato mediante un microprocessore. Si dice convertitore analogico-digitale (in sigla ADC: analogic digital converter) un circuito in grado di convertire una grandezza analogica in una grandezza digitale. Si dice convertitore digitale-analogico (in sigla DAC: digital analogic converter) un circuito in grado di convertire una grandezza digitale in una grandezza analogica. Un problema fondamentale che si incontra nella conversione di una grandezza analogica nella corrispondente grandezza digitale è quello dovuto al fatto che la grandezza analogica è costituita da un insieme infinito di valori e per ogni istante di tempo esiste uno ed uno solo valore diverso dagli istanti precedenti e successivi. Nel sistema digitale, invece, i valori binari, essendo costituiti da 0 o da 1, costituiscono un sistema discontinuo di valori, con perdita di qualità nella conversione. Conversione analogico-digitale a 3 bit Per poter avere una maggiore precisione occorre dividere il valore di tensione in un numero di parti molto elevato; il potere risolutivo dipende dal numero di bit utilizzati. In particolare se indichiamo con n il numero di bit utilizzati, nella figura sono 3, i possibili livelli di tensione sono: 2n Per n=3 si ha 23=8 livelli di tensione, da 0 a 7 in decimale, e da 000 a 111 in binario. II MODULO: RADRIZZATORI E SISTEMI DI CONTROLLO U.D. 1: RADDRIZZATORI DI PRECISIONE Il circuito raddrizzatore normale, che abbiamo considerato, Comune circuito raddrizzatore ad una semionda non è adatto per raddrizzare piccoli segnali, in quanto esiste la tensione di soglia Vg che da un lato non fa rilevare le piccole tensioni e dall'altro altera i valori alle tensioni più alte, la semionda in uscita è errata di un valore vg in quanto occorre sempre detrarre da ogni valore di tensione il valore della tensione di soglia Vg ; di conseguenza la caratteristica di trasferimento non è lineare. caratteristica di trasferimento di un raddrizzatore normale Quando il segnale in ingresso è molto elevato questi inconvenienti risultano trascurabili; non possiamo, invece, farlo quando abbiamo a che fare con segnali di ingresso molto piccoli. Dobbiamo, quindi, fare ricorso ai raddrizzatori di precisione. Raddrizzatore di precisione Nei raddrizzatori di precisione le prestazioni migliorano. Nel circuito si vede come l'operazionale è collegato nella configurazione di inseguitore di tensione; il diodo entra in conduzione non quando la vi supera la tensione di soglia vg, ma quando la Essendo Av il guadagno di tensione a catena aperta, che, ricordiamo, per il mA741 è circa 200.000 La tensione di soglia da 0,6 V si riduce allora a Nel raddrizzatore di precisione la caratteristica trasferimento reale coincide con quella ideale di Anche la caratteristica di trasferimento diviene ora più precisa, in quanto si comporta come una retta. Raddrizzatore amplificatore invertente di precisione Questo circuito, tuttavia, raddrizza ma non amplifica la tensione in ingresso. Volendo possiamo utilizzare il seguente circuito: Durante la semionda negativa dell'ingresso si ha in uscita all'operazionale, collegato in configurazione invertente, una semionda positiva, che manda in conduzione il diodo D2. La tensione in uscita risulta amplificata del rapporto ; quindi: Caratteristica di trasferimento Durante la semionda positiva dell'ingresso il diodo D2 risulta interdetto, in quanto l'operazionale sfasa di 180°, quindi la semionda positiva non passa; essa, però, potrebbe passare tramite R2; ma il diodo D1 conduce, mettendo in corto circuito R2, ovvero riducendo a zero il guadagno complessivo, durante la semionda positiva. Quindi la semionda positiva non passa. Questo circuito resta un raddrizzatore di precisione ad una semionda. Volendo un raddrizzatore a doppia semionda, possiamo utilizzare il seguente circuito. raddrizzatore amplificatore invertente a doppia semionda Il primo stadio è costituito da un raddrizzatore di precisione ad una semionda, mentre il secondo stadio è costituito da un circuito sommatore. Il valore dei resistori viene scelto opportunamente in modo tale che il guadagno del primo stadio sia unitario; quindi poniamo: R1=R2=R3=R5=R Mentre per il circuito sommatore, poiché dobbiamo ottenere una amplificazione doppia della tensione presente nel punto A, scegliamo Durante la semionda positiva del segnale di ingresso vi, l'uscita del primo operazionale è negativa, essendo in configurazione invertente; di conseguenza il diodo D2 è polarizzato direttamente e la semionda negativa la ritroviamo nel punto A. Durante la semionda negativa del segnale di ingresso il diodo D2 è polarizzato inversamente; quindi sul punto A la tensione è nulla; il diodo D1 mette in corto circuito il resistore R2, per cui il guadagno è nullo. Questo ci assicura che il segnale non arrivi nel punto A tramite R2. Sul circuito sommatore arrivano contemporaneamente due segnali; il primo è la vi che viene dall'ingresso; essa tramite il resistore R3 viene applicata sul morsetto invertente del secondo operazionale ed amplificata del rapporto: che volutamente abbiamo scelto uguale a -1, in modo che venga solo sfasato. Il segnale di ingresso arriva sia durante la semionda positiva che durante la negativa; quindi il contributo che il segnale di ingresso dà alla uscita, cioè vui è una intera onda, ma sfasata di 180° rispetto alla vi e non amplificata. forme d'onda Contemporaneamente sul sommatore arriva un segnale che proviene dal punto A, che è costituito da tutte semionde negative, che in origine erano le semionde positive di vi; tali semionde negative vengono sfasate ed amplificate del doppio; per cui il contributo alla tensione di uscita che dà il punto A, cioè vuA, è un segnale costituito da semionde positive, amplificate del doppio rispetto al segnale di ingresso. Tuttavia ad ogni doppia semionda positiva di vuA corrisponde istante per istante, il contributo di vui, che è una semionda negativa pari al segnale di ingresso vi; per cui, sottraendo istante per istante a vuA il valore di vui, otteniamo una semionda positiva, pari e contemporanea alla semionda positiva della vi. Durante la semionda negativa di vi, il contributo sull'uscita del punto A è nullo, per cui ci ritroviamo in uscita il solo valore del contributo di vui, che rappresenta la vi sfasata di 180°, e, quindi, una semionda positiva. In definitiva l'uscita è un raddrizzatore a doppia semionda. Questo raddrizzatore non amplifica la tensione di ingresso; volendo, invece, amplificarla del valore Av, dobbiamo porre i seguenti valori di resistori: R1=R2=R3=R R5=Av . R In tal modo il segnale di uscita sarà amplificato del valore Av, rispetto al segnale di ingresso. Particolare cura deve essere data nella precisione dei resistori, cioè dobbiamo prendere resistori a bassa tolleranza, in modo che le due semionde positive siano perfettamente uguali. U.D. 2: SISTEMI DI CONTROLLO TRIGGER DI SCHMITT Il trigger di Schmitt è un comparatore con isteresi che ha tensione di riferimento diversa da zero; per ottenere ciò si aggiunge in serie al resistore R1 un generatore di tensione, secondo lo schema seguente: In tale schema notiamo il generatore V in serie al partitore costituito da R1 ed R1, con lo scopo di generare sul morsetto invertente la tensione di riferimento, che calcoliamo nel seguente modo. Quando la tensione in uscita Vu assume il valore zero, cioè Vu = 0 , e quindi è come se l'uscita fosse collegata a massa, sul punto A è presente una tensione che coincide con la tensione ai capi di R2, cioè VA = V R2 R1 + R2 Di conseguenza la tensione di riferimento a livello alto, cioè VRA sarà: VRA = VA + Vu R1 R1 + R2 Invece, la tensione di riferimento a livello basso VRB sarà: VRB = VA - Vu R1 R1 + R2 La caratteristica di trasferimento del trigger di Schmitt sarà la seguente: Il sistema di controllo è un insieme di circuiti elettronici ed elettrici in grado di tenere sotto controllo una determinata grandezza fisica, come la temperatura, la pressione, uno spostamento. In pratica si fissa un certo andamento che la grandezza deve avere nel tempo e si realizzano i circuiti in modo che tale andamento avvenga nel tempo come previsto. Lo schema a blocchi di un generico sistema di controllo può essere il seguente: In tale schema notiamo il trasduttore, che ha il compito di trasformare la grandezza fisica in una tensione o in una corrente elettrica. Sono trasduttori: il termostato e il termistore, che variano la propria resistenza al variare della temperatura; la dinamo tachimetrica, che dà una tensione variabile con la velocità dell'asse di rotazione. Il comparatore, che ha il compito di confrontare la tensione di uscita dal trasduttore VT con la tensione di riferimento VR. La tensione VR rappresenta quello che deve essere l'andamento della grandezza fisica al variare del tempo; in pratica quando si vuole che la grandezza fisica aumenti, si aumenta il valore di VR e viceversa. In uscita dal comparatore di tensione avremo una tensione positiva o nulla. Cioè, se in un dato istante la grandezza fisica ha il valore previsto da VR, il trasduttore mi dà in uscita una VT = VR, e quindi il comparatore mi dà in uscita tensione nulla, e quindi l'attuatore non verrà alimentato; se invece la grandezza fisica in un dato istante è inferiore a quella prevista da VR, si avrà una VT inferiore a VR e quindi il comparatore mi darà in uscita una tensione positiva, in modo da alimentare l'attuatore. L'attuatore è un dispositivo che trasforma la corrente elettrica in grandezza fisica. Sono attuatori: resistenze di riscaldamento, motori elettrici, ecc. U.D. 3: SISTEMA DI CONTROLLO DELLA TEMPERATURA Si dice sistema di controllo della temperatura un circuito in grado di mantenere alla temperatura stabilita un determinato ambiente, che può essere un forno elettrico o una stanza. Un circuito semplice può essere il seguente: Nel circuito notiamo che il PTC è un componente che varia la sua resistenza al variare della temperatura; di conseguenza mettendo il PTC nel forno esso rileva la temperatura del forno; se la temperatura del forno aumenta, si avrà un aumento della resistenza del PTC; se invece la temperatura del forno diminuisce, si ha una diminuzione della resistenza del PTC. Poiché il PTC è inserito in serie al resistore R1, che è di valore fisso, in modo da formare un partitore di tensione, quando aumenta la resistenza del PTC, si ha anche un aumento di tensione ai capi del PTC, e quindi anche al morsetto invertente del comparatore; quando invece diminuisce la resistenza del PTC si ha una diminuzione della tensione ai capi del morsetto invertente. Per generare la tensione di riferimento utilizziamo un resistore e un diodo Zener, polarizzato inversamente. Quindi, R2 ha il compito di polarizzare il diodo DZ, il quale mantiene costante la sua tensione, che viene applicata in ingresso al morsetto non invertente del comparatore di tensione. Il comparatore confronta le due tensioni di ingresso; se le due tensioni sono uguali l'uscita del comparatore sarà Vu = 0, e quindi la base del transistor ha tensione nulla, cioè VB = 0; e quindi il transistor non conduce; se invece la temperatura è inferiore al valore stabilito, la tensione sul morsetto invertente sarà inferiore a quella del diodo DZ, e il comparatore mi dà in uscita una tensione positiva, polarizzando direttamente la base del transistor T che va in saturazione. Il resistore RC rappresenta una resistenza di riscaldamento del forno; in pratica maggiore è la corrente di RC maggiore sarà il suo riscaldamento. Però la corrente del resistore RC coincide con la corrente di collettore del transistor IC; in definitiva il transistor regola la corrente di riscaldamento del resistore RC . III MODULO: ONDE E GENERATORI U.D. 1: OSCILLATORE Si dice oscillatore un circuito in grado di generare una forma d'onda qualsiasi, senza alcun segnale applicato in ingresso.La forma d'onda generata ha una certa ampiezza VM, che si misura in Volt, una certa frequenza f, che si misura in Hertz, e un certo periodo T, che si misura in secondi. Ricordiamo che tra frequenza e periodo esiste la seguente relazione: f= 1 T Cioè la frequenza è l'inverso del periodo.Può essere utile il seguente diagramma: Un generatore si dice sinusoidale se genera una forma d'onda di tipo sinusoidale, come il diagramma superiore. Un generatore si dice triangolare se genera una forma d'onda di tipo triangolare, come il seguente: Un generatore si dice d'onda quadra se genera una forma d'onda quadra o rettangolare come il seguente: Un oscillatore si dice a frequenza audio se genera una forma d'onda udibile dall'orecchio umano, e cioè fino ad una frequenza f = 20 kHz. Un oscillatore si rice a radio frequenza se genera frequenze superiori a 20 kHz. U.D. 2: GENERATORE D’ONDA QUADRA E TRIANGOLARE Vediamo ora un circuito in grado di generare una forma d'onda di tipo rettangolare, come il seguente: Fondamentale in tutti gli oscillatori è la presenza di un amplificatore di tensione e di una reazione positiva, cioè occorrono uno o più componenti che prendono parte del segnale di uscita e lo riportino in ingresso ad un amplificatore però in fase, in modo che il segnale, anche se pur piccolo venga amplificato e lo si ritrovi in uscita con ampiezza sempre maggiore, si dice così che l'amplificatore oscilla, cioè genera una oscillazione. Nel nostro caso l'amplificatore è di tipo con operazionale e funziona da comparatore con isteresi. Infatti i resistori R1 ed R2 costituiscono un partitore di tensione. Supponiamo che i due resistori siano uguali, cioè R1 = R2; quando l'amplificatore va in saturazione si ha che vu = VCC e quindi la tensione di riferimento a livello alto sarà: VRA= VCC R1 = VCC R1 = VCC R 1 + R2 2R1 2 Inizialmente supponendo il condensatore C scarico si ha che vc<VRA e quindi il comparatore va in saturazione positiva, vu=Vcc, ed il condensatore inizia a caricarsi attraverso il resistore R. La tensione sul condensatore sarà data dalla seguente formula: t_ vC = vu ( 1 - e - RC ) dove t è l'istante di tempo considerato, misurato in secondi, e è il numero di Nepero, e = 2,718; R è la resistenza misurata in Ohm, e C è il valore della capacità del condensatore, misurata in Farad. Quando il condensatore raggiunge una tensione pari a VRA, il comparatore commuta, perché la tensione sul morsetto invertente è maggiore di quella sul morsetto non invertente, cioè vc>VRA, l'uscita va subito in saturazione negativa, cioè vu=-Vcc; il condensatore C è costretto prima a scaricarsi e poi inizia a ricaricarsi, essendo sottoposto, tramite R ad una tensione uguale a -Vcc; intanto, essendo vu negativa, la tensione di riferimento del comparatore si è portata a livello basso, cioè VRB = - Vcc 2 Al passare del tempo la tensione del condensatore cresce in valore negativo, sino a raggiungere il valore - VRB, cioè la tensione di riferimento a livello basso; superato tale valore in senso negativo, si ha che la tensione sul morsetto invertente è maggiore, sempre negativamente di quella di VRB , e quindi il comparatore ritorna in saturazione positiva, cioè vu = +Vcc ed il condensatore è costretto prima a scaricarsi e poi a caricarsi con tensione positiva. Il ciclo si ripete all'infinito. Di conseguenza le tensioni disponibili sono sia quella del condensatore vC che quella di uscita vu, secondo i seguenti diagrammi: Il periodo T lo possiamo calcolare con la seguente formula: T = 2,2 RC Mentre la frequenza f sarà: f= 1 = T 1 2,2 RC In definitiva da questo oscillatore possiamo prelevare una forma d'onda di tipo rettangolare, in quanto la tensione ai capi del condensatore non è perfettamente triangolare. Volendo anche una tensione triangolare possiamo ricorrere al seguente circuito: In questo circuito notiamo una prima parte, a sinistra, costituita da un circuito integratore che ricevendo in ingresso un'onda quadra dà in uscita un'onda di tipo triangolare, mentre la seconda parte del circuito è un comparatore, che riceve in ingresso una forma d'onda triangolare e dà in uscita una forma d'onda quadra, che viene applicata in ingresso al circuito integratore. Vediamo più in dettaglio il funzionamento del circuito. Supponiamo che inizialmente l'uscita del comparatore si trovi in saturazione negativa, cioè vu2=-Vcc, la tensione di riferimento a livello basso del comparatore sarà VRB = vu2 R1 R1+R2 Poiché però l'integratore sta ricevendo in ingresso una tensione negativa vu2=-Vcc, genera in uscita una rampa crescente con tensione vu1. La tensione della rampa si somma perciò con la tensione di riferimento VRB. Di conseguenza la tensione applicata sul morsetto non invertente sarà: v+ = vu1 - VRB Quando le due tensioni saranno uguali e contrarie, il comparatore commuta, e va in saturazione positiva, cioè vu2 = +Vcc, tale tensione vu2 viene applicata in ingresso all'integratore, che dà in uscita una rampa negativa. Di conseguenza la tensione applicata al morsetto non invertente sarà: v+ = - vu1 + VRA Dove VRA è: VRA = vu2 R1 R 1 + R2 I diagrammi sono i seguenti: Il periodo si può calcolare con la seguente formula: T = 4 R C R1 R2 Se facciamo in modo che R2 = 4R1 il periodo diventa: T = RC U.D. 3: MULTIVIBRATORI Si dice multivibratore un circuito in grado di generare in uscita una forma d'onda di tipo rettangolare. Vi sono tre tipi di multivibratori. Multivibratore monostabile, multivibratore bistabile, multivibratore astabile. Un multivibratore si dice monostabile quando ha un solo stato stabile, cioè normalmente l'uscita si trova a livello alto oppure a livello basso; quando arriva un impulso dall'esterno il monostabile commuta, cioè se si trovava a livello alto passa a livello basso; però finito l'effetto dell'impulso esterno, torna nello stato precedente. Un multivibratore si dice bistabile quando ha due stati stabili, cioè normalmente l'uscita si trova a livello alto oppure a livello basso; quando arriva un impulso dall'esterno il monostabile commuta, cioè se si trovava a livello alto passa a livello basso e viceversa; finito l'effetto dell'impulso esterno, rimane nello stato determinato dall'impulso. Un multivibratore si dice astabile quando commuta continuamente dallo stato alto a quello basso, senza ricevere impulsi dall'esterno. Un semplice multivibratore astabile si può realizzare con le porte logiche, come nel seguente circuito: Come si vede vi sono due porte NOT, che danno in uscita un segnale opposto a quello ricevuto al loro ingresso, collegate in modo che l'uscita di una sia l'ingresso dell'altra. Supponiamo che all'istante iniziale il condensatore C sia scarico. Il primo NOT riceve uno zero logico in ingresso e dà in uscita sul punto B il valore 1. Il secondo NOT riceve 1 in ingresso e da in uscita zero. Il condensatore C è costretto a caricarsi, col positivo verso il basso, tramite la resistenza R2. Quando la tensione del condensatore è cresciuta fino a raggiungere il livello logico 1, sul primo NOT viene applicato il livello logico 1, tramite R1, sul punto A; sul punto B ottengo livello logico 0; in uscita ho livello logico 1. Il condensatore C è costretto a scaricarsi e caricarsi con segno opposto, cioè col positivo verso l'alto, riducendo la tensione sul punto A. Quando la tensione sul punto A raggiunge lo 0 logico, il punto B si porta a 1, e l'uscita a 0, riprendendo il ciclo iniziale. La forma d'onda in uscita sarà la seguente: Per calcolare la frequenza, prima ci calcoliamo il periodo con la formula: T1 = T2 = 1,1 R2 C Dove T1 è il tempo in cui l'uscita si mantiene a livello alto; T2 è il tempo in cui l'uscita si mantiene a livello basso. Tale formula è valida per porte logiche tipo CMOS. Poi ci calcoliamo : f= 1 T U.D. 4: TIMER 555 Il timer è un circuito integrato complesso avente lo scopo di regolare per un tempo prestabilito determinati circuiti. In pratica il timer 555 è un temporizzatore. Nella seguente figura vediamo una vista esterna. Lo schema a blocchi del circuito integrato è il seguente: Possiamo notare tre resistori uguali da 5 k , aventi lo scopo di dividere la tensione di alimentazione Vcc in tre tensioni multiple di 1/3 di Vcc; in fatti tra il resistore inferiore e massa, cioè sul morsetto non invertente del secondo comparatore, abbiamo una tensione pari a Vcc/3; tra il secondo resistore e massa, cioè sul morsetto invertente del primo comparatore, abbiamo una tensione pari a 2Vcc/3; infine sul terzo resistore dal basso abbiamo tutta la Vcc. Tali tensioni ci servono come tensioni di riferimento per i due comparatori interni. Infatti vi sono due comparatori; il primo comparatore, quello superiore ha una tensione di riferimento sul morsetto invertente pari a 2Vcc/3, mentre il morsetto non invertente è disponibile all'esterno dell'integrato, sul piedino 6, detto soglia. In pratica quando la tensione sul piedino 6 è maggiore di 2Vcc/3 l'uscita del primo comparatore si porta a livello logico alto, cioè 1; quando, invece, la tensione sul piedino 6 è inferiore a 2Vcc/3 l'uscita del primo comparatore si porta a livello basso, cioè zero. Viceversa, il secondo comparatore , quello inferiore, ha una tensione di riferimento sul morsetto non invertente pari a Vcc/3, mentre il morsetto invertente è disponibile all'esterno dell'integrato, sul piedino 2, detto trigger. In pratica quando la tensione sul piedino 2 è maggiore di Vcc/3 l'uscita del secondo comparatore si porta a livello logico basso, cioè 0; quando, invece, la tensione sul piedino 2 è inferiore a Vcc/3 l'uscita del secondo comparatore si porta a livello alto, cioè 1. Le uscite dei due comparatori sono applicate in ingresso ad un latch di tipo S-R. Il latch di tipo S-R è un circuito logico con due ingressi e due uscite. Un primo ingresso, detto SET, cioè porre a 1, quando si trova a 1, obbliga l'uscita Q a portarsi a 1; il secondo ingresso, detto RESET, cioè azzerare, quando si trova a livello logico 1, porta l'uscita Q a zero, cioè l'azzera. La tabella di verità è la seguente: S R Q Q 0 0 1 0 1 0 Q 0 1 Q 1 0 1 1 indeterminato indeterminato Nel timer 555 delle due uscite l'uscita Q non viene utilizzata, ma viene usata solo l'uscita Q negato. Se Q negato si trova a livello alto, manda in saturazione il transistor e quindi il piedino 7 viene collegato a massa, permettendo la scarica di un condensatore, che di solito viene applicato al piedino 7; se invece l'uscita Q negato si trova a livello basso il transistor è interdetto, quindi il piedino 7 si trova isolato da massa, permettendo la carica del condensatore. Sull'uscita Q negato è applicato un invertitore, che trasforma l'uscita Q negato in uscita Q, ed inoltre permette una elevata corrente in uscita. Il timer 555 può essere utilizzato sia come multivibratore astabile, che come bistabile. U.D. 5: MULTIVIBRATORE ASTABILE CON NE 555 Il multivibratore astabile è un circuito in grado di generare una forma d'onda rettangolare, senza segnale applicato in ingresso. Lo schema elettrico è il seguente: Supponiamo che inizialmente il condensatore C sia scarico, gli ingressi dei due comparatori sui piedini 2 e 6 si trovano a livello basso; il comparatore superiore dà in uscita un livello basso, quindi R=0; il comparatore inferiore dà in uscita un livello alto, quindi S=1; il latch S-R pone l'uscita Q a 1, mentre Q negato = 0; l'uscita del timer, sul piedino 3 si trova a livello alto; il transistor è interdetto, perché la base non è polarizzata direttamente, il piedino 7 si trova isolato da massa, il condensatore C inizia a caricarsi attraverso i resistori R1 ed R2 che si trovano in serie. Quando la tensione ai capi del condensatore C raggiunge il calore di Vcc/3, il comparatore inferiore commuta e si porta a livello basso, S=0; i latch S-R non commuta perché anche R=0, e quindi la parte restante del circuito resta nello stato precedente, ed il condensatore continua a caricarsi. Quando la tensione ai capi del condensatore C raggiunge i 2Vcc/3 allora il comparatore superiore commuta, portando la sua uscita a livello alto; R=1; il latch S-R azzera la sua uscita Q; Q negato = 1; l'uscita dell'integrato si porta a livello basso; il transistor va in saturazione, mettendo il piedino 7 del timer a massa; il condensatore è costretto a scaricarsi attraverso il solo resistore R2. Quando la tensione del condensatore C scende al di sotto di Vcc/3 allora il comparatore inferiore commuta, portando S a 1, mentre R già era a zero appena iniziata la scarica; quindi il latch S-R avendo S=1 porta la sua uscita Q a 1, e Q negato a 0; l'uscita del timer si porta a livello alto; il transistor è interdetto, il piedino 7 è staccato da massa, il condensatore inizia a ricaricarsi, ripetendo il ciclo precedente. I diagrammi sono i seguenti: Trascurando il tempo iniziale di carica Ti, in cui il condensatore parte da tensione zero, indichiamo con T1 il tempo in cui l'uscita si mantiene a livello alto, ed il condensatore si carica; T1 lo possiamo calcolare con la seguente formula: T1 = 0,693 (R1+R2) C Infatti il condensatore si carica attraverso R1 ed R2. Indichiamo con T2 il tempo in cui l'uscita si mantiene a livello basso; T2 lo possiamo calcolare con la seguente formula: T2 = 0,693 R2 C Sommando i due tempi T1 e T2 otteniamo l'intero periodo cioè T = T1 + T2 La frequenza sarà l'inverso del periodo, cioè f= 1 T Si dice ciclo utile D il rapporto tra T1 e T, cioè D= T1 T Notiamo che è difficile ottenere un ciclo utile pari al 50%, cioè T1 = T2, cioè il tempo in cui la forma d'onda è a livello alto è uguale al tempo in cui la forma d'onda è a livello basso; per ottenere questo dovremmo porre R2 = 0; però R2 è la resistenza di collettore del transistor interno, che non può avere valori inferiore a 1.000 , per evitare di bruciare il transistor. Per ottenere R2 = 0 si può mettere in parallelo ad R2 un diodo, secondo il seguente schema: in tal modo durante la carica del condensatore C il diodo D è polarizzato direttamente e si comporta come un corto circuito, il condensatore si carica solo attraverso R1; durante la scarica del condensatore il diodo è polarizzato inversamente, quindi è come un circuito aperto, permettendo al condensatore di scaricarsi attraverso R2. Il condensatore C1 serve come livellamento della tensione di riferimento. Il morsetto di RESET va collegato a + Vcc, in modo da escluderlo. U.D. 6: MULTIVIBRATORE MONOSTABILE CON TIMER 555 Il multivibratore monostabile genera una forma d'onda rettangolare in uscita, però ha bisogno di un impulso esterno per poterla generare. Lo schema elettrico è il seguente: Il monostabile ha un solo stato stabile, nel nostro caso l'uscita si mantiene sempre a livello basso finché non arriva un impulso dall'esterno, sul piedino 2. Infatti mantenendo a livello alto il piedino 2, il comparatore inferiore dà in uscita un valore basso; quindi S=0; invece il comparatore superiore, essendo il condensatore inizialmente scarico, dà in uscita 0; quindi R=0; quindi il latch S-R resta nella condizione di azzeramento, cioè Q=0; Q negato =1; l'uscita del timer è zero; il transistor va in saturazione, essendo la base polarizzata direttamente, il piedino 7 si trova a massa, ed il condensatore C non si può caricare attraverso il resistore R1. Il circuito si mantiene stabile con uscita a livello basso. Quando arriva un impulso dall'esterno sul piedino 2, detto trigger, la tensione sul piedino 2 si porta a zero, il comparatore inferiore dà in uscita un livello alto; S=1; mentre R è rimasto a 0; immediatamente l'uscita Q del latch S-R si porta a 1, mentre Q negato =0; l'uscita del timer si porta a 1; il transistor è interdetto, il condensatore inizia a caricarsi attraverso il resistore R1; quando la tensione sul condensatore raggiunge i 2Vcc/3 il comparatore superiore commuta portando l'uscita a livello alto, quindi R = 1; mentre il comparatore inferiore ha già dato l'uscita a livello basso non appena il condensatore ha superato Vcc/3; quindi S = 0; l'uscita del latch S-R si azzera, quindi Q = 0; Q negato = 1; l'uscita del timer si porta a livello basso; il transistor va in saturazione scaricando il condensatore. Il condensatore C1 serve come livellamento della tensione di riferimento. Il morsetto di RESET va collegato a + Vcc, in modo da escluderlo. I diagrammi sono i seguenti: Indichiamo con T il tempo in cui il condensatore si carica, si ha che: T = 1,1 R1C IV MODULO: ELETTRONICA DI POTENZA U.D. 1: MOTORE IN CORRENTE CONTINUA Il motore in corrente continua è una macchina elettrica che trasforma in movimento rotatorio la potenza elettrica assorbita dall'alimentazione. Costituzione del motore in corrente continua Se prendiamo due solenoidi, cioè due avvolgimenti di filo di rame smaltato, e li alimentiamo tutti e due con una tensione continua, avviene che ciascun solenoide si magnetizza, a seconda del verso di circolazione della corrente. Cioè se voglio che il polo Nord del magnete sia verso l'alto, faccio circolare una corrente continua con il polo positivo sulla parte superiore del solenoide, e dispongo il solenoide in modo che le spire sia avvolte in senso antiorario, viste dall'alto. Naturalmente il polo Sud si troverà verso il basso. Se, invece, nello stesso solenoide, con le spire avvolte in senso antiorario viste dall'alto, fornisco una tensione negativa sulla parte superiore del solenoide, allora il solenoide avrà il polo Sud verso l'alto e il polo Nord verso il basso. Mettendo due soloneidi, alimentati con tensione continua, nelle immediate vicinanze, si manifestano tra di loro delle forze o di attrazione o di repulsione; cioè di attrazione se i due poli sono contrari, cioè NordSud; di repulsione se i due poli sono uguali, cioè Nord-Nord oppure SudSud. Se uno dei solenoidi lo avvolgo attorno ad un nucleo di materiale ferromagnetico di forma cilindrica, cavo internamente, mentre l'altro soleonide lo avvolgo sulla parte esterna di un cilindro più sottile, posto internamente al primo, a causa delle azioni di attrazione o di repulsione, il cilindro posto internamente è costretto a muoversi, e quindi a girare, nel verso stabilito dai due poli. Si chiama motore, appunto, un insieme di avvolgimenti e di nuclei di materiale ferromagntico, che opportunamente alimentati, fanno mettere in rotazione un albero, detto rotore. La parte fissa del motore, si chiama statore, cioè sta fermo; statore con i due poli magnetici Nord e Sud la parte che gira, si chiama rotore, cioè può ruotare. Rotore con avvolgimenti e collettore Dei due avvolgimenti quello fisso sulla parte cilindrica che non può ruotare, lo statore, si chiama avvolgimento di eccitazione; mentre l'altro avvolgimento, posto sulla parte che può ruotare, cioè il rotore, si chiama avvolgimento di armatura. Collegare lo statore ad un generatore di tensione continua è molto semplice, in quanto lo statore è fermo. Più complesso è, invece, collegare il rotore ad un generatore di tensione continua, in quanto appena il rotore inizia a ruotare si avvolge su di sè i fili di collegamento dando luogo alla rottura dei fili stessi. Per evitare questo si è utilizzato un sistema detto a collettore e spazzole. Collettore a lamelle In pratica sul rotore, si riempiono due solchi cilindrici di rame nudo, isolati elettricamente dal nucleo di materiale ferromagnetico e tra di loro. Su questi due anelli di rame si poggiano due elettrodi di grafite, ricordiamo che la grafite è un conduttore, ed ha la proprietà di autolubrificarsi. Questi elettrodi vengono chiamati spazzole. Spazzole con molle Occorrono quindi due spazzole, una collegata col polo positivo del generatore di tensione; l'altra collegata col polo negativo del generatore di tensione. Collettore a contatto con le spazzole Poggiando le spazzole sui due anelli e premendole con una molla, in modo da avere un perfetto contatto elettrico, anche il motore gira, le spazzole restano sempre collegate l'una con la parte superiore del solenoide, l'altra con la parte inferiore. In tal modo il motore può ruotare e il rotore resta sempre alimentato, senza rompere i fili. Spinotto di alimentazione Rotore con avvolgimenti e collettore Collettore a lamelle Esterno di un motore in continua Spazzole con molle Statore con i due poli magnetici a magnete permanente Collettore a contatto con le spazzole Lo schema elettrico del motore in corrente continua è il seguente: Indichiamo con Ve la tensione continua di alimentazione dell'avvolgimento di eccitazione Le, cioè dell'avvolgimento che genera il flusso magnetico di eccitazione Fe; tale avvolgimento si trova sulla parte fissa del motore, detta statore. Indichiamo con Va la tensione continua di alimentazione del secondo avvolgimento, detto avvolgimento di armatura che si trova sulla parte del motore che ruota, detta la tensione continua di alimentazione del secondo avvolgimento, detto avvolgimento di armatura che si trova sulla parte del motore che ruota, detta rotore. Nel rotore circola una certa corrente detta Ia, cioè corrente di armatura. Tra i due avvolgimenti, uno fisso e l'altro libero di ruotare attorno ad un asse, si manifestano delle forze magnetiche di attrazione o di repulsione, che fanno sì che il rotore si mette a ruotare, essendo lo statore fermo. Poiché la forza che lo fa mettere in movimento ha una certa distanza dall'asse di rotazione si genera una coppia motrice Cm che fa ruotare il rotore. La formula per calcolare la coppia motrice è la seguente: Cm = Ka Fe Ia Cioè la coppia è direttamente proporzionale ad una costante Ka, che è caratteristica di un motore una volta costruito e resta costante; è direttamente proporzionale al flusso di eccitazione e alla corrente di armatura. In pratica una volta costruito il motore, possiamo regolare la coppia motrice agendo o sul flusso Fe oppure sulla corrente di armatura Ia. A causa del movimento del rotore vi sono degli attriti tra rotore e cuscinetti che lo sostengono e tra rotore e aria, indichiamo con Cr la coppia resistente che tiene conto di tutte le forze che si oppongono al moto. In equilibrio si ha: Cr = Cm Se invece la coppia motrice è maggiore di quella resistente, cioè: Cm > Cr il motore accelera, cioè aumenta di velocità finché non si raggiunge l'equilibrio e quindi Cm = Cr Se invece la coppia motrice è inferiore alla coppia resistente il motore decelera, cioè rallenta la velocità. Il movimento del rotore all'interno del flusso magnetico costante Fe, secondo la legge di Farady - Neumann - Lenz genera all'interno del rotore una forza elettromotrice E di verso opposto alla tensione di armatura Va, di conseguenza l'equazione del circuito di armatura è: Va = E + Ra Ia Cioè la tensione di armatura è uguale alla somma forza elettromotrice E più la caduta di tensione ai capi dell'avvolgimento di armatura, cioè RaIa, dove con Ra abbiamo indicato la resistenza del filo che costituisce l'avvolgimento di armatura. Il valore di E lo calcoliamo con la seguente formula E = Ka Fe n Dove Ka è caratteristica del motore una volta costruito; Fe è il flusso dello statore, n è la velocità del rotore in numero di giri al minuto. Per calcolare la velocità n si usa la seguente formula: Notiamo che gli avvolgimenti sia sul rotore che sullo statore sono più di uno. Gli avvolgimenti dello statore è semplice collegarli perché non sono in movimento. Quelli di rotore, essendo in movimento, non è semplice collegarli, per cui si raggruppano sul collettore, che si trova sul rotore, ed è costituito da una serie di lamelle di rame, ognuna collegata ad un capo di un avvolgimento. Sul collettore premono delle spazzole di grafite che è un materiale conduttore che si autolubrifica; le spazzole sono ferme e sono collegate al generatore di tensione, hanno lo scopo di alimentare il rotore. U.D. 2: DINAMO Una dinamo è una macchina elettrica rotante per la trasformazione di lavoro meccanico in energia elettrica, sotto forma di corrente continua (DC, per gli inglesi, direct current) assumendo la funzione di trasduttore. Descrizione Una semplice costruzione di dinamo, costruttivamente identica ad un motore DC. Nella sua forma più semplice consiste di una spira conduttrice (rotore) immersa in un campo magnetico (generato ad esempio da una coppia di magneti permanenti, i quali formano lo statore) e messa in rotazione da un albero. Per la legge di Faraday per l'induzione un conduttore che si muove in un campo magnetico (purché non parallelamente ad esso) vede nascere una forza elettromotrice indotta (fem); chiudendo quindi la spira su un carico elettrico (ad esempio una lampadina, o un accumulatore) si può misurare una corrente scorrere nella spira stessa e nel carico (la lampadina si accende). Se ci fermassimo qui, però, la dinamo non funzionerebbe, infatti fin qui la corrente è tutt'altro che continua, infatti la differenza di potenziale nella singola spira varia con legge sinusoidale con l'angolo di rotazione e quindi cambia segno ogni mezzo giro (producendo corrente alternata). È quindi necessario connettere i capi della spira ad un oggetto chiamato "collettore" o "commutatore", calettato sul rotore e solidale ad esso, che, attraverso un contatto strisciante con spazzole (dette carboncini), scambia i capi della spira ogni mezzo giro mantenendo la tensione in uscita sempre dello stesso segno. Per motivi di corretto funzionamento ed efficienza energetica le realizzazioni reali sono leggermente più complesse, prevedendo diverse spire avvolte sul rotore lungo i 360° ognuna delle quali deve commutare i propri capi ogni mezzo giro. Inoltre, per potenze superiori a pochi watt, anche lo statore (quello che genera il campo magnetico) è "avvolto", cioè il campo magnetico è prodotto da spire avvolte sui poli statorici, all'interno delle quali scorre la corrente di induzione o di eccitazione. Campi di utilizzo Dinamo per bicicletta (in realtà è un alternatore) Le dinamo sono oggi utilizzate soprattutto per le piccole potenze. La dinamo è una macchina elettrica reversibile, ovvero può funzionare anche come motore elettrico: se infatti si invia ai morsetti del collettore una tensione continua la corrente che scorre nelle spire interagisce con il campo magnetico di statore generando una forza (detta forza di Lorentz) tangenziale su tutte le spire del rotore, causando la rotazione del rotore stesso ovvero una coppia sull'albero di uscita. Questo è detto motore in CC ed è utilizzato per potenze da pochi watt (nei modellini radiocomandati e in tutti gli utensili ed elettrodomestici a batteria) fino ad alcuni megawatt (in tutte le motrici ferroviarie escluse quelle di ultima generazione, che utilizzano motori asincroni trifase). Nota curiosa: si noti che la cosiddetta "dinamo" applicata alle biciclette è in realtà un alternatore, in quanto produce corrente alternata. Invenzione L'origine del concetto di elettricità prodotta mediante moto si fa risalire a quando nel 1831 Michael Faraday e Joseph Henry notarono che un magnete spostandosi all'interno di un campo magnetico produceva corrente elettrica. La prima dinamo basata sui principi di Faraday fu costruita nel 1860 in Italia da Antonio Pacinotti. In Francia l'invenzione della dinamo è attribuita a Zénobe Gramme e datata 1869. L'invenzione di Pacinotti (anche detta anello di Pacinotti) viene considerata solo un prototipo. La macchina era costituita da un magnete che veniva fatto ruotare con una manovella. I poli nord e sud del magnete passavano ripetutamente davanti a un pezzo di acciaio avvolto da un cavo elettrico, producendo impulsi di corrente in direzioni opposte. Dopo l'aggiunta di un convertitore, Pacinotti fu capace di trasformare la corrente alternata in corrente continua. L'apparato fu chiamato dal suo inventore macchina magnetoelettrica. Nel 1870 l'accoppiamento della dinamo alla turbina idraulica diede avvio alla produzione commerciale di energia elettrica. U.D. 3: TRISTORI SCR I tiristori sono dei componenti elettronici speciali utilizzati nell'elettronica di potenza, cioè l'elettronica idonea per elevate tensioni ed elevate correnti, cioè gli impieghi più comuni dell'elettronica di tipo industriale. Illustreremo nel seguito il diodo controllato, detto SCR (Silicon Controlled Rectifier), il TRIAC (Triode Alternate Current) e il GTO (Gate Turn Off). Diodo controllato SCR (Silicon Controlled Rectifier) Il nome di SCR deriva dalla sigla Silicon Controlled Rectifier, cioè raddrizzatori al silicio controllati. struttura di un SCR simbolo elettrico di un SCR La struttura di un SCR è costituita da quattro strati di semiconduttore drogati alternativamente PNPN, in modo da costituire tre giunzioni PN. schema di un SCR con coppia di BJT Un SCR può in tal modo considerarsi come costituito da due transistor uno PNP e l'altro NPN collegati come la figura di sopra. Se si polarizza l'anodo positivamente e il catodo negativamente il tiristore non conduce se il gate non è polarizzato in quanto T2 risulta interdetto essendo IB2=0. Se invece applichiamo anche per un breve istante una tensione positiva sul gate vi è una corrente IB2 che porta in conduzione il transistor T2. Tale corrente di base viene amplificata del coefficiente hFE2, per cui: IC2 = hFE2 IB2 = IB1 Per cui anche il transistor T1 entra in conduzione aumentando la sua corrente di collettore: IC1=hFE1 IB1= hFE1 hFE2 IB2 Tale corrente porta i due transistor in saturazione anche se viene meno la corrente del gate. SCR alimentato con tensione continua Di conseguenza un SCR una volta innescato continua a condurre anche senza tensione di gate, se la tensione applicata tra anodo è catodo è una tensione continua. SCR alimentato con tensione alternata Se invece la tensione è di tipo alternato un SCR si disinnesca quando arriva la semionda negativa. Inoltre se un SCR si alimenta inversamente non conduce mai anche se polarizziamo il gate direttamente. U.D. 4: TRIAC Triodo per corrente alternata TRIAC (Triode Alternate Current) Il nome di TRIAC deriva dalla sigla Triode Alternate Current, cioè triodo (componente a tre elettrodi) per corrente alternata. struttura di un TRIAC simbolo elettrico di un TRIAC Il TRIAC è simile ad un SCR ma conduce in entrambi i versi in quanto può essere considerato come l'insieme di due SCR collegati in senso opposto ma comandati da un solo gate. L'innesco si può avere o con una tensione positiva del gate o con una tensione negativa del gate; una volta innescato esso continua a condurre sia se viene alimentato tra i due anodi con una tensione continua e sia se viene alimentato con tensione alternata. Per poterlo spegnere occorre, quindi, annullare la tensione tra i due anodi. U.D. 5: GTO Tiristore GTO (Gate Turn Off). Il nome di GTO deriva dalla sigla Gate Turn Off, cioè gate con spegnimento. struttura di un GTO simbolo elettrico di un GTO Il GTO è simile ad un SCR ma si differenzia solo nel comportamento del gate; infatti nel GTO con un impulso positivo sul gate si ottiene l'innesco; mentre con un impulso negativo sul gate si ottiene lo spegnimento. U.D 6: TRANSISTOR IGBT Transistor bipolare con gate isolato IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor). E un particolare transistor bipolare che al posto della base ha un gate isolato simile ai MOSFET, tipico lo IRG4BC20S della International Rectifier. simbolo elettrico di un IGBT E' idoneo per controllare la velocità dei motori in corrente continua. Il transistor passa in conduzione con un impulso positivo sul gate e vi resta in conduzione anche se viene meno l'impulso positivo sul gate. Per poterlo portare all'interdizione occorre applicare un impulso negativo sul gate. Per cui mediante una oppurtuna serie di impulsi positivi e negativi si ottiene un facile controllo di un motore in continua collegato in serie sul collettore o sull' emettitore. schema elettrico di un IGBT che pilota un motore in continua Nello schema notiamo il motore in corrente continua M collegato sul collettore di un IRG4BC20S. Il transistor funge da interruttore di potenza; il tempo di conduzione è dettato dagli impulsi che arrivano sul gate; di conseguenza la potenza e la velocità del motore possono essere regolati mediante un opportuno treno di impulsi. La luminosità del LED è proporzionale alla durata degli impulsi; il diodo D sopprime le extratensioni generate dall'induttanza del motore; il condensatore C riduce i disturbi dovuti sia alla commutazione del transistor che alle spazzole del motore. U.D. 7: REGOLATORI DI POTENZA PWM Il transistor come amplificatore di segnale Il transistor, impiegato come amplificatore di segnale, genera in uscita una tensione che riproduce, amplificata, quella in ingresso. Lo fa controllando la corrente che scorre nel collettore e nella resistenza ad esso collegata, che è in genere almeno di qualche migliaio di ohm. La corrente che passa è quindi comunque piccola e non crea problemi per quanto riguarda la potenza che il transistor può sopportare. Il transistor nel controllo di potenza Altra cosa è il transistor impiegato per pilotare un carico caratterizzato da una bassa resistenza, come potrebbe essere una lampadina di cui si vuole regolare la luminosità. Analizzeremo adesso alcuni casi e faremo due conti, per meglio capire come vanno le cose. Consideriamo uno stadio come quello in figura, alimentato a 12 volt, dove un transistor comanda sul collettore una lampadina da 12 volt e della potenza di 6 watt. Primo caso: la tensione sulla base del transistor è nulla o molto bassa, per cui il transistor non conduce e la tensione di alimentazione si trova quasi tutta ai suoi capi (come indica il tester in figura). La lampada è spenta. La potenza dissipata dal transistor, ottenuta moltiplicando la tensione ai suoi capi per la corrente che lo attraversa è praticamente nulla, perchè in queste condizioni passa una corrente debolissima (milionesimi di ampere). Secondo caso: la tensione sulla base del transistor è tale da portarlo in completa conduzione. La lampada è completamente accesa e la tensione di alimentazione è presente quasi tutta ai suoi capi. La tensione ai capi del transistor è molto bassa, pari a circa 0,6 volt. La corrente che attraversa il transistor è quella che attraversa la lampada, e cioè 0,5 ampere. La potenza dissipata dal transistor è quindi 0,6 x 0,5 = 0,3 watt. Si tratta di una potenza piuttosto bassa, ma che è già al limite di quella che può essere sopportata da transistori come i BC107, BC108, BC109 e simili (la cui potenza massima è proprio di 0,3 w). Terzo caso: la tensione sulla base ha un valore intermedio, per cui la lampada è accesa a metà. In questo caso la tensione di alimentazione si dividerà fra la lampada ed il transistor, in percentuali diverse da caso a caso. Supponiamo che dei 12 volt totali, siano presenti 7 volt sulla lampada e 5 volt sul transistor, e che passi una corrente di 0,25 ampere. La potenza dissipata dal transistor diventa 5 x 0,25 = 1,25 watt. Tale potenza richiederebbe già l'impiego di transistori relativamente robusti e adeguatamente raffreddati, quelli che vengono definiti "transistori di potenza". Bisogna pensare che stiamo parlando di pilotare una lampada di soli 6 W. Se al suo posto ce ne fosse stata una da 60 W, in analoghe condizioni il transistor si sarebbe trovato a dover dissipare una potenza di 12 w e oltre. La tecnica ad impulsi Come abbiamo visto analizzando i tre casi precedenti, controllare un carico di potenza regolando gradualmente la corrente che passa nella base e quindi nel collettore del transistor, risulta poco consigliabile: c'è infatti un notevole spreco di potenza che porta tra l'altro a surriscaldare il transistor, col rischio di distruggerlo. Una soluzione è quella del funzionamento in regime impulsivo. Considerando che i casi in cui il transistor è meno sollecitato si verificano quando la lampadina è tutta accesa o tutta spenta, noi faremo lavorare il transistor sempre in tali condizioni, senza mai riccorrere a situazioni intermedie. Ma come si può allora fare in modo che la lampadina si accenda di più o di meno? Semplicemente accendendola e spegnendola tantissime volte in sequenza, a intervalli così vicini che la luce sembri sempre accesa. Se i tempi in cui la lampada è spenta saranno più lunghi di quelli in cui è accesa, la luce media sarà più bassa, e così via. Nella figura vediamo un esempio del tipo di impulsi che devono arrivare sulla base del transistor per ottenere la regolazione della luce: notiamo che gli impulsi si susseguono sempre con la stessa frequenza (cioè alla stessa distanza); quello che cambia è la lunghezza del periodo di tempo in cui ogni impulso si mantiene a livello alto (cui corrisponde la lampada Vedremo in una prossima lezione come produrre tali impulsi. accesa).