Applicazioni Industriali della Cinetica Enzimatica La produzione di

Applicazioni Industriali della Cinetica Enzimatica
La produzione di enzimi
Gli enzimi sono di norma confinati all’interno di singole cellule o di tessuti; in alcuni
casi però (p. es., enzimi del succo gastrico, del succo pancreatico, della saliva, ed
anche enzimi prodotti da organismi monocellulari ) possono venire secreti da cellule e
trovarsi liberi nell’ambiente esterno.
L’estrazione degli enzimi comporta dunque la necessaria rottura di tessuti e la lisi di
cellule, ottenute per via meccanica o con l’intervento di altri enzimi: queste operazioni,
se non sono condotte con opportuni accorgimenti, possono compromettere l’attività
catalitica degli enzimi stessi.
La liberazione del liquido cellulare può avvenire, di volta in volta, per
omogeneizzazione, per agitazione con polveri abrasive, con l’uso di ultrasuoni, per
surgelazione e successiva fusione, per forzatura attraverso un orifizio, per differenza
di pressione osmotica (shock osmotico), con detergenti che solubilizzano le membrane
biologiche, ed infine con enzimi che idrolizzano i polisaccaridi delle pareti cellulari.
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La dispersione macromolecolare così ottenuta, all’interno della quale sono compresi
anche gli enzimi, va poi depurata di tutte le particelle solide sospese (centrifugazione)
e concentrata: il metodo classico di concentrazione consiste nell’aggiungere alla
soluzione un sale solubile (solfato di ammonio) che, presente in grande quantità,
riduce la solubilità degli enzimi. Con introduzioni graduali di sale si realizza una
precipitazione frazionata della parte proteica della soluzione.
In realtà, le procedure di precipitazione comportano una relativa riduzione dell’attività
enzimatica a causa di una parziale denaturazione degli enzimi.
Un metodo più recente e migliore per la concentrazione degli enzimi è rappresentato
dall’ultrafiltrazione attraverso membrane; le membrane più semplici possono essere
paragonate a dei veri e propri filtri i cui pori consentono il passaggio di molecole di
dimensioni comprese fra 50 e 500 µm. Va detto che questa tecnica può risentire delle
ostruzioni provocate dalla presenza di molecole di diametro maggiore e risulta efficace
solo quando si possa operare in condizioni di bassa selettività.
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Assai più vantaggiosa è l’ultrafiltrazione con sottili membrane gelatinose attraverso le
quali solventi e soluti migrano per effetto diffusivo; come è noto, la velocità di
diffusione è proporzionale alla differenza di concentrazione ai due lati della
membrana. In realtà il fenomeno della diffusione può venire alterato da una lunga
serie di fattori e risulta perciò piuttosto complesso; questa tecnica di concentrazione
è però assai apprezzata perché non modifica le strutture molecolari, non richiede
reagenti chimici e può essere condotta a bassa temperatura.
Altre metodologie di concentrazione sono l’evaporazione sotto vuoto, il congelamento
e la liofilizzazione.
Una volta concentrati, gli enzimi vanno purificati con metodi che sono
sostanzialmente cromatografici . I metodi cromatografici consentono di separare gli
enzimi, ottenendoli alla fine con elevati gradi di purezza.
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I biosensori
I biosensori sono dei dispositivi che, coniugando un mediatore biologico ed un
elemento di trasduzione , consentono di riconoscere specificamente alcuni substrati
organici.
Il mediatore biologico, ottenuto per immobilizzazione di enzimi su opportune
membrane, funge da elemento di riconoscimento molecolare e provoca, alla presenza
del substrato selettivamente individuato, una reazione chimica; il trasduttore converte
l’informazione biologica in segnale elettrico, rilevando (in genere, per via
elettrochimica) la presenza dei prodotti della reazione enzimatica.
Ad esempio, il biosensore per il glucosio, utilizza l’enzima glucosio ossidasi per
provocare la reazione di riduzione del ferrocene in presenza di glucosio; il ferrocene
ridotto viene poi ossidato all’elettrodo e in virtù di questa reazione redox si può risalire
alla concentrazione di glucosio; lo schema del processo è il seguente:
glucosio + ferrocene (ox)
ferrocene (red)
Glucosio ossidasi
elettrodo
acido gluconico + ferrocene (red)
ferrocene (ox) + n .e
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Pt (+)
In alternativa, si può ricorrere ad un diverso schema di reazione:
glucosio + O2
H2O2
Glucosio ossidasi
Anodo di Pt
acido gluconico + H 2O2
O2 + 2 H + + n . e
Acetato di cellulosa
Membrana con enzima
Membrana di poliuretano o policarbonato
In modo del tutto analogo funzionano i biosensori per urea e per piruvato:
O
Ureasi
H2N
C
NH2
piruvirato + H3PO4 + O2
Piruvirato ossidasi
HCO3 + NH4+
acetilfosfato + H2O2 + CO2
In taluni casi si immobilizzano intere cellule e microrganismi .
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Industria alimentare
Il settore dell’industria alimentare è uno di quelli in cui il ruolo degli enzimi
immobilizzati riveste maggiore importanza, anche perché i catalizzatori tradizionali
spesso non risultano compatibili con i requisiti di sicurezza richiesti da cibi e bevande.
Uno dei processi per via enzimatica condotti su scala industriale che hanno conosciuto
maggiore successo è quello per la produzione di uno sciroppo ad elevato contenuto in
fruttosio, mediante isomerizzazione del glucosio.
Il prodotto che si ottiene ha un potere dolcificante analogo a quello dello sciroppo di
glucosio e ha trovato largo impiego nel settore delle bevande, degli alimenti e dei
dolci.
La glucosio-isomerasi è un enzima intracellulare abbastanza stabile anche se soggetto
a diversi inibitori; la necessità di estrarlo da cellule lo rende più costoso di altri enzimi
extra-cellulari.
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La reazione di isomerizzazione ha una costante di equilibrio che, a temperatura di
50°C, assume valore circa unitario e non varia sensibilmente al variare della
temperatura; in questo modo, il prodotto contiene glucosio e fruttosio in rapporto 1:1.
H
O
C
C H 2O H
H
C
OH
HO
C
H
H
C
H
C
C
O
HO
C
H
OH
H
C
OH
OH
H
C
OH
glucosio
isomerasi
CH 2 O H
C H 2O H
D-Glucosio
D-Fruttosio
Molti degli step richiesti prima della isomerizzazione sono legati alle necessità
caratteristiche dell’enzima: allo scopo di ottimizzare la stabilità del α-amilasi usata
nella fase di liquefazione (condotta a circa 105°C) vengono aggiunti ioni Ca ++. D’altra
parte questi ioni inibiscono la glucosio isomerasi e devono perciò essere rimossi prima
che lo sciroppo venga introdotto nel reattore di isomerizzazione.
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Saccarificazione
Raffinazione
Evaporazione
Amido
greggio
Filtrazione
Liquefazione
Scambio ionico
Isomerizzazione
Evaporazione
Raffreddamento
Scambio ionico
Prodotto finale
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Industria chimica fine
La crescente richiesta di L-amminoacidi per applicazioni nell’industria alimentare e
farmaceutica ha suggerito di affiancare ai processi batterici la sintesi chimica, che però
presenta il grande inconveniente di fornire miscele racemiche contenenti sia
l’amminoacido L che quello D. Una delle più interessanti applicazioni industriali della
catalisi enzimatica riguarda appunto la separazione di miscele racemiche ; il processo è
stato messo a punto negli anni ‘70 ed è noto con il nome dell’industria che lo ha
realizzato, la Tanabe Seiyaku Co. di Osaka. Va sottolineato che si tratta del primo
processo commerciale con enzimi immobilizzati pubblicamente annunciato.
La reazione sulla quale il processo si basa è catalizzata dall’enzima amminoacilasi e
segue il seguente schema:
H2O + R
CH
COOH
NHCOR’
D,L-Acilammino acido
amminoacilasi
R
CH
COOH +
NH2
L-Ammino acido
R
CH
COOH
NHCOR’
D-Acilammino acido
L’enzima è dunque in grado di idrolizzare selettivamente il solo isomero L; la miscela
di ammino acidi liberi e acilati può essere ora facilmente separata sulla base della
diversa solubilità dei due composti. L’acil -amminoacido D viene quindi nuovamente
racemizzato per riscaldamento e riciclato all’inizio del processo.
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pH
Temp.
Separatore
Scambiatore
Colonna
con
enzimi
D-amino acido
Racemizzazione
Flusso
Evaporatore
Acetil
D, L
ammino
acido
Cristallizzatore
Gli autori a quali si deve il brevetto, Chibata e Tosa, sperimentarono diverse condizioni
di immobilizzazione dell’enzima: quella in uso riguarda una matrice DEAE-Sephadex,
che manifesta proprietà di elevata attività, di facile preparazione e rigenerazione e di
grande stabilità.
L-amino acido
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Applicazioni mediche
Numerose malattie sono, come è noto, imputabili alla mancanza di attività di un
enzima e potrebbero perciò essere curate somministrando l’enzima carente, purché di
provenienza umana per evitare reazioni immunitarie.
Nel trattamento di alcune leucemie, viene somministrata asparaginasi
microincapsulata che è in grado di decomporre la L-asparagina, sottraendo questo
amminoacido alle cellule tumorali.
Un principio di azione analogo è stato messo a punto per la somministrazione di
insulina in pazienti diabetici.
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