DIRITTO DI STAMPA

DIRITTO DI STAMPA
Il diritto di stampa era quello che, nell’università di un tempo, veniva a meritare
l’elaborato scritto di uno studente, anzitutto la tesi di laurea, di cui fosse stata
dichiarata la dignità di stampa. Le spese di edizione erano, budget permettendo, a
carico dell’istituzione accademica coinvolta. Conseguenze immediate: a parte la
soddisfazione personale dello studente, del relatore e del correlatore, un vantaggio
per il curricolo professionale dell’autore, eventuali opportunità di carriera accademica e possibili ricadute positive d’immagine per tutti gli interessati. Università
compresa.
La dignità di stampa e, se possibile, il diritto di stampa erano quindi determinati dalla cura formale della trattazione, dalla relativa novità del tema di studio,
dall’originalità del punto di vista e magari dai risultati “scientifici” della tesi: e
cioè quel “vuoto” che, in via di ipotesi, si veniva a riempire in un determinato
“stato dell’arte”, e dunque dal valore metodologico, anche in termini applicativi,
della materia di studio e dei suoi risultati tra didattica e ricerca. Caratteristica del
diritto di stampa, in tale logica, la discrezionalità e l’eccezionalità. La prospettiva di
contribuire, così facendo, alla formazione di élites intellettuali. Sulla scia di questa
tradizione, e sul presupposto che anche l’università di oggi, per quanto variamente
riformata e aperta ad un’utenza di massa, sia pur sempre un luogo di ricerca,
nasce questa collana Diritto di stampa. Sul presupposto, cioè, che la pubblicità
dei risultati migliori della didattica universitaria sia essa stessa parte organica e
momento procedurale dello studio, dell’indagine: e che pertanto, ferme restando
la responsabilità della scelta e la garanzia della qualità del prodotto editoriale, il
diritto di stampa debba essere esteso piuttosto che ridotto. Esteso, nel segno di un
elevamento del potenziale euristico e della capacità critica del maggior numero
possibile di studenti. Un diritto di stampa, che però comporta precisi doveri per la
stampa: il dovere di una selezione “mirata” del materiale didattico e scientifico a
disposizione; il dovere di una cura redazionale e di un aggiornamento bibliografico
ulteriori; il dovere della collegialità ed insieme dell’individuazione dei limiti e delle
possibilità dell’indagine: limiti e possibilità di contenuto, di ipotesi, di strumenti,
di obiettivi scientifici e didattici, di interdisciplinarità. Un diritto di stampa, che
cioè collabori francamente, in qualche modo, ad una riflessione sulle peculiarità
istituzionali odierne del lavoro accademico e dei suoi esiti.
Questa Collana, dunque, prova a restituire l’immagine in movimento di un
laboratorio universitario di studenti e docenti. E l’idea che alcuni dei risultati più
apprezzabili, come le tesi di laurea prescelte, possano mettersi nuovamente in
discussione mediante i giudizi e gli stimoli di studiosi competenti.
Mina Raicevic
Contributi per una storia politica del
Montenegro
Prefazione e Postfazione di
Giuseppe Cascione
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: giugno 
Indice

Prefazione di Giuseppe Cascione

Capitolo I
La storia e la politica montenegrina
.. Una breve introduzione,  – .. I sovrani del Montenegro,  –
... Petar II Petrovic Njegos, il principe vescovo del Montenegro,  – ... Danilo Petrovic, il principe,  – ... Nikola Petrovic, il Re del Montenegro e
il “suocero d’Europa”,  – ... Il Congresso di Berlino e il riconoscimento
dell’indipendenza del Montenegro,  – ... La Costituzione del Principato del Montenegro,  – .. Il Montenegro nella prima e nella seconda
guerra balcanica,  – .. Il nazionalismo nel contesto slavo e in quello
internazionale,  – .. La prima guerra mondiale e l’SHS,  – .. La
seconda guerra mondiale in Jugoslavia, .

Capitolo II
Da Tito a Milosevic
.. Introduzione,  – .. Il modello dell’autogestione in Jugoslavia,  –
.. Il non allineamento,  – .. I rapporti tra la Jugoslavia e la Comunità
Europea,  – .. La posizione montenegrina nella seconda e nella terza
Jugoslavia,  – .. Rinascita del nazionalismo. L’ascesa di Milosevic al
potere, .

Capitolo III
La transizione
.. Il periodo post Milosevic nel Montenegro,  – .. Referendum del
. L’indipendenza dello Stato,  – .. I rapporti tra il Montenegro e
la NATO,  – .. I rapporti tra il Montenegro e l’Unione Europea,  –
.. L’opinione pubblica circa l’adesione del Montenegro alla NATO e
all’UE, .

Postfazione di Giuseppe Cascione

Bibliografia

Prefazione
Il lavoro di Mina Raicevic ha l’intento di contribuire alla ricostruzione
di una storia politica del recente processo di inclusione del Montenegro nelle complesse dinamiche della costituzione di una comune
identità politica europea.
Il volume attraversa tre distinte fasi della storia politica del Montenegro. La prima è quella che riguarda la collocazione della sovranità montenegrina all’interno del contesto di nazionalizzazione dei
Balcani. La seconda descrive la storia del Montenegro nel contesto
della federazione jugoslava. La terza ed ultima ricostruisce il processo di transizione che va dall’esaurimento dell’esperienza dello stato
jugoslavo all’acquisizione dello status di paese candidato all’ingresso
nell’Unione Europea.
Il volume si inserisce in un contesto che vede l’Università di Bari in
generale e il Dipartimento di Scienze Politiche in particolare, proiettati
verso i Balcani. Una serie di iniziative testimoniano di questo vivo
interesse: corsi congiunti, programmi dottorali, mobilità di studenti
e docenti. Tutto questo nella convinzione che questa intensa attività
possa contribuire all’integrazione di quel pezzo di Europa nel corpo
politico dell’Unione Europea.
Al volume ho aggiunto un piccolo saggio che vuole inquadrare il
discorso della Raicevic in una più generale prospettiva, tesa a fare il
punto sul problema più importante che i paesi balcanici si trovano
ad affrontare. Essi si trovano nella necessità di visibilizzare la propria
storia identitaria lunghissima, ma sono chiamati contestualmente
ad inserire questa identità politica particolare dentro un contesto
sovranazionale, rappresentato dall’Unione Europea.
Questa sfida attende anche il Montenegro ed è questo il fine verso
cui questo volume vuol portare il proprio contributo.
G C

Capitolo I
La storia e la politica montenegrina
Dall’Ottocento fino al termine della seconda guerra mondiale
.. Una breve introduzione
L’Europa sud–orientale, nella quale è situato l’attuale Montenegro, è
un eterogeneo spazio di incontro e di confronto tra diversi valori e
diverse tradizioni etniche, religiose e culturali. Questa piccola area, nel
diciannovesimo secolo e fino all’inizio del ventesimo, è stata frequentemente il palcoscenico dei conflitti delle grandi potenze ed il luogo
dove si svolgeva il sanguinoso dramma per la liberazione. Ragioni geopolitiche e strategiche hanno certamente influito sul fatto che proprio
in questa zona combattevano per il predominio nel Sud–Est Europeo i
cristiani ortodossi da una parte e l’Impero Ottomano dall’altra.
La storia del Montenegro è dura, piena di guerre, fosse comuni, di
sofferenze umane. Si potrebbe dire che è il luogo di incontro del male
e della sfortuna. Come quasi nessun altro paese in Europa, il Montenegro ha generato otto grandi rivolte contro l’occupatore, contro
le più forti e più potenti potenze mondiali di allora. In tutto il corso
della loro storia, i montenegrini hanno continuamente combattuto
guerre per liberarsi dagli oppressori. Questo ha dato l’impulso ad altre
nazioni balcaniche all’inizio del diciannovesimo secolo, soprattutto ai
Serbi e ai Greci, a insorgere. Con il sostegno della Russia e altri alleati,
il Montenegro ha aiutato tali nazioni a liberarsi.
A cavallo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, con la Rivoluzione francese che si avvertiva fortemente nei Balcani grazie alle
province illiriche create da Napoleone (che comprendevano parte dell’attuale Montenegro) e con l’emergere del romanticismo in Francia,
cresceva l’interesse per i paesi meno conosciuti e meno sviluppati in
Europa tra i quali i Balcani.


Contributi per una storia politica del Montenegro
Nei primi dell’Ottocento, in Montenegro abitavano non più di
centomila abitanti. L’isolamento geografico ha marginalizzato questa
terra inospitale rispetto al resto dell’Europa. Il suo territorio faceva
parte di quella vasta area all’interno della penisola balcanica, che nelle
carte geografiche e nel linguaggio della diplomazia internazionale è
stata chiamata Turchia europea.
Dalla battaglia del Kosovo del , che segnò l’inizio della decadenza del regno Serbo e del processo di impetuosa espansione dell’Impero
Ottomano verso nord, tutta l’area balcanica fu soggiogata al dominio
turco.
Nel Montenegro, durante tutta la sua drammatica storia, sopravvissero le virtù antiche di cui parlano i poemi omerici: il culto dell’onore
e dell’eroismo, la lealtà, il rispetto per il coraggio dei nemici, il senso
dell’ospitalità, il vincolo del sangue e la fierezza delle proprie origini. Quelle che nell’Europa civilizzata sono reminiscenze letterarie,
in Montenegro sono la materia incandescente di cui è plasmata la
vita quotidiana. Anche gli aspetti più brutali e violenti come razzie,
efferatezze, vendette, cessano di essere espressioni gratuite di una
bellicosità selvaggia per diventare gesta epiche, compiute in nome di
un codice etico accettato e condiviso.
Dal Quattordicesimo al Diciannovesimo secolo, la popolazione
montenegrina visse divisa in clan famigliari, ognuno dei quali fu fermamente legato alla propria autonomia. Scarseggiava una gerarchia
istituzionalizzata fra i vari gruppi, che talvolta si trovavano in rivalità fra
loro. Questa composizione originale della società non si trasformava
nell’anarchia e nello scontro aperto, perché un ruolo di coordinamento, di indirizzo politico e di coordinazione dei conflitti, è stato per
concorde volere attribuito ad una assemblea dei capi, cui partecipavano i serdari , e gli altri dignitari di ogni clan. Questa assemblea non
disponeva di una sede fissa, e veniva spesso convocata all’aperto, sulle
pendici del monte Lovcen, il monte sacro dei montenegrini che si erge
presso la vecchia capitale Cetinje. Ai serdari spettavano le decisioni
più importanti fra cui la nomina del vladika, il principe vescovo, a cui
venne riconosciuto un ruolo di autorità politica e di guida spirituale di
tutto il popolo. I due aspetti, quello religioso e quello politico sono in
Montenegro da allora inscindibilmente connessi.
. Consiglieri del principe vescovo.
. La storia e la politica montenegrina

Non si pensi tuttavia ad uno stato teocratico: ogni idea di integralismo o di fanatismo religioso era totalmente estranea alla mentalità
montenegrina. Il legame con la chiesa ortodossa si fondava, più che
su un sentimento di tipo strettamente religioso, sull’amore per le
tradizioni .
Per quasi cinque secoli, fino agli albori del Novecento, in Serbia
e Montenegro la lotta contro gli ottomani divenne il tema comune
per sostenere sia la causa del popolo oppresso dall’invasore da parte
dei capi dei popoli locali, sia il valore del popolo ortodosso abitante
in quel territorio, sede di una moderna crociata contro il dominio
islamico.
Il Diciannovesimo secolo fu il periodo in cui la battaglia per la
libertà, l’indipendenza e per una società più moderna, da parte del
popolo montenegrino, suscitava rispetto ed ammirazione in tutta l’Europa. Nel corso del Novecento, molti stranieri che hanno visitato il
Montenegro, hanno testimoniato delle gesta eroiche del popolo montenegrino nei periodi più importanti della storia di questo Paese. Tra
gli altri, il primo ministro inglese William Gladstone e il poeta Alfred
Tennyson hanno celebrato il popolo montenegrino come una “razza
di eroi” sull’onda dell’esaltazione tipica del periodo romantico. Tanti
diplomatici e soldati scrivevano delle virtù dei montenegrini che avevano resistito per secoli all’avanzata turca. William Gladstone scrisse
un opuscolo in onore del Montenegro, mentre il suo connazionale
Alfred Tennyson gli dedicò versi intrisi di entusiasmo:
Oh, più piccolo tra i popoli!
Rude trono di roccia
Della libertà! Guerrieri che respinsero l’orda
Dell’Islam Turco, per cinquecento anni.
Grande Crna Gora! Mai da quando le tue
Nere creste hanno attraversato le nuvole e infranato le
tempeste,
Ha respirato una razza di più potenti montanari.
.
.
.
.
P II P N, Il raggio del microcosmo, Milano, Jaca Book SpA, pp. , .
http://www.njegos.org/petrovic/poems.htm.
A. R, Montenegro, England , p. .
W.E. G, Montenegro, Manchester .

Contributi per una storia politica del Montenegro
La storia del paese si ammantò cosi di un’aura mitica e leggendaria,
accentuata dalle descrizioni estasiate di un paesaggio montuoso che
qualcuno descrisse come “oceano pietrificato”.
Nonostante che gli ultimi cinquecento anni siano stati travagliati
e pieni di guerre, il popolo montenegrino ha sempre mantenuto i
propri valori non cedendo mai a comodi servilismi, e garantendosi in
questa maniera un posto di tutto rispetto nella cultura europea.
.. I sovrani del Montenegro
... Petar II Petrovic Njegos, il principe vescovo del Montenegro
Petar II Petrovic Njegos (Njegushi,  Novembre –Cetinje,  ottobre ) è stato uno dei più grandi scrittori e filosofi slavi, consacrato
nel  dallo zar russo Nicola I e celebrato dalla storia montenegrina
come il più valoroso eroe della patria, nonché come padre della letteratura montenegrina e autore del capolavoro letterario, Gorski vijenac
() .
Grazie al fatto di aver viaggiato spesso in Europa, Njegos possedeva una mentalità più moderna e aperta, che gli diede la capacità di
governare in un modo più democratico e liberale. Numerose volte
andò in Russia, visitò la corte di Vienna, visitò spesso Trieste, Venezia,
Roma e Napoli. Pur essendo un cosmopolita, Njegos ha comunque
mantenuto le sue radici in patria.
Nel primo viaggio in Russia maturarono in lui le idee che sarebbero
diventate le linee guida del suo agire politico. Erano idee ambiziose,
in parte utopistiche e destinate a non essere realizzate nella prima
parte della sua esistenza, ma a cui egli si manterrà sempre fedele
perseguendole con ostinazione e coerenza.
Njegos compì il tradizionale viaggio a Pietrogrado per assicurarsi
il sostegno militare ed economico dello zar. Il giovane poeta montenegrino era con relativa frequenza ospite di Pietrogrado, e soprattutto
della corte di Vienna. Arrivò nella capitale russa nel , e riuscì a
ricevere un significativo aiuto finanziario per il Montenegro (.
. P II P N, Il serto della montagna.
. Oggi San Pietroburgo.
. La storia e la politica montenegrina

rubli). Nello stesso anno fu nominato Principe–vescovo del Montenegro dallo zar russo Nicola I. La nomina a vescovo lo fece diventare il
sovrano assoluto del paese.
Nel  la monarchia asburgica firmò un accordo con il Montenegro per la definizione dei confini e in questo modo ufficializzò
l’esistenza dello Stato indipendente del Montenegro.
Nonostante la sua politica filorussa, Njegos, deluso proprio dai
russi, aveva dichiarato:
Io amo la Russia, ma non mi piace il fatto che ogni volta mi faccia sentire
il prezzo del proprio aiuto. Io, il sovrano del Montenegro libero, sono in
realtà schiavo degli umori di Pietroburgo. Sono ormai stufo di questo, voglio
liberarmi di questo giogo [...]. Il Montenegro libero dovrebbe ricevere aiuto
solo da uno Stato libero come l’America, quando non può fare a meno di
aiuti esterni.
Nel  a Vienna venne pubblicata la opera più famosa di Njegos:
Il serto della montagna. Egli descrisse tutta la storia del Montenegro,
argomentò i più importanti eventi del passato, dai tempi della dinastia
Nemanjic al Diciottesimo secolo, dipinse la vita quotidiana dei montenegrini, le loro feste e raduni, usanze popolari, credenze e idee, ma
innanzitutto descrisse la continua lotta contro gli Ottomani e lo sterminio dei montenegrini convertiti all’islam. Nell’opera si menzionano
tre civiltà che si sono intrecciate nel territorio montenegrino: la prima
è la civiltà montenegrina, civiltà patriarcale eroica, che è la più alta
espressione del classico Montenegro, in secondo luogo, la civiltà turca
orientale–islamica e in terzo luogo le civiltà occidentali, rappresentate
dai Veneziani.
Col tempo Njegos sviluppò una ideologia panserba, in base alla
quale i Montenegrini non vengono considerati come una nazione
separata, ma solo il nucleo eroico dei serbi, la Sparta serba, quelli
che dopo la disfatta dell’Impero medievale dei Nemanjic non hanno
accettato il giogo ottomano, ma hanno scelto un’indomita resistenza
secolare, per difendere la croce e la libertà.
Questi versi sono anche la più vigorosa espressione letteraria di uno
stato d’animo diffuso tra i popoli balcanici, per secoli vessati da una
triste storia di invasioni, violenze, dominazioni straniere, e che con
. Savremenici o Njegosu, Beograd , pp. –.

Contributi per una storia politica del Montenegro
enormi sacrifici avevano mantenuto, malgrado tutto, la loro identità
religiosa ed etnica. Per la causa della libertà essi saranno pertanto
pronti all’estremo sacrifico, persino all’estrema violenza .
Petar II Petrovic Njegos fece degli enormi passi in avanti nello sviluppo culturale del Montenegro. Essendo lo stesso Njegos un poeta
riconosciuto oltre i confini, non bisogna meravigliarsi dei suoi sforzi
per ridurre l’analfabetismo, aprire le scuole (la prima scuola fu aperta
a Cetinje nel ) ed avvicinare la cultura alla gente comune. Egli
avviò il processo di modernizzazione del paese, che a tutti gli effetti
si trovava in condizioni arretrate. Introdusse il primo periodico stampato e fece costruire la prima residenza ufficiale del vladica a Cetinje,
sostituendo la precedente abitazione con il pavimento di terra battuta
con un palazzo di  stanze, che venne chiamato “Biliarda” in onore
del tavolo da biliardo che vi fece sistemare.
Se è lecito sintetizzare con pochissime parole una vicenda politica
estremamente complessa durata vent’anni, si può affermare che Njegos è stato non solo animato da buone intenzioni, ma anche dotato
di una certa abilità politica, che sapeva ben calibrare, tenendo conto,
del resto, delle circostanze difficili in cui si è trovato a operare. Era
caratterizzato da una forte abilità diplomatica, nonché da idealismo ed
opportunismo. Probabilmente se la sua prematura scomparsa a soli
trentotto anni non ne avesse interrotto bruscamente l’azione, avrebbe
avuto modo di consolidare la sua azione e vederne i risultati.
... Danilo Petrovic, il principe
Il vladica Petar II aveva designato come erede suo nipote Danilo Petrovic. Salito al potere nel , Danilo si autoproclamò principe, portando così a termine l’era in cui il titolo di vladica corrispondeva al leader
dei montenegrini.
Durante il suo mandato, Danilo introdusse cambiamenti molto
importanti nel Paese. La prima riforma riguardava la separazione tra
la Chiesa e lo Stato, facendo sì che il Montenegro diventasse uno Stato
laico.
. A. S, Storia del Montenegro. Dalle origini ai giorni nostri, Rubbettino Editore,
Catanzaro , pp. , .
. La storia e la politica montenegrina

Nel  conseguì un’importante vittoria contro gli Ottomani a
Grahovo.
Danilo dedicò particolare attenzione alla riforma dello Stato, istituendo il nuovo esercito montenegrino, il garda , promulgando nuove leggi riguardanti i diritti e i doveri dei cittadini, che venivano posti
così su un piano di uguaglianza davanti alla legge, e garantendo la
libertà di confessione. Fu prevista la pena di morte per coloro che
non pagavano le tasse. Egli inoltre introdusse, nel , la bandiera
montenegrina, rossa, con la croce bianca in mezzo, per poi sostituirla
con una nuova quattro anni dopo. Sulla bandiera del  venne introdotta un’aquila con due teste, simbolo della libertà montenegrina, che
tuttora rappresenta la bandiera del Montenegro.
... Nikola Petrovic, il Re del Montenegro e il “suocero d’Europa”
Come suo erede legittimo Danilo scelse Nikola Petrovic. Una volta
arrivato al potere () Nikola proseguì il dialogo con gli altri Paesi,
specialmente con la Serbia, firmando un trattato di collaborazione con
knez Mihailo Obrenovic nel . Questo trattato perse di significato
due anni dopo a causa della morte del principe serbo. Da quel momento della storia in poi, la Serbia tenderà ad imporre la sua forza
egemonica in Montenegro, decisamente più piccolo e meno sviluppato.
La debolezza militare ed amministrativa dell’Impero Ottomano
aveva aperto le porte ad una seria di rivolte. La più importante fu
quella del  in Bosnia ed Erzegovina, a cui aderirono ben presto
anche i serbi e i montenegrini. L’ insurrezione risvegliò le volontà
indipendentiste degli stati balcanici. I montenegrini, guidati da Nikola
si distinsero ancora una volta per le loro doti di validi combattenti,
lanciandosi anche in importanti conquiste territoriali.
Il  giugno  fu il giorno in cui il Montenegro e la Serbia
dichiarano guerra all’Impero Ottomano. Il  luglio nella battaglia di
Vucji Do, l’esercito montenegrino sconfisse quello Ottomano.
In seguito al continuo indebolimento dell’Impero Ottomano e alla
possibilità che i Russi conquistassero Istanbul, cominciò la preoccupazione delle grandi potenze.
. Il nome del nuovo esercito montenegrino.
. Fu il principe della Serbia dal  al .

Contributi per una storia politica del Montenegro
Fu firmato un armistizio ad Adrianapoli il  gennaio  (vincolante anche per il Montenegro), seguito il  marzo dalla pace di Santo
Stefano. Essa prevedeva, oltre agli acquisti territoriali per la Russia,
anche l’indipendenza della Romania, della Serbia, del Montenegro, e
la costituzione di una grande Bulgaria autonoma, sotto la protezione
russa, destinata a diventare il più grande e il più forte stato balcanico.
Ciò avrebbe garantito l’egemonia russa nella regione.
... Il Congresso di Berlino e il riconoscimento dell’indipendenza del
Montenegro
Il fatto che la Russia fosse diventata la potenza dominante nei Balcani
suscitava il disappunto dell’Inghilterra, dell’Austria–Ungheria e della
Germania. Proprio la Russia, trovandosi isolata, fu costretta ad accettare una revisione della pace di Santo Stefano. Così fu convocato il
Congresso di Berlino, tra il  giugno e il  luglio , che fra l’altro
diede al cancelliere prussiano Otto von Bismarck, padrone di casa, la
possibilità di recitare la parte dell’“onesto sensale”, per riprendere un
luogo comune della storiografia . Il congresso:
— rettificò, rispetto alla Pace di Santo Stefano, la destinazione dei
territori turchi in Europa;
— riconfigurò il territorio della nascente Bulgaria, Stato satellite
della Russia;
— ridefinì l’amministrazione austriaca della Bosnia;
— confermò l’indipendenza della Romania, della Serbia e del
Montenegro.
Le decisioni prese al congresso di Berlino rafforzarono l’influenza
dell’Austria–Ungheria sulla penisola balcanica, specialmente in Bosnia
e in Serbia. I paesi che divennero indipendenti si dedicarono al loro
sviluppo interno, costruendo le prime imprese, banche e università.
Dopo il riconoscimento del Montenegro come stato indipendente,
al congresso di Berlino, il suo territorio venne ingrandito significativa. A. S, Storia del Montenegro. Dalle origini ai giorni nostri, Rubettino Editore,
Catanzato , p. .
. La storia e la politica montenegrina

mente con l’annessione di una parte della Erzegovina, Niksic, Spuz,
Podgorica, Andrijevica, Bar e successivamente Ulcinj .
Una volta indipendente, il Montenegro cominciò a stabilire relazioni diplomatiche con Russia, Francia, Inghilterra, Impero Ottomano,
Austria–Ungheria, Italia (–), nel  con la Serbia e Bulgaria,
nel  con gli Stati Uniti e infine nel  con la Germania.
A Cetinje, la capitale montenegrina d’allora, furono aperte le prime
rappresentanze consolari dei seguenti paesi europei: Russia, Austria–
Ungheria, Impero Ottomano, Italia, Francia, Inghilterra, Serbia, Bulgaria, Grecia e Germania. Nel  si istituirono il Consiglio dello
Stato, i ministeri, il tribunale centrale, nel  lo stato montenegrino
batté la sua moneta–perperi di rame, e nello stesso anno nacque la
prima Costituzione .
... La Costituzione del Principato del Montenegro
Con il primo articolo della Costituzione si stabilisce che il principato
del Montenegro è una « monarchia costituzionale ereditaria, con gli
organi rappresentativi del popolo ».
Il principe è il capo dello stato e come tale gode e dispone di tutti i poteri
statali e li attua secondo le norme di questa Costituzione. La sua personalità
è intoccabile e inviolabile. Egli non può essere processato. (Art. )
L’inviolabilità del sovrano è la regola principale di tutte le monarchie. È però dato per scontato che in senso morale il knjaz è responsabile dell’utilizzo tempestivo e appropriato dei diritti concessigli per
via costituzionale, e per l’assolvimento costante dei doveri.
Nonostante questo, sono state stabilite certe restrizioni al Principe:
— divieto di intromettersi negli affari degli organi statali;
— divieto di influenzare il funzionamento dei tribunali e di violare
l’indipendenza giudiziaria (Art. );
. Z. A, S. S, D. P, S. D, Istorija, Podogorica, Zavod
za uzdbenike i nastavna sredstvA, , pp. –.
. La Costituzione istituiva la monarchia in cui il re divide il potere con il Parlamento
ed il Governo.

Contributi per una storia politica del Montenegro
— divieto di interrompere le inchieste e i processi giudiziari dei
“colpevoli non politici” già aperti;
— divieto di sospendere l’applicazione delle norme costituzionali
(Art. ).
Da quanto detto si deduce che secondo la Costituzione del , il
principe Nikola, nonostante avesse poteri di monarca, non deteneva il
controllo assoluto e dominante del Montenegro.
Questi limiti dettati dalla Costituzione al potere del principe hanno
dato l’avvio al processo che porterà alla trasformazione della monarchia costituzionale in Stato democratico. Questo processo di democratizzazione fu purtroppo nel Montenegro drasticamente rallentato dalle guerre balcaniche, e successivamente dalla prima guerra mondiale,
e si fermò poi improvvisamente ed illegittimamente con l’abolizione
dello Stato montenegrino nel .
Si costituì infatti a Belgrado un comitato antimontenegrino, che
non solo poteva contare su nazionalisti pan–serbi, ma assoldava persino alcuni degli stessi montenegrini che avevano come obbiettivo
l’eliminazione del nuovo Stato. Nonostante grandi sforzi dei gruppi
studenteschi, la soppressione dello Stato non poté essere impedita.
Al riguardo dell’integrità territoriale del Montenegro, la Costituzione afferma l’indivisibilità e l’unità del territorio montenegrino
esistente (Art. ).
La religione montenegrina fu definita orientale ortodossa. La chiesa montenegrina fu definita autonoma, e non dipendente da nessun’altra chiesa. Alle altre confessioni fu comunque data la possibilità della
pratica individuale e libera del loro culto.
Nell’ultima parte della Costituzione (capitolo XIV) erano elencati i
diritti del cittadino montenegrino.
Fu stabilita e garantita l’uguaglianza dei cittadini montenegrini
davanti alla legge; così come la libertà personale, la libertà di coscienza,
la libertà di esprimere liberamente il proprio pensiero (Art. ).
I diritti erano garantiti a tutti i cittadini e non solo ai Montenegrini.
Nonostante le circostanze sfavorevoli, con la Costituzione del Principato del Montenegro del , in realtà, è stato fatto un notevole passo
in avanti dalla monarchia assoluta a quella parlamentare. In qualsiasi
parte del mondo non è mai accaduto che in un periodo di soli dieci