Sociologia dei processi culturali Prof. Massimiliano Padula A.A. 2014-2015 [email protected] Bibliografia d’esame • Allodi L., Belardinelli (a cura di), Sociologia della cultura, Franco Angeli, Roma 2006 (esclusi capitoli «Simbolo» e «Vita Quotidiana») Macro argomenti 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Cultura Sapere Comunicazione Credibilità Identità Simbolo Vita quotidiana Memoria Produzione culturale 10. Rischio 11. Globalizzazione 12. Religione Sociologia • La sociologia nasce come scienza della società, e propriamente di quella società detta moderna, che si genera dalla disintegrazione/trasformazione sociale avvenuta in Europa e in America fra ‘700 ed 800. • Tale processo è conseguente a due rivoluzioni: la rivoluzione economicoproduttiva (industrializzazione) e la rivoluzione istituzionale-politica (libertà cittadinanza rappresentanza democrazia). • Queste rivoluzioni, che si realizzano fra Settecento ed Ottocento, conducono alla formazione della società moderna, che è l’oggetto della sociologia. • Alla prima ondata modernizzatrice seguirà a fine ‘800-inizio ‘900 una seconda ondata (“seconda rivoluzione industriale”). La cultura • L’etnologo tedesco Gustav Klemm (1802-1867) ne diede la prima definizione scientifica: • …costumi, informazioni e tecniche , vita domestica e pubblica in pace e in guerra, religione, scienza e arte (Klemm, Aligemeine Cultur-Geschichte der Menscheeit, 1843) • La nozione di cultura (dal verbo latino colere, "coltivare"), in primo luogo usata per indicare la coltivazione dei campi e l’allevamento del bestiame, è poi allargata alla coltivazione dello spirito e delle arti. E.B. Tylor La comunità scientifica risulta abbastanza concorde nell’assegnare la paternità del concetto scientifico di cultura ad un antropologo evoluzionista, Edward Burnett Tylor, collocandone temporalmente la nascita nel 1871, anno di pubblicazione della sua opera “Primitive Culture”. Tylor, influenzato dalle teorie evoluzioniste di stampo darwinista, adotta una prospettiva storico-evolutiva che lo conduce ad individuare l’organizzazione sociale primitiva come la fase originaria dello sviluppo dell’umanità, sostenendo l’esistenza di una cultura primitiva e di una cultura progredita dei popoli cosiddetti civilizzati. La cultura come «tutto» • Il punto focale della prospettiva tayloriana è appunto l’idea di una cultura totale capace di comprendere anche i modi di vestire e di adornarsi, le forme di approvvigionamento del cibo e i mezzi di trasporto, gli oggetti del culto, cioè tanto «costumi» quanto «artefatti» che rimanevano invece esclusi dal concetto tradizionale”, e in quanto tale, in grado di poter essere applicato anche allo stadio primitivo. • Sulla base di questa importante specificazione, Taylor arriva a definire la cultura come – quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l‘arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società. • La cultura, dunque, nel suo aspetto “totalizzante” comprende tutte le manifestazioni dell’uomo in quanto membro della società. Nel frattempo, la nuova scienza antropologica acquisiva sempre più interesse negli Stati Uniti, dove intorno ai primi anni del Novecento si registrò un fermento intellettuale intorno al concetto tayloriano di cultura. Furono soprattutto Boas e la scuola boasiana a fornire i contributi più originali e innovativi che diedero alla disciplina un forte impulso scientifico. Boas • In “The Mind of Primitive Man” del 1938, Boas, pur accogliendo il carattere di totalità della cultura che comprende vari aspetti della vita, sottolinea come “essa è qualcosa di più perché i suoi elementi non sono indipendenti ma possiedono una struttura”e mettendone in evidenza soprattutto il carattere acquisito e trasmesso della cultura. Boas, superando l’impostazione metodologica evoluzionista di Taylor, respinge ogni spiegazione in chiave deterministica della cultura, sostenendo che essa non si trasmette mediante i meccanismi riproduttivi (eredità biologica) ma si acquisisce attraverso un processo di apprendimento (eredità sociale). La Scuola di Chicago Scuola di Chicago (anni ’20-’30, Stati Uniti): Robert Park, Louis Wirth, Frederic Trasher, coniugi Lynd, William Thomas, Florian Znaniecki impiegano i metodi di osservazione che avevano prevalso nelle ricerche degli antropologi (Boas e Lowie). Il metodo etnografico, la raccolta di testimonianze dirette, l’osservazione partecipante, lo sguardo ravvicinato sono ammirati e utilizzati per analizzare in modo sistematico la metropoli moderna saldando questi approcci con gli studi empirici della sociologia statistica. Natura e cultura • La cultura si può vedere come un sostituto sociale dell’istinto. • Nelle società primitive, cultura e natura si confondono, nelle società moderne – più “riflessive” e a contatto con altre culture – questa distinzione è più chiara portando anche a • forme di “relativismo culturale”. • Come ben sapevano Aristotele e Hegel, la fame, la sete, il freddo sono per l’uomo una «natura» che l’uomo può vincere soltanto fabbricando «strumenti», erigendo cioè tra sé e la natura un mondo umano, all’interno del quale nulla è più semplicemente un evento naturale. È questa la grande astuzia, in virtù della quale l’oggetto, viene assoggettato dallo spirito umano, e in un certo senso, tutto diventa «cultura». Cultura e struttura sociale • • • • La cultura abbraccia la totalità dei prodotti dell’uomo. Qualsiasi attività umana esprime una «forma culturale» La cultura (le sue espressioni) sono anche una realtà sociale La società rappresenta una sorta di costruzione culturale; la società costituisce anche una condizione necessaria della cultura. • La realtà è una rappresentazione socio-culturale • Weber (cultura e società si compenetrano reciprocamente) vs Marx (cultura come elemento «sovrastrutturale» della società, e più propriamente dell’economia). L'egemonia culturale è un concetto che descrive il dominio culturale di un gruppo o di una classe che «sia in grado di imporre ad altri gruppi, attraverso pratiche quotidiane e credenze condivise, i propri punti di vista fino alla loro interiorizzazione, creando i presupposti per un complesso sistema di controllo». Da Wikipedia • Sebbene il concetto di cultura sia difficile da definire, è importante comprenderlo. L’incomprensione culturale può portare a conflitti, problemi nella conduzione di un affare. Per le proprie credenze, simboli, culture gli uomini combattono, e addirittura uccidono, muoiono. “Si può asserire che una cultura costituisce un corpo complesso di norme, simboli, miti ed immagini che penetrano l’individuo nella sua intimità, strutturano gli istinti, orientano le emozioni. Questa penetrazione si effettua grazie a degli scambi intellettuali di proiezione e di identificazione polarizzati sui simboli, miti ed immagini della cultura come sulle personalità mitiche o reali che incarnano i valori (gli antenati, gli eroi, gli dei). Una cultura fornisce dei punti d’appoggio pratici alla vita immaginaria: nutre l’essere metà reale, metà immaginario, che ciascuno elabora all’interno di sé (la sua anima); l’essere metà reale, metà immaginario che ciascuno elabora all’esterno di sé e con cui si ricopre (la sua personalità)” E. Morin, L'esprit du temps (1962), L'industria culturale, Bologna, 1963 «Il sociale non è più concepito come il luogo in cui abita l’umano […] L’umano è sempre più visto come carattere, impulso, sollecitazione, disturbo, rumore esterno rispetto al sistema dei comportamenti, meccanismi e regole che fanno la società. Si diceCompiti : il mercato ha le sue regole, la politica ha i suoi giochi, i mass media hannogiornalieri la loro logica. Il soggetto umano fluttua nell’ambiente del sistema sociale. L’umano viene identificato con i bisogni, i desideri, i sogni di un soggetto» Obiettivi intermedi Obiettivi a lungo termine Valori P. Donati, 1994, 158-159 individuali Cosa si intende per SAPERE? Della sua concettualizzazione sociologica si è occupata la sociologia della conoscenza. Messa in discussione della triade cronologica: religione, metafisica, scienza Sociologia come «scienza della crisi» «L’uomo di oggi ha più che mai bisogno di uscire da quell’ambito in cui è stato rinchiuso dalle molti varianti di “scientismo”, fiorite al seguito di quella che Hayek ha chiamato “ l’irragionevole età della ragione”, e che oggi incominciano a mostrare tutti i loro punti deboli, C’è bisogno di recuperare – oltre lo spazio occupato dalla scienza e dalla tecnica – anche lo spazio in cui si colloca il senso delle domande metafisiche, i messaggi veritativi dell’arte, lo spazio della fede» Reale, Antiseri, 2001, 15 L'espressione sociologia della conoscenza, coniata negli anni '20 del XX secolo da Max Scheler, dopo la ripresa e la diffusione operata in ambito anglosassone da Karl Mannheim ha avuto numerosi seguaci, quali Theodor Geiger e Werner Stark. I sociologi che si rifanno a questa corrente, sebbene con modalità e rielaborazioni personali, condividono l'idea di Scheler secondo cui il complesso delle conoscenze umane è dato nella società come un a priori rispetto all'esperienza individuale: la conoscenza fornisce all'esperienza individuale un ordine di significato che, sebbene sia relativo a una particolare situazione socio-storica, viene percepito dal soggetto come il modo naturale di vedere il mondo. Da qui l'interesse rivolto all'analisi della storia delle idee e all'indagine sui presupposti conoscitivi della scienza sociale. Da sapere.it L’idea imperante durante il Positivismo è, infatti, che la scienza sia una sola e, pertanto, anche il metodo scientifico sia unico. Secondo lo scientismo positivista: - la conoscenza scientifica è l’unica forma importante di conoscenza; - è possibile costruire una società buona, giusta, migliore attraverso la scienza: la sociologia, infatti, deve essere non solo strumento di conoscenza, ma anche ausilio per fare e per cambiare. La sociologia rappresenta, cioè, contemporaneamente un’impresa cognitiva, etica, morale e politica. 19 Auguste Comte (1798-1857) è il teorizzatore del Positivismo. Egli è unanimemente considerato il padre della sociologia. Egli viene ricordato principalmente per due teorie: • la legge dei tre stadi: secondo Comte tale legge governa tutte le attività umane, compresa quella scientifica; le discipline scientifiche si evolvono, infatti, attraversando le seguenti tre fasi: – nella prima, detta stadio teologico (o fittizio), gli uomini trovano nelle entità sovrannaturali le cause dei fenomeni che caratterizzano la realtà; le spiegazioni alle quali giungono in questo modo sono fittizie e provvisorie perché non sono basate su dati empirici. – Nella seconda, denominata stadio metafisico (o astratto), iniziano ad incrinarsi le certezze teologiche accumulate nello stadio precedente, ma ancora gli uomini non sono in grado di giungere a spiegazioni scientifiche: essi, infatti, per spiegare la realtà si richiamano a entità astratte e a principi generali universalmente validi, quali la libertà, l’uguaglianza, la giustizia, ecc. – Nella terza, chiamata stadio positivo (o scientifico), gli uomini cercano e riescono a formulare leggi generali empiricamente verificabili. 21 Tautologia e perdita del sensus religioso Per Comte, ricorrere ai prime due stadi per spiegare il mondo (concetti, essenze), fornisce spiegazioni semplicemente tautologiche con le quali ci si illude di spiegare realmente i fenomeni. La religione come realizzazione di consenso tra parti sociali e unità tra tutti i membri di una società Nel momento in cui si riduce alla sua funzione sociale il sapere religioso perde la sua dimensione più propria (la trascendenza) e dunque nega se stessa. Tönnies e il concetto di comunità Nella sociologia, l’autore che più di altri ha precisato i concetti contrapposti e duali di comunità e società, ovvero la differenza tra società semplici a solidarietà meccanica e società complesse a solidarietà organica (secondo la definizione di Durkheim), fu Tönnies. Tönnies parla di un passaggio da Comunità (Gemeinschaft): fondata sul sentimento di appartenenza e sulla partecipazione spontanea; A Società (Gesellschaft): fondata sulla razionalità e sullo scambio, predominante in epoca industriale. Comunità La comunità è dunque secondo Tönnies un gruppo che si fonda su forti legami sociali, come quelli esistenti tra consanguinei, dove esiste un’elevata chiusura autoreferenziale rispetto all’esterno e staticità delle norme. Nella comunità i legami si fondano su sentimenti di appartenenza e lealtà, piuttosto che sulla ragione, e sono per lo più dati per scontati, non messi in discussione. Quello comunitario è un legame che nasce dalla tradizione e non è problematizzato, c’è una sorta di determinismo che non consente di problematizzare l’appartenenza alla comunità. È una realtà altamente integrata dove i ruoli di ognuno sono chiaramente definiti, la cultura è omogenea e la mobilità (sia sociale che geografica) è estremamente ridotta. Alfred Weber e la distinzione tra Kultur e Zivilisation 1. Cultura e civilizzazione con il loro specifico tipo di «sapere», risultano essere momenti ugualmente costitutivi di ogni processo sociale. 2. Superamento del relativismo comtiano e affermazione di una sociologia storica sensibili ai temi della trascendenza e orientata in senso fenomenologico. 3. Tre differenti sfere e tre tipi di sapere: • Processo sociale • Civilizzazione • Dinamica culturale Le tre forme del sapere • Il sapere religioso o di salvezza • Il sapere di formazione o culturale • Il sapere tecnologico e di dominio La società possiede un ambiente interiore da cui è state generata , a fianco di un ambiente esteriore da cui è solo modellata. MacIver, 1998, 296 Ambiente esteriore • L. A. E., corrisponde all’intero apparato dei costumi e delle istituzioni, al meccanismo complesso e multiforme dell’ordine, alle tecniche e agli strumenti in grado di controllare la natura, ai modi di espressione e di comunicazione, ai comfort e alle condizioni che determinano le condizioni di vita insieme al sistema economico che le produce e distribuisce (civilization). • Esso include l’intelligenza umana applicata, il patrimonio tecnologico e istituzionale, il sistema politico stesso. Ambiente interiore • L’A.I. corrisponde invece alla culture, in quanto spirito che anima e crea la civilizzazione stessa: «la civilizzazione è lo strumento, il corpo, quasi il rivestimento della cultura»; • La nostra cultura è ciò che noi siamo, la nostra civilizzazione è ciò che noi usiamo. • Se la civilizzazione è cumulativa, la cultura no. Sapere connettivo e sapere comunicativo • Sapere connettivo come affermazione della relazione con l’altro. Il presupposto è l’esistenza sociale. Crea comunità. • Sapere comunicativo come veicolo del processo di civilizzazione. Tre possibilità di sapere • Conoscenza empirico sensoriale • Conoscenza razionale • Conoscenza intuitiva Comunicazione e cultura • Società non come insieme di individui, non come azioni, ma solo comunicazioni • Sociale fatto di comunicazioni soltanto? • Cultura necessaria alla comunicazione come strumento per realizzarla • Comunicazione come «stoffa» della società • Comunicazione non solo come mero veicolo di trasmissione ma come contenuto Comunicazione come prodotto della cultura • L’approccio struttural-funzionalista La cultura come prodotto della comunicazione • Paradigma neo funzionalista (cultura è prodotto della comunicazione; non un soggetto che comunica ma comunicazione come sistema che produce una propria cultura) Talcott Parsons ( 1902 – 1979) • Parsons vuole arrivare alla costruzione di una complessa teoria generale del funzionamento di tutti i sistemi sociali, attraverso un percorso intellettuale e scientifico che lo porta da una prima impostazione struttural-funzionalista alla definizione di un modello più attento al carattere dinamico delle interazioni sulle quali il sistema sociale si fonda. • La premessa da cui muove è l’assunto secondo cui le scienze che hanno per oggetto l’azione umana possono costituirsi a pieno titolo come tali soltanto facendo ricorso all’analisi sistemica ogni azione che assume carattere di continuità presenta caratteristiche tali da poter essere analizzata secondo un modello che, ricorrendo alle nozioni di struttura, di funzione e di processo la considera come un sistema d’azione assume una forma organizzata, esiste e si conserva se vengono soddisfatti i bisogni che esso esprime, è soggetto a processi di cambiamento che avvengono secondo modalità ricorrenti. • Considerando l’articolazione strutturale e funzionale dei sistemi d’azione, individua la loro organizzazione nel Modello AGIL, quattro funzioni che il sistema deve assolvere e che corrispondono alle condizioni necessarie per l’esistenza e la persistenza nel tempo del sistema stesso. • A) una funzione di ADATTAMENTO (adaptative function) all’ambiente esterno , costituito per ogni sistema d’azione da altri sistemi d’azione e non azione. L’adattamento è una relazione a due vie: il sistema d’azione da un lato, si adegua ai vincoli dell’ambiente esterno e, dall’altro, interviene su di esso modificandolo, controllandolo, utilizzandolo al fine di attingervi le risorse di cui ha bisogno. ORGANISMO BIOLOGICO • G) una funzione per il RAGGIUNGIMENTO DEI FINI (Goal attainment) che consiste per il sistema d’azione nel definire e nel conseguire gli scopi necessari per il suo funzionamento, dotandosi di mezzi efficaci. SISTEMA DELLA PERSONALITA’ • I) una funzione di INTEGRAZIONE (integrative function) , che consiste per il sistema d’azione nel salvaguardare la sua coesione interna e la sua stabilità, sollecitando la collaborazione tra le sue componenti e controllando perturbazioni e deviazioni. SISTEMA SOCIALE • L) una funzione di MANTENIMENTO DEL MODELLO LATENTE (latent-pattern manteinance function) che consiste nel produrre, conservare e riprodurre quell’insieme di base di conoscenze, credenze e valori coerenti e condivisi, che fornisce le motivazioni per l’azione delle componenti del sistema. Questo insieme è un modello latente perché implicito e non formalmente definito, e tuttavia è tale da orientare in modo significativo l’azione. SISTEMA CULTURALE. Comunicazione come paradigma relazionale • Il paradigma è il quadro di riferimento teorico che orienta e dà senso all’attività scientifica. • Il paradigma è la cornice all’interno della quale lo scienziato individua i problemi e i metodi che, in una certa fase del cammino scientifico, sono riconosciuti come validi e legittimi. Paradigmi comunicativi • Due differenti approcci: • Approccio scientifico: vede la comunicazione come un processo di trasmissione (movimento) dell’informazione (Claude Ellwood Shannon). • Approccio umanistico: vede la comunicazione come un processo di trasformazione (mutamento) della situazione esistente (Ivor Armstrong Richards). Informazione e comunicazione • Il paradigma informazionale, nato alla fine degli anni ‘40, ha avuto un grande successo. • Nel corso degli anni ‘50 sembrava potesse assumere la guida degli studi sulla comunicazione, superando il contrasto tra approccio umanistico e scientifico, natura e cultura, uomo e macchina, che li caratterizzava. • La sua rapida ascesa è stata seguita, però, da un altrettanto rapido declino e da critiche relative al suo eccessivo legame con il mondo delle macchine e le scienze dure, che rendeva il paradigma insufficiente e inadeguato per l’analisi della comunicazione tipicamente umana. Paradigma relazionale • Il paradigma relazionale, pur essendo più attento alla comunicazione umana e agli effetti degli scambi comunicativi, non sempre ha avuto gli strumenti adeguati per analizzali o misurarli con esattezza. Paradigma informazionale • Esalta il valore dell’informazione • Grande attenzione al processo di trasmissione • Scarsa attenzione agli effetti successivi alla ricezione del messaggio • Dal latino: Informo = dò forma, plasmo Paradigma relazionale • Esaltazione del valore della relazione • Grande attenzione agli effetti successivi alla ricezione del messaggio • Scarsa attenzione al processo di trasmissione • Dal latino: Refero = in riferimento a Religo = in connessione con Modalità comunicativa • Nel paradigma informazionale la modalità comunicativa è il monologo: flusso comunicativo unidirezionale. • Nel paradigma relazionale la modalità comunicativa è il dialogo: flusso comunicativo bidirezionale. Credibilità • Comunicazione come • Presentazione di sé • Relazione • Rito e partecipazione (condivisione) • La questione della credibilità attraversa questi aspetti. È necessario chiedersi cosa sia la credibilità. Definizione • La credibilità è sempre una relazione tra emittente e ricevente/pubblico, per cui una credibilità universale ed un discredito universale sono i poli estremi di un continuum sul quale si collocano concretamente tante forme e modi diversi di credibilità. Spesso chi è credibile presso un interlocutore o un pubblico non lo è nello stesso modo e per le stesse ragioni presso un altro, come mostra, in modo estremo ed evidentissimo, il caso di molti leader carismatici. Per i loro seguaci rappresentano delle personalità eccezionali, dotate di qualità quasi sovrumane e di una credibilità illimitata; per gli altri possono apparire come degli esaltati, dei pazzi o dei criminali. • Credibilità intesa come probabilità di essere creduti Radici della credibilità • Secondo Gili (p.7) le radici della credibilità, che i riceventi cercano nelle persone, sono tre: 1. radice cognitiva: è la competenza o qualifica riconosciuta di esperto. • 2. radice etico-normativa: è la condivisione di valori percepiti (pregiudizi inclusi). • 3. radice affettiva: è la condivisione emotiva di appartenenza (a un gruppo, un'associazione, un partito, ecc). Il medico • Le tre radici della credibilità sono state descritte in modo idealtipico ma nelle relazioni sociali si intersecano. • Il medico le (dovrebbe) incarna(re) tutte e tre La credibilità è soggettiva • La credibilità che attribuiamo a una persona non è "oggettiva" ma "soggettiva": dipende da come la nostra mente è fatta in termini di ricordi, emozioni, esperienze, capacità logiche, ecc. • Il problema della credibilità di una persona non si pone nei rapporti di familiarità perchè le lunghe frequentazioni permettono di maturarla e sperimentarla nel tempo • Il problema della credibilità di una persona si pone soprattutto nelle relazioni caratterizzate da livelli crescenti di estraneità e talvolta richiede, affinchè una relazione possa iniziare, una anticipazione di credibilità.. Nel valutare le condizioni per accordare tale anticipazione entra in gioco il concetto di fiducia che è complementare alla credibilità, nel senso che si può parlare di fiducia solo quando l'altra persona è libera di tradirla (non vincolata da norme o imposizioni). Come ha scritto Niklas Luhman "la fiducia non nasce da un pericolo intrinseco ma dal rischio. [...] Ciò che determina il rischio è un calcolo puramente interiore delle condizioni esterne. [...]" I caratteri e i segni della credibilità • Caratteristiche dell’emittente credibile: • • • • • Integrità Disinteresse Indipendenza Spontaneità Simpatia (empatia) Credibilità del ruolo e credibilità nel ruolo • Quando comunichiamo non siamo quasi mai individui generici ma, la maggior parte delle volte, ci portiamo dietro un ruolo specifico riconosciuto dalla società: padre, insegnante, medico, manager, politico, operaio, ecc. I diversi ruoli professionali posseggono già, di per sè, una credibilità riconosciuta: la credibilità del ruolo che influenza positivamente o negativamente la nostra percezione dell'altro. • Insieme a questo tipo di credibilità ve ne è però uno più pertinente alla persona che stiamo valutando ed è la credibilità nel ruolo. Essa equivale al modo in cui quella specifica persona interpreta quel ruolo, con i suoi personali pregi e difetti. Questi due tipi di credibilità si influenzano e, di solito, se si ha un ruolo socialmente credibile si tende a interpretarlo in modo da rafforzarlo. Talvolta ciò non accade: ad esempio in Italia, negli ultimi anni, il patrimonio di credibilità del ruolo politico è stato sperperato da comportamenti personali discutibili sul piano etico. • Dunque, a fronte del discredito della credibilità del ruolo, i politici (se sono eticamente dotati), dovranno impegnarsi di più nella loro credibilità nel ruolo per sperare che l'altro tipo di credibilità possa essere recuperato. La fiducia • Altra faccia della credibilità • Connessa al concetto di autorità (Max Weber e le tre tipologie di potere) • La fiducia è complementare alla credibilità, nel senso che più alta è la credibilità di un individuo, e minore sarà la necessità di avere fiducia in lui. La credibilità di un individuo si basa sul numero e sulla qualità delle argomentazioni che egli è in grado di offrire, ma oltre un certo limite la crescita e l'accumulo di argomentazioni possono far revocare la fiducia. Quando una persona concede la propria fiducia ad un'altra lo fa costruendo delle argomentazioni ma, come ha evidenziato Luhmann (p.38): "Sebbene chi ha fiducia non sia privo di argomentazioni e sia in grado di spiegare perchè ha fiducia, queste argomentazioni gli servono soprattutto per conservare il rispetto di sé e per giustificarlo dal punto di vista sociale". Weber e l’analisi del potere Esistono 3 forme di potere (=possibilita’ per specifici comandi di trovare obbedienza presso un gruppo di individui) Ogni potere necessita di un apparato amministrativo che agisca da tramite tra chi detiene il potere ed i sottoposti • Potere carismatico: irrazionale, rivoluzionario, si serve di un apparato amministrativo rudimentale o inesistente. • Potere tradizionale: tipico dell’era pre-capitalistica e feudale in particolare; ha come apparato amministrativo la nobilta’. I sottoposti sono sudditi, sui quali il sovrano ha potere illimitato. Trasmissione del potere per via ereditaria. • Potere legale: si basa sulla credenza nell’equita’ della legge; discende da un ordinamento astratto ed universale (es. La costituzione); colui che esercita il potere e’ tenuto all’osservanza dello stesso ordinamento che vincola i suoi sottoposti; l’apparato amministrativo tipico del potere legale e’ la burocrazia. Autorità carismatica Si basa sulle qualità personali del leader, per cui i governati si sottomettono alle capacità straordinarie di una specifica persona Autorità tradizionale Il potere è personale, ma il suo fondamento discende dal passato. Un re o un capo-tribù godono di un’autorità conferita loro dalla consuetudine Autorità legale-razionale Il potere si fonda su regole formali I burocrati moderni ottengono obbedienza perché esistono leggi che li autorizzano a compiere determinati atti; le nostre società accettano le costituzioni come fonti ultime dell’autorità L’ancoraggio della legittimità a un determinato nucleo di regole è centrale per il processo di razionalizzazione delle società moderne Circolazione sociale della credibilità e della fiducia • • • • Accredimento Investitura Testimonial Dimensione sistemica Patologie della credibilità • Generalmente, se nel corso della nostra vita abbiamo vissuto in ambienti con buone relazioni interpersonali, tendiamo ad accordare alla "gente" una fiducia generalizzata. • L'influsso esercitato dal sistema mediatico sul singolo individuo dipende non solo dall'efficacia comunicativa dei media, ma anche dalla vulnerabilità del singolo. La mancanza di fiducia o l'eccesso di fiducia rientrano tra le patologie della credibilità, e si collocano ai due estremi dell'asse della fiducia. In tali patologie le persone possono avere un atteggiamento di sospetto generalizzato o, all'opposto, un atteggiamento di credulità senza limiti. Eccesso di sospetto • Nella costruzione della fiducia, in mancanza di situazioni di familiarità, influiscono anche le rappresentazioni della società offerte dai mezzi di comunicazione di massa, ad esempio l'esposizione alla violenza nelle fiction in TV (più che nelle news). Secondo una ricerca pionieristica di George Gerbner (1976), la violenza in TV produce la convinzione che anche nella propria realtà sociale vi sia violenza e che esista un'alta probabilità di rimanerne vittima. • Gerbner propose una teoria ( Cultivation theory) nella quale la Televisione, anzichè essere una occasione di riflessione sul mondo reale, può sostituirsi alla realtà nelle persone che si espongono per molte ore al giorno ai suoi programmi. Secondo questa teoria le persone vengono "coltivate" fin dall'infanzia ad accettare storie, preferenze, messaggi dalla TV anzichè dalle persone reali del loro ambiente sociale. • La teoria della coltivazione ha ricevuto molte critiche per le modalità di svolgimento delle interviste ma, nonostante ciò, rimane un'ipotesi sociale che mantiene un elevato grado di credibilità. Eccesso di credulità • Riguardo alla credulità fanno riflettere i metodi usati da Kevin.D. Mitnick, un famoso hacker statunitense, per carpire informazioni riservate (L'arte dell'inganno, 2002 Feltrinelli). Mitnick ha dimostrato che l'anello debole della sicurezza dei sistemi informatici (anche i più sofisticati) non è di natura tecnologica ma è il fattore umano. Egli riusciva a procurarsi le informazioni più riservate semplicemente... chiedendole, cioè sfruttando la credulità delle persone. Egli aveva la capacità di rendersi credibile a interlocutori che non aveva mai visto nè sentito prima • Questa capacità è stata chiamata ingegneria sociale (social engineering) e consiste nel raccogliere informazioni sulla vittime (spesso per telefono) per poi arrivare all'attacco vero e proprio (di solito di natura informatica). L'ingegneria sociale impiega metodi quali: nascondere la propria identità, mentire, ingannare, rendersi credibili e sfrutta alcune tendenze generali dell'essere umano: il desiderio di rendersi utile, la tendenza alla credulità, la paura di mettersi nei guai (se non rispondono alle richieste). Nel suo libro Mitnick, che ora fa il consulente di sicurezza alle aziende, descrive nel dettaglio in che modo vengono effettuati i tentativi di manipolazione e come imparare a difendersi. Il nemico della credibilità • Costruzione del nemico • Disconferma • Calunnia e insinuazione L’identità • Durkheim sostiene che l’uomo ha una natura duplice perché è al contempo corporeo (individualità) e sociale (personalità). • Ulteriore distinzione tra – Personalità • Carattere, regolarità dei comportamenti individuali (psicologia sociale) • Struttura profonda in cui si fondono elementi psichici ed elementi socioculturali (sociologia) - Carattere sociale (i tratti caratteristici che la maggior parte dei membri adulti di una certa collettività possiedono a causa delle esperienze tipiche e ricorrenti cui sono sottoposti dalle strutture sociali) Superamento del paradigma deterministico a proposito dell’Identità • Si riteneva che attraverso il processo di socializzazione il sistema sociale e cultura fossero in grado di dare forma compita all’identità. Il superamento di questo paradigma deterministico ripensa l’identità come relazione tra identità personale e identità sociale. • La persona è portatrice di una identità nella misura in cui ha la possibilità di distinguersi e, allo stesso tempo, di essere riconosciuta e di identificarsi attraverso una trama di relazioni sociali Il sé come specchio (Charles Cooley ,1864-1929) Principio del LOOKING-GLASS SELF Ogni conoscenza di sé si fonda sull’interazione con gli altri. La dimensione relazionale è basilare per lo sviluppo dell’identità. Il Sé è prodotto da un “rispecchiamento” le altre persone funzionano come uno specchio: la consapevolezza di noi stessi deriva da quanto vediamo riflesso negli altri. "Quando noi vediamo il nostro volto, la nostra figura e i nostri abiti in uno specchio e siamo interessati ad essi in quanto nostri e siamo più o meno compiaciuti di essi... allo stesso modo, nell'immaginazione, noi percepiamo nella mente altrui pensieri sulla nostra immagine, sui nostri modi, sui nostri ricordi, sulla nostra realtà, sul nostro carattere, sui nostri amici, e così via, e ne siamo variamente influenzati“ (Cooley, 1902, p. 184). George H. Mead(1863 –1931) INTERAZIONISMO SIMBOLICO La mente ed il Sé sono il prodotto dell’interazione sociale, ovvero dell’interiorizzazione di gesti e significati sociali La società spiega l’individuo, non viceversa Due prerequisiti evolutivi: a) Capacità di produrre e di rispondere a simboli Importanza del linguaggio e della comunicazione perché la mente (Mind) divenga consapevole di se stessa (Self). b) Capacità di assumere gli atteggiamenti degli altri Costruzione dell’Altro generalizzato George H. Mead (1863 –1931) IO, ME, SÉ IO • Reazione individuale (imprevedibile anche per il soggetto stesso) alla situazione sociale • Parte propulsivo-creativa del Sé: il soggetto è centro di iniziative che possono modificare la situazione in cui si trova ME • Insieme organizzato degli atteggiamenti /aspettative degli altri verso un certo individuo (Altro generalizzato interiorizzato) • Parte più “conformista” del sé, che riflette i significati e i valori della cultura di appartenenza dell’individuo George H. Mead (1863 –1931) IO, ME, SÉ Sé è processo dinamico derivante dalla dialettica di IO e ME. Interdipendenza e influenza bidirezionale tra individuo e società Le differenze individuali sono riconducibili, oltre che alle differenze degli “IO”, anche al fatto che ciascun individuo riflette le aspettative e dinamiche sociali da una prospettiva diversa da quella degli altri individui ( “ruolo”, “posizione” nel sistema sociale) Parsons Parsons Parsons parte dalla necessità di capire attraverso quali dinamiche di integrazione l’aggregato umano si mantiene coeso e si riproduce nel tempo. Parsons propone uno schema teorico-esplicativo che evidenzia le condizioni di stabilità e coerenza dell’aggregato umano. Come viene concepito il comportamento deviante all’interno della teoria di Parsons? 68 L’azione sociale in Parsons L’attore sociale compie un’azione che può essere definita sociale quando questa viene messa in atto volontariamente e consapevolmente in un contesto di relazioni in cui sono noti i fini da raggiungere ed i mezzi e le norme per farlo. Ogni soggetto agisce tenendo conto delle aspettative reciproche rispetto alle posizioni sociali proprie e dei soggetti che lo circondano. Normalmente agisce in conformità a valori culturali, norme e simboli condivisi. Il sistema sociale Il sistema sociale viene dunque definito dall’insieme delle interazioni che si svolgono sulla base degli status e dei ruoli dei soggetti. L’ordine sociale è la risultante della consapevolezza dei soggetti rispetto la condivisione di un nucleo di regole e l’interiorizzazione dei valori culturali di riferimento. Ogni violazione delle aspettative metterà in atto delle reazioni. Ogni sottosistema genera alternative di ruolo che rimandano ad aspettative ed azioni non omogenee. Perché si ricorda? • Da Platone ad Aristotele, da Locke a Hegel fino a Nietzsche, il concetto di memoria è stato oggetto di riflessione. • Memoria, circostanziata realtà socioculturale Conflitto oralità-scrittura • Platone sosteneva che il discorso scritto è esterno, rigido, non promuove vera sapienza dato che le nozioni non si fissano solidamente nell’anima: dalla parola scritta non si può trarre qualcosa di preciso e permanente, la scrittura ha sempre bisogno di un padre che le venga in aiuto, le parole scritte sono mute come le immagini dipinte. “questo ha di terribile la scrittura, simile, per la verità, alla pittura: infatti le creature della pittura ti stanno di fronte come se fossero vive, ma se domandi loro qualcosa, se ne stanno zitte, chiuse in un solenne silenzio; e così fanno anche i discorsi”. Platone, Fedro Aristotele • Aristotele ritiene che la memoria sia del passato, come qualcosa che è del tempo, ma anche distrutta dal tempo. • “La passione prodotta dalla sensazione nell’anima e nella parte del corpo che possiede la sensazione è qualcosa come un disegno... Infatti il movimento che si produce imprime come un’impronta della cosa percepita, come fanno coloro che segnano un sigillo con l’anello”. Aristotele: Della memoria e della reminiscenza Sant’Agostino • Per Agostino la memoria immagazzina elementi e fatti all’interno di un deposito conoscitivo/esperienziale • “Giungo allora ai campi e ai vasti quartieri della memoria, dove riposano i tesori delle innumerevoli immagini di ogni sorta di cose introdotte dalle percezioni; dove pure sono depositati tutti i prodotti del nostro pensiero, e tutto ciò che vi fu messo al riparo e in disparte e che l’oblio non ha ancora inghiottito o sepolto. Quando sono là dentro, evoco tutte le immagini che voglio. Alcune si presentano all’istante, altre si fanno desiderare più a lungo, quasi vengano estratte da ripostigli più segreti. Alcune si precipitano a ondate, e mentre ne cerco e ne desidero altre, ballano in mezzo, con l’aria di dire: “non siamo noi per caso?”. E io le scaccio con la mano dello spirito dal volto del ricordo, finché quella che cerco si snebbia e avanza dalle segrete al mio sguardo”. S. Agostino, Confessioni, X, 8 Locke • Locke e Hegel interpretano la memoria come mera operazione intellettuale di tipo tabellare e complilativo. • “Il nostro spirito assomiglia a quelle tombe dove le iscrizioni sono cancellate dal tempo e le immagini cadono in polvere, anche se rimangono il bronzo e il marmo” Locke, Saggio sull’Intelletto Umano La memoria fenomeno sociale • Le rappresentazioni sociali della memoria si dividono in due in due tradizioni: 1. come ricordo personale 2. Come fatto sociale La società e la cultura assorbono dalla memoria il patrimonio culturale, attraverso un processo di mediazione simbolica fatto di luoghi, situazioni, immagini e oggetti Durkheim (1858-1917) • Per Durkheim la memoria è una propaggine del tempo, come istituzione socialmente generata dalla religione (p. 151). • La conservazione del passato è una tipica produzione del pensiero collettivo e della vita sociale che ne stabilisce riti e ritmi, tramite feste e celebrazioni. • Memoria, cultura e società sono determinata dalla «coscienza collettiva» e dal tempo sociale. Halbwachs • Sostiene che la memoria di un gruppo non coincide con la somma delle memorie individuali che lo compongono. Egli invertì anche l’antecedenza logica, sostenendo che, nel processo di formazione dei ricordi, il condizionamento sociale ha un ruolo preponderante rispetto all’esperienza personale. • Il ribaltamento si inserisce nella scia degli importanti mutamenti che investirono il campo delle scienze umane tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo. In particolare, i lavori di Émile Durkheim – di cui Halbwachs fu allievo – avevano giustificato il concetto di coscienza collettiva e, più in generale, dimostrato che i fenomeni sociali costituiscono indubitabili verità. Muovendo da tale assunto, Halbwachs ha affermato, nella Premessa alla sua prima indagine sistematica sulla memoria collettiva, che «se esaminiamo un po’ più da vicino i modi in cui ricordiamo, scopriremo che, molto probabilmente, il maggior numero di ricordi ci torneranno in mente allorquando i nostri parenti, amici o altri ce li ricorderanno»6. In altri termini, l’uomo non è solo con la propria memoria, perché i ricordi non affiorano, per rievocazione, dalla coscienza individuale. Al contrario, essi si formano in ambito sociale, e per comprenderne il funzionamento è necessario analizzarli tramite uno sguardo «esteriore» sul passato. Ong • Platone: l’oralità implica la presenza degli interlocutori, quindi dialogo, possibilità per chi parla di ‘difendere il discorso’: la scrittura al contrario implica assenza, dunque impossibilità del dialogo: ‘il libro, interrogato, non risponde o ripete sempre la stessa cosa’. • Per Ong l’oralità è aggregativa piuttosto che analitica; è ridondante piuttosto che economica; è enfatica e partecipativa piuttosto che oggettiva e distaccata Koselleck • Koselleck dedicò un suo libro al “futuro passato”: nel corso della modernità gli orizzonti d’attesa del passato tendono a perdere via via rilevanza, poiché è caratteristico della modernità stessa mettere fuori gioco ogni esperienza acquisita Le voci che corrono “Quali che siano gli ambiti della nostra vita sociale, la voce è ovunque. Essa è anche il più antico dei mass media. Prima che esistesse la scrittura, la trasmissione di notizie di bocca in bocca era l’unico canale di comunicazione all’interno delle società. La voce propagava informazioni, creava e distruggeva reputazioni, faceva scoppiare guerre e sommosse. L’avvento della stampa, poi della radio e infine l’esplosione del mezzo audiovisivo non l’hanno comunque spenta. Nonostante i media, il pubblico continua a ricavare parte della sua informazione dal propagarsi delle voci. L’affermazione dei media, lungi dal sopprimere la voce, l’ha semplicemente resa più specializzata: ciascuno ha ormai la sua sfera di circolazione” (Kapferer 1987: 11) La memoria e i media digitali • Memoria comunizzata • Le immagini riguardanti il futuro sono oggetto di costruzione sociale. Vi cooperano tanto innumerevoli conversazioni ordinarie quanto discorsi e immagini proposte dai media Produzione culturale • Rapporto tra cultura e media • Esperienza del mondo fortemente «mediatizzata» • Epoca della mediazione • Habermas e Apel: opinione pubblica modellata sulle ristrette comunità di scienziati e nelle ristrette comunità intellettuali del Settecento. I prodotti culturali • I prodotti culturali sono il risultato di una pluralità di fattori che interagiscono (entrando in frizione, dialogando contrapponendosi, …) e orientando il processo produttivo • Analizzando i processi della produzione culturale a livello mondiale, si annienta la grande metafora del «dialogo» sociale dei media. • Si afferma un modello diffusivo: da pochi a molti (le cosiddette élites culturali) Distonia tra agenda dei media e pensiero della gente • Differenza tra opinione pubblica e opinione pubblicata • Esempio: referendum fecondazione assistita (2005) • Temi «caldi»: questione bioetiche, omossessualità… • Al processo di secolarizzazione è corrisposto un aumento della religiosità 12-13 GIUGNO 2005: REFERENDUM abrogativo SULLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA • Gli articoli che vietano la clonazione a fini terapeutici, la ricerca clinica sugli embrioni e il loro congelamento; • l’obbligo di creare in vitro non più di tre embrioni e l’obbligo del trasferimento nell’utero materno dopo la loro creazione; • l’articolo 1, perché con il referendum si vuole affermare che i diritti delle persone già nate non possono essere considerati equivalenti a quelli dell’embrione; • il divieto della fecondazione eterologa. Favorevoli: Contrari: • Radicali Italiani, • Associazione Luca Coscioni, • Democratici di sinistra, • Socialisti democratici, • Rifondazione comunista, • singoli esponenti di vari partiti. •Comitato Scienza & Vita, •Principali componenti dell'associazionismo cattolico propongono l’astensione per far mancare il quorum. •Cristiani non cattolici, •Federazione delle chiese evangeliche in Italia (battisti, luterani, metodisti, valdesi) si pongono contro l’astensione. Pochi italiani erano informati sui quattro quesiti: 64% degli italiani aveva intenzione di andare a votare per i referendum 43% avrebbe voluto informarsi meglio prima di decidere se pronunciarsi per il sì o per il no 22% era all'oscuro del fatto che si sarebbero votati dei referendum nelle settimane seguenti 65% degli intervistati era poco o per nulla informato sulla fecondazione assistita 79% non conoscevano i contenuti della legge 40 Sondaggio Abacus, febbraio 2005 12- 13 giugno: i referendum non raggiungono il quorum minimo solo il 25,9% degli aventi diritto si reca alle urne INDUSTRIA CULTURALE: Una definizione Industria culturale: Apparato in grado di raggiungere una soglia media di produzione e diffusione di beni e consumi culturali, moderno e concorrenziale nella comparazione internazionale. Si ha un’industria culturale quando beni e servizi culturali sono prodotti e riprodotti, immagazzinati e distribuiti con criteri industriali e commerciali, cioè su larga scala e in conformità a strategie basate su considerazioni economiche piuttosto che strategie concernenti lo sviluppo culturale (Unesco, 1982) Il cinema • I film - non [vanno] considerati come semplici finestre sull'universo; essi costituiscono uno degli strumenti di cui una società dispone per mettersi in scena e mostrarsi e, proprio in quanto tali, sono importanti documenti del loro tempo e fonti per lo storico per scoprire e analizzare il modo in cui in un certo periodo ne veniva socialmente pensato un altro Pierre Sorlin • «Il film non è mai prodotto da un individuo", ma è un'opera collettiva e socialmente influenzata, in cui passato e presente si rincorrono continuamente e in cui si nascondono le tendenze, i modi di pensare, l'immaginario di una società Siegfried Kracauer Il cinema • Cinema come principale fonte di elaborazione e diffusione cultura della nostra società • La produzione culturale hollywoodiana – – – – Jurassic Park Schindler’ s List Il Gladiatore Into the Wild La televisione • Televisione come diffusore universale, soprattutto grazie alla capacità di raggiungere con enorme facilità, in casa, l’intera popolazione di un paese. • Contributo alla rappresentazione di noi stessi, alla formulazione dei nostri sogni e dei nostri desideri, a costruire ciò che siamo e ciò che pensiamo del mondo Il caso italiano • Il percorso classico è: aumento della scolarizzazione, diffusione di massa della stampa periodica e quotidiana, diffusione della radio, poi del cinema, poi della televisione. • In Italia invece la diffusione di massa della radio, del cinema e soprattutto della televisione precedono l’aumento della scolarizzazione. Giovanni Bechelloni Centralità della dimensione narrativa • • • • Riconoscimento Affezione Empatia Rafforzamento del reale Il rischio Il rischio nelle scienze sociali e la crisi della modernità: la perdita di fiducia nella razionalità e nella scienza, la preoccupazione per l'ambiente. L’approccio positivistico allo studio dei fenomeni sociali è limitativo. Intrinseca complessità del reale. Incremento delle probabilità di accadimento di eventi dannosi. Incapacità di controllo delle dinamiche globali. Assenza di ideologie. «Le possibilità di scelta, di controllo, di conoscenza offerta da un sistema, sono superiori alla capacità di scelta, di controllo, di conoscenza, possedute da un osservatore del sistema stesso» Nuovo dizionario di sociologia La società post-moderna Crisi della modernità (F. Lyotard, 1985) Caduta delle ideologie Crisi della scienza Delocalizzazione produttiva Incertezza Fine della Storia Ulrich Beck e la società del rischio La società industriale avanzata è contrassegnata da: - crisi delle certezze scientifiche, sociali, ideologiche - un policentrismo socioculturale che mina l'autorità delle istituzioni ma anche la fondatezza di qualsiasi punto di riferimento. Questa situazione genera disorientamento, perdita di controllo della realtà, che si ritraducono in una condizione di debolezza, e quindi di “rischio”. - La postmodernità è una "società del rischio“: caratterizzata da una serie di rischi sia individuali che globali che derivano dalla complessità sociale e dalle sue multiformi manifestazioni. - I rischi globali: rischi ambientali (l’effetto serra e le sue conseguenze metereologiche), rischi bellici (il terrorismo internazionale), rischi alimentari (il problema della “mucca pazza” o degli organismi geneticamente modificati), rischi nucleari (Chernobyl), rischi sociali (sommosse, fame, persecuzioni politiche e religiose) rischi sanitari (AIDS, H5N1 e SARS) emergono dalle condizioni stesse dello sviluppo post-industriale e che costringono ad una revisione dell'idea sostanzialmente ottimista e positiva del modernismo. - Il rischio come segno distintivo e misura dell'incertezza dell'età post-moderna: i rischi sociali, politici, ecologici e individuali eludono progressivamente il controllo delle istituzioni protettive della società industriale. - La velocità con cui si susseguono le innovazioni, ma anche l’estendersi del numero degli eventi che possono essere considerati “critici” per gli equilibri internazionali, non consentono alla società di rispondere tempestivamente in modo appropriato, né di controllarne gli effetti. Sociologia del rischio Sennet: paradossale condizione di paura nelle società ipertecnologiche a causa del rischio. Le Breton: “una società ossessionata dalla sicurezza e continuamente preoccupata dalla prevenzione” Bauman: rischio elimento costante della condizione umana Giddens: disembedding ovvero la disaggregazione dei sistemi sociali (importanza dell’interazione indiretta i rapporti nella società moderna sono “tirati fuori” da contesti locali di interazione e riallacciati su archi di spazio-tempo lontani e indefiniti le persone perdono capacità di controllo diretto sulle condizioni delle proprie azioni le decisioni che possono cambiare radicalmente la vita delle persone sono sempre più prese all’esterno del loro contesto quotidiano e diretto di interazione.) Luhmann: centralità del rischio nelle società orientate al futuro – la pianificazione dell'incertezza e l'abbandono dei dogmi razionalisti. Il passaggio da rischio esterno a rischio interno determinato dagli individui (pag. 195-197). Differenza tra pericolo e rischio Luhmann La distinzione più chiara tra rischio e pericolo è stata formulata da Luhmann: Si ha un pericolo quando un evento dannoso si verifica indipendentemente da una qualsiasi decisione Si ha un rischio quando il verificarsi di un evento, dannoso o vantaggioso (come una vincita alla roulette), è connesso a una decisione. Vi è poi un terzo elemento che entra in gioco, quello di incertezza: - se si ha un rischio quando è possibile calcolare la probabilità del verificarsi di un evento - si ha incertezza quando questo calcolo non è possibile. Il dibattito sociologico sul rischio Distinzione tra: 1. analisi oggettiva del rischio, statisticamente misurabile e 2. analisi culturale, comunicativa e percettiva del rischio. Mary Douglas (antropologa britannica): il rischio dipende dalla cultura di appartenenza ed è, quindi un costrutto sociale. Gli effetti della globalizzazione: dispersione del rischio, dispersione e frammentazione degli interessi collettivi, maggiori difficoltà di comprensione e valutazione del rischio La vulnerabilità La risk society successore della postmodernità Beck: critica la rottura tra sistema sociale e natura – sviluppo attuale fuori controllo e a spese dell'ambiente; primarietà del rischio ambientale Vulnerabilità: carattere di un sistema socio-culturale di fronte a un determinato rischio Beck e Bauman Per Beck la scena della vita nella società del rischio è dominata da rischi individuali e rischi collettivi. Le vecchie categorie sociologiche (famiglia, classe, piena occupazione) sono depotenziate di fronte alla società dell'incertezza in cui tutto è instabile. Nel mare di incertezza i soggetti navigano a vista. La libertà piena, per Beck, si raggiunge con la comunità politica, un organo capace di rinnovare i patti di solidarietà tra individui messi in crisi dalla deregulation del mercato globale. Bauman: la globalizzazione produce l'effimero, l'instabile e il precario. La modernità obbligava ad acquisire sicurezza a scapito della libertà individuale, la postmodernità non coniuga ricerca del piacere individuale con un livello accettabile di sicurezza Bauman e la modernità liquida Bauman e il catalogo delle paure moderne: l'immigrato, l'inadeguatezza, la flessibilità, l'assenza di nuoce sensazioni. L'abbattimento della protezione sociale per le classi meno abbienti. Libertà, differenza e solidarietà. Transitorietà e fugacità di ogni aspetto della vita nella modernità liquida. Società di esseri anonimi e fugaci. Fine delle istituzioni garanti della certezza: scuola, ospedale, esercito – le certezze non vengono più dall'esterno ma devono essere cercate dall'individuo Donati e la sociologia relazionale • Come conseguenza di un lungo processo culturale realizzatosi nelle società occidentali la qualità del sociale è emersa come realtà di genere proprio sempre più differenziata rispetto ad altri tipi di realtà, finché si è visto che "sociale", in senso specifico, è la relazione che intercorre tra i soggetti in quanto agiscono riferendosi gli uni agli altri "in un certo modo". (Donati, Sociologia, Cedam, 2006, p. 8) • La relazione sociale, non l'individuo o la singola azione qua talis, e nemmeno un pre-supposto sistema sociale, costituisce la cellula del tessuto sociale (idem p.8) La relazione 1. si conosce attraverso relazioni 2. la relazione non è pura astrazione (pura forma o pura comunicazione), ma un«concreto» e, in quanto relazione sociale, non può essere considerata come il prodotto o l’accostamento di altri fattori, ma come categoria in sé. Approccio relazionale La relazione sociale è l’elemento non ulteriormente riducibile che costituisce la società, ovvero la società è il risultato, l’effetto emergente, delle relazioni sociali. Nella società le relazioni sociali a seconda della prospettiva di osservazione possono essere viste come relazioni inter-soggettive o strutturali (organizzazioni, sistemi sociali) Ciò richiama l’idea che per lo studio della società può essere utilizzato il paradigma sistemico dell’approccio funzionalista, ma questo non è esaustivo. La società è essa stessa un effetto emergente dalle relazioni sociali, è ciò che emerge da una rete di relazioni. Ora il concetto di rete va al di là di quello di sistema. Se il sistema sociale è una modalità di rappresentazione delle relazioni formali, nel sociale esistono anche relazioni informali. Anzi in ogni relazione vi è al contempo una quota di formalità e una d’informalità, che sono indagabili analiticamente a partire da specifiche prospettive d’osservazione secondo il paradigma di rete Se la società e i fenomeni (i fatti) che in essa avvengono vanno considerati come effetti emergenti, la ricerca sociologica deve affrontare lo studio dei fatti sociali non indagando le relazioni tra i fatti sociali (Pareto 1916), ma descrivendo i fatti sociali come relazioni La Globalizzazione • Nella sua accezione più generale, il concetto di «globalizzazione» indica un insieme assai ampio di fenomeni, connessi con la crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo. • L'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo Economico) definisce la globalizzazione come un processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi paesi diventano sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio di beni e servizi e del movimento di capitale e tecnologia. La globalizzazione si riferisce perciò principalmente ai mercati - più quelli finanziari che quelli economici - ma in realtà comprende ogni aspetto dalla vita moderna. Elementi • Massime chances di vita per maggior numero di persone • Individualizzazione della vita • Attività economiche de-territorializzate • De-socializzazione • Sguardo cosmopolitico • Cultura globale • Cultura del narcisismo Epoca del mondo • Per Scheler da dopo la prima guerra mondiale siamo entrati in un’ «epoca del mondo» abbondonando la semplice «epoca storica particolare». • Alfred Weber parla di «restringimento della terra» che, se da un lato, aumenta tutta le possibilità tecniche per una reciproca intesa tra i popoli, in realtà non riesce a promuovere tale intesa. Approccio neo sistemico • Unico sistema sociale • La società globale inizia nel momento in cui uno dei sistemi sociali non accetta più che accanto a sé vi siano anche altri sistemi sociale e questo sistema sociale dispone di strumenti e di risorse che trasformano questa non accettazione in realtà strutturale. • Si tratta del sistema atlantico europeo La glocalizzazione • Glocalizzazione o glocalismo è un termine introdotto dal sociologo Bauman (di origini ebreopolacche, ma vissuto in Inghilterra) per adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali, così da studiarne meglio le loro relazioni con gli ambienti internazionali. • La glocalizzazione ritiene che il fondamento della società in ogni epoca è stata ed è la comunità locale, dall'interazione degli individui, organizzati in gruppi sempre più allargati, presenti su un territorio. • L'organizzazione di questi gruppi costituisce certamente un insieme di "sistemi" che diventano "sottosistemi" se relazionati a organizzazioni più complesse. Ad esempio, la famiglia è un sottosistema del sistema quartiere ma il quartiere è un sottosistema del sistema città e così via. • La glocalizzazione inizia la propria analisi dai sistemi semplici per arrivare ai più complessi, mentre la globalizzazione sembrerebbe privilegiare i sistemi complessi ignorando molto spesso le implicazioni dei sottosistemi. • La glocalizzazione pone al centro della sua "filosofia", l'individuo, la persona umana, il patrimonio locale materiale e immateriale della persona e del gruppo di appartenenza Neo marxismo e neo illuminismo • Globalizzazione come causa della crisi del capitalismo • Il sociologo U. Beck individua tre diversi utilizzi del termine, e distingue tra • Globalismo, quando il riferimento è a un’idea di mercato mondiale, di neoliberismo che sostituisce o rimuove l’azione politica. Ad esso si contrappone la posizione di coloro che dicendo no al globalismo si schierano con intonazioni diverse a favore di un sostanziale protezionismo. • Globalità, nel senso di società–mondo, in cui la rappresentazione di spazi chiusi perde significato. In questo caso si ha riguardo sia a quella nuova forma di globalizzazione che ha per oggetto gli uomini ed è l’immigrazione che alla globalizzazione dei diritti e condivisione dei valori • Globalizzazione, quando si guarda al processo attraverso il quale gli Stati nazionali e le loro sovranità, vengono condizionati e connessi trasversalmente da attori transnazionali, con apertura di spazi importanti per le culture locali. • Per Beck la globalizzazione economica si concretizza in una intensificazione degli scambi commerciali accompagnata dall’abbattimento delle barriere commerciali; in una crescita esponenziale dei flussi finanziari all’interno di mercati sempre più interconnessi; nell’aumento del numero, delle dimensioni e dell’influenza dei gruppi economici transnazionali; nella diffusione delle nuove tecnologie, soprattutto nel campo dell’informazione, con l’affermarsi, per alcuni, di un nuovo modello economico (la new economy); Post moderno • Guadagno di una nuova epoca • Nuova sensibilità Mantenimento dell’uomo come essere culturale e storico ma anche capace di aprirsi alla trascendenza e ai valori universali La religione • La comprensione del fenomeno religioso implica la trascendenza. • Trascendenza La proprietà o la qualità di qualcosa che si trova al di là, va oltre un determinato ambito, e in questo senso è l’opposto di immanenza, che indica invece ciò che si risolve o permane dentro un ambito specifico. (da Treccani.it ) • Essa si esprime nella religione, cuore genetico di ogni cultura, luogo al quale vanno ricondotti valori, dalla quale ispiriamo le nostre azioni umane e la nostra cultura. Immanenza • Termine filosofico entrato nell’uso per il senso che la scolastica diede all’attributo di immanens (designando con esso quegli atti, come il vedere o il sentire, il cui fine risieda in sé stessi), ma diffusosi principalmente per la sua contrapposizione a quello di ‘trascendenza’, e per il significato che tale contrapposizione assunse nel campo della gnoseologia e della metafisica idealistiche. Secondo questa antitesi, ‘immanente’ è ogni realtà che non ‘trascende’ la sfera di un’altra realtà, e cioè che non esiste separata e indipendente da quella, bensì è con essa in rapporto di coessenzialità reciproca. Ma la stessa possibilità di tale uso del termine provenne dall’importanza che al concetto dell’i. diede la gnoseologia kantiana con la sua dimostrazione della ‘trascendentalità’, ossia della non trascendenza al pensiero delle forme a priori del conoscere, e con il suo richiamo a un uso ‘immanente’ e non ‘trascendente’ della ragione, cioè ristretto nei limiti della conoscenza possibile (da Treccani.it) Le riduzioni del fenomeno religioso • Razionalistica filosofia per i poveri e ingenui • Moralistica Secondo Kant è la razionalità a giudicare la religione e, in particolare, il cristianesimo, che egli ritiene comunque la più perfetta delle credenze, la più pura e la più vicina al modello di religione ideale della ragione. Nel pensiero kantiano è la morale a fondare la religione e non viceversa, e ciò riconduce inevitabilmente la dimensione religiosa entro i confini di quella pura razionalità etica da Kant chiaramente descritta nella Critica della ragion pratica , ove le grandi verità della fede religiosa esistenza di Dio e immortalità dell'anima, innanzitutto - vengono postulate per soddisfare le legittime attese dell'uomo rispettoso della legge morale. • Antropologica proiezione desideri dell’uomo; Hume la definisce il «culmine dell’assurdità, è una proiezione psicologica con cui ci si immagina un Dio a propria immagine e somiglianza al quale rivolgersi». • Sociologica Simbolo della società; Durkheim in Les formes élémentaires de la vie religieuse (Parigi 1913) sottolinea che la religione è un «sistema solidale di credenze e di pratiche relative a cose sacre, ossia separate, interdette, credenze e pratiche che uniscono in una medesima comunità morale chiamata chiesa tutti coloro che vi aderiscono" (op. cit., p. 65). La dicotomia di sacro-profano appare a Durkheim particolarmente evidente nel totemismo». Max Scheler • Scheler chiarisce che gli atti religiosi non hanno a che fare con i desideri, i bisogni e gli aneliti dell'uomo, altrimenti la religione corre il rischio di essere intesa come fenomeno storico ingannevole, da cui l'uomo stesso richiede di essere liberato. Gli atti religiosi sono radicati nel profondo dell'anima umana ed esprimono la voglia dell'uomo di trascendere se stesso e di raggiungere l'assoluto. Ciò significa che l'uomo, per mezzo di questi tipi di atti, non è ripiegato su se stesso, ma cerca il centro e il senso del proprio essere in una realtà irriducibile da sé. • Prima caratteristica fondamentale degli atti religiosi è la trascendenza Religione come fenomeno sociale • Al di là delle definizioni riduzionistiche, è indubbio che la religione sia un fenomeno sociale. • Interconnessione tra religione e società • Derive di questo rapporto: corruzioni, guerre, morte, violenza La religione civile • Teoria classica, presente già negli scrittori latini e poi ripresa in età moderna (da B. Franklin, J.-J. Rousseau e A. Lincoln) per designare la necessità di un'adesione di tipo religioso alla politica; è stata variamente utilizzata nel corso del 20° sec. in ambito politico, politologico e storiografico, per designare sia la sacralizzazione delle forme e delle istituzioni della politica tipica dei totalitarismi, sia l’origine divina e religiosa della democrazia, in particolare quella degli Stati Uniti, intesa come difesa e sviluppo dei diritti naturali conferiti da Dio all’uomo, e in tal senso convergente con forme di religiosità seppure non necessariamente legate a precise confessioni (cristiane, protestanti, cattoliche, ebraiche, ecc.). (da Treccani.it) • Pur essendo indubbiamente anche un importantissimo fattore di identità e di appartenenza “civica” (anche nazionale), il suo obbiettivo primario è un altro; è quello di far conoscere la parola rivelata da Dio per la salvezza di tutti gli uomini. Religione e identità • La religione esprime il rapporto con quanto non dipende da noi e il tentativo di ridurla ad affare privato o alle sue funzioni sociali o sostituirla con qualcosa d’altro significa pretendere di rendere disponibile quanto per principio non lo é. La cosiddetta “religione civile” può essere adoperata proprio per questo, ma anche per rendere consapevoli i cittadini che nella vita sociale ci sono e ci devono essere “ambiti di indisponibilità” che senza la religione non rimarrebbero vivi. Si tratta di quei presupposti che nessuno Stato, da solo, riesce a garantire. La religione ha anche una efficacia civile se non assume compiti direttamente politici, ma bada ad essere prima di tutto religione e la politica accetta un vincolo morale che la trascende in quanto proprio da ciò dipende la politica morale e democratica. In questo equilibrio sta la “vera religione civile” occidentale. • Identità concetto in fieri, necessità anche per la religione di relazionarsi con altro; il cristianesimo ha imparato a non imporre in modo fondamentalista i propri valori. (pensate al fondamentalismo islamico). • Metafora dell’elastico: Cristianesimo come elastico tra identità e apertura Religione e politica • L’incidenza della fede cristiana come fattore di “civilizzazione” (e di socializzazione, aggiungerei) non è dunque perseguita direttamente, alla maniera della cosiddetta “religione civile”, ma diventa una sorta di benefico effetto collaterale, qualcosa cioè che scaturisce soprattutto dalla capacità dei credenti di essere fedeli a se stessi, al mistero della croce e della risurrezione di Gesù Cristo. • Questo è il motivo di una certa irriducibile ambivalenza del rapporto tra Cristianesimo e vita civile, del fatto cioè che i cristiani sono (o dovrebbero essere) “nel mondo”, senza essere “del mondo”; ambivalenza che ha fatto da propulsore alla preziosa differenziazione tra religione e politica, senza la quale non avremmo mai avuto una cultura liberale e democratica, diciamo pure, una laicità, del tipo che si è sviluppato in Occidente. Faccio notare altresì che è questa la religiosità che muove la vita civile americana, non certo quella di una religione secolarizzata e ridotta a mero strumento di potere. • Pur aspirando ad essere lievito di tutta la vita dell’uomo, il Cristianesimo non è riducibile a programma politico; pone alla politica dei “limiti”, limiti che consentono peraltro alla politica di articolarsi in senso liberal-democratico, senza diventare religione. Ma, fatta eccezione per le ideologie totalitarie, il Cristianesimo è compatibile con diverse opzioni politiche. La sfida del fondamentalismo • Il concetto di fondamentalismo assume una accezione negativa dopo l’attentato alle Torre Gemelli dell’11 settembre, connotando un certo islamismo aggressivo e intollerante, «teocratico». • Il fondamentalismo islamico è un fatto moderno. Mentre il Corano dice che “Non c’è alcuna costrizione alla religione”, Khomeini afferma “L’Islam è politica o niente”. Il fondamentalismo islamico condivide molto delle grandi rivoluzioni moderne svolte nel primato della politica; John Gray afferma che «Al Quaeda vede se stessa come un’alternativa al mondo moderno, ma le idee su cui si basa sono paradigmaticamente moderne». Definizioni 1. Movimento religioso protestante, diffuso soprattutto negli Stati Uniti, che, in opposizione al protestantesimo liberale e a tutte le tendenze razionalistiche e critiche, accoglie ed impone come «fondamenti» (fundamentals) del cristianesimo l’accettazione, oltre che dei dogmi, dei miracoli, e dell’infallibilità della Bibbia, anche dell’ispirazione verbale di questa, ammettendone la sola interpretazione letterale, fino a vietare, talvolta, l’insegnamento di teorie scientifiche che possano apparire in disaccordo con il racconto della creazione nel Genesi. 2. Rigorismo religioso e intransigenza politica di alcuni gruppi di integralisti islamici che, opponendosi a qualsiasi interpretazione evolutiva della legge coranica, invocano un’applicazione rigorosa dei suoi principî originarî negli ordinamenti attuali. 3. Atteggiamento di chi persegue un’interpretazione estremamente conservatrice e un’attuazione rigida e intransigente dei principî di una religione, di un pensiero politico; il termine è talora usato come sinonimo di integralismo nella sua accezione generica. (da Treccani.it) Universalismo religioso e pluralità di culture • Religioni tra tribali a universali • Missionarie, ossia desiderose di portare il messaggio di salvezza nel mondo • Vale sia per il Cristianesimo che per l’Islam • Dialogo e prudenza • Identità e post identità Giovanni Paolo II • Le diversità culturali vanno perciò comprese nella fondamentale prospettiva dell'unità del genere umano, dato storico e ontologico primario, alla luce del quale è possibile cogliere il significato profondo delle stesse diversità. In verità, soltanto la visione contestuale sia degli elementi di unità che delle diversità rende possibile la comprensione e l'interpretazione della piena verità di ogni cultura umana (Giornata Internazionale della Pace, 2001) Papa Francesco • Globalizzare la fraternità, non la schiavitù né l’indifferenza • In questa prospettiva, desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e nelle proprie responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei confronti di coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà. La cultura • La forza di una cultura sta nella capacità di relazionarsi continuamente con ciò che altro, senza perdere la consapevolezza della propria identità; nella capacità di tendersi il più possibile verso l’altro, senza spezzare i legami che si hanno con noi stessi, con la propria storia e la propria tradizione (metafora elastico ideale per rappresentare identità complessa). Il Cristianesimo • Costituisce da oltre 2000 anni uno degli esempi più riusciti della capacità di imparare dall’altro senza rinunciare a se stesso.