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30 ottobre 2014
Ebola – 2° documento di lavoro dell'ASI – Trasmissione in Spagna e negli USA
Nell'Africa occidentale l'epidemia di Ebola ha raggiunto proporzioni mai viste prima d'ora. Pertanto gli obiettivi prioritari consistono nel contenerne la diffusione, ridurre il rischio di contagio e curare e assistere i malati.
Quale conseguenza del traffico globalizzato non si può escludere che un portatore di Ebola
(p.es. un operatore sanitario che ha lavorato con malati di Ebola) si rechi in un ospedale svizzero. In questo documento di lavoro l'ASI affronta il tema della prevenzione e protezione del personale infermieristico in Svizzera.
La situazione attuale
L'OMS ha comunicato che il 17 ottobre 2014 erano segnalati 9212 malati di Ebola e 4555 erano
già morti per tale malattia. La cartina presenta la situazione nell'Africa occidentale (Ebola Response Map 20.10.14)
https://extranet.who.int/Ebola/
I centri di cura nell'Africa occidentale sono sovraffollati e gli specialisti nazionali e internazionali
sovraccarichi di lavoro. Già molti soccorritori, soprattutto personale infermieristico, sono stati
contagiati per aver lavorato con malati di Ebola. http://www.msf.ch/news/articles/detail/Ebola-lecentre-Ebola-de-donka-atteint-ses-limites-physiques/
Anche il personale internazionale è stato contagiato, p.es. un americano, una norvegese e una
collaboratrice francese di Medici senza Frontiere.
http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/136161/1/roadmapupdate10Oct14_eng.pdf?ua=1
Spagna:
Il 6 ottobre 2014 l'OMS è stata informata del primo caso di contagio interpersonale al di fuori
dell'Africa: un'infermiera ausiliaria, che per due giorni aveva aiutato ad assistere uno spagnolo,
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che aveva contratto la malattia nella Sierra Leone, è stata contagiata, pur avendo utilizzato materiali protettivi adeguati.
L'OMS riferisce che la donna il 29 settembre 2014 ha iniziato ad avere febbre e il 6 ottobre è
stata ricoverata in ospedale. Successivamente è stata trasferita all'ospedale La Paz-Carlos III e
isolata. Un test dell'Ebola eseguito il giorno stesso ha confermato l'infezione.
In base a quanto pubblicato dai giornali (El Pais, ecc.), quando è comparsa la febbre l'infermiera si è rivolta al proprio datore di lavoro, che le ha detto di rivolgersi a un altro istituto, in quanto
la febbre non arrivava a 38,5 °C. Si teme che durante i 7 giorni precedenti l'isolamento la donna
abbia potuto contagiare anche altre persone. Le accuse reciproche sono molte e pare che il
caso stia diventando una crisi politica. Un commento critico a questo riguardo, redatto dal corrispondente del Tages Anzeiger per la Spagna, è stato pubblicato il 12.10.2014.
http://www.tagesanzeiger.ch/ausland/europa/Operation-Herzlichkeit-wurde-zumFiasko/story/19128413
USA:
Il 12 ottobre 2014, nel Texas Presbyterian Hospital un'operatrice sanitaria che aveva partecipato alle cure di un malato di Ebola, dopo essersi sottoposta al relativo test, è risultata positiva ed
è stata isolata.
"CDC confirms that the healthcare worker is positive for Ebola."
http://www.cdc.gov/vhf/Ebola/outbreaks/2014-west-africa/united-states-imported-case.html
Il 14 ottobre 2014 una seconda infermiera del medesimo ospedale è risultata positiva al test ed
è stata messa in isolamento.
http://www.cdc.gov/media/releases/2014/s1015-texas-second-health-care-worker.html
Finora non è chiaro come la malattia sia stata trasmessa in questi due casi. Successivamente il
CDC ha emanato istruzioni più severe per la protezione dei collaboratori, in particolare per
quanto concerne l'impiego corretto dell'equipaggiamento protettivo, il processo di decontaminazione (entrata e uscita dall'anticamera) come pure la formazione e l'addestramento dei collaboratori.
La malattia e la sua prevenzione
La febbre di Ebola è una grave malattia virale, sovente con esito mortale. Il virus può causare
una febbre emorragica, ossia accompagnata da versamenti di sangue. La malattia può essere
trasmessa attraverso il contatto con sangue, feci, vomito e altri secreti corporei del malato e
anche direttamente da una persona all'altra (UFSP). Il periodo di incubazione varia da 2 a 21
giorni dopo il contagio (generalmente da 4 a 10 giorni). Il rischio di morire in seguito al contagio
va dal 55 al 90%. Per il momento non esiste nessuna cura omologata. Attualmente si ritiene che
una persona infetta diventi contagiosa soltanto quando si manifestano i sintomi.
Misure protettive adeguate consentono di ridurre al minimo il rischio di contagio. I due casi negli
USA e in Spagna dimostrano però che anche con un sistema sanitario ben sviluppato l'assistenza ai malati di Ebola non è esente da rischi.
La situazione in Svizzera
Gli episodi negli USA e in Spagna indicano che quando si manifesta un caso di Ebola gli operatori sanitari sono particolarmente esposti al rischio.
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Attualmente l'ASI ritiene che si debba intraprendere quanto segue:
1. Essere pronti per tutte le eventualità (Epidemic Preparedness)
Sulla base dei piani di emergenza esistenti ogni ospedale specifica la procedura qualora si presenti il sospetto di un'infezione da virus di Ebola. Tutti i collaboratori che potrebbero avere contatto con un malato di Ebola o con le sue escrezioni, vengono informati attivamente su questa
pianificazione. In primo piano ci sono i collaboratori delle unità di pronto soccorso e di cure intense, come pure quelli dei reparti infettivi.
Tutti i materiali protettivi necessari devono essere disponibili e conosciuti. Mediante esercitazioni sull'uso dei materiali protettivi, in particolare per indossarli e toglierli, si trasmette un senso di
sicurezza.
La procedura, quando si presenti un caso sospetto, è definita: protezione personale dei collaboratori, domande sui viaggi recenti, contatto con malati, misurazione della febbre e prescrizioni
su come e dove un potenziale paziente debba essere isolato, ecc. I criteri dell'UFSP per la definizione del caso sono noti.
2. Informazione degli operatori sanitari potenzialmente esposti – Hotline nazionale
In ogni ospedale tutti i collaboratori potenzialmente esposti devono essere informati sul servizio
interno, a cui devono rivolgersi, se hanno domande o sospetto di un contagio da Ebola. Inoltre
va istituita una hotline nazionale per contattare l'Ufficio federale della sanità pubblica.
3. Personale supplementare
La cura dei malati di Ebola richiede molto personale. È importante pianificare in anticipo le risorse. Bisogna prevedere personale supplementare per lavorare nelle camere di isolamento e
garantire che gli indumenti protettivi siano usati senza errori. Gli operatori sanitari, che devono
lavorare con il disagio di calore, scarso apporto di aria e complicate procedure per vestirsi e
svestirsi, sono più lenti e devono essere rimpiazzati con maggiore frequenza. Si consiglia di
impiegare operatori sanitari che si annunciano volontariamente per questo compito.
4. Qualificazione del personale
Per la cura e il trattamento di malati di Ebola bisogna impiegare operatori sanitari e altri specialisti ben qualificati ed esperti. Sarebbe irresponsabile delegare questo lavoro a personale ausiliario, studenti o principianti.
Il personale infermieristico ha in tutti i casi l'obbligo di prendersi cura dei malati di
Ebola?
Chi sceglie una professione sanitaria, fondamentalmente si impegna a prendersi cura secondo
scienza e coscienza dei pazienti affidatigli. Questa norma deontologica si rispecchia nell'ordinamento legale (si vedano le norme del contratto di lavoro che disciplinano gli obblighi del lavoratore, il diritto del datore di lavoro di impartire istruzioni, le disposizioni della polizia sanitaria
concernenti gli obblighi degli operatori sanitari e le norme penali sull'obbligo di prestare aiuto in
una situazione di emergenza).
Peraltro dal punto di vista legale si può affermare che non si tratta di un obbligo incondizionato
né illimitato. Per esempio da nessuno ci si aspetta un aiuto che metta a repentaglio la sua vita o
la sua salute; il diritto del datore di lavoro di impartire istruzioni non arriva al punto di potere
esporre il collaboratore a un rischio irragionevole; al dovere di fedeltà del collaboratore si conPagina 3
trappone il dovere di assistenza del datore di lavoro; sia il Codice delle obbligazioni sia la legge
sul lavoro obbligano quest'ultimo a prendere a tutela della salute dei lavoratori tutti i provvedimenti, che l'esperienza ha dimostrato necessari, realizzabili secondo lo stato della tecnica e
adeguati alle condizioni d'esercizio.
Tutti gli operatori sanitari sono anche cittadini con diritti e doveri che vanno oltre la loro professione, in particolare nei confronti delle loro famiglie e del loro ambiente sociale. Pertanto tutte
le persone che assistono e curano hanno il diritto di esigere le condizioni di lavoro più sicure
possibili, di disporre di tutte le informazioni rilevanti e di un'infrastruttura che in base allo stato
attuale delle conoscenze permetta di prevenire efficacemente le infezioni da virus di Ebola e di
ricevere l'istruzione necessaria e completa.
A questo proposito valgono le considerazioni seguenti: da una parte, nel caso di un'infezione da
Ebola, la mortalità è estremamente elevata; dall'altra parte si è visto che anche negli ospedali in
Europa e in America del nord, che si pensava disponessero di un'infrastruttura ottimale, ci sono
stati contagi di operatori sanitari.
Se pertanto le condizioni menzionate, in base alla debita e coscienziosa valutazione degli interessati, non sono soddisfatte, o se questi ritengono prioritaria la loro responsabilità nei confronti
del loro ambiente personale, è permesso rifiutare l'incarico oppure aspettarsi che venga affidato
a colleghe o colleghi che sono disposti ad accettarlo.
L'esempio della SARS ha dimostrato che molti degli operatori sanitari coinvolti hanno deciso
consapevolmente di assumersi i rischi e, per motivi altruisti e deontologici, di curare i malati.
(Ethics and SARS: Learning Lessons from the Toronto Experience). Mediante informazioni oggettive e procedure standardizzate le istituzioni hanno l'obbligo di prevenire attivamente qualsiasi forma di stigmatizzazione sia delle persone (potenzialmente) infette sia degli operatori sanitari che se ne prendono cura o che si rifiutano di prestare una tale assistenza.
L'Ufficio federale della sanità pubblica offre nel proprio sito internet informazioni costantemente aggiornate.
http://www.bag.admin.ch/themen/medizin/00682/00684/01061/index.html?lang=it
UFSP: Criteri e definizioni dei casi in cui si sospetta febbre di Ebola
(Stato: settembre 2014)
Criteri
1. Criteri clinici per la febbre di Ebola:
Febbre acuta e persistente ≥ 38,5 °C
2. Criteri epidemiologici:
Entro gli ultimi 21 giorni dall'inizio dei sintomi:
A. Soggiorno in una zona 1, in cui si sa che si sono verificati contagi interpersonali con il virus di Ebola
E contatto con un malato di Ebola, vivo o defunto.
B. Contatto con un caso confermato di Ebola.
Definizione dei casi
1. Sospetto di Ebola:
sono soddisfatti i criteri clinici E uno dei criteri epidemiologici (A o B).
Successivamente la diagnosi deve essere confermata o confutata dalle analisi di laboratorio.
2. Febbre di Ebola confermata:
Un caso è considerato confermato quando gli esami di laboratorio dimostrano la presenza del virus di
Ebola in un campione del paziente.
3. Altri casi:
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Le persone che non soddisfano i criteri clinici e/o epidemiologici vanno sottoposte immediatamente
agli esami necessari per la diagnosi differenziale delle malattie tropicali dei paesi da prendere in considerazione.
È considerato contatto l'esposizione a secreti corporei (sangue, saliva, urina, escrementi, vomito, sudore
o sperma), specialmente nell'ambito della cura dei malati di Ebola e del trattamento dei cadaveri di persone morte di Ebola.
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