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L’Eunomìa ateniese e spartana in Dante
(Pg VI, vv. 139-144)
Atene e Lacedemona, che fenno
l'antiche leggi e furon sì civili,
fecero al viver bene un picciol cenno
verso di te, che fai tanto sottili
provedimenti, ch'a mezzo novembre
non giugne quel che tu d'ottobre fili.
Parafrasi: Atene e Sparta che fecero le antiche costituzioni e furono così governate resero ben
poca cosa al pubblico bene civile, in confronto a te, Firenze, che emani provvedimenti così sottili,
che i provvedimenti emanati in ottobre non riescono a valere fino alla metà di novembre.
Questi versi (vv.139-144) appartengono al sesto canto del Purgatorio dantesco: siamo nel
secondo Balzo dell’Antipurgatorio, dove coloro che morirono di morte violenta sono costretti ad
espiare la propria colpa per tanti anni quanti vissero in condizioni peccaminose. Incontrando
Sordello, trovatore duecentesco, Dante approfitta per criticare aspramente l’Italia in preda alle lotte
intestine (situazione riguardante anche Firenze): al termine del canto il poeta propone la propria
soluzione politica, cioè ispirarsi all’autorevole modello di Sparta (qui chiamata Lacedemona, altro
nome utilizzato indifferentemente dagli antichi per denominare l’importante città peloponnesiaca) e
di Atene. In entrambe le città è avvenuto il passaggio da una prima fase di arretratezza politicosociale ad una seconda fase volta alla tutela dei diritti sociali del cittadino, il cosiddetto “Buon
Governo”: a Sparta questo è avvenuto, secondo la tradizione, grazie a Licurgo; ad Atene ruolo
fondamentale è stato detenuto da Solone.
Per quanto riguarda Licurgo, la tradizione antica non è univoca nel fornirci i dati biografici:
figura storica abbastanza evanescente, la sua cronologia oscilla dall’XI all’VIII secolo. Anche il
nome del padre non è univoco – per alcuni Eunomo, per altri Eucosmo – anche se, in entrambi i
casi, si tratta di nomi parlanti, di nomi cioè che ci indicano le qualità della persona: Eunomo è
“colui che legifera bene”, Eucosmo è “colui che ordina bene”. Sono dati ,quindi, a posteriori,
costruiti dalla tradizione successiva, secondo la tradizionale prassi greca di delineare figure
altrimenti concepite come mitiche proprio attraverso il nome. Fondamentalmente sono due le fonti
che ci permettono di capire l’operato di Licurgo: una fonte è un passo di Erodoto (storico vissuto
nel V sec. a.C.), un’altra è Tirteo (poeta spartano del VII sec. a.C.). Erodoto ci informa che gli
Spartani avevano all’inizio le peggiori leggi di tutta quanta la Grecia e non erano a contatto con
popolazioni straniere. Licurgo, spartano illustre, si reca dalla Pizia per interrogare l’oracolo: la
Pizia, oltre a considerarlo simile a un dio, secondo questa tradizione gli ha dettato la costituzione
spartana vigente ai tempi dello stesso Erodoto. Lo storico tuttavia riporta anche un’altra versione,
secondo cui i Lacedemoni stessi ritenevano le leggi spartane importate da Creta da Licurgo in
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persona, essendo egli tutore del re degli Spartani Leobote, che era suo nipote. In ogni caso, Licurgo
viene qui presentato come colui che ha modificato tutte le leggi spartane ed ha fatto in modo che
esse non fossero trasgredite. Secondo Erodoto Licurgo ha istituito le enomotìe, le triecadi, i sissìzi,
gli efori e i geronti, garantendo così buone leggi alla città: gli Spartani, grati di ciò, hanno dedicato
a lui un santuario, venerandolo grandemente. Questo in breve ci narra Erodoto nel quarto libro delle
sue Storie, ai paragrafi 63-64. Erodoto ci fornisce, pur nella varietà della tradizioni, un Licurgo
riformatore ed innovatore, elencandoci i nomi delle istituzioni da lui create. Le enomotìe sono la
più piccola unità tattica dell’esercito spartano, i suoi membri erano legati fra loro da un giuramento
(il termine enomotìa è etimologicamente legato alla parola greca nòmos, “legge”); le triecadi, il cui
significato è incerto, sono gruppo di trenta persone o famiglie; i sissìzi sono i pasti collettivi ai
quali partecipavano quelli che combattevano insieme; gli efori sono gli “ispettori” statali, cinque di
numero e con la maggior importanza politica; i geronti erano gli “anziani”,che costituivano un
consiglio di trenta persone eletto fra i cittadini di età superiore ai 60 anni. Appare chiaro che
l’operato di Licurgo ha toccato l’ambito politico, sociale, militare della città peloponnesiaca: una
riforma che ha posto ordine ad ogni aspetto della vita del cittadino spartano, il quale non fa altro che
rispettare quanto stabilito dall’uomo “scelto” dalla divinità. Diversa tradizione, ma con ugual etica,
è presente in alcuni versi di Tirteo (poeta, come si è detto, vissuto prima di Erodoto), precisamente
nel fr. 4 West: è un frammento che fa parte dell’elegia Eunomìa, in cui si celebra la costituzione
attribuita al leggendario Licurgo. Secondo Tirteo, i re lacedemoni Polidoro e Teopompo si recano a
consultare l’oracolo di Apollo delfico. L’oracolo conferma solennemente i poteri dei due sovrani
spartani e quelli del consiglio degli anziani: essi devono governare secondo giustizia ed evitando
danni alla città. I testi di Erodoto e di Tirteo, in conclusione, concordano nel presentarci un
ordinamento spartano voluto dalla divinità e garante della giustizia e dell’ordine cittadino, al fine di
evitare danni alla città.
Anche Atene, come Sparta, presenta una figura politica di spicco, che le ha permesso il salto di
qualità dal punto vista politico, istituzionale e sociale: Solone, vissuto dal 640 al 560 a.C. Tuttavia,
mentre la guerriera Sparta - poco incline alle teorizzazioni scritte - non ha lasciato alcuna
testimonianza scritta diretta del suo legislatore, Atene invece si caratterizza per la sua propensione
alla meditazione e alla scrittura: infatti è Solone stesso a parlarci in prima persona, nei suoi
componimenti poetici, dei tratti fondamentali delle sue riforme. Egli ha composto un’ Eunomìa,
componimento poetico in distici elegiaci , il cui titolo può essere tradotto come “Il Buon Governo”
(stesso titolo, non a caso, del frammento di Tirteo, poeta autoctono come Solone della città di
riferimento): l’elegia soloniana è formata da trentanove versi. Solone in questo frammento afferma
che, per volere divino, la città avrà vita eterna, trovandosi sotto la protezione di Pallade Atena.
Tuttavia, gli stessi uomini, presi dalla follia, mandano in rovina la città, essendo sedotti dalle
ricchezze: i capi del popolo sono presi dalle gioie presenti e trascurano le leggi divine ed antiche di
Dike, dea che guarda all’operato degli uomini e pronta a punire chi si comporta ingiustamente.
Atene per questo motivo si trova in preda alla servitù, alla discordia civile, alla guerra: il male in
questo modo giunge presso ogni cittadino. Solone si fa promotore e garante del buon governo,
ponendo fine all’arroganza, alla violenza, alla superbia, all’odio: in questo modo il buon governo
garantisce l’armonia fra gli uomini. Conferma dell’operato soloniano troviamo nei frammenti 5-6
West- testimonianza della moderazione politica di Solone, che afferma di non aver permesso a
nessuno di vincere ingiustamente (v.6) – e nel fr.36 West, in cui Solone fa riferimento
all’abolizione della schiavitù per debiti da lui attuata, riconoscendo l’ingiustizia subita
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precedentemente dai debitori, costretti all’esilio e a dimenticare la lingua della loro stessa patria:
fondamentale, secondo Solone, è la definizione ben precisa di un programma politico,
sinteticamente enunciato come l’adattamento di bìa (forza) e dìke (giustizia), concetti
tradizionalmente opposti, ma uniti nella sapiente operazione politica del legislatore ateniese.
Concludendo, elementi cardine della politica soloniana sono moderazione, equità, rispetto della
legge, della giustizia e della divinità, tutti valori espressi nelle due divinità che proteggono il mondo
greco in generale ed Atene in particolare, e cioè Dìke (la Giustizia) ed Atena (la dea della saggezza
e della guerra, unione intrinsecamente armonica ed equilibrata di mente ed azione, di teoria e di
pratica).
Due modelli politici ben distinti, due storie diverse, due città diverse: unico è il comune
denominatore, cioè il forte senso della patria, sentimento capace di tradursi nel miglioramento
dell’intera vita delle città nelle quali hanno operato Licurgo e Solone. Questo importante aspetto era
ben chiaro agli antichi a tal punto che, dopo molti secoli, ritroviamo nelle Institutiones di
Giustiniano l’importanza di Atene e Sparta nel campo di diritto civile: infatti nel primo libro (Instit.
1.2.10) troviamo scritto
origo [iuris civilis] ab institutis duarum civitatum,
Athenarum scilicet et Lacedaemonis, fluxisse videtur.
L’origine del diritto civile sembra sia derivato
dalle istituzioni delle due città, Atene e Sparta.
Atene e Sparta appaiono nel Corpus iuris civilis giustinianeo come gli esempi fondamentali di
giustizia sulla terra, ai presenti prima e ai posteri poi: infatti è proprio questo passo la fonte dei versi
danteschi, dal momento che lo studio del greco in occidente fu molto rado nel Medioevo e la
conoscenza del greco ritornerà in voga in Italia grazie a Crisolora, intellettuale greco giunto in Italia
alla fine del Trecento ed autore degli Erotemata, manuale di grammatica greca che ha permesso, in
Italia, la ripresa dello studio della lingua greca dopo la fase di “oscuramento” medievale.
Dante non aveva modo di conoscere le testimonianze antiche su Licurgo e Solone; conosceva,
però ,il passo delle Institutiones: i versi danteschi sono quasi la versione volgare e in versi del testo
giustinianeo ,che è in prosa e in latino. Il passo delle Institutiones, se è vero che non riporta in
dettaglio le informazioni sui due legislatori e sul loro operato, mantiene tuttavia inalterato il loro
valore morale e didascalico, frutto dell’amor di patria presente anche nel passo del Purgatorio
dantesco. Dante si serve del duplice modello greco per descrivere, con ironica ed amara antitesi, la
Firenze a lui contemporanea: mentre Atene e Sparta hanno trovato con Solone e Licurgo una
stabilità politica ed istituzionale con poche riforme politiche, Firenze invece non è neppure in grado
di mantenere per un sol mese una scelta istituzionale, dal momento che l’ultimo priorato di Parte
Bianca, eletto il 15 ottobre 1301, è stato dimesso il 7 novembre a causa dei Neri. Lo stato fiorentino
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non è stato in grado di portare a termine i due mesi di mandato del priorato, Atene e Sparta invece
sono state in grado di garantire per secoli le proprie istituzioni ai rispettivi cittadini. È questo il
ruolo che Dante fornisce alle due città greche, quello di essere l’emblema della “buona politica”
rispetto alla politica vuota e marcia di Firenze, madre di figli senza doti politiche, figli che,
giungendo ai vertici del potere, rendono instabili le leggi, l’economia, le istituzioni, lo stesso
costume fiorentino.
Carmelo Salvatore Manna
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