12 Riabilitazione del Traumatizzato cranico

Riabilitazione Neuropsicologica
del
Traumatizzato cranico
ARGOMENTI :
I) Classificazione dei traumi cranio-encefalici
II) Fisiopatologia dei traumi cranici
III) Indici predittivi neuropsicologici nei traumi cranici
IV) Sequele cognitive
V) Sequele comportamentali
VI) Riabilitazione cognitiva dei traumi cranici
Classificazione dei
traumatismi cranio-encefalici
Chiusi: senza frattura della teca cranica
Aperti: con frattura della teca cranica
Microtraumatismi: producono un danno assonale diffuso,
non identificabile alla TC, dovuto a brusca accelerazione o
decellerazione
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo:
1. Fratture craniche: rottura delle ossa del cranio (della base cranica, da sfondamento, lineare)
FRATTURA DELLA BASE CRANICA
1
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo:
1. Fratture craniche: rottura delle ossa del cranio (della base cranica, da sfondamento, lineare)
FRATTURA DA SFONDAMENTO
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo:
1. Fratture craniche: rottura delle ossa del cranio (della base cranica, da sfondamento, lineare)
FRATTURA LINEARE
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo:
2. CONTUSIONE: colpo-contraccoplo, necrosi tra 24 ore e 7 giorni
2
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo:
2. LACERAZIONE A BARRA METALLICA (cavitazione)
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo:
3. EMATOMI ED EMORRAGIE (rottura diretta dei vasi meningei o cerebrali)) 3050% dei gravi traumi, possono determinare coma per compressione (effetto
massa) del troncoencefalo
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo:
3. EMATOMI ED EMORRAGIE (craniectomia)
3
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo:
4. IGROMI (rottura diretta dello spazio subaracnoideo, con espansone del LCS all’interno
del parenchima cerebrale)
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni dell’impatto sul capo nello sport del calcio
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni dell’impatto sul capo
4. LESIONI DIFFUSE DELLA SOSTANZA BIANCA (la forza della
accelerazione-rotazione determina un danno assonale diffuso,
disconnettendo i fascicoli cortico-sottocorticali. Se il TCE è lieve vi
sono effetti cognitivi diffusi; se è grave coma o morte per
interessamento troncoencefalico)
4
Effetti fisiopatologici dell’impatto
EFFETTI FISIOPATOLOGICI DA ACCELERAZIONE-DECELLERAZIONE
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni secondarie: Effetti indiretti dei movimenti bruschi
SINDROME DEL BEBE’ SCOSSO: encefalopatia acuta con emorragia
subdurale, edema cerebrale, emorragia retinica, ritardo psicomotorio ed
intellettivo, frontalizzazione e morte.
(Mechanisms of brain injury in infantile child abuse, The Lancet, 2000, vol
358 (9283), p. 686)
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni secondarie: Effetti diretti ed indiretti degli impatti craniofacciali ripetuti (boxer):
“punchdrunk” (demenza pugilistica)
5
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni secondarie: Effetti indiretti degli impatti sul capo.
1. EDEMA: Il volume di acqua extracellulare e propriamente l’ematoma possono determinare un
incremento brusco di pressione intracranica (PIC), comprimendo l’ippocampo (necrosi) o il
troncoencefalo (coma o morte)
Effetti fisiopatologici dell’impatto
Lesioni secondarie: Effetti indiretti degli impatti sul capo.
2. IPOSSIA ISCHEMICA: Se si interrompe l’apporto di ossigeno e glucosio al cervello appaiono
lesioni ischemiche (di ippocampo e zone di confine tra le grandi arterie cerebrali).
Effetti ritardati dei TCE
Demenza post-traumatica
(pugilistica o da grossa perdita di massa corticale)
Idrocefalo post-traumatico
Epilessia post-traumatica (specialmente in età infantile: 2-33%)
6
Indici predittivi nei TCE
Utilità: servono ad esprimere un giudizio prognostico cioè circa le
aspettative del recupero
Nel breve termine: indicano la necessità di adottare determinati
provvedimenti
Nel lungo termine: orientano il processo riabilitativo in quanto danno
previsioni su possibilità di futuro reinserimento sociale e lavorativo.
Limiti degli Indici predittivi nei TCE
1.
Non sono stati ancora verificati su un alto numero di casi
2.
Un singolo parametro non è in grado di predire accuratamente la
prognosi, ma la pluralità degli indici
3.
La valutazione degli indici prognostici è soggettiva (per poter
superare la soggettività delle valutazioni sono state verificate
svariate scale di valutazione)
4.
Per la natura stessa dei fattori eziologici non vi sono pazienti che
siano perfettamente comparabili ad un altro sia per gravità che per
tipologia
5.
I giudizi prognostici si basano su una media di casi, solo
approssimativamente omologhi e pertanto non possono prevedere
costantemente ed esattamente quello che accadrà in quel singolo
paziente, per cui vanno evitate le sentenze di irrecuperabilità, di
essere troppo perentori ma anche troppo pessimisti.
Definizioni temporali per la prognosi
Sono essenzialmente due:
1. A quale distanza dal trauma può essere formulata (affidabilità della
formulazione)
2. Quando comincia ad essere valida (validità della formulazione)
Risposte:
1.
L’affidabilità si modifica nel tempo
-
I primi dati sono disponibili alcune ore dal trauma
-
Alcuni fattori (come sedazione, intubazione) possono rendere difficile
l’affidabilità
-
Sono frequenti complicazioni secondarie (es. ematomi tardivi) soprattutto nei
TCE gravi
2.
Va formulata al più presto possibile per le seguenti ragioni:
A.
Fornire ai familiari un orientamento su quanto debbono attendersi
B.
Consentire ai curanti di orientare il trattamento
7
Tempi di affidabilità delle prognosi
Entro 24 ore si possono identificare i casi estremi (assenza di reattività
pupillare, assenza di reattività motoria) indicativi di danni irreparabili
Nei primi 3 giorni il quadro classico e strumentale sono in genere
sufficientemente chiari e stabili per una valutazione prognostica
ragionevolmente certa
Tempi di validità delle prognosi
La validità della prognosi dipende dalla stabilità del quadro clinico
Nelle settimane successive può modificarsi
Nei mesi successivi può modificarsi ulteriormente.
Negli anni successivi ulteriori progressi si osservano anche ad un anno dal
trauma, comunque a circa 6 mesi dal trauma le condizioni cliniche tendono a
stabilizzarsi. Per cui nella maggioranza dei casi 6 mesi si considera
rappresentativo.
Indici di accertata validità prognostica
INDICI PROGNOSTICI MAGGIORI (INDICI DI FASE ACUTA)
1)
Glasgow Coma Scale (punteggio raggiunto) (Janett e Tesdale, 1981; Rimel et al, 1990)
2)
Obiettività pulippare
3)
Durata complessiva dello stato di coma post-traumatico (Bond, 1986)
4)
Durata della amnesia post-traumatica (Jennett e Teasdale, 1981)
5)
Età del paziente (Marmarou et al, 1991)
INDICI PROGNOSTICI MINORI (INDICI DI POTENZIALE SIGNIFICATO PROGNOSTICO)
1)
Qualità della fase acuta (qualità dei primi soccorsi, presenza di ipotensione arteriosa,
ipossia, ischemia, acidosi cerebrale, ipertensione endocranica, durata di tali alteraz.)
2)
Entità delle lesioni cerebrali evidenziate con gli strumenti neuroradiologici
3)
Coesistenza di lesioni extracraniche
4)
Presenza di idrocefalo post-traumatico
5)
Presenza di danno assonale diffuso
6)
Livello intellettivo premorboso
8
Indici prognostici maggiori
1. GLASGOW COMA SCALE
-
Si applica nella fase acuta del trauma cranico
-
Si basa sulle risposte visive, verbali e motorie
-
Valuta l’entità del trauma cranico a seconda
del punteggio
PERDITA DI CONOSCENZA (COMA): Anomalie a
livello della formazione reticolare del
troncoencefalo. GCS=Scala del coma di
Glasgow: 3-15
Indici prognostici maggiori
Perdita di conoscenza (Coma)
Gradi di coma:
P=15 (punteggio massimo): normalità
P=13-15: trauma cranico lieve
P=9-12: trauma cranico moderato
P=4-8: trauma cranico grave
P<4: trauma cranico gravissimo (associato ad elevatissima mortalità)
-
Correla con le altre scale di outcome
-
Correla male con gli esiti neuropsicologici
NB. Ulteriore indico prognostico dedotto è il numero di giorni necessari a raggiungere un determinato punteggio
GCS: 8 o <: mortalità 40%; 3-5: mortalità 60%
Indici prognostici maggiori
Perdita di conoscenza (Coma)
Gradi di perdita di conoscenza:
-Stato confusionale (GCS=14): disorientamento spazio-temporale
-Sindrome commotiva: disturbi attenzionali, mnesici, di concentrazione, di carattere
-Lieve: perdita di coscienza<20 min. Amnesia post-traumatica (APT)<24 ore
-Classica: perdita di coscienza>6h, danno assonale diffuso
-Stato di “locked in” e coma vegetativo cronico: 5% dei casi
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Indici prognostici maggiori
2. OBIETTIVITA’ PUPILLARE
-
Consiste nella valutazione delle dimensioni pupillari e della reattività pupillare
-
Risulta utile in quanto alterazioni pupillari sono presenti in caso di erniazione
cerebrale
Meccanismo
Ipertensione endocranica incuneamento della massa cerebrale distorsione e
compressione del tronco cerebrale, compressione del 3° nervo cranico
anisocoria, perdita del riflesso fotomotore, dilatazione pupillare
Indici prognostici maggiori
3. DURATA DELLO STATO DI COMA
-
Più il coma è prolungato, più gravi sono i postumi a distanza (specialmente
quelli neuropsicologici)
-
In passato per valutare la correlazione si usava la scala di Russel che oggi si
è mostrata inadeguata per il miglioramento dei soccorsi e della gestione in
terapia intensiva
-
NUOVA CLASSIFICAZIONE DEL TRAUMA CRANICO SULLA BASE DELLO
STATO DI COMA (SECONDO Bondi, 1986)
-
Coma > 1 mese: trauma cranico gravissimo
-
Coma > 7 giorni (da 7gg ad 1 mese): trauma cranico grave
-
Coma da 1 a 7 gg: trauma cranico moderato
-
Coma da 1 a 24 ore: trauma cranico lieve
-
Coma <1 ora: trauma cranico lievissimo
Indici prognostici maggiori
4. DURATA DELL’AMNESIA POST-TRAUMATICA
Definizione: l’APT si definisce come il periodo di tempo a partire dal trauma cranico durante il quale
persiste incapacità a rievocare gli eventi delle 24 ore precedenti il TC.
E’ l’indice prognostico maggiormente correlato con il decorso neuropsicologico a distanza.
Metodo di calcolo:
Metodo 1 vedi definizione
Metodo 2 momento da quando il paziente si risveglia dal coma e si mette in contatto con l’ambiente (NB l’inclusione
della fase del coma nel calcolo della durata della APT fornisce risultati più affidabili).
Metodo 3 applicare ogni giorno il Galveston Orientation and Amnesia Test che consiste nel porre al paziente domande
su orientamento (tempo-spazio-persona) ed esecuzione di compiti di memoria
CLASSIFICAZIONE PROGNOSTICA SULLA BASE DELLA DURATA DELLA APT
<5 minuti: APT assente o lievissima
<1 ora: APT lieve
Da 1 a 24 ore: APT moderata
Da 1 a 7 gg: APT grave
Da 1 a 4 settimane: APT molto grave
>4 settimane: APT gravissima
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Indici prognostici maggiori
5. ETA’ DEL PAZIENTE
-
La prognosi è tanto migliore quanto più giovane è il cerebroleso
-
Si possono distinguere tre fasce d’età (0-14aa; 15-50aa; >50aa)
Prognosi per un’età di 0-14 anni: c’è sempre ritardo evolutivo delle funzioni cognitive; hanno
maggiori possibilità di riacquisizione cognitiva; la restituzio neuropsicologica è maggiore
nei bambini di età maggiore (nelle capacità intellettive generali, mnesiche, linguistice e
comportamentali). Ipotesin esplicativa: quando il bambino non ha raggiunto le tappe
evolutive in cui si acquisiscono determinate strategie di elaborazione, questi non sarà più
in grado di acquisire tali strategie.
Prognosi per età di 15-50 anni: quanto più giovane è l’età del soggetto, tanto migliore sarà la
riacquisizione cognitiva. Le potenzialità di restitutio cognitiva diminuiscono di decennio inj
decennio.
Prognosi per età>50 anni: nell’età medio-avanzata non si può attribuire un valore prognostico
assoluto ai vari criteri prognostici. Possono residuare in deterioramento o demenza
anche se l’entità del trauma è lieve (assenza di PDC ed APT brevissima). La mortalità è
maggiore anche per traumi di gravità clinica non elevata. Il decorso neuropsicologico è
nettamente più sfavorevole anche per TC modesti o lievi. Il TC è considerato un fattore
di rischio per deterioramento cognitivo
Indici prognostici minori
INDICI PROGNOSTICI MINORI (INDICI DI POTENZIALE SIGNIFICATO PROGNOSTICO)
1)
Qualità della fase acuta (qualità dei primi soccorsi, presenza di ipotensione arteriosa,
ipossia, ischemia, acidosi cerebrale, ipertensione endocranica, durata di tali alteraz.)
2)
Entità delle lesioni cerebrali evidenziate con gli strumenti neuroradiologici
3)
Coesistenza di lesioni extracraniche
4)
Presenza di idrocefalo post-traumatico
5)
Presenza di danno assonale diffuso
6)
Livello intellettivo premorboso
-
Non sono stati ancora sicuramente quantificati nei loro correlati con la
prognosi.
-
Forniscono ulteriori o complementari informazioni
-
Sono di due ordini: clinici e fisiopatologici (rilevabili strumentalmente)
Indici prognostici minori
1.
QUALITA’ DELLA FASE ACUTA, QUALITA’ DEI PRIMI SOCCORSI
CONSISTONO IN:
-
Modalità in cui il traumatizzato cranico è stato soccorso
-
Modalità in cui il traumatizzato cranico è stato trasportato nei reparti di terapia
intensiva (elicottero, ambulanza attrezzata)
-
Esecuzione di terapia intensiva già sul luogo dell’incidente; correzione pronta di
ipossia, ipertensione arteriosa, evacuazione rapida di eventuali masse intracraniche
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Indici prognostici minori
1. PRESENZA DI IPOTENSIONE ARTERIOSA
-
Qualora la PA sia <90 mmHg
-
Può essere causata da:
1.
Emorragia esterna
2.
Emorragia interna
3.
Aritmie cardiache
4.
Emopericardio
Implicazioni prognostiche: si associa a maggiore mortalità.
Spiegazione plausibile: l’ipotensione causa una grave o totale riduzione del flusso ematico
e pertanto predispone a condizioni di ischemia cerebrale anche in relazione al fatto
che nelle prime fasi del TC l’autoregolazione non è appropriata.
Indici prognostici minori
1. PRESENZA DI IPOSSIA
-
Qualora la P2O2 sia <60 mmHg
Può essere causata da:
1.
Ostruzione delle prime vie aeree da: inalazione di liquidi (vomito, sangue, altro),
malposizione della lingua, presenza di corpi estranei (es. frammenti di protesi)
2.
Emotorace o pneumotorace a causa dei quali vi è difficoltà nella espansione dei
polmoni
3.
Ipotensione arteriosa (presente nel 34% dei pz con ipossia)
-
Conseguenze dell’ipossia: necrosi dei tessuti cerebrali (ischemia)
-
Aree cerebrali più sensibili all’ipossia: aree vascolarizzate da vasi di minor calibro e quindi in zone
cerebrali più profonde costituite da sostanza bianca e nuclei della base
-
Epidemiologia: si verifica in >50% dei pz con TC ricoverati in terapia intensiva
-
Implicazioni prognostiche: se coesiste ipotensione arteriosa, si verifica un incremento del 150%
della mortalità; se si eliminasse lo shock ipotensivo la mortalità si ridurrebbe del 9,3%.
Indici prognostici minori
1. PRESENZA DI ISCHEMIA CEREBRALE
E’ spesso dovuta a severa ipossia.
Può causare come conseguenze successive atrofie cerebrali di zone più o meno estese.
12
Indici prognostici minori
1. PRESENZA DI ACIDOSI CEREBRALE
Si intende l’abbassamento del PH nel sangue venoso refluo dall’encefalo e/o nel LCS.
E’ una conseguenza della presenza di ipossia, ischemia, attivazione del metabolismo
anaerobio con produzione di acido lattico.
Implicazioni prognostiche: implica una maggiore morbilità e mortalità
Indici prognostici minori
1. PRESENZA DI IPERTENSIONE ENDOCRANICA
E’ una delle più gravi complicanze post-traumatiche.
Può essere risolta chirurgicamente (nei casi di ematomi intracerebrali e sottodurali),
non chirurgicamente (in caso di edema cerebrale ed iperemia diffusa)
Conseguenze: possibile ischemia cerebrale a seguito di: incremento di massa
endocranica compressione secondaria dei vasi arteriosi ipoafflusso
cerebrale ischemia cerebrale
Indici prognostici minori
1. PRESENZA DI IPERTENSIONE ENDOCRANICA
VALORI DI PRESSIONE ENDOCRANICA
<10mmHg: valori normali
10-20mmHg: valori patologici ma che non necessitano trattamento
20-50mmHg: valori francamente patologici e che necessitano di trattamento
>50 mmHg: valori difficilmente compatibili con la sopravvivenza
Correlati prognostici: la mortalità e morbilità sono ben correlati al tempo in cui la
PIC rimane >20mmHg. Morbilità e mortalità sono maggiori in relazione al
tempo in cui permane l’edema cerebrale.
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Indici prognostici minori
2. ENTITA’ DELLE LESIONI CEREBRALI
Le lesioni cerebrali consistono in una perdita di tessuto cerebrale e
quindi in una riduzione delle capacità funzionali. Posso essere
di due tipi: focali e diffuse
LESIONI CEREBRALI FOCALI
Focolai contusivo emorragici
Perdita di sostanza cerebrale
Emorragie intraparenchimali
Ischemie cerebrali secondarie a trombosi arteriose post-traumatiche
Determinano deficit neuropsicologici focali (afasia, neglect, ecc.)
LESIONI CEREBRALI DIFFUSE
Danno neuronale conseguente ad ipossia
Aumento eccessivo di PIC
Effetto di “strappamento dei neuroni” dalle violente modificazioni della
massa cerebrale durante il TC
Determinano una sindrome neuropsicologica da danno assonale diffusa
Indici prognostici minori
2. ENTITA’ DELLE LESIONI CEREBRALI
CONSIDERAZIONI PROGNOSTICHE
Prognosi più severa quando coesiste una sintomatologia focale e
diffusa
Quadri di estesa distruzione cerebrale sono associati ad esiti
gravissimi
Alterazioni a carico delle cisterne della base cranica, in
particolare delle cisterne perimesencefaliche sono associate a
significativi cambiamenti dell’outcome:
-
Cisterne normali: mortalità attesa= 22%
Cisterne compresse: mortalità attesa=39%
Cisterne non visualizzabili: mortalità attesa=77%
Indici prognostici minori
3. COESISTENZA DI LESIONI EXTRACRANICHE
Lesioni extracraniche più frequenti:
Fratture multiple (lesioni del sistema scheletrico)
Lesioni intra-addominali (lesioni di organi interni)
Lesioni intra-toraciche
Le lesioni extra-craniche sovente si complicano con svariati meccanismi patogenetici
-
Lesioni intratoraciche difficoltà respiratorie ipossia cerebrale
Lesioni intraddominali shock ipovolemico ipossia cerebrale
Fratture multiple (fratture delle ossa di arti e bacino) embolia grassosa aggravamento del
circolo cerebrale
NB: la presenza di fratture multiple è un indice prognostico peggiore anche perché i pazienti con fratture
multiple hanno subito traumi più gravi
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Indici prognostici minori
4. PRESENZA DI IDROCEFALO POST-TRAUMATICO
Può essere di due tipi:
Idrocefalo vero: conseguente a difficoltà di circolazione del liquor entro il sistema ventricolare; si
verifica in <5% dei casi; ha una progressione relativamente lenta
-
Idrocefalo secondario: iodrocefalo conseguente ad una notevole e talvolta precoce atrofia
sottocorticale e periventricolare che causa una dilatazione ventricolare “ex-vacuo”
Trattamento: posizionamento di una valvola endoventricolare che riduce la PIC e l’entità dell’idrocefalo
Implicazioni prognostiche: I pazienti che in seguito ad un TC hanno avuto un idrocefalo (anche se è
stato risolto con una valvola) presentano deficit neuropsicologici più gravi
Indici prognostici minori
5. PRESENZA DI DANNO ASSONALE DIFFUSO (DIFFUSE ASSONAL INJURY)
Il DAI si manifesta con atrofia, solitamente abbastanza precoce, che insorge
nell’area corrispondente della sostanza bianca sottocorticale.
Patogenesi: l’ipotesi più accreditata è la seguente:
Traumi cranici particolarmente violenti strappamento degli assoni delle cellule
neuronali della sostanza bianca cioè dei neuroni sottocorticali che
connettono tra di loro i neuroni degenerazione o isolamento dei neuroni
riduzione degli scambi interneuronali all’0interno degli emisferi tra
corteccia e nuclei della base o tra gli emisferi impoverimento qualitativo
delle prestazioni cognitive e motorie
Fattori favorenti la DAI: probabilmente ipossia cerebrale ed ipertensione
endocranica prolungata
Indici prognostici minori
6. LIVELLO INTELLETTIVO PREMORBOSO
Quanto piùil livello intellettivo premorboso è elevato tanto più gravi sono i postumi
neuropsicologici e più scarsa è la restitutio intellettiva (Studio di Mayers et al,
1989)
Osservazioni inattese e necessità di ulteriori verifiche
15
Sequele neuropsicologiche
A. Diversità a seconda del livello di gravità del TC
TC lieve (almeno 1 dei seguenti segni: perdita di conoscenza < 30’, GCS di 13-15, amnesia
post-traumatica <24 ore) (ISIGACRM, 1993)
TC moderatamente grave
TC grave
TC gravissimo
B. Diversità a seconda del coinvolgimento dell’encefalo
-
quadro lesionale focale (coinvolgimento di un’area circoscritta di uno o
entrambi gli emisferi a seguito delle quali conseguono sd neuropsicologiche
caratterizzate da presenza di sintomi cognitivi isolati come afasia, negligenza
spaziale unilaterale, disturbi della memoria, i quali richiedono trattamento
riabilitativo mirato al recupero di una determinata funzione)
-
quadro lesionale diffuso (quando vi è il contemporaneo coinvolgimento di più
aree cerebrali a cui seguono sd neuropsicologiche complesse le quali
richiedono trattamento riabilitativo integrato). E’ più frequente del quadro
focale.
Sequele neuropsicologiche nel TC lieve
Definizione di TC LIEVE
Almeno 1 dei seguenti segni:
1.
perdita di conoscenza < 30’,
2.
GCS di 13-15,
3.
amnesia post-traumatica <24 ore)
(ISIGACRM, 1993)
Sequele neuropsicologiche nel TC lieve
SINDROME POST-COMMOTIVA
Le caratteristiche principali della sd post-commotiva (definita anche sd
soggettiva da trauma cranico lieve) (Rutherford, 1989) è la discordanza
tra sintomi denunciati dal paziente e reperti obiettivi negativi.
La sintomatologia lamentata dal paziente consiste nella presenza di
-
Sintomi neurosomatici (cefalea, vertigini, insonnia)
-
Sintomi emotivo-comportamentali (irritabilità, scarsa tolleranza alle
frustrazioni, labilità emotiva, insicurezza nelle proprie capacità,
depressione, calo nella libido)
-
Sintomi cognitivi (disturbi della memoria, smemoratezza)
-
Disturbi responsabili di difficoltà relazionali (irritabilità, scarsa tollerenza
alle frustrazioni, insicurezza nelle proprie capacità)
Conseguenze di tali disturbi sono: deterioramento dei rapporti familiari,
ridotto rendimento scolastico o lavorativo
16
Sequele neuropsicologiche nel TC lieve
SINDROMI NEUROPSICOLOGICHE
Le caratteristiche delle sd neuropsicologiche sono:
1. Quadri caratterizzati da compromissione di funzioni basiche in particolare
di funzioni di supervisione attentiva, per cui il paziente lamenterà:
minore efficienza nell’affrontare e gestire le situazioni quotidiane,
maggiore lentezza nel risolvere i problemi, necessità di notevoli sforzi
attentivi e di concentrazione.
2. Quadri caratterizzati dal coinvolgimento contemporaneo di più funzioni e
deficit cognitivi più selettivi, come: deficit mnesici, lieve disinibizione,
minor autocontrollo, lievi difficoltà nel giudizio e nell’astrazione,
sfumate difficoltà nella programmazione e nell’organizzazione
pragmatica del discorso.
Sequele neuropsicologiche
QUADRO LESIONALE FOCALE
•
Disturbi del linguaggio (7-10% dei casi)
•
Disturbi attentivi
•
Disturbi della memoria
•
Negligenza spaziale unilaterale: si verifica nello 0,5-1% dei casi
•
Disturbi delle funzioni esecutive
Accelerazione delle alterazioni cognitive proprie dell’invecchiamento.
Nei bambini le lesioni focali si compensano meglio, però il danno diffuso è
meno tollerato.
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI DEL LINGUAGGIO
•
Disturbo di articolazione: disturbo di origine periferico
•
Disturbo del comportamento comunicativo: sono riconducibili a disturbi
della competenza “pragmatica”, cioè della competenza che modula il
linguaggio come strumento di formazione del pensiero, di organizzazione del
discorso, di efficacia informativa e di interazione personale e sociale (Hartey
e Jensen, 1991, 1992)
•
Disturbo nella ideazione e formulazione del discorso: rappresentati da
una riduzione della flessibilità sintattico-grammaticale e lessicale con
difficoltà nel reperire espressioni di efficace qualificazione, sintesi o
astrazione, nonché da incapacità di mantenere l’organizzazione tematica del
discorso, la coerenza globale al di sopra delle singole frasi (Glosser e Deser,
1990).
•
Mutismo post-traumatico: disturbo di origine frontale
•
Afasia post-traumatica: si verifica nel 7-10% dei casi
17
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI ATTENTIVI
-
Si rilevano in tutte le fasi del decorso post-acuto
-
Sono spesso irreversibili nei gravi traumatizzati cranici
-
Sono dovuti a sofferenza cerebrale di strutture cerebrali corticali (corteccia frontale, prefrontale,
parietale posteriore, occipito-temporale) e sottocorticali (sostenza reticolare, nuclei intralaminari
del talamo, vie talamo-corticali)
-
Alterazione dell’attenzione automatica (i traumatizzati cranici conservano l’attenzione
automatica solo in condizioni di normale vigilanza, buono stato di coscienza, spesso in stato di
coma superficiale, spesso in caso di coma vegetativo cronico o persistente)
-
Alterazione dell’attenzione volontaria (L’alterata attenzione volontaria nei TC fa si che i pz
possano svolgere adeguatamente un solo compito per volta, o al massimo un compito di
attenzione automatica e volontaria)
-
Alterazione dell’attenzione selettiva (per l’incapacità a controllare le interferenze provenienti
dall’ambiente con conseguente distraibilità e più prollungati tempi di risposta agli stimoli)
-
Alterazione dell’attenzione divisa (per l’incapacità a controllare contemporaneamente più
informazioni, incapacità a stabilire le corrette priorità tra le informazioni, pertanto possono distrarsi
su stimoli ambientali irrilevanti o ignorare informazioni rilevanti, incapacità a rispondere con
prontezza e flessibilità ad eventuali cambiamenti nella situazione ambientale)
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI ATTENTIVI
-
Alterazione dell’attenzione focalizzata (nei traumatizzati cranici vi è un’evidente difficoltà ad
accertare quali informazioni sono rilevanti e quali sono irrilevanti e quindi devono essere ignorate.
Per questo i pz con TC risultano distratti cioè non attenti alle informazioni a cui dovrebbero
prestare attenzione. Risultanop inoltre distraibili cioè attratti in continuazione da stimoli interferenti
che dovrebbero essere ignorati)
-
Alterazione dell’attenzione sostenuta (nei traumatizzati cranici vi è una notevole difficoltà a
mantenere un adeguato livello attentivo per tempi sufficientemente lunghi. Ciò è dovuto a precoce
affaticabilità e facile distraibilità. Determina riduzione dei tempi di concentrazione, errori nelle
procedure, tendenza a compiere conclusioni errate, interruzione precoce dei compiti)
-
Alterazione dell’attenzione alternata (i traumatizzati cranici possono non attivare un’alternanza
attentiva quando richiesta oppure la possono attivare per uno stimolo che non lo richiede o nel
momento non opportuno o possono perseverare in un’attività)
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI MNESICI
In genere sono caratterizzati da due fasi:
FASE PRECOCE: spesso transitoria e caratterizzata da alterazione della memoria anterograda ed
alterato orientamento spazio-temporale
FASE DEGLI ESITI: si caratterizza per la presenza di disturbi mnesici residui
MECCANISMI RESPONSABILI DEI DISTURBI MNESICI
Possono essere di due tipi:
LESIONI DIFFUSE: della sostanza bianca; si dimostrano in vivo con la RMN
LESIONI FOCALI (ematomi, ischemie, lesioni concussive): tipicamente localizzabili a livello di regioni
orbitofrontali e tremporali-mesiali
18
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI MNESICI NELLA FASE IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVA AL TC
Gli effetti immediati del trauma cranico sono sovente i seguenti:
1.
PERDITA DI COSCIENZA (COMA): della durata variabile da pochi minuti a molti mesi, a seguito
della quale si verifica come complicanza neuropsicologica l’impossibilità da parte del paziente di
registrare ciò che avviene attorno a lui
2.
DISTURBI SUCCESSIVI ALLA PERDITA DI COSCIENZA: sono i seguenti:
-
Stato confusionale
-
Deficit di qualunque forma di memoria
-
Disorientamento nel tempo e nello spazio
-
Confabulazioni
-
Incapacità ad apprendere nuove informazioni
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI MNESICI NELLA FASE PRECOCE DEL TC
La fase precoce del TC è quella che subentra dal momento in cui si è risolto lo stato confusionale. In
questa fase il paziente può presentare:
-
DISTURBI DELLA MEMORIA: deficit della memoria anterograda, deficit della memoria retrograda
-
ALTRI DISTURBI COGNITIVI: disorientamento temporo-spaziale, disturbi attentivi
-
DISTURBI COMPORTAMENTALI: es. agitazione psicomotoria
Sequele neuropsicologiche
DEFICIT DELLA MEMORIA ANTEROGRADA NEL TC
L’amnesia anterograda consiste nella incapacità di ricordare avvenimenti seguenti il trauma cranico.
Viene comunemente indicata con la sigla APT (amnesia post-traumatica) o PTA (post traumatic amnesia)
Ha una durata che varia a seconda se venga incluso anche il periodo del coma e il periodo dello stato confusionale.
La principale caratteristica è il deficit della memoria anterograda, pertanto qualcuno considera che l’APT sia un sinonimo
di amnesia anterograda
Cause nella determinazione della fine dell’APT sono dovute a:
1.
Persistenza di “isole di memoria”: isole di memoria interrompono l’APT facendo erroneamente considerare
conclusa l’APT
2.
Informazioni dei familiari: il pz ripete solo le informazioni dei familiari circa il trauma senza essere uscito
dall’amnesia
3.
Riorientamento temporale: i disturbi mnesici possono persistere anche dopo la riacquisizione dell’orientamento
temporale
La fine della APT si può determinare con varie scale come la GOAT (Galveston orientation and Amnesia Test) che
contiene domande su orientamento spasio-temporale, prove di apprendimento verbale e visuospaziale. Quando la
prestazione è simile ai controlli il pz è uscito dalla APT.
Le ipotesi patogenetiche sono:
1.
Diminuita capacità ad elaborare gli stimoli in ingresso
2.
Oblio accelerato delle informazioni, che sarebbe dovuto ad una alterata capacità di elaborare le informazioni
mentali
19
Sequele neuropsicologiche
DEFICIT DELLA MEMORIA RETROGRADA NEL TC
Spesso si associa al deficit della memoria anterograda
consiste nella incapacità di ricordare avvenimenti antecedenti il TC
Può riguardare solo l’evento traumatico inclusi eventualmente i minuti immediatamente
precedenti o periodi più o meno estesi della vita
Il deficit della MR tende a regredire parallelamente al deficit della MA
Durante il miglioramento vengono recuperati prima gli avvenimenti più remoti, poi via via
quelli più recenti sino al momento del trauma che nella maggiorparte dei casi non
viene ricordato (e si definisce lacuna mnesica)
PATOGENESI
La principale interpretazione sostiene che sia dovuta al deficit di rievocazione dei ricordi.
Sequele neuropsicologiche
DEFICIT MNESICI RESIDUI NEL TC
Definizione: consistono in disturbi mnesici che persistono dopo la risoluzione della APT.
Incidenza: secondo Russel (1971) si verificano nel 22% dei casi. Se l’APT dura >7gg, sono
presenti nel 55% dei casi; secondo molti autori aqnche dopo molti anni dopo il TC
sono presenti in >50% dei casi.
Aspetti anatomici: responsabili dei disturbi mnesici residui sono quadri con prevalente
coinvolgimento dei lobi temporali o dei lobi frontali
Quadri clinici peculiari, di maggiore occorrenza sono:
1.
Amnesia globale classica
2.
Disturbi mnesici da prevalente coinvolgimento dei lobi frontali
3.
Disturbi mnesici inusuali
Sequele neuropsicologiche
AMNESIA GLOBALE CLASSICA
Epidemiologia: Si può osservare in svariate patologie come traumi cranici, sd di Korsakoff,
encefalite erpetica, deterioramento senile
Anatomia patologica: è dovuta principalmente al coinvolgimento dei lobi temporali profondi
con interessamento dell’ippocampo
Patogenesi: da effetto diretto del trauma o da lesioni focali secondarie come ematomi,
lesioni dell’ippocampo (sensibile all’ipossia)
Caratteristiche generali: la componente di MBT è conservata, la componente di MLT è
deficitaria, la memoria anterograda è alterata, la compromissione della memoria
retrograda è variabile
Entità del disturbo: può essere parziale o completo; nel secondo caso impedisce al pz di
acquisire qualsiasi tipo di informazione
Caratteristiche specifiche nel TC: nella maggiorparte dei pz vierne riacquistata la capacità
di rievocare informazioni fino al limite di qualche secondo e qualche minuto prima
dell’evento traumatico. In alcuni pz il deficit è esteso fino a settimane (o addirittura
anni) prima dell’evento traumatico. Spesso però vi sono sporadiche “isole di ricordi
nconservate”
20
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI MNESICI SECONDARI AL COINVOLGIMENTO DEI LOBI FRONTALI
Sono conseguenze cognitive di lesioni dei lobi frontali.
Patogenesi del disturbo mnesico: ridotta dinamica generale dell’attenzione; ridotte strategie di
apprendimento ed ordinazione dei dati da apprendere
Caratteristiche del deficit mnesico secondario a lesione dei lobi frontali:
-
Deficit della working memory: il paziente è incapace di focalizzare l’attenzione in modo
continuativo; ilm paziente risente in modo abnorme delle stimolazioni ambientli distraenti
-
Deficit di apprendimento: il paziente è incapace di selezionare ed utilizzare correttamente le
strategie; non riesce ad utilizzare procedure efficaci di apprendimento e di rievocazione dei ricordi
(es. non riescono ad organizzare il materiale secdondo catagorie semantiche)
-
Deficit di rievocazione: incapacità a ricordare le informazioni apprese prima do dopo il TC, buona
capacità di rievocazione con suggerimenti opportuni; buone capacità in compiti di riconoscimento
-
Deficit della memoria prospettica; secondaria ad inefficiente organizzazione del materiale da
apprendere e rievocare
-
Incapacità a ricordare l’esatta sequenza temporale degli avvenimenti: come sopra
-
Tendenza a produrre confabulazioni: il paziente tende a sostituire lacune mnesiche con
confabulazioni, possono associarsi anche manifestazioni allucinatorie fino a configurare una
psicosi post-traumatica
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI MNESICI INUSUALI
Consistono in disturbi mnesici di rara osservazione nella pratica clinica.
Sono dovuti al coinvolgimento selettivo di alcune componenti della memoria
Quadri descritti sono i seguenti:
-
Prevalente (o selettiva) alterazione della memoria retrograda rispetto a quella
anterograda
-
Selettiva compromissione della memoria semantica, cioè delle nozioni enciclopediche
-
Fenomeni di amnesia globale transitoria: occorrenza rara e transitoria, non
riabilitabile
-
Paramnesia reduplicativa per i luoghi: il paziente è convinto che certi luoghi
(tipicamente l’ospedale in cui è assistito) sia situato in un posto diverso da quello
reale; il disturbo sembra prevalentemente determinato da un coinvolgimento delle
strutture frontali dell’encefalo.
Sequele neuropsicologiche
DISTURBI DELLE PROCEDURE ESECUTIVE
Si caratterizzano per:
•
Difficoltà nella corretta formulazione dei problemi da affrontare
•
Incapacità a stabilire preliminarmente gli obiettivi da raggiungere
•
Errata scelta delle strategie con cui condurre la sequenza operativa
•
Scelta di soluzioni eccessivamente semplificate o concrete
•
Errori di pianificazione e di mantenimento della sequenza dell’azione
•
Incapacità di automonitorarsi
•
Incapacità di apportare eventuali modifiche a quanto fatto
•
Perseverazione su una determinata strategia divenuta non più idonea
Luria & Tsveskova, 1967; Shallice, 1982; Faglioni, 1996
21
Sequele comportamentali
Concetti generali
I disturbi del comportamento conseguenti ai TC creano problemi nella riabilitazione più
dei disturbi cognitivi in quanto sono responsabili di una ridotta collaborazione
I disturbi del comportamento s verificano in un’alta percentuale di traumatizzati cranici
Anche nei TC lievi o moderati possono essere presenti sequele post-traumatiche
comportamentali
Nei TC più gravi sono frequenti anche i disturbi della condotta sociale
Sequele comportamentali
Livelli di comportamento
Esistono 3 livelli di comportamento:
•
Comportamenti riflessi: comportamenti mediati da meccanismi sottocorticali,
strettamente automatizzati e stereotipati, spesso a prevalente partecipazione
spinale
•
Comportamenti istintivi (o specie specifici): comportamenti intesi al
soddisfacimento di bisogni primari riguardanti la conservazione della specie, come
fame, sete, sonno, sessualità, attacco/difesa, termoregolazione
•
Comportamenti motivati (o intenzionali): sequenze di azioni avviate
volontariamente, organizzate e finalizzate ad uno scopo per il raggiungimento del
quale è necessario operare una valutazione critica di ciascuna scelta. Sono
l’espressione delle caratteristiche generali della personalità, riguardano lo stile di
vita, riguardano il rispetto dei codici interpersonali, riguardano l’autocritica,
riguardano la qualità delle manifestazioni emotive.
I disturbi motivati sono quelli maggiormante coinvolti nella clinica e riabilitazione dei TC.
Sequele comportamentali
Quadri clinici
Autori come Lishman (1978) hanno proposto una classificazione dei disturbi del comportamento in
sindromi già definite della psichiatria corrente
DISTURBI COMPORTAMENTALI DA EFFETTI ACUTI DEL TC
1.
Psicosi
2.
Deficit mnesici
DISTURBI COMPORTAMENTALI COME SEQUELE CRONICHE DEL TC
1.
Deficit cognitivi
2.
Modificazioni della personalità
3.
Psicosi
4.
Nevrosi
5.
Sindrome soggettiva post-traumatica (nei casi di trauma lieve)
Questo schema di classificazione si è dimostrato sempre meno accettabile e pertanto sono stati
creati nuovi raggruppamenti sindromici.
22
Sequele comportamentali
Quadri clinici
Gli esiti comportamentali che si possono osservare nei traumi cranici
possono essere:
1.
Sindrome uni/paucisintomatica
2.
Sindrome similnevrotica
3.
Sindrome simil-psicotica
4.
Sindromi da detrerioramento diffuso della personalità
5.
Demenza post-traumatica
6.
Sindromi frontali
Sequele comportamentali
Sindrome uni/paucisintomatica
Si verifica in pazienti con alcuni deficit neuropsicologici di grado lieve in un
contesto di una buona conservazione delle restanti funzioni cognitive
e del comportamento.
La
personalità del paziente appare ai familiari
immodificata rispetto all’epoca pre-morbosa.
sostanzialmente
Possono essere presenti fenomeni nevrotici.
Sequele comportamentali
Sindrome simil nevrotica
I pazienti hanno una buona conservazione delle funzioni cognitive.
Sono presenti sintomi soggettivi di ordine emotivo ed affettivo come tendenza
all’isolamento, irritabilità, faticabilità, turbe del sonno, diminuzione della libido,
astenia generalizzata, labilità emotiva.
Nell’ambito di tale quadro, riconducibile semeiologicamente a quello della psichiatria
classica erano state indididuate due sottoclassi:
Nevrosi tipo A: a maggiore impronta organica, tendente al miglioramento.
Nevrosi tipo B: a maqggiore impronta psico-emotica, con scarsa tendenza al
miglioramento
23
Sequele comportamentali
Sindrome simil psicotica
Riconducibile a forme psichiatriche primitive.
Di scarsa rilevanza epidemiologica in quanto infrequente.
Nella maggiorparte dei casi consiste nello scompenso di una condizione premorbosa
“a rischio”
Il quadro clinico si caratterizza per la presenza dei seguenti sintomi: interpretazioni
deliranti, fenomeni allucinatori, intrusioni, incoerenza del pensiero, impulsività,
aggressività, irritabilità, scarsa o nulla consapevolezza di malattia
Sequele comportamentali
Sindrome da deterioramento diffuso della personalità
Si verifica nei casi di grave danno cerebrale
Si associa alla presenza di deficit focali
Si associa ad un deterioramento diffuso cognitivo sino ad un vero e proprio quadro di
demenza.
Sequele comportamentali
Demenza post-traumatica (DPT)
La differenza dalle demenze classiche è per i seguenti ordini di motivi:
1.
La sintomatologia è estremamente variabile, mentre nelle demenze classiche è più costante.
Tende quasi sempre ad evolvere verso un miglioramento del quadro di autonomia mentre nelle
demenze classiche l’autonomia si riduce progressivamente. Sono rari i casi in cui l’evoluzione è
in senso peggiorativo.
2.
Sono differenti i disturbi del comportamento rispetto a quelli che si rilevano nelle demenze
classiche. Nella demenza PT i disturbi del comportamento sono più assimilabili a quelli propri
delle sindromi frontali ed amnesiche.
3.
Nella DPT la prognosi è migliore
4.
Nella DPT vi sono maggiori possibilità di interventi riabilitativi rispetto alle demenze classiche in
cui consistono in supporto amnientale e stimolazione delle capacità residue
5.
L’età costituisce un aspetto prognostico: al di sopra dei 50 anni è meno certa la correlazione tra
gravità del deterioramento ed indici prognostici considerati validi (punteggio della GCS, durata
del coma e della amnesia post-traumatica). Infatti vi sono molti soggetti di età >50 anni in cui gli
indici prognostici sono favorevoli, ma che sviluppano a distanza di tempo dall’evento traumatico
un grave deterioramento cognitivo (sino alla demenza) e grave deterioramento della
personalità.
24
Sequele comportamentali
Sindromi frontali
Le sindromi frontali sono assai frequenti essendo le aree frontali più esposte agli effetti di
accelerazione-decellerazione traumatica.
Si caratterizzano per la presenza principalmente di disturbi comportamentali:
-
turbe riguardanti la consapevolezza della malattia,
-
turbe sulle condizioni affettivo-emotive,
-
Turbe circa la dinamica di vita
Componenti delle sindromi frontali sono:
-
Deficit delle funzioni cognitive (anosognosia, confabulazioni)
-
Disturbi dell’emotività
-
Disturbi motivazionali
-
Disturbi comportamentali frontali
Sequele comportamentali
Sindromi frontali: deficit delle funzioni cognitive
Le sindromi frontali con deficit cognitivi spesso costituiscono impedimento al trattamento riabilitativo. I
principali deficit cognitivi di impedimento al trattamento riabilitativo sono:
Anosognosia: deficit della consapevolezza di malattia. Può essere presente in fase post-acuta. E’
spesso responsabile dei comportamenti oppositivi del paziente nei confronti delle terapie.
Suggerisce l’applicazione di tecniche qualificate come cognitivo-comportamentali.
Confabulazioni: fattore che agisce negativamente sul comportamento.
Sequele comportamentali
Sindromi frontali: disturbi dell’emotività
I disturbi dell’emotività più frequenti sono i seguenti:
Ottundimento affettivo: il paziente sembra insensibile anche di fronte ad avvenimenti ad alta carica
affettiva, es. non piange e ride con reale partecipazione.
Euforia: si osserva di frequente in caso di parziale o totale mancanza di consapevolezza di malattia.
Diminuzione della competenza sociale: ridotta abilità di mediare e soddisfare le aspettative
ambientali nei diversi ruoli che la vita di relazione assegna a ciascuno; diminuzione dell’impulso
a concepire ed a fare e di conseguenza anche del fare creativo.
25
Sequele comportamentali
Sindromi frontali: disturbi motivazionali
I disturbi motivazionali riflettono una carenza delle capacità di avviare o mantenere una sequenza
comportamentale. I più frequenti osservabili sono:
Apatia: indifferenza agli avvenimenti dell’ambiente circostante, perdita di interessi, affettivamente
indifferente
Inerzia: il paziente sembra in una situazione di perenne attesa, risulta incapace di prendere iniziative
Impulsività: tendenza a fornire risposte non mediate da un’efficiente capacità di giudizio logico e
problem solving
Iperattività
Faticabilità
Estrema distraibilità
Sequele comportamentali
Sindromi frontali: disturbi comportamentali frontali
Nella maggiorparte dei casi sono la risultante dei deficit precedentemente elencati. I più frequenti sono:
Perseverazione: tendenza a utilizzare ripetutamente soluzioni già adottate, incapacità ad adattarsi ai
mutamenti
Aggressività:irascibilità
Incapacità di inibire le risposte: disinibizione
Atteggiamenti regressivi: manifestazioni di infantilismo e di regressione affettiva
Dissociazione:
Richieste inadeguate o inaccettabili:
Inosservanza delle regole sociali: inopportuno nei rapporti sociali
Turbe della sfera sessuale:
Sequele comportamentali
Sindromi frontali: disturbi comportamentali frontali
Le sindromi frontali sono state ricondotte a tre ordini di deficit (Eamer et al, 1990):
A.
Processi comportamentali: si caratterizzano per presenza di aggressività, impulsività, disinibizione,
perseverazione, atteggiamenti regressivi, atteggiamewnti manipolativi
B.
Deficit comportamentali; si caratterizzano per carenza di insight, demotivazione, rallentamento
ideomotorio. Secondo Burges e Wood (1990) esisterebbero 5 tipi di deficit comportamentali:
1)
Perdita o riduzione delle capacità di controllo emotivo:
2)
Perdita o riduzione delle capacità di autoregolazione
3)
Perdita o riduzione delle capacità di introspezione (insight)
4)
Perdita o riduzione delle capacità di avviare un comportamento (inerzia)
5)
Perdita o riduzione delle capacità di apprendimento dichiarativo
A.
Comportamenti patologici associati a sindromi psichiatriche: possono essere di tipo depressivo,
paranoide, compulsivo, ciclotimico, isterico.
26
RIABILITAZIONE COGNITIVA
PROGRAMMAZIONE
La programmazione del trattamento riabilitativo di un TC
deve tener conto di:
1. Livello di gravità clinica degli esiti post-traumatici
2. Fase evolutiva nella quale si interviene
3. Profilo sintomatologico neuropsicologico
4. Criteri di formulazione degli obiettivi
5. Scelta metodologica che appare di volta in volta più
opportuna
6. Tipo di reinserimento socio-lavorativo a cui si mira
RIABILITAZIONE COGNITIVA
1. LIVELLO DI GRAVITA’ CLINICA
-Nei pazienti che ha subito un TC che ha prodotto esiti gravissimi: approccio
diagnostico di tipo ecologico, cioè condotto attraverso l’osservazione da parte di
riabilitatore, staff e familiari, delle capacità residue che possono essere messe in atto
nello svolgimento delle AVQ: lavarsi, vestirsi, alimentarsi, ecc. Il trattamento riabilitativo
sarà incentrato sul miglioramento laddove possibile delle medesime attività e
sull’eventuale raggiungimento di autonomia in altre attività semplici e routinarie.
- Nei pz con TC lieve: può essere indicata una indagine valutativa più sofisticata che
verifichi le capacità di pianificazione ed organizzazione di attività complesse, le capacità
di cominicazione e di apprendimento di informazioni multiple. Il trattamento riabilitativo
sarà incentrato sull’attivazione di strategie che consentano di compensare le medesime
inadeguatezze esecutive e comportamentali.
- Nei pz con traumi cranici moderati-gravi: si possono osservare situazioni cliniche
assai diverse per gravità e profilo sintomatologico: disturbi delle capacità basiche,
deterioramento di funzioni basiche, strumentali ed esecutive, sindromi con prevalenti
disturbi frontali, sindromi con prevalenti disturbi comportamentali. Tale molteplicità di
configurazioni cliniche richiederà la formulazione di progetti riabilitativi altrettanto
nmolteplici.
RIABILITAZIONE COGNITIVA
2. FASE EVOLUTIVA
-Nei pazienti che si trovano in una fase post-traumatica precoce (immediatamente
successiva all’evento traumatico): intale fase il TC è solitamente confuso, disorientato, poco
collaborante, non riesce a mantenere l’attenzione concentrata. Il tipo di intervento
riabilitativo presenta caratteristiche più di tipo occupazionali e di orientamento nella realtà. Si
basa sul fornre stimoli semplici che riguardino le attività della vita quotidiana (lavarsi,
vestirsi, alimentarsi, riordinare le proprie cose, ecc.)
- Nei pz in fase intermedia: il pz si riorienta ed assume parziale consapevolezza della
propria situazione, tuttavia sono presenti deficit neuropsicologici come anosognosia, disturbi
attentivi e mnesici. La riabilitazione si basa su continui richiami e sollecitazioni, ripetute
informazioni personali, ambientali e generali (Reality Orientation Therapy).
- Nei pz in fase medio-avanzata: Si può definire un profilo neuropsicologico. E’ possibile un
intervento riabilitativo cognitivo inteso al trattamento di funzioni cognitive basiche,
strumentali, esecutive e comportamentali compromesse.
- Nei pz in una fase in cui è possibile il reiserimento sociale e scolastico/lavorativo:
L’intervento riabilitativo sarà in parte cognitivo, ma anche occupazionale a seconda del tipo
di reinserimento prospettabile (specifica attività lavorativa e disturbi modificabili). Potrebbero
essere utili interventi di sostegno sui familiari.
27
RIABILITAZIONE COGNITIVA
3. PROFILO NEUROPSICOLOGICO
-Nei pazienti che presentano forme diffuse (elevata estensione lesionale, sono le forme
più frequenti): Vi è una scala di gravità che va dal trauma lieve a sindromi sempre più
complesse tra le quali sovente si configurano sindromi frontali. Si sceglierà su quali
deficit cognitivi intervenire per prima. Il trattamento si andrà successivamente affinando e
ramificando in relazione alle risposte.
-Nei pz con forme focali (in forma pura sono relativamente rara): il profilo clinico si
qualifica per deficit di singole funzioni strumentali. Si effettueranno trattamenti specifici
mirati al trattamento del singolo deficit cognitivo.
RIABILITAZIONE COGNITIVA
4. CRITERI DI FORMAZIONE DEGLI OBIETTIVI
Sulla base del profilo
dei problemi cognitivi
Esempi: - Nei pz afasici: migliorare la qualità del linguaggio e della comunicazione.
- Nei pz amnesici: migliorare la quantità delle informazioni memorizzate e la qualità
del ricordo.
- Nei pz eminattenti: migliorare il controllo e l’esplorazione dell’emispazio negletto.
Sulla base del
miglioramento della
funzione ed autonomia
Esempi: - Nei pz con gravi disturbi (motori/cognitivi): raggiungere una autonomia
minima nelle attività personali (lavarsi, vestirsi, alimentarsi)
- Nei pz con moderati disturbi: raggiungere una autonomia nello svolgimento delle
attività personali e domestiche (riordinare casa, rispondere al telefono, utilizzare
elettrodomestici, cucinare).
- Nei pz con lievi disturbi: raggiungere una autonomia nello svolgimento delle
attività interpersonali, relazionali (fare la spesa, spostarsi con i mezzi di trasporto,
partecipare ad attività di gruppo) e lavorative (rispettare gli orari, apprendere nuove
procedure).
RIABILITAZIONE COGNITIVA
5. METODOLOGIE RIABILITATIVE
CATEGORIE METODOLOGICHE
- Strutturali: intervengono sul livello strutturale di una determinata funzione che risulta compromessa.
Es. la struttura morfologica in un afasico con disturbi grammaticali.
- Cognitiviste: intervengono su un passaggio o su una componente di una ipotizzabile sequenza di
elaborazione dell’informazione. Es. compensare secondo un determinato modello le difficoltà di
accesso al lessicono di risoluzione dei calcoli.
- Comportamentistiche: intervengono applicando tecniche in grado di modificare comportamenti
inadeguati nell’interazione ambientale e sociale. Es. contrastare l’inerzia nelle attività quotidiane o
l’aggressività nei rapporti interpersonali.
- Occupazionali: agiscono in modo ecologico ed olistico, attraverso il riaddestramento a compiere le
più comuni attività della vita quotidiana. Es. attività di igiene personale, preparazione del pasto.
Procedure sociali e lavorative.
- Individuali: per qualunque delle categorie sopradescritte. Preferibile per la rieducazione della
maggiorparte dei disturbi cognitivi.
- Di gruppo: per qualunque delle categorie sopradescritte. Preferibile per la rieducazione sia delle
abilità della vita quotidiana che il comportamento comunicativo e relazionale.
28
RIABILITAZIONE COGNITIVA
5. METODOLOGIE RIABILITATIVE nei traumatizzati cranici lievi
LINEE GUIDA AL TRATTAMENTO (Gronwall, 1986; Liberto, 1993; Stevens e Wolfe, 1997)
1) Informazione: fornire al paziente esaurienti spiegazioni circa la natura patogenetica dei suoi
sintomi, contemporaneamente rassicurandolo sul fatto che questi rappresentano una “normale”
conseguenza del trauma e non sono indici di ulteriori complicanze.
2) Educazione: riorientare il paziente circa il comportamento più corretto da mantenere nel quotidiano
(gestire vari problemi e situazioni della vita quotidiana, attività di lavoro e di studio).
3) Supporto: relazione terapeutica, situazione di fiducia reciproca anche con colloqui di sostegno volti
alla presa di coscienza dei suoi sintomi, accurata autovalutazione ed accettazione della nuova condiz.
4) Terapia cognitiva: approccio mirato a ben definite sequele neuropsicologiche come i deficit
attentivi, mnesici, le capacità di giudizio, nel problem solving, linguaggio, approntando esercizi
riabilitativi che simulino quanto più possibile il contesto reale in cui il soggetto si trova ad operare.
5) Incontri con i familiari: necessari per coinvolgere anche altre persone significative nella vita del
paziente e consigliare gli atteggiamenti più opportuni per superare conflitti familiari.
6) Monitoraggio: valutazione periodica, a frequenza progressivamente ridotta, allo scopo di seguire i
progressi e di fornire feedback sulle modalità di approccio alle situazioni quotidiane, individuando i
problemi ancora da risolvere, ed escogitando insieme le strategie più opportune per risolverli.
RIABILITAZIONE COGNITIVA
5. METODOLOGIE RIABILITATIVE nella sd frontale post-traumatica
LINEE GUIDA AL TRATTAMENTO (Ben-Yishay et al, 1985; Ben-Yishay e Lakin, 1989)
Prima fase (fase di trattamento intensivo) (della durata di 20 sett. e frequenza di 5 gg. la settimana,
5 ore ogni gg): fase il cui scopo è quello di affrontare i deficit cognitivi, comportamentali e psicoemotivi del singolo paziente all’interno di una comunità terapeutica costituita da membri dello staff e
pz con simili sequele, i loro familiari ed eventuali visitatori esterni (medici o psicologi). Il trattamento
riabilitativo è costituito da sedute terapeutiche individuali, esercizi in gruppo, colloqui di sostegno e
momenti ricreativi comunitari
Seconda fase (fase di preparazione all’inserimento lavorativo): fase che ha lo scopo di fornire un
orientamento realistico nei confronti del lavoro, feedback nei confronti delle proprie capacità e del
proprio comportamento, verifica della propria prestazione, dapprima in attività di lavoro simulate a
tavolino e successivamente in veri e propri stage di lavoro protetti all’interno della stessa sede
lavorativa.
Terza fase (fase di ricerca di un’attività lavorativa esterna): fase in cui una figura dell’equipe
riabilitativa si incarica di instaurare un rapporto di collaborazione con il datore di lavoro e di seguire il
paziente, inizialmente sul posto e successivamente con incontri programmati, monitorando la sua
prestazione e supportandolo in eventuali decisioni o relativamente a determinati problemi.
RIABILITAZIONE COGNITIVA
5. METODOLOGIE RIABILITATIVE di gruppo
Indicazioni:
- trattamento di disturbi cognitivi (es. attenzione e memoria) (Spencer, 1993)
- trattamento dei disturbi della comunicazione pragmatica (Wiseman-Hakes et al, 1998),
- trattamento dei disturbi emotivi e comortamentali (Prignatano, 1986),
- favorire l’adattamewnto familiare e sociale (Mazzucchi, 1999)
Vantaggi:
a)
Facilitare la presa di coscienza delle proprie capacità e dei propri limiti,
b)
Promuovere interazioni che facilitano il superamento dell’inerzia, della rigidità di pensiero,
dell’ottundimento affettivo e di promuovere il miglior autocontrollo della disinibizione,
dell’irritabilità e dell’aggressività
c)
Favorire la verifica dell’adeguatezza del proprio comportamento
d)
Facilitare uno spirito di partecipazione e competizione
e)
Sollecitare un atteggiamento più indipendente
29
RIABILITAZIONE COGNITIVA
5. METODOLOGIE RIABILITATIVE di gruppo
Modalità di trattamento di gruppo:
- sedute condotte da un riabilitatore esperto in riabilitazione cognitiva e con competenze nelle tecniche
di gruppo, affiancato o supervisionato da uno psicologo conoscitore delle dinamiche di gruppo
-numero di partecipanti compreso tra 5 ed 8 pazienti selezionati sulla base di età, gravità clinica, fase
di evoluzione, disturbi oggetto del trattamento
-le attività sono organizzate in modo di perseguire anche obiettivi individuali.
-in caso di disturbi del comportamento interattivo potranno essere utilizzate procedure del tipo “role
playing” e dovranno prevedere una preliminare definizione dei ruoli di ciascun partecipante,
nonché regole di gruppo che stabiliscano quali siano i comportamenti accettabili e quali quelli
inadeguati e quali siano le conseguenze positive o negative sui comportamenti prodotti.
- Nel caso le sedute siano dedicate alla rieducazione dei disturbi cognitivi (comunicazione,
pragmatica, problem solving), saranno integrative delle sedute individuali. Il trattamento
cognitivo di gruppo avrà come finalità quella di ottenere una più precoce e consistente
consapevolezza dei propri disturbi ed un livello motivazionale e partecipativo più elevato. Anche
in questo tipo di gruppo la tecnica del “role-playing” si dimostra particolarmente efficace. Si
possono simulare situazioni semplici e concrete (come fare una ordinazione al ristorante) o
compiti sociali più complessi (es. condurre un colloquio per essere assunti, presentare se stessi
ad un pubblico vasto)
RIABILITAZIONE COGNITIVA
5. METODOLOGIE RIABILITATIVE finalizzate al reinserimento socio-lavorativo
Alla fine di eseguire un bilancio programmatico bisogna tener conto di:
-
Capacità cognitive residue (Cook, 1990) indagati attraverso una valutazione neuropsicologica
-
Quanto e come si possano ancora apportare positive modifiche dei disturbi che potrebbero
condizionare la scelta
-
Quanto e come si manifestano i disturbi cognitivi e comportamentali prevedibilmente più
modificabili
-
Tipo di lavoro ed abilità premorbose
-
Tipo di lavoro (o indirizzo scolastico) prescelto (identico al premorboso, simile ma più semplice
nelle richieste cognitive e procedurali, del tutto nuovo)
-
Capacità motorie e sensoriali residue
-
Situazione personale (età, residenza, livello culturale) e familiare
-
Adattamento all’ambiente
-
Uso del tempo libero
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Profilo emotivo-comportamentale
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Grado di autonomia indagato attraverso questionari di tipo occupazionale ed ergonomici
RIABILITAZIONE COGNITIVA
5. METODOLOGIE RIABILITATIVE finalizzate al reinserimento socio-lavorativo
L’ intervento riabilitativo si baserà su:
-
Miglioramento delle capacità attentive: es. capacità di escludere le interferenze, di distribuire
l’attenzione su almeno 2 obiettivi, di concentrarsi su quello prescelto fino al suo completamento,
di stabilire la gerarchie delle priorità
-
Miglioramento delle capacità mnesiche: capacità di utilizzare con efficienza gli ausili esterni, di
migliorare la memoria prospettica monitorandosi con cadenza periodica, di applicare strategie di
facilitazione nell’apprendimento di nuove informazioni e procedure
-
Miglioramento delle capacità di comunicazione: es. saper formulare richieste, miglioramento
della comprensione di quanto deve essere svolto, saper fornire spiegazioni concise e coerenti di
quanto si è fatto o si vorrebbe fare, saper comprerndere spiegazioni verbali e scritte
-
Miglioramento delle capacità esecutive: capacità di organizzare la propria giornata o il proprio
lavoro: appuntamenti, predisposizioni, svolgimento e completamento di un’attività, revisione
critica di quanto è stato fatto
-
Miglioramento del comportamento: autoconsapevolezza, autocontrollo, autostima
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RIABILITAZIONE COGNITIVA
5. METODOLOGIE RIABILITATIVE finalizzate al reinserimento socio-lavorativo
Programmi finalizzzati al reinserimento lavorativo:
-
Programmi olistici (Comprehensive day treatment programs): prevedono un addestramento al
lavoro da intraprendere quando il traumatizzato cranico si trova ancora in ambiente riabilitativo.
Si basa sulla organizzazione in ambiente riabilitativo di “work trials” cioè attività lavorative a
tempo parziale e non retribuite (in biblioteca, bar ed uffici del centro di riabilitazione) aventi lo
scopo di fornire un orientamento realistico nei confronti del lavoro, verificare le capacità ed il
comportamento, migliorare ilo rendimento e sviluppare strategie compensatorie ed eventuali
ausili. Alla fase di work trial segue il vero e proprio inserimento familiare e lavorativo.
-
Programmi di supporto (Supported employment programs): prevedono un supporto dopo che
il traumatizzato cranico è stato inserito in ambiente lavorativo. Si applica in pazienti con gravi
disabilità che necessitano di personale di supporto permanente (lavoro protetto o non
competitivo) o pazienti con disabilità meno gravi che necessitano di supporto di una persona
(cosiddetto job coach) che si occupa di stabilire i contatti preliminari ed instaurare un rapporto di
collaborazione con l’ambiente di lavoro, valuntare eventuali problemi emersi e strabilire con il
traumatizzato cranico le strategie per risolverli.
Wehman e Kreutzer, 1990
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