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ISSN 0394 3291
Caleidoscopio
Italiano
Suriani R., Zanella D., Orso Giacone G.,
Ceretta M., Caruso M.
Le malattie infiammatorie
intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Direttore Responsabile
Sergio Rassu
154
... il futuro ha il cuore antico
MEDICAL SYSTEMS SpA
R. Suriani, D.Zanella, G.Orso Giacone,
M. Ceretta, M. Caruso
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Caleidoscopio
Caleidoscopio
Italiano
Suriani R., Zanella D.*, Orso Giacone G.*,
Ceretta M.*, Caruso M*.
Unità Operativa Autonoma di Gastroenterologia P.O. Rivoli e
*Laboratori degli Ospedali di Rivoli e Giaveno
Le malattie infiammatorie
intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Direttore Responsabile
Sergio Rassu
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1) Björklund B., Björklund V.: Proliferation marker concept with TPS as a model. A preliminary report. J. Nucl. Med.
Allied. Sci 1990 Oct-Dec, VOL: 34 (4 Suppl), P: 203.
2 Jeffcoate S.L. e Hutchinson J.S.M. (Eds): The Endocrine Hypothalamus. London. Academic Press, 1978.
Le citazioni bibliografiche vanno individuate nel testo, nelle tabelle e nelle legende con numeri arabi tra parentesi.
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Dott. Sergio Rassu
Via Pietro Nenni, 6
07100 Sassari
Caleidoscopio
Italiano
Editoriale
Q
uesto numero del Caleidoscopio è dedicato alle malattie croniche intestinali (IBD - fondamentalmente m. di Crohn e Rettocolite Ulcerosa) che,
sebbene abbiano un tasso di incidenza globale, in Italia, intorno al 7,5
negli ultimi tempi sono andate incontro ad un rinato interesse.
Esistono forti evidenze che lo sviluppo delle IBD sia influenzato sia da fattori
genetici che ambientali. Inoltre, i fattori genetici, sono importanti non soltanto per la
suscettibilità, ma anche per il decorso e la risposta alla terapia. Il modello che rende
conto meglio delle IBD sembrerebbe quello che considera la malattia di Crohn e la
retto-colite ulcerosa come malattie poligeniche correlate. In particolare sono state
individuate delle regione di linkage sui cromosomi 16, 12, 6 e14; legate alla malattia di Crohn soprattutto le regioni sui cromosomi 16 e 14 mentre per quanto riguarda la retto-colite ulcerosa quelle sul cromosoma 12. Lo sforzo attuale è quello di restringere queste regioni di linkage e di identificare, in queste regioni, i geni responsabili della suscettibilità. L’individuazione di marcatori genetici che possano permettere la previsione della gravità della malattia, dell’efficacia e tollerabilità degli
immunosoppressori comunemente utilizzati costituisce una delle prospettivi più
importante per questi malati.
Gli Autori riportano in questo volume non soltanto una revisione della letteratura, ma anche la loro personale esperienza. Il dottor Renzo Suriani ha conseguito la
Laurea in Medicina e Chirurgia e la Specialità in Malattie dell’Apparato Digerente
presso l’Università di Torino frequentando il Reparto di Gastroenterologia del prof.
G. Verme, collaborando con il Prof. Mario Rizzetto prima e frequentando successivamente i laboratori del Prof. G. Pagano con brevi soggiorni presso il dipartimento
d’Immunologia della Prof.ssa Doniach al Middlesex Hospital di Londra. Assunto
presso l’Ospedale di Rivoli come Assistente Medico di Medicina Generale, attualmente dirige, nello lo stesso presidio, l’Unità Operativa Autonoma di Gastroenterologia. La frequenza a congressi nazionali ed internazioli di Gastroenterologia ed a
corsi di Endoscopia Digestiva (120 partecipazioni, di cui 25 con qualifica di relatore
scientifico) ha permesso l’introduzione delle più recenti tecniche endoscopiche nella
pratica clinica dell’Ospedale di Rivoli. Autore di 133 lavori, è socio fondatore
dell’“Associazione Gastroenterologica Subalpina”.
Caleidoscopio
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R. Suriani, D. Zanella, G.Orso Giacone,
M. Ceretta, M. Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
La dott.ssa Daniela Zanella ha conseguito il diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Torino e, successivamente, la specializzazione in Igiene
e Medicina Preventiva con orientamento di Sanità Pubblica e quindi in Patologia Clinica con orientamento Direttivo. Assistente presso il Laboratorio dell’Ospedale Civile di Giaveno svolge attività di Dirigente Medico ad alta Specializzazione. La
dott.ssa Zanella è autrice di oltre 60 pubblicazioni scientifiche sulle principali riviste
nazionali del settore.
Il dottor Giovanni Orso Giacone, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Torino, ha conseguito la specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva
con orientamento di Laboratorio ed in Patologia Generale presso la stessa Università.
Ha quindi prestato servizio in Laboratorio Analisi presso l’Ospedale M. Adelaide e e
presso l'Ospedale M. Vittoria di Torino. Attualmente ricopre la carica di primario dei
Laboratori degli Ospedali di Rivoli e Giaveno e del Poliambulatorio di Collegno.
Professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Patologia Clinica dell'Università degli Studi di Torino, è autore di oltre 70 pubblicazioni scientifiche sulle
principali riviste nazionali del settore. Ha organizzato numerosi convegni e partecipato ad oltre 120 convegni e congressi anche in qualità di relatore. Membro delle
principali Società scientifiche di Medicina di Laboratorio, è attualmente Presidente
regionale della SIMEL (Società Italiana di Medicina di Laboratorio).
La signora Marina Ceretta dopo aver conseguito il diploma di Tecnico di
Laboratorio Chimico Biologico, è stata assunta presso l’Ospedale Civile di Giaveno
dove è inquadrata come Tecnico coordinatore.
La dott.ssa Matilde Caruso ha conseguito la Laurea in Medicina e Chirurgia e la
specializzazione in Patologia Clinica presso l’Università di Napoli. Borsista F.I.R.C.
Dottoranda di Ricerca in Scienze Endocrinologiche e Metaboliche è attualmente dirigente Medico di Patologia Clinica presso il Laboratorio Analisi dell’Ospedale di Giaveno (To). E’autrice di oltre 60 pubblicazioni su riviste internazionali del settore.
Un particolare ringraziamento va ai dottori Ivo Venturini e Dario Mazzucco per
la fattiva collaborazione nella realizzazione degli studi che hanno portato alla realiz zazione di questa monografia. Il primo ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia e il diploma di specializzazione in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva
presso l’Università di Modena. Dopo un soggiorno di lavoro presso il Laboratory of
Neurobiology, Medical School, University of Tampere, in Finlandia, diretto dal Prof.
Hannu Alho, attualmente ricopre il ruolo di Dirigente Medico di I Livello di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva presso U.O.A. di Gastroenterologia (Rivoli). Il
dottor Mazzucco Dario, invece, ha conseguito la Laurea in Medicina e Chirurgia ed
il Diploma di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente presso l’Università di Torino. Attualmente ricopre il ruolo di Dirigente Medico di Gastroenterologia
presso l’UOA di Gastroenterologia del P.O. di Rivoli.
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Caleidoscopio
R.Suriani, D. Zanella, G. Orso Giacone,
M.Ceretta, M.Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
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Introduzione
Le IBD (Inflammatory Bowel Disease) sono essenzialmente suddivise in
colite ulcerosa e morbo di Crohn. L’etiologia di tali affezioni non è completamente chiarita in quanto sono diversi i fattori che intervengono e sono di origine genetica, immunitaria ed ambientale (Fig. 1).
Suscettibilità
genetica
Risposta
immune
Fattori
ambientali
Figura 1. Fattori che intevengono nella eziologia delle malattie infiammato rie intestinali.
Tuttavia, la scoperta della colonizzazione a livello gastrico di un batterio
responsabile della malattia ulcerosa dopo decenni in cui questa possibilità
era negata e le scoperte dei meccanismi immunitari legati all’infezione da
HIV-1, hanno fornito un importante stimolo allo studio della terapia e della
patogenesi delle IBD che erano sino a qualche anno fa un settore con poche
innovazioni o addirittura in una fase di stagnazione. La scoperta che l’Helico bacter Pylori può causare la gastrite e l’ulcera ha comportato il rinnovo dei
tentativi per identificare tra i bilioni di batteri che vivono nel colon, i ceppi
responsabili dell’inizio e/o della perpetuazione dell’infezione intestinale. Il
ruolo dei batteri specialmente nella patogenesi della Rettocolite Ulcerosa è
sostenuto da modelli sperimentali nell’animale. Alcuni studi hanno, infatti,
dimostrato che la colite spontanea che si produce nella maggioranza dei topi
knockout (senza il gene) o transgenici (con gene modificato), non si sviluppa
quando questi animali sono tenuti in un ambiente sterile (germ free).
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Tuttavia sin’ora l’agente infettivo responsabile delle IBD non è stato identificato. Sicuramente importanti nell’eziopatogenesi del Crohn e della RCU
sono inoltre i fattori ambientali, tra cui il fumo, la dieta con la carenza di Zinco, i fattori genetici con l’associazione delle IBD ad antigeni della classe II,
l’aggregazione famigliare sia verticale (genitore-figlio) che orizzontale (fratello-fratello), la possibilità d’infezioni con i ceppi virali come quello del morbillo. Tuttavia i risultati migliori della ricerca delle IBD si sono attualmente
avuti dallo studio dei meccanismi della regolazione dell’infiammazione immunomediata (Fig. 2). Tra i molti esempi dell’associazione tra IBD e sistema
immune certamente sono di primo piano quelli tra infezione con HIV e
morbo di Crohn. E’ riconosciuto come nelle fasi precoci dell’infezione da
HIV-1, la mucosa del tratto gastrointestinale serva da sito di entrata del virus,
da sito di iniziale amplificazione e replicazione virale e come sito iniziale
della deplezione dei linfociti T CD4+. E’ notevole la segnalazione che proprio
la deplezione dei linfociti TCD4+ produca la guarigione del Crohn nei mala ti con infezione da HIV-1. Tra i mediatori dell’infiammazione sono state
Geni
Fattori ambientali
Flora intestinale
Agenti specifici?
Evento scatenante
Sistema non immune
Sistema immune
Cellula T
Mediatori solubili
Molecole di adesione cellulare
Eosinofilo
Cellule epiteliali
Cellule
mesenchimali
Neutrofilo
Cellula B
Monocita
Cellule
nervose
Cellule
endoteliali
Matrice
Citochine
Anticorpi
autoanticorpi
Fattori di
crescita
Infiammazione
intestinale
Enzimi
proteolitici
ROM, NO
Eicosanoidi
Neuropeptidi
Figura 2. Gli eventi scatenanti e i successivi fattori del sistema immune e non
immune che sostengono l’infiammazione intestinale sono molteplici. C.
Fiocchi in Gastroenterology 1998; 115:182-205.
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recentemente studiate le citochine con risultati clinici impressionanti (Fig. 3).
Infatti, le conoscenze sulla regolazione e attivazione/soppressione delle
Citochine/Chemiochine hanno permesso di produrre farmaci che modificano le risposte biologiche sfruttando le conoscenze genetiche. Alcuni di questi
come l’anticorpo anti TNF (Tumor Necrosis Factor), che è un anticorpo chimerico monoclonale della classe delle IgG 1 e la ciclosporina sono ormai
diventati parte integrante della terapia convenzionale basata sino a pochissimo tempo fa essenzialmente sull’uso dei corticosteroidi. Altre nuove molecole come Interleuchina 10 (IL-10) ricombinante, IL-11, l’ISIS 2302 sono ancora in fase sperimentale, ma probabilmente saranno immesse nella pratica clinica entro breve tempo. L’uso di questi farmaci ha però contemporaneamente aperto nuovi problemi. Infatti, il riconoscimento che le cellule e i mediatori solubili della tossicità possono cambiare con l’evoluzione della malattia, ha
comportato il fatto che una strategia terapeutica efficace nelle fasi precoci
della malattia, possa diventare inutile o dannosa nelle fasi tardive. Nel Crohn
ad esempio la terapia con anti TNF (Infliximab) può indurre in modo imprevedibile la formazione d’anticorpi antinucleo sino nel 10% dei pazienti trattati. Quindi e come sempre, il proliferare di nuove molecole e di nuove strategie ha aperto nuove sfide alla ricerca, comportando la difficoltà alla selezione dei progetti di ricerca cui dare la precedenza. Questa è un problema
notevole dal punto di vista pratico, poiché il numero di malati e di ricercatori è forzatamente un numero definito. Poiché le scoperte in campo immnunologico ci pare abbiano fornito negli ultimi 10 anni i risultati più interessanti, saranno descritti in modo più dettagliato i dati della letteratura che
riguardano le nuove acquisizioni dei meccanismi autoimmuni dell’infiammazione e i risultati ottenuti nel nostro laboratorio e da altri Autori nella diagnostica degli autoanticorpi nelle IBD, lasciando una trattazione estensiva
dell’epidemiologia, dei quadri clinici, endoscopici ai trattatati di gastroenterologia facilmente disponibili in commercio.
Suscettibilità
genetica
Ambiente
(microflora)
Colite
ulcerativa
Risposta
(immune)
dell’ospite
IL5, - 10
Malattia di
Crohn
TNF-α, IFN-γ,
IL-1, IL-12
Infiammazione
Figura 3. Il ruolo dei mediatori dell’infiammazione nella malattia di Crohn
e nella rettocolite ulcerosa è diverso. F. Shanahan Gastroenterology 2001;
120: 622 635.
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Epidemiologia
E’ interessante notare come la Colite ulcerosa e la malattia di Crohn presentino aspetti epidemiologici ed eziopatogenetici simili che ne permettono
la discussione parallela. Tali malattie sono più frequenti tra i bianchi che nella
popolazione nera ed orientale, con una incidenza più elevata (da tre a sei
volte) tra gli ebrei. Entrambi i sessi sono ugualmente colpiti. L’incidenza e la
prevalenza delle due malattie differiscono leggermente per la Colite ulcerosa che sembra essere, secondo la maggior parte degli studi, più frequente.
Mentre l’incidenza definisce i nuovi casi di diagnosticati per anno, la prevalenza invece rappresenta il numero di pazienti affetti dalla malattia ogni
100.000 abitanti e ne definisce sia l’impatto nella comunità, sia il peso socioeconomico. Nell’Europa Occidentale e negli Stati Uniti, l’incidenza della colite ulcerosa (compresa la proctite ulcerosa) è di circa 6 –8 casi per 100.000 abitanti l’anno con una prevalenza di circa 70-150 casi per 100.000 abitanti.
L’incidenza della malattia di Crohn (colon + tenue) è di circa due casi per
100.000/anno con una prevalenza attorno a 20–40 casi per 100.000. Le eccezioni sembrano essere rappresentate da Francia, Belgio e Germania in cui
invece si è rilevata una maggiore incidenza del Morbo di Crohn. Negli anni
’90 lo studio condotto dall’EC-IBD study è stato il primo studio di tipo prospettico che ha permesso di raccogliere dati sull’incidenza della RCU e Crohn
nei paesi del bacino Mediterraneo ottenendo un'incidenza di 8.6 per la RCU
e 3.69 per il M.C. Per quanto riguarda l’Italia, (GISC, Int. J. Epidemiol. ’96) il
tasso di incidenza di RCU è stato di 5.2, mentre quello del M.C di 2.3.
E’ stata anche segnalata una certa stagionalità dell’esordio della Colite
Ulcerosa con un picco a dicembre-gennaio che farebbe pensare ad un concorso di fattori ambientali stagionali. E' confermata una maggiore incidenza
di IBD nelle zone urbane ed industrializzate (questo ha aperto il campo a speculazioni riguardanti un possibile contributo di fattori inquinanti).
Benchè non siano disponibili dati sicuri, sembra che l’incidenza della
malattia di Crohn (soprattutto colica) sia in aumento (Fig. 4).
La malattia colpisce maschi e femmine con pari frequenza anche se il
sesso femminile, soprattutto se al di sotto dei 45 anni, presenta un rischio di
ammalarsi di Morbo di Crohn del 20 – 30% maggiore rispetto ai maschi. L’età
di insorgenza specie della RCU ha un andamento bimodale. Nel 50% dei casi
la malattia insorge tre i 15 e 30 anni mentre un secondo picco di incidenza si
osserva tra i 55 ed i 65 anni.
Si sta sempre più confermando la diagnosi di IBD in soggetti di età avanzata con forme cliniche rappresentate da RCU localizzate a sinistra o a livello retto-sigma senza grossa tendenza all’aggressività. Le IBD sono entrambe
malattie caratterizzate da un andamento clinico caratterizzato da frequenti
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8
6
4
2
0
1944-53
1954-63
1964-73
1974-83
1984-93
Calendario anno di diagnosi
Figura 4. Questo diagramma illustra l’incidenza del morbo di Crohn nel
Minnesota dagli anni a partire dal 1940 al 1993. Nel lavoro di E.V. Loftus et
all. pubblicato in Gastroenterology 1998; 114: 1161-1168 viene dimostrato
come l’incidenza della malattia si sia stabilizzata dagli anni ’70 ad un livel lo più alto rispetto a quello visto negli anni precedenti.
recidive che possono comparire anche dopo lunghi periodi di benessere (Fig.
5). Non esiste un gold standard universalmente accettato nella diagnosi di
queste malattie, infatti a fronte di una imponente mole di lavori, i dati sono
spesso frammentari e spesso ottenuti su osservazioni retrospettive o solo su
campioni di pazienti ospedalizzati.
Le differenze emerse nelle varie ricerche, possono risentire anche di
discrepanze dovute alla diversa definizione dei criteri diagnostici dei pazienti inclusi in studio.
E’ stata riscontrata inoltre, una incidenza famigliare di malattia infiammatoria dell’intestino con sviluppo di malattia di Crohn o Colite ulcerosa nel
2-5% dei soggetti aventi familiari che ne sono affetti. Tuttavia, non esiste
alcuna specificità per una data forma di malattia infiammatoria dell’intestino
all’interno di un determinato gruppo famigliare (Fig. 6). Quest’ultimo dato
epidemiologico suggerisce l’ipotesi che nello sviluppo di queste malattie
possano svolgere un certo ruolo comune fattori genetici ed ambientali.
Inoltre la complessità dei fattori che favoriscono le IBD è sottolineata anche
dal fatto che avvenimenti di vita clinicamente stressanti possono precedere
nel tempo lo sviluppo clinico della malattia infiammatoria intestinale (Fig. 7).
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Tempo (anni)
Figura 5. Le IBD sono malattie croniche intestinali con andamento clinico
caratterizzato da frequenti recidive. Il morbo di Crohn presenta un’alta inci denza di ricadute dopo l’esodio clinico come illustrato in questo diagramma
di A. Lapidus et all. pubblicato in Gastroenterology 1998; 114: 1151–1160.
Viene dimostrato come circa il 50% di un gruppo di 507 pazienti con M. di
Crohn debba sottoporsi ad intervento chirurgico nell’arco di un periodo di
osservazione di circa 10 anni.
Spondilite
anchilosante
Malattia di
Crohn del
colon
maschio
affetto da IBD
femmina
deceduto
Malattia
ulcerativa
distale
Malattia di
Crohn dell’ileo colon
Malattia di
Crohn dell’ileo colon
Sano
(età 19 anni)
Figura 6. Questa figura sottolinea come le malattie infiammatorie intesti nali (IBD) abbiano una forte componente genetica. La figura ripresa da M.
Parkers et all, in Molecular Medicine Today December 1997 546-53 illustra
come nell’albero genealogico di una famiglia inglese ci sia una sovrapposi zione tra morbo di Crohn ed RCU.
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IBD
Clin cont.
Pop. cont.
Figura 7. La complessità degli eventi patogenetici che contribuiscono alla
patogenesi delle IBD è illustata in questa figura in cui viene descritta la
relazione tra eventi stressanti e successiva comparsa di morbo di Crohn.
Ripreso da I. Klein et all. In Ital.J.Gastroenterol.Hepatol 1998; 30: 247-51.
Caleidoscopio
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Anatomia patologica e quadri endoscopici
Nella Colite Ulcerosa vi è una reazione infiammatoria che interessa principalmente la mucosa del Colon che, macroscopicamente, si presenta cosparsa di ulcere, iperemica e di solito sanguinante. Caratteristicamente, nella colite ulcerosa l’infiammazione interessa la mucosa in maniera uniforme e continua senza l’interposizione di aree di mucosa normale. Di solito, il retto è
interessato nel 95% dei casi e, da qui, il processo infiammatorio si estende
prossimalmente per una estensione variabile. Quando è colpito l’intero
colon, la malattia può interessare l’ileo terminale per pochi centimetri
(“backwash ileitis”) senza che, tuttavia, si determini quel tipico ispessimento
delle pareti e restringimento del lume ileale, quale si osserva nella malattia di
Crohn. L’epitelio di rivestimento della mucosa e delle cripte e la sottomucosa sono infiltrati da elementi infiammatori di tipo neutrofilo che, progressivamente, distruggono la superficie epiteliale con conseguente sviluppo di
ulcere multiple (Fig. 8). L’infiltrato neutrofilo delle cripte da luogo alla caratteristica (ma non specifica) formazione di piccoli ascessi criptici e alla loro
eventuale distruzione.
Ricorrenti episodi di infiammazione possono dare luogo ai caratteristici
aspetti di cronicità della malattia. La fibrosi e la retrazione longitudinale
determinano un accorciamento del colon. La perdita della normale austratura fa assumere al viscere un aspetto tubulare che radiologicamente, è descritto come “canna di stufa”. Gli isolotti di mucosa che si rigenerano intorno ad
aree di mucosa ulcerata e di disepitelizzata, si presentano come “polipi” che
protrudono nel lume del colon. Tali formazioni tuttavia sono di natura infiammatoria e non neoplastica e sono, pertanto, definiti pseudopolipi (Fig. 9).
La Malattia di Crohn, a differenza della Colite ulcerosa, è caratterizzata
da una infiammazione cronica estesa a tutti gli strati della parete intestinale
con interessamento del mesentere e dei linfonodi regionali, sia che venga colpito il colon che il tenue. Le alterazioni anatomo-patologiche che si determinano nelle fasi più precoci della malattia di Crohn sono scarsamente definite, dal momento che il trattamento chirurgico, di solito, non viene effettuato
elettivamente nelle fasi iniziali della malattia. Alla laparatomia, l’ileo terminale si presenta iperemico e edematoso con il mesentere ed i linfonodi
mesenterici tumefatti ed iperemici. In questo stadio, la parete intestinale,
benchè edematosa, non è di solito rigida. Il corrispettivo endoscopico del
Crohn dell’ileo terminale è quello di una mucosa interessata da ulcere ad
andamento serpinginoso (Fig. 10). Nella malattia di Crohn, la mucosa intestinale viene interessata in modo discontinuo, infatti, segmenti di mucosa
gravemente danneggiati si alternano ad altri in cui la mucosa ha un aspetto
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apparentemente normale (“skips areas”). Nel 50% dei casi circa di malattia di
Crohn colico il retto è risparmiato.
Nel Crohn il processo infiammatorio interessa a tutto spessore la parete
intestinale fino a coinvolgere la sierosa e il mesentere, spiegandosi in tal modo il caratteristico sviluppo di fistole e raccolte ascessuali. L’insieme dei processi infiammatori e di riparazione danno luogo ad un quadro endoscopico
di mucosa ad acciottolato che può variare con l’intensità della malattia (Fig.
11 e Fig. 12). Come conseguenza dell’infiammazione della sierosa, nel Crohn
le anse intestinali adiacenti tendono a aderire tra loro fino a costituire una
massa palpabile più frequentemente in fossa iliaca destra.
Microscopicamente il reperto di granulomi è l’elemento diagnostico più utile
per differenziare la malattia di Crohn dalle altre forme di malattia infiammatoria
dell’intestino e soprattutto dalla colite ulcerosa in cui tale reperto è assente.
Tuttavia la diagnosi endoscopica di IBD per poter essere conclusiva deve
essere sostenuta ed integrata dagli esami di laboratorio e da quelli istologici
oltre che da un esame clinico attento. Infatti esiste la possibilità che quadri
endoscopici simili a quelli osservati nelle IBD siano invece da riferire a patologie molto diverse tra loro. In particolare le malattie che coinvolgono il sistema
autoimmune come l’AIDS, rappresentano una sfida importante anche all’endoscopista esperto per la difficoltà all’identificazione della diagnosi corretta di
IBD rispetto a quella di infezioni virali o batteriche che possono presentare
quadri endoscopici simili (Fig. 13 e Fig. 14). Inoltre la proctite da Chlamydia
nei maschi omosessuali (Fig. 15) e altre infezioni come la Shigella (Fig. 16), la
tubercolosi del cieco (Fig. 17), l’Amebiasi (Fig. 18), possono mimare il quadro
endoscopico del morbo di Crohn. Al contrario la colite ischemica (Fig. 19) e la
sigmoidite da raggi (Fig. 20) possono essere scambiate per rettocolite ulcerosa.
Figura 8. RCU del colon con presen za di un’ulcera profonda che arriva
sino alla sottomucosa e può com portare il rischio di complicanze.
Caleidoscopio
Figura 9. RCU del colon con presen za di una estesa ulcerazione a tutta
la circonferenza della parete intesti nale con pochi isolotti residui di
mucosa infiammata.
13
R. Suriani, D.Zanella, G. Orso Giacone,
M.Ceretta, M. Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Figura 10. Crohn dell’ileo terminale Figura 11. Crohn del colon ulcere e
con ulcere ad andamento serpinginoso. mucosa ad acciottolato.
Figura 12. Crohn del colon
mucosa ad acciottolato.
Figura 14. Proctite da Herpes in
un paziente con AIDS.
14
Figura 13. Colite da citomegalo virus in un paziente con AIDS.
Figura 15. Proctite da Chlamydia tipo linfo granuloma venereo (LGV) è frequente nella
popolazine maschile omosessuale. Possono
anche formarsi fistole del tutto simili a
quelle della malattia di Crohn.
Caleidoscopio
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M. Ceretta, M.Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Figura 16. Colite da shigella.
Figura 17. Tubercolosi del cieco.
Figura 18. Ambiasi della giun zione rettosigmoidea.
Figura 19. Colite ischemica.
Figura 20. Sigmoidite da radiazioni.
Caleidoscopio
15
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Quadri clinici delle IBD
Colite Ulcerosa
Diarrea ematica e dolore addominale, spesso con febbre e calo ponderale
nei casi più gravi, sono i principali sintomi della Colite Ulcerosa. Nei casi di
lieve entità, è presente una sintomatologia caratterizzata da una o due evacuazioni giornaliere semi-formate contenente scarsa quantità di sangue, senza
alcuna manifestazione sistemica. Nei casi più gravi, invece, l’alvo è francamente diarroico con frequenti evacuazioni giornaliere di feci liquide miste a
sangue e pus, associato a dolore addominale severo con sintomi e segni di
disidratazione, anemia, febbre e perdita di peso. Nelle forme a prevalente
impegno rettale, può essere presente stipsi piuttosto che diarrea e la principale manifestazione clinica può essere il tenesmo. Talvolta, sui sintomi intestinali prevalgono la febbre, il calo ponderale o una delle manifestazioni extracolitiche della malattia. I reperti obiettivi, nella colite ulcerosa, sono di solito
aspecifici. Così può riscontrarsi un addome disteso con dolorabilità lungo il
decorso del colon, mentre nei casi lievi l’esame obiettivo può essere del tutto
normale. Le manifestazioni extracolitiche della malattia consistono in artrite,
lesioni cutanee o epatopatia. Febbre, tachicardia e ipotensione posturale, di
solito, sono presenti nelle forme più gravi della malattia. Le complicanze più
temibili della RCU sono il rischio di cancro difficilmente prevenibile e la
necessità di un intervento in urgenza di colectomia totale per la distensione
acuta del colon (megacolon tossico) con perforazione intestinale.
Malattia di Crohn
Le principali manifestazioni cliniche della malattia di Crohn sono febbre,
dolore addominale, diarrea, spesso ematica, astenia e, talora, calo ponderale.
Nelle forme coliche, diarrea e dolore sono i sintomi più frequenti.
Caratteristicamente, nella malattia di Crohn la rettorragia è meno frequente
che nella colite ulcerosa e ciò perché il retto è in molti casi indenne e la malattia ha un carattere transmurale con interessamento mucosale e irregolare.
Possono associarsi varie complicanze ano-rettali, quali fistole, ragadi, e ascesso peri-rettale, che spesso precedono l’esordio clinico della malattia e che,
pertanto, quando presenti, devono sempre sollevare il sospetto di una coesistente malattia di Crohn. Con il periodico riaccendersi dell’infiammazione
peri-rettale, le pareti del canale anale s’ispessiscono e possono svilupparsi
fistole peri-anali o cicatrici. Una dilatazione tossica (megacolon tossico) del
colon può manifestarsi in conseguenza di un interessamento esteso del viscere, anche se tal evento è meno frequente che nella colite ulcerosa, dato che
nella malattia di Crohn vi è piuttosto un ispessimento della parete intestina-
16
Caleidoscopio
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
le. Le manifestazioni extra-intestinali soprattutto l’artrite, sono più frequenti nella localizzazione colica della malattia che non nella forma ileale.
Nella forma ileale della malattia di Crohn, sono presenti ulteriori segni e
sintomi. Tipicamente, la malattia insorge in giovani adulti con una storia di
astenia, perdita di peso variabile, fastidio o dolore in fossa iliaca destra e
diarrea. Inoltre, possono essere presenti febbricola, anoressia, nausea e vomito. Il dolore addominale può essere continuo e localizzato in fossa iliaca
destra o può essere crampiforme o colico, espressione di stenosi intestinale di
grado variabile. La diarrea è spesso modesta, di solito senza sangue macroscopicamente visibile e, se il retto non è colpito, non c’è tenesmo. In questo
stadio, l’esame del paziente mette in evidenza una dolorabilità in fossa iliaca
destra, associata al reperto di un “impastamento” o di “massa” dovuto alla
presenza di anse intestinali adese. Inoltre, può essere riscontrata una anemia
di lieve entità, una lieve o moderata leucocitosi e una elevazione della velocità di eritrosedimentazione. Le complicanze più gravi del Crohn sono le
fistole o enterocuntanee o tra intestino e gli altri visceri addominali contigui.
La tabella 1 mostra i caratteri clinici ed anatomopatologici delle IBD (R.
M. Glickman)
Eterogeneità clinica e sottogruppi di malattia
Mentre l’esame clinico, l’endoscopia, l’esame istologico e gli esami di
laboratorio riescono ad individuare sufficientemente bene la diagnosi differenziale tra IBD e le altre malattie intestinali, esistono ancora delle difficoltà
di diagnosi differenziale tra RCU e Morbo di Crohn in circa il 10% dei casi.
Hodgson propone di riservare il termine di COLITE INDETERMINATA
quando non sia possibile arrivare ad una diagnosi conclusiva attraverso non
solo attraverso le indagini cliniche, endoscopiche e di laboratorio, ma anche
sull’esame istologico effettuato sul pezzo operatorio. Viene invece usato il
termine di IBD di tipo NON CERTO, quando si abbia un quadro tipico di
IBD, ma senza senza i dati definitivi che permettano di giungere ad una diagnosi di MC o di RCU. S.E. Clamp nel 1982 e A. Pera nel 1987 hanno proposto degli score clinici ed endoscopici che possono aiutare in modo sensibile
la diagnosi differenziale tra le due malattie.
L’espressione clinica delle IBD può poi inoltre essere poi molto diversa
all’interno di ciascuna malattia, per esempio nella RCU si possono avere quadri clinici di colite fulminante che necessitano di colectomia totale da dover
essere eseguita in urgenza sino a quadri di sigmoidite lieve che causano solo
modesti disturbi clinici al paziente. Questa eterorogeneità clinica è cosi
importante da fare ritenere possibile che in realtà le IBD non siano solo due
malattie distinte, ma molte malattie diverse tra loro. Sono stati fatti quindi,
diversi tentativi per cercare di classificare queste malattie in sottogruppi sulla
base della localizzazione di malattia. Le conoscenze attuali tuttavia non per-
Caleidoscopio
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M.Ceretta, M. Caruso
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Colite Ulcerosa
Morbo di Crohn
Mai
+/mai
+
+/mai
++
++
+
++
++
++
++
++
+
mai
+/+
+/++ (95%)
+
+
++
+
++
++
++
++
++
(50%)
+
+/-
Aspetti patologici
Segmentaria
Interessamento transmurale
Granulomi
Fibrosi
Fissurazioni, fistole
Interessamento del mesenterico
e linfonodi
Caratteri clinici
Diarrea
Rettorragia
Dolore addominale
Massa palpabile
Fistole
Stenosi
Interessamento intestino tenue
Interessamento rettale
Compl. Extracolica
Neoplasia maligna
Tabella 1. Caratteri clinici ed anatomo patologici delle IBD.
mettono di differenziare in modo chiaro i diversi sottogruppi di malattia in
entità autonome.
Per quanto riguarda la Malattia di Crohn una prima proposta fu dettata
da Farmer (gruppo della Cleveland Clinic), notando che localizzazione di
malattia ileali, ileocoliche, coliche e anorettali condizionano diverse associazioni di sintomi e complicazioni.
Successivamente come secondo parametro di giudizio fu considerato il
comportamento di malattia ed una prima classificazione fu proposta da De
Dombal (Aggressivo/Indolente) ed una seconda fu proposta da Sachar
(perforante/non perforante) negli anni successivi. I pazienti con diverso
comportamento clinico presentavano un decorso di malattia differente,
soprattutto per quanto riguarda la storia chirurgica. La prognosi era decisamente meno favorevole per i pazienti con comportamento definito “aggressivo” rispetto a quelli con comportamento definito “indolente”.
Nel 1991 fu proposta a Roma una ulteriore classificazione sulla base di
alcune variabili: Localizzazione, estensione, comportamento primitivo e sto-
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Caleidoscopio
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
ria chirurgica della malattia; tale classificazione consentiva di descrivere
accuratamente i pazienti ma era poco pratica se applicata alla routine quotidiana.
Nel corso del Congresso mondiale di gastroenterologia di Vienna tenutosi nel 1998 fu proposta una ulteriore classificazione che teneva conto di:
• Localizzazione
• Comportamento di malattia
• Età in cui viene fatta la diagnosi.
Anche in questo caso l’applicazione alla pratica quotidiana si rivelava
complessa in quanto conduceva alla formazione di numerosi sottogruppi.
Per quanto riguarda la colite ulcerosa una prima classificazione considerava la localizzazione di malattia; una seconda classificazione teneva conto
del comportamento di malattia basato su caratteristiche cliniche mantenute
per tutto il decorso di malattia. In base a tale classificazione si potevano identificare tre tipi di decorso:
• Solo primo attacco,
• Colite ulcerosa cronica intermittente
• Colite ulcerosa cronica continua
Caleidoscopio
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Sistema Immune ed IBD
Il sistema immunitario intestinale è sicuramente importante perché esiste
una relazione tra i linfociti intestinali e quelli d’altre mucose come polmoni,
mammella. La migrazione delle cellule linfomonocitarie tra questi siti ha portato al concetto di sistema mucoso immune comune. L’applicazione di questo
concetto ha portato alla formulazione di vaccini enterici che inducono immunità anche in altri siti extraintestinali (Fig. 21). L’aumentato numero di
linfociti T cellulari nelle IBD suggerisce un’azione patogena mediata per via
cellulare e l’esame comparativo mappato a livello intestinale dimostra che
nell’intestino infiammato vi è un massivo incremento del numero di plasma
cellule rispetto a quello sano. L’incremento plasmacellulare fa quindi ritenere possibile il coinvolgimento anche dei meccanismi d’immunità anticorpale
Antigeni
7.Riparazione e restituzione
-?Eparina
-?IL11
-? Nicotina
Bateri
Epitelio intestinale
Fattori di Crescita
SCFA
Fibroblasto
1, Processazione &
Presentazione dell’antigene,
Attivazione del Macrofagi
- Antibiotici
-Probiotici
2. Riconoscimento dell’antigene
e attivazione delle cellule T CD4+
-AZA/6MP
-CyA
-Tacrolimo
-? MTX
Macrofago
IL-2
Cellula T
attivata
IL-4
IFNγ
4. Produzione di citochine dell’infiammazione
-Anticorpi anti-TNF
-Talidomide
-Corticosteroidi
-IL-11
Eventi prossimi
Cella IFNγ
Th1
Neurone
prodotti dell’acido
arachidonico
Granulocita
3, Generazione della
risposta Th1/Th2
-IL-10
IL-12
TNFα
Radicali liberi
Neuropeptidi
Cellala T CD4+
Macrofago
attivato
6. Infiammazione e Lesione
- Amino salicilati
-Corticosteroidi
- ?Anestetici locali
Cella
Th2
IL-10
5. Reclutamento, Migrazione ed Adesione
-Oligonucleotide antisenso ICAM-1
Anticorpo anti-integrina-α4
-? Eparina
Eventi distanti
Figura 21. Esistono profondi rapporti esistenti tra la patogenesi delle IBD e
le possibilità terapeutiche. B.E. Sands Gastroenterology 2000;118: s68-s82.
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Caleidoscopio
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
oltre quelli cellulari. Tuttavia sapere che nelle IBD (specialmente nel Crohn),
l’intestino sia infiltrato da cellule con caratteristiche immunitarie anche in
assenza d’evidenti lesioni endoscopiche o cliniche o morfologiche non esaurisce il problema poiché sarebbe necessario conoscere come e quando queste
cellule immunitarie diventino tossiche. Quest’informazione al momento
manca e quindi questo quesito rimane al momento irrisolto. Tuttavia da
quasi 40 anni si hanno informazioni circa il coinvolgimento di fenomeni di
citotossità linfomonocitaria nei pazienti affetti da IBD.
Broberger e Perlamann furono i primi a scoprire nel 1963 che i globuli
bianchi periferici di pazienti con RCU possedevano un’azione citotossica
quando cimentati contro le cellule del colon umano fetale in vitro. Le cellule
del paziente erano in grado di distruggere le cellule intestinali fetali tramite
i classici meccanismi immunitari. Questi esperimenti, pur tuttavia non confermati successivamente, ebbero il merito di suscitare interesse e portare a
nuove ricerche.
Classicamente l’infiammazione della mucosa che è caratteristica delle
IBD, deriva da una cascata di eventi e processi iniziati dal riconoscimento di
un antigene. Questa risposta che è antigene mediata può essere diretta in
modo appropriato contro un agente patogeno non ancora individuato oppure può essere una risposta inappropriata ad un antigene appartenente ad
agente (batterico? virale?) non patogeno (Fig. 22). L’epitelio intestinale può
iniziare la risposta immune in linea generale attraverso due meccanismi: trasportando l’infiammazione attraverso l’epitelio con il rilascio di citochine,
chemiochine e altre sostanze proinfiammatorie oppure riconoscendo direttamente l’antigene con un’azione simile a quella dei macrofagi (Antigen
Presenting Cells -APCs -).
Enterociti come cellule APCS
La prima segnalazione che almeno una componente dell’epitelio intestinale possa avere la funzione specifica di presentazione antigenica risale al
1981 ed è stata confermata in studi successivi. In breve, gli antigeni di superficie che giocano il maggior ruolo nel rigetto dei trapianti di tessuti allogenici (della stessa specie) sono chiamati Antigeni del Sistema Maggiore di
Istocompatibilità. Questi antigeni sono il prodotto di un gruppo di geni strettamente correlati, conosciuti come geni del sistema maggiore di istocompatibilita (MCH). Questo sistema, denominato HLA nell’uomo, dirige la sintesi
di tre classi di peptidi antigenici denominati di classe I, di classe II e di classe III. I linfociti T (sia del tipo T helper1 che del tipo T helper2) con il recettore CD4+ riconoscono i peptidi legati alle molecole di classe II, mentre i
linfociti T con il recettore CD8+ riconoscono i peptidi legati alle molecole
della classe I. La differenza tra questi due sistemi è che prima che l’antigene
presente nell’ambiente extracellulare possa legarsi alle molecole del sistema
Caleidoscopio
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Figura 22. Nella patogenesi del morbo di Crohn è riconosciuta la parteci pazione di una componente batterica. Questo lavoro dimostra come la
ciprofloxacina sia apparsa di uguale efficacia alla mesalazina nel tratta mento del M.di Crohn J.F. Colombel et coll. The American Journal of
Gastroenterology 1999; 94 (3) 673-678.
HLA di classe II deve essere sottoposto ad un processo di degradazione a
livello endosomiale e poi trasportato in superficie dove è possibile il suo riconoscimento da parte dei linfociti T CD4+. Al contrario per gli antigeni di classe I° è possibile subito il legame diretto per esempio con le proteine virali. Gli
antigeni di classe II° sono normalmente presenti sui macrofagi che funzionano come cellule che presentano l’antigene. I peptidi estranei all’organismo
trattati da queste cellule che presentano l’antigene, sono esposti sulla superficie cellulare del macrofago in associazione con le molecole di classe II. In
questo modo l’antigene estraneo può essere riconosciuto. L’epitelio intestinale è regolarmente esposto ad antigeni estranei e l’intestino contiene numerose cellule che sono dotate del sistema di recettori di classe II. Quello che è
importante, è che gli enterociti e non solo i macrofagi presenti a livello intestinale esprimono le molecole di classe II°. Il fatto che gli enterociti possano
servire come cellule che presentano l’antigene (APC) può avere importanti
conseguenze funzionali. Infatti, la risposta infiammatoria può variare almeno in parte, dal tipo di presentazione a cui l’antigene è sottoposto. Mentre nei
soggetti sani la presentazione tramite enterocita porta alla tolleranza, nelle
IBD al contrario la stessa presentazione comporta l’attivazione T cellulare.
Infatti, sebbene le normali cellule epiteliali preferenzialmente attivino i CD
8+ Suppressor, funzione che può contribuire ad indurre la tolleranza locale,
nelle IBD le cellule epiteliali che attivano i CD4+ T helper portando all’amplificazione della reattività immunitaria locale e all’infiammazione. E’ comunemente ritenuto che il riconoscimento antigenico e l’attivazione dei linfoci-
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ti T con recettore CD4+ sia uno dei meccanismi di azione dell’azatioprina e
della ciclosporina. E’ possibile invece che gli antibiotici, ad esempio la ciprofloxacina e il metronidazolo nel Crohn, possano agire sulla presentazione
degli antigeni batterici da parte dei macrofagi.
L’attivazione T cellulare avviene inoltre attraverso la mediazione di un
secondo segnale non antigene specifico con la secrezione di citochine come
l’IL-2 (interleuchina 2). Senza questo secondo segnale la risposta infiammatoria decade (immuno tolleranza) oppure si ha l’apoptosi cellulare.
Le citochine
I principali mediatori del processo infiammatorio sono le citochine. Sono
queste delle molecole peptidiche solubili che mediano l’interazione tra le cellule immunocompetenti e quelle delle cellule emopoietiche come anche tra il
sistema immune e quello neuroendocrino. Sono prodotte da una varietà di
cellule attivate ed esercitano i loro effetti biologici attraverso il legame a specifici recettori sulla cellula bersaglio. Alcune citochine come il TNF (tumor
necrosis factor) e IL-1 (interleuchina I) sono considerate come citochine
proinfiammatorie perché attivano e regolano le cellule dell’infiammazione
(per esempio la migrazione dei neutrofili). Il TNF prodotto da fagociti mononucleari e da cellule T è il maggiore mediatore delle risposte dell’ospite
rispetto alle endotossine batteriche. l’INF prodotto dai linfociti T attivati
porta all’attivazione dei macrofagi. I macrofagi possono secernere TNF e il
TNF secreto porta all’attivazione di altri macrofagi e linfociti T. Ha un effetto procoagulante, promuove il rilascio locale nitrossidi, del fattore attivante
le piastrine e della prostaciclina. Si è visto inoltre che la produzione di TNF è
più elevata nelle cellule di mucosa intestinale nelle colture di pazienti con
Morbo di Crohn che in quelle con RCU. L’impiego dell’anti TNF (infliximab)
nei pazienti con Morbo di Crohn, specie nella varietà fistolizzante è ormai
largamente utilizzata in ambito clinico con risultati positivi. E’ stato recentemente anche prodotta la forma umanizzata IgG4 dell’anti TNF denominata
CDP571. I risultati clinici preliminari sono stati incoraggianti. La talidomide
presenta un’azione anti TNF e in più ha un’azione di inibizione di inibizione
sui neutrofili. Il suo uso è stato di beneficio nei pazienti con Crohn. Tuttavia
nonostante gli effetti positivi sul piano clinico della terapia con anti TNF
rimane a chiarire il meccanismo dell’effetto terapeutico benigno.
L’interferone Y (INF) e l’Interleukina 2 (l’IL-2) sono prodotte dal linfociti
T CD4+ del tipo Th1 (Linfocita T Helper 1). I linfociti del tipo Th1 sono coinvolti in prima istanza nelle risposte mediate dall’immunità cellulare. L’IL-4,
IL-5 sono prodotte invece dai linfociti T CD4+ del tipo Th2 (linfocita T helper
2) e facilitano le risposte di tipo umorale. L’interferone era conosciuto per le
sue proprietà anti virali, ma in realtà aumentando l’espressione delle molecole di classe I e II e promovendo la differenziazione B e T cellulare è giustamente inserito nelle citochine che influenzano l’immunità cellulare. L’IFN g
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
prodotto dai T linfociti attivati porta all’attivazione dei macrofagi. L’IFN
secreto dai Th1 inibisce la differenziane dei Th2. La produzione di interferone Y che è strettamente correlata alla secrezione di Il-2 è aumentata nel
Crohn, ma non nella RCU.
L’interleukina 10 (IL-10) prodotta dai linfociti T del tipo Th2 ha una
potente azione anti infiammatoria che inibisce ad esempio la produzione di
INF e dell’IL-2.
L’Interleuchina 2 (IL-2) e l’interferone sono state le citochine più intensamente studiate nelle IBD. L’IL-2 costituisce il prototipo delle citochine immunomodulatorie. Il morbo di Crohn (MC) e la Rettocolite Ulcerosa (RCU)
rispondono in modo sostanzialmente diverso all’IL-2 tra di loro e rispetto ai
controlli. Le cellule della mucosa della RCU hanno una risposta debole
rispetto a quelle del Morbo di Crohn quando attivare con l’Il-2. Le cellule del
Morbo di Crohn attivate con Il-2 mostrano un’attività citotossica maggiore
rispetto ai controlli e rispetto alla RCU. Quest’iperattività suggerisce come Il2 sia strettamente legata alla patogenesi del Morbo di Crohn. Infatti, la somministrazione di IL-2 a pazienti con Crohn esacerba la malattia. Inoltre, come
già ricordato, i pazienti con Morbo di Crohn che sviluppino la sindrome da
immuno deficienza acquisita con perdita delle T cellule CD4+, entrano in
remissione dalla malattia. Anche se le citochine proinfiammatorie sono generalmente aumentate nelle IBD, il significato del loro incremento è attenuato
dal fatto che potrebbero anche rappresentare un fenomeno aspecifico. Infatti,
un aumento di IL-1 ad esempio è stato anche riscontrato in altre forme di
infiammazione intestinale non collegate alle IBD. Con questi limiti, tuttavia,
sarebbe stato riscontrato un rapporto stretto tra la presenza dell’antagonista
del recettore dell’IL-1 e RCU, ma non tra antagonista del recettore dell’IL-1 e
malattia di Crohn. L’ampio spettro di azione delle ILha portato ad alcuni tentativi di un loro impiego terapeutico. Le proprietà soppressive dell’Il-10 sulla
produzione di IL-2 ed IFN sono state sperimentalmente impiegate nel trattamento del morbo di Crohn. l’IL-10 ricombinante umana (rhIL-10) è stata
impiegata in 3 studi sperimentali nell’uomo, ma i risultati non sono stati sempre positivi. E’ stata anche impiegata l’Interleuchina 11 (IL-11), che fa parte
della famiglia delle IL-6, perché in uno studio, in cui questa sostanza era
impiegata nella terapia del cancro per le sue proprietà di stimolo alla produ zione piastrinica, si osservava un miglioramento dell’integrità della mucosa
intestinale. Gli studi eseguiti con la forma ricombinante umana dell’IL-11
(rhIL-11) nel morbo di Crohn hanno fatto registrare un tasso di remissioni
sensibilmente maggiore rispetto al trattamento con placebo.
L’insieme dei dati sperimentali delle citochine e delle risposte ai trattamenti clinici ha comportato l’ipotesi di modelli infiammatori diversi con la
formulazione di un modello infiammatorio Th1 mediato contrapposto ad un
modello di tipo Th2. Nel modello Th1 predominerebbe la patogenesi di tipo
immunitario cellulare mentre nel modello Th2 quella umorale.
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Caleidoscopio
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I modelli animali delle IBD rispondono meglio di quelli umani a questa
diversità di meccanismi patogenetici con un più chiaro orientamento verso
una risposta o TH1 cellulo mediata o Th2 anticorpo mediata. Nell’uomo
invece la situazione si presenta più complessa. La maggior parte degli Autori
ritiene che nella malattia di Crohn predomini il modello immunitario cellulare TH 1, mentre nella RCU sarebbe prevalente l’aumento dei meccanismi
dell’immunità umorale Th2 mediata.
Mediatori del contatto cellulare
Anche i macrofagi partecipano nella modificazione della risposta immune. Il TNF secreto dai macrofagi induce, oltre alle risposte precedentemente
citate, anche l’espressione di molecole di adesione da parte dell’epitelio
vascolare permettendo il nuovo reclutamento di cellule infiammatorie dal
comparto vascolare a quello mucoso. L’arruolamento di nuove cellule infiammatorie dalla circolazione sistemica è una tappa critica nel sistema dell’amplificazione della risposta infiammatoria. Questo processo avviene tramite la coordinata espressione di integrine e selectine da parte della superficie dei granulociti neutrofili. Tra queste sono presenti la molecola di adesione intercellulare I (ICAM-1) e la molecola di adesione cellulare I (VCAM-1).
Queste molecole in sintesi permettono la diapedesi dei leucociti nella mucosa intestinale. Nelle IBD vi sarebbe un netto incremento di ICAM –1.
L’espressione di queste molecole sarebbe aumentato nella RCU, ma non nel
Morbo di Crohn. I modelli sperimentali animali hanno dimostrato che anticorpi diretti contro queste molecole di adesione attenuano o risolvono la colite in alcuni modelli animali. E’ stato recentemente sintetizzato l’ISIS –2302
che in maniera specifica ed efficiente interferisce con la traslazione
dell’ICAM-I. l’ISIS –2302 è il primo esempio di oligonucleotide antisenso
applicato al sistema gastrointestinale. Svolge un’azione specifica interferendo con l’arruolamento dei monociti e dei granulociti nei tessuti infiammati. I
primi risultati della sperimentazione clinica di questa molecola nel Crohn
sono stati incoraggianti. Un’azione simile sarebbe stata anche documentata
per l’Anticorpo-antia4. Anche in questo caso i risultati delle prime sperimentazioni cliniche sarebbero positivi. I leucociti che migrano sotto stimolo
delle molecole ICAM nella mucosa e nella sottomucosa sono poi in grado di
produrre numerose sostanze infiammatorie non specifiche tra cui i prodotti
di infiammazione del metabolismo dell’acido arachidonico. Attraverso questa via sono prodotti i trombossani, i leucotrieni, le prostaglandine, i radicali
liberi sia dell’ossigeno sia dei nitrossidi. Anche la riparazione del danno cellulare avviene tramite i meccanismi classici che coinvolgono il fattori di crescita (Growth Hormone), gli acidi grassi a catena corta e le proteine del
trefoil. E’ attualmente allo studio la possibilità di usare anti ossidanti nel trattamento delle IBD.
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Fattori nucleari di trascrizione: l’NF-kB
L’elucidazione dei meccanismi della trascrizione rappresenta uno dei
campi di ricerca tra i più studiati nel campo della biologia molecolare e cellulare. I meccanismi della trascrizione rappresentano gli interruttori moleco lari che modulano l’espressione dei geni (Fig. 23). Infatti, l’attivazione della
trascrizione è il primo punto di controllo della regolazione dell’espressione
dei geni. Al momento della trascrizione dei geni l’attivazione della sintesi
dell’RNA messaggero è utilizzata per modularne l’espressione. L’attivazione
della sintesi dell’RNAmessaggero è controllata da proteine attivatrici e sono
i siti recettoriali per i fattori della trascrizione che attivano o reprimono il
gene corrispondente. Nella cellula la regolazione trascrizionale è utilizzata
come strategia predominante per controllare la produzione delle nuove proteine in risposta a stimoli extracellulari. L’attività dei fattori della trascrizione può essere controllata attraverso delle vie di segnalazione per mezzo di un
cascata di fattori che fanno intervenire in particolare delle kinasi e delle fosfatasi. I fattori della trascrizione costituiscono abitualmente delle famiglie, con
ciascun membro responsabile di obiettivi specifici. I fattori di trascrizione
della famiglia del fattore nucleare kB (NF-kB) controllano l’espressione di
membrana cellulare
TNF-RI
attivatore
(es. TNFα)
NIK
IKK
complesso
lκB chinasi
membrana nucleare
DNA
promoter
p50
p65
RelA
p50 p65
RelA
trascrizione
p50
p65
RelA
degradazione lκB dopo
ubiquinazione da parte del
proteosoma 26S
NF-B translocazione
nuova proteina
alterata funzione cellulare
translazione
Figura 23. L’attivazione del NFkB è un meccanismo nucleare centrale all’at tivazione delle successive tappe dei mediatori dell’infiammazione. Questo
schema riproduce le tappe centrali della sua attivazione nucleare. G.Rogler
et coll. in Gastroneterology 1998; 115:357-369.
26
Caleidoscopio
R.Suriani, D. Zanella, G.Orso Giacone,
M.Ceretta, M.Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
una varietà di geni inducibili nell’infiammazione e nella proliferazione. Vi è
evidenza che il fattore di trascrizione nucleare NF-kB giochi un ruolo importante nei processi di infiammazione intestinale delle IBD. La forma inattiva
del NK-kB dimero è presente nel citosl cellulare legata a proteine inibitorie
denominate kB (IkB). L’attivazione del NF-kB richiede il rilascio del IkB dal
complesso NF-kB. L’NF-kB attivato può così essere translocato nel nucleo. A
tale livello interagisce con fattori di regolazione che incidono sui tassi trascrizionali del DNA e alterano la funzione cellulare. Una grande varietà di
geni che sono indotti dalla mucosa infiammata sono regolari dall’ NF-kB. Tra
questi Il-1, IL-6, Il-8, il TNF, ICAM ecc. ponendo l’NF-KB al centro dei meccanismi capaci di regolare l’infiammazione. Di rilievo il fatto che alcune citochine come il TNF e IL-1 possono inibire il NF-kB tramite una autoregolazione positiva. Il ruolo dell’NK-kB nei meccanismi di infiammazione intestinale
è stato dimostrato nei modelli sperimentali animali in cui la somministrazione di nucleotidi antisenso contro la frazione p65 dell’NF-kB abrogava la colite sia indotta da acido sulfonico trinitrobenzenico sia nella colite in topi deficienti di Il.-10. Inoltre l’attivazione dell’NF-kB era evidente nelle colture cellulari di ratto incubate con Il-Ib e TNF. Il pretrattamento con cortisonici inibiva l’attivazione dell’NF-kB. La regolazione dell’NF-kB può portare all’apoptosi o alla sopravvivenza cellulare. E’ quindi importante lo studio delle
molecole che regolano l’Nk-kB per il mantenimento dell’omeostasi cellulare.
Tra queste molecole di regolazione la proteina A20 svolge un ruolo determinante. L’A20 inibisce l’azione cellulare mediata dall’NF-kB attivato dal TNF.
Vi sono modelli sperimentali di IBD nel topo, che dimostrano che l’azione
infiammatoria è del tutto indipendente dall’azione B e T linfocitaria. In questi modelli sperimentali in animali da laboratorio l’evento scatenante è rappresentato dalla sola assenza della proteina A20 senza una mediazione T o B
cellulare. La proteina A20 inoltre dimostrerebbe per la prima volta la presenza di una via di regolazione del fattore NF-Kb regolata dal TNF, del tutto
indipendente dall’azione dell’IL-1. Per queste interessanti proprietà sono
attivamente studiati principi attivi (oligonucleotidi anti senso) che possano
trovare applicazione in campo clinico.
Immunoglobuline
L’esame comparativo mappato dell’intestino tra soggetti sani e soggetti
con malattia ha dimostrato nell’intestino infiammato un massivo incremento
del numero di plasma cellule. Questo incremento comporta un aumento non
omogeneo degli anticorpi IgA, IgM ed IgG rispettivamente da 2 a 5 a 30 volte.
Le IgG sono le immunoglobuline con il maggior incremento e viene sottolineato come le IgG siano tra le classi anticorpali quelle con il maggior potenziale patogenetico. Due forme di IBD possono essere distinte sulla base delle
sottoclassi di IgG: IG1 nella RCU e IG2 nel Crohn. il perché di questa differenza non è chiaro.
Caleidoscopio
27
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
L’apoptosi
L’apoptosi è un meccanismo finemente controllato di morte cellulare, che
modula le risposte immuni ed infiammatorie attraverso la limitazione dell’espansione dei T linfociti attivati e la repressione dei cloni T cellulari autoreattivi. E’ stato dimostrato nel Crohn una alterazione dell’apoptosi a livello
dei linfociti T della lamina propria della mucosa intestinale con la perdita del
controllo dei meccanismi dell’infiammazione. Questa alterazione potrebbe
essere dovuta ad una alterata regolazione dei prodotti genetici Bcl-2 e Bax
che presiedono l’attività anti e proapoptotica. L’aumento dell’attività apoptotica dei T linfociti con l’utilizzo del blocco dell’Interleuchina 12 (IL)-12
potrebbe essere una terapia efficace nel Crohn, come già dimostrato in
modelli di colite sperimentale. Un meccanismo simile spiegherebbe anche
l’efficacia della terapia sperimentale con l’utilizzo dell’antirecettore dell’IL-6.
Anche i tentativi terapeutici che prendono in considerazione la somministrazione di antigeni orali per indurre la tolleranza, come la somministrazione di
ovalbumina nei ratti transgenici, agisce attraverso la stimolazione dell’apoptosi dei linfociti T. (Fig. 24).
Fattori ambientali, batteri, prodotti
batterici, virus
Induzione
della tolleranza orale
5
Anti-IL-6R
(B)
M
T
(C)
Placche del
Peyer
sIL-6R-IL-6
Th0
Attivazione
Th0
Th1
proliferazione
M
è
IL-12
(A)
TGF-β
gp130
IFN-γ
IL-12
Anti-IL-12R
Attivazione STAT-3
Bcl-x L/Bax
Resistenza
all’apoptosi
Th1
attivati
è
Th1
Th1
Th1
Th1
Th1
Th1
Linfoaccumulo
Figura 24. Sono possibili diverse strategie per controllare la mancata attivazione
dell’apoptosi dei T linfociti nei modelli animali. A) attraverso gli anticorpi anti IL12, B) attraverso gli anticorpi anti IL-6, C) attraverso l’induzione della tolleranza
con la produzione del transforming growth factor ( TGF). Di Sabatino-Corazza GUT
2001.
28
Caleidoscopio
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Diagnostica sierologica delle malattie infiammatorie
croniche intestinali (M.I.C.I.)
Da alcuni anni si sta cercando di individuare un marcatore sierico che
possa essere utilizzato per lo screening, la diagnosi ed eventualmente la prognosi di queste malattie. Già nel 1959 un gruppo di Ricercatori (Broberger)
descrisse la presenza di autoanticorpi nelle IBD. Recentemente l’attenzione
fu rivolta ad un loro possibile ruolo diagnostico nella differenziazione tra UC
e CD ed in particolare ai seguenti autoanticorpi:
1.
anticorpi anticitoplasma dei neutrofili (p-Anca);
2.
anticorpi anti-saccaromyces cerevisiae (Asca);
3.
anticorpi anti pancreas;
4.
anticorpi anti cellule caliciformi intestinali.
Anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili
Sono considerati i principali markers sierologici delle vasculiti e sono stati
ritrovati nella granulomatosi di Wegener, nella poliarterite microscopica
nodosa, nella glomerulonefrite progressiva, nella colite ulcerosa e nel Morbo
di Crohn. Gli anca (c-anca e p-anca)possono venire determinati con l’I.F.I.
(Immunofluorescenza indiretta) e con tecniche E.L.I.S.A. Con la 1° metodica
in I.F.I. si possono distinguere 3 differenti patterns:
● un pattern granulare citoplasmatico con accentuazione della fluorescenza nell’area interlobulare (c-anca). L’antigene bersaglio è la proteinasi 3
(PR-3); una proteina presente sui granuli alfa-azzurrofili e danno una fluorescenza granulare del citoplasma dei neutrofili (Fig. 25).
● pattern perinucleare, caratterizzato da una fluorescenza del nucleo e/o
dell’area intorno al nucleo (p-anca); essi hanno antigeni bersaglio diversi da
quello dei c-anca, rappresentati da mieloperossidasi, (MPO), elastasi (E), lattoferrina (LF), catepsina G (caTG) e lisozima (LZ) e manifestano una fluorescenza perinucleare dei neutrofili fissati in etanolo. Tale pattern tuttavia è un
artefatto causato dalla fissazione in etanolo. La rottura della membrana dei
granuli contenuti nei granulociti neutrofili determina una migrazione di proteine ed enzimi cationici verso il nucleo carico negativamente. Se le cellule
vengono fissate con un agente come la formalina, tale redistribuzione non
avviene e gli anca assumono in IFI un pattern c-anca (Fig. 26).
● Accanto ai precedenti pattern ne è stato descritto, seppure raramente un
terzo, caratterizzato una una fluorescenza che è una peculiare mistura di
quella dei c-anca e dei p-anca, chiamata atipica o x-anca e che è spesso associata alla Colite Ulcerosa o al Morbo di Crohn.
Caleidoscopio
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Figura 25. c-Anca.
Figura 26. p-Anca.
La dimostrazione che la fissazione in formalina negativizza la positività
della fluorescenza dei sieri delle coliti ulcerose (così come avviene per gli
ANA) ha fatto dubitare della natura citoplasmatica dell’antigene bersaglio.
In realtà si può trattare di un antigene nucleare o nucleo-associato come conferma la sua sensibilità al trattamento con DNAsi. Recentemente sono stati
suggeriti da alcuni Autori come possibili antigeni le proteine cromosomiche
non istoniche HMG1 e HMG2 (High Mobility Group) e l’istone 1 da altri autori. I comportamenti dei p-anca delle coliti ulcerose quando le cellule vengono fissate in metanolo è diverso d quello dei MPO-anca: mentre questi ultimi si negativizzano, i p-anca delle coliti ulcerose rimangono positivi, talvolta con una intensificazione della positività.
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Caleidoscopio
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Anca: antigeni bersaglio
Betterle distinse gl antigeni bersaglio degli anca in maggiori e minori in
base alla loro frequenza nelle diverse patologie.
Proteinasi 3 (PR3). E’ una glicoproteina di 29 kd costituita da 228 aminoacidi. E’ presente nei monociti, nei granulociti ed appare precocemente
durante il processo di differenziazione della linea mielo-monocitica. La PR3
si libera dai neutrofili attivati in seguito ad un processo di fusione delle membrane dei granuli azzurrofili con la plasmamebrana stessa. E’ inibita dalla
alfa 1-antitripsina e svolge:
● attività proteolitica verso l’elastina, emoglobina e fibronectina
● attività antimicrobica verso E. Coli e Candida Albicans
● attività regolatrice nella differenziazione della linea mieloide.
Mieloperossidasi (MPO): E’ una proteina cationica di 146 Kd, contenuta
nei granuli azzurrofili dei PMN. Tale proteina è spesso responsabile del pattern fluoroscopico perinucleare (p-ANCA) su neutrofili fissati in etanolo.
Proteina cationica CAP E’ una proteina antimicrobica contenuta nei granuli azzurrofili dei polimorfonucleati. Ha un peso di 57 Kd e determina un
quadro fluoroscopico c-ANCA.
Elastasi leucocitaria umana (HLE) E’ una serin proteasi contenuta nei
granuli azzurrofili e quando presente (generalmente meno dello 0,5% dei
sieri positivi) produce un quadro fluoroscopico p-anca.
Catepsina G (CG). E’ anch’essa contenuta nei granuli azzurrofili e produce un quadro fluoroscopico c-ANCA atipico (omogneo).
Azurocidina: Conosciuto come CAP37. E’ una proteina cationica ed è una
proteina battericida.
Lattoferrina (LF). Produce un quadro c-ANCA omogeneo come la catepsina G ed è contenuta nei granuli azzurrofili.
Difensine (HPN 1-2-3). Sono molto attive come battericide particolarmente nei confronti delle filarie, batteri funghi e virus.
Alfa-Enolasi.
Bactericidial permeability increasing protein (BPI). E’ una proteina
cationica contenuta nei granuli azzurrofili delle cellule mieloidi e presenta
molte analogie con la CAP 57.
Caleidoscopio
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Significato diagnostico degli Anca
L’associazione degli Anca con IBD fu riportata la prima volta nel 1966 da
Foler ed Elling che evidenziarono “fattori antinucleari specifici “ leucocitari
associati a colite ulcerosa. I p-anca o anca con pattern atipico (x-anca) furono
riscontrati in alcune malattie infiammatorie dell’intestino. Sono infatti presenti ad alti livelli nei soggetti con UC, mentre si ritrovano in quantità minore nei soggetti con CD. Non è ancora chiarita la specificità antigenica. Alcuni
Autori hanno proposta la catepsina G e la Beta-glucuronidasi, altri la lattoferina. Di recente la microscopia elettronica ha dimostrato che la specificità
antigenica degli x-anca è localizzata prevalentemente a livello della eterocromatina, che è disposta maggiormente nella parte interna della periferia del
nucleo. Questo dato correla con l’osservazione che gli x-anca rimangono
positivi su grnulociti fissati con metanolo.
Questa particolare localizzazione degli Antigeni correlata con la UC fa
pensare che essi siano anticorpi diretti verso gli antigeni nucleari dei neutrofili. Humbel ha pertanto proposto di modificare la denominazione di ANCA
con quello di N.A.N.A. (Nuclear antigen neutrophil antibodies). Tali anticorpi sono anche stati descritti nel 45-80% dei pazienti affetti da colangite sclerosante primitiva; nel 40-88% di soggetti con E.C.A. e nel 33-42% di pazienti
con cirrosi biliare primitiva. Tuttavia gli antigeni coinvolti non sono stati
caratterizzati.
Anticorpi anti-Saccharomyces Cerevisiae (ASCA)
Negli ultimi anni ha assunto notevole importanza la determinazione degli
anticorpi anti-saccharomyces cerevisiae in pazienti affetti da Morbo di
Crohn. Le metodiche comunemente usate sono sia l’I.F.I. che le metodiche
E.L.I.S.A. in grado di rilevare sia gli isotipi IgG che le IgA con frequenze
variabili (45 - 85%). Gli anticorpi Asca riconoscono un antigene carboidratico
ricco in mannani (fosfopeptidomannani) della parete cellulare del Saccharomyces. Da studi condotti da gruppi diversi non emerge una correlazione
tra andamento clinico e presenza e/o titolo degli Asca. Sembrano esistere tuttavia sostanziali differenze tra pazienti con morbo di Crhon con interessamento del piccolo intestino, coloro i quali presentano un quadro di malattia
silente e coloro i quali vanno più frequentemente incontro a fibrostenosi e
perforazioni intestinali come dimostra uno studio di Giaffer et al. Secondo
questi autori (furono testati 49 pazienti con Morbo di Crohn), i pazienti con
interessamento del piccolo intestino presentavano valori di Asca IgG elevati.
(Fig. 27) E’ tuttavia possibile che elevati titoli di IgG anti-Asca riflettano una
situazione di aumentata permeabilità a livello della mucosa intestinale.
32
Caleidoscopio
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Questa situazione è stata trovata in pazienti con CD con interessamento del
piccolo intestino ed in soggetti della stessa famiglia (però con malattia silente) ed i pazienti con malattia celiaca. La anomala permeabilità della mucosa
permette il trasferimento di grandi quantità di antigeni dal lume attraverso
la parete intestinale. Questo movimento antigenico può dare inizio ad una
risposta immune con conseguente immissione in circolo di anticorpi circolanti. Logan et al., così come il gruppo di Hollander et al. suggerirono che
una aumentata permeabilità della mucosa esiste anche in pazienti con Morbo
di Crohn quiescente. Il Saccharomyces c. non è direttamente implicato nella
patogenesi del Crohn. Esso è un microrganismo ubiquitario che raramente
causa infezioni umane significative. Fergus, Shanahan et al. misero in rilievo
che numerosi autoanticorpi sono stati studiati e messi in relazione alle IBD
come dimostra la tab. 2, ma la specificità e la sensibilità di alcuni di essi è
veramente scarsa, al contrario degli Asca e dei p-Anca come invece dimostra
uno studio condotto dal medesimo gruppo (Tab. 3).
Tuttavia sempre il gruppo di F. Shanahan assunse che ad un elevato grado
di specificità corrisponde per entrambe le patologie una modesta sensibilità.
Questo dato ha ridotto in un primo tempo i grandi entusiasmi suscitati dai
primi studi in quanto si pensava che la diagnostica delle IBD si potesse basare quasi esclusivamente sulle indagini sierologiche. Tuttavia data la elevata
specificità questi 2 tests possono supportare grandemente il clinico nella diagnosi differenziale fra CD e UC.
Figura 27. Valori di Asca IgG ed IgA.
Caleidoscopio
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
L’esecuzione di un singolo test può creare confusione, in quanto la presenza di p-anca si verifica approssimativamente nel 15% dei pazienti con M.
di Crohn ed in modo particolare di coloro che presentano la colite di Crohn.
La combinazione di entrambi i test aumenta considerevolmente l’accuratezza diagnostica nella diagnosi differenziale. Il valore predittivo positivo, raggiunge infatti il 95%.
Sfortunatamente però in pazienti con Malattia di Crohn pura la positività
per gli ASCAè relativamente bassa. La sensibilità di ASCApositivi da soli o
in combinazione con ANCAnegativi era del 45% e del 32% rispettivamente.
Un secondo lavoro fu condotto da questo gruppo di ricercatori in pazienti con malattia ben definita e presente da lunga data, ma i dati non sono ancora stati resi noti.
A dimostrazione della crescente importanza degli ASCA nella differenziazione fra UC e CD un grosso lavoro fu pubblicato da Quinton, Sendid et
al, che riportarono una sensibilità del 64% ed una specificità del 77% nella
diagnosi differenziale fra le 2 patologie ed una specificità dell’89% per distinguere i pazienti affetti da CD dai controlli. I test usati riconoscevano un segmento antigenico nel mannano presente nella parete cellulare di S. cerevisiae.
Per questo studio furono testati i sieri di pazienti affetti da CD, la cui diagnosi si basava sui criteri classici, pazienti con UC e pazienti affetti da coliti
Markers ac.
CD
UC
Corr. con attività
della malattia
Interessamento
dei familiari
p-Anca
ASCA
+/+++
+++
-
-
+/+
PAB
++
-
-
-
AEA-15
+++
+
-
?
AECA
+
++
+
-
Anti-epit.c.
+
++
-
+
Anti-p40
-
+++
+/-
?
**PAB,pancreatic autoantibody; AEA-15, antierytrocyte antibody; AECA, anti-endothelial cell antibody;anti-p40,ac.
Antiepithelial autoantibody destritti da Das.
Tabella 2. Markers anticorpali nel CD e UC.
34
Caleidoscopio
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Popolazione
studiata
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Markers
Diagnosi
Sensibilità
%
Specificità
%
• 100CD
p-ANCA
UC
65
85
• 101UC
ASCA
CD
61
88
• 130CD
p-ANCA
UC
57
92
• 35UC
ASCA
DC
55
95
p-ANCA
UC
60
ASCA
CD
60
Adulta:
• 27 non-IBD
• 163 controlli
Pediatrica
• 78 non-IBD
Pediatrica
• 23CD
• 255UC
• 74 non-IBD
65
88
Tabella 3. Accuratezza diagnostica di ASCAe p-ANCA.
e affezioni gastrointestinali diverse (collagenopatie, coliti classiche, coliti
eosinofile, schistosomiasi subacuta, colite pseudomembranosa, diverticoliti,
malattia celiaca)ed un certo numero di controlli, quindi pazienti in buona
salute.
I risultati sono espressi in tabella 4.
Fra i pazienti affetti da UC non fu osservata alcuna relazione fra la presenza di p-ANCA e sito di malattia ed evenutale attività, trattamento terapeutico e chirurgico. La percentuale di positività per gli ASCA era del 62%,
46% e 74% in pazienti rispettivamente con CD che presentavano interessamento del piccolo intestino, del colon ed nteressamento di entrambe le zone.
Al tempo stesso la positività per gli ASCAera significativamente più elevata
in pazienti con interessamento del piccolo intestino rispetto a pazienti con
interessamento colico (70% circa per il primo gruppo, contro il 46% del secondo gruppo).
I pazienti con CD e positività per p-ANCA non presentavano una particolare sintomatologia rispetto ai p-ANCA negativi. Per contro i pazienti con
UC e positività per p-ANCAnon presentavano sintomi particolari rispetto ai
pazienti con p-ANCAnegativi. La fig. 28 mostra i risultati di ASCAed ANCA
nei differenti gruppi.
Caleidoscopio
35
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Tra i 27 pazienti con diagnosi varie (nonIBD) 2 avevano p-anca e ASCA
positivi (rispettivamente sarcoidosi e proctite), 2 erano p-anca negtivi ed
ASCA positivi ed 1 era p-anca positivo ed ASCA negativo (colite da collagenopatia). Dei 163 controlli soltanto uno risultò ASCA positivo.
Da questo studio emerge che i dati ottenuti sono comparabili ai dati ottenuti dagli altri Autori europei. La determinazione contemporanea dei 2 tests
comporta una riduzione della sensibilità di circa 10%, ma si ottiene una specificità del 95% circa. E’ altresì aumentata l’evidenza che le IBD presentano
una eterogeneità genetica e markers sierici sono stati usati per caratterizzare
questo gruppo di pazienti.
A questo proposito il gruppo di Vasilianskas et al. Riportarono che il 100%
dei pazienti con CD positivi per p-anca presentavano una sintomatologia
“U.C. like”.
Recentemente, lo stesso gruppo di ricercatori notò che esisteva una correlazione fra livelli medi di p-anca ed ASCA ed inoltre il 100% dei pazienti con
CD sensibili al trattamento con DNAsi p-anca/ASCA negativi avevano il
cosiddetto “U.C. like fenotipo”.
Da questa serie di osservazioni emerge altresì che i soggetti con CD ed
ASCApositivi erano più giovani rispetto a quelli con ASCAnegativi e la presenza di ASCAera significativamente associata all’interessamento del piccolo intestino.
Da tutto quanto sospra esposto, emerge la indubbia utilità degli ASCA
come marker sierologico per CD anche se le tecniche metodologiche dovranno subire ulteriori migliorie. Di recente inoltre è stato identificato un altro
potenziale marker sierologico e precisamente la proteina ricombinante p35 e
la proteina p36 specifiche per Mycobacterium avium s.s. paratuberculosis.
Shafran et al hanno valutato il siero di 62 pazienti con malattia di Crohn
documentata attraverso la determinazione di anticorpi anti ASCA IgG ed
Test
UC (n=101)
CD (n=100)
Sensibilità
Specificità
PPV
p-ANCA +
66
15
65
85
74
ASCA +
12
61
61
88
89
p-anca+/ASCA-
58
3
57
97
92.5
P-anca-/ASCA+
3
49
49
97
95
Tabella 4. Impiego degli anticorpi ASCA ed ANCA per porre dignosi di CD
e/o UC e loro valore predittivo positivo.
36
Caleidoscopio
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Figura 28. Valori di ASCAe p-ANCA nella popolazione considerata.
IgA. Contemporaneamente fu valutata la risposta nei confronti delle proteine p35 e p36 attraverso una metodica western blotting. I risultati ottenuti
furono sorprendenti. Gli anticorpi anti-ASCAerano positivi nel 61% dei casi
(38 dei 62 pazienti), mentre le proteine p35 e p62 erano positve per l’85% (53
dei 62 pazienti). Sempre sulla base di risultati ottenuti, Stephen Targan del
Centro per le MCI di Los Angeles sostiene che ai p-anca ed agli ASCA si
potrebbe attribuire un valore prognostico nella MC:
1. l’espressione dei p-anca (DNAsensibili) ad alto titolo è associata ad una
localizzazione colonica ed a caratteristiche endoscopiche e istologiche
simil-colite ulcerosa.
2. La pesenza di ASCA (sia IgG che IgA) in assenza di p-anca pare invece
essere associata ad una MC stenosante e fistolizzante, con coinvolgimento del piccolo intestino con frequente necessità di intervento chirurgico.
Secondo il gruppo di Targan, questi tests potrebbero avere valore come
screening “first-line” in soggetti con sospetta MICI. Inoltre poiché l’espressione degli autoanticorpi riflette uno specifico profilo mucosale di citochine,
questi markers potrebbereo essere utili come guida al trattamento con nuove
forme di terapia con gli anti-TNFa. Un’indicazione particolare all’uso dei
tests sierologici con MICI, suggerita da MacDermott, riguarda la colite indeterminata: per esempio una condizione di colite estesa, senza interessamento
del retto ed una ileite da reflusso (backwash). In una tale condizione con forte
sospetto di una MC la determinazione di 2 test sierologici può aiutare a decidere il tipo di intervento che il paziente debba subire: se una colectomia con
Caleidoscopio
37
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
anastomosi ileo-anale e pouch o una colectomia con ileostomia. La frequenza di colectomia in pazient con colite indeterminata è molto maggiore che in
quelli con diagnosi certa di CU.
I p-anca e gli ASCAsono stati ritrovati anche nei parenti di primo grado
di soggetti MICI (p-anca 30% presenti in parenti di soggetti con CU e nel 25%
dei parenti di quelli con colangite sclerosante; ASCA nel 20% dei parenti di
soggetti con CD. Nei parenti di primo grado sani è stato evidenziato un
aumento della permeabilità intestinale che potrebbe essere alla base della
presenza degli ASCA.
Rutgeers, asserisce che il dosaggio dei marcatori sierici potrebbe essere
utile per valutare la predisposizione allo sviluppo di MICI.
Anticorpi anti pancreas
E’ stata evidenziata un’elevata specificità tra la presenza nel siero di anticorpi contro il pancreas esocrino e l’insorgenza del Morbo di Crohn. L’ipotesi
più accreditata è che tale malattia sia causata da un’immunoreazione contro
il secreto pancreatico. L’antigene pancreatico passando nell’intestino tramite
il dotto pancreatico potrebbe diffondere nella parete intestinale e successivamente unito agli anticorpi formare immunocomplessi che attiverebbero il
complemento dando origine a fatti infiammatori cronici.
La metodica usata per la determinazione di questo anticorpo è l’I.F.I.; il
substrato ottimale è rappresentato da pancreas umano (Fig. 29).
Anticorpi anticellule caliciformi intestinali
Gli anticorpi anti cellule caliciformi intestinali si ritrovano nei soggetti
affetti da colite ulcerosa. Dati presenti in letteratura dimostrano come nel
28% dei pazienti affetti da tale patologia siano presenti a titoli significativi.
Anche per queste determinazioni la metodica di riferimento è l’I.F.I. ed il
substrato è l’intestino umano, ancor meglio se fetale (duodeno fetale) (Fig. 30).
38
Caleidoscopio
R.Suriani, D. Zanella, G.Orso Giacone,
M.Ceretta, M.Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Figura 29. Anticorpi anti pancreas.
Figura 30. Anticorpi anti cellule caliciformi intestinali.
Caleidoscopio
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R. Suriani, D.Zanella, G. Orso Giacone,
M.Ceretta, M. Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Diagnostica sierologica delle M.I.C.I. in una popolazione piemontese
Riportiamo alcuni dati di una ricerca condotta dal Laboratorio Analisi del
Presidio Ospedaliero di Giaveno (A.S.L. 5 – TORINO) e dal Reparto di
Gastroenterologia del Presidio Ospedaliero di Rivoli (A.S.L. 5 – TORINO).
Il crescente afflusso di pazienti presso il Servizio di Gastroenterologia ed
Endoscopia digestiva ed un aumentato numero di soggetti affetti da sospetta I.B.D. non meglio definita, hanno creato la necessità di valutare la sensibilità e la specificità degli anticorpi anti-ASCA ed eventualmente introdurre
routinariamente la loro determinazione presso il laboratorio analisi del P.O.
di Giaveno, per meglio supportare il clinico soprattutto nei casi di difficile
risoluzione.
Sono stati valutati complessivamente i sieri di 59 pazienti suddivisi
rispettivamente in 3 popolazioni.
1. N° 37 soggetti affetti da IBD (4 con m. di Crohn, 3 con RCU; 17 con coliti indeterminate; 1 con sigmoidite; 2 con gastrite, 3 con ittero ostruttivo;
3 con subocclusione + rettorragia) di età compresa fra 37 e 72 anni.
2. N° 12 soggetti affetti da patologie autoimmuni varie (S.S.P.; poliartralgie;
epatopatie autoimmuni, cirrosi biliare primitiva) di età compresa fra 32 e
69 anni.
3. N° 10 soggetti sani ed in buona salute, come popolazione di controllo,
rappresentato da personale sanitario in servizio presso il laboratorio analisi.
Su ciascun campione sono stati determinati i seguenti analiti: ASCA IgG,
ASCA IgA, p-anca, c- anca, anticorpi antitransglutaminasi. La decisione di
determinare tale parametro è nata da alcune considerazioni fatte da alcuni
Autori Europei (Giaffer et al.). Secondo la loro esperienza infatti, in un discreto numero di casi furono scoperte positività per ASCA IgG che correlavano
molto bene con stati infiammatori n.d.d. ed alla soperta successiva che questi pazienti presentavano stati di celiachia silente o frusta (come poi rivelò la
successiva diagnosi di questi soggetti). Tutti gli analiti sono stati determinati
con metodiche E.I.A. in completa automazione.
Per ciò che concerne i p-anca l’ antigene riconosciuto è la mieloperossidasi (MPO). E’ una metodica quantitativa ed il valore di riferimento è < 9 U/l.
La ricerca degli anticorpi antitransglutaminasi sfrutta la transglutaminasi
umana ricombinante ed il valore di riferimento è < 24 U/l.
La metodica per la ricerca degli anticorpi anti-Saccaromyces sfrutta come
bersaglio il fosfoeptomannano presente nella parete cellulare di questo
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Caleidoscopio
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M.Ceretta, M.Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
microrganismo; è quantitativa per gli ASCA IgA i cui valori di riferimento
sono < 20 µ/L (con un valore di assorbanza 0.325 ± 10%), mentre per gli
ASCAIgG (la metodica è qualitativa) il cut-off considerato è <1.
I dati ottenuti concordano in buona parte con i valori espressi dalla letteratura internazionale. Emergono diverse considerazioni a seconda delle
popolazioni osservate.
A. Se consideriamo la popolazione selezionata, quindi inviata dal Servizio
di endoscopia emerge quanto segue:
1. La determinazione degli ASCAIgG si è rivelata negativa in tutti i pazienti.
2. La determinazione degli ASCA IgA presenta 2 situazioni (Fig. 31):
• se consideriamo il valore di riferimento assoluto (<20µ/L) sono 2 i
pazienti (5.4% in totale) che hanno mostrato una chiara ed elevata positività: una paziente affetta da RCU (42 µ/L) ed un paziente affetto da ittero ostruttivo (24µ/L) con associata imponente sintomatologia digestiva.
• Se al contrario consideriamo i valori di assorbanza (ottenuti dalla curva
di calibrazione considerando come cut-off la O.D. di 0.325 ± 10%) sono
altri 5 i pazienti che presentano una debole positività; in questo gruppo
di pazienti le patologie rappresentate sono rispettivamente: n° 3 coliti
indeterminate, n° 1 gastrite, n° 1 sub-occlusione (Tab. 5).
In questo gruppo di pazienti la determinazione dei p-anca e degli anticorpi anti-transglutaminasi si è rivelata negativa. Unica debole positività per
Figura 31. Valori di ASCA IgAed IgG in pazienti con IBD.
Caleidoscopio
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M. Ceretta, M. Caruso
N°
Patologia
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
ASCA IgA
ASCA IgG p-Anca Transglutaminasi
1
Ittero ostruttivo
+
-
-
-
1
Gastrite
+/-
-
-
-
3
Coliti indeterminate
+/-
-
-
-
1
Sub-occlusione
+/-
-
-
-
1
RCU
+++
-
+/-
-
Tabella 5. Valori degli anti-Saccaromyces in pazienti con IBD.
p-anca si è avuta in una paziente con RCU ed ASCAIgA positivi.
B. La determinazione degli analiti sui sieri dei pazienti con patologie
autoimmuni varie (12 in totale) ha dato i seguenti risultati:
• In una paziente (sesso femminiledi anni 37) affetta da sclerodermia si è
avuta debole positività per ASCA IgA, debole positività per transglutaminasi e negatività per p-anca.
• In un paziente (sesso maschile, anni 49) affetto da C.B.P. si è invece avuta
debole positività per ASCAIgG, negatività per ASCA IgA, p-anca e transglutaminasi. La figura 32 mostra la rappresentazione grafica dei risultati ottenuti.
C. I dati ottenuti dalla terza popolazione (soggetti di controllo) sono presentati nella figura 33 da cui emerge che su 10 pazienti una soltanto,
(donna di 30 anni) presenta ASCA IgG debolmente positiva così come la
transglutaminasi.
Figura 32. Valori di ASCA IgA e
IgG in soggetti con patologie
autoimmuni non IBD.
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Caleidoscopio
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
*Legenda: V.N.
ASCAIgA= < 20 u/L; ASCA IgG = < 1 (metodica qualitativa);
p-anca = < 9; c-anca = < 14
Figura 33. Distribuzione dei valori di ASCA IgG, ASCA IgA, p-anca- c-anca
nei soggetti normali.
Caleidoscopio
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Sintesi
In questo lavoro sono stati valutati complessivamente 59 pazienti suddivisi in 3 popolazioni:
• Una popolazione proveniente dal Reparto di Gastroenterologia composta
da 37 pazienti;
• Un secondo gruppo di soggetti (12 in totale) affetti da patologie autoimmuni varie;
• Un terzo gruppo di 10 soggetti sani selezionati da personale sanitario in
servizio.
Osservando i dati ottenuti per ciascuna popolazione emerge che:
A. Tra i soggetti appartenenti al primo gruppo, ve ne sono 6 (16.2%) positivi per ASCA IgA e negativi per p-anca. Le patologie da cui sono affetti
sono rispettivamente: ittero ostruttivo, epigastralgia, coliti indeterminate
e sub-occlusione. Una sola paziente affetta da RCU conclamata avrebbe
dimostrato di essere ASCA IgA positiva (43 µ/L) e p-anca debolmente
positiva.
Quanto esposto concorda con i dati riportati nella letteratura internazionale (Sendid, Quinton et al) secondo cui la positività per ASCA con panca negativi si ritrova maggiormente nel Morbo di Crohn e nelle coliti
indeterminate, mentre la positività per p-anca (da sola o in associazione
a positività per ASCA) si ritrova frequentemente nelle RCU.
Appare subito la scarsa sensibilità del metodo a cui si è ovviato osservando attentamente i valori di assorbanza ottenuti ed abbassando i limiti del cut-off. In questo modo si sono avuti altri 5 pazienti con valori di
positività anche se debole.
Una seconda osservazione (anche questa in accordo la la letteratura
Internazionale) è che nella nostra casistica sono stati studiati anche soggetti con Morbo di Crohn ed RCU conclamata, tuttavia le positivià maggiori si sono avute in casi in cui le indagini endoscopiche ed istologiche
non hanno dato chiare indicazioni diagnostiche. E’ pertanto in questi casi
(coliti indeterminate) che le indagini sierologiche possono essere di supporto, monitorando nel tempo i soggetti indagati alfine di scoprire l’eventuale evoluzione della malattia.
B. Nel gruppo di pazienti con patologie autoimmuni varie si è avuta una
paziente affetta da sclerodermia con ASCA IgA positive, p-anca negativi
e trnsglutaminasi debolmente positiva. Un secondo paziente con diagnosi di C.B.P. ed imponente sintomatologia dispeptica, ha evidenziato
ASCA IgG positivi e p-anca negativi. Questi 2 reperti sono importanti se
si pensa che una delle ipotesi patogenetiche delle IBD è sicuramente
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Caleidoscopio
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M.Ceretta, M.Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
immunogena; l’aumentata permeabilità della parte intestinale (per cause
infiammatorie) favorisce il passaggio dal lume attraverso la parete intestinale di quantità di antigeni che a lungo generano la produzione di
autoanticorpi e la loro conseguente immissione in circolo.
C. Il 3° gruppo ha rivelato una sola paziente (peraltro in buona salute e
senza alcuna sintomatologia) debolmente positiva per ASCAIgG e debole positività per transglutaminasi. La metodica in questione (ASCA IgG)
riporta la possibilità di avere una positività per questi anticorpi in soggetti normali a causa di epifenomeni intercorrenti o banali fatti infiammatori.
Contrariamente a quanto specificato in letteratura nessun parente di
primo grado è stato valutato.
Conclusioni
Dalle valutazioni effettuate possiamo affermare che:
A. La metodica presenta una sensibilità piuttosto bassa (65% circa); per
migliorare la performance è utile abbassare i valori soglia valutando
come positivi i valori di assorbanza ± 10% del controllo positivo.
B. La specificità è tuttavia alta come si è potuto notare dalla percentuale di
casi positivi provenienti dalla popolazione selezionata.
C. Tale analita non può assolutamente sostituirsi alle indagini radioscopiche ed istologiche. Può essere maggiormente usato nei casi di coliti indeterminate per offrire un valido supporto diagnostico al clinico, nei casi in
cui le indagini di cui sopra non hanno chiarito il sospetto diagnostico,
oppure può venire impiegato per monitorare nel tempo il paziente e
valutare l’eventuale comparsa della malattia.
Concludendo quindi possiamo esprimere una certa soddisfazione per i
risultati ottenuti, anche se riteniamo che essendo la metodica di nuova introduzione, sia necessario apportare qualche miglioria alfine di aumentarne la
sensibilità.
Ci si auspica altresì che in tempi brevi l’uso routinario di questi markers
sierologici venga impiegato per ridurre al minimo l’uso di indagini radioscopiche ed endoscopiche con sicuro beneficio per i pazienti.
Caleidoscopio
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R. Suriani, D.Zanella, G.Orso Giacone,
M. Ceretta, M. Caruso
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Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
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R.Suriani, D. Zanella, G.Orso Giacone,
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Indice
Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.
3
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
5
Epidemiologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
8
Anatomia patologica e quadri endoscopici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
12
Quadri clinici delle IBD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
16
Colite Ulcerosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
16
Malattia di Crohn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
16
Eterogeneita’ e sottogruppi di malattia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
17
Sistema Immune ed IBD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
20
Enterociti come cellule APCS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
21
Le citochine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
23
Mediatori del contatto cellulare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
25
Fattori nucleari di trascrizione: l’NF-kB . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
26
Immunoglobuline . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
27
Diagnostica sierologica delle malattie infiammatorie
croniche intestinali (M.I.C.I.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
29
Anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
29
Anca: antigeni bersaglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
32
Significato diagnostico degli Anca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
32
Caleidoscopio
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R. Suriani, D.Zanella, G.Orso Giacone,
M. Ceretta, M. Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Anticorpi anti-Saccharomyces Cerevisiae (ASCA) . . . . . . . . . . . . . . . »
32
Anticorpi anti pancreas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
38
Anticorpi anticellule caliciformi intestinali . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
38
Diagnostica sierologica delle MICI in una popolazione
piemontese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
40
Sintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
44
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
45
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
46
Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
49
50
Caleidoscopio
R.Suriani, D. Zanella, G.Orso Giacone,
M. Ceretta, M. Caruso
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD)
Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica
Caleidoscopio
Italiano
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
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anno 20, numero 154
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