CAMERA DEI DEPUTATI V Commissione (Bilancio, Tesoro e Programmazione) Indagine conoscitiva nell’ambito dell’esame della Comunicazione della Commissione – Analisi annuale della crescita per il 2012 e relativi allegati (COM(2011)815 definitivo) 29 febbraio 2012 Audizione del Direttore Generale dell’ABI Dr. Giovanni Sabatini AUDIZIONI ABI ANNO 2012 AUDIZIONI ABI - 2012 Introduzione Signor Presidente ed onorevoli deputati, è con vivo piacere che prendiamo parte a questa indagine conoscitiva che a differenza delle molte a cui l’Associazione Bancaria Italiana viene sovente invitata non ha come oggetto precipuo tematiche bancarie e finanziarie, ma riveste un carattere eminentemente macroeconomico. A questo riguardo ci sia consentito osservare subito che questo aspetto è lungi dall’esercitare in noi sensazioni di ultroneità: il tema della crescita è per le banche, ma vorremmo dire per le banche italiane, un tema cruciale. Dalla crescita del prodotto dipendono le nostre perfomance e le nostre prospettive. E alla crescita di tutte le componenti della domanda aggregata (consumi, investimenti, esportazioni) molto contribuiamo attraverso la canalizzazione del risparmio e l’erogazione del credito e degli altri servizi finanziari. La comunicazione della Commissione oggetto della presente Audizione ben sottolinea come nel 2012 gli sforzi a livello nazionale ed europeo debbano concentrarsi su cinque priorità: 1) risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita; 2) ripristino della normale erogazione di prestiti all’economia; 3) promozione della crescita e della competitività nell’immediato e per il futuro; 4) lotta contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi; 5) modernizzazione della pubblica amministrazione. Con questo documento intendiamo offrire spunti di analisi e valutazioni su tre blocchi tematici che nella sostanza aggregano e riordinano le summenzionate cinque linee di azione prioritaria: a) primo blocco: risanamento dei conti pubblici; b) secondo blocco: crescita e competitività; c) terzo blocco: andamento dell’erogazione del credito. Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 2 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 a) Risanamento dei conti pubblici La crisi dei debiti sovrani e la virulenza con cui essa si è manifestata durante lo scorso autunno ha mostrato in maniera inequivocabile quanto sia caduca l’idea che la crescita economica possa essere perseguita attraverso i deficit di bilancio. Il nostro paese, sottoposto ad un eccezionale attacco, ha saputo dare la giusta risposta e le azioni che il governo sta continuando a portare avanti in materia di conti pubblici – a partire dalla lotta quotidiana all’evasione fiscale – mostrano che la determinazione con la quale si persegue il processo di risanamento disegnato nel quadro delle procedure europee è qualcosa di ormai acquisito dall’intero Paese. I miglioramenti sul fronte degli indicatori di percezione della rischiosità, a partire dallo spread Btp-Bund mostrano che il risanamento dà buoni frutti ed è l’unica arma per mitigare gli effetti recessivi da esso stesso inevitabilmente prodotti. Dal punto di vista quantitativo gli obiettivi posti, a partire da quello fondamentale dell’azzeramento del disavanzo, sono fondamentali ai fini di una graduale ma sostanziosa riduzione, nel tempo, del rapporto debito/pil. Il rafforzamento delle procedure di monitoraggio è sorveglianza approvato definitivamente in sede europea imporrà nel prossimo futuro un percorso obbligato, misurato Ma il risanamento non è solo mera riduzione del deficit e del debito, ma anche gestione qualitativa delle poste di bilancio. Sotto questo aspetto il contenimento della spesa già disposto con la manovra di dicembre 2012 (soprattutto in campo pensionistico) potrà avere un effetto benefico sull’efficienza del sistema soprattutto se sarà efficace, come le banche si augurano, uno screening attento e sistematico per singoli capitoli di bilancio, cioè quella spending review nella quale il Governo è oggi impegnato e sulla quale riferirà nei prossimi mesi. Sul fronte della gestione della spesa pubblica le banche italiane ritengono che debba anche crescere la cultura della rendicontazione e del benchmarking: sono ormai disponibili, per quanto riguarda comparti essenziali della spesa (istruzione, giustizia, etc..), strumenti di misurazione Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 3 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 delle performance. Questi dovranno essere utilizzati con crescente intensità essendo indicatori di efficienza e di produttività dell’intervento pubblico ed essendo anche strumenti per la necessaria messa in campo di meccanismi volti a premiare e sanzionare. Nell’opinione dell’industria bancaria italiana il risanamento ora impostato è importante e lungimirante. Dovrà essere ulteriormente orientato alla spesa, inclusa la sua ricomposizione qualitativa1, ma gli obiettivi posti anche su questo fronte appaiono in grado di segnare rilevanti discontinuità. Se analizziamo a partire dal 1990 l’andamento della spesa corrente primaria ed il tasso di crescita del Pil, entrambi misurati in termini reali possiamo osservare le tappe principali della nostra vicenda degli aggiustamenti fiscali: un primo quinquennio molto importante (1991-95) in cui siamo riusciti a contenere la crescita reale della spesa al di sotto di quella dell’economia (0,4% contro 1,3% medio annuo rispettivamente). Un secondo quinquennio (1996-2000) in cui, ad ammissione alla moneta unica avvenuta, abbiamo perso l’occasione di beneficiare di un tasso di sviluppo (+1,9%) tornato su livelli più in linea con il potenziale (sebbene ancora inferiore a quello medio europeo) e non siamo riusciti ad evitare un rimbalzo della spesa corrente (+2,5%). Quel rimbalzo si è poi consolidato nel lustro successivo (2001-05;+2,6%) quando però il tasso di crescita del prodotto è sceso intorno all’1%. Successivamente (2006-10), la grande crisi finanziaria, e la recessione che ne è seguita, hanno fatto il resto ed il divario tra dinamica della spesa e del prodotto è rimasto ampio(+1,4% contro 0,2%). Ora, stante ai nuovi obiettivi definiti, vi sono le condizioni perché il quinquennio in corso possa configurarsi come il più positivo per quanto riguarda il rapporto tra spesa pubblica e crescita con una situazione in cui pur a fronte dell’aumento del Pil dell’1% la spesa pubblica corrente reale scenderebbe per la prima volta (di circa l’1,5% medio annuo nel quadriennio 2011-14 per il quale disponiamo di dati). 1 Agli inizi degli anni novanta per ogni 100 euro di spesa corrente primaria si spendevano 8,5 euro di investimenti pubblici; questa quota è scesa a 4,8 nel 2010 e scenderà a 3,5 nel 2014. Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 4 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 Quello che serve è dunque un risanamento fatto di contenimento e di selezione della spesa pubblica, cioè un risanamento orientato alla crescita economica: è questo che ci chiede l’Europa, consapevole come noi che nessun risanamento finanziario può essere duraturo e risolutivo se l’ambiente macroeconomico continuerà ad essere connotato da tasso di sviluppo del prodotto come quelli che abbiamo registrato nell’ultimo decennio. b) Tornare a crescere: il nodo della competitività L’esigenza di un ritorno a ritmi di crescita del Pil più sostenuti e capaci di riassorbire le rilevanti sacche di disoccupazione soprattutto giovanile e femminile è largamente riconosciuta. E’ un problema innanzitutto dell’Italia, la quale negli ultimi dieci anni ha registrato uno scarto di crescita rispetto alla media europea di 0,7 punti percentuali, ma è anche un più generale problema europeo e della capacità futura della nostra area geografica di competere con le altre grandi regioni mondiali (USA, Paesi emergenti, etc). La situazione di difficoltà che sta attraversando il nostro Paese e, in misura più limitata, l’Europa tutta ben si sintetizza in una carenza di forza competitiva riconducibile soprattutto alle dinamiche di un indicatore chiave: il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP). Il clup essendo espresso dal rapporto tra costo del lavoro unitario (w) e produttività (ρ) esprime l’inflazione obiettivo di ogni paese e confrontarne la dinamica relativa, aiuta a capire se e quanto la nostra economia stia perdendo competitività rispetto ai principali paesi partner. Dall’introduzione dell’euro (1999) al 2011 il clup italiano è cresciuto ad un ritmo medio annuo del 2,2%, solo di poco superiore al tasso di inflazione obiettivo della BCE. Dunque, in astratto, esso non sembrerebbe essere variato in senso eccessivo anche considerando le performance della Spagna (dove è cresciuto esattamente come in Italia), della Francia (dove è cresciuto dell’1,9%), e del Regno Unito (+2,6%). Ma se consideriamo la Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 5 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 Germania, vediamo che il clup tedesco è cresciuto nei tredici anni considerati ad un tasso di medio annuo dello 0,5%. Se ci si limita agli anni ante crisi (fino al 2007), si noterà come nei primi nove anni dell’Euro il clup tedesco sia rimasto stazionario, esprimendo un obiettivo di inflazione zero. Se cumuliamo sull’arco temporale considerato questi tassi di crescita e calcoliamo il livello del clup del 2011 di ogni paese relativamente alla Germania, abbiamo una indicazione della perdita di competitività Nel 2011 il clup italiano risultava più alto di quello tedesco del 25%. In presenza di cambio fisso, ciò significa che i manufatti italiani oggi costano il 25% in più di quelli tedeschi rispetto alla situazione vigente nel 1998. Cosa significano questi numeri diviene immediatamente evidente guardando ai saldi dei conti con l’estero: se all’inizio dell’Euro, la Germania aveva un saldo delle partite correnti con l’estero negativo per 1,5 punti di Pil, al 2011 questo disavanzo si è tramutato in un avanzo per 6 punti percentuali. L’insieme dei 5 paesi sotto attacco (Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e Italia) presentava solo un leggero disavanzo nel 1998, inferiore a quello tedesco, oggi ha un disavanzo pari a 4 p.p. di Pil avendo toccato nel 2008 un disavanzo record del 6%. La Francia aveva nel 1998 un avanzo superiore ai 2 punti di Pil, oggi è in disavanzo per un ammontare equivalente. Come teoria e pratica insegnano, questa non è una situazione di equilibrio se parliamo di commercio tra nazioni, soprattutto se vincolate ad un cambio fisso; sarebbe gestibile se parlassimo di commercio tra provincie di un unico stato, ma così non è, almeno per ora. L’origine della crisi dell’Euro è tutta qui, e qui bisogna intervenire se si vuole rendere stabile e coerente la moneta unica. E’ nostra opinione che ciò richieda un giusto mix tra politiche di offerta e politiche di domanda: le prime devono essere essenzialmente realizzate dai e nei paesi oggi in crisi, le seconde nei paesi forti. L’eccezionale sforzo dell’Italia per stabilizzare i conti pubblici sarà definitivamente premiato se si raccorderà con risposte di lungo periodo capaci recuperare almeno in parte quel 25% di competitività perduta. Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 6 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 Essendo il clup dato dal rapporto tra costo del lavoro unitario e produttività, per far meglio dei paesi forti occorre agire in senso migliorativo sui fattori che lo determinano. La crescita del clup del 2,2% media annua di cui abbiamo detto in precedenza si è determinata in un quadro di crescita media annua del 2,2% del costo del lavoro e di sostanziale invarianza (o marginale diminuzione) della produttività . Secondo le banche italiane il nostro problema principale sta nella scarsa crescita della produttività e quindi nel denominatore del rapporto che connota il clup. Un paese che vuole mantenere la propria posizione nel commercio internazionale e negli standard di vita non può avere una produttività piatta. Se la produttività non cresce, i salari non possono crescere, l’occupazione non può crescere, i profitti non possono crescere: nella sostanza, non può crescere su solide basi la speranza di un domani migliore e di una società più giusta e più mobile Per questo noi sosteniamo con convinzione le azioni del Governo sia in termini di liberalizzazioni, che liberano potenziale di crescita nel settore dei servizi interni, sia per quanto concerne la riforma del mercato del lavoro, per quanto attiene alla riduzione di quei vincoli nell’utilizzo della forza lavoro che non consentono un pieno esplicarsi dei benefici delle innovazioni e spesso non consentono proprio di dar luogo alle innovazioni, ciò all’investimento in nuove tecnologie. Oltre a questi punti, insistiamo perché si superi anche la debolezza strutturale del nostro sistema economico legata alla ridotta dimensione delle imprese: molte analisi, anche di Banca d’Italia, insistono sul fatto che una ridotta dimensione delle imprese produce esternalità negative sul processo innovativo. In particolare ciò sembra dovuto alla difficoltà di una piccola impresa di sfruttare le economie di scala tipiche delle innovazioni tecnologiche, di concentrare l’attenzione più sulle innovazioni di processo che di prodotto, alla difficoltà di sopportare i costi fissi dell’attività progettuale. Banca d’Italia stima che un aumento del 10% della dimensione Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 7 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 media comporta un incremento della produttività dello 0,2% (quindi un raddoppio delle dimensioni genera una crescita del 2% della produttività). Accanto a questo si aggiunga la cronica incapacità italiana di far sistema in modo da creare un ambiente favorevole all’investimento tecnologico: le imprese, con le loro difficoltà strutturali, sono state lasciate sole nel giuoco della concorrenza internazionale, mentre altri paesi (Stati Uniti e Germania in primis) hanno fatto grandi investimenti di sistema nell’innovazione. La capacità o per meglio dire l’incapacità del Paese nell’investire nella ricerca è la principale ipoteca sullo sviluppo futuro della produttività italiana. Infine, in pieno accordo con il documento della Commissione, riteniamo che particolare enfasi debba essere data al compito di modernizzare la nostra pubblica amministrazione, in particolar modo per quanto concerne l’efficienza della giustizia civile; soprattutto in un momento in cui ai cittadini sono stati richiesti notevoli sacrifici il tema della qualità e del costo dei servizi pubblici non può più essere eluso o affrontato solo con un ottica di breve periodo (i tagli lineari), ma deve essere impostato sulla base di un programma di lunga lena in cui la riduzione dei costi e l’aumento della qualità non divengano più obiettivi contrastanti. Da questo punto di vista riteniamo che il settore pubblico possa trarre utili indicazioni dall’analisi delle soluzioni adottate in ambito bancario nel processo di introduzione coerente delle nuove tecnologie nei processi produttivi: in particolare per quel che riguarda gli aspetti di riorganizzazione aziendale e del personale. Ma le nostre azioni devono tenere sotto osservazione anche il numeratore del clup, ovvero il costo unitario del lavoro sul quale agiscono certamente e pesantemente anche componenti extra-salariali (contributive e fiscali, a riflesso dei problemi della finanza pubblica) ma che deve avere una evoluzione più legata a quella della produttività. Con una perdita accumulata di 25 punti di competitività rispetto alla Germania, è necessario che il costo del lavoro evolva lungo traiettorie aventi ad obiettivo un tasso di inflazione inferiore a quello della Germania. Nostre simulazioni, fino al 2020, mostrano che se l’Italia assumesse nei prossimi 9 Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 8 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 anni un obiettivo di inflazione annuo inferiore di 6 decimi di punto a quello tedesco, al 2020 la perdita di competitività rispetto alla Germania si ridurrebbe dal 25 al 18%; se perseguisse un obiettivo più ambizioso di una minore inflazione annua per 1 punto percentuale, la minore competitività si limiterebbe al 14%. In questo modo l’Italia tornerebbe ad approfittare del potenziale del commercio estero, così come riportato nel documento della Commissione. Ma la fattibilità di questo processo di convergenza, o riduzione delle divergenze, non dipende a questo punto soltanto da noi, ma è determinata anche dall’impostazione della politica economica tedesca. Se la Germania continuerà a perseguire un obiettivo di inflazione dello 0,5% (così come ha fatto dal 1998 ad oggi) ogni enunciato processo di convergenza tra i paesi dell’Area dell’Euro risulterà poco credibile, a meno che i paesi in difficoltà tra cui l’Italia non perseguano una politica di deflazione, cioè di riduzione del livello dei prezzi; politica che, nel nostro paese, confliggerebbe o ostacolerebbe in maniera evidente lo stesso processo di rientro della finanza pubblica. Dunque, accanto a politiche di offerta da perseguire da parte dei paesi in difficoltà, è necessario che i paesi forti adottino politiche di domanda, o, detta in altri termini, riducano il contenuto recessivo, per l’Area nel suo complesso, delle loro politiche economiche. c) Andamento dell’erogazione del credito E veniamo ora al terzo blocco tematico, quello dell’erogazione dei prestiti all’economia, anzi a quella che il documento della commissione chiama la “normale erogazione”. Pensiamo che l’incipit del secondo paragrafo (in particolar modo “L'erogazione eccessiva di prestiti bancari che ha preceduto la crisi ha provocato una fragilità generalizzata nel settore e rischia ora di frenare la ripresa economica”) sia del tutto corretto, ma solo se riferito all’esperienza americana ed anglosassone più in generale. Nel 2007-2009 il Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 9 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 sistema bancario italiano, ma anche quello europeo nella sua complessità, non hanno generato instabilità ma sono state vittima dell’instabilità generata dal sistema finanziario americano; mentre ora il sistema bancario europeo, e quello italiano in particolare, sono vittima di un nuovo contagio che deriva questa volta dal debito sovrano, o forse per essere più precisi dai timori del mercato sul debito sovrano. La “normale erogazione del credito” è prima di tutto interesse delle banche, essendo per le banche italiane la ragione stessa della loro esistenza. Il verificarsi di condizioni normali per l’erogazione di prestiti all’economia dipende anche dalle azioni regolamentari. Su questo fronte, come abbiamo più volte sottolineato, anche in questa sede, non abbiamo capito perché l’autorità di vigilanza europea abbia ceduto alle “ansie dei mercati” ed abbia adottato una raccomandazione in materia di ricapitalizzazione che ha finito per alimentare il circuito perverso che dal rischio Paese passa al rischio bancario e ritorna al rischio paese attraverso la minaccia del deleveraging. L’abbiamo ripetuto più e più volte, l’intervento di fine 2011 dell’EBA non ha reso e non renderà più facile un ritorno ad una normale erogazione di prestiti all’economia. Questo non solo per quanto da essa previsto in termini di requisiti di capitale e di buffer più o meno temporanei, , ma anche perché la seconda gamba del provvedimento (garanzie statali sulle emissioni obbligazionarie, provvedimento richiamato anche nelle priorità del documento della Commissione) non è stata attuata con quel respiro e quel coraggio che sarebbe servito a rasserenare i mercati: su questo punto in particolare vorrei riportare le parole del presidente dell’EBA “Purtroppo, mentre le misure per il rafforzamento patrimoniale sono state definite, minori progressi si sono registrati sugli altri fronti. Le garanzie sulla raccolta delle banche verranno fornite dai governi nazionali, senza alcun elemento di mutualizzazione o aggregazione a livello europeo. Questo non attenua, ma anzi accentua la connessione tra le banche e i loro paesi di origine”. Purtroppo dobbiamo constatare nuovamente che l’Europa ha preferito Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 10 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 rinchiudersi nei propri recinti nazionali, anziché affermare se stessa nel confronto con i mercati. Dunque sia con i provvedimenti presi (regole sulla patrimonializzazione di fine 2011) sia con quelli non presi le banche dei paesi in difficoltà sono state lasciate sole ad affrontare gli effetti del contagio dei titoli sovrani. Per fortuna l’azione della banca centrale europea è stata tempestiva ed efficace, ed ha supplito ad errori di altri attori della politica economica europea. Grazie all’importante operazione di rifinanziamento di fine dicembre (a cui segue quella in corso) i rendimenti sulla parte a breve della curva dei rendimenti sono tornati coerenti ai valori pre-luglio 2011 e il differenziale di rendimento sulle scadenze più lunghe rispetto ai titoli tedeschi ha iniziato a ridursi in maniera credibile. Il permanere di questo sentiero di riduzione potrebbe consentire un ritorno alla normalità dell’attività di finanziamento dell’attività bancaria, attività che negli ultimi mesi è stata gravemente compromessa dalle tensioni finanziarie: come meglio diremo in seguito, nel corso del 2011 il rifinanziamento della banca centrale ha garantito il 70% delle risorse delle nostre banche. Da questo ritorno alla normalità dell’attività di reperimento delle risorse dipenderà nel prossimo futuro la capacità delle banche di erogare un più consistente flusso di finanziamenti all’economia. In ogni caso, nei mesi passati, di grande travaglio per il Paese, le banche italiane sono state accanto allo Stato, alle imprese e alle famiglie. Nella seconda metà del 2011, nel pieno della tempesta finanziaria sui nostri titoli, le banche hanno aumentato il proprio portafoglio di titoli di Stato per 16 mld di Euro. Nel corso del 2011, gli impieghi a imprese italiane sono aumentati del 2,5%, nella media dell’Area dell’Euro sono cresciuti dell’1,1%, in Spagna sono diminuiti del 4,7%. Nel corso del 2011, gli impieghi a famiglie italiane sono cresciuti del 3,7%, nella media dell’Area dell’Euro sono aumentati dell’1,5%, in Spagna sono diminuiti del 2,1%. Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 11 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 Questi dati penso siano la migliore risposta ad analisi estemporanee di cui si sono riempiti i giornali e i dibattiti in questi giorni. Fattore cruciale per capire la congiuntura attuale è l’andamento del flusso di risorse cioè dei movimenti del passivo, che per essere meglio compresi devono essere corretti da elementi di duplicazione. Nel complesso del 2011 i classici strumenti di raccolta presso residenti (depositi e obbligazioni) hanno rappresentato con un totale di 24 mld di Euro appena l’11% del totale delle risorse acquisite dalle banche italiane: per confronto si consideri che l’anno precedente la raccolta presso residenti aveva determinato un afflusso di risorse per quasi 130 mld di Euro. Come noto, la forte caduta di incidenza di questo canale di approvvigionamento dipende sia da fattori strutturali che congiunturali, ma è evidente che, soprattutto nella parte finale dell’anno, hanno pesato le rilevanti tensioni sul merito di credito dei nostri titoli sovrani che ha limitato sia la disponibilità di risparmio delle famiglie italiane e sia la possibilità delle banche di accedere allo stesso. Di conseguenza rilevante è risultata la dipendenza delle banche italiane dal rifinanziamento presso la BCE che con quasi 160 mld ha rappresentato oltre il 70% del totale delle risorse, apporto che si è concretizzato interamente nella seconda metà dell’anno in relazione all’ampliamento degli spread dei titoli governativi italiani rispetto a quelli tedeschi. Le difficoltà cui le banche italiane sono andate incontro per finanziare la propria attività sono visibili anche nella rilevante riduzione della raccolta dall’estero (una perdita di risorse per quasi 50 mld di Euro pari ad un contributo negativo per 21 p.p.). Infine, in questo sentiero stretto le banche hanno proceduto ad ampliare la propria base patrimoniale (31 mld di Euro pari al 14% del totale della raccolta), in modo da risultare compliant con le sempre più stringenti esigenze prudenziali. Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 12 di 13 AUDIZIONI ABI – 2012 L’insieme di queste risorse è stato utilizzato in via prioritaria per supportare l’attività di finanziamento all’economia che, al netto della voce residuale, presenta il più alto volume di nuovi investimenti nel 2011: i 45 mld di nuovi finanziamenti all’economia sono stati suddivisi equamente tra famiglie e imprese. Questa crescita va sottolineata quanto più si consideri che nel corso del 2011, in relazione al peggioramento del quadro economico, è sensibilmente aumentato lo stock di sofferenze: tra la fine del 2010 e la fine dello scorso anno, lo stock di sofferenze è aumentato per quasi 30 mld di Euro, anche se quasi la metà di tale incremento è dovuto ad operazioni realizzate da alcuni gruppi bancari negli assetti societari. Infine concordiamo pienamente con il documento della Commissione quando chiede di rivedere le norme prudenziali per evitare di penalizzare le PMI e non a caso l’ABI ha presentato una proposta (PMI Supporting Factor) per limitare l’impatto delle nuove norme di Basilea 3 sul credito alle PMI. Indagine conoscitiva - Analisi annuale della crescita per il 2012 Pagina 13 di 13