1. SPAZIO VETTORIALE E SPAZIO EUCLIDEO 1. Lo spazio vettoriale Rn Una n-nupla ordinata di numeri reali x = (x1 , x2 , . . . , xn ) si dice vettore a n dimensioni e il numero xi componente i-esima di x. L’insieme di tutti i vettori di dimensione n è indicato con Rn . Definiamo la relazione di uguaglianza tra vettori e introduciamo le due operazioni vettoriali di l’addizione e moltiplicazione per uno scalare1 . Definizioni: Uguaglianza. x e y sono uguali, x = y, se hanno le stesse coordinate, cioè se xi = yi per ogni i = 1, . . . , n. Addizione. Il vettore somma di x e y si ottiene sommando le componenti corrispondenti dei due vettori, cioè x + y = (x1 + y1 , x2 + y2 , . . . , xn + yn ) Moltiplicazione per uno scalare. La moltiplicazione di un vettore x per uno scalare c consiste nel moltiplicare le coordinate di x per c: cx = (cx1 , cx2 , . . . , xn ) Per l’insieme Rn dotato delle due operazioni di addizione e moltiplicazione definite sopra valgono le seguenti proprietà: P1) Proprietà di chiusura. Un insieme X è chiuso rispetto alla addizione se per ogni coppia di elementi, x e y in X l’elemento somma, x + 1 Col termine ‘scalare’ si intende qui un numero reale. 1 y è ancora contenuto in X. Un insieme X è chiuso rispetto alla moltiplicazione per uno scalare se per ogni x in X e per ogni c ∈ R anche l’elemento cx appartiene all’insieme. L’idea è che un insieme è chiuso rispetto a certe operazioni se il risultato di tali operazioni è ancora un elemento dell’insieme. P2) Proprietà commutativa e associativa della addizione e proprietà associativa e distributiva della moltiplicazione. In ordine sono le seguenti: (i) x + y = y + x; (ii) (x + y) + z = x + (y + z); (iii) c(bx) = (cb)x e (iv) c(x + y) = cx + cy. P3) Esistenza di un elemento neutro per la somma e di un elemento neutro per la moltiplicazione. Il vettore le cui coordinate sono tutte pari a 0, cioè 0 = (0, 0, . . . , 0) è detto il vettore nullo o lo zero di Rn ; il vettore nullo è l’elemento neutro della somma in quanto x + 0 = x. Per quanto riguarda la moltiplicazione l’elemento neutro è lo scalare 1, in quanto (1)x = x. P4) Esistenza dell’opposto per l’addizione. Per ogni elemento x, il vettore (−1)x (per brevità −x) è l’ opposto di x in quanto x + (−x) = 0.2 Le proprietà delle operazioni qui elencate possono essere verificate agevolmente (si vedano gli esercizi) e discendono dalle proprietà analoghe dei numeri reali. Oltre a queste proprietà ve ne sono anche altre che possono rivelarsi utili in molti casi; ad esempio, se cx = 0 allora c = 0 oppure x = 0. La dimostrazione è semplice: se c = 0 allora cxi = 0 per 2 Dalle due operazioni introdotte è possibile definire un’altra operazione tra vettori, la differenza, nel modo seguente x − y = x + (−y) = (x1 − y1 , . . . , xn − yn ). 2 ogni i, quindi xi = 0 per ogni i. Dall’altro lato, se x = 0 allora cxi = 0 per qualche xi = 0 e quindi c = 0. 2. Interpretazione geometrica delle operazioni I vettori dello spazio Rn per n ≤ 3 possono essere considerati, a seconda dei casi, come coordinate di punti della retta, del piano o dello spazio; ad esempio, al vettore (a1 , a2 ) di R2 si associa il punto del piano di coordinate (a1 , a2 ), e viceversa; quindi, è naturale indicare con una stessa lettera, ad esempio A, sia il punto del piano che il corrispondente vettore di R2 . Per analogia, dunque, estenderemo questa terminologia anche agli spazi di dimensione superiore a 3 e indicheremo con uno stesso simbolo sia i vettori di Rn che i punti dello spazio a n dimensioni. In questa parte stabiliremo una ulteriore corrispondenza tra i vettori dello spazio Rn e altri enti geometrici chiamati vettori geometrici o applicati; questo nuovo concetto consentirà di ottenere una interessante interpretazione geometrica delle operazioni algebriche precedentemente introdotte nello spazio vettoriale. Un vettore geometrico o applicato è un segmento orientato, cioè un segmento con una punta in uno degli estremi e che quindi assume la forma di una freccia. Un vettore geometrico è caratterizzato da tre fattori: la lunghezza del segmento, la direzione, indicata dalla retta su cui giace, e il verso indicato dalla punta della freccia. Per individuare un vettore geometrico è sufficiente una coppia ordinata di punti; i punti determinano il segmento, quindi la sua lunghezza e direzione, mentre l’ordine stabilisce un punto iniziale ed uno finale o vertice, cioè indica il verso. Il simbolo comunemente impiegato per indicare il vettore geometrico spiccato dal −→ punto A e con vertice nel punto B è AB. Due vettori si dicono equivalenti se hanno la stessa lunghezza, la stessa −→ direzione e lo stesso verso. Ad esempio, un vettore geometrico CD ot3 B • ........... .......... ....... ....... . . . . . . . . ........ ....... ....... ....... . . . . . . ...... A • •D −→ AB ................ ........ . ....... . . . . . . . ........ ....... ....... ....... . . . . . . ..... ....... C • −→ CD −→ tenuto da AB per traslazione (cioè attraverso uno spostamento parallelo) −→ è equivalente ad AB perché conserva le tre caratteristiche indicate. I vet−→ −→ tori geometrici AB e BA, invece, pur avendo la stessa lunghezza e la stessa direzione non sono equivalenti perché hanno verso opposto; analogamente, −→ −→ si può osservare che BA può essere ottenuto da AB attraverso due trasformazioni geometriche consecutive: si effettua una rotazione di 180 gradi −→ −→ di AB attorno al suo punto iniziale e poi si ottiene BA per traslazione. I due vettori geometrici, dunque, non sono equivalenti perché per passare dall’uno all’altro non è sufficiente una traslazione ma occorre anche una rotazione. La somma tra vettori geometrici è definita in base alla ‘regola del parallelogramma’: si considerino due vettori geometrici spiccati da uno −→ −→ stesso punto iniziale, OA e OB, e si costruisca in base ad essi un parallelogramma di vertici O, A, B e C come illustrato nella figura; il vettore −→ −→ geometrico OC, cioè la diagonale del parallelogramma è la somma di OA −→ e OB eseguita mediante la ‘regola del parallelogramma’. Limitandoci per semplicità al caso del piano, introduciamo un sistema di coordinate e caratterizziamo l’equivalenza dei vettori geometrici in termini delle coordinate dei loro punti iniziali e finali. Dato un vettore −→ AB si indichino con A = (a1 , a2 ) e B = (b1 , b2 ) le coordinate del punto iniziale e del punto finale e, come illustrato nella figura, si costruisca un −→ triangolo rettangolo di cui AB è l’ipotenusa. Si nota immediatamente che 4 •C . ............... ... ... ....... .. ... ........ . . . . ... .. . ... ... .... .. ... ... ... . .... ... ... . . . ........... ... .. .. .... .. ... ... .. ... ... . . . . . . .... ... .. ... ... .... .. ... . .... . . . . . .. .. ... ... .............. ... .... ........... ... ....... . . . . . . . . . . . .. .... ......... ... ... .......... .................. ........... B• b2 a2 • A • O ... .. .. ... . . . . . . . . . . . ................. .. . .. ........ . .. ... ....... .. ... ....... . . . . .. . . . .. ... . . . . . ................... ... ... ... ... ... ... .... ... . . .. . . ... .. . . .. . . ... .. . . ... . . ... .. . . .. . . ... .. . . .................................................................................................................... O B A • a1 b1 le differenze tra le coordinate dei punti iniziale e finale, B − A, che sono pari a (b1 −a1 , b2 −a2 ), sono le lunghezze dei cateti del triangolo rettangolo −→ di cui il vettore geometrico AB è l’ipotenusa. −→ Si consideri un’altro vettore geometrico, CD, ed in modo analogo a quello visto sopra si costruisca un triangolo rettangolo. Se le lunghezze dei cateti, D − C e B − A, dei due triangoli sono proporzionali tra loro, cioè se (D − C) = c(B − A) dove c è un numero reale non nullo, allora le ipotenuse dei due triangoli rettangoli considerati formano uno stesso −→ −→ angolo con l’asse delle ascisse. Quindi i due vettori geometrici, AB e CD giacciono su rette parallele, cioè hanno la stessa direzione; se, inoltre, c > 0 i vettori hanno lo stesso verso, se invece c < 0 hanno verso opposto. −→ −→ Supponiamo che le coordinate di due vettori geometrici AB e CD soddisfino la condizione B − A = D − C; dal punto di vista geometrico ciò −→ −→ significa che i triangoli rettangoli di cui AB e CD sono le ipotenuse sono triangoli uguali in quanto sono uguali le lunghezze dei loro cateti e quindi i due vettori geometrici hanno la stessa lunghezza, direzione e verso, cioè sono equivalenti. Questa osservazione di induce a definire l’equivalenza 5 tra vettori geometrici in termini delle coordinate dei loro punti iniziali e −→ −→ finali nel modo seguente: AB e CD sono equivalenti se B − A = D − C. Per stabilire una corrispondenza biunivoca tra i vettori di R2 e i vettori geometrici del piano (cosı̀ come si è fatto in precendenza per i punti del piano) possiamo limitarci a considerare soltanto i vettori geometrici applicati nell’origine degli assi, O. In tal caso, infatti, essendo fissato il punto iniziale è sufficiente fissare il punto finale per individuare un vettore geometrico; perciò, ad ogni punto del piano, P , associamo un vettore geometrico che parte dall’origine O e ha come vertice proprio il punto P ; e viceversa, ad ogni vettore geometrico applicato nell’origine e con vertice in P associamo il punto P . Quindi, possiamo rappresentare i vettori di R2 sia come punti del piano che come vettori geometrici applicati all’origine. Ora mostreremo che l’operazione di addizione tra vettori di Rn che abbiamo definito in precedenza ammette una importante interpretazione geometrica per n = 2: la somma tra vettori corrisponde geometricamente alla somma dei vettori geometrici eseguita mediante la ‘regola del parallelogramma’. Dati i vettori A e B si prenda un vettore geometrico equivalente a −→ −→ OA e con punto iniziale in B, cioè il vettore BC. I punti O, A, B e C sono i vertici di un parallelogramma i cui lati sono dati dai vettori geometrici −→ −→ OA e OB. Ora mostreremo che le coordinate del vertice C sono date dal vettore somma A + B e quindi il vettore somma corrisponde al vettore −→ −→ −→ geometrico OC. Poiché i vettori geometrici OA e BC sono equivalenti per costruzione, tra le coordinate dei punti deve valere la condizione A = C −B e quindi C = A + B; cioè, le coordinate del vertice del parallelogramma, C, sono date dal vettore somma A + B. Analogamente, possiamo interpretare geometricamente anche la differenza tra vettori. Ad esempio, consideriamo il vettore differenza B − A e l’identità A + (B − A) = B. Se applichiamo l’interpretazione geometrica ottenuta dall’addizione, osserviamo immediatamente che il vettore 6 ... .. .. .. ........ ... ............. ... ................ . . . .. . . ... .. . ... ........ .... ... .. ... .... . .. ..... .... .... ............ . . . ... . .... .. ... .. .... .. .. ... .... . .. ... ....... ... . . ... .. ... .. .. .. ........ .. . . . ... ... ... .... ...... .. .... ........ ................... .. ... .... ........ ... ......... ........... .. ............. ................................................................................................................................. C=A+B • B • • A O ... .. .. .. . .... ... ....... ... ...... ... . . . .. .. .. ... ... . ... .. ... ... .. .. .. .................... . . . . . ... .. ... ...... ... .... . .. .. .. . ... .. .. .. ... .......... . . . . . . . . . . . ... . .. .. .. .... . .. .. ... ....... .... . ... .. . ............... ... ... .... . . . .. . . . . ... .. .... . . . . ... . . .. .. ... . . . . ..... .. .......... .................. ..................................................................................................................... B • B-A• • A O differenza B − A deve essere uno dei lati del parallelogramma che ha per diagonale il vettore B (si veda la figura). Infine, se si considera il parallelogramma costruito su A e B possiamo concludere che la somma A + B e la differenza B − A corrispondono geometricamente alle diagonali del parallelogramma. L’interpretazione geometrica della moltiplicazione scalare è abbastanza immediata; se un vettore è un multiplo scalare di un altro, cioè se B = cA, allora, come si è già visto in precedenza, i due vettori hanno la stessa direzione e hanno verso ‘concorde’ se c > 0, mentre se c < 0 hanno verso opposto; inoltre, la lunghezza di B è |c| volte quella di A. Graficamente, i multipli scalari di un vettore A giacciono tutti sulla stessa retta passante per l’origine. Per analogia, estendiamo queste idee geometriche a tutti gli spazi vettoriali Rn . Definizione. Due vettori x e y di Rn sono paralleli se uno è un multiplo scalare dell’altro, cioè se y = cx con c = 0. Se c > 0 i due vettori hanno la stessa ‘direzione’ e lo stesso ‘verso’; se c < 0 i due vettori hanno la stessa 7 direzione ma verso opposto. 3. Prodotto scalare e spazio euclideo Allo scopo di definire le nozioni di lunghezza di un vettore, di distanza tra punti e di angolo tra vettori introduciamo una nuova operazione tra elementi di Rn . Il prodotto scalare è un’operazione che si differenzia da quelle già introdotte nello spazio vettoriale in quanto il risultato di tale operazione non è un vettore ma un numero reale. L’insieme Rn dotato della operazione di prodotto scalare, che ora definiremo, è chiamato spazio euclideo. Definizione. Il prodotto scalare (o prodotto interno) tra due vettori x e y è un numero reale definito nel modo seguente x · y = x1 y1 + · · · + xn yn = n xi yi , i=1 cioè, è la somma dei prodotti delle componenti con lo stesso indice. Il prodotto scalare cosı̀ definito per i vettori di Rn soddisfa le seguenti proprietà: S1) Commutativa: x · y = y · x. S2) Distributiva: x · (y + z) = x · y + x · z. S3) Omogeneità: c(x · y) = (cx) · y = x · (cy) S4) Positività: x · x > 0 se x = 0. S5) x · x = 0 se x = 0. La verifica di queste proprietà è semplice ed è lasciata come esercizio. Da queste proprietà ne discendono altre; ad esempio, utilizzando la proprietà commutativa e distributiva si mostra che il prodotto scalare della somma di due vettori è dato da (x + y) · (x + y) = x · x + y · y + 2x · y, 8 una formula simile al quadrato della somma di due numeri reali. Tuttavia, a differenza del prodotto definito sul campo dei numeri reali, non vale la nota proprietà che se il prodotto di due numeri è nullo allora almeno uno dei fattori deve essere nullo. Nel caso del prodotto scalare possiamo avere infatti i due vettori non nulli x = (1, 1) e y = (1, −1) e il cui prodotto scalare è x · y = 1 − 1 = 0. Vedremo più oltre qual è l’interpretazione geometrica da attribuire ai vettori il cui prodotto scalare si annulla. La definizione di prodotto scalare data sopra non è l’unica. In termini assiomatici si dice ‘prodotto scalare’ qualsiasi funzione da Rn × Rn a R che soddisfa le cinque proprietà sopra indicate. Esempio 1. Sia q un vettore di componenti strettamente positive, cioè con qi > 0 per ogni i. La funzione che ad ogni coppia di vettori x e y associa il numero n qi xi yi i=1 è un prodotto scalare in quanto soddisfa le cinque proprietà sopra indicate (si verifichi per esercizio). Prima di chiudere questa parte dimostreremo una importante proprietà del prodotto scalare: Diseguaglianza di Cauchy-Schwarz: per ogni coppia di vettori, x e y, di Rn vale: (x · y)2 ≤ (x · x)(y · y) Inoltre, il segno di eguaglianza vale se e solo se un vettore è un multiplo scalare dell’altro. In base alla definizione di prodotto scalare che abbiamo dato questa 9 diseguaglianza assume la forma: n 2 xi yi i=1 = n x2i i=1 n yi2 i=1 Ora presentiamo una dimostrazione della ‘diseguaglianza di CauchySchwarz’ valida per qualsiasi definizione di prodotto scalare (anche per quella dell’esempio 1) in quanto fa unicamente riferimento alle proprietà S1) – S5). Dimostrazione. Se x o y sono nulli allora la diseguaglianza è banalmente vera; quindi asumiamo che entrambi i vettori siano diversi dal vettore nullo. Si definisca z = sx − ty con s = y · y e t = x · y e si applichi la proprietà del prodotto scalare z · z ≥ 0, cioè (sx − ty) · (sx − ty) = s2 x · x + t2 y · y − 2stx · y ≥ 0 Sostituendo s e t si ricava (y · y)2 x · x + (x · y)2 y · y − 2y · y(x · y)2 ≥ 0 Poiché y = 0 si può dividere tutto per y · y ottenendo (y · y)x · x + (x · y)2 − 2(x · y)2 ≥ 0 da cui si ricava facilmente l’enunciato. Infine, poiché z · z = 0 se e solo se z = 0, allora l’uguaglianza vale se e solo sx = ty, cioè se un vettore è un multiplo scalare dell’altro. 4. Lunghezza o norma di un vettore Per definire la lunghezza o norma di un vettore di Rn faremo riferimento anche in questo caso alla interpretazione geometrica disponibile 10 per i vettori di R2 . Il vettore geometrico spiccato dall’origine e con vertice nel punto x = (x1 , x2 ) è l’ipotenusa di un triangolo rettangolo i cui cateti hanno lunghezza pari a x1 e x2 . Per il teorema di Pitagora sappiamo che la lunghezza dell’ipotenusa al quadrato è pari alla somma dei quadrati dei cateti, x21 + x22 = x · x, cioè è pari al prodotto scalare del vettore con se stesso. Abbiamo quindi trovato un’interessante interpretazione geometrica del prodotto scalare: la radice quadrata del prodotto scalare di un vettore con se stesso è pari alla lunghezza del vettore. Per analogia, estendiamo il concetto di lunghezza anche agli spazi vettoriali di dimensione maggiore di 3, anche se l’interpretazione geometrica non è più possibile. Definizione. La norma di un vettore è definita nel modo seguente x = √ x · x, cioè è la radice quadrata del prodotto scalare del vettore per se stesso. Dalle proprietà del prodotto scalare discendono le seguenti proprietà per la norma: N1) Omogeneità: cx = |c|x N2) Positività: x > 0 se x = 0. N3) x = 0 se x = 0. N4) ‘Diseguaglianza triangolare’: per ogni coppia di vettori x e y vale x + y ≤ x + y Le prime tre proprietà sono facilmente verificabili; per quanto riguarda la ‘diseguaglianza triangolare’ daremo la dimostrazione qui di seguito. Dimostrazione. Si tenga presente che la ‘diseguaglianza triangolare’ si può scrivere in modo equivalente come segue: x + y2 ≤ (x + y)2 11 Inoltre, si noti che x + y2 = x · x + y · y + 2x · y e che (x + y)2 = x · x + y · y + 2x · y. Infine, si applichi la ‘diseguaglianza di CauchySchwarz’ nella forma |x · y| ≤ xy e si noti che (x · y) ≤ |x · y|. Dal concetto di norma possiamo passare facilmente a quello di ‘distanza’ tra i punti di Rn . Possiamo infatti definire la distanza tra due punti come la lunghezza del vettore geometrico che li unisce. Dati due punti, A e B sappiamo che la differenza B − A è un vettore equivalente al vettore −→ geometrico BA; quindi la distanza tra A e B è la lunghezza del vettore −→ geometrico BA, cioè B − A. Ora possiamo dare una giustificazione al nome attribuito alla proprietà N 4): questa proprietà esprime il semplice fatto che in un triangolo la lunghezza di un lato è inferiore alla somma delle lunghezze degli altri due lati. Siano infatti i tre punti del piano A, B e C i vertici di un triangolo e siano A − B, A − C e C − B la lunghezza di ciascuno dei tre lati. Tra le lunghezze vale la diseguaglianza sopra richiamata, e cioè A − B ≤ A − C + C − B Se ora poniamo x = A − C, y = C − B abbiamo anche x + y = A − B e andando a sostituire nell’espressione sopra otteniamo proprio la ‘diseguaglianza triangolare’; quindi l’ovvio risultato secondo cui in un triangolo la somma di due lati è maggiore del terzo lato si traduce in termini analitici nella diseguaglianza triangolare. Chiudiamo questo paragrafo osservando che anche per la norma cosı̀ come per il prodotto scalare si può adottare un approccio assiomatico e definire norma qualsiasi funzione da Rn a R che soddisfi le quattro proprietà sopra indicate, cioè N1) – N4). 12 Esempio 2. Definiamo la funzione n(x) = maxi=1,...,n |xi |. È facile verificare che n è una norma; infatti, n(cx) = max |cxi | = max |c||xi | = |c| max |xi | = |c|n(x), cioè la N1) è soddisfatta. Inoltre, se x = 0 allora xj = 0 per qualche j, quindi n(x) = max |xi | ≥ |xj | > 0, cioè anche N2) è soddisfatta. La N3) è ovvia ed infine per la N4) si applichi la diseguaglianza triangolare per i valori assoluti, cioè |xi + yi | ≤ |xi | + |yi |. 5. Ortogonalità e proiezione ortogonale Nei paragrafi precedenti abbiamo utilizzato il prodotto scalare per definire la lunghezza di un vettore e la distanza tra i punti di Rn . Ora vedremo che il prodotto scalare è strettamente legato anche al concetto di angolo tra vettori. Prendiamo in esame in primo luogo il caso di due vettori del piano, x e y, che formano tra loro un angolo di 900 , cioè due vettori perpendicolari. Poiché i due vettori sono i cateti di un triangolo rettangolo sappiamo (dal teorema di Pitagora) che devono soddisfare la condizione x + y2 = x2 + y2 (∗) Se sviluppiamo algebricamente l’espressione x + y2 ricaviamo x + y2 = (x + y) · (x + y) = x2 + y2 + 2x · y (∗∗) Perciò se x e y sono perpendicolari (cioè, vale la (*)) allora la (*) e la (**) dovranno essere uguali e quindi x · y = 0. Abbiamo visto, cioè, che se due vettori sono perpendicolari allora il loro prodotto scalare è pari a zero (e viceversa). Anche in questo caso estendiamo l’interpretazione geometrica al caso generale di Rn : Definizione. Due vettori x e y si dicono ortogonali se il loro prodotto scalare è nullo, cioè se x · y = 0, e si scrive x ⊥ y. 13 .. .. .. .. ... .. ..... ... ......... ... . ... .. ... .. ... ... ... .. ... ... ... ... ... .. ... .. ... ... .... .............. ... ... ... .......... ......... ........... ... ........ . . . . . . ... .. ........... .... ........ ............................................................................................................................................................ x·y = 0 y x O Ogni vettore di Rn può essere espresso in modo univoco come la somma di due vettori ortogonali; questo importante risultato è noto come il teorema della ‘scomposizione ortogonale’. Illustreremo questo risultato nel caso di R2 . Dati due vettori x e y non nulli è possibile esprimere il vettore y come somma di due vettori perpendicolari tra loro di cui uno è un multiplo scalare di x; la figura illustra il procedimento per ottenere questa scomposizione del vettore y. In termini formali si ha: dati due vettori non nulli x e y è possibile scrivere in modo univoco, y = tx + z con x⊥z=0 (1) Come si vede dalla figura il vettore tx è individuato tracciando la perpendicolare dal punto y sul vettore x; tx è chiamata la proiezione ortogonale di y su x. Il valore dello scalare t dipende dai due vettori x e y e si può ricavare agevolmente; infatti, dalla (1) si ha z = y − tx; inoltre, poichè z e x sono perpendicolari deve valere x · z = x · (y − tx) = 0 da cui si ricava immediatamente t= x·y x·x (2) Definizione. Dati due vettori x e y, la proiezione ortogonale di y lungo x è data dal vettore tx con t = x · y/x · x. 14 Ora utilizziamo il risultato sopra visto per introdurre la nozione di angolo tra vettori in Rn . Rimanendo nel caso del piano, indichiamo con θ l’angolo compreso tra i vettori x e y, come illustrato nella figura. Se pensiamo a y come un punto sul cerchio con centro nell’origine, si può mostrare che esiste una relazione tra il prodotto scalare di x e y e il coseno dell’angolo θ compreso tra i due vettori. Infatti, dato che y è il raggio del cerchio, la definizione di coseno di θ, in questo caso in cui 0 < θ < π/2, è cos θ = tx x = |t| ; y y sostituendo t dalla (2) si ricava un’importante formula: cos θ = x·y x y (A.1) Questa formula consente di definire l’angolo tra vettori in funzione delle loro norme e del loro prodotto scalare; cioè l’angolo compreso tra x e y è il numero θ che soddisfa l’equazione (A. 1); tale numero è ben definito, in quanto, per la diseguaglianza di Cauchy-Schwartz si ha |x·y|/x y ≤ 1. Inoltre, dalla (A. 1) otteniamo una espressione equivalente del prodotto scalare: il prodotto scalare tra due vettori x e y è uguale al prodotto delle norme moltiplicato per il coseno dell’angolo compreso tra i due vettori, cioè x · y = x y cos θ. Da questa espressione si ricava un’interessante interpretazione geometrica del prodotto scalare. Infatti, poiché le norme sono sempre non negative, il segno del prodotto scalare dipende soltanto dall’ampiezza dell’angolo compreso tra i due vettori; tenendo presente che > 0 se 0 ≤ θ < π/2 cos θ = 0 se θ = π/2 < 0 se π/2 < θ ≤ π 15 .. .. .. .. ... .. ... ... .. .. . ............ ... ... ...... .. .......... ... .. .. . ......... . . . . . . ...... ... . .. ... ......... ... . . .. ... ... . .. ... ... .. . . .. ... .. .. .. ................... ... ... .... .......................... .. ... .. .... . ... . . . . . .. ... ..... . . . . . ..... .. .. ................. .... ......... ........................................................................................................................... y z θ tx x O si osserva immediatamente che: il prodotto interno tra x e y è (i) positivo, se i due vettori formano un angolo acuto, (ii) nullo, se i due vettori formano un angolo di 90 gradi e (iii) negativo, se i due vettori formano un angolo ottuso. 6. Applicazioni geometriche: la retta In questa parte consideriamo alcune descrizioni in termini analitici della retta nel piano e nello spazio. Partiamo, come di consueto, dal caso R2 . Dato un vettore v = (v1 , v2 ) i multipli scalari di tale vettore sono vettori paralleli a v, cioè hanno la stessa direzione di v. Se lasciamo variare lo scalare consentendogli di assumere qualsiasi numero reale, otteniamo l’insieme dei punti che stanno sulla retta passante per l’origine e con pendenza uguale a quella del vettore v. Quindi, ogni vettore determina una retta passante per l’origine che può essere espressa analiticamente, nel modo seguente x = tv con t∈R Questa espressione è detta l’equazione parametrica della retta passante dall’origine e parallela a v; il vettore v è chiamato vettore direzione. L’equazione parametrica di una retta passante per un punto diverso 16 dall’origine si può ricavare in modo analogo. Indichiamo con x i punti −−→ di una retta passante per il punto p e parallela a v. I vettori p x devono essere paralleli al vettore v, quindi tra le coordinate dei punti deve valere la relazione x − p = tv, quindi l’equazione parametrica della retta è x = p + tv. Definizione. L’equazione parametrica di una retta passante per un punto p e parallela al vettore v è data dall’espressione x = p + tv per t ∈ R. Dalla definizione è abbastanza semplice ricavare l’equazione parametrica di una retta passante per due punti dati, ad esempio, p e q. Infatti, in questo caso si può prendere come vettore direzione il vettore differenza q − p e scrivere quindi x = p + t(q − p). Nel caso di R2 , e soltanto in questo caso, possiamo sfruttare l’ortogonalità per passare dall’equazione della retta in forma parametrica alla equazione cartesiana della retta. Ovviamente la caratteristica comune a tutti i vettori che giacciono su una retta è quella di avere la stessa direzione di v. Quindi, un vettore ortogonale a v è ortogonale anche a tutti i vettori che giacciono sulla retta. Formalmente, se n = (n1 , n2 ) è un vettore ortogonale a v, cioè n ⊥ v, allora dall’equazione parametrica della retta otteniamo n · x = tn · v = 0, cioè n · x = n1 x1 + n2 x2 = 0. Dall’altro lato si osserva che, in R2 , se i vettori x e v sono entrambi ortogonali ad uno stesso vettore n allora x e v sono multipli scalari l’uno dell’altro, cioè i vettori x giacciono sulla retta passante per l’origine e parallela a v. Per dimostrare questa affermazione si ponga k = v1 /v2 e quindi si riscriva il vettore v = (v1 , v2 ) = v1 (1, k); cioè, si riscriva il vettore v come multiplo scalare del vettore di componenti (1, k). Dalle condizioni di ortogonalità x ⊥ n e v ⊥ n si ottiene x2 /x1 = v2 /v2 = k, cioè x2 = kx1 ; quindi possiamo riscrive il vettore x come segue, x = x1 (1, k), cioè anch’esso come 17 multiplo scalare del vettore (1, k). Pertanto i vettori x e v sono multipli scalari. Da questa discussione abbiamo ricavato la conclusione che l’insieme dei punti x di R2 che soddisfano l’equazione n · x = 0 è una retta passante per l’origine e con vettore direzione perpendicolare a n. Il vettore n è chiamato il vettore normale alla retta e n · x = 0 è l’equazione cartesiana della retta. Analogamente, si può mostrare che l’equazione n · (x − p) = 0 rappresenta una retta passante per il punto p e con direzione perpendicolare al vettore n