i batteri lattici e la fermentazione malolattica (fml)

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LONVAUD, RISPOSTE SULLA MALOLATTICA, PAG. 1
RISPOSTE SULLA MALOLATTICA
Aline Lonvaud, Faculté d’oenologie, Talence, Bordeaux – France
Che cosa indica il termine FML in vinificazione?
La fermentazione malolattica (FML) è una tappa distinta rispetto alla fermentazione alcolica, alla
quale fa seguito dopo qualche giorno o dopo diversi mesi. Si manifesta con uno sviluppo di anidride
carbonica, percettibile ma sensibilmente minore rispetto a quello della fermentazione alcolica. E’
unicamente per questo motivo che anche questa fase della vinificazione porta il nome di
fermentazione.
Da un punto di vista biochimico, il principale fenomeno non è una fermentazione (produzione di
energia a partire dall’ossido-riduzione di substrati in assenza di ossigeno) ma la reazione di
decarbossilazione dell'acido malico in acido lattico.
COOH
|
HO – C-H
|
CH2
→
|
COOH
Acido L-malico
COOH
|
HO – C – H
+ CO2
|
CH3
Acido L-lattico
L’acido malico del mosto di uva (isomero L) è trasformato molecola dopo molecola in acido lattico
(isomero L).
Nel mosto d’uva, poi nel vino, prima della fermentazione malolattica, la concentrazione di acido
malico è molto variabile da un minimo di 1g/l fino a 8g/l e più. Dipende essenzialmente dallo stadio
di maturità dell’uva al momento della raccolta, dalle condizioni climatiche durante l’estate, dal
vitigno, dal terreno e dalla regione. L’uva delle regioni più settentrionali sono le più ricche di acido
malico.
Come si può seguire l’avvio e l’andamento della FML?
La reazione di decarbossilazione dell’acido malico è il passaggio che caratterizza la FML, sia per la
quantità di substrato coinvolto, sia per le ripercussioni sulle caratteristiche principali del vino
(aumento del pH, diminuzione dell’acidità totale). Si segue l’andamento della FML dosando la
diminuzione dell’acido malico.
•
In cantina: la cromatografia su carta (o su strato sottile) è semplice da realizzare ed è un
buon indicatore del fenomeno. Le gocce di vino messe in fondo al foglio di carta vengono
sottoposte a cromatografia grazie alla risalita del solvente per capillarità. La migrazione
separa gli acidi, precisamente l’acido malico e l’acido lattico, la cui presenza viene segnalata
da un indicatore colorato. Nel corso della FML, l’intensità della macchia dell’acido malico
diminuisce, mentre quella dell’acido lattico aumenta. Questo test non richiede un
equipaggiamento sofisticato e costoso. Però non è nè molto sensibile nè molto preciso e ciò
impone che si debba ricorrere all’analisi enzimatica in caso di dubbio sull’avvio della FML e
comunque sempre alla fine del processo.
• In laboratorio: l’acido malico è dosato più spesso mediante la metodica enzimatica. L’analisi
è affidabile e sensibile. La FML degrada la totalità dell’acido malico. Spesso nella pratica, si
considera terminata la FML quando si dosa non più di 100-200mg/l di acido malico.
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Comunque, nella maggior parte dei casi, una certa attività batterica si mantiene anche
qualche giorno dopo all’aggiunta di anidride solforosa e la degradazione dell’acido malico
viene completata.
Quali cambiamenti determina la FML?
A causa della degradazione totale dell’acido malico (acido dicarbossilico) in acido lattico
(monocarbossilico) e dello svilupo di CO2 , il cambiamento fondamentale è la diminuzione
dell’acidità. La FML è una disacidificazione biologica del vino. Il pH aumenta, l’acidità diminuisce e
la pungenza dell’acido malico viene sostituita dal gusto più morbido dell’acido lattico. La FML è
ricercata proprio per questa morbidezza che conferisce al vino e ben si adatta ai vini bianchi delle
regioni settentrionali, ai vini base dello Champagne, ai vini bianchi di Borgogna e generalmente a
tutti vini ottenuti dal vitigno Chardonnay. A parte i vini caratterizzati da aromi varietali, numerosi
sono i vini bianchi che traggono beneficio da tale fermentazione. Anche nel caso del Sauvignon, si
sono ottenuti vini più intensi, complessi, morbidi e più grassi. Per quanto riguarda i vini rossi, la
bassa acidità conferita dalla FML è determinante per la morbidezza e la rotondità che apporta. Tutti i
vini rossi, fatto salvo per poche eccezioni, richiedono la FML.
Ma la disacidificazione non è la sola conseguenza. Sono numerose le trasformazioni implicate
nell’evoluzione gustativa e aromatica. Vengono sintetizzate sostanze volatili e vengono modificati
dei composti del colore (nei vini rossi). Questi cambiamenti vengono evidenziati dall’analisi
sensoriale. Finora, non sono stati ancora identificati tutti.
Una delle trasformazioni note riguarda l’acido citrico, la cui concentrazione iniziale è dell’ordine di
0,25 g/l. Essa dà origine al diacetile (molecola con aroma di burro) che partecipa in modo evidente
al bouquet del vino, ma non è sempre apprezzata se presente in quantità eccessiva. Altre molecole
con il gruppo carbonile formate anch’esse durante la FML conducono alla formazione, per reazione
chimica con alcuni aminoacidi, a composti eterociclici aromatici. Infine, il metabolismo degli
aminoacidi come la metionina e la cisteina producono composti volatili interessanti o, al contrario,
da evitare.
Acido citrico
Acido
ossalacético
CO2
Acido piruvico
Acido acetico
Diacétile
Acetoina
Butandiolo
ATP
Acido acetico
Acetil CoA
Acidi grassi
Lipidi
Nel corso della FML l’aumento dell’acidità volatile è sempre lieve, meno di 0,15 g/l. Proviene in parte
dalla fermentazione degli zuccheri residui della fermentazione alcolica e in parte dalla degradazione
dell’acido citrico.
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La stabilizzazione microbiologica non deve essere considerata definitiva dopo la FML. La
produzione di sostanze tossiche per i batteri stessi e l’utilizzazione delle sostanze nutritive preferite
durante la FML possono effettivamente rendere ancora più ostile il mezzo. Ma se il pH è troppo alto,
tali inibizioni non hanno più effetto e il mezzo diventa più facilmente contaminabile da altri batteri.
Perchè la FML ha luogo dopo la fermentazione alcolica?
La FML è il risultato dell’attività dei batteri lattici che si sono moltiplicati nel vino, raggiungendo una
popolazione molto ampia.
I batteri si trovano nel mosto d’uva, ma le condizioni di vinificazione sono tali da non consentirne lo
sviluppo durante la fermentazione alcolica. Nel mosto esistono molti tipi di batteri. Il mezzo ricco di
zuccheri, di aminoacidi, di vitamine sarebbe idoneo alla loro crescita se i lieviti non colonizzassero il
mezzo. Nella competizione tra lieviti e batteri sono i primi a vincere, in quanto si sono adattati meglio
dei batteri alla crescita. Il mezzo “occupato” dalla popolazione dei lieviti in fermentazione diventa via
via più ostile ai batteri. La varietà iniziale di specie e di ceppi si assotiglia e la popolazione
regredisce fino alla fine della fermentazione alcolica.
In quel momento il vino ospita, oltre alla popolazione di lieviti in fase di declino e di autolisi, una
popolazione di batteri lattici debole ma selezionata per la tolleranza a numerosi inibitori comparsi
durante la fermentazione alcolica. La composizione del mezzo continua a cambiare poichè
nonostante l’arresto della fermentazione degli zuccheri, si verificano altri fenomeni biochimici
importanti: l’autolisi dei lieviti che libera fattori di crescita e sostanze nutritive per i batteri lattici. Da
parte loro, i batteri, per azione delle proteasi e delle glucanasi, accelerano l’autolisi. Un insieme di
fenomeni ben orchestrati favoriscono la crescita dei batteri. Quando la popolazione arriva a 106
UFC/ml la degradazione dell’acido malico diventa visibile, è l’inizio della FML. Una volta avviata, va
fino alla fine salvo rare eccezioni e a meno che si verifichino improvvisi raffreddamenti.
Quali batteri intervengono e quali sono I fattori del loro sviluppo?
In una FML spontanea, i batteri lattici provengono dalla contaminazione naturale del mosto d’uva.
Finora sono stati identificati più di una decina di lattobacilli e di cocchi nel mosto e nel vino.
Tassonomia dei batteri lattici del vino
Generi :Lactobacillus, Pediococcus, Leuconostoc, Oenococcus
Specie : Lactobacillus plantarum, L.casei, L.hilgardii, L.brevis, L.fructivorans, L.kunkei, L.nageli,
L.diolivorans,…….
P.damnosus, P.cerevisiae, P.parvulus; L. mesenteroides; Oenococcus oeni
Oenococcus oeni
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P.damnosus
L.hilgardii
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I fattori principali che agiscono sulla crescita dei batteri sono il titolo alcolometrico, il tenore di
anidride solforosa, la temperatura e il pH. L’effetto di ciascuno di essi deve essere considerato in
funzione del livello degli altri tre. Ma è evidente che il vino non deve essere solfitato dopo la
fermentazione alcolica e che la temperatura deve essere controllata. Il tenore di SO2 libera deve
essere il più basso possibile; è generalmente pari a 0, in quanto quella che è stata aggiunta in
vendemmia è combinata. La temperatura ottimale per ottenere l’avvio della FML è di 20-22°C. Un
raffreddamento ne rallenta il processo, un aumento della temperatura lo stimola.
L’etanolo diviene un potente inibitore dei batteri per concentrazioni superiori al 10%. La FML risulta
più difficile per tutti i vini con tasso alcolometrico più elevato. Ma il fattore più importante è il pH. Per
valori compresi tra 3 e 4, più è alto, più il mezzo diventa ospitale per la crescita batterica. Al di sotto
di 3, nei vini molto acidi, la FML è particolarmente difficile e inversamente è più facile a pH superiori.
Ma ciò vuol dire anche che tanto più il pH è alto, tanto più saranno numerose le specie e i ceppi di
batteri che vi possono crescere. La selezione della specie Oenococcus oeni è anch’essa legata al
pH.
Si considera che la specie Oenococcus oeni sia quella più favorevole alla qualità dei vini. E’
comunque la specie predominante durante la FML, probabilmente perchè è quella che meglio si è
adattata al mezzo vino dopo la fermentazione alcolica.
Ma nella FML spontanea più ceppi differenti intervengono simultaneamente.
Diversité des souches d’Oenococcus oeni pendant la fermentation malolactique
D
B
F
B
E
G
A
A C
Profils de restriction de 18 isolats d’une cuve en FML : restriction par NotI
Nei vini con pH elevato, O. oeni è la specie presente in modo preponderante durante la FML, ma
non è l’unica. Molte altre specie trasformano anch’esse l’acido malico in acido lattico. In quei vini
dove la selezione è stata meno spinta, il pH, spesso vicino a 4,0 alla fine della FML, rende più facile
la crescita di lattobacilli o pediococchi i cui effetti sono spesso deleteri.
Come si possono controllare I batteri lattici della FML?
-
Impedire la FML: il modo più diffuso è la solfitazione del vino dopo la fermentazione alcolica. La
SO2 libera è molto efficace nei riguardi dei batteri lattici, soprattutto a pH bassi. E’ la SO2
molecolare (o SO2 “attiva”) che è tossica. Nei vini bianchi nei quali la FML non è desiderata, o in
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certi vini rossi, viene quindi aggiunta anidride solforosa alla fine della fermentazione alcolica alla
dose stabilita di 20-30 mg/l di SO2 libera necessaria per la conservazione.
-
Ritardare la FML: non è facile rallentare la crescita batterica una volta avviata. Dopo la
fermentazione alcolica, nella pratica se il vino non è mantenuto, o portato alla temperatura di 1820°C è abbastanza improbabile che la FML inizi. Quindi il freddo può momentaneamente
ritardare il fenomeno impedendo la moltiplicazione dei batteri. Un riscaldamento permette di
trovare le condizioni ottimali per la FML. Si può ottenere un ritardo distruggendo una parte della
flora batterica. Questa operazione è resa possibile usando il lisozima. Questo enzima idrolizza la
parete batterica e ciò conduce alla morte della cellula. Un’aggiunta di 10-25 g/l alla fine della
fermentazione alcolica consente di ritardare (o impedire) la FML. La sua efficacia risulta minore
nei vini rossi, a causa della reazione dei polifenoli con la proteina. L’azione del lisozima
diminuisce col tempo, probabilmente a causa della denaturazione della proteina. Il lisozima può
essere usato all’inseminazione per evitare lo spunto lattico derivante dalla simultaneità della
fermentazione alcolica e della FML.
-
Avviare la FML: la FML non inizia spontaneamente fino a quando i batteri indigeni non
raggiungono una popolazione di 106 UFC/ml. Ciò significa che il valore dei quattro parametri
fondamentali, temperatura, etanolo, pH, SO2 è incompatibile con la crescita. Basta nella maggior
parte dei casi agire su uno di essi per capovolgere la situazione. Se il vino non è stato solfitato
dopo la fermentazione alcolica, non potendo agire sul titolo alcolometrico, rimangono due fattori,
temperatura e pH, da ottimizzare.
La prima precauzione da prendere è quella di evitare un raffreddamento eccessivo del vino dopo la
fermentazione alcolica. Se necessario, il vino dovrà essere scaldato fino a 18-20°C fino a che l’acido
malico non inizia ad essere degradato. Nel caso di vini acidi, la disacidificazione chimica con
carbonato di calcio di un piccolo volume può permettere di ottenere un pied-de-cuve. Una volta
avviata la FML, questo volume è reincorporato al vino. E’ anche possibile in certi casi sfruttare i vini
provenienti dalla torchiatura nei quali la FML si avvia spontaneamente molto facilmente. Ma l’unione
del vino fiore con il torchiato non è la soluzione ottimale in questo stadio della vinificazione.
Che cosa è una coltura malolattica?
La soluzione migliore, quando la FML non ha inizio, anche quando la temperatura è favorevole e
non è presente la SO2 libera, consiste nell’aggiunta di colture malolattiche. Si tratta di supplire alla
sconfitta della popolazione indigena. L’aggiunta massiccia di batteri permette di oltrepassare la fase
di crescita problematica. Spesso questi preparati sono utilizzati quando la FML non inizia
spontaneamente alcune settimane o alcuni mesi dopo alla fine della fermentazione alcolica. Esse
dovrebbero essere aggiunte più sistematicamente e con maggiore tempestività. Si può constatare,
in effetti, senza doverlo spiegare, che più il ritardo dopo la fine della fermentazione alcolica
aumenta, più la loro efficacia diminuisce.
Le colture batteriche sono dei preparati concentrati e liofilizzati di colture di Oenococcus oeni. Sono
diversi i preparati presenti in commercio per l’inoculo dei vini sia diretto, che dopo riattivazione. Il
primo criterio della loro selezione è la capacità di sopravvivere dopo l’inoculo. Il protocollo del loro
utilizzo può variare a seconda del tipo di preparato commercializzato. In tutti i casi, l’inoculo ha lo
scopo di raggiungere una popolazione di 106 UFC/ml per degradare l’acido malico, senza dover
attendere che si sviluppi la microflora indigena. Anche nel caso dei migliori preparati, i batteri non
riescono a svilupparsi in condizioni difficili. In questi casi la biomassa apportata, mentre mantiene la
sua vitalità degrada l’acido malico. Anche se la biomassa aumenta poco o non aumenta, ciò non
costituisce un ostacolo per la FML. Ma i vini in cui la FML è stata così stentata, non devono essere
considerati delle colture efficaci per altri vini difficili. Contrariamente alle colture di lievito LSA che
possono essere moltiplicati nelle vasche di fermentazione, non è possibile utilizzare una coltura
batterica in tutte le vasche di una cantina.
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I fallimenti delle annate 1975-1980 mostrano che è molto più difficile preparare una coltura
malolattica efficace di una coltura di lievito “LSA”. I lieviti sono molto ben adattati alla crescita in un
mosto d’uva, mentre i batteri devono ritrovare l’adattamento al vino che hanno perso nel corso del
loro isolamento e della loro moltiplicazione. Per questo esistono ancor oggi in commercio pochi
preparati di colture batteriche.
E’ probabile che i diversi ceppi abbiano una diversa incidenza sul piano organolettico, ma non ci
sono ancora risultati affidabili e pertinenti che permettano di scegliere una certa coltura per l’apporto
aromatico conferito. Lo sviluppo delle colture malolattiche deve presupporre una migliore
conoscenza degli espedienti utilizzati dai batteri per adattarsi al mezzo. Quindi, sarà importante
valutare in modo oggettivo i cambiamenti aromatici e gustativi apportati dai diversi ceppi sui diversi
vitigni.
In quale momento è opportuno aggiungere una coltura malolattica?
L’aggiunta di una coltura apporta una popolazione di O.oeni dell’ordine di 5 x 106 fino a 107 UFC/ml,
un numero, quindi di batteri sufficiente per degradare l’acido malico se le cellule sono e rimangono
funzionali. La reazione malolattica è indipendente dalla crescita. Una cellula batterica di O. oeni ,
anche se si trova in un mezzo che ne impedisce la crescita, continua la trasformazione dell’acido
malico. Al pH del vino, l’acido passa all’interno della cellula, dove l’enzima malolattico assicura la
reazione. La sola condizione per l’attività, è che la cellula conservi la membrana intatta, che isoli il
sistema enzimatico dall’ambiente, per mantenere il pH vicino al valore ottimale e assicurare la
presenza dei coenzimi necessari. Essendo l’integrità della membrana strettamente correlata alla
vitalità cellulare, si può riaffermare che solo una cellula vitale è attiva. La concentrazione dell’inoculo
è sufficiente per assicurare lo svolgimento della malolattica, anche se la coltura non si sviluppa, ma
deve sopravvivere.
Una volta inoculato al vino, O.oeni metabolizza un gran numero di substrati; l’acido malico è uno di
questi. Questa trasformazione che genera energia “transmembrana” partecipa alla vita della cellula.
E’ facile e il substrato abbondante. Anche l’acido citrico è una sorgente di energia. Ma tra tutti i
substrati, gli zuccheri non metabolizzati dai lieviti sono i più energetici. Essi sono il glucosio, il
fruttosio e i pentosi presenti a concentrazioni dell’ordine di qualche centinaia di mg/l, fino a 1g/l nei
vini definiti secchi. La via metabolica utilizzata da O.oeni (e da altri batteri del vino) è la
fermentazione eterolattica, il cui principale effetto è la produzione di acido acetico. Per questa
ragione, è importante di aggiungere i batteri malolattici solo alla fine della fermentazione alcolica.
Inoculare una coltura consiste nell’aggiungere di nuovo una quantità importante di batteri la cui
attività primaria è di metabolizzare tutti quei substrati da cui possono ricavare energia. Alla fine della
fermentazione alcolica, tutti gli zuccheri saranno metabolizzati, così come l’acido malico sarà
decarbossilato. Se il numero di generazioni che si sviluppano è limitato, anche la quantità di
zucchero fermentato è limitata. Si può quindi osservare che tutto l’acido malico è degradato senza
che si verifichi un aumento eccessivi dell’acido acetico. Ma non è possibile controllare questa
situazione. L’equilibrio che occorrerebbe raggiungere dipende da un gran numero di fattori, che il
vinificatore non riesce a controllare. Gli incidenti avvengono poichè la popolazione batterica
raggiunge una concentrazione troppo elevata (> 108 UFC/ml). L’acido malico è sicuramente
metabolizzato, ma i danni sono importanti: arresto della fermentazione alcolica a causa
dell’eliminazione della popolazone dei lieviti in fase di declino e aumento dell’acidità volatile. Si può
riscontrare questa situazione nei vini favorevoli per il valore del loro pH, dove l’inoculo si moltiplica a
partire dagli zuccheri, ma questo può accadere anche nei vini più acidi. In effetti, la “fermentiscibilità
malolattica” non è legata solamente al pH; essa dipende da altri fattori i cui limiti sono
interdipendenti e che non è possibile controllare.
Numerosi studi descrivono l’inoculo riuscito di colture a diversi stadi della fermentazione alcolica.
Mostrano che la competizione lieviti/batteri per gli zuccheri e la vitalità possono raggiungere un
livello compatibile con la qualità del vino. Ma l’equilibrio è troppo fragile, anche per le coppie lievito-
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batteri descritte come ottimali, e assolutamente imprevedibile, poichè tutti i dati del sistema in
interazione non possono essere conosciuti per ogni vino. L’assenza di incidenti nei casi sperimentali
descritti non consente di consigliare tale pratica; l’assunzione del rischio non è giustificata. Infine,
occorre sottolineare che ben in poche prove di utilizzo di colture all’inizio della vinificazione è stata
verificata l’identità del ceppo batterico responsabile della FML, cioè della riuscita dell’inoculo
batterico.
In conclusione
I batteri malolattici disponibili sul mercato sono sempre più efficaci. L’industria ha acquisito una
buona capacità, talvolta empirica ma efficace, nella preparazione di queste biomasse. Non c’è
ragione di rischiare lo spunto lattico inoculando precocemente il vino. D’altra parte, non è mai stato
dimostrato correttamente che un vino veramente “recalcitrante” alla FML sarebbe stato vinificato più
facilmente aggiungendo la coltura durante la fermentazione alcolica.
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