Quello che a livello umano sembrava ormai definito, è invece messo in crisi dall’intervento del Signore: egli colpisce la casa del faraone con grandi piaghe come secoli più tardi colpirà un altro faraone per aver oppresso i figli d’Israele (Es 7,8-11,10: si usa nel nostro passo il vocabolo ebraico che in Esodo indica le “piaghe”). Nel passo Abramo, invece di essere una benedizione per le nazioni (come gli aveva promesso Dio, cf. 12,3) diventa l’occasione di una punizione. Il testo non ci dice come il faraone abbia saputo del motivo della calamità abbattutosi sulla sua casa, né come sia giunto a sapere della vera identità di Sara. Forse è ricorso alla divinazione, oppure alla fine Sara si è svelata. La sua reazione è tuttavia netta: di fronte alla piaga inferta da Dio, egli si sottomette a differenza del suo successore del tempo dell’esodo. La donna è restituita ad Abramo, ma anche in questo caso nulla a lei è chiesto. A ben guardare è solo Dio a preoccuparsi di Sara (egli colpì il faraone per il fatto di Sara), e non si può escludere che la breve frase che il testo dedica all’attenzione divina voglia alludere al fatto che Dio ha ascoltato la sua invocazione per l’ingiustizia che aveva dovuto subire. Alla fine Abramo deve lasciare l’Egitto in cui pensava di trovare rifugio; con il suo ordine il faraone, inconsapevolmente, rimette in moto il progetto di Dio, affinché le sue promesse possano attuarsi. Momento riespressivo Nella nostra vita, con le nostre scelte, possiamo essere momento di benedizione o di maledizione per le persone che incontriamo… Proviamo a ricostruire insieme gli elementi di “vangelo”, di annuncio positivo, che ci vengono da questo episodio della vita di Abramo L’uomo teme tutto ciò che può diminuirlo, tutto ciò che può mortificare la sua vita, averi, prestigio, sicurezza, tutto ciò che potrebbe metterlo in situazioni imbarazzanti, spiacevoli, di contestazione. Da queste situazioni fuggiamo in tutti i modi, alcuni leciti e onesti, altri ambigui: non uccido, non sono disonesto, non faccio male a nessuno, però cerco di cavarmela come posso… L’ambiguità dell’esistenza, questa ansietà, questa paura della diminuzione, dello svilimento, della perdita, si può riferire a tante cose, non solo ai beni materiali ma anche alla salvaguardia di una certa posizione: devo mantenere il mio posto, il mio “buon nome”, e quindi devo impedire questo o quello, devo usare i mezzi che mi si presentano. Che cosa fa l’uomo? Si lascia prendere dall’ansia, e allora si cercano degli espedienti per resistere. In che senso credere in Dio fa la differenza? Hai mai avuto occasione di far fronte alle tue paure tramite la fede? Gn 12, 10-20 Io sono un uomo di speranza perché credo che Dio è nuovo ogni mattina, che crea il mondo in questo preciso istante, e non in un passato dimenticato. Ciò mi obbliga ad essere pronto ogni istante all’incontro. Poiché l’inatteso è la regola della Provvidenza. Questo Dio “inatteso” ci salva e ci libera da ogni determinismo e sventa i foschi pronostici dei sociologi. Questo Dio inatteso è un Dio che ama i suoi figli, gli uomini. È questa la sorgente della mia speranza. Sono un uomo di speranza non per ragioni umane o per ottimismo naturale. Ma semplicemente perché credo che lo Spirito è all’opera nella Chiesa e nel mondo, che questi lo sappia o no. Sono un uomo di speranza perché credo che lo Spirito Santo è per sempre lo Spirito creatore che dà ogni mattina a chi lo accoglie, una libertà nuova e una provvista dì gioia e di fiducia. Sono un uomo di speranza perché so che la storia della Chiesa è una lunga storia tutta piena di meraviglie dello Spirito Santo... Sperare è un dovere, non un lusso. Sperare non è sognare, al contrario: è il mezzo per trasformare un sogno in realtà. Felici coloro che osano sognare e che sono disposti a pagare il prezzo più alto perché il sogno prenda corpo nella vita degli uomini. 10 Gn Venne una carestia nella terra e Abram scese in Egitto per 12,10-20 soggiornarvi, perché la carestia gravava su quella terra. 11 Quando fu sul punto di entrare in Egitto, disse alla moglie Sarài: «Vedi, io so che tu sei donna di aspetto avvenente. 12 Quando gli Egiziani ti vedranno, penseranno: “Costei è sua 13 moglie”, e mi uccideranno, mentre lasceranno te in vita. Di’, dunque, che tu sei mia sorella, perché io sia trattato bene per causa tua e io viva grazie a te». 14 Quando Abram arrivò in Egitto, gli Egiziani videro che la 15 donna era molto avvenente. La osservarono gli ufficiali del faraone e ne fecero le lodi al faraone; così la donna fu presa e 16 condotta nella casa del faraone. A causa di lei, egli trattò bene Abram, che ricevette greggi e armenti e asini, schiavi e 17 schiave, asine e cammelli. Ma il Signore colpì il faraone e la sua casa con grandi calamità, per il fatto di Sarài, moglie di Abram. 18 Allora il faraone convocò Abram e gli disse: «Che mi hai fatto? Perché non mi hai dichiarato che era tua moglie? 19 Perché hai detto: “È mia sorella”, così che io me la sono presa in moglie? E ora eccoti tua moglie: prendila e vattene!». 20 Poi il faraone diede disposizioni su di lui ad alcuni uomini, che lo allontanarono insieme con la moglie e tutti i suoi averi. Momento proiettivo Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio: Aiutati che il ciel ti aiuta. Chi fa da sé, fa per tre In quali circostanze facciamo riferimento a questi proverbi? In che misura li condividiamo? COMMENTO Il paese si dimostra inospitale, non a motivo dei suoi abitanti, ma delle condizioni climatiche (una carestia), perciò Abramo e la sua gente lo lasciano per l'Egitto dove ci si imbatte in un episodio che solleva nel lettore non pochi dubbi circa la rettitudine del protagonista. Ben diversa è invece la presentazione dell'Egitto e del suo re: aperti agli stranieri e timorosi di Dio. Non è sempre facile per il lettore rendere ragione di racconti di questa natura, in cui il protagonista si comporta in un modo a dir poco sconvolgente. Ma il lettore del libro della Genesi s’imbatterà di nuovo in episodi di questo genere (cf. Gn 20 e 26). Il racconto inizia con una discesa (si abbandona la terra) e termina con una risalita (il “rientro”: Gn 13,1). Il primo movimento è l’esito di una carestia, problema frequente nella terra di Canaan; diversamente, la valle del Nilo garantisce alla sua popolazione una costante produzione di cibo. Sarà il motivo che spingerà un giorno i discendenti di Abramo, i figli d’Israele, a scendere in Egitto. Il narratore ci dice che Abramo si recò “per soggiornarvi” (12,10), indicando che vi giunge da immigrato, quindi con l’intenzione di restarvi per un periodo prolungato – non solo per fare provviste. Lo stesso faranno i suoi discendenti. Nessun giudizio è dato all’azione di Abramo; solo si dà una spiegazione della motivazione, cioè la carestia. Qui non c’è neppure un’indicazione divina: si tratta di una decisione umana, provocata dalle circostanze. Ben più sconcertante è però il dialogo con sua moglie Sara. Che cosa ha indotto Abramo a sposare Sara? La sua bellezza? Ora è in gioco la sua vita (mi uccideranno, mentre lasceranno te in vita) e chiede a sua moglie di rinnegare la propria identità. Si tratta di un comportamento che non trova alcuna giustificazione – nessuna usanza antica lo conferma – e mette in risalto che Abramo è interessato solo alla sua vita, di quello che potrà accadere a Sara non gli importa nulla. In tal modo la moglie diventa una sorta di bene posseduto di cui ci si può sbarazzare al bisogno. La decisione tutta umana di Abramo di scendere in Egitto ha dunque innescato un processo che sembra ineluttabilmente destinato a generare situazioni sempre più problematiche. Non va poi ignorato che, con la sua scelta Abramo ha messo in pericolo la promessa della terra, ma nello stesso tempo la promessa della discendenza, consegnando Sara nelle mani degli egiziani. La bellezza di Sara fa colpo sugli egiziani e in particolare sul loro re. E fu presa e portata nella casa del faraone, cioè – nel linguaggio biblico – ella divenne una delle sue mogli. L’episodio non fa mai parlare Sara, la quale è totalmente in balia della grettezza (Abramo) o del desiderio (gli egiziani) dei maschi. E l’assurdo è che l’abuso di Sara ha come controparte il benessere di Abramo: egli “è trattato bene” dal faraone a motivo di Sara. «Non solo si abusa della donna, ma per di più il marito si arricchisce, come si arricchiscono i protettori delle prostitute […]. Anche l’enumerazione di ciò che Abramo riceve è irritante: menzionati fra gli animali si trovano esseri umani». (W. Vogels).