UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI “Aldo Moro” Dipartimento Interateneo di Fisica “M. Merlin” Tesi di laurea in Fisica di primo livello in EVOLUZIONE TEMPORALE DI SISTEMI QUANTISTICI Relatori: Laureando: Prof. F. Pepe Giovanni Scala Prof. S. Pascazio ANNO ACCADEMICO 2014-2015 a M. Neron’ & G. Pucinicch’ i Indice 1 Equazione di Schrödinger 1.1 Hamiltoniano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Equazione di Schrödinger indipendente dal tempo . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Equazione di Schrödinger dipendente dal tempo . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 3 4 2 Teoria delle perturbazioni 6 2.1 Teoria perturbativa dipendente dal tempo al primo ordine . . . . . . . . . 6 2.2 Perturbazione periodica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 2.3 Regola d’oro di Fermi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 3 Legge di decadimento esponenziale 3.1 Legge di decadimento markoviana . . . . . . . . . . 3.2 Andamento a tempi brevi . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.1 Evoluzione con Hamiltoniana hermitiana . . . 3.2.2 Evoluzione con Hamiltoniana non Hermitiana 3.2.3 Termine di rigenerazione . . . . . . . . . . . . 3.2.4 Proprietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Andamento a tempi lunghi . . . . . . . . . . . . . . 3.3.1 Spettro discreto . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3.2 Spettro continuo . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Il paradosso quantistico di Zenone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 11 13 13 16 17 18 19 19 21 22 4 Evoluzione di sistemi semplici 4.1 Sistemi a due stati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.1.1 Prima applicazione Oscillazioni di Rabi . . . . . . . . . 4.1.2 Seconda applicazione: misure discrete . . . . . . . . . . 4.1.3 Terza applicazione: Hamiltoniano con potenziale ottico 4.2 Interazione di un sistema a due livelli con un campo esterno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 25 25 27 28 30 . . . . . . 34 34 36 37 37 39 39 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 5.1 L’Hamiltoniano del sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.2 Evoluzione del sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 Risultati dell’evoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3.1 Assenza di potenziale ottico . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3.2 Interazione con il potenziale ottico . . . . . . . . . . . . . 5.3.3 Disaccoppiamento nei sottospazi . . . . . . . . . . . . . . ii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Contenuti iii A Seconda applicazione: misure discrete 43 B Terza applicazione: Hamiltoniano con potenziale ottico 46 C Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 50 Bibliografia 52 Capitolo 1 Equazione di Schrödinger Si ripercorrono gli aspetti principali della meccanica quantistica introducendo il concetto di operatore Hamiltoniano che compare nell’equazione di Schrödinger nella sua forma indipendente e dipendente dal tempo. In tal caso si introduce anche il propagatore temporale per descrivere l’evoluzione di un sistema quantistico. 1.1 Hamiltoniano In meccanica quantistica l’Hamiltoniano è l’operatore associato all’energia totale di un sistema fisico. In quanto generatore dell’evoluzione temporale gioca un ruolo centrale nello sviluppo della meccanica e nel suo utilizzo. L’operatore Hamiltoniano H, per una particella di massa m è definito come la somma dell’operatore associato all’energia cinetica T e quello relativo all’energia potenziale V = V (r, t). H = T + V, (1.1) dove l’energia cinetica è T = P2 2m (1.2) con P , operatore impulso che nella rappresentazione della posizione risulta P = −i~∇. (1.3) Si ottiene in questo modo la forma dell’equazione di Schrödinger nella rappresentazione della posizione H= P2 ~2 2 + V (r, t) = − ∇ + V (r, t). 2m 2m 1 (1.4) Capitolo 1. Equazione di Schrödinger 2 Come ogni operatore associato ad un’osservabile (in questo caso all’energia1 ), l’Hamiltoniano è un operatore lineare autoaggiunto. I suoi autostati sono gli stati stazionari del sistema considerato e i suoi autovalori sono i livelli energetici corrispondenti. Nell’algebra di Lie l’Hamiltoniano è rappresentato da una matrice hermitiana. Il formalismo può essere esteso ad un sistema di N particelle H= N X Tn + V (1.5) n=1 dove V = V (r1 , r2 · · · rN , t) è l’energia potenziale, mentre Tn = Pn2 2mn (1.6) è l’energia cinetica dell’n-esima particella in assenza di campo magnetico, per la quale il laplaciano in un riferimento cartesiano ha la seguente forma ∇2n = ∂2 ∂2 ∂2 + + . ∂x2n ∂yn2 ∂zn2 (1.7) Si ottiene in questo modo l’equazione di Schrödinger per un sistema di N particelle H=− N ~2 X 1 2 ∇ + V (r1 , r2 · · · rN , t). 2 mn n (1.8) n=1 Nei problemi a più corpi il moto di una particella dipende in generale dalla configurazione complessiva del sistema. Infatti, il potenziale caratteristico del sistema dipende dalla configurazione dei corpi, e pertanto anche l’energia cinetica dipende da tale configurazione in modo da conservare l’energia totale [3]. Se le N particelle che compongono il sistema non sono reciprocamente interagenti, l’energia potenziale del sistema può essere scritta come la somma delle energie possedute dai singoli componenti V (r1 , r2 · · · rN , t) = N X V (ri , t) = V (r1 , t) + V (r2 , t) + · · · + V (rN , t). (1.9) i=1 La forma generale dell’Hamiltoniano risulta X N N N N X ~2 2 ~2 X 1 2 X ∇ + Vi = − ∇ + Vi = Hi , H=− 2 mi i 2mi i i=1 i=1 i=1 (1.10) i=1 dove la somma è su tutte le particelle. 1 Non sempre l’Hamiltoniano è l’operatore associato all’energia del sistema, vedremo nei capitoli successivi che in presenza di potenziali ottici[1, 2], l’Hamiltoniano non sarà hermitiano e dunque risulterà complicato identificarlo con una qualche osservabile fisica. Capitolo 1. Equazione di Schrödinger 1.2 3 Equazione di Schrödinger indipendente dal tempo L’equazione di Schrödinger indipendente dal tempo risulta H |ψi = E |ψi . (1.11) Questa equazione, espressa nel formalismo di Dirac va interpretata come un’equazione agli autovalori, detta equazione secolare. H è una matrice diagonalizzabile, quindi vale il teorema spettrale che determina gli autovettori e gli autovalori relativi. Nella rappresentazione delle coordinate generalizzate {|q1 , . . . , qs i} che costituiscono un sistema ortonormale completo di osservabili compatibili nell’opportuno spazio di Hilbert a cui corrisponde l’operatore hermitiano H, moltiplicando la (1.11) per il bra hq1 , . . . , qs |, si ottiene la seguente equazione Hψ(q1 , . . . , qs ) = Eψ(q1 , . . . , qs ). (1.12) La funzione ψ = ψ(q1 , . . . , qs ), dicesi funzione d’onda è definita in questo opportuno spazio L2 (Rs ) delle funzioni a quadrato sommabile, per cui ψ ∈ L2 (Rs ) se vale la seguente ψ: Rs 7−→ C q1 , . . . , qs 7−→ ψ(q1 , . . . , qs ) := hq1 , . . . , qs | ψi t.c. R Rs |ψ(q1 , . . . , qs )|2 dq = 1. (1.13) Il significato matematico della funzione d’onda è quello dell’insieme delle “componenti” del vettore |ψi lungo gli autostati di posizione |q1 , . . . , qs i. Il modulo quadro della funzione d’onda secondo l’interpretazione di Copenaghen[4] rappresenta la densità di probabilità del sistema. Per una particella libera in moto unidimensionale, la cui coordinata è indicata con x ∈ R, compare unicamente l’operatore associato all’energia cinetica, da cui si ricava la seguente equazione differenziale − ~2 2 ∇ ψ(x) = Eψ(x). 2m (1.14) Le soluzioni normalizzate della (1.14) sono le onde piane di impulso ~k , con k numero d’onda, date dalle seguenti ψk (x) = √ 1 eikx , 2π~ Ek = ~2 k 2 . 2m (1.15) Capitolo 1. Equazione di Schrödinger 1.3 4 Equazione di Schrödinger dipendente dal tempo L’equazione di Schrödinger dipendente dal tempo è cosı̀ postulata2 i~ ∂ |ψ(t)i = H(t) |ψ(t)i . ∂t (1.16) Siano |ψ(0)i e |ψ(t)i i ket rappresentativi del sistema fisico rispettivamente al tempo t = 0 e t, dal momento che |ψ(t)i soddisfa l’equazione differenziale del primo ordine nel tempo (1.16), la conoscenza di |ψ(0)i per il teorema di esistenza ed unicità locale di Cauchy, determina completamente |ψ(t)i. La trasformazione che lega i due ket deve essere lineare ed esisterà quindi un operatore lineare U (t) tale che |ψ(t)i = U (t) |ψ(0)i . (1.17) L’operatore U (t) dicesi operatore di evoluzione temporale o propagatore. Dalla (1.16) si ricava che HU (t) |ψ(0)i = H |ψ(t)i = i~∂t |ψ(t)i = i~∂t U (t) |ψ(0)i ; (1.18) per l’arbitrarietà di |ψ(0)i segue che U (t) soddisfa l’equazione differenziale i~ ∂U = HU ∂t (1.19) con condizione iniziale U (0) = 1 che è l’elemento neutro del gruppo dei propagatori e coincide con l’operatore identità. Se t = 0 la funzione d’onda non può che restare la stessa. La legge di evoluzione temporale, soluzione della (1.19), nel caso di un Hamiltoniano indipendente dal tempo, è la seguente i U (t) = e− ~ Ht . (1.20) Se l’istante prescelto come iniziale è t0 6= 0, si può introdurre il propagatore U (t, t0 ) mediante la formula i |ψ(t)i = U (t, t0 ) |ψ(t0 )i = e− ~ H(t−t0 ) |ψ(t0 )i . (1.21) L’insieme dei propagatori {U (t, t0 )}t∈R gode delle proprietà di gruppo ad un parametro [5]. Sviluppando la formula spettrale di un operatore, nelle ipotesi di indipendenza 2 In analogia alla fisica classica l’evoluzione nel tempo del sistema è data dall’equazione HamiltonJacobi H + ∂t S = 0. Dove S è l’azione e H l’Hamiltoniano del sistema. Imponendo che ψ soddisfi l’equazione ∂t ψ = Lψ, dove L viene determinato mediante la formula che fornisce la funzione d’onda nel limite classico Lψ = ∂t ψ = A∂t exp(iS/~). L’ampiezza A varia poco nel tempo, per cui applicando il principio di corrispondenza si ottiene L = −i/~H, da cui segue banalmente la (1.16) Capitolo 1. Equazione di Schrödinger 5 temporale di H, si ottiene U (t) = X e−iEk t/~ |Ek i hEk | . (1.22) k Questa equazione è fondamentale. Essa mostra che la soluzione dell’equazione di Schrödinger (1.16) è immediata una volta che siano noti gli autovalori Ek e gli autovettori |Ek i di H, ottenuti dalla risoluzione dell’equazione (1.11). Infatti, applicando la (1.22) al ket |ψ(0)i si ricava |ψ(t)i = X e−iEk t/~ hEk | ψ(0)i |Ek i , (1.23) k supponendo che gli autovalori dell’energia siano non degeneri. Gli autostati dell’energia si dicono stati stazionari, perchè durante l’evoluzione temporale questi non cambiano a meno di un fattore di fase. Essi sono infatti descritti dai vettori |Ek (t)i = e−iEk t/~ |Ek i k ∈ Z. (1.24) in cui il tempo compare come argomento della fase. Tale proprietà segue dalla legge di conservazione dell’energia che a sua volta è conseguenza del fatto che H non dipende dal tempo. Equivalentemente, si può scrivere l’evoluzione temporale nello schema di Heisenberg 1 ∂A dAH (t) = [AH , H] + U † (t) U (t) dt i~ ∂t (1.25) dove AH (t) = U † (t)AU (t) è la forma che assume l’operatore A3 nello schema di Heisenberg, mentre le parentesi quadre indicano il commutatore tra H e A. Il commutatore tra due operatori, in tal caso H e AH è cosı̀ definito [AH , H] = AH H − HAH . (1.26) La (1.25) asserisce nel caso di osservabili indipendenti dal tempo che le costanti del moto sono le osservabili che commutano con l’Hamiltoniano. In conclusione, si osservi che poiché H è hermitiano e U (t) = exp(−iHt/~), risulta che U (t) è unitario. Si supponga che all’istante di tempo t0 il sistema sia nello stato |ψ(t0 )i normalizzato hψ(t0 )| ψ(t0 )i = 1. Si applichi l’operatore U (t) alla funzione d’onda o al ket del sistema. All’istante t il sistema è descritto dal ket |ψ(t)i, e poichè U (t) è unitario continua a valere hψ(t) |ψ(t)i = 1. La probabilità complessiva si conserva nel tempo. Vedremo che quando H perde la sua hermitianità il sistema si dice aperto e la probabilità complessiva non sarà più unitaria. 3 il pedice H sta per Heisenberg, e segnala appunto che la dipendenza temporale nasce dallo schema di evoluzione temporale prescelto. Capitolo 2 Teoria delle perturbazioni In fisica moderna la teoria perturbativa è un metodo di calcolo estremamente importante in quanto consente di descrivere sistemi fisici, la cui quasi totalità è descritta da equazioni differenziali non risolvibili in maniera esatta. Il metodo si basa sulla suddivisione dell’Hamiltoniana in una parte esattamente risolvibile e una perturbazione, ovvero un potenziale cosı̀ piccolo da giustificare uno sviluppo in serie di potenze. Nella fattispecie si è interessati ad approfondire tale teoria analizzando la dipendenza temporale, poiché l’intento è descrivere evoluzioni a tempi brevi e lunghi. Tuttavia la teoria perturbativa si estende anche alle analisi di indipendenza temporale. Da tale teoria si determina la regola aurea di Fermi. 2.1 Teoria perturbativa dipendente dal tempo al primo ordine Consideriamo il sistema fisico descritto dall’Hamiltoniano H = H0 + H1 . (2.1) Si definisce H0 , l’Hamiltoniano non perturbato relativamente semplice e tale, quindi, che si possa risolvere esattamente il relativo problema agli autovalori. Il secondo termine H1 = H1 (t) si può chiamare perturbazione. L’idea del metodo è di trovare prima una soluzione esatta per l’operatore Hamiltoniano H0 trascurando H1 e di risolvere successivamente in modo approssimato il problema che nasce della presenza della perturbazione. Il problema che si vuole risolvere è il seguente 6 Capitolo 2. Teoria delle perturbazioni 7 Assegnati due autoket |i0 i e |f 0 i dell’Hamiltoniano non perturbato H0 , determinare la probabilità che al tempo t > 0 il sistema sia nello stato descritto dal ket |f 0 i se all’istante di tempo iniziale t = 0 si trovava nello stato descritto dal ket |i0 i. L’interesse fisico di questo problema è evidente; esso affronta il calcolo della probabilità di transizione, nel tempo t, da un autostato ad un altro dell’Hamiltoniano imperturbato H0 per effetto di una perturbazione dipendente dal tempo: un tipico esempio tratto dalla fisica atomica è costituito dalla transizione di un elettrone in un atomo da uno stato stazionario ad un altro per effetto di una perturbazione indotta da un campo elettromagnetico (cioè dall’interazione con un fotone) esterno. Consideriamo inizialmente l’equazione di Schrödinger con Hamiltoniano indipendente dal tempo i~ ∂ |ψ(t)i = H(t) |ψ(t)i , ∂t (2.2) l’equazione agli stati stazionari risulta H |ni = En |ni . (2.3) Lo stato iniziale può essere espanso in autostati di H |ψ(0)i = X cn |ni , (2.4) n e applicando l’operatore di propagazione temporale U (t, 0) si trova la soluzione della (2.2) |ψ(t)i = U (t) |ψ(0)i = X cn eiEn t/~ |ni . (2.5) n Tuttavia questo non vale quando H dipende dal tempo. Per ovviare a tale difficoltà si fa ricorso alla tecnica della serie di Dyson[6]. Per questa ragione, l’Hamiltoniano è scritto come somma di due termini, e come già detto, soltanto il termine perturbativo H1 è dipendente dal tempo H(t) = H0 + H1 (t) (2.6) mentre H0 è risolvibile esattamente ed è caratterizzato dallo spettro H0 |n0 i = En0 |n0 i . (2.7) La teoria perturbativa dipendente dal tempo indaga sulla probabilità che un sistema che si trova nell’autostato |i0 i all’istante ti transiti nell’autostato |f 0 i nell’istante tf , dove |i0 i e |f 0 i sono autostati di H0 0 0 P |i i −→ |f i ≡ Pi−→f := |hf 0 | U (t) |i0 i|2 . (2.8) Capitolo 2. Teoria delle perturbazioni 8 Considerando solo il termine indipendente dal tempo, la soluzione della (2.7) a cui è stato applicato il propagatore è data dalla (2.5): |ψ 0 (t)i = X 0 cn e−iEn t/~ |n0 i . (2.9) n Introducendo H1 (t) si avranno dei coefficienti dipendenti dal tempo, in maniera più complicata, ossia cn −→ dn (t) (2.10) Proponendo il ket della (2.9), avendo applicato la sostituzione (2.10) come soluzione della (2.2) si sfrutta la linearità della derivata e si impone l’uguaglianza con il secondo membro i~ X d˙n (t)e− 0t iEn ~ |n0 i = X dn (t)e− 0t iEn ~ H1 |n0 i . (2.11) n n 0 Moltiplicando scalarmente per il bra hf 0 | eiEf t/~ , si ha i~ X 0 0 d˙n (t)e−i(En −Ef )t/~ hf 0 | n0 i = i~d˙f (t) = n Definendo ωf,n = X dn (t) hf 0 | H1 |n0 i e− 0 −E 0 )t i(En f ~ . (2.12) n 0 Ef0 −En , ~ si ottiene i~d˙f (t) = X dn (t) hf 0 | H1 |n0 i eiωf,n t . (2.13) n L’equazione di Schrödinger si riduce cosı̀ ad un sistema di equazioni per i coefficienti. Supponendo che a t = 0 il sistema sia nell’autostato |i0 i, si trova dn (t = 0) = δn,i (2.14) e si procede cosı̀ ordine per ordine nella perturbazione H1 . ordine zero: d˙f (t) = 0 in quanto al membro di destra si ha H1 che è di ordine superiore. Questo implica che d0f (t) = costante = δf,i . Il che significa che in assenza di H1 lo stato iniziale è stazionario. primo ordine: integrando entrambi i membri, e sostituendo d0n , affinché si abbia una quantità del primo ordine, si ottiene d1f (t) 1 = i~ Z 0 t dt eiωf,i τ hf 0 | H1 |i0 i . (2.15) Capitolo 2. Teoria delle perturbazioni 9 Trascurando gli ordini superiori, df (t) ' d0f (t) + d1f (t) 1 = δf,i + i~ Z t dt eiωf,i τ hf 0 | H1 |i0 i (2.16) 0 affinchè l’approssimazione abbia senso, deve valere Z 1 t dt eiωf,i τ hf 0 | H1 |i0 i 1. i~ 0 (2.17) La risposta al problema iniziale, formalizzato dalla (2.8) è la seguente Pi−→f 2.2 2 Z 1 t dt eiωf,i τ hf 0 | H1 |i0 i = |df (t)|2 = ~ 0 (i 6= f ). (2.18) Perturbazione periodica Per simulare l’interazione di un atomo con un campo elettromagnetico classico, si assuma un Hamiltoniano di interazione del tipo H1 (t) = H1 eiωt , (2.19) dove H1 non dipende dal tempo. Applicando la (2.16), l’ampiezza di probabilità di transizione da un certo stato |i0 i ad uno stato |f 0 i = 6 |i0 i è dato dal modulo quadro della seguente df (t) = = Z 1 t dτ hf 0 | H1 (t) |i0 i ei(ωf,i −ω)τ = i~ 0 (ωf,i − ω)t 1 0 0 i(ωf,i −ω)t/2 hf | H1 |i i e t sinc , i~ 2 (2.20) dove sinc(α) = sin(α)/α. L’ampiezza di probabilità di transizione è t sin (ωf,i − ω) 2 | hf 0 | H1 |i0 i |2 2 . = t ~2 (ωf,i − ω) 2t 2 Pi−→f (2.21) Poiché siamo in teoria perturbativa, t deve essere limitato perché compare al numeratore: si sta supponendo che le correzioni calcolate siano piccole in accordo con la (2.17). I valori predominanti di probabilità si hanno per (ωf,i − ω) t < π, ossia 2 2π~ 2π~ Ef − Ei ∈ − + ~ω; + ~ω . t t (2.22) Capitolo 2. Teoria delle perturbazioni 10 Si osservi che per t ∼ 0 i termini ~ω sono trascurabili, e la probabilità assume valori più importanti per ∆E = Ef − Ei ∈ (−∞; ∞), (2.23) dove il valore finale dell’energia Ef è assolutamente indefinito. Questa relazione mostra una sorta di indeterminazione tra energia e tempo [7]. Se t è molto grande si osserva che la variazione di energia è proprio uguale all’energia ~ω associata al fotone che viene assorbito. Si noti che i risultati ottenuti sono validi anche nel limite ω → 0. 2.3 Regola d’oro di Fermi Per determinare la regola d’oro di Fermi dalla trattazione precedente si osserva che t deve essere ”grande” rispetto al periodo T . Supponendo di ”osservare” gli effetti della perturbazione nell’intervallo t ∈ −T /2; T /2 e facendo poi il limite per T −→ +∞, 1 0 hf | H1 |i0 i df = i~ Z T /2 dt ei(ωf,i −ω)t = −T /2 2π 0 hf | H1 |i0 i δ(ωf,i − ω), i~ (2.24) la cui ampiezza di probabilità risulta Pi−→f = 4π 2 | hf 0 | H1 |i0 i |2 δ(ωf,i − ω)δ(ωf,i − ω). ~2 (2.25) Bisogna dare un significato al quadrato della delta di Dirac, attraverso un calcolo che va sotto il nome di trucco adiabatico di Fermi [8] che si ottiene mediante la formula di Plemelij-Sokhotski, e dallo sviluppo spettrale della delta, da cui si evince che il rate di transizione Ri,f dallo stato iniziale allo stato finale in un periodo di tempo intermedio T , pari al periodo risulta Ri,f = ∆Pi−→f 2π = | hf 0 | H1 |i0 i |2 δ(Ef − Ei − ~ω) ∆t ~ che prende il nome di regola aurea di Fermi. (2.26) Capitolo 3 Legge di decadimento esponenziale Nei capitoli precedenti si è affrontata la teoria preliminare per comprendere alcune possibili applicazioni che saranno studiate in questo capitolo, come il processo di decadimento. Dapprima si affronterà una legge di decadimento più semplice, per poi indagare in evoluzioni a tempi brevi e lunghi, mostrando cosa è “sfuggito” nel primo approccio, più semplicistico e classico. Dall’interpretazione più attenta della fisica moderna salta fuori qualcosa di antico, si tratta del curioso paradosso di Zenone, rivisitato in chiave quantistica. 3.1 Legge di decadimento markoviana Si vuole modellare la probabilità temporale che un sistema instabile decada secondo un processo peculiare dopo un certo tempo. Sia λ il rate probabilistico di decadimento, e si supponga che la transizione dipenda dallo stato del sistema e non dal tempo in cui avviene. In altri termini si assume che il processo sia markoviano, ossia un sistema senza ”memoria”, indipendente da altri sistemi e dalle circostanze presenti. La probabilità soddisfa la legge di chiusura P (t + t0 ) = P (t)P (t0 ). Dunque la probabilità che il sistema sopravviva all’istante iniziale è unitaria per definizione, e diminuisce nel tempo in maniera proporzionale alla probabilità che sia ancora sopravvissuto fino al tempo t regolato da una funzione λ che assumiamo costante. In formule ∆P (t) = −λP (t), ∆t 11 (3.1) Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 12 nel limite ∆t → 0 1 dP (t) = −λ =⇒ P (t) = e−λt , P (t) dt (3.2) dove si è risolto il problema di Cauchy con la condizione iniziale P (t = 0) = 1. Si osservi che per t → ∞, P (t) → 0, cioè la probabilità che il sistema sopravviva è molto bassa. Si noti che ogni istante è indipendente dall’altro e dunque si è applicato in maniera implicita il teorema di indipendenza statistica (risultato dell’ipotesi markoviana). Sia N (t) il numero di sistemi all’istante t, ad esempio, il numero di nuclidi che ”sopravvive” nel caso di decadimento α, la variazione temporale è decrescente, proporzionale al numero di sistemi e al rate di decadimento λ, cioè N (t) dN = e−λt = P (t), (t) = −λN (t) =⇒ dt N0 (3.3) dove N0 è il numero iniziale di stati all’istante t = 0. In altri termini λ è l’autovalore dell’operatore di derivata con N (t) la relativa autofunzione. Il rate di decadimento si misura in s−1 . Il tempo medio di decadimento τ risulta R t0 →∞ τ = R0t0 →∞ 0 dt tP (t) dt P (t) = 1 . λ (3.4) Tale legge mostrata in figura (3.1) è di natura classica e risulta molto semplice, ma è basata su ipotesi poco realistiche. L’analisi che segue sonda in maniera accurata gli istanti immediatamente successivi a quello iniziale, con un formalismo di natura quantistica. Figura 3.1: Andamento esponenziale di un decadimento con un rate λ = 0.5 s−1 espresso dalla (3.2). Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 3.2 13 Andamento a tempi brevi Sia |ψ(t)i lo stato che rappresenta un generico sistema quantistico. Dato |ψ(0)i = |ai, si definisce ampiezza di sopravvivenza al tempo t la quantità A(t) := ha| U (t) |ai = ha| e−iHt |ai , (3.5) la probabilità di sopravvivenza è P (t) := |A(t)|2 = | ha| e−iHt |ai |2 = ha| e+iHt |ai ha| e−iHt |ai = P∞ (−i)n n P∞ (−i)m m P∞ n m = n=0 n! t ha| H |ai m=0 m! t ha| H |ai = n=0 (−i)n 2n (2n)! c2n t , (3.6) con c2n = 2n X k=0 2n (−i) ha| H k |ai ha| H 2n−k |ai k k (3.7) che è invariante per inversione temporale. La (3.6) è valida nelle ipotesi di convergenza della serie e che tutti i momenti siano finiti. Si osservi che si è adottato il sistema di unità naturali ~ = 1, quindi l’energia ha le dimensioni di una frequenza angolare. D’ora in avanti si userà questo sistema di misura. 3.2.1 Evoluzione con Hamiltoniana hermitiana Sia H l’operatore hamiltoniano hermitiano che descrive un generico sistema quantistico H = H0 + Hint . (3.8) Dalle relazioni precedenti si ha che per tempi brevi vale il seguente sviluppo arrestato al second’ordine 1 A(t) ' 1 − i ha| H |ai t − ha| H 2 |ai t2 2 2 2 2 P (t) ' 1 − t ha| H |ai − ha| H |ai . (3.9) (3.10) La (3.10) è in disaccordo con la (3.2) che prevede un rate costante, mentre in tal caso il rate si annulla per t → 0. Si osservi che se |ai fosse autostato di H allora ∀t : P (t) = 1, ossia |ai sarebbe uno stato stazionario. Nell’ipotesi che lo stato |ai sia normalizzabile e che tutti i momenti di H nello stato |ai siano finiti si può affermare che il comportamento della probabilità di sopravvivenza per tempi brevi è di tipo quadratico P (t) ' 1 − t τz 2 − 'e t τz 2 τz−2 := (∆H)2 , (3.11) Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 14 dove τz ha le dimensioni di un tempo e prende il nome di tempo di Zenone. Ora si vuole stimare τz per giustificare l’espressione di “tempi sufficientemente brevi”. Sia A una generica osservabile indipendente dal tempo, dall’equazione del moto di Heisenberg (1.25) e dalla disuguaglianza del principio di indeterminazione[9] risulta 1 ∆A∆E ≥ |h[A, H]i|= 2 1 d hAi, 2 dt (3.12) dove ∆A = p hA2 i − hAi2 ∆E = p hH 2 i − hHi2 . (3.13) Scrivendo A come il proiettore sullo stato iniziale |ai A = |ai ha| , |ψ(0)i = |ai , (3.14) si ottiene facilmente hAi = P (t), ∆A = p P (t) − P (t)2 , (3.15) da cui si può riscrive la (3.12) come p dP ≤ 2∆E P (t) − P (t)2 . dt (3.16) La (3.16) restringe l’intervallo di variabilità del tasso o rate relativo alla probabilità di sopravvivenza di un sistema quantistico. Integrando e applicando la disuguaglianza integrale, tale relazione fornisce un limite inferiore sulla probabilità di sopravvivenza Z 1 P (t) Z ≤ p P (1 − P ) dP t 0 dP p dt ≤ 2∆Et, P (t)(1 − P (t)) dt 1 (3.17) e sostituendo P = cos2 ξ, l’equazione (3.17) è facilmente integrabile arccos p P (t) ≤ ∆Et, t< π . 2∆E (3.18) Si osserva che se l’incertezza sull’energia è nulla t può essere molto grande. È quanto accade se il ket che descrivere il sistema è autostato dell’energia, per l’appunto stazionario. Si riottiene un risultato già trovato in precedenza con la (3.11). P (t) ≥ cos2 t τz , t< π τz . 2 (3.19) Tale espressione quantifica il significato di evoluzione del sistema fisico per tempi brevi. Si noti che l’uguaglianza comporta un sistema a due livelli con oscillazione di Rabi con frequenza angolare pari a 1/τZ . Inoltre si osservi che la quantità ∆E si è assunta finita. Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 15 Se ∆E fosse infinito lo stato iniziale |ai non sarebbe nel dominio di definizione di H, e dunque non si potrebbe scrivere l’equazione di Schrödinger. Si vuole adesso ottenere un’interessante espressione che mette in luce il significato di tempo di Zenone. Sia |ψn i un sistema ortonormale completo di autostati di H0 , vale la seguente H0 |ψn i = ωn |ψn i . (3.20) Si ipotizza che lo stato iniziale |ψ(t = 0)i = |ψ0 i sia un ket di H0 e che Hint sia non diagonale rispetto al sistema ortonormale H0 |ψ0 i = ω0 |ψ0 i , hψn | Hint |ψn i = 0. (3.21) Dalla (3.11) e applicando la relazione di completezza sul sistema ortonormale, il tempo di Zenone risulta τZ−2 = hHint i20 = X hψ0 | Hint |ψn i hψn | Hint |ψ0 i . (3.22) n È interessante confrontare tale espressione con la regola d’oro di Fermi determinata nella (2.26), ottenendo l’inverso del tempo di vita media γ di un sistema quantistico che decade[10] 2 X hψf | Hint |ψ0 i δ(ωf − ω0 ), γ = 2π (3.23) f dove la sommatoria è sugli stati finali e implica il limite al continuo. Si confrontino le due espressioni (3.22) e (3.23) con la figura (3.2). La (3.23) contiene solo i termini on shell, perché la presenza della δ di Dirac garantisce la conservazione dell’energia, invece l’espressione (3.22) coinvolge tutto lo spazio di Hilbert. Si osservi che la (3.9) Figura 3.2: Il tempo di vita media dovuto alla (3.23) contiene solo i termini on shell, in virtù della δ di Dirac che indica la conservazione dell’energia (ωf = ω0 ). Si osservi che il tempo di Zenone coinvolge l’intero spazio di Hilbert. e la (3.10) sono possibili per l’hermitianità di H che assicurano che ha| H |ai ∈ R. Si Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 16 osservi inoltre che l’evoluzione temporale dallo stato iniziale è lineare per la funzione d’onda e quadratica per la probabilità di sopravvivenza. Poiché il propagatore temporale è un operatore unitario, le funzioni d’onda sono sempre normalizzate, cioè k|ψ(0)ik = k|ψ(t)ik = 1, ∀t ∈ R+ . Questo significa che il vettore di stato non lascia mai la superficie di una sfera unitaria con origine coincidente a quella del vettore. Questa caratteristica è intuibile nella figura (3.3). Figura 3.3: L’evoluzione di un Hamiltoniano hermitiano avviene nella sfera unitaria (a). Un’evoluzione non unitaria è causata da un Hamiltoniano non hermitiano (b), che a sua volta può rappresentare una perturbazione dovuta all’osservazione. Tuttavia in entrambi i casi δψ è lineare in δt. 3.2.2 Evoluzione con Hamiltoniana non Hermitiana Sia dato un generico sistema fisico descritto dalla seguente Hamiltoniana H 0 = H − iV (3.24) con V > 0, detto potenziale ottico. Quest’ultimo è indipendente da tutte le altre variabili ed è molto usato nei processi di decadimento nucleare. Il termine deriva dall’analogia con l’interazione della luce nell’attraversare un mezzo materiale: essa viene sia rifratta che assorbita. L’interazione può essere analizzata introducendo un indice di rifrazione complesso. Similmente in ambito quantistico una interazione può essere analizzata introducendo un termine di interazione complesso. In questo caso, l’ampiezza di sopravvivenza e la probabilità di sopravvivenza per tempi brevi risulta A0 (t) = 1 − (V + i ha| H |ai)t − 12 (ha| H 2 |ai − V 2 − 2iV ha| H |ai)t2 + O(t3 ) P 0 (t) = 1 − 2V t + O(t2 ). (3.25) Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 17 Si osserva nella figura (3.3.b) che i potenziali ottici sono la causa del decadimento e della non conservazione della probabilità. In tal caso la punta del vettore di stato non resta sulla superficie della sfera unitaria, ma si ritira all’interno della sfera. k |ψ(t > 0)ik < k |ψ(0)ik = 1. Dall’interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica si postula che una grandezza è rappresentata da un operatore hermitiano, quindi l’Hamiltoniano (3.24) non è associato ad alcuna grandezza fisica. Tuttavia i potenziali ottici sono ampiamente utilizzati nella teoria dei sistemi aperti che descrive i sistemi quantistici instabili e dissipativi, mediante un formalismo matematico rivisitato e più rigoroso[11–13]. Vale la pena notare che la legge esponenziale in un contesto quantistico è sempre conseguenza di qualche approssimazione. Esempi di tali approssimazioni possono essere un limite macroscopico o l’intervento dello strumento di misura, governato da leggi classiche, che interagisce con il sistema che si vuole studiare[14]. 3.2.3 Termine di rigenerazione Il sistema si trova nello stato |ψ(t)i che può essere espresso come combinazione lineare di due autostati, uno relativo allo stato iniziale |ai che è base dello spazio di Hilbert monodimensionale Ha e da un ket dello spazio di Hilbert Hd = Ha⊥ di decadimento. Formalmente |ψ(t)i = U (t) |ai = A(t) |ai + |ψd (t)i , (3.26) dove |ψd (t)i = Pd |ψ(t)i = (1 − Pa ) |ψ(t)i , Pa := |ai ha| . (3.27) Si osservi che ha| ψd (t)i = 0 ∀t ∈ R+ . (3.28) Gli spazi Ha e Hd sono ortonormali H = Ha ⊕ Hd , quindi vale la complementarità Ha = Pa H e Hd = Pd H. Pa e Pd sono operatori unitari di proiezione, questo significa che il sistema da uno stato di Ha evolve in uno stato di Hd . 0 Applicando alla (3.26) l’operatore d’evoluzione e−iHt e moltiplicando per il bra ha|, si ottiene A(t + t0 ) = A(t)A(t0 ) + R(t0 , t) 0 con R(t0 , t) = ha| e−iHt |ψd (t)i . (3.29) Questo risultato prende il nome di equazione di Ersak. Il termine R(t0 , t) rappresenta un contributo di rigenerazione all’ampiezza di sopravvivenza, che viola il carattere markoviano dell’evoluzione. Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 3.2.4 18 Proprietà • Si osservi che il tasso di decadimento a tempi brevi non è costante come nella derivazione della (3.2), ma dipende quadraticamente dal tempo. • La (3.11) vale per un singolo sistema, perché la meccanica quantistica ha in sè il significato probabilistico, mentre la (3.2) vale per un sistema di N stati identici. • Nella trattazione quantistica la legge che descrive l’andamento a tempi brevi viene formulata a partire dallo stato iniziale |ai, mentre nel caso ”classico” la costante N0 è la condizione iniziale al problema di Cauchy. • Lo stato iniziale |ai può essere arbitrario, mentre N0 è sotto le ipotesi della legge dei grandi numeri e di markovianità. • Tale modello non è generalmente valido quando l’incertezza sull’energia è infinita (teoria di campo). • La (3.11) dà origine all’effetto Zenone, di cui si discuterà brevemente alla fine del capitolo. Dalla (3.10) si ha che P (0) = 1. Siccome U (t) è funzione di A(t) ed unitario, ossia U (t)U † (t) = 1, con U † (t) = U −1 (t) si ha che A∗ (t) = A(−t) =⇒ P (t) = P (−t). (3.30) Essendo P (t) differenziabile Ṗ (t) = −Ṗ (−t) =⇒ Ṗ (0+ ) = −Ṗ (0− ). (3.31) Ciò indica che generalmente la derivata temporale della probabilità di sopravvivenza è discontinua in t = 0. Nelle ipotesi che 1. ha| H |ai < ∞ 2. |ai è normalizzabile e sapendo che P (t) = |A(t)|2 = A(t)A∗ (t) (3.32) Ṗ (t) = Ȧ(t)A∗ (t) + A(t)Ȧ∗ (t) = Ȧ(t)A(−t) − A(t)Ȧ(−t), (3.33) si ha Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 19 dove si è usata la proprietà (3.30). In particolare Ṗ (0+ ) = Ṗ (0− ), (3.34) Ṗ (0± ) = −Ṗ (0± ) = 0. (3.35) che insieme alla (3.31), implica Questo significa che per un sistema fisico il rate di decadimento si annulla per t → 0, quindi la probabilità di sopravvivenza non può essere esponenziale per tempi brevi. 3.3 Andamento a tempi lunghi La legge esponenziale perde di validità anche per tempi molto lunghi. Si vuole dimostrare che • se il sistema è confinato spazialmente, ossia con spettro discreto, non decade mai completamente; • se il sistema è libero, ossia con spettro continuo, lo stato iniziale potrebbe essere completamente ”svuotato” e A(t) non può essere una funzione esponenziale se lo spettro dell’energia è limitato inferiormente. 3.3.1 Spettro discreto Un sistema fisico confinato spazialmente da un potenziale infinito “pozzo di potenziale” è descritto da una funzione d’onda stazionaria e presenta uno spettro di energia discreto. L’ampiezza di sopravvivenza non tende a zero, ma assume un comportamento oscillatorio. Il sistema ritorna in prossimità di uno stato precedente con una certa periodicità. Quando lo spettro è discreto la densità spettrale ωa è un pettine di δ di Dirac con valore infinito in corrispondenza dei livelli energetici del sistema. Siano {|ri} un sistema ortonormale completo di autostati di H e si applichi la relazione di completezza alla definizione di A(t), si ha A(t) = ha| U (t) |ai = X ha| e−iHt |ri hr| ai = r X ωa (r)e−iEr t (3.36) r avendo posto ωa (r) = | hr| ai|2 (3.37) Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 20 i coefficienti dello sviluppo in serie di Fourier dell’ampiezza di sopravvivenza A(t), che risulta dunque periodica con frequenza angolare uguale al massimo comune divisore delle energia, avendo supposto che la serie converga. Se vi sono livelli energetici Er che non hanno un rapporto commensurabile l’ampiezza di sopravvivenza non può essere strettamente periodica. In tal caso il sistema non ritorna allo stato iniziale in un tempo finito, ma vi ritorna vicino e si dice che il sistema è quasi-periodico. Un simile teorema di ricorrenza nel caso della meccanica classica è dovuto a Poicaré[15]. Si pensi alle figure di Lissajous: se il rapporto delle due frequenze è razionale allora la curva è chiusa, dunque periodica, altrimenti questa è aperta e riempie tutta la superficie delimitata dalle massime elongazioni, nel caso bidimensionale. Di seguito si dimostra la quasi periodicità. Sia |ψ(t)i = e−iHt |ai, con |ai stato iniziale. Dalla rappresentazione spettrale si ha |ψ(t)i = e−iHt |ai = ∞ X cr e−iEr t |ri , cr = hr| ai. (3.38) r=1 La distanza in norma quadratica tra lo stato |ψ(t)i e lo stato iniziale |ψ(0)i è D(t) := kψ(t) − ψ(0)k2 = hψ(t) − ψ(0)| ψ(t) − ψ(0)i = 4 ∞ X |cr |2 sin2 r=1 Er t 2 (3.39) e se lo stato |ψ(t)i è normalizzabile, si ottiene 2 k|ψ(t)ik = ∞ X |cr |2 = 1, (3.40) r=1 quindi ∀ε > 0 ∃ν ∈ N ∞ X t.c. r=ν+1 ε |cr |2 < . 8 (3.41) ε |cr |2 < . 2 (3.42) Usando questa equazione si può scrivere 4 ∞ X 2 2 |cr | sin r=1 Er t 2 ≤4 e segue che ε D(t) < f (t) + 2 f (t) := 4 ∞ X r=ν+1 ν X r=1 2 2 |cr | sin Er t 2 (3.43) Si osservi che f (t) è una somma finita di funzioni continue e periodiche, detta funzione quasi-periodica. Quindi per ogni ε > 0, si dimostra che esiste un insieme relativamente Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 21 denso1 {T }τ (ε) , tale che per ogni T ∈ {T }τ (ε) si ottiene |f (T ) − f (0)| = f (T ) < ε 2 (3.44) quindi l’uguaglianza ε 2 D(T ) = kψ(T ) − ψ(0)k2 < (3.45) vale in un insieme relativamente denso dell’asse reale. In conclusione si dimostra che per un sistema quantistico spazialmente confinato, l’evoluzione è quasi-periodica e il sistema ritorna vicino lo stato iniziale in un tempo finito. 3.3.2 Spettro continuo Sia {|Ei} un sistema ortonormale completo di autostati generalizzati di H, tale che R H |Ei = E |Ei e si applichi la relazione di completezza dE |Ei hE| = I alla definizione di A(t). Z A(t) = ha| U (t) |ai = dE ha| e −iHt Z |Ei hE| ai = dE ωa (E)e−iHt (3.46) avendo posto ωa (E) = | hE| ai |2 (3.47) detta densità spettrale dello stato iniziale, la cui trasformata di Fourier coincide con l’ampiezza di sopravvivenza A(t). Si suppone ragionevolmente che lo spettro di H sia limitato inferiormente da Eg , assicurando cosı̀ la stabilità dello stato di vuoto. Sia Eg il livello energetico finito al di sotto del quale la densità spettrale è nulla. Formalmente ωa (E) = θ(E − Eg )ωa (E). (3.48) Dalla (3.46) si ha Z A(t) = ha| U (t) |ai = dE ha| e−iHt |Ei hE| ai = Z ∞ dE, ωa (E)e−iHt . (3.49) Eg Il teorema di Paley-Wiener [16] enuncia che l’esistenza di un estremo di integrazione inferiore finito nell’integrale (3.49) implica la disuguaglianza Z +∞ −∞ log |A(t)| 1 + t2 < +∞. (3.50) 1 Si definisce un insieme relativamente denso o insieme di Delone se esiste un numero reale ε tale che esso è il raggio minimo affinché due intervalli ottenuti centrando due elementi consecutivi di {T }τ (ε) e di raggio ε si intersechino. Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 22 Questo dimostra che la probabilità di sopravvivenza non può seguire una legge esponenziale a tempi lunghi, altrimenti l’integrale divergerebbe. Le differenze ottenute a seguito di questa trattazione rispetto al caso classico sono mostrate nella figura (3.4). Figura 3.4: Probabilità di sopravvivenza di un decadimento di un sistema quantistico. Per tempi brevi, si ha la regione di Zenone, con andamento quadratico che è seguita da un decadimento esponenziale e infine, per tempi lunghi l’andamento è una potenza. Si noti che l’estrapolazione della legge esponenziale verso t → 0 porta ad un valore Z che generalmente è 6= 1. 3.4 Il paradosso quantistico di Zenone Il paradosso della freccia di Zenone tratta di una freccia che seppur scagliata da un arciere non raggiunge mai il bersaglio secondo il seguente ragionamento. Una freccia occupa uno spazio pari alle sue dimensioni (punti indivisibili nello spazio) e in ogni istante in cui la si osserva, essa appare ferma. La somma infinita di istanti immobili e indivisibili non può generare un movimento, ma paradossalmente questa giunge al bersaglio. Analogamente in meccanica quantistica “osservare” il sistema ne rallenta l’evoluzione e, nel limite di misure con frequenza infinita “congela ” il sistema nello stato iniziale. Da questa analogia, questa caratteristica dell’evoluzione per tempi brevi prende in nome di paradosso di Zenone Quantistico (QZE)[17]. La formulazione più famosa del QZE poggia le basi sulla misura di von Neumann[18]. Si effettuino N misure ad intervalli di tempo regolari τ , al fine di verificare se il sistema risiede ancora nel suo stato iniziale |ψ0 i. Dopo ogni misura il sistema è proiettato sullo stato che rappresenta il risultato dell’esperimento e l’evoluzione libera riparte da questo stato con un tasso di decadimento nullo. Dunque se il sistema non decade, lo stato che lo Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale 23 descrive sarà ancora proiettato sul ket |ψ0 i (vedi fig.(3.2)) e l’evoluzione inizia di nuovo secondo l’equazione di Schrödinger con la condizione iniziale |ψ0 i. Il sistema può essere proiettato su uno stato ortogonale |ψ0⊥ i con probabilità quadratica. La dimostrazione è la seguente. In virtù delle misure effettuate la durata totale dell’intero esperimento vale t = N τ e la probabilità P (N ) (t) che il sistema sia ancora nell’istante iniziale è P (N ) (t) = P (τ ) · · · P (τ ) = [P (t/N )]N ' | {z } N volte 1− t τz N 2 !N 2 /(τ 2 N ) z ' e−t N 1 . (3.51) Nel limite in cui N → ∞ =⇒ P (N ) (t) → 1. Sperimentalmente il limite N → ∞ richiederebbe una misura matematicamente istantanea, irrealizzabile macroscopicamente, come dimostra il principio di indeterminazione di Heisenberg. Si osservi che per t → 0 l’osservazione è continua, perciò affinché la durata dell’esperimento T sia finita, deve risultare finito il prodotto T = N t. Dunque il paradosso di Zenone quantistico è una conseguenza dell’evoluzione per tempi brevi (3.10). Si osservi che la probabilità di sopravvivenza dopo N misure è interpolata da una legge esponenziale[19] N P (τ )N = elog P (τ ) = e−γeff t , (3.52) 1 γeff := − log P (τ ), τ (3.53) dove si definisce per τ → 0 (N → +∞), si ottiene γeff ' Si osservi la figura (3.5). τ , τZ2 τ → 0. (3.54) Capitolo 3. Legge di decadimento esponenziale Figura 3.5: Effetto quantistico di Zenone con misure di von Neuman pari a N = 5. La linea tratteggiata (continua) è la probabilità di sopravvivenza senza (con) misure sul sistema. La linea grigia è l’interpolazione esponenziale (3.52). Al crescere di N , P (N ) (t) → 1 uniformemente in [0, t]. Le unità sulle ascisse sono arbitrariamente scelte per scopi illustrativi. 24 Capitolo 4 Evoluzione di sistemi semplici Nel capitolo precedente si è analizzata la teoria generale dell’evoluzione temporale della probabilità di sopravvivenza per un sistema quantistico. Per tempi brevi, il decadimento segue una legge quadratica e la probabilità di sopravvivenza ha un limite inferiore. Per tempi lunghi, il decadimento non può essere esponenziale, come conseguenza del teorema di Paley-Wiener. Per capire meglio le caratteristiche della probabilità di sopravvivenza, è necessaria un’analisi dettagliata della funzione che ne descrive la fisica soffermandosi su alcune proprietà più rilevanti. Si esaminano quindi dei sistemi semplice a due livelli che aiutano a capire il ruolo delle ipotesi matematiche descritte nel capitolo precedente. 4.1 Sistemi a due stati In alcuni casi è possibile schematizzare il sistema fisico in modo che lo spazio di Hilbert degli stati abbia dimensione due. Le molecole chirali usate nei MASER, lo spin di un neutrone in un campo magnetico sono esempi realistici di sistemi a due livelli. 4.1.1 Prima applicazione Oscillazioni di Rabi Consideriamo un sistema a due livelli soggetto ad una oscillazione di Rabi. Siano gli stati del sistema 1 |ai = , 0 0 |bi = . 1 25 (4.1) Capitolo 4. Evoluzione di sistemi semplici 26 Sia dato l’Hamiltoniano H = ωa |ai ha| + ωb |bi hb| + λ(|ai hb| + |bi ha|) = ωa λ λ ωb ! ∆ω 2 = ωm + λ λ ∆ω , − 2 (4.2) dove ωm = ωa + ωb , 2 ∆ω = ωa − ωb > 0. Supponiamo che all’instante iniziale |ψ(0)i = |ai. (4.3) Applicando la rappresentazione spettrale dell’operatore evoluzione si ha −iHt |ψ(t)i = e |ai = e −iωm t ∆ω λ cos Ωt − i sin Ωt |ai − i sin Ωt |bi 2Ω Ω con s Ω= ∆ω 2 (4.4) 2 + λ2 (4.5) nota come frequenza di oscillazione di Rabi. L’ampiezza e la probabilità di sopravvivenza risultano A(t) = ha| ψ(t)i = e −iωm t P (t) = 1 − ∆ω sin Ωt cos Ωt − i 2Ω λ2 sin2 Ωt. Ω2 (4.6) (4.7) Le oscillazioni non sono generalmente complete nel senso che lo stato iniziale non è mai completamente nullo al variare del tempo. È quello che è stato previsto nel capitolo precedente (3.3). Un’oscillazione completa si ha quando l’autostato energetico è degenere, ∆ω = 0 e la frequenza di Rabi diventa Ω = λ. Si può scrivere lo stato del sistema al generico tempo t come A(t) |ψ(t)i = A(t) |ai + b(t) |bi = b(t) (4.8) con |A(t)|2 + |b(t)|2 = 1. Applicando l’equazione di Schrödinger si ottiene ( iȦ = ωa A + λb iḃ = λA + ωb b. (4.9) Gli autovalori dall’equazione secolare sono Ea,b = ωm ± Ω (4.10) Capitolo 4. Evoluzione di sistemi semplici 27 e gli autovettori di H |Ea,b i = s 1 ∆ω ± 1± 2 2Ω s ∆ω 1 1∓ 2 2Ω . (4.11) Lo spettro dell’intensità è dunque ωa = | hE1 | ai|2 δ(E − E1 ) + | hE2 | ai|2 δ(E − E2 ) = 1 ∆ω 1 ∆ω = 1+ δ(E − ωm − Ω) + 1− δ(E − ωm + Ω). 2 2Ω 2 2Ω (4.12) Da questa espressione si può determinare mediante la trasformata di Fourier l’ampiezza di sopravvivenza (4.6). Si osservi che le δ Dirac sono simmetriche rispetto a ωm . Per calcolare il tempo di Zenone, si ha che ha| H 2 |ai = ωa2 + λ2 e ha| H |ai = ωa , per cui risulta τz = 1 1 = . ∆H λ (4.13) Si noti che tale grandezza è indipendente da ωa e ωb . La dinamica delle oscillazioni è mostrata in figura (4.1). Si osservi che la probabilità ritorna al suo valore iniziale dopo un tempo T = π/Ω, e nello spazio delle fasi si ottengono traiettorie che conservano il volume che racchiudono, dunque la probabilità si conserva. Questo è il più semplice esempio di ricorrenza quantistica. Figura 4.1: Oscillazioni di Rabi in un sistema a due livelli con ωa = ωb . 4.1.2 Seconda applicazione: misure discrete Consideriamo un sistema a due livelli soggetto ad una oscillazione di Rabi. Per valutare l’effetto quantistico di Zenone si è interessati al solo Hamiltoniano interagente, ossia che Capitolo 4. Evoluzione di sistemi semplici 28 accoppia i livelli tra di loro Hint = Ωσ1 = Ω(|ai hb| + |bi ha|) = 0 Ω Ω 0 ! (4.14) dove ω ∈ R+ è detta oscillazione di Rabi, σj sono le matrici di Pauli e 1 |ai = 0 0 |bi = 1 (4.15) sono gli autoket di σ3 . Lo stato iniziale è |ψ0 i = |ai. Calcolando gli autovalori e gli autoket di Hint si determina lo stato del sistema al tempo t |ψ(t)i = e−iHint t |ψ0 i = cos(Ωt) |ai − i sin(Ωt). (4.16) L’ampiezza e la probabilità di sopravvivenza, e il tempo di Zenone risultano rispettivamente A(t) = cos(Ωt) (4.17) P (t) = cos2 (Ωt) (4.18) τZ = Ω−1 . (4.19) Se N è il numero di misure impulsate intervallate di un tempo τ ed effettuate nel tempo t, il rate di decadimento risulta γeff = τ Ω2 . (4.20) In figura (4.2) sono mostrati i risultati per tempi brevi. Si ottiene una funzione a tratti, di cui ogni tratto ha una durata τ pari alla distanza temporale tra una misura e l’altra. Si osservi che la probabilità del sistema non soggetto a misure si sovrappone solo per 0 < t < τ , dopodichè decade molto più rapidamente. Questo risultato è già stato previsto nel capitolo precedente. Si confrontino le due figure (4.2) e (3.5). In appendice è riportato il codice che risolve tale applicazione. 4.1.3 Terza applicazione: Hamiltoniano con potenziale ottico Discutiamo l’evoluzione determinata da un Hamiltoniano non hermitiano, definito nel nel capitolo 2, potenziale ottico H= 0 Ω Ω −i2V ! = −iV I + ~h · ~σ , ~hT = [Ω, 0, iV ]T (4.21) Capitolo 4. Evoluzione di sistemi semplici 29 Figura 4.2: Effetto quantistico di Zenone con un numero di misure impulsate di von Neumann pari a N = 5 (in blu). Andamento periodico senza effettuare le misure (in viola). Si osservi che si è ingrandito di molto il disegno. che induce alla frequenza di Rabi Ω e allo stesso tempo “assorbe” probabilità dalla componente |bi, non conservandola. Si supponga che il sistema sia inizialmente nello stato |ai e che lo stato |bi sia il canale di decadimento, secondo quanto già discusso. Si dimostra che l’operatore di evoluzione temporale risulta e −iHt =e −V t ~h · σ sinh(ht) , cosh(ht) − i h h := p V 2 − Ω2 (4.22) Supponendo che V Ω, l’ampiezza di sopravvivenza nello stato iniziale |ψ(0)i = |ai al tempo t è data da A(t) = = V = cosh(ht) + sinh(ht) = h 1 V 1 V −(V −h)t −(V +h)t 1+ e + 1− e . 2 h 2 h hψ(0)| e−iHint t |ψ(0)i e−V t (4.23) Si osservi la presenza di un termine a decrescenza rapida e un termine a decadimento lento. Sviluppando il modulo quadro per valori di V tali da approssimare gli altri termini ( per Ω/V → 0), si trova la probabilità Ω2 Ω2 − t e V . P (t) ' 1 + 2V (4.24) Si osservi che per t = 0 la (4.24) non è normalizzata per via dell’approssimazione. Il decadimento per tempi brevi è sempre di tipo quadratico e l’approssimazione risulta Ω2 molto accurata per tempi dell’ordine di V −1 . Il rate di decadimento effettivo γeff = V aumenta quadraticamente con il termine di accoppiamento Ω tra i due livelli, mentre Capitolo 4. Evoluzione di sistemi semplici 30 diminuisce all’aumentare del termine V , che rappresenta l’efficacia dell’assorbimento di probabilità da parte di un sottospazio ortogonale. Il risultato è controintuitivo. Sia la probabilità in senso classico: P (t) = N (t)/N0 . Osservando il riquadro di sinistra in figura (4.3), si vede che il termine V è responsabile dell’ “assorbimento” di probabilità del livello |bi, per cui ci aspettiamo che lo stato |ai si svuoti rapidamente. Invece questo non accade: V appare al denominatore dell’esponenziale della (4.24). Dal riquadro di destra della (4.3) si ha che il tempo di decadimento medio aumenta all’aumentare di V . Per V → ∞ il decadimento è inibito. Un valore di V elevato quantifica l’efficacia Figura 4.3: La probabilità di sopravvivenza per un sistema sotto oscillazioni di Rabi in presenza di un potenziale ottico che assorbe la probabilità nel tempo. d’interazione della misura sul sistema quantistico. L’“efficacia di osservazione” V può essere confrontata con la frequenza delle misure impulsate τ = N/t. Per valori elevati di V si ottiene dalla (4.24) γeff = 1 Ω2 = 2 V τZ V (4.25) che confrontata con la (3.54) si ottiene un’interessante relazione tra le misure impulsate (discrete) e la misura di von Neumann V (continua)[20] V ' 4.2 1 . τ (4.26) Interazione di un sistema a due livelli con un campo esterno Si vuole mostrare che l’Hamiltoniano non hermitiano (4.21) può essere ottenuto considerando l’evoluzione di un Hamiltoniano hermitiano definito in un più ampio spazio di Hilbert, in cui un sottospazio a due livelli con ket di base {|bi , |ai}, è accoppiato ad uno Capitolo 4. Evoluzione di sistemi semplici 31 spettro continuo (“fotoni”) r Z H = Ω |ai hb| + |bi ha| + dω ω |ωi hω| + R Γ 2π Z dω |bi hω| + |ωi hb| . (4.27) R Si osservi che l’accoppiamento è “piatto”, nel senso che i due livelli interagiscono allo stesso modo per tutte le frequenze dei fotoni che incidono sul nostro sistema, che potrebbe essere un atomo. Questa approssimazione ha validità limitata, e vı̀ola i comportamenti generali a tempi brevi e lunghi, discussi nel capitolo precedente. Non valgono le ipotesi fatte in precedenza. Con questa approssimazione la costante di accoppiamento √ Γ che quantifica l’interazione viene portata fuori dall’integrale. Lo stato del sistema al tempo t può essere scritto Z |ψ(t)i = x(t) |ai + y(t) |bi + dω z(ω, t) |ωi . (4.28) R Supponiamo che all’istante iniziale il sistema sia nello stato |ai, dunque le condizioni iniziali sono (x(0) = 1, y(0) = 0, z(ω, 0) = 0). Applicando l’equazione di Schrödinger nelle rispettive componenti, si ottiene iẋ(t) = Ωy(t) p R iẏ(t) = Ωx(t) + Γ/(2π) R dω z(ω, t) iż(ω, t) = pΓ/(2π)y(t) + ωz(ω, t). (4.29) Si noti che la terza è un’equazione differenziale della forma ż + a(t)z = b(t), di cui si conosce la soluzione soggetta alle condizioni iniziali z(ω, 0) = 0 r z(ω, t) = −i Γ 2π Z t dτ e−iω(t−τ ) y(τ ). (4.30) 0 Sostituendo nella seconda si ottiene Γ iẏ(t) = Ωx(t) − i y(t) 2 (4.31) avendo esteso l’integrale rispetto a ω su tutto R e facendo uso di questo risultato Rt 0 δ(t − τ )dτ = 1/2. Ciò che resta a seguito dell’accoppiamento tra i livelli con il campo esterno è la frequenza immaginaria −iΓ/2. La possibilità di effettuare questa riduzione è dovuta all’accoppiamento piatto e, vale solo come approssimazione nel caso di accoppiamento strutturato (Γ = Γ(ω)). Si osservi che il sistema (4.29) ha tutte equazioni con incognite accoppiate, per cui le soluzioni sono linearmente indipendenti e forniscono la giacitura di tutto lo spazio di Hilbert considerato inizialmente. Mediante Capitolo 4. Evoluzione di sistemi semplici 32 la sostituzione della (4.30) nella (4.31) si ottiene il seguente sistema di equazioni iẋ(t) = Ωy(t) (4.32) iẏ(t) = Ωx(t) − i Γ y(t) 2 che disaccoppia la componente z(ω, t) e fornisce una dinamica effettiva nel sottospazio dello spazio precedente con i ket di base {|ai , |bi}. Ovviamente questa dinamica non è unitaria, la probabilità è andata persa passando al sottospazio e si è cosı̀ ottenuto un Hamiltoniano non hermitiano H = Ω |ai hb| + |bi ha| − i 0 Ω Γ |bi hb| = Γ . 2 Ω −i 2 (4.33) Questo Hamiltoniano è già stato studiato ponendo Γ = 4V . Aumentando il valore di Γ si rallenta l’evoluzione per tempi brevi, ottenendo l’effetto quantistico di Zenone. Questo significa che un accoppiamento più grande con l’ambiente porta ad una più efficace osservazione continua sul sistema (una risposta più rapida dell’apparato) e di conseguenza un decadimento più lento (QZE). Questi processi qui descritti possono essere considerati come misure continue effettuate sullo stato iniziale. Il termine non hermitiano dell’Hamiltoniano (4.21) −i2V è proporzionale al rate di decadimento Γ dello stato |bi, infatti Γ = 4V . Pertanto lo stato |bi è continuamente monitorato con un tempo di risposta 1/Γ: non appena si popola, esso è misurato in un tempo pari a 1/Γ. L’efficacia Γ = 4V di osservazione può essere confrontata con la frequenza τ −1 = (t/N )−1 delle misure pulsate. Per grandi valori di Γ si ottiene γef f (Γ) ∼ 4 4Ω2 = , Γ τZ Γ Γ → ∞, (4.34) che porta ad una interessante perlazione tra le misure continue e pulsate Γ ' 4/τ = 4N/t. Nelle figure (4.3) e (4.4) è rappresentato il fenomeno sopra esposto. (4.35) Capitolo 4. Evoluzione di sistemi semplici Figura 4.4: Probabilità di sopravvivenza di un sistema sotto oscillazioni di Rabi in presenza di assorbimento (V=0.4,,2,10Ω). La linea grigia è l’evoluzione imperturbata (V=0). 33 Capitolo 5 Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert In questo capitolo si dimostra una particolare applicazione sull’evoluzione dinamica degli stati quantistici. Si vogliono di seguito estendere le evoluzioni più semplici, studiate nei capitoli precedenti costituiti sostanzialmente da due livelli, ad uno studio più generale caratterizzato da cinque livelli. A partire da questi ultimi si ottengono due sottospazi disaccoppiati, vincolando il sistema a evolvere solo in uno di questi, si veda la figura (5.1). Si conclude il capitolo mostrando i risultati per diversi valori della costante di accoppiamento Γ. 5.1 L’Hamiltoniano del sistema In presenza di un campo magnetico le orientazioni del momento angolare totale dell’atomo F~ risentono della struttura iperfine che rompe la degenerazione dei livelli. Tale fenomeno è descritto dalla formula di Breit-Rabi che determina le energie di tutti i sottolivelli “splittati”. Il momento di spin atomico F~ = J~ + I~ = 2 è la somma del momento ~ secondo il teorema di somma dei momenti angolari angolare elettronico J~ e nucleare I, ha degenerazione rispetto alla terza componente mF , per cui si avrà mF = −2, −1, 0, 1, 2. Per la notazione adottata, si osservi la figura rappresentativa degli operatori mostrati in chiave vettoriale. (5.2). Si è studiato il caso del condensato di Bose-Einstein (BEC) 87 Rb in ground state e in presenza del su citato campo magnetico. Questo è fissato in maniera tale da abbattere le fluttuazioni del rumore, ma da non causare il riscaldamento nelle bobine che generano lo stesso. L’Hamiltoniano che ne descrive la dinamica è dato 34 Capitolo 5. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 35 Figura 5.1: Picture impression di un BEC di 87 Rb. Lo spazio di Hilbert iniziale costituito da cinque livelli viene suddiviso in due sottospazi indipendenti, vietando transizioni da un sottospazio ad un altro. Il disaccoppiamento dello spazio di Hilbert è ottenuto mediante transizioni Raman. ~ (spin) e L (momento angolare orbitale) Figura 5.2: (a) La composizione dei vettori S ~ (b) La composizione dei vettori fornire il momento angolare elettronico complessivo J. ~ ~ J (momento angolare elettronico) e I (momento angolare nucleare) fornisce il momento angolare totale del’atomo F~ . dalla seguente 2Ω 0 H0 = 0 0 0 0 0 0 Ω 0 0 0 0 0 0 0 0 0 −Ω . 0 0 0 0 0 (5.1) −2Ω Si noti la dipendenza da mF . Adesso si vogliono accoppiare fortemente i livelli energetici. Un Hamiltoniano di questo tipo si può ottenere sperimentalmente mediante l’effetto di Capitolo 5. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 36 un campo RF nella Rotating Wave Approximation (RWA). Si ottiene 0 λ 0 0 0 p λ 0 3/2λ 0 p p H1 = 0 3/2λ 0 3/2λ p 0 0 3/2λ 0 0 0 0 λ 0 0 . λ 0 (5.2) La frequenza di Rabi λ è proporzionale all’intensità del campo RF. Si osservi che si è posto ~ = 1 esprimendo tutte le energie in unità di frequenze angolari. Come conseguenza di questa interazione descritta da H1 , si mostrerà che la popolazione dei livelli segue il teorema di ricorrenza quantistica sotto oscillazioni di Rabi per tutti e cinque i livelli, come mostrato in figura (5.3). Infine si aggiunge un potenziale ottico che mostreremo sarà il tramite per passare dal sistema a cinque livelli ad uno dei due sottospazi costituiti da due livelli 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 H2 = 0 0 −iΓ/2 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 . (5.3) L’Hamiltoniano H2 si ottiene sperimentalmente mediante due processi: si effettua un completo traferimento di popolazione dallo stato |2, 0i allo stato |1, 0i che comporta un ripopolamento di quest’ultimo. Tecnicamente parlando, il primo dei due raggi laser (raggi di Raman) inducono ad una transizione tra |2, 0i e |1, 0i. In seguito si illumina il BEC con un raggio laser risonante che esegue la transizione F = 1 → F 0 = 2 nello stato 5P3/2 eccitato secondo il quale gli atomi decadranno al di fuori del BEC. Durante il decadimento viene emesso un fotone. Questo processo è comunemente considerato un processo di misura, anche se l’emissione di un fotone non è rivelata. Si noti che questa radiazione interesserà solo lo stato F = 1, cioè gli atomi che erano originariamente in |2, 0i. L’Hamiltoniano del sistema è H = H0 + H1 + H2 . 5.2 Evoluzione del sistema Sia |ψ(t)i il generico ket rappresentante lo stato ad un generico instante di tempo: |ψ(t)i = 5 X n=1 cn (t) |ni (5.4) Capitolo 5. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 37 dove {|ni} è un sistema ortonormale completo di autostati di H. Per determinare l’evoluzione temporale si applichi l’equazione di Schrödinger (1.16), si ottiene il seguente sistema di equazioni differenziali del primo ordine definite nel piano complesso C dc1 (t) = 2Ωc1 (t) + λc2 (t) dt r 3 dc2 i (t) = λc1 (t) + Ωc2 (t) + λc3 (t) dt 2 r r 3 3 dc3 Γ i (t) = λc2 (t) − i c3 (t) + λc4 (t) dt 2 2 r2 3 dc4 (t) = λc3 (t) − Ωc4 (t) + λc5 (t) i dt 2 dc5 i (t) = λc4 (t) − 2Ωc2 (t). dt i (5.5) La risoluzione del sistema è stata ottenuta per via numerica, di cui si riporta l’algoritmo risolutivo in appendice C, sviluppate mediante il software di calcolo Mathematica. Si tenga presente che i coefficienti sono funzioni del piano complesso, in formule cn (t) : C 1 (R) 7−→ C 1 (C) n = {1, . . . , 5} ⊂ Z. (5.6) Per interpretare la fisica del sistema si è interessati al modulo quadro di tali funzioni che sono rappresentativi della probabilità che lo stato del sistema si trovi nel ket relativo. Sia Pn (t) la funzione probabilità, allora: Pn : C 1 (C) 7−→ R|[0,1] cn (t) 5.3 7−→ Pn (t) := c∗n (t)cn (t) = |cn (t)|2 ∈ [0, 1]. (5.7) Risultati dell’evoluzione I risultati ottenuti sono gli andamenti della probabilità normalizzata ad assumere valori tra 0 e 1, in funzione del tempo che è misurato in unità di [~/Ω]. Per comodità di calcolo si è posto Ω = λ = 1. Con queste unità di misura l’energia ha le dimensioni di una frequenza angolare, [E] = [Ω]. Si analizzano tre casi corrispondenti ai valori della costante di accoppiamento Γ = 0, 10, 1000. Sperimentalmente Γ viene fatto variare mediante laser che permette la transizione da F = 2 a F = 1. In figura (5.1) vi è un’illustrazione. 5.3.1 Assenza di potenziale ottico Nel caso in cui Γ = 0, l’Hamiltoniano H2 responsabile dell’assorbimento di probabilità non comporta alcuna influenza sul sistema, ci si riconduce al caso già analizzato nel Capitolo 5. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 38 capitolo precedente e il sistema è soggetto ad oscillazioni di Rabi e verifica il fenomeno della ricorrenza quantistica. Sperimentalmente tutti gli atomi hanno F = 2 per tutta la durata dell’evoluzione. I risultati sono mostrati in figura (5.3). In tal caso la probabilità Figura 5.3: Γ = 0, il sistema oscilla in tutti e cinque i livelli secondo le oscillazioni di Rabi. La probabilità è maggiore per i livelli con mF = 2 e diminuisce progressivamente fino a mF = −2. Il sistema è chiuso e la probabilità complessiva resta unitaria. La scala temporale è in termini di [~/Ω]. si conserva perché il potenziale ottico è assente, infatti P (t) = 5 X n=1 Pn = 5 X |cn (t)|2 = 1 ∀t ∈ R+ , (5.8) n=1 dove P (t) è la probabilità che il sistema si trovi in uno qualunque dei cinque livelli. Si osservi che il sistema dopo un certo tempo finito ritorna in prossimità di uno stato periodicamente, secondo la ricorrenza quantistica data dalla (3.45). Inoltre quando lo stato iniziale si “spopola” si iniziano a riempire gli altri livelli a partire da quelli adiacenti al livello scelto come condizione iniziale. Nel caso in esame si ripopola subito il livello con mF = 1 e quando questo e il livello con mF = 2 sono al minimo della Capitolo 5. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 39 probabilità, gli altri livelli giungono al massimo. Si osservi che le ampiezze di oscillazione dipendono dalla condizione iniziale. Scegliendo come condizione iniziale il ket |2, 2i, chiaramente la probabilità che il sistema sia nello stato |2, mF i diminuisce al diminuire di mF = 2, 1, 0, −1, −2. Il periodo di oscillazione è 4.5~/Ω. 5.3.2 Interazione con il potenziale ottico Nel caso in cui si inizia a far sentire l’effetto del potenziale ottico, ossia Γ = 10, si ha l’analogo già visto nella terza e quarta applicazione del capitolo precedente. Il decadimento verso gli stati con mF ≤ 1 è fortemente inibito. Questo risultato è mostrato in figura (5.4). La probabilità è modulata da una decrescita esponenziale, vale il seguente Figura 5.4: Γ = 10, la presenza di H2 è responsabile della perdita di probabilità. Per tempi lunghi nessun atomo avrà F = 2. La scala temporale è in termini di [~/Ω]. limite lim P (t) = 0. t→+∞ (5.9) Essa rappresenta il numero di atomi nello stato avente F = 2 e l’andamento temporale è mostrato in figura (5.5). La perdita di probabilità è dovuta alla transizione da F = 2 a F = 1. Facendo riferimento al livello in cui si è imposto la condizione iniziale si noti in figura (5.4) che il periodo è minore di 4.5~/Ω. 5.3.3 Disaccoppiamento nei sottospazi Nel caso in cui invece Γ = 1000 o comunque molto grande, i cinque livelli interagenti si disaccoppiano, poiché Γ agisce sul livello centrale e non consente più la transizione Capitolo 5. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 40 Figura 5.5: Γ = 10, la probabilità diminuisce esponenzialemente. Al crescere di Γ, il contributo della probabilità complessiva viene a dipendere sempre più solo dai livelli con mF = 2 e mF = 1. La scala temporale è in termini di [~/Ω]. tra mF > 0 e mF < 0. Si ottengono i risultati presentati in figura (5.7). Il sistema evolve in uno dei due sottospazi legati alla condizione iniziale con oscillazioni di Rabi di periodo < 4.5~/Ω minore rispetto ai casi in cui Γ = 0 e Γ = 10, perché in tal caso le oscillazioni riguardano soltanto due livelli. Si osservi la figura (5.6). Si è ottenuto Figura 5.6: Rappresentazione pittorica di un BEC realizzato su un chip atomico. Nell’angolo in basso a destra sono mostrate le “nuvole”ottenute sperimentalmente: nell’istate iniziale sono nel livello +2 e mediante il controllo ottimale sulla struttura iperfine dell’atomo si dimezzano nei livelli -1 e-2. l’analogo visto nel capitolo precedente. La probabilità di andare negli altri tre stati è nulla. La perdita di probabilità al crescere di Γ si manifesta per tempi sempre più lunghi. Questa è un’evidenza indiretta dell’effetto quantistico di Zenone. La probabilità complessiva dipende soltanto da due livelli, poiché gli altri restano disaccoppiati, e si Capitolo 5. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 41 Figura 5.7: Γ = 1000, il sistema non evolve più in tutti e cinque gli stati, ma è in un sottospazio a due livelli. La frequenza delle oscillazioni è aumentata e interessa soltanto i livelli con mF > 0. La scala temporale è in termini di [~/Ω]. osserva che poiché Γ è molto più grande che negli altri due casi, la scala temporale in figura (5.8) è molto più lunga rispetto alla figura (5.5). Non è apprezzabile il ripple modulato dal decadimento esponenziale. In conclusione si veda che nella figura (5.6) è mostrato un chip atomico grazie al quale si possono studiare questo tipo di evoluzioni temporali[21]. Capitolo 5. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert Figura 5.8: Γ = 1000, la perdità di probabilità è fortemente rallentata e interessa soltanto il sottospazio a due livelli. La scala temporale è in termini di [~/Ω]. 42 Appendice A Seconda applicazione: misure discrete n = 2; 0 Ω H= ; Ω 0 1 p = ; 0 0 m = ; 1 b0 = p; l = Eigenvalues[H]; le1 = l[[1]]; le2 = l[[2]]; v = Eigenvectors[H]; vn = 1 Norm[v] v; Array[ve, n]; For[i = 1, i ≤ n, i++, ve[i] = Transpose[{vn[[i]]}] ] U [t ]:= Pn −i∗l[[k]]∗t k=1 e ∗ ve[k].Transpose[ve[k]]//ComplexExpand b[t ]:=U [t].p 43 Appendice A. Seconda applicazione: misure discrete amp[t ]:=Flatten[Transpose[b0].b[t]][[1]] Prob[t ]:=Conjugate[amp[t]] ∗ amp[t]//ComplexExpand (*plottol0 ampiezzaelaprobabilitàinfunzionediΩ*) am:=amp[t] pr:=Prob[t] Manipulate[Ω; Plot[{am, pr}, {t, 0, 1}], {Ω, 0, 1}, LocalizeVariables → False] τ = Ω−1 ; amp[t − 0 ∗ τ ] − 0 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 0 ∗ τ < τ amp[t − 1 ∗ τ ] − 1 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 1 ∗ τ < τ g[t ] = { amp[t − 2 ∗ τ ] − 2 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 2 ∗ τ < τ ; amp[t − 3 ∗ τ ] − 3 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 3 ∗ τ < τ amp[t − 4 ∗ τ ] − 4 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 4 ∗ τ < τ amtratti:=g[t] Manipulate[τ ; Plot[{amtratti, 1 − 5 ∗ (1 − amp[τ ])}, {t, 0, 22.9}], {τ, 0, 3}, LocalizeVariables → False] Manipulate[ Grid[{{ Text@Column[{ “”, Row Style[“Ω”, Italic], “ = ”, NumberForm Chop τ −1 , {4, 2} }], GraphicsColumn[{ amp[t − 0 ∗ τ ] − 0 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 < t − 0 ∗ τ < τ amp[t − 1 ∗ τ ] − 1 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 1 ∗ τ < τ Plot { amp[t − 2 ∗ τ ] − 2 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 2 ∗ τ < τ , amp[t − 3 ∗ τ ] − 3 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 3 ∗ τ < τ amp[t − 4 ∗ τ ] − 4 ∗ (1 − amp[τ ]) 0 ≤ t − 4 ∗ τ < τ GridLines → {{τ }, {}}}, {t, 0, 10.9}, AxesLabel → {t, “ampiezza(t)”}] }, ImageSize → 500] 44 Appendice A. Seconda applicazione: misure discrete 45 }}] , {τ, 0.1, 3}] Manipulate[ Grid[{{ Text@Column[{ “”, Row Style[“Ω”, Italic], “ = ”, NumberForm Chop τ −1 , {4, 2} }], GraphicsColumn[{ Prob[t − 0 ∗ τ ] − 0 ∗ (1 − Prob[τ ]) 0 < t − 0 ∗ τ < τ Prob[t − 1 ∗ τ ] − 1 ∗ (1 − Prob[τ ]) 0 ≤ t − 1 ∗ τ < τ { Prob[t − 2 ∗ τ ] − 2 ∗ (1 − Prob[τ ]) 0 ≤ t − 2 ∗ τ < τ , Plot Prob[t − 3 ∗ τ ] − 3 ∗ (1 − Prob[τ ]) 0 ≤ t − 3 ∗ τ < τ Prob[t − 4 ∗ τ ] − 4 ∗ (1 − Prob[τ ]) 0 ≤ t − 4 ∗ τ < τ Prob[t]}, {t, 0, 7}, AxesLabel → {Style[t, FontSize → 30], Style[“P(t)”, FontSize → 30]}, TicksStyle → Directive[Black, 20], ImageSize → 1000] }, ImageSize → 500] }}] , {τ, 0.1, 1}] Appendice B Terza applicazione: Hamiltoniano con potenziale ottico La risoluzione di questo problema è eseguita mediante il teorema spettrale e l’equazione di Schrödinger . Uso del teorema spettrale n = 2; Ω 0 H= ; Ω −i2V 1 p = ; 0 0 m = ; 1 b0 = p; l= Simplify[ReplaceAll[Eigenvalues[H], ii √ −V 2 + Ω2 → ih (*l = Eigenvalues[H]; *) le1 = l[[1]]; le2 = l[[2]]; 46 Appendice B. Prima applicazione: misure discrete 47 v= Simplify[ReplaceAll[Eigenvectors[H], ii √ −V 2 + Ω2 → ih {−i(h + V ), i(h − V )} o n oo nn i(h+V ) ) , 1 , , 1 − i(h−V Ω Ω UU[t ]:= ExpToTrig[ComplexExpand[ Pn −i∗l[[k]]∗t ∗ vn[[k]].Transpose[vn[[k]]]]] k=1 e Ω iV U [t ]:=e−V t Cosh[ht] − hi Sinh[ht] Ω −iV MatrixForm[U [t]] e−tV Cosh[ht] + e−tV Cosh[ht] − V Sinh[ht] h e−tV iΩSinh[ht] h e−tV Cosh[ht] − Cosh[ht] − b[t ]:=U [t].p MatrixForm[b[t]] Simplify[MatrixForm[b[t]]] −tV Cosh[ht] + V Sinh[ht] e h e−tV Cosh[ht] − iSinh[ht] h e−tV e−tV Cosh[ht] + Cosh[ht] − V Sinh[ht] h iSinh[ht] h amp[t ]:=Flatten[Transpose[b0].b[t]][[1]] Prob[t ]:=Conjugate[amp[t]] ∗ amp[t]// ComplexExpand amp[t]; amp = Factor[Simplify[TrigToExp[amp[t]]]] iΩSinh[ht] h V Sinh[ht] h Appendice B. Prima applicazione: misure discrete e−t(h+V ) (h+e2ht h−V +e2ht V ) 2h Replace[Factor[Simplify[TrigToExp[Prob[t]]]], i √ h → V 2 − Ω2 e−t(h+V ) ((1+e2ht )h+(−1+e2ht )V ) 2 [t] 2h −Ω2 Ω2 PProb[t ]:= 1 + 2V e V ∗t PProb[t] t e− V 1 + 1 2V e−2tV Cosh[ht]2 + 2e−2tV V Cosh[ht]Sinh[ht] h + e−2tV V 2 Sinh[ht]2 h2 pr:=PProb[t] Manipulate[ √ "( −2t V 2 −Ω2 +V √ ) √ √ ( ) V 2 −Ω2 +e2 V 2 −Ω2 t √V 2 −Ω2 −V +e2 V 2 −Ω2 t V 2 e Plot , √ 2 22 4 V −Ω {t, 0, 3}, PlotRange → {0, 1}, AxesLabel → {t, “P(t)”}], {{Ω, 1, “Ω”}, 0.01, 3, .01, Appearance → “Labeled”, ImageSize → Tiny}, {{V, 0.1, V}, 0.0, 10, .01, Appearance → “Labeled”, ImageSize → Tiny}, ControlPlacement → Left ] 48 Appendice B. Prima applicazione: misure discrete 49 Semplice accoppiamento misurato con l’equazione di Schrödinger In questa sezione ho risolto lo stesso problema utilizzando l’equazione di Schrödinger . Manipulate[ Module[{ν, H, v, ψ, CC, eqSchr, condIniz, equations, functions, soluz, b, Prob}, ν = 2; Ω 0 H= ; Ω −i2V v = IdentityMatrix[ν]; P ψ[t ] = νn=1 b[n][t] ∗ v[[n]]; CC = H.ψ[t]; eqSchr = {i∂t ψ[t][[1]] == CC[[1]], i∂t ψ[t][[2]] == CC[[2]]} ; soluz = Flatten[DSolve[{eqSchr, ψ[0][[1]] == 1, ψ[0][[2]] == 0}, {ψ[t][[1]], ψ[t][[2]]}, t]]; b[1][t] = b[1][t]/.soluz[[1]]; b[2][t] = b[2][t]/.soluz[[2]]; Prob = b[1][t]2 ; Plot[{Prob}, {t, 0, 3}, PlotRange → {0, 1}, AxesLabel → {t, “P(t)”}] ], {{Ω, 1, “Ω”}, 0.01, 3, .01, Appearance → “Labeled”, ImageSize → Tiny}, {{V, 0.1, V}, 0.0, 10, .01, Appearance → “Labeled”, ImageSize → Tiny}, ControlPlacement → Left ] Appendice C Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert In questa appendice ho risolto mediante l’ausilio del software Mathematica l’applicazione riportata nell’ultimo capitolo. ν = 5; Ω = 1; λ = 1; Γ = 1000; 2Ω 0 0 0 Ω 0 H0 = 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 λ λ 0 p H1 = 3/2λ 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 −Ω 0 0 −2Ω 0 ; 0 0 0 0 p 0 3/2λ 0 ; p 3/2λ 0 λ 0 λ 0 p 3/2λ 50 Appendice C. Dinamica quantistica controllata in un sottospazio di Hilbert 0 0 0 0 0 0 0 0 −iΓ H2 = 2 0 0 0 0 0 0 H = H0 + H1 + H2; 0 0 51 0 0 ; 0 0 0 0 0 0 B = Table [bi [t], {i, 5}] ; CC = H.B; systemDifferentialEqs = Table [i∂t bi [t] == CC[[i]], {i, 5}] ; systemDifferentialEqs//MatrixForm inizialConditions = Flatten [Append [{b1 [0] == 1} , Table [bi [0] == 0, {i, 2, 5}]]] ; systemLinearEqs = Flatten[{systemDifferentialEqs, inizialConditions}]; SolutionsNumerical = NDSolve[ systemLinearEqs, B, {t, 0, 10}]; solutionsAnalitical = Flatten[DSolve[ systemLinearEqs, B, t]]; B = Flatten[B/.solutionsAnalitical]; P = Abs[B]2 ; Plot[{P }, {t, 0, 20}, PlotRange → All, FrameLabel → {Style[t , FontSize → 30], Style[“P(t)” ]}]; ib01 [t] == 2b1 [t] + b2 [t] q ib02 [t] == b1 [t] + b2 [t] + 32 b3 [t] q q ib03 [t] == 32 b2 [t] − 500ib3 [t] + 32 b4 [t] q ib04 [t] == 32 b3 [t] − b4 [t] + b5 [t] ib05 [t] == b4 [t] − 2b5 [t] Table [pi [t ] = P [[i]], {i, 1, 5}] ; P sumP[t ]:= 5n=1 pn [t] Plot[{sumP[t]}, {t, 0, 20}FrameLabel → {Style[t , FontSize → 30], Style[“P(t)” ]}]; Bibliografia [1] E. 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