Metafisica e Filosofia della Religione

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Idee per
religione
un
possibile
dialogo
tra
metafisica
e
filosofia
della
Grossi Stefano
A. Premessa
La filosofia fin dal suo sorgere si Š posta come istanza critica del
pensiero, in opposizione non solo contro tutte le opinioni infondate e le
credenze irragionevoli, ma anche contro tutti quegli pseudo saperi
fondati solo sul principio di autorit… e quindi catalogabili come
"dogmatici". Fra questi ultimi, soprattutto nel periodo moderno, sono
stati annoverati
e conseguentemente emarginati rispetto al sapere
ufficiale
non solo i fideismi, pi— o meno espliciti, ma anche in buona
misura la stessa ricerca teologica, che invece avanzava e avanza tutt'ora
una rispettabile pretesa di scientificit… e di razionalit…. Ora, ci
sembra che questo non sia avvenuto solo da parte di quegli ambienti
culturali che potremmo dire agnostici, irreligiosi, laicisti o atei, ma
una simile mentalit… si Š affermata anche all'interno del mondo culturale
cristiano ogni volta che si Š accettato, tacitamente o meno, il
presupposto per il quale si d… una divisione netta e assoluta tra il
campo della ragione e quello della rivelazione. Cos• facendo, infatti, si
assume come scontato che il vero pensiero critico, in fondo, rimanga
sempre e solamente dalla parte della ragione agnostica e da esso deve
essere mutuato o preso in prestito da tutte quelle riflessioni che
pretendono di qualificarsi come ®razionali¯, pur nascendo entro un ambito
religioso, al punto che tale provenienza deve essere dichiarata come
frutto di un convincimento personale estraneo alla dinamica propria della
coscienza cognitiva e riflettente.
Ci sembra in oltre, che il presupposto di una reciproca limitazione
tra ragione e fede sia stato adoperato anche all'interno della stessa
ricerca teologica ogniqualvolta si Š ritenuto di dover riaffermare la
superiorit… assoluta dell'obbedienza di fede nei confronti di una ragione
autonoma, riportando di nuovo la problematica entro l'ambito di una
®ridefinizione delle frontiere¯.
A nostro avviso, invece, il problema di fondo consiste oggi
nell'affrontare direttamente questo presupposto anche a partire dalle
problematiche sollevate entro quel particolare settore della ricerca
filosofica rappresentato dalla filosofia della religione, che vorrebbe
essere un tentativo di mediazione tra pensiero razionale e fede, ma in
cui permane spesso una pregiudiziale nei confronti di tutto ci• che
sembra provenire, pi— o meno lontanamente, da una rivelazione.
La prospettiva che intendiamo assumere col nostro lavoro si fonda
proprio sulla contestazione di tale presupposto come dannoso sia per una
ricerca razionale entro e a partire dalla fede, sia per una riflessione
filosofica per la quale si rende impossibile l'accesso a un sapere
esplicitamente metafisico. Ora Š proprio su quest'ultimo punto che
vorremmo centrare la nostra attenzione, cercando perci• di indicare una
possibile via per il superamento di questa situazione, attraverso un
cammino che passi attraverso il recupero e la formulazione sistematica di
una metafisica e un dialogo con le altre discipline che affrontano il
problema ®Dio¯.
In ogni caso, per un credente la questione del rapporto tra filosofia
e religione non pu• porsi a partire da una presunta incompatibilit…
epistemologica e/o contenutistica tra il credere e il pensare, o come un
tranquillo parallelismo; piuttosto Š proprio a partire dal contenuto
stesso della fede cristiana, in quanto proposta autorevole, universale e
ultima, di senso per l'uomo che si impone una precisa esigenza di
riflessione
critica.
La
fede
infatti,
non
pu•
non
divenire
un'interpellazione per il pensiero e al limite una sfida per esso, anche
perch‚ i misteri fondamentali del cristianesimo si presentano come i pi—
ostici ad essere pensati razionalmente e ad essere esplicitati. E
tuttavia su di essi non si pu• opinare: i dogmi pretendono di imporsi
come verit… necessarie per la salvezza.
Rimane poi vero, guardando le cose da un punto di vista temporale, che
la situazione personale del credente che si trova a tentare una
riflessione
filosofica
Š
inevitabilmente
segnata
da
questa
sua
precomprensione di fede, poich‚ nella stragrande maggioranza dei casi si
Š nella situazione di chi prima ha accettato l'opzione della fede
cristiana e solo successivamente si Š trovato a iniziare un cammino
filosofico. Questo non ci pare un fattore secondario o trascurabile o
facilmente superabile ricorrendo ad una epoch‚ nei confronti del proprio
vissuto di fede: filosofare, cioŠ, mettendo in parentesi le proprie
convizioni religiose. Questo non sarebbe di nuovo un dover accettare il
presupposto che far filosofia richiede una neutralizzazione della fede? E
questo atteggiamento come potrebbe salvarsi dalla possibile accusa di
ipocrisia?
Ci• che vorremmo allora tentare di mostrare
Š la possibilit…
e la
leggittimit… di una riflessione filosofica che prenda in seria
considerazione il suo esser condotta a partire in e da un'esistenza
credente.
Tuttavia, come abbiamo accennato, il raccordo "classico" tra la fede e
la filosofia, costituito da un lato dalla metafisica e teologia
razionale, dall'altro dall'apologetica, Š stato oggetto di forti critiche
e di profondi ripensamenti metodologici, al punto che la prospettiva
odierna di qui generatasi, richiede un ulteriorre riconsiderazine
dell'intera problematica.
B. La problematica contemporanea riguardo alla metafisica
Ci• che dobbiamo rilevare Š il mutamento che si Š andato affermando
nel nostro modo di concepire il rapporto tra l'Uomo e il Mondo .
Indicativamente, si pu• dire che fino al XV secolo questo rapporto
rimaneva sostanzialmente di tipo contemplativo. Anche la fisica era di
fatto una filosofia della natura, non avendo ancora assunto alcunch‚
della
logica
della
matematizzazione
dei
fenomeni.
Anche
senza
ripercorrere le vicende storiche del concetto di Physis, baster…
accennare al fatto che essa non era n‚ il prodotto di un'attivit… umana,
n‚ l'oggetto di un'operazione tecnica mirante al suo dominio e allo
sfruttamento. Physis
indicava il fondamento per il quale ogni ente Š
mutevole (mutante), comprendendo in ci• l'uomo stesso. Ora, invece, a
partire da Galileo, noi viviamo in un contesto culturale ben diverso: la
fisica che conosciamo Š una scienza matematizzata, oggettivante, in cui
si procede attraverso l'elaborazione di teorie, di modelli, che devono
essere poi sottoposti a verifiche e/o falsificazioni. Non che la fisica
odierna abbia perso del tutto un certo carattere di contemplativit… pensiamo soprattutto al lavoro di molti scienziati impegnati nella
ricerca pura, condotta per il gusto di conoscere di pi—
ma essa
indubbiamente mira di pi— a riportare il Mondo entro il dominio
intellettuale dell'uomo che ad aiutarlo ad entrare in sintonia con esso.
Se riportiamo questa situazione negli ambiti propri del problema che
stiamo tentando di delineare, ci• significa che per noi, oggi, la
gerarchia classica della scienza: Fisica, Matematica, Metafisica, assume
un diverso valore rispetto al passato. C'Š soprattutto da considerare il
fatto che lo studio della natura (oltre al mutamento del significato di
'natura') non Š pi— capace di essere il momento iniziale, propedeutico,
della
ricerca
filosofica;
al
contrario,
attualmente
la
ricerca
scientifica Š divenuta talvolta o l'avversario, in quanto concezione che
pretende di sostituire la filosofia con un sapere da adulti; o il
paradigma di ogni ricerca intellettuale, ci• che definisce i canoni e i
limiti della conoscenza scientifica.
Ci• significa che per noi Š abbastanza difficile immetterci nella
ricerca metafisica, proprio perch‚ ci Š venuto a mancare il momento in
cui si poteva prender coscienza dell'apertura originale verso la
ricerca/scoperta/riconoscimento del fondamento ultimo. Per noi Š pi—
facile porci problemi sul perch‚ delle relazioni tra le cose, piuttosto
che immetterci nel mistero del senso dell'esistenza di qualcosa, di
qualsiasi cosa.
Ci sembra che questa situazione si rifletta anche a livello del
linguaggio (ma potrebbe non esser cos•?): ci stiamo orientando sempre pi—
verso un uso univoco del linguaggio, verso un parlare esatto,
oggettivante, in cui ad ogni termine deve corrispondere uno e un solo
significato e che indichi qualcosa in cui il soggetto non Š coinvolto;
cosa che, a sua volta, ci indirizza verso una comunicazione di tipo
informatico, concepita come trasmissione di dati (informazioni). Il
nostro linguaggio, cos•, diviene sempre pi— adatto per attivit…
analitiche, separanti, distinguenti, e sempre meno adatto per esprimere
visioni unitarie, sintetiche. In questo contesto l'unificazione non pu•
avvenire che mediante una progressiva generalizzazione, attraverso
l'elaborazione di nozioni sempre pi— astratte, di quadri concettuali
contenutisticamente sempre pi— ampi, ma sempre pi— vuoti.
Cos, anche il linguaggio della metafisica si Š svuotato di qualsiasi
significato informativo, riducendo la propria funzione al massimo a
quella "sistemativa". _ sulla legittimit… e validit… di questa riduzione
che vorremmo discutere nel prosieguo.
C. Limitare la ragione per far posto alla fede?
Questa espressione, di sapore kantiano, ci aiuta abbastanza bene a
cogliere il clima in cui negli ultimi due secoli si Š evoluta la
problematica di Dio e della religione entro la discussione filosofica,
almeno per coloro che ritenevano importante salvaguardare la possibilit…
di credere in una rivelazione. Uno dei punti cruciali, infatti, che
possiamo utilizzare come un osservatorio privilegiato sul problema di Dio
in filosofia Š appunto il modo in cui vengono compresi i rapporti tra
ragione e rivelazione. Ci• che merita anche rilevare Š che per la maggior
parte dei filosofi, non sembra essere l'esistenza di Dio a far problema,
quanto l'immagine che di Lui ce ne siamo fatti, sia in se stesso, sia
soprattutto nei suoi rapporti con l'universo e l'umanit… (il problema
della provvidenza). Con una frase sintetica, potremmo dire che il vero
problema si specifica ulteriormente cos: ®qual Š il vero Dio?¯; domanda
valida in buona misura anche per le correnti atee di questo periodo che,
rispetto ad una divinit… trascendente, oppongono una divinit… immanente
(ateismo di sostituzione).
Dobbiamo adesso cercare di analizzare non le possibili risposte, ma,
andando un po' a monte, quali siano le condizioni di possibilit…
richieste alla filosofia affinch‚ si possano legittimamente porre delle
domande e tentare delle risposte a questi interrogativi su Dio. In
quest'ottica prima occorrer… recuperare la significanza del discorso
metafisico e poi il suo valore conoscitivo.
1. Il linguaggio metafisico Š significante?
a. Il Circolo di Vienna e Karl Popper
Tipici oppositori della significanza del linguaggio metafisico, in
generale, e di quello religioso, in particolare, accomunati al linguaggio
poetico e simili, sono stati i Neopositivisti del Circolo di Vienna e i
continuatori del loro pensiero. Ci pare che attualmente questa sia una
posizione sostanzialmente superata in campo filosofico, tuttavia pu•
risultare utile affrontarla ugualmente proprio per mostrare come un
malinteso concetto di scientificit… e di significanza porti quasi
inevitabilmente a eliminare la possibilit… di parlare di Dio, perch‚ le
affermazioni che si possono fare su di Lui non hanno senso, o, al
massimo, rappresentano l'espressione di un sentimento personale, di
un'emozione. Questa critica nasce in fondo dal definire il valore
semantico del linguaggio a partire da un riferimento extra-linguistico:
la possibilit… cioŠ che un'affermazione sia empiricamente verificabile,
sul modello delle affermazioni delle scienze del mondo fisico (confusione
tra il piano semantico e il piano referenziale); o tautologica, sul
modello della matematica.
Al contrario, occorre notare proprio che il linguaggio (o pi—
correttamente, i vari linguaggi) non trova il suo primo e ultimo
tribunale nell'esperienza che lo verifica o meno, ma in se stesso: nel
linguaggio il significato primo di un termine e di una proposizione Š
dato dal riferimento non a cose (oggetti), ma ad altri termini e ad altre
proposizioni, a quegli altri termini con cui Š legato nella frase, a
quelle altre proposizioni che formano il discorso, in un testo, in una
cultura. Il valore semantico di un'affermazione Š in primo luogo intralinguistico e non extra-linguistico, quest'ultimo, semmai Š il problema
della referenzialit… del linguaggio, percui il parlare non Š finalizzato
al parlare stesso, ma a dire qualcosa della realt…. Potremmo qui citare
ad honorem la teoria dei ®giochi linguistici¯ di Wittgenstein come
esempio di riflessione sull'intrinseca significativit… di ogni linguaggio
considerato dal punto di vista dell'uso che ne viene fatto da parte di un
gruppo umano.
Sempre in ordine alla critica dei neopositivisti viennesi, Š doveroso
accennare al pensiero di Karl Popper e al suo criterio di demarcazione
tra enunciati scientifici e e non, formulato in base alla possibilit…,
inerente a ciascuna proposizione o teoria, di essere falsificata.
Se
cos• facendo Popper salva la significativit… delle proposizioni
metafisiche - anche se questo non Š certo il suo interesse fondamentale Š anche vero che la sua riflessione rimane pur sempre prigioniera del
presupposto indimostrato che sia possibile unificare le varie scienze in
un unico modello epistemologico elaborato a partire da quelle del mondo
fisico. Cos•, l'unica riflessione filosofica veramente scientifica, e
perci•
dotata
di
valore
conoscitivo,
si
ridurrebbe
di
fatto
all'epistemologia della scienza.
b. Il ®giardiniere invisibile¯ di Antony Flew
Riprendendo la problematica suscitata dal criterio di falsificazione,
applicato al linguaggio religioso, dobbiamo anche soffermarsi sulla
discussione suscitata soprattutto nel mondo anglosassone della filosofia
analitica dalla cosiddetta sfida ®falsificazionista¯ di Antony Flew con
la sua ben nota parabola del ®giardiniere invisibile¯ e con i tentativi
di risposta da parte di Hare, con la teoria della religione come ®blick¯;
del fideismo esplicito di Smart e Allen; con la ®ritirata nel silenzio¯
di Mc Pherson, di impronta tipicamente wittgensteiniana; con il no alla
teologia in favore di un s• alla religione di Holland; con il
riduzionismo morale di Braithwaite e Hepburn. Questi sono solo alcuni di
coloro che hanno ritenuto di dover rifiutare alla radice l'impostazione
falsificazionista. Al contrario altri autori hanno creduto di poter
accettare in pieno la sfida lanciata da Flew; tra questi ricordiamo
Mitchell, con la sua ®parabola del partigiano¯; Hick e la ®verificazione
escatologica¯ con cui distingue tra verificabilit… di principio e
verificabilit… empirica entro la storia.
l problema suscitato da Flew si potrebbe sintetizzare cos•: i credenti
sono capaci di indicare un evento o un fatto decisivo capace di
falsificare le loro affermazioni su un Dio che ama le sue creature?
Oppure, qualsiasi obiezione mossa alla fede pu• essere elusa ricorrendo a
dei continui aggiustamenti della fede stessa, cosa che, per• alla fine
rende il Dio della fede indistinguibile da un Dio puramente immaginario?
Vorremmo fare alcune osservazioni a questo proposito, cos• da mostrare
come sia l'impostazione stessa della sfida di Flew che non regga ad un
attento esame
Per prima cosa l'asserto della parabola si basa su un punto di
partenza discutibile: i due esploratori non sono d'accordo nel
riconoscere l'esistenza di un certo ordine entro una radura. Quindi il
problema Š un giardino o non lo Š? Viceversa, l'universo in cui ci
troviamo lo percepiamo come sostanzialmente, anche se non del tutto,
ordinato. Inoltre, il giardiniere Š considerato come una presenza
particolare che deve entrare entro la radura, ma Dio, come accennato in
precedenza, non pu• essere considerato come un Ente anche se il
supremo; Egli Š tale che il suo mistero Š presente in ogni singola realt…
e nel loro complesso: la sua trascendenza si identifica con la sua somma
immanenza. Perci• Egli non potrebbe per principio esser rilevato! D'altra
parte, questo significa contestare alla radice il presupposto di Flew
secondo cui l'orizzonte proprio del linguaggio Š quello strettamente
empirico. Fra l'altro Š interessante notare come in questa parabola, il
credente e l'ateo non si interroghino mai sulle motivazioni che
giustificano le loro rispettive opinioni.
Come seconda osservazione, rileviamo che entro la stessa concezione
cristiana, si d… una certa qual possibilit… di falsificazione: ricorsiamo
l'affermazione paolina ®se Cristo non Š risuscitato, Š vana la vostra
fede¯ (1 Cor 15,16). Ma, ci• che l'affermazione di Flew mette in
discussione - almeno cos• ci sembra - non Š tanto l'esistenza di Dio,
quanto la possibilit… di avere una qualche certezza sulle sue reali
capacit… di intervenire nella nostra storia. Il problema Š pi— sulla
provvidenza che non sull'esistenza: di un Dio che non si interessa di
noi, in fondo, non ci interessa nemmeno discutere della sue eventuale
esistenza o meno.
Come terza osservazione, ci pare che questa discussione ci possa
introdurre in qualche modo nel prendere coscienza che gli enunciati
propri della fede cristiana non sono propriamente e in senso stretto
®dimostrabili¯ ; per lo meno non nel senso che normalmente attribuiamo a
questo termine. Forse occorre ricordarci che esistono altre dimensioni,
oltre a quella conoscitiva empirica, entro cui si danno le affermazioni
religiose, quali: quella storica, quella simbolica, quella etica, quella
esistenziale; anche queste non sono meno essenziali della prima. Il
problema di Dio, almeno nell'ambito della religione, non Š riducibile
alla sola dimensione conoscitiva informativa. In modo un po' diverso, a
nostro giudizio, la questione si pone per la ricerca metafisica che si
propone di essere un discorso razionale. Rimane comunque vero che Flew,
insieme a buona parte dei suoi oppositori, non percepisce la differenza
tra la domanda del fisico, che di fronte ad una serie di fatti si chiede:
®perch‚ Š cos• e non diversamente?¯ e la domanda del filosofo
(metafisico) che di fronte alla medesima serie di fatti si chiede pi—
radicalmente: ®perch‚ Š, perch‚ esiste, che senso ha il suo esistere?¯.
Domanda, quest'ultima che mirando al fondamento ultimo
fosse pure,
almeno formalmente, il Nulla non pu• esser pi— soggetta allo stesso
meccanismo razionale di verifica o falsificazione con cui si affrontano i
problemi relativi alle spiegazioni ipotetiche dei rapporti causali tra
enti mondani. Il fondamento non si dimostra, ma si riconosce, si nomina ,
al limite, attraverso una forzatura del nostro linguaggio. Anche il
parlare di ®dimostrare l'esistenza di Dio¯, ha un valore semantico (nel
termine 'esistenza') diverso da quello che ha nella proposizione
®dimostrare l'esistenza di un ipotetico decimo pianeta del sistema
solare¯.
In quarto luogo, riprendendo alcune osservazioni di Antoine Vergote
sulla psicologia della religione, notiamo che il modo in cui Flew pone il
problema Š fondato su una comprensione della religione che Š incapace di
distinguere tra credenza e fede ; comprensione per la quale il ®credere¯
Š assimilato ad un ®guardare il mondo come se_¯; al contrario,
utilizzando anche i contributi di Austin alla comprensione delle capacit…
performative del linguaggio, dobbiamo dire che credere Š un gesto con il
quale si decide di accettare un patto di vita, un'alleanza, con Dio.
Questo fatto per• aiuta anche noi a comprendere tutta la difficolt…
che la nostra cultura contemporanea incontra nel momento in cui deve
porsi di fronte alla possibilit… di accettare la validit… della
riflessione metafisica.
2. Il linguaggio metafisico porta ad una conoscenza?
a. L'obiezione Kantiana
Superato lo scoglio iniziale e riguadagnata la validit… semantica del
parlare su Dio, non abbiamo fatto altro che affermare: Š lecito parlare
di Dio, o equivalentemente: l'uso all'interno di proposizioni del termine
'Dio' non le rende automaticamente senza senso. Questa, si potrebbe dire,
Š la condizione minima di possibilit… per l'esistenza di un linguaggio
religioso significante. Solo che questo non Š ancora sufficiente, perch‚
rimarremmo su una giustificazione che non supera, nonostante tutto, il
piano descrittivo: esistono alcuni gruppi di uomini che usano una serie
di espressioni linguistiche in cui compare il termine 'Dio' (o comunque
altri trmini che sono riferiti a una dimensione metaempirica) e che per
loro hanno un senso.
Adesso il problema si deve spostare su un livello ulteriore: questo
parlare su Dio proviene e d… origine ad una qualche conoscenza? Oppure Š
soltanto l'espressione di un'esigenza umana di porre dei quadri
concettuali (totalit…) sempre pi— ampi e omnicomprensivi, ma vuoti di
reale contenuto conoscitivo? Ovvero, il linguaggio metafisico e quello
religioso non sarebbero altro che dei meta linguaggi con cui esprimiamo
il nostro (sottolineiamo nostro) bisogno di unificazione della realt…. E
ancora, Il nostro parlare di Dio, dice solo qualcosa di noi, del nostro
modo di rapportarci a Dio, oppure Š capace di dire qualcosa anche di Lui?
Pur con un certo grado di approssimazione, possiamo far risalire
sostanzialmente a Kant quell'impostazione con la quale si ritiene pi—
utile, per la religione, che la metafisica dogmatica sia impossibile
come scienza, riconoscendo tuttavia che essa Š un'esigenza insopprimibile
della ragione umana a cui le risposte scientifiche non sono sufficienti
per risolvere i complessi problemi posti dall'esistenza. Posizione per
certi versi simile, almeno come intenti anche se non come risultati, a
quella conclusiva del Tractatus Logico Philosophicus di L. Wittgenstein,
che, dopo aver mostrato la fattualit… del linguaggio e quindi il suo
esser limitato al mondo dei fatti, dice chiaramente che con ci• non si Š
ancora sfiorato nulla dei veri problemi dell'uomo; per essi si Š
rimandati al ®silenzio mistico¯. Qui, il riferimento ultimo non Š la
ragion pratica (etica), ma la contemplazione mistica, intesa in senso
filosofico e non come rivelazione ineffabile di Dio. Comunque, anche la
fede di cui parla Kant nella Critica della Ragion Pura Š una fede
filosofica e non teologale, come sar… evidenziato nella Critica della
Ragion Pratica.
b. La posizione di Antiseri
Pi— vicino a noi, rimanendo entro questo tipo d'impostazione, Š la
riflessione di Dario Antiseri, di cui riportiamo un passo lungo, ma
significativo:
sono tuttavia persuaso e questo lo ritengo un punto di capitale
importanza che
l'analisi
linguistica
®in
its
disqualification
of
Metaphysics and Ontology (nella sua squalificazione della metafisica e
dell'ontologia)¯ si avvicina ai problemi religiosi senza le fuorvianti
lenti di modelli tratti da altri linguaggi. La metafisica dovr… diventare
per l'analista cristiano una profanazione del tempio.
In realt…, per tanto, troppo tempo, le filosofie cristiane si sono
ingegnate a provare, a dimostrare Dio, come se la rivelazione non ci
fosse stata (®come posso provarlo, se mi ha salvato?¯ si chiede
Kierkegaard). E il risultato del bel gioco Š stata tutta un'apologetica
pseudo scientifica le cui prove, come dice Pascal, un'ora dopo che le si
Š dimostrate, vengono revocate in dubbio. Ai nostri giorni, dopo
l'attacco
alla
metafisica
sferrato
da
Kant,
dopo
l'assalto
neopositivista, considerata inoltre la disponibilit… scettica degli
analisti, il cristianesimo ha ben poco da chiedere alla metafisica. Ma le
cose, qui, vanno oltre, perch‚ anche se una metafisica potesse venir
rabberciata, essa al cristiano non direbbe proprio nulla: infatti tale
metafisica dimostrerebbe ci• che in ogni caso sarebbe vero per
rivelazione. La religione non elemosina puntelli di sostegno al di fuori
di se stessa. Si regge da s‚. Dunque, non solo, per dirla con il Gratry,
sul ponte marcio dei sillogismi Dio scenderebbe nel mondo zoppicando, ma
oggi non si fa pi— metafisica perch‚ si Š convinti che la religione non
ha pi— bisogno dei suoi surrogati. _ andata in fumo l'illusione che la
metafisica possa servire alla religione, in quanto essa proverebbe la
possibilit…, o meglio, la necessit… di Dio, possibilit… e necessit… che
costituirebbero il pannello in cui il Dio rivelato troverebbe poi un
cantuccio dove sistemarsi. Tale illusione Š analoga all'assurdo di chi
dicesse che prima bisogna provare la possibilit… di fare scienza per
poter effettivamente poi fare scienza. Ormai, chi crede Š convinto che,
se certe domande (senso della storia, destino dell'uomo, principio e fine
dell'universo, ecc.) ricevono una risposta su un piano religioso, ci•
significa solo che anche le domande sono su di un piano religioso. O
meglio, che esse non sono affatto domande, quanto invocazioni. Non si pu•
rispondere ad una domanda di geometria con una formula di chimica. Non si
pu• ammettere che ci siano domande metafisiche e soluzioni religiose.
Per Antiseri, in fondo, tutta la riflessione empirista, in cui egli
dice di sentirsi inserito a pieno titolo, costituirebbe il mezzo migliore
a disposizione della fede
per liberarsi da tutti gli orpelli e le
pastoie metafisiche, in modo da potersi mostrare in tutta la sua
genuinit… di ®fede pura¯. In fondo gli enunciati metafisici su Dio non
possono dirci alcunch‚ di ulteriore rispetto a quanto ci dice la fede;
non possono quindi aiutarci a progredire e rischiano, al contrario, di
divenire un notevole impedimento perch‚ veicolano la falsa idea che la
fede si basa su enunciati metafisici, su prove, o simili.
Ovviamente il prezzo pagato per una simile operazione Š altissimo: nel
momento in cui la fede Š messa al riparo da qualsiasi attacco della
ragione scientifica, essa non pu• pi— avere alcuna giustificazione
razionale e le uniche strade aperte sono l'intuizione o la pura
decisione.
Il
linguaggio
della
fede,
a
sua
volta,
si
riduce
all'invocazione,
dovendo
eliminare
di
fatto
qualsiasi
mediazione
concettuale. La teologia, quindi, si trova anch'essa a doversi ritirare
al massimo al livello positivo: teologia biblica, patristica, ecc.
Qui, ci• che Š in gioco non Š la validit… o meno delle prove sin'ora
elaborate sull'esistenza di Dio o sulle controprove; non Š nemmeno la
valutazione di quale sia la metafisica migliore in assoluto per un
cristiano; ci• che ci pare essere sempre il punto nodale Š il rapporto
tra conoscenza razionale e rivelazione e la convinzione per la quale
entrambe prosperano se e solo se vengono tenute rigidamente separate. Ci
pare che questo sia possibile solo assumendo la scienza moderna come il
livello ultimo del nostro conoscere, perci• Š su questa convinzione che
occorre confrontarci.
c. La scienza moderna esaurisce il sapere?
Ecco quindi il primo nodo da sciogliere: la conoscenza scientifica,
della scienza quale Š venuta formandosi nel nostro tempo, Š il vertice
del nostro conoscere? A chi risponde positivamente a questa domanda non
rimane che chiedere quale senso attribuisca alle domande ultime
dell'esistenza umana, in generale, e alla sua esistenza personale, in
particolare. Tutto sta nel vedere se abbiamo diritto di cessare di
interrogarci di fronte a questo Mistero, di ®chiudere la partita¯ a
nostro piacimento, oppure se il nostro stesso continuare a vivere
(perseverare nell'esistenza umana) non comporti gi…, implicitamente,
l'inizio di una diversa risposta.
Ma, intanto ci dobbiamo porre la domanda sul senso dell'attivit…
conoscitiva
dell'uomo:
Š
riducibile
alla
dimostrabilit…
o
alla
verificabilit… empirica? Alla concettualit… dialettica fondata su termini
univoci? Alla rigorosa esattezza di calcoli matematici?
Per affrontare questo scoglio iniziale utilizziamo due prospettive
diverse offerte da Blondel e da Heidegger. Premettiamo che questo non
vuole essere un attacco alla validit… della scienze della natura o al
pensiero scientifico moderno, n‚ vuole negare i progressi importanti
compiuti in tutti questi settori da Galileo ai nostri giorni, ma vuole
essere una riflessione sui limiti intrinseci delle scienze in quanto
discipline settoriali, o comunque non-ultimative, cos• come sono state
costruite dall'uomo.
i. Maurice Blondel: il terzo capitolo dell'Action (1893)
Su questo riduzionismo aveva riflettuto, con una prospettiva molto
personale, Maurice Blondel, che nella sua tesi di Laurea alla Sorbona,
intitolata l'Action (1893). Essai critique de la vie et d'une science de
la pratique , tentava di analizzare il dinamismo proprio dello spirito
umano attraverso il senso delle sue realizzazioni.
Dopo aver affrontato e superato l'estetismo e il nichilismo, Blondel
discute le pretese delle scienze positive:
Se l'uomo sorge tutt'intero dalla natura, se i suoi atti non sono che
sistemi di fatti come gli altri, se il moto della sua volont… Š
circoscritto nei limiti medesimi della scienza positiva, non si sar…
forse in diritto di esorcizzare per sempre il fantasma dell'essere
nascosto? Far entrare nell'ambito della conoscenza e del potere umani
tutto ci• che ci sembra dapprima meno accessibile (energie della natura,
forze occulte, gli stessi apparenti miracoli), fondare la vita
individuale o sociale nella sola Scienza, bastare a s‚, ecco l'ambizione
dello spirito moderno. Nel suo desiderio di conquista universale, vuole
che il fenomeno sia, e sia tale quale lo conosce e ne dispone; ammette
che constatare i fatti e la loro connessione, Š spiegarli completamente;
considera come parzialmente (… demi) provata ogni ipotesi che gli
permetta di evitare l'intervento di ci• che si chiamava la Causa Prima;
il timore della metafisica non Š forse l'inizio della saggezza? lavora a
determinare ®la genesi¯ dell'uomo, l'origine della coscienza e tutta
l'evoluzione dell'attivit… morale con un rigore pari a quello dei moti
astronomici, poich‚ ai suoi occhi il mondo intero Š un solo problema e
l'unico problema, e perch‚, pare, c'Š unit… e continuit… nel metodo
scientifico.
Chiarito preliminarmente quale sia il problema da affrontare, Blondel
passa ad analizzare e discutere criticamente quali siano i fondamenti su
cui poggia la visione totalizzante della scienza.
Il primo punto Š costituito dall'inizio stesso di ogni empirismo: la
sensazione e il fenomeno sensibile. Gi… qui si mostra la difficolt…
teorica di ogni empirismo: la qualit… sensibile esiste solo in quanto Š
®sentita¯, e, contemporaneamente, Š sentita soltanto in quanto Š
rappresentata e immaginata; percui si arriva all'affermazione antinomica
per la quale: ®Sono ci• che sento, sento ci• che Š¯.
Il secondo punto su cui si centra l'attenzione critica, Š dato dai
presupposti del realismo fenomenista, che considera i dati sensibili come
la via di accesso per la conoscenza del reale, attraverso l'applicazione
della matematica ai fatti della natura. _ proprio l'efficacia pratica di
questo congiungimento tra natura e matematica che va discusso, perch‚
secondo Blondel esso non Š originario, ma richiede la mediazione
dell'azione: matematica e dati sperimentali non sono inizialmente mondi
omogenei, ma disomogenei. Non solo, ma anche il loro mutuo relazionarsi e
sostenersi a vicenda, poggia su una duplice illusione.
Dal canto loro, infatti, le matematiche non spiegano
perch‚ si
adattino ai dati d'esperienza e non si accorgono che ci• viene reso
possibile solo grazie a quell'artificio concettuale che considera
raggiunta all'infinito la congruenza tra l'unit… atomica e il continuo
omogeneo: questo Š il concetto di limite matematico.
Le matematiche si adattano all'esperienza, ma non procedono da essa.
Esse prendono a prestito dall'esperienza ci• di cui hanno bisogno per
sussistere, ma non si esauriscono in essa.
Esse sembrano trovare nei
fatti la conferma della loro realt…, ma non hanno con essi alcuna
relazione di natura. E mentre i fatti appaiono necessari come l'unica
forma dei fenomeni che servono a determinare e governare, i loro simboli
sono arbitrari; Š un atto dello spirito che li pone. Questo atto, lo si
vuol cogliere sul vivo? Il limite matematico non Š mai raggiunto, e pure
bisogna cominciare con l'ammettere che di fatto Š dato; come dire che al
termine occorre ancora supporre il punto di partenza, che la certezza
finale rimane fondata sulla finzione iniziale, e che la garanzia ultima
del calcolo Š fuori del calcolo stesso.
D'altro canto, anche le scienze positive soffrono di un'intrinseca
problematicit…: le sensazioni, prese di per s‚, sono irriducibili l'una
all'altra, sono soggette ad una differenziazione infinita; mentre la
scienza assume che il mondo sia un tutto formato da parti distinte su cui
si pu• applicare un'analisi quantitativa. Questa Š appunto la condizione
di possibilit… stabilita tacitamente perch‚ esista una conoscenza
sperimentale:
Non Š concepibile alcuna conoscenza sperimentale senza un'analisi
fittizia e senza un'astrazione iniziale che delimita artificialmente la
materia stessa dell'osservazione. Qualsiasi fatto percepito, per quanto
vago sia, suppone quindi uno sforzo d'elaborazione di cui l'esperienza
non rende nessun conto nel momento stesso in cui lo constata.
La scienza perci• riposa su un'artificio simile al precedente, per il
quale si d… come realizzato il passaggio dall'ordine delle qualit… a
quello delle quantit… misurabili. Perci•, di fatto, la scienza non pu•
limitarsi a quello che sa di gi…, la scienza non basta a se stessa perch‚
intrinsecamente antinomica. Le critiche kantiane all'illusione metafisica
si trovano di gi… entro le stesse conoscenze scientifiche come risultato
®dell'associazione costante di due ordini irriducibili¯ ; le scienze
quindi ®costituiscono semplicemente un simbolismo arbitrario nel suo
principio, ininterrotto e concatenato nel suo svolgimento continuo,
confermato dalle sue applicazioni¯ e questa arbitrariet… si regge
solamente grazie ad un'azione dello spirito che pone una mediazione tra i
due termini dell'antinomia.
In conclusione la conoscenza scientifica nel suo farsi concreto non
pu• pretendere di eliminare il soggetto; anzi, essa diviene un'impresa
sensata solo a partire dalla mediazione che il soggetto umano opera tra
le matematiche e i scienze sperimentali. Perci• secondo Blondel le
scienze positive, per necessit… interna, richiedono di essere superate da
un'indagine scientifica ulteriore che ne prolunghi lo sforzo, e che non Š
immediatamente quella metafisica propriamente detta, ma quella ®del
soggetto¯ .
ii. Martin Heidegger: L'epoca dell'immagine del Mondo
Circa 45 anni dopo Blondel, partendo da una impostazione teoretica
molto diversa, Martin Heidegger giungeva a conclusioni simili. Per quanto
riguarda il pensiero di questo filosofo, faremo riferimento ad una
conferenza tenuta il 9 giugno 1938 e intitolata L'epoca dell'immagine del
mondo , In essa, dopo aver elencato cinque manifestazioni essenziali del
Mondo Moderno: La scienza moderna; la tecnica meccanica; la riconduzione
dell'arte nell'orizzonte dell'estetica; il concepire e il progettare
l'agire umano come cultura; la sdivinizzazione (indecisione rispetto a
Dio e agli Dei), l'attenzione si centra esclusivamente sulla prima: la
scienza, ricercandone l'essenza e quale ne sia la concezione fondante
dell'ente e della verit…:
Quale concezione dell'ente e quale interpretazione della verit… sono
alla base di queste manifestazioni? Limitiamo l'indagine alla prima delle
manifestazioni elencate, e cioŠ alla scienza. In che consiste l'essenza
della scienza moderna? Quale concezione dell'ente e della verit… danno
fondamento a questa essenza? Se ci riuscir… di penetrare nel fondamento
metafisico che sta alla base della scienza moderna, ci sar… possibile, da
esso, gettare uno sguardo sull'essenza del Mondo Moderno stesso.
Per prima cosa, dice Heidegger, Š necessario sgombrare il campo dal
pregiudizio che si possa cogliere l'essenza della scienza moderna
attraverso la contrapposizione con quella aristotelica: si tratta di due
situazioni non confrontabili. Piuttosto occorre indirizzarsi verso la
comprensione dell'essenza della ricerca scientifica, che non si riduce al
metodo, ma coinvolge primariamente ®l'apertura di una regione in cui
[ogni investigazione] possa muoversi¯ cioŠ a quale progetto complessivo
il ricercatore ha vincolato il rigore della propria indagine: questo per
la fisica moderna Š la matematizzazione dei fenomeni. Questo in fondo
costituisce il progetto, il gi…Ädato entro cui la scienza fisica tenter…
di inserire coerentemente tutto ci• che conosce, di sviluppare le proprie
definizioni e i propri metodi:
Ogni investigazione deve muoversi entro questo progetto fondamentale
della natura. _ nel quadro di questo progetto che un fenomeno naturale si
rende visibile come tale. Questo progetto della natura trova la sua
garanzia nel fatto che l'indagine fisica Š vincolata anticipatamente
adesso in ognuno dei suoi passi nel cammino della ricerca. Questo
vincolo, il rigore della ricerca, assume di volta in volta il suo
carattere specifico in base al progetto. Cos• il rigore della scienza
matematica della natura Š l'esattezza. Ogni fenomeno che pretenda valere
come fenomeno naturale dev'essere anticipatamente determinato come
quantit… di movimento spaziotemporale. Questa determinazione ha luogo
con la misurazione mediante il numero e il calcolo.
In questo quadro viene definito anche il senso del procedimento
scientifico, che per la fisica attuale Š di tipo sperimentale.
L'esperimento, quindi non costituisce
come comunemente si crede
l'inizio della scientificit…, al contrario esso assume un senso del tutto
diverso a seconda del progetto in cui viene inserito: ®L'esperimento Š
quel procedimento che, nella sua impostazione e nella sua esecuzione, Š
sorretto e guidato dalla legge ipotizzata e mira al reperimento di fatti
che verifichino tale legge o ne neghino la verifica¯ .
La scienza moderna appare quindi come una disciplina che si
specializza sempre pi— nel promuovere progetti di ricerca su regioni
oggettive determinate; progetti da cui si sviluppano, coerentemente,
procedimenti e controlli adeguati (rigore).
Ma, ecco il punto capitale, quale concezione dell'ente e della verit…
Š possibile individuare come fondamento di questa scienza? Per Heidegger,
la scienza moderna proprio attraverso la sua ricerca, mostra che l'ente
di cui si interessa Š l'ente oggettivato in modo tale da renderlo
soggetto al calcolo. La verit…, di conseguenza, si costituisce come la
certezza della rappresentazione dell'ente. La cosa interessante per noi,
oltre a questo, Š che Heidegger individua nella filosofia cartesiana il
momento iniziale di questo mutamento:
_ nella metafisica di Cartesio che per la prima volta l'ente Š
determinato come oggettivit… del rappresentare e la verit… come certezza
del rappresentare stesso. Il titolo della sua opera principale suona:
Meditationes de prima philosophia, meditazioni sulla filosofia prima.
PrQth filosof¡a la Š la designazione aristotelica di ci• che pi— tardi
sar… detto metafisica. L'intera metafisica moderna, Nietzsche compreso,
si mantiene nell'interpretazione dell'ente e della verit… stabilite da
Cartesio.
All'interno del pensiero di Cartesio, poi, il passaggio cruciale che
segner… il Mondo Moderno Š costituito dal porsi come soggetto dell'uomo e
dalla conseguente concezione dell'ente: l'ente Š tale se e solo se viene
posto dall'uomo stesso che rappresenta e produce; l'uomo si pone e si
percepisce come il punto di riferimento dell'ente:
La novit… di un processo di questo genere non consiste nel fatto che
la posizione dell'uomo nel quadro dell'ente abbia subito un semplice
spostamento rispetto al Medioevo e al Mondo Antico.
Il decisivo sta nel fatto che l'uomo occupa questa nuova posizione
come qualcosa che, ha prodotto esso stesso, rimane deliberatamente in
essa come nella pi— idonea e la garantisce come il terreno favorevole al
progredire dell'umanit…. Solo cos• nasce qualcosa come una situazione
dell'uomo. L'uomo decide in proprio del modo in cui deve situarsi
rispetto all'ente ridotto ad oggetto. Ha cos• inizio quel modo di esser
uomo che consiste nel prender possesso della sfera dei poteri umani come
luogo di misura e di dominio dell'ente nel suo insieme. L'epoca,
caratterizzata da un evento di questo genere, non Š qualcosa di nuovo
solo in confronto al passato, ma si impone come nuova in se stessa e
assolutamente. La novit… concerne il mondo nel senso che si Š fatto
immagine.
Cos, questa metafisica Š riuscita a costituire un mondo in cui la
domanda sull'essere Š ridotta a quella sull'ente: l'essere Š stato
obliato, ®nullificato¯ proprio perch‚ al centro di tutto si Š installata
l'attivit… produttrice, rappresentativa, tecnica, dell'uomo piuttosto che
il suo ascoltare, percepire, il suo ®esser guardato dall'ente¯.
Ecco allora, che per il nostro problema, inizia a delinearsi la
conclusione che la scienza oggettivante, in cui si rende praticamente
impossibile l'ascolto del mistero dell'essere, si costituisce attraverso
un'iniziativa dell'uomo. E precisamente, attraverso l'applicazione di un
progetto (visuale, filtro, punto di vista) matematizzante: l'ente Š
comprensibile se e in quanto Š capace di esser inserito entro tale
progetto. La scienza moderna, pu• quindi pretendere di aver instaurato la
propria supremazia solo a prezzo di un forte riduzionismo.
3. Intenzione realistica
Con quest'ultima precisazione ci stiamo avvicinando alla possibilit…
di chiarire i termini entro cui ci sembra pi— corretto articolare la
discussione; cerchiamo di riassumerli brevemente.
Il discorso metafisico Š un discorso sensato, significante, ci• si
ripercuote anche sul linguaggio religioso: anche le proposizioni in cui
compare il termine 'Dio' hanno un senso e quindi diritto di cittadinanza
entro il nostro parlare. La questione, allora, si sposta dal piano
semantico a quello conoscitivo: che cosa si esprime attraverso queste
proposizioni: delle sensazioni? delle emozioni? delle idee quadro
unificanti il sapere? delle conoscenze vere e proprie? A questo punto,
per noi oggi, entra in gioco il complesso rapporto che lega (o separa) la
ricerca scientifica da quella filosofica da quella religiosa propriamente
detta. Come abbiamo cercato di mostrare, a questo punto Š estremamente
facile incappare in una serie di trabocchetti nascosti, tuttavia occorre
ugualmente tentare l'impresa.
Lo spunto iniziale viene proprio da alcuni dei filosofi che abbiamo
nominato precedentemente: Kant e Wittgenstein. Kant riconosce che la
metafisica Š un'insopprimibile esigenza della ragione umana, che
continuamente
supera
la
conoscenza
che
nasce
dalla
sensazione.
Wittgenstein, nella ormai nota lettera a von Ficker, parlando del
Tractatus, spiega che una volta compreso che il linguaggio non si
interessa altro che dei fatti, le questioni fondamentali dell'esistenza
umana non sono state minimamente sfiorate. Come dire che esiste una zona
dell'attivit… umana in cui si viene posti di fronte al mistero della
propria esistenza. Ora ci• che Š da analizzare sono tre cose: la pretesa
della metafisica di poter dire qualcosa su questo mistero; la pretesa
della religione cristiana di essere in ascolto di una rivelazione
autorevole che ci giunge proprio da questo Mistero; se e come sia
possibile articolare un rapporto tra queste due pretese.
a. Paul Ric_ur: il valore realistico della metafora
Un ulteriore stimolo a voler considerare la diversit… tra ricerca
filosofica e ricerca scientifica, ma soprattutto a ricuperare il valore
conoscitivo
del
linguaggio
religioso,
viene
dal
noto
filosofo
contemporaneo francese Paul Ric_ur, in particolare ci riferiamo al
discorso sviluppato nella sua opera La metafora viva . _ bene precisare
che anche se la traiettoria del pensiero di Ric_ur giunge nel finale
verso esiti ontologici, non si pu• tuttavia parlare di un vero e proprio
approdo metafisico, almeno nel senso classico del termine. Infatti
l'ontologia che interessa a Ric_ur, sulla scia del pensiero riflessivo di
Nabert, Š fondamentalmente quella dello stesso soggetto umano, Š
l'essere del soggetto e in quanto soggetto. Ci interessa tuttavia
cogliere la direzione di marcia indicata da questo autore: l'interrogare
il linguaggio, soprattutto nelle situazioni limite quali la metafora, le
parabole, il simbolo, per cogliere una realt… al di l… del sensibile.
Perci• L'uso che facciamo delle riflessioni di questo filosofo Š in parte
strumentale; ma, d'altra parte, ci sembra che questa riflessione contenga
una serie di stimoli molto fecondi e in grado di proiettarci, attraverso
Ric_ur, oltre Ric_ur.
®Ci•
che
ci
accingiamo
a
mostrare,
contro
l'ideologia
scientificotecnologica, che Š anche l'ideologia militarindustriale, Š
che l'uomo Š del tutto impossibile senza il sacro¯, l'uomo non pu•
sussistere senza il sacro e senza i suoi simboli; cos• Ric_ur afferma la
necessit… esistenziale di un pensiero che inizi la propria impresa a
partire dal simbolo, e nello stesso tempo pone la base per una
comprensione a tutto tondo dell'uomo e della sua conoscenza, che,
oltrepassando i limiti dell'univocit… e dell'empirismo in cui era stata
costretta da una impostazione di marca positivista, Š restituita alla sua
dimensione pi— ampia di capacit… di indagare la realt… e la realt…
dell'esistenza umana colta nello sforzo stesso di esistere. Tuttavia,
quello che ci interessa sottolineare, non Š in primo luogo questo
recupero globale dell'uomo, quanto il ®mezzo¯ utilizzato per far questo:
il simbolo e il processo metaforico che ne Š la modalit… espressiva pi—
consona nel linguaggio.
A differenza di Heidegger che fa iniziare l'interrogazione filosofica
con la domanda sull'essere, Ric_ur ritiene pi— consono con la situazione
attuale scegliere quella che viene da lui definita ®via lunga¯; una via
cioŠ che prima di giungere a tale domanda, attraversi e raccolga le
problematiche del linguaggio, della psicanalisi, della poetica e della
fenomenologia della religione. Per prima cosa, quindi occorre spostare
l'attenzione sul linguaggio, perch‚ Š con esso e attraverso di esso che
l'uomo si rapporta con il mondo in un modo, quindi, che non Š
evidentemente diretto, ma indiretto, simbolico.
_ appunto il fatto di non poter attingere direttamente le cose, che
mostra, secondo Ric_ur, la fondamentale simbolicit… della realt…,
mostrando anche come la riflessione stessa debba porsi entro l'ambito
simbolico. Il che significa, per riprendere la celebre frase ®I simboli
danno da pensare¯ , che il punto di partenza della riflessione filosofica
Š il simbolo (che per• non appartiene al filosofico); percui la filosofia
non Š cominciamento, ma ricordo e restaurazione di ci• che rischia
continuamente l'oblio, ovvero dei simboli, in generale e in particolare
di quelli del sacro. La riflessione, quindi, rimemorando ricerca l'ego
attraverso e nel simbolo. Tutto Š gi… dato in esso, ma tutto non pu• mai
essere completamente esplicitato, se non attraverso
ermeneutiche
storicamente e culturalmente condizionate e perci• stesso, parziali. E in
questo ambito riflessivo l'essere Š riconosciuto e non fondato o
costituito; e in
esso si cela il soggetto che partecipa all'essere. _
proprio questo rapporto tra soggetto ed essere, che viene indagato dalla
poetica e che, per quanto finora detto, assume una connotazione
ontologica e dinamica, tesa com'Š alla ricerca di una riconciliazione
della situazione paradossale dell'uomo in continua tensione tra io e
corpo, tra io e mondo, tra volontario e involontario.
Per quanto detto fino a qui, la poetica non pu• che presentarsi come
attivit… ermeneutica, che,
in Ric_ur, mostra di avere
due versanti
distinti, ben esplicitati da Gervasoni:
Il primo riguarda l'aspetto ontologico della poetica, ossia il fatto
che la realt… stessa nella sua profondit… Š poetica o, come dicono altri,
simbolica. Il secondo riguarda l'aspetto ermeneutico fenomenologico della
poetica, ossia il fatto che la realt… ci viene comunicata e che l'uomo la
coglie e insieme la costruisce poeticamente, cioŠ secondo leggi e
strutture linguistico semantiche.
In questo ambito della poetica, la strategia di linguaggio che assume
importanza fondamentale Š quella metaforica, ed essa diviene anche il
punto di paragone per qualsiasi linguaggio simbolico. La metafora, per
come viene analizzata attraverso gli otto studi che compongono La
metafora viva, non pu• pi— essere considerata semplicemente come un
®ornamento¯ o come quella strategia di linguaggio che consente di
sostituire un nome usuale con uno insolito e neppure si esaurisce
nell'essere un ®paragone abbreviato¯. Al contrario, se analizzata
attentamente, non solo come risultato, ma come attivit… del soggetto,
come ®produzione metaforica¯, essa rivela una serie di capacit…
insospettate. In particolare, la metafora, attraverso l'accostamento di
due termini i cui significati entrano in una tensione dialettica ( ®Š
cos¯ e ®non Š cos¯), riesce a introdurci in un nuovo modo di vedere la
realt…, riesce a liberare significati nuovi e ad aprire prospettive
nascoste, aiuta a cogliere una serie di collegamenti e di relazioni
insolite tra le cose.
b. Il recupero della conoscenza analettica
I tre contributi di Heidegger, di Blondel e di Ric_ur ci hanno
mostrato abbastanza chiaramente che le discipline scientifiche odierne
divengono autocontradditorie, almeno a livello dei fondamenti, ogni qual
volta si pongono come il piano ultimo della riflessione umana, ma questo
ci interessa principalmente perch‚ lo strumento da esse utilizzato per
comprendere il mondo Š una formalizzazione linguistica che mira a
raggiungere la massima univocit… possibile. _ soprattutto il pensiero di
Ric_ur che ci ha resi accorti di questo risvolto linguistico della
questione: il linguaggio univoco ed empirico non Š l'unico che pu•
avanzare una pretesa di valore conoscitivo e veritativo, ma, a titolo
diverso, ci• pu• legittimamente esser fatto anche dai linguaggi polivoci
o simbolici (poetici) .
Si tratta ora di sviluppare ci• che Ric_ur propone, oltrepassando le
sue stesse conclusioni. Infatti, come si mostra nell'ottavo studio che
conclude La metafora viva ,
egli ritiene che il discorso poetico e il
discorso filosofico (speculativo) siano irriducibili l'uno all'altro;
percui risulterebbero infondate tutte le pretese di ricondurli ad
un'unico denominatore comune. Al contrario la possibilit… di un'utile
dialogo tra poetico e speculativo, risiede proprio in questa autonomia
reciproca.
Ora, secondo noi, pur riconoscendo che il discorso poetico ha una sua
indipendenza irriducibile rispetto al discorso scientifico e a quello
filosofico, la possibilit… stessa di un confronto e di un reciproco
dialogo
richiede
che
esista
un'effettiva
capacit…
nel
pensiero
speculativo di cogliere e di accogliere la verit… che si mostra nel
discorso poetico. Questo, a sua volta, significa riconoscere una
gerarchia tra i vari tipi di discorso, in cui quello filosofico, dal
punto di vista fondativo, occupa il primo posto. Cos• saremo tentati
d'interpretare l'adagio heideggeriano secondo cui il metaforico esiste
solo entro il metafisico (contestato per altro da Ric_ur) nel senso che
il discorso metaforico non potrebbe accampare alcuna pretesa conoscitiva,
di esplorazione e messa in luce di reali somiglianze tra cose, se non si
desse un ambito capace di fondare speculativamente
questa somiglianza.
Il pensare ermeneutico a partire dai simboli, l'attenzione prestata alla
metafora poetica, richiedono il riconoscimento del loro fondarsi
nell'analogico
e questo, diviene per il pensiero speculativo la
condizione di possibilit… per poter accogliere la verit… peculiare del
simbolo e della metafora poetica.
Tuttavia riteniamo anche che oggi non sia sufficiente riproporre
semplicemente la dottrina tradizionale sull'analogia, non solo perch‚
occorrerebbe prima capire quale sia la concezione ®tradizionale¯, ma
anche perch‚ su questi temi Š divenuto necessario confrontarsi con le
varie ermeneutiche. Anzi, forse Š proprio a partire dall'attenzione
contemporanea per l'ermeneutica, il simbolo e la metafora che Š possibile
riguadagnare in un modo pi— profondo tutta la complessitt… e la ricchezza
delle varie forme di analogia.
Oltre a ci•, notiamo che il procedimento dialettico, proprio del
linguaggio
univoco,
che
avanza
per
catene
di
ragionamenti
ipotetico deduttivi , deve essere dialettizzato con altri procedimenti
propri dei linguaggi polivoci. Infatti, a fianco e talvolta in
opposizione ad esso, sta il procedimento del linguaggio simbolico,
metaforico, analogico
che si muove attraverso la messa in luce di
relazioni tra cose, attraverso l'assimilazione unificante situazioni
varie e diverse, piuttosto che attraverso l'analisi distinguente. Ora,
questo tipo di linguaggio
quello analogico
costituisce il proprium
della riflessione metafisica. _ l'analogo che fonda l'univoco e, in
subordine, l'equivoco. Nella scoperta della fondamentale analogicit… del
nostro sapere risiede appunto la possibilit… di conoscere e di parlare di
ci• che oltrepassa il piano fenomenico. Kant nei Prolegomeni aveva gi…
riconosciuto questa possibilit…, ma coerentemente con le sue premesse
l'aveva limitata ad un parlare antropomorfico, valido solo per noi, ma
incapace di cogliere una qualche somiglianza reale. Ci•, fra l'altro,
avviene perch‚ Kant (come poi anche Antiseri), in seguito agli sviluppi
storici da cui eredita il pensiero metafisico, prende in considerazione
solo l'analogia di proporzione (similitudine tra rapporti).
Anche se il recupero di questo fondamentale ®vettore¯ della conoscenza
umana, oggi trova una certa attenzione proprio a partire da una
riscoperta del valore del simbolo, della simbolica e dell'ermeneutica ,
non ci sembra inopportuno precisare che "simbolico" e "analogico" non
sono interscambiabili, n‚ si applicano a ordini e a zone esattamente
ricopribili. Infatti, molto schematicamente, la principale differenza si
pu•
individuare
nel
fatto
che
il
simbolo
si
mostra
operante
principalmente nel rito e nel mito, cioŠ in una dimensione vitale,
comunionale, sociale; mentre il concetto analogo opera appunto a livello
concettuale, intellettuale, ordinato fondamentalmente ad una conoscenza.
Il simbolo, inoltre, per sua natura, unifica per assimilazione eliminando
progressivamente le differenze, percui alla fine tutto pu• diventare
simbolo di tutto ; al contrario il discorso analogico si fonda proprio
sulla capacit… di stabilire correlazioni significative preservando e
mantenendo le diversit…. La metafora, poi, si pone su un piano intermedio
tra i due precedenti, pi— vicino ora all'uno, ora all'altro, a seconda
che essa sia pi— o meno facilmente parafrasabile; a seconda, cioŠ, che
l'enunciato
metaforico
indirizzi
verso
una
sola
interpretazione
fondamentale o verso una pluralit… di interpretazioni ugualmente
possibili e accettabili .
Tuttavia, discorso simbolico e discorso analogico hanno in comune la
fondamentale
capacit…
di
riuscire
a
mostrare
e
a
nascondere,
contemporaneamente, ci• che Š l'®oggetto¯ dell'interesse conoscitivo. E
questo nascondimento non Š come per la conoscenza scientifica, un
problema
superabile
almeno
a
livello
di
una
sempre
maggior
approssimazione o comunque una difficolt… di tipo tecnico o connessa con
l'osservatore, ma Š l'espressione di un ®sapere negativo¯ di una
dissomiglianza irriducibile e nondelimitabile, che pure si d… a noi
entro una somiglianza minimale. Questo, in certa misura, pu• giustificare
l'espressione della metafisica come ®sapere negativo¯ , non solo in
opposizione al ®sapere positivo¯ che Š la scienza moderna, ma anche
espressione del limite (stavolta non kantianamente presupposto, ma
scoperto in ultima analisi) del conoscere umano; un limite che Š il
sapere di esser posti di fronte e nel Mistero, e ci• non pi— in modo
implicito, atematico, spontaneo, ma esplicito, tematicamente riflesso e
criticamente accettato in modo consapevole come l'orizzonte di senso
della propria esistenza.
Questo, fra l'altro, ci pare che possa costituire una risposta a
coloro che come Vattimo, vedono nel pensiero metafisico un'espressione
violenta, intollerante. Infatti, violenza e intolleranza, sono casomai
propri di un sapere scientista che conosce solo l'opposizione vero falso
e concetti univoci; pensiero orientato all'oggettivizzazione e al dominio
della realt…. Questo perch‚ il fondarsi sull'analogo significa, non solo
lasciar spazio e dare validit… alle differenze, ma anche lo scoprirsi
coinvolti in un ordine che ci supera, ma che non ci schiaccia, capaci, in
altri termini, di scoprire una ®terza via¯ tra l'esser dominati o l'esser
dominatori.
Ma la cosa pi— importante Š che il linguaggio analogico Š l'unico, a
livello concettuale, capace di dischiuderci una dimensione ®verticale¯,
gerarchica, della realt…. L'analogia non ha solo una funzione euristica,
esplorativa
dei
possibili
collegamenti
tra
cose
(dimensione
®orizzontale¯), ma possiede
o per meglio dire, articola ed esprime
anche una funzione anaforica, capace di porci perlomeno di fronte alla
necessit… di concepire la realt… dell'esistenza come articolantesi su
vari livelli: il modo in cui una pietra esiste non Š lo stesso di quello
di un larice e neppure Š lo stesso di quello di un uomo. Ora solo questo
fatto rende possibile porsi quella domanda globale sull'esistenza del
cosmo (totalit… degli enti) e sul suo fondamento ultimo che forma il
cuore della riflessione filosofica. In altre parole, la domanda globale
sul senso e sul fondamento dell'esistenza, a nostro avviso, non pu• che
porsi entro un contesto di pensiero e di linguaggio capace di sopportare
la globalit… stessa dell'interrogazione che include anche l'interrogante
medesimo ed il suo interrogarsi.
Anche in questo senso, possiamo dire che il pensiero analogico
dischiude la dimensione del Mistero, almeno nella modalit… minimale della
domanda. E tuttavia, questo ®dischiudere¯ non significa illuminare o
chiarificare, e quindi eliminare, la misteriosit… del Mistero, ma
indicare la presenza di un orizzonte infinito, altro da noi e ultimo che
ci abbraccia senza a sua volta poter esser abbracciato, e che si
manifesta attraverso ogni singola esistenza senza che ciascuna di esse
possa esaurirlo.
A questo livello, quello della domanda sul Mistero, il fatto stesso di
potersi interrogare su di esso non Š gi… segno che questo Mistero ci ha
gi… raggiunti, anche se in modo implicito, velato, atematico? In un modo
talmente confuso che stentiamo a scorgere in esso un appello e un dono e
a esplicitare tutto questo in una domanda criticamente riflessa .
Questa razionalit… in cui trova posto a pieno titolo la logica
analettica, non potrebbe allora configurarsi come ®ragione disvelante¯
piuttosto che costruttiva o creatrice o analitica o dialettica? In questo
senso accogliamo volentieri le affermazioni di Claudio Ciancio a
proposito del mutamento avvenuto in buona parte della comprensione
novecentesca del rapporto tra ragione e verit…, grazie alle prospettive
esistenzialiste ed ermeneutiche:
Al contrario il tipo di ragione che comincia a delinearsi soprattutto
nel tardo Schelling rende possibile, anche se ci• non avviene
necessariamente, un rapporto con la religione pi— positivo e fecondo. Si
tratta infatti di una ragione, che possiamo chiamare rivelativa, per la
quale la verit… non Š il risultato di un lavoro produttivo o
ricostruttivo della ragione, ma Š piuttosto l'irriducibile originario che
la precede e la fonda e che, in quanto originario, non pu• esser fatto
proprio dalla ragione se non perch‚ e nei limiti in cui esso stesso
istituisce la propria manifestazione. Ora una tale ragione rivelativa pu•
trovarsi, e comprendersi, in un rapporto di singolare vicinanza
all'esperienza religiosa cristiana, se Š vero che questa si comprende non
soltanto come adesione a un messaggio comunicato da Dio, ma, pi— ancora
(gi… nell'Antico ma pi— esplicitamente nel Nuovo Testamento) come
partecipazione ad eventi di automanifestazione di Dio e non soltanto come
adesione a decreti e messaggi ®rivelati¯ nel senso di comunicati
dall'alto.
Una ragione rivelativa implica poi un rapporto personale con la verit…
proprio perch‚ non la pensa nella forma dell'identit… e dell'universalit…
oggettiva ma come manifestantesi soltanto nel modo indiretto di una
presenza multiforme e particolare (l'unico che ne preserva l'infinita
trascendenza).
Tale prospettiva ci pare degna di attenzione perch‚ grazie ad essa Š
possibile indirizzarsi verso un recupero di quel rapporto dialettico tra
pensiero
simbolico
(poetico)
e
pensiero
speculativo
(filosoficoanalogico) che in qualche modo abbiamo gi… anticipato. La
riflessione filosofica, cioŠ, anche e in forza dell'utilizzo di tutte le
risorse dell'analogico, si trova sempre in una posizione di riflessione
seconda
rispetto alla vita e alla sua ricchezza che si manifesta nei
suoi simboli,
perci• potremmo dire che il pensiero speculativo si
applica sempre a partire da una rivelazione, intendendo quest'ultima in
senso molto ampio. Per• questo applicarsi non Š superfluo, ma risponde
alle esigenze della ragione umana a cui non Š sufficiente accogliere come
tale il dato simbolico, l'esperienza, perch‚ deve fornire delle risposte
capaci di purificare, di chiarificare e di organizzare l'ambiguit…
insopprimibile del simbolico stesso. Se inizialmente il pensiero
simbolico pu• prescindere dalla domanda razionale sulla verit…, non cos•
il pensiero speculativo; d'altra parte quest'ultimo ha bisogno del primo
proprio per potersi mantenere a servizio della verit… invece che
divenirne il costruttore o il creatore, e quindi il padrone . Cos• si
apre uno spiraglio entro la stessa dinamica del pensiero filosofico
grazie alla quale l'idea di rivelazione perde buona parte della sua
estraneit…, consentendoci di vedere come un dialogo sia non solo
possibile, ma anche auspicabile e, vorremmo dire, indispensabile.
In questo senso, l'idea di rivelazione pu• anche essere usata in se
stessa come zona d'incontro fra le varie riflessioni filosofiche in cui
essa si presenta. La metafisica pu• indagare sugli aspetti pi— formali e
sulle condizioni di possibilit… di una rivelazione proprio a partire da
quella rivelazione che l'essere fa di s‚ negli enti; il pensiero
simbolico, poi, pu• indagare sulla ricchezza delle forme in cui tale
rivelazione si d… nelle varie espressioni culturali; la filosofia della
religione, infine, pu• lavorare sull'identificazione del novum che viene
proposto come peculiare di ciascuna Rivelazione propriamente detta.
Non ci sembra inutile, in questo contesto, suggerire anche alcune
indicazioni richiesteci dall'aver parlato di un rapporto dialettico tra
pensiero simbolico e pensiero speculativo. Infatti, nonostante alcuni
accenni
non
secondari,
questa
riflessione
Š
stata
indirizzata
principalmente verso l'aspetto speculativo del pensiero, vorremmo perci•
tentare di aprire qualche prospettiva anche sull'altro polo dialettico,
quello simbolico e sulla sua rilevanza per una riflessione veritativa su
Dio. In primo luogo, il riferimento al mondo simbolico pu• aiutare il
pensiero speculativo a non irrigidirsi in una prospettiva esclusivamente
logica della verit… e a non ridurre il tema dell'analogia ad una pura
questione di linguaggio. All'interno di quest'ultimo tema, poi, il
confronto col pensiero simbolico nella modalit… della metafora poetica,
pu• essere decisamente utile per ampliare la nozione di analogicit…
dall'uso di determinate parole, a quello pi— proprio del discorso, nonch‚
ad un testo intero e quindi ad eventi che possono assumere un carattere
tipologico. In secondo luogo, vorremmo rilevare come questi ®corretivi
epistemologici¯ siano possibili proprio a partire dal radicarsi del
simbolismo nella vita, nel cuore dell'esistenza; ci•, a sua volta, ci
indirizza a pensare che la riflessione speculativa non debba trascurare
di ricercare pur con le modalit… che le sono peculiari il significato
di tutte quelle situazioni tipicamente ed eminentemente umane quali, per
esempio, la polarit… maschileÄfemminile e lo scandalo del dolore e del
male .
Dobbiamo anche dire, che a questo stadio della riflessione occorre
porsi coscientemente di fronte alla difficolt… fondamentale di mantenere
chiara da un lato la distinzione tra natura e soprannatura, e dall'altro
la possibilit… di concepire una relazione tra di esse che non sia di
mutuo parallelismo o di esclusione. In effetti questo ci sembra
costituire un grosso nodo problematico sia per la riflessione metafisica
che per la filosofia della religione, in cui, in modo speciale, deve
emergere l'affermazione del ®molto di pi—¯ offerto nella e dalla
rivelazione cristiana. Se infatti si trascurasse la distinzione tra
naturale e soprannaturale, cos• come essa viene offerta nella dialettica
tra compimento storico delle attese umane ed escatologia, di fatto si
finirebbe per rientrare in uno di quegli atteggiamenti che criticavamo in
apertura di questo lavoro. Non solo, occorre anche prendere in seria
considerazione come, per il Cristianesimo, nella relazione tra natura e
soprannatura, l'uomo si trova posto con la sua libert… di fronte al
problema della propria salvezza definitiva.
Rimane perci•, come ultimo passo, la necessit… di analizzare e di
confrontare questa situazione con quanto affermato dal Cristianesimo sul
fatto che questo Mistero ha deciso di rivelare se stesso in un
determinato momento della storia, ad un determinato popolo e attraverso
persone determinate.
c. Apertura al Mistero e incontro con la Rivelazione
Questo passaggio, secondo noi, Š esigito da due necessit… distinte, ma
convergenti: una interna al pensiero filosofico, l'altra propria di
quello religioso.
Per quanto riguarda il versante filosofico, dovrebbe apparire
abbastanza chiaro che metafisica e filosofia della religione non possano
pi— ignorarsi vicendevolmente, ma al contrario debbano instaurare un
confronto tra i rispettivi contenuti per quanto concerne l'esistenza e i
limiti di una possibile convergenza tra il Mistero ultimo indicato
allusivamente dalla metafisica e il Dio che si mostra attraverso le varie
espressioni e simboliche religiose. Non solo, ma questo confronto secondo
noi diviene anche l'assunzione a livello problematico di una serie di
provocazioni che non potrebbero esserci date in altro modo. Infatti
indagare anche sull'uomo in quanto interpellato nella sua riflessione dai
simboli del sacro, significa interrogarsi sul problema antropologico che
si dischiude proprio a partire da tale essere interpellato: cosa
significa questo per la nostra autocomprensione? _ possibile indicare il
fondamento che rende possibile il sorgere di tale domanda? La vita umana
acquista o riceve un senso particolare da questa situazione? La stessa
riflessione filosofica quando entra in merito al proprio metodo, non
richiede di tener conto dell'importanza rivestita da quest'appello
rivoltole dall'idea di Dio?
Questa interazione che stiamo tentando sommariamente di delineare,
assume poi un valore particolare nel momento in cui prensiamo in
considerazione la situazione del credente che Š chiamato a porre una
riflessione filosofica; o, pi— genericamente, del senso che pu• avere una
riflessione filosofica entro l'ambito cristiano. Che ruolo gioca la
precomprensione della fede cristiana sull'elaborazione di una riflessione
filosofica? Anche questa non ci pare una domanda oziosa, perch‚, come
accennato all'inizio di questo lavoro, noi volevamo riflettere a partire
dalla nostra situazione storica odierna, situazione in cui per la maggior
parte delle persone, la scelta di fede precede quella di occuparsi di
filosofia. Questo non significa per• che la riflessione filosofica deve
allora mutuare temi e contenuti dalla fede, n‚ tantomeno utilizzarli come
presupposti pi— o meno taciti, casomai sar… la fede a porre problemi,
interrogativi, paradossi, alla ragione, come stimolo per una riflessione
ulteriore. Insomma, Š uno stile diverso nel fare filosofia che ci viene
richiesto .
Ci siamo cos• avvicinati alle considerazioni che sorgono a partire dal
versante religioso e che inducono a entrare in un confronto con il
vertice ultimo dellla riflessione filosofica. Per rimanere entro la
particolare prospettiva che abbiamo assunto, affronteremo questo aspetto
limitatamente al tema del linguaggio religioso confrontato con il
linguaggio analogico. Il linguaggio religioso, rispetto a quello
filosofico e di quello scientifico, svolge una gamma ben pi— ampia di
funzioni, non limitandosi n‚ a quella comunicativa, n‚ a quella
descrittiva, n‚ a quella esplicativa o fondativa, ma comprendendole e
superandole nello stesso tempo. Per il cristianesimo il linguaggio della
fede, se da un lato Š chiamato a svolgere il compito di essere
un'ermeneutica dei segni storici (eventi) con cui Dio ci offre la
salvezza rivelandosi, e che perci• richiede all'uomo una decisione e una
risposta con la quale impegna o meno se stesso in un rapporto di alleanza
con quel Dio che lo ha chiamato, e in questo supera il livello del
linguaggio filosofico, in quanto disimpegna un ruolo performativo nei
confronti dell'opzione verso la proposta di senso ultimo della propria
vita; dall'altro esso Š capace di proporsi e di articolarsi anche in una
riflessione teologicosistematica in cui il ruolo preponderante Š giocato
non dal momento simbolico, ma da quello concettuale , cosa che si
avvicina molto alle modalit… analogiche con cui si affronta il problema
di Dio, viste per il linguaggio filosofico e specialmente per quello
della metafisica.
Ora, se quest'ultima osservazione pu• costituire un'indicazione
preziosa per individuare una zona e le modalit… in e con cui il dialogo
tra fede e filosofia si rende possibile; la prima pu• utilmente aiutarci
a delineare e ad articolare la frontiera tra i due ordini di discorso.
Questo significa che le funzioni tipiche rivestite dal linguaggio
della fede, nascono in fondo da un unico fattore che Š l'assunzione
previa del fatto della rivelazione, cioŠ che il cristianesimo si
comprende come risposta umana ad una libera iniziartiva di Dio quale
ultimamente si Š mostrata nel Figlio, Ges— Cristo.
A quanto abbiamo detto precedentemente bisogna aggiungere Š il modo in
cui la situazione contemporanea richiede di ripensare al rapporto tra
scienze, metafisica e il problema di Dio. Infatti la cifra odierna di
questo rapporto potrebbe essere indicata nella ®ricerca della presenza di
Dio nella sua assenza¯ .
Quest'affermazione apparentemente paradossale, richiede di essere
presa non solo come l'indicazione di una difficolt… generalizzata, di un
indifferentismo religioso parallelo e correlato ad un marcato relativismo
filosofico e quindi come un dato puramente negativo; ma deve essere colta
anche nel suo lato positivo, cioŠ
per le prospettive che a partire da
essa Š possibile perlomeno indicare se non dischiudere. Per prima cosa,
ci pare che questo ®Dio che si manifesta nella sua assenza¯, richieda una
coscienza pi— viva della distinzione
preferiamo questo termine a quelli
pi— correnti di separazione o rottura
talora molto marcata, tra i vari
ordini di discorso: scientifico, metafisico, religioso, cos• che ciascuno
possa essere compreso nella sua autonomia e nella sua capacit… di offrire
conoscenza. Ma, cosa ancor pi— importante, questa coscienza richiede
anche di abbandonare l'idea di poter indicare un tragitto senza soluzioni
di continuit… che dalla scienza conduca alla fede, magari attraverso la
mediazione di una metafisica. Come seconda osservazione, vorremmo notare
che distinzione non significa indifferenza reciproca, sdegnosa e
altezzosa, ma coscienza della necessit… di un reciproco dialogo e
confronto, perch‚ la ricerca di una ®salvezza¯ propria di una e una sola
istanza: scientifica, filosofica o religiosa che sia, come ricerca de la
Scienza, o de la Filosofia, o, infine, de La Fede pura,
di fatto
comporta la rovina o comunque la decadenza di tutte e tre. Questo
avviene, perch‚ la ragione umana non Š settorializzabile, ma deve essere
considerata al di l… di tutti i riduzionismi compresi quelli fideistici
in tutte le sue dimensioni e solo cos• diviene effettivamente capace di
istituire una comunicazione feconda tra i vari campi dell'esperienza
umana, sia a livello della singola persona, che a livello di discipline.
In questo senso saremmo tentati di rileggere in chiave antropologica la
dottrina delle reciproca convertibilit… dei trascendentali ens, unum,
verum, bonum, come la necessit… della compresenza continua all'interno
dell'esperienza singola e culturale dell'uomo di tutti i vettori base,
delle dinamiche fondamentali, del suo esistere in quanto uomo che lo
spingono a ricercare l'unit…, la verit…, la bont…. Allora ci• che la
situazione ci impone di riconsiderare Š il modo in cui si possa tentare
oggi l'impresa di pensare ad una relazione di prossimit… tra filosofia e
cristianesimo
mettiamo in parentesi la questione delle scienze
che
non sia n‚ un troppo facile irenismo metodologico e contenutistico, n‚ un
parallelismo di comodo. In questa prospettiva, crediamo che non sia
sufficiente la riproposizione pura e semplice di una teologia razionale,
n‚ lo sviluppo di un pensiero metafisico, ma si richiede almeno
l'incontro tra riflessione metafisica, filosofia della religione e
fenomenologia della religione.
Questo significa secondo noi che la ricerca filosofica all'interno del
cristianesimo, attualmente, pu• mantenersi veramente tale se e quanto
giunge a riconoscere la validit… di un'interrogazione sul Mistero come
interrogazione sul fondamento e sul senso ultimo dell'esistenza;
interrogazione che diviene per colui che la pone uno stimolo e un
richiamo non solo a mantenersi in una situazione di disponibilit… e
apertura nei confronti di una eventuale autorivelazione di questo
Mistero, ma anche a confrontarsi seriamente con tutto ci• che
presuntivamente Š presentato come ®rivelazione¯. Da questo confronto, il
pensiero filosofico pu• essere salutarmente provocato a tener sempre ben
presente il tema della differenza che prende corpo sia come tema in se
stesso, sia come diversa articolazione epistemologica tra i due ordini di
discorso. D'altro canto, anche la riflessione cristiana pu• cos• venir
aiutata a comprendere sempre meglio il proprium del messaggio rivelato su
cui va richiesta l'obbedienza di fede, distinguendolo chiaramente da ci•
che Š solo frutto di tradizione umana e di influenza culturale.
Forse, in conclusione, potremmo dire che il limite che la ragione
umana nel suo approdo metafisico Š chiamata a raggiungere e su cui deve
stare e indagare, e lasciarsi porre in questione, non Š quello della
conoscenza dell'esistenza o meno del Mistero, n‚ dei suoi attributi, n‚
di come o con che cosa nominarlo; ma piuttosto Š quello ulteriore,
rispetto a tali problemi, della possibilit… che Esso si rivolga a noi,
che voglia rivelare se stesso e che ci• ci obblighi ad una decisione
ultima pro o contro di Lui, e cos• ci sia offerta la salvezza.
Cfr. P. Henrici, Introduzione, in Filosofia e Religione,
Brescia
1971, 54-63. Guardando a questo problema da un'angolazione teologica, e
quindi muovendo da una diversa prospettiva, anche Rahner riteneva
indispensabile per la stessa teologia confrontarsi e servirsi della
riflessione filosofica; cfr. K. Rahner
Filosofia e teologia, in Nuovi
Saggi. I, Roma 1968, 137-152; Teologia e antropologia , in Nuovi Saggi.
III, Roma 1969, 45-63; Filosofia e procedimento filosofico in teologia,
in Nuovi Saggi,
III, Roma 1969, 73-97; Sul rapporto odierno tra
filosofia e teologia, in Nuovi Saggi. V, Roma 1975, 95-118.
Di questo parere Š sostanzialmente Martin Heidegger per il quale
filosofia e teologia appartengono a due ambiti di scientificit… fra cui
vige la massima opposizione possibile, in quanto la teologia sarebbe una
scienza ontica il cui positum (il gi… dato dell'ente su cui si riflette
criticamente) Š costituito dalla cristianit… e, pi— specificamente dalla
fede, mentre la filosofia sarebbe la scienza ontologica per eccellenza.
Cos: ®la teologia Š una scienza positiva, e quindi, come tale, si
distingue dalla filosofia in modo assoluto¯. In quest'impostazione, una
fra le varie conseguenze Š che si rende del tutto contraddittoria non
solo la terminologia 'filosofia cristiana', ma anche la reale possibilit…
per un credente di fare filosofia. Cfr. M. Heidegger, Fenomenologia e
teologia, in M. Heidegger, Segnavia, a cura di Friederich-Wilhelm von
Herrmann (ed. it. a cura di Franco Volpi) Milano 1987, 3Ä34. Le idee
principali sono ribadite anche in altri scritti successivi fra cui M.
Heidegger, Introduzione alla metafisica, (tr. it. G. Masi) Milano 1986,
18-19.
Le affermazioni seguenti sono in buona misura influenzate da alcuni
articoli di Peter Henrici s.j. in cui si affronta direttamente il
problema della possibilit… della metafisica nel contesto filosofico
contemporaneo: P. Henrici, Per una rilettura del discorso metafisico, in
Metafisica, oggi, Brescia 1983, 15-30 e Metafisica o metaantropologia?,
in B.D'Amore - A. Ales Bello (a cura di), Metafisica e scienze dell'uomo,
I, Atti del VII congresso internazionale Bergamo 1980, Roma, 595-606.
Per il nostro tema, fra l'altro, possono risultare di un qualche
interesse gli studi della sezione Metafisica e religione di detto
Congresso, pubblicati in B. D'Amore - A. Ales Bello (a cura di),
Metafisica e scienze dell'uomo, II, 391-554.
Cf. per esempio, C. Morris, Segni, linguagio, comportamento, Milano
1977.
K. R. Popper, La logica della scoperta scientifica. Il carattere
autocorrettivo della scienza, (tr. it. M. Trinchero) Torino 19707. Per un
approfondimento sul rapporto tra l'epistemologia popperiana e la
riflessione filosofica e teologica, si pu• consultare l'ampia disamina
contenuta in W. Pannenberg, Epistemologia e teologia, (tr. it. D.
Antiseri) Brescia 1975, 27-70.
A. Flew, Teologia e confutazione, in A. Flew - A. Mac Intyre, Nuovi
Saggi di teologia filosofica, (tr. it. di F. G. Silveri) Bologna, 1971,
131-134. Questa parabola, ripresa da uno scritto precedente di
J.
Wisdom, narra lavicenda di due esploratori che trovandosi di fronte ad
una radura piena di fiori nella giungla, formulano due ipotesi opposte:
per uno la radura Š curata da un giardiniere, per l'altro Š solo frutto
del caso. Per risolvere il dilemma decidono di piantare la tenda e di
attendere l'eventuale arrivo del giardiniere. L'attesa si rivela per•
infruttuosa, cos• l'ipotesi di partenza viene modificata: il giardiniere
Š invisibile; di conseguenza vengono studiati e messi in opera tutta una
serie di accorgimenti che dovrebbero permettere di rivelare una presenza
invisibile, ma anch'essi falliscono. Cos• il giardiniere non solo
dev'essere invisibile, ma anche intangibile, insensibile a scariche
elettriche, senza ododre, del tutto silenzioso, ecc. Alla fine,
l'esploratore che aveva espresso il proprio scetticismo sull'esistenza di
un giardiniere, domanda al suo compagno che cosa rimanga dell'ipotesi di
un simile essere e pone il problema di quale sia la differenza tra un
giardiniere siffatto e un giardiniere inesistente.
Il passaggio dal ®posso credere¯, al ®devo credere¯, al ®credo!¯
anche se preparato da un contesto di ricerca razionale (ragionevolezza),
non per questo diviene una costrizione, ma riposa in ultima analisi su
una decisione libera.
A. Vergote, Fede, credenza, incredulit…. Studio psicologico, (tr.
it. C. La Cava), Roma 1985,
224-225. Cfr. anche alcune pertinenti
osservazioni sulla sfida di Flew in H.Zirker, Critica della religione,
(ed. it. Franco Camera) , Brescia 1989, 238-252.
Cf. J. L. Austin, How to do Things with Words, Cambridge, Mass.,
1965.
Non Š inutile sottolineare l'attributo ®dogmatica¯ che qualifica la
ricerca metafisica contro la cui validit… conoscitiva, Kant scrive.
Infatti lo scopo della sua Critica della Ragion pura non mette in
discussione la metafisica tout court, ma solo quella che non si Š
preventivamente premurata di controllare razionalmente gli strumenti del
pensiero di cui si serve. Tuttavia, Kant con la sua indagine intende
proprio fornire ai filosofi che verranno dopo di lui, una base
criticamente solida su cui costruire una riflessione metafisica.
D. Antiseri, Filosofia analitica e semantica del linguaggio
religioso, Brescia 19743, 212-213.
M.. Blondel, L'Action (1893). Essai critique de la vie et d'une
science de la pratique, Paris 1893; ristampata Presses Universitaires de
France, Paris 1973.
Blondel, L'Action, 44.
Ibid., 46.
Ibid., 60.
Ibid., 63.
Ibid., 82.
Ibidem
Queste conclusioni trovano nell'elaborazione blondeliana del
rapporto tra filosofia e fede un'eco non secondario nella Lettera sulle
esigenze del pensiero contemporaneo in materia d'apologetica e sul metodo
della filosofia nello studio del problema religioso, solitamente
abbreviata in Lettera sull'apologetica, pubblicata negli Annales de la
philosophie chr‚tienne, dal gennaio al luglio 1896 (tr. it. di Guglielmo
Forni, Brescia 1990). Infatti in questo scritto Blondel considera un
grave errore metodologico l'estendere alla filosofia e alla fede, le
conclusioni proprie delle scienze: ®Non c'Š maggior accordo o conflitto
fra le scienze e la metafisica, che incontro fra due linee tracciate su
piani diversi¯ (ivi, 38).
Raccolta adesso in M. Heidegger, Sentieri interrotti, (ed. it. a
cura di Pietro Chiodi), Firenze 1984,
71-101. Su questo tema, la
posizione di Heidegger si Š mantenuta sostanzialmente immutata; a titolo
esemplificativo riportiamo un brano tratto dalla conferenza Perch‚ i
poeti? del 1926: ®La scienza moderna e lo stato totalitario, in quanto
conseguenze necessarie dell'essenza della tecnica, sono per ci• stesso
suoi fenomeni concomitanti. Lo stesso dicasi delle forme e dei mezzi
escogitati per l'organizzazione dell'opinione pubblica mondiale e delle
convinzioni quotidiane degli uomini. Non soltanto il vivente Š
tecnicamente oggettivato nell'allevamento e nello sfruttamento, ma Š in
pieno svolgimento l'assalto della fisica atomica ai fenomeni della vita
come tali. In fondo Š l'essenza stessa della vita ad esser rimessa alla
produzione tecnica. Che oggi si cerchino seriamente, nei risultati e
nella impostazione della fisica atomica, le possibilit… di una
dimostrazione della libert… umana e della fondazione di una nuova teoria
dei valori, Š un indice del predominio della rappresentazione tecnica, il
cui sviluppo Š gi… da tempo sottratto alle idee e alle convinzioni dei
singoli. Il predominio essenziale della tecnica si manifesta anche in
quelle zone marginali in cui si tenta ancora di controllare la tecnica
con l'aiuto delle tavole di valori tradizionali; si tratta di sforzi nei
quali si fa gi… ricorso a mezzi tecnici, che sono ben altro che semplici
fattori estrinseci.¯ ( in Sentieri interrotti, 267).
HEIDEGGER, L'epoca dell'immagine_, 73
Ibid., 74.
Ibid., 75.
Ibid., 77-78.
Ibid., 84.
Ibid., 93.
P.Ricoeur, La metafora viva. Dalla retorica alla poetica: per un
linguaggio di rivelazione, (tr. it. G. Grampa), Milano 1981.
Da Jean Nabert, Ric_ur mutua non solo il metodo riflessivo, ma anche
l'attenzione per il problema del male visto come la situazione pi—
significativa attraverso cui esaminare il tema del simbolo e l'attivit…
ermeneutica. Ric_ur, comunque, dopo essersi dichiarato sostanzialmente
d'accordo con Nabert sul fatto che ®comprendere Š comprendersi¯, afferma
risolutamente la necessit… di pervenire ad un approdo ontologico per non
rimanere prigionieri di una interpretazione idealistica della coscienza.
_ in forza di questo approdo ontologico che il pensiero di Ric_ur si
proietta oltre Nabert, al punto che
O. Rossi osserva giustamente che
l'ontologia rappresenta ®il fondo unitario della riflessione di Ric_ur¯
O. Rossi, Per un'analisi dell'ontologia di Paul Ric_ur, ®Aquinas¯ 2
(1980),
441. Precisiamo subito che l'ontologia di Ric_ur si qualifica
sostanzialmente come un'ermeneutica dell'essere nel mondo dell'uomo, e
perci• si distacca sia da quella di Heidegger che dalla metafisica
tradizionale, nei cui confronti Ric_ur nutre una certa ostilit…,
specialmente sul tema dell'analogia entis, a causa, probabilmente di un
influsso barthiano. Utili per alcuni approfondimenti anche R. Nebuloni,
Nabert e Ricoeur. La filosofia riflessiva dall'analisi coscienziale
all'ermeneutica filosofica, ®Rivista di Filosofia Neoscolastica ¯1
(1980),
80-107 e P.Pellecchia, Discorso meta-fisico e discorso metaforico:Ricoeur,
®Aquinas¯
2
(1989),
257-300.
Ci
paiono,
poi,
particolarmente centrate le osservazioni conclusive di L. Bottani,
"Parole come fiori". Metafora e ontologia in Paul Ric_ur, ®Religione e
societ…¯ 9 (1990), 9-24: ®L'eccedenza ontologica di significato che Š
propria della metafora, come "apertura inconsueta di senso", caso
straordinario, Š ainigma. L'enigma della metafora 'corrisponde' secondo
noi, a livello linguistico, all'enigma metaÄfisico dell'essere e del
nulla, dell'emergenza sempre rinnovata e accresciuta del meraviglioso e
dell'orribile. L'enigma dell'essere nuovo richiede perci• un'analisi che
non si lascia riassumere in un'impresa ontologica di descrizione della
realt… cos com'Š (_), bens richiede un rimando esplicito alla
MetaÄFisica come 'scienza' filosofica che tematizza quel vortice
dell'essere e del nulla che si spalanca meta-foricamente dinanzi alla
coscienza metaÄfisica.¯ (p. 24).
P.Ricoeur, Manifestation et Proclamation, ®Archivio di Filosofia¯
(Il Sacro. Studi e ricerche), 2-3 (1974), 73.
Parlare di ®mezzo¯ a proposito del simbolo rischia di porre il
discorso in una chiave oggettivistica e strumentalistica che certamente
non Š quella, come vedremo, di Ric_ur, e nemmeno Š la nostra; perci•
abbiamo utilizzato questa espressione ®tra virgolette¯. Infatti il
linguaggio non ha tanto una funzione strumentale, ma di medium, o con una
terminologia moderna, di mediazione.
P.Ricoeur, La symbolique du mal, Paris 1960, 26.
M. Gervasoni, La "poetica" nell'ermeneutica teologica di Paul
Ric_ur, Brescia 1985, 254.
Tra i filosofi contemporanei che hanno posto in luce l'importanza
del pensiero analogico non possiamo non ricordare il ruolo svolto da
Jacques Maritain con l'ampia opera Distinguere per unire. I gradi del
sapere. Data la vastit… dell'argomento, per una pi— ampia informazione
bibliografica
rimandiamo al quella pubblicata a cura di Giovanni
Santinello,
in
appendice
a
Metafore
dell'invisibile.
Ricerche
sull'analogia, Brescia 1984, 285-290. Ad essa aggiungiamo alcuni testi
pi— recenti che possono aiutare ad approfondire alcune prospettive:
P.Secretan - P. Gisel (sous la direction de), Analogie et dialectique.
Essais de theologie fondamentale, GenŠve 1982; P. Secretan, L'analogie,
Presses
Universitaires
de
France,
Paris
1984;
U.
Eco,
Sull'interpretazione
delle
metafore,
in
U.Eco,
I
limiti
dell'interpretazione, Milano, 1990, 142-161.
P.Ricoeur, La metafora viva., 337-417.
Ci• avviene perch‚ Ric_ur, parte dal seguente presupposto:
sull'unit… d'insieme dei discorsi poetici, scientifici, speculativi, ecc.
®Prendendo come tema la nozione di discorsivit…, in quanto tale, vorrei
sostenere la necessit… di un relativo pluralismo delle forme e dei
livelli di discorso. Senza arrivare fino alla concezione proposta da
Wittgenstein di una radicale eterogeneit… dei giochi linguistici,
eterogeneit… che renderebbe impossibili i casi di intersezione che
vedremo proprio nell'ultima parte dello studio, bisogna riconoscere, in
via di principio, la discontinuit… che assicura al discorso speculativo
la sua autonomia¯ P. Ricoeur, La metafora viva., 338. ora il problema non
sta nel riconoscere una certa indipendenza tra i vari modi di discorso,
ma nel come positivamente concepirne la dipendenza reciproca!
Di parere contrario Š Louis-Marie Chauvet, Symbole et sacrement. Une
relecture sacramentelle de l'existence chr‚tienne, Paris 1987.
Pietro Faggiotto, non a caso propone di considerare la filosofia
come un sapere anipoteticoÄdeduttivo, idea ripresa in parte anche da
Angelo
Marchesi.
Cf.
P.
Faggiotto,
La
filosofia
come
sapere
anipoteticoÄdeduttivo, in Lo statuto epistemologico della filosofia,
Brescia 1989,46-65 e A. Marchesi, Per la costruzione di una metafisica
inferenziale, in Lo statuto epistemologico, 129-148.
La terminologia che abbiamo utilizzato fino a questo momento per
indicare i linguaggi non univoci, Š stata piuttosto ampia e quindi, come
tale, poco precisa. Infatti abbiamo parlato pressoch‚ indifferentemente
di linguaggio poetico, metaforico, simbolico, analogico. D'altra parte,
almeno inizialmente, ci• che ci premeva era di mettere in evidenza non
sono tanto le diversit… riscontrabili tra i linguaggi polivoci, quanto la
fondamentale diversit… tra linguaggi univoci e polivoci. Adesso, entrando
pi— direttamente in merito alla problematica filosofica, sorge la
necessit… di distinguere queste modalit… tra di loro. Fondamentalmente
possiamo identificare tre livelli: simbolo, metafora, analogia. Ora, non
sempre i confini tra di essi sono cos• netti come si potrebbe
erroneamente credere, basti pensare, per esempio, che la metafora
tradizionalmente rientra tra le forme di analogia di proporzionalit…. Per
una disamina pi— approfondita rimandiamo a R. Alleau, La Scienza dei
Simboli. Contributo allo studio dei principi e dei metodi della
simbolica, (tr. it. G. Bogliolo), Firenze 1983; di cui riportiamo una
significativa distinzione a proposito del simbolico: ®Si tratta di tre
operazioni: accostare arbitrariamente un significato ad un significante
mediante un segno convenuto, dandogli un senso univoco e costante
preventivamente determinato. Riunire un significato ad un significante
senza determinare in maniera esplicita e preventiva tra le parti
comunicanti a suo riguardo il o i sensi del significato. Infine, riunire
un significante e un significato a un significatore tipico secondo due
possibili relazioni: una attiva, secondo cui il tipo interviene in quanto
modello, l'altra passiva, in cui il tipo funziona in quanto imprint. La
prima operazione corrisponde a ci• che ho chiamato il simbolismo
sintematico, la seconda al simbolismo metaforico o allegorico; la terza
al simbolismo anaforico o tipologico.¯ Alleau, o. c., 89-90.
Gi… a questo livello possiamo notare una diversit… di fondo anche
all'interno dei vari autori che negli ultimi decenni hanno affrontato le
problematiche connesse con il simbolo e il simbolismo. Ernest Cassirer,
per esempio, proponendo di affrontare il tema della cultura attraverso le
®forme simboliche¯, analogo simbolico delle categorie kantiane, ritiene
che il segno - in generale - stia a fondamento del simbolo; l'esito di
tutto questo Š di vedere nella scienza attuale il massimo livello di
espressione della cultura. Cf. E. Cassirer, Filosofia delle forme
simboliche, I-III, (ed. it. a cura di E. Arnaud), Firenze 1961-66. Se,
invece, come fanno Ren‚ Alleau, Bettetini, Philibert Secretan, Jean
Ladri‚re, Louis-Marie Chauvet e altri, si considera il simbolo come
fondamento del segno - in generale - e di quello matematico - in
particolare, allora anche le conclusioni subiscono un cambiamento
conseguenziale: vi sono dei livelli pi— elevati di conoscenza, rispetto a
quella scientifica, variamente denominati a seconda degli autori, ma
aventi in comune il fatto di fondarsi sul valore conoscitivo del pensiero
analettico.
Cf. J. LadriŠre, L'articulation du sens. Les langages de la foi. II,
Paris 1984, 172-177. Ci sembra importante sottolineare come il problema
non riguardi solo il rapporto tra concetto e simbolo (livello del nome),
ma soprattutto chiami in causa la struttura predicativa del discorso
(piano del giudizio).
A questo proposito, pu• essere interessante confrontare, oltre al
gi… citato testo di Ren‚ Alleau, anche U. Eco, Il discorso alchemico e il
segreto differito, in U. Eco, I limiti dell'interpretazione, Milano,
1990, 71-86.
Oltre agli studi gi… citati, sul rapporto simbolo-metafora si pu•
utilmente consultare, pur tenendo conto della particolare prospettiva
assunta dall'autore, P. Ric_ur, Poetica e simbolica, in B. Lauret - F.
Refoule, Iniziazione alla pratica della teologia, I Introduzione,
Brescia 1985, 35-63.
Cf. S. Tommaso, super Librum de causis expositio, lect. 6.
Secondo noi, affermare la validit… conoscitiva, l'intenzione
realistica, del linguaggio analogico, genericamente inteso, richiede il
superamento della posizione nominalista
e il riconoscimento che le
nostre nozioni universali sono capaci di cogliere e di esprimere
intenzionalmente un dato di vera unificazione intrinseca alla realt…. Se
la referenzialit… del nostro linguaggio fosse totalmente arbitraria,
allora evidentemente i nostri discorsi non potrebbero che esprimere un
puro ®per noi¯, una pura convenzione, soprattutto quando essi fossero
applicati alla scoperta di relazioni tra cose.
Pur se svolte a partire da un contesto piuttosto diverso rispetto al
nostro, e con conclusioni
su cui non concordiamo completamente,
riteniamo particolarmente interessanti e stimolanti le osservazioni
proposte da G. Kng, La conoscenza di realt… trascendenti e la sua
giustificazione epistemologica, in Lo statuto epistemologico della
filosofia, Brescia 1989. Egli ritiene che l'epistemologia contemporanea,
specialmente a partire da Brentano e da Husserl, costituisca una svolta
netta rispetto alla concezione cartesiana (detta ®classica¯) perch‚
proponendo una visione diversa della conoscenza umana Š capace di
recuperare la possibilit… di una conoscenza metaempirica e di aiutarci a
ricollocare la conoscenza religiosa entro il complesso delle nostre
conoscenze. In particolare, la riflessione di G. Kng Š uno sviluppo e
un'applicazione al dato teologico delle teorie di Roderick M. Chisholm
C. Ciancio, Esistenza e comprensione della trascendenza, in
C.
Ciancio - C. erretti - A. Maria Pastore - U. Perone, In Lotta con
l'angelo.
La
filosofia
degli
ultimi
due
secoli
di
fronte
al
Cristianesimo, Torino 1989, 314.
®Disvelante¯ , da questo punto di vista, non Š solo la ragione
ermeneutica, ma anche quella speculativa in quanto anch'essa non pone mai
il fondamento, ma lsolamente o scopre e lo riconosce come tale
sottolineando grazie alla modalit… analogica la sua differenza da ci•
che Š fondato. Proprio per questo, non ci sentiamo di condividere la
distinzione di Italo Mancini tra fillofofia della religione e filosofia
religiosa, perch‚ si basa e si serve di una distinzione a nostro giudizio
errata tra ragione ermeneutica e ragione speculativa. Cos• come, per
motivi analoghi, non concordiamo con le conclusio di G. Grampa espresse
in Due orientamenti per la filosfia della religione, ®Studia Patavina¯ 38
(1991) 15-29.
A livello puramente indicativo e introduttivo, su queste due
tematiche si possono leggere proficuamente G. Durand, Le strutture
antropologiche dell'immaginario, Bari 19872 e alcuni articoli di Ric_ur
sul problema della simbolica del peccato originale e del male, raccolti
nel volume Il conflitto delle interpretazioni, Milano, 1972, quali: Ilo
®peccato originale¯: studio di significato, 285-302 e Ermeneutica dei
simboli e riflessione filosofica, I-II, 303-348.
Ci sembra per• ugualmente corretto, anche dal punto di vista
epistemologico, assumere che il fare filosofia entro una precompresione
cristiana, comporti che l'approdo della riflessione filosofica non debba,
in ultima analisi, trovarsi in contraddizione
con ci• che Š rivelato.
Non si tratta della ricerca di un improbabile concordismo ad ogni costo,
n‚ di un servilismo acritico della ragione nei confronti del dogma. _
infatti possibile - e di fatto Š avvenuto - che storicamente vi possa
essere una discrepanza anche notevole tra conclusioni filosofiche e
scientifiche, da una parte, e la comprensione che si ha del messaggio
rivelato; quello che vogliamo sottolineare Š che una simile situazione
non pu• essere quella definitiva. Al contrario, una contraddizione pi— o
meno ampia tra intelligenza della fede e riflessione razionale, deve
costituire lo stimolo per entrambe per un ulteriore approfondimento
e
dialogo.
Si potrebbe dire che come in campo filosofico diviene necessario far
dialogare tra loro simboli del sacro e concetti analogici, cosi entro
l'ambito di fede lo stesso avviene tra i vari linguaggi simbolici
(biblico, liturgico, sacramentario, ecc.) e quello teologico sistematico.
Solo che nei due ordini di discorso l'ordine di priorit… Š invertito: in
campo filosofico la riflessione speculativa Š superiore al simbolico,
mentre nell'ambito della fede il dato simbolico (Rivelazione biblica) Š
superiore rispetto all'elaborazione speculativa della teologia. In
entrambe le situazioni, tuttavia, permane la necessit… di mantenere la
dialettica simboloÄconcetto, in quanto se il primo Š pi— ricco e vitale,
il secondo Š pi— preciso. Cf. J. LadriŠre, L'articulation du sens. Les
langages de la foi, II 109Ä225.
Cfr. U. Perone, In lotta con l'angelo: una metafora antica e
attuale, in C. Ciancio - G. Ferretti - A. Maria Pastore - U. Perone, In
Lotta con l'angelo,
1Ä24. Pur concordando su molte parti dell'analisi
fatta da quest'autore del rapporto tra religione e filosofia nella
situazione contemporanea, non ci sentiamo di riporre un'uguale fiducia
nella centralit… del pensiero ermeneutico come elemento fondamentale per
ripensare attualmente la prossimit… tra cristianesimo e pensiero
filosofico.
Nell'attuale situazione, infatti, le scienze sono in grado
d'interpellare la religione unicamente a partire dalle proprie indagini e
scoperte senza aver bisogno di alcuna mediazione filosofica. Ci sembra
per• che tale mediazione sia invece necessaria nel momento stesso in cui
si tenta di dare una risposta a queste domande, che non voglia
appiattirsi n‚ sul concordismo, n‚ su una teoria delle due verit….
Non vogliamo in alcun modo riproporre la questione della ®filosofia
cristiana¯ come ambito chiuso, accessibile solo a chi previamente a gi…
optato per la fede cristiana, soprattutto in tempi in cui si ripropongono
alla ribalta nuovi e vecchi integrismi. Piuttosto vogliamo cercare di
tenere ugualmente in seria considerazione sia la tensione all'universale
proponibilit… della riflessione filosofica, sia il fatto che per alcuni
filosofi essa nasce e si articola entro una precomprensione religiosa,
pur con i limiti metodologici che abbiamo sommariamente indicato nel
corso del presente lavoro.
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