Riabilitazione Neuropsicologica del Traumatizzato cranico ARGOMENTI : I) Classificazione dei traumi cranio-encefalici II) Fisiopatologia dei traumi cranici III) Indici predittivi neuropsicologici nei traumi cranici IV) Sequele cognitive V) Sequele comportamentali VI) Riabilitazione cognitiva dei traumi cranici Classificazione dei traumatismi cranio-encefalici Chiusi: senza frattura della teca cranica Aperti: con frattura della teca cranica Microtraumatismi: producono un danno assonale diffuso, non identificabile alla TC, dovuto a brusca accelerazione o decellerazione Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo: 1. Fratture craniche: rottura delle ossa del cranio (della base cranica, da sfondamento, lineare) FRATTURA DELLA BASE CRANICA 1 Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo: 1. Fratture craniche: rottura delle ossa del cranio (della base cranica, da sfondamento, lineare) FRATTURA DA SFONDAMENTO Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo: 1. Fratture craniche: rottura delle ossa del cranio (della base cranica, da sfondamento, lineare) FRATTURA LINEARE Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo: 2. CONTUSIONE: colpo-contraccoplo, necrosi tra 24 ore e 7 giorni 2 Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo: 2. LACERAZIONE A BARRA METALLICA (cavitazione) Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo: 3. EMATOMI ED EMORRAGIE (rottura diretta dei vasi meningei o cerebrali)) 3050% dei gravi traumi, possono determinare coma per compressione (effetto massa) del troncoencefalo Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo: 3. EMATOMI ED EMORRAGIE (craniectomia) 3 Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni del capo: 4. IGROMI (rottura diretta dello spazio subaracnoideo, con espansone del LCS all’interno del parenchima cerebrale) Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni dell’impatto sul capo nello sport del calcio Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni primarie: Effetti diretti delle lesioni dell’impatto sul capo 4. LESIONI DIFFUSE DELLA SOSTANZA BIANCA (la forza della accelerazione-rotazione determina un danno assonale diffuso, disconnettendo i fascicoli cortico-sottocorticali. Se il TCE è lieve vi sono effetti cognitivi diffusi; se è grave coma o morte per interessamento troncoencefalico) 4 Effetti fisiopatologici dell’impatto EFFETTI FISIOPATOLOGICI DA ACCELERAZIONE-DECELLERAZIONE Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni secondarie: Effetti indiretti dei movimenti bruschi SINDROME DEL BEBE’ SCOSSO: encefalopatia acuta con emorragia subdurale, edema cerebrale, emorragia retinica, ritardo psicomotorio ed intellettivo, frontalizzazione e morte. (Mechanisms of brain injury in infantile child abuse, The Lancet, 2000, vol 358 (9283), p. 686) Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni secondarie: Effetti diretti ed indiretti degli impatti craniofacciali ripetuti (boxer): “punchdrunk” (demenza pugilistica) 5 Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni secondarie: Effetti indiretti degli impatti sul capo. 1. EDEMA: Il volume di acqua extracellulare e propriamente l’ematoma possono determinare un incremento brusco di pressione intracranica (PIC), comprimendo l’ippocampo (necrosi) o il troncoencefalo (coma o morte) Effetti fisiopatologici dell’impatto Lesioni secondarie: Effetti indiretti degli impatti sul capo. 2. IPOSSIA ISCHEMICA: Se si interrompe l’apporto di ossigeno e glucosio al cervello appaiono lesioni ischemiche (di ippocampo e zone di confine tra le grandi arterie cerebrali). Effetti ritardati dei TCE Demenza post-traumatica (pugilistica o da grossa perdita di massa corticale) Idrocefalo post-traumatico Epilessia post-traumatica (specialmente in età infantile: 2-33%) 6 Indici predittivi nei TCE Utilità: servono ad esprimere un giudizio prognostico cioè circa le aspettative del recupero Nel breve termine: indicano la necessità di adottare determinati provvedimenti Nel lungo termine: orientano il processo riabilitativo in quanto danno previsioni su possibilità di futuro reinserimento sociale e lavorativo. Limiti degli Indici predittivi nei TCE 1. Non sono stati ancora verificati su un alto numero di casi 2. Un singolo parametro non è in grado di predire accuratamente la prognosi, ma la pluralità degli indici 3. La valutazione degli indici prognostici è soggettiva (per poter superare la soggettività delle valutazioni sono state verificate svariate scale di valutazione) 4. Per la natura stessa dei fattori eziologici non vi sono pazienti che siano perfettamente comparabili ad un altro sia per gravità che per tipologia 5. I giudizi prognostici si basano su una media di casi, solo approssimativamente omologhi e pertanto non possono prevedere costantemente ed esattamente quello che accadrà in quel singolo paziente, per cui vanno evitate le sentenze di irrecuperabilità, di essere troppo perentori ma anche troppo pessimisti. Definizioni temporali per la prognosi Sono essenzialmente due: 1. A quale distanza dal trauma può essere formulata (affidabilità della formulazione) 2. Quando comincia ad essere valida (validità della formulazione) Risposte: 1. L’affidabilità si modifica nel tempo - I primi dati sono disponibili alcune ore dal trauma - Alcuni fattori (come sedazione, intubazione) possono rendere difficile l’affidabilità - Sono frequenti complicazioni secondarie (es. ematomi tardivi) soprattutto nei TCE gravi 2. Va formulata al più presto possibile per le seguenti ragioni: A. Fornire ai familiari un orientamento su quanto debbono attendersi B. Consentire ai curanti di orientare il trattamento 7 Tempi di affidabilità delle prognosi Entro 24 ore si possono identificare i casi estremi (assenza di reattività pupillare, assenza di reattività motoria) indicativi di danni irreparabili Nei primi 3 giorni il quadro classico e strumentale sono in genere sufficientemente chiari e stabili per una valutazione prognostica ragionevolmente certa Tempi di validità delle prognosi La validità della prognosi dipende dalla stabilità del quadro clinico Nelle settimane successive può modificarsi Nei mesi successivi può modificarsi ulteriormente. Negli anni successivi ulteriori progressi si osservano anche ad un anno dal trauma, comunque a circa 6 mesi dal trauma le condizioni cliniche tendono a stabilizzarsi. Per cui nella maggioranza dei casi 6 mesi si considera rappresentativo. Indici di accertata validità prognostica INDICI PROGNOSTICI MAGGIORI (INDICI DI FASE ACUTA) 1) Glasgow Coma Scale (punteggio raggiunto) (Janett e Tesdale, 1981; Rimel et al, 1990) 2) Obiettività pulippare 3) Durata complessiva dello stato di coma post-traumatico (Bond, 1986) 4) Durata della amnesia post-traumatica (Jennett e Teasdale, 1981) 5) Età del paziente (Marmarou et al, 1991) INDICI PROGNOSTICI MINORI (INDICI DI POTENZIALE SIGNIFICATO PROGNOSTICO) 1) Qualità della fase acuta (qualità dei primi soccorsi, presenza di ipotensione arteriosa, ipossia, ischemia, acidosi cerebrale, ipertensione endocranica, durata di tali alteraz.) 2) Entità delle lesioni cerebrali evidenziate con gli strumenti neuroradiologici 3) Coesistenza di lesioni extracraniche 4) Presenza di idrocefalo post-traumatico 5) Presenza di danno assonale diffuso 6) Livello intellettivo premorboso 8 Indici prognostici maggiori 1. GLASGOW COMA SCALE - Si applica nella fase acuta del trauma cranico - Si basa sulle risposte visive, verbali e motorie - Valuta l’entità del trauma cranico a seconda del punteggio PERDITA DI CONOSCENZA (COMA): Anomalie a livello della formazione reticolare del troncoencefalo. GCS=Scala del coma di Glasgow: 3-15 Indici prognostici maggiori Perdita di conoscenza (Coma) Gradi di coma: P=15 (punteggio massimo): normalità P=13-15: trauma cranico lieve P=9-12: trauma cranico moderato P=4-8: trauma cranico grave P<4: trauma cranico gravissimo (associato ad elevatissima mortalità) - Correla con le altre scale di outcome - Correla male con gli esiti neuropsicologici NB. Ulteriore indico prognostico dedotto è il numero di giorni necessari a raggiungere un determinato punteggio GCS: 8 o <: mortalità 40%; 3-5: mortalità 60% Indici prognostici maggiori Perdita di conoscenza (Coma) Gradi di perdita di conoscenza: -Stato confusionale (GCS=14): disorientamento spazio-temporale -Sindrome commotiva: disturbi attenzionali, mnesici, di concentrazione, di carattere -Lieve: perdita di coscienza<20 min. Amnesia post-traumatica (APT)<24 ore -Classica: perdita di coscienza>6h, danno assonale diffuso -Stato di “locked in” e coma vegetativo cronico: 5% dei casi 9 Indici prognostici maggiori 2. OBIETTIVITA’ PUPILLARE - Consiste nella valutazione delle dimensioni pupillari e della reattività pupillare - Risulta utile in quanto alterazioni pupillari sono presenti in caso di erniazione cerebrale Meccanismo Ipertensione endocranica incuneamento della massa cerebrale distorsione e compressione del tronco cerebrale, compressione del 3° nervo cranico anisocoria, perdita del riflesso fotomotore, dilatazione pupillare Indici prognostici maggiori 3. DURATA DELLO STATO DI COMA - Più il coma è prolungato, più gravi sono i postumi a distanza (specialmente quelli neuropsicologici) - In passato per valutare la correlazione si usava la scala di Russel che oggi si è mostrata inadeguata per il miglioramento dei soccorsi e della gestione in terapia intensiva - NUOVA CLASSIFICAZIONE DEL TRAUMA CRANICO SULLA BASE DELLO STATO DI COMA (SECONDO Bondi, 1986) - Coma > 1 mese: trauma cranico gravissimo - Coma > 7 giorni (da 7gg ad 1 mese): trauma cranico grave - Coma da 1 a 7 gg: trauma cranico moderato - Coma da 1 a 24 ore: trauma cranico lieve - Coma <1 ora: trauma cranico lievissimo Indici prognostici maggiori 4. DURATA DELL’AMNESIA POST-TRAUMATICA Definizione: l’APT si definisce come il periodo di tempo a partire dal trauma cranico durante il quale persiste incapacità a rievocare gli eventi delle 24 ore precedenti il TC. E’ l’indice prognostico maggiormente correlato con il decorso neuropsicologico a distanza. Metodo di calcolo: Metodo 1 vedi definizione Metodo 2 momento da quando il paziente si risveglia dal coma e si mette in contatto con l’ambiente (NB l’inclusione della fase del coma nel calcolo della durata della APT fornisce risultati più affidabili). Metodo 3 applicare ogni giorno il Galveston Orientation and Amnesia Test che consiste nel porre al paziente domande su orientamento (tempo-spazio-persona) ed esecuzione di compiti di memoria CLASSIFICAZIONE PROGNOSTICA SULLA BASE DELLA DURATA DELLA APT <5 minuti: APT assente o lievissima <1 ora: APT lieve Da 1 a 24 ore: APT moderata Da 1 a 7 gg: APT grave Da 1 a 4 settimane: APT molto grave >4 settimane: APT gravissima 10 Indici prognostici maggiori 5. ETA’ DEL PAZIENTE - La prognosi è tanto migliore quanto più giovane è il cerebroleso - Si possono distinguere tre fasce d’età (0-14aa; 15-50aa; >50aa) Prognosi per un’età di 0-14 anni: c’è sempre ritardo evolutivo delle funzioni cognitive; hanno maggiori possibilità di riacquisizione cognitiva; la restituzio neuropsicologica è maggiore nei bambini di età maggiore (nelle capacità intellettive generali, mnesiche, linguistice e comportamentali). Ipotesin esplicativa: quando il bambino non ha raggiunto le tappe evolutive in cui si acquisiscono determinate strategie di elaborazione, questi non sarà più in grado di acquisire tali strategie. Prognosi per età di 15-50 anni: quanto più giovane è l’età del soggetto, tanto migliore sarà la riacquisizione cognitiva. Le potenzialità di restitutio cognitiva diminuiscono di decennio inj decennio. Prognosi per età>50 anni: nell’età medio-avanzata non si può attribuire un valore prognostico assoluto ai vari criteri prognostici. Possono residuare in deterioramento o demenza anche se l’entità del trauma è lieve (assenza di PDC ed APT brevissima). La mortalità è maggiore anche per traumi di gravità clinica non elevata. Il decorso neuropsicologico è nettamente più sfavorevole anche per TC modesti o lievi. Il TC è considerato un fattore di rischio per deterioramento cognitivo Indici prognostici minori INDICI PROGNOSTICI MINORI (INDICI DI POTENZIALE SIGNIFICATO PROGNOSTICO) 1) Qualità della fase acuta (qualità dei primi soccorsi, presenza di ipotensione arteriosa, ipossia, ischemia, acidosi cerebrale, ipertensione endocranica, durata di tali alteraz.) 2) Entità delle lesioni cerebrali evidenziate con gli strumenti neuroradiologici 3) Coesistenza di lesioni extracraniche 4) Presenza di idrocefalo post-traumatico 5) Presenza di danno assonale diffuso 6) Livello intellettivo premorboso - Non sono stati ancora sicuramente quantificati nei loro correlati con la prognosi. - Forniscono ulteriori o complementari informazioni - Sono di due ordini: clinici e fisiopatologici (rilevabili strumentalmente) Indici prognostici minori 1. QUALITA’ DELLA FASE ACUTA, QUALITA’ DEI PRIMI SOCCORSI CONSISTONO IN: - Modalità in cui il traumatizzato cranico è stato soccorso - Modalità in cui il traumatizzato cranico è stato trasportato nei reparti di terapia intensiva (elicottero, ambulanza attrezzata) - Esecuzione di terapia intensiva già sul luogo dell’incidente; correzione pronta di ipossia, ipertensione arteriosa, evacuazione rapida di eventuali masse intracraniche 11 Indici prognostici minori 1. PRESENZA DI IPOTENSIONE ARTERIOSA - Qualora la PA sia <90 mmHg - Può essere causata da: 1. Emorragia esterna 2. Emorragia interna 3. Aritmie cardiache 4. Emopericardio Implicazioni prognostiche: si associa a maggiore mortalità. Spiegazione plausibile: l’ipotensione causa una grave o totale riduzione del flusso ematico e pertanto predispone a condizioni di ischemia cerebrale anche in relazione al fatto che nelle prime fasi del TC l’autoregolazione non è appropriata. Indici prognostici minori 1. PRESENZA DI IPOSSIA - Qualora la P2O2 sia <60 mmHg Può essere causata da: 1. Ostruzione delle prime vie aeree da: inalazione di liquidi (vomito, sangue, altro), malposizione della lingua, presenza di corpi estranei (es. frammenti di protesi) 2. Emotorace o pneumotorace a causa dei quali vi è difficoltà nella espansione dei polmoni 3. Ipotensione arteriosa (presente nel 34% dei pz con ipossia) - Conseguenze dell’ipossia: necrosi dei tessuti cerebrali (ischemia) - Aree cerebrali più sensibili all’ipossia: aree vascolarizzate da vasi di minor calibro e quindi in zone cerebrali più profonde costituite da sostanza bianca e nuclei della base - Epidemiologia: si verifica in >50% dei pz con TC ricoverati in terapia intensiva - Implicazioni prognostiche: se coesiste ipotensione arteriosa, si verifica un incremento del 150% della mortalità; se si eliminasse lo shock ipotensivo la mortalità si ridurrebbe del 9,3%. Indici prognostici minori 1. PRESENZA DI ISCHEMIA CEREBRALE E’ spesso dovuta a severa ipossia. Può causare come conseguenze successive atrofie cerebrali di zone più o meno estese. 12 Indici prognostici minori 1. PRESENZA DI ACIDOSI CEREBRALE Si intende l’abbassamento del PH nel sangue venoso refluo dall’encefalo e/o nel LCS. E’ una conseguenza della presenza di ipossia, ischemia, attivazione del metabolismo anaerobio con produzione di acido lattico. Implicazioni prognostiche: implica una maggiore morbilità e mortalità Indici prognostici minori 1. PRESENZA DI IPERTENSIONE ENDOCRANICA E’ una delle più gravi complicanze post-traumatiche. Può essere risolta chirurgicamente (nei casi di ematomi intracerebrali e sottodurali), non chirurgicamente (in caso di edema cerebrale ed iperemia diffusa) Conseguenze: possibile ischemia cerebrale a seguito di: incremento di massa endocranica compressione secondaria dei vasi arteriosi ipoafflusso cerebrale ischemia cerebrale Indici prognostici minori 1. PRESENZA DI IPERTENSIONE ENDOCRANICA VALORI DI PRESSIONE ENDOCRANICA <10mmHg: valori normali 10-20mmHg: valori patologici ma che non necessitano trattamento 20-50mmHg: valori francamente patologici e che necessitano di trattamento >50 mmHg: valori difficilmente compatibili con la sopravvivenza Correlati prognostici: la mortalità e morbilità sono ben correlati al tempo in cui la PIC rimane >20mmHg. Morbilità e mortalità sono maggiori in relazione al tempo in cui permane l’edema cerebrale. 13 Indici prognostici minori 2. ENTITA’ DELLE LESIONI CEREBRALI Le lesioni cerebrali consistono in una perdita di tessuto cerebrale e quindi in una riduzione delle capacità funzionali. Posso essere di due tipi: focali e diffuse LESIONI CEREBRALI FOCALI Focolai contusivo emorragici Perdita di sostanza cerebrale Emorragie intraparenchimali Ischemie cerebrali secondarie a trombosi arteriose post-traumatiche Determinano deficit neuropsicologici focali (afasia, neglect, ecc.) LESIONI CEREBRALI DIFFUSE Danno neuronale conseguente ad ipossia Aumento eccessivo di PIC Effetto di “strappamento dei neuroni” dalle violente modificazioni della massa cerebrale durante il TC Determinano una sindrome neuropsicologica da danno assonale diffusa Indici prognostici minori 2. ENTITA’ DELLE LESIONI CEREBRALI CONSIDERAZIONI PROGNOSTICHE Prognosi più severa quando coesiste una sintomatologia focale e diffusa Quadri di estesa distruzione cerebrale sono associati ad esiti gravissimi Alterazioni a carico delle cisterne della base cranica, in particolare delle cisterne perimesencefaliche sono associate a significativi cambiamenti dell’outcome: - Cisterne normali: mortalità attesa= 22% Cisterne compresse: mortalità attesa=39% Cisterne non visualizzabili: mortalità attesa=77% Indici prognostici minori 3. COESISTENZA DI LESIONI EXTRACRANICHE Lesioni extracraniche più frequenti: Fratture multiple (lesioni del sistema scheletrico) Lesioni intra-addominali (lesioni di organi interni) Lesioni intra-toraciche Le lesioni extra-craniche sovente si complicano con svariati meccanismi patogenetici - Lesioni intratoraciche difficoltà respiratorie ipossia cerebrale Lesioni intraddominali shock ipovolemico ipossia cerebrale Fratture multiple (fratture delle ossa di arti e bacino) embolia grassosa aggravamento del circolo cerebrale NB: la presenza di fratture multiple è un indice prognostico peggiore anche perché i pazienti con fratture multiple hanno subito traumi più gravi 14 Indici prognostici minori 4. PRESENZA DI IDROCEFALO POST-TRAUMATICO Può essere di due tipi: Idrocefalo vero: conseguente a difficoltà di circolazione del liquor entro il sistema ventricolare; si verifica in <5% dei casi; ha una progressione relativamente lenta - Idrocefalo secondario: iodrocefalo conseguente ad una notevole e talvolta precoce atrofia sottocorticale e periventricolare che causa una dilatazione ventricolare “ex-vacuo” Trattamento: posizionamento di una valvola endoventricolare che riduce la PIC e l’entità dell’idrocefalo Implicazioni prognostiche: I pazienti che in seguito ad un TC hanno avuto un idrocefalo (anche se è stato risolto con una valvola) presentano deficit neuropsicologici più gravi Indici prognostici minori 5. PRESENZA DI DANNO ASSONALE DIFFUSO (DIFFUSE ASSONAL INJURY) Il DAI si manifesta con atrofia, solitamente abbastanza precoce, che insorge nell’area corrispondente della sostanza bianca sottocorticale. Patogenesi: l’ipotesi più accreditata è la seguente: Traumi cranici particolarmente violenti strappamento degli assoni delle cellule neuronali della sostanza bianca cioè dei neuroni sottocorticali che connettono tra di loro i neuroni degenerazione o isolamento dei neuroni riduzione degli scambi interneuronali all’0interno degli emisferi tra corteccia e nuclei della base o tra gli emisferi impoverimento qualitativo delle prestazioni cognitive e motorie Fattori favorenti la DAI: probabilmente ipossia cerebrale ed ipertensione endocranica prolungata Indici prognostici minori 6. LIVELLO INTELLETTIVO PREMORBOSO Quanto piùil livello intellettivo premorboso è elevato tanto più gravi sono i postumi neuropsicologici e più scarsa è la restitutio intellettiva (Studio di Mayers et al, 1989) Osservazioni inattese e necessità di ulteriori verifiche 15 Sequele neuropsicologiche A. Diversità a seconda del livello di gravità del TC TC lieve (almeno 1 dei seguenti segni: perdita di conoscenza < 30’, GCS di 13-15, amnesia post-traumatica <24 ore) (ISIGACRM, 1993) TC moderatamente grave TC grave TC gravissimo B. Diversità a seconda del coinvolgimento dell’encefalo - quadro lesionale focale (coinvolgimento di un’area circoscritta di uno o entrambi gli emisferi a seguito delle quali conseguono sd neuropsicologiche caratterizzate da presenza di sintomi cognitivi isolati come afasia, negligenza spaziale unilaterale, disturbi della memoria, i quali richiedono trattamento riabilitativo mirato al recupero di una determinata funzione) - quadro lesionale diffuso (quando vi è il contemporaneo coinvolgimento di più aree cerebrali a cui seguono sd neuropsicologiche complesse le quali richiedono trattamento riabilitativo integrato). E’ più frequente del quadro focale. Sequele neuropsicologiche nel TC lieve Definizione di TC LIEVE Almeno 1 dei seguenti segni: 1. perdita di conoscenza < 30’, 2. GCS di 13-15, 3. amnesia post-traumatica <24 ore) (ISIGACRM, 1993) Sequele neuropsicologiche nel TC lieve SINDROME POST-COMMOTIVA Le caratteristiche principali della sd post-commotiva (definita anche sd soggettiva da trauma cranico lieve) (Rutherford, 1989) è la discordanza tra sintomi denunciati dal paziente e reperti obiettivi negativi. La sintomatologia lamentata dal paziente consiste nella presenza di - Sintomi neurosomatici (cefalea, vertigini, insonnia) - Sintomi emotivo-comportamentali (irritabilità, scarsa tolleranza alle frustrazioni, labilità emotiva, insicurezza nelle proprie capacità, depressione, calo nella libido) - Sintomi cognitivi (disturbi della memoria, smemoratezza) - Disturbi responsabili di difficoltà relazionali (irritabilità, scarsa tollerenza alle frustrazioni, insicurezza nelle proprie capacità) Conseguenze di tali disturbi sono: deterioramento dei rapporti familiari, ridotto rendimento scolastico o lavorativo 16 Sequele neuropsicologiche nel TC lieve SINDROMI NEUROPSICOLOGICHE Le caratteristiche delle sd neuropsicologiche sono: 1. Quadri caratterizzati da compromissione di funzioni basiche in particolare di funzioni di supervisione attentiva, per cui il paziente lamenterà: minore efficienza nell’affrontare e gestire le situazioni quotidiane, maggiore lentezza nel risolvere i problemi, necessità di notevoli sforzi attentivi e di concentrazione. 2. Quadri caratterizzati dal coinvolgimento contemporaneo di più funzioni e deficit cognitivi più selettivi, come: deficit mnesici, lieve disinibizione, minor autocontrollo, lievi difficoltà nel giudizio e nell’astrazione, sfumate difficoltà nella programmazione e nell’organizzazione pragmatica del discorso. Sequele neuropsicologiche QUADRO LESIONALE FOCALE • Disturbi del linguaggio (7-10% dei casi) • Disturbi attentivi • Disturbi della memoria • Negligenza spaziale unilaterale: si verifica nello 0,5-1% dei casi • Disturbi delle funzioni esecutive Accelerazione delle alterazioni cognitive proprie dell’invecchiamento. Nei bambini le lesioni focali si compensano meglio, però il danno diffuso è meno tollerato. Sequele neuropsicologiche DISTURBI DEL LINGUAGGIO • Disturbo di articolazione: disturbo di origine periferico • Disturbo del comportamento comunicativo: sono riconducibili a disturbi della competenza “pragmatica”, cioè della competenza che modula il linguaggio come strumento di formazione del pensiero, di organizzazione del discorso, di efficacia informativa e di interazione personale e sociale (Hartey e Jensen, 1991, 1992) • Disturbo nella ideazione e formulazione del discorso: rappresentati da una riduzione della flessibilità sintattico-grammaticale e lessicale con difficoltà nel reperire espressioni di efficace qualificazione, sintesi o astrazione, nonché da incapacità di mantenere l’organizzazione tematica del discorso, la coerenza globale al di sopra delle singole frasi (Glosser e Deser, 1990). • Mutismo post-traumatico: disturbo di origine frontale • Afasia post-traumatica: si verifica nel 7-10% dei casi 17 Sequele neuropsicologiche DISTURBI ATTENTIVI - Si rilevano in tutte le fasi del decorso post-acuto - Sono spesso irreversibili nei gravi traumatizzati cranici - Sono dovuti a sofferenza cerebrale di strutture cerebrali corticali (corteccia frontale, prefrontale, parietale posteriore, occipito-temporale) e sottocorticali (sostenza reticolare, nuclei intralaminari del talamo, vie talamo-corticali) - Alterazione dell’attenzione automatica (i traumatizzati cranici conservano l’attenzione automatica solo in condizioni di normale vigilanza, buono stato di coscienza, spesso in stato di coma superficiale, spesso in caso di coma vegetativo cronico o persistente) - Alterazione dell’attenzione volontaria (L’alterata attenzione volontaria nei TC fa si che i pz possano svolgere adeguatamente un solo compito per volta, o al massimo un compito di attenzione automatica e volontaria) - Alterazione dell’attenzione selettiva (per l’incapacità a controllare le interferenze provenienti dall’ambiente con conseguente distraibilità e più prollungati tempi di risposta agli stimoli) - Alterazione dell’attenzione divisa (per l’incapacità a controllare contemporaneamente più informazioni, incapacità a stabilire le corrette priorità tra le informazioni, pertanto possono distrarsi su stimoli ambientali irrilevanti o ignorare informazioni rilevanti, incapacità a rispondere con prontezza e flessibilità ad eventuali cambiamenti nella situazione ambientale) Sequele neuropsicologiche DISTURBI ATTENTIVI - Alterazione dell’attenzione focalizzata (nei traumatizzati cranici vi è un’evidente difficoltà ad accertare quali informazioni sono rilevanti e quali sono irrilevanti e quindi devono essere ignorate. Per questo i pz con TC risultano distratti cioè non attenti alle informazioni a cui dovrebbero prestare attenzione. Risultanop inoltre distraibili cioè attratti in continuazione da stimoli interferenti che dovrebbero essere ignorati) - Alterazione dell’attenzione sostenuta (nei traumatizzati cranici vi è una notevole difficoltà a mantenere un adeguato livello attentivo per tempi sufficientemente lunghi. Ciò è dovuto a precoce affaticabilità e facile distraibilità. Determina riduzione dei tempi di concentrazione, errori nelle procedure, tendenza a compiere conclusioni errate, interruzione precoce dei compiti) - Alterazione dell’attenzione alternata (i traumatizzati cranici possono non attivare un’alternanza attentiva quando richiesta oppure la possono attivare per uno stimolo che non lo richiede o nel momento non opportuno o possono perseverare in un’attività) Sequele neuropsicologiche DISTURBI MNESICI In genere sono caratterizzati da due fasi: FASE PRECOCE: spesso transitoria e caratterizzata da alterazione della memoria anterograda ed alterato orientamento spazio-temporale FASE DEGLI ESITI: si caratterizza per la presenza di disturbi mnesici residui MECCANISMI RESPONSABILI DEI DISTURBI MNESICI Possono essere di due tipi: LESIONI DIFFUSE: della sostanza bianca; si dimostrano in vivo con la RMN LESIONI FOCALI (ematomi, ischemie, lesioni concussive): tipicamente localizzabili a livello di regioni orbitofrontali e tremporali-mesiali 18 Sequele neuropsicologiche DISTURBI MNESICI NELLA FASE IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVA AL TC Gli effetti immediati del trauma cranico sono sovente i seguenti: 1. PERDITA DI COSCIENZA (COMA): della durata variabile da pochi minuti a molti mesi, a seguito della quale si verifica come complicanza neuropsicologica l’impossibilità da parte del paziente di registrare ciò che avviene attorno a lui 2. DISTURBI SUCCESSIVI ALLA PERDITA DI COSCIENZA: sono i seguenti: - Stato confusionale - Deficit di qualunque forma di memoria - Disorientamento nel tempo e nello spazio - Confabulazioni - Incapacità ad apprendere nuove informazioni Sequele neuropsicologiche DISTURBI MNESICI NELLA FASE PRECOCE DEL TC La fase precoce del TC è quella che subentra dal momento in cui si è risolto lo stato confusionale. In questa fase il paziente può presentare: - DISTURBI DELLA MEMORIA: deficit della memoria anterograda, deficit della memoria retrograda - ALTRI DISTURBI COGNITIVI: disorientamento temporo-spaziale, disturbi attentivi - DISTURBI COMPORTAMENTALI: es. agitazione psicomotoria Sequele neuropsicologiche DEFICIT DELLA MEMORIA ANTEROGRADA NEL TC L’amnesia anterograda consiste nella incapacità di ricordare avvenimenti seguenti il trauma cranico. Viene comunemente indicata con la sigla APT (amnesia post-traumatica) o PTA (post traumatic amnesia) Ha una durata che varia a seconda se venga incluso anche il periodo del coma e il periodo dello stato confusionale. La principale caratteristica è il deficit della memoria anterograda, pertanto qualcuno considera che l’APT sia un sinonimo di amnesia anterograda Cause nella determinazione della fine dell’APT sono dovute a: 1. Persistenza di “isole di memoria”: isole di memoria interrompono l’APT facendo erroneamente considerare conclusa l’APT 2. Informazioni dei familiari: il pz ripete solo le informazioni dei familiari circa il trauma senza essere uscito dall’amnesia 3. Riorientamento temporale: i disturbi mnesici possono persistere anche dopo la riacquisizione dell’orientamento temporale La fine della APT si può determinare con varie scale come la GOAT (Galveston orientation and Amnesia Test) che contiene domande su orientamento spasio-temporale, prove di apprendimento verbale e visuospaziale. Quando la prestazione è simile ai controlli il pz è uscito dalla APT. Le ipotesi patogenetiche sono: 1. Diminuita capacità ad elaborare gli stimoli in ingresso 2. Oblio accelerato delle informazioni, che sarebbe dovuto ad una alterata capacità di elaborare le informazioni mentali 19 Sequele neuropsicologiche DEFICIT DELLA MEMORIA RETROGRADA NEL TC Spesso si associa al deficit della memoria anterograda consiste nella incapacità di ricordare avvenimenti antecedenti il TC Può riguardare solo l’evento traumatico inclusi eventualmente i minuti immediatamente precedenti o periodi più o meno estesi della vita Il deficit della MR tende a regredire parallelamente al deficit della MA Durante il miglioramento vengono recuperati prima gli avvenimenti più remoti, poi via via quelli più recenti sino al momento del trauma che nella maggiorparte dei casi non viene ricordato (e si definisce lacuna mnesica) PATOGENESI La principale interpretazione sostiene che sia dovuta al deficit di rievocazione dei ricordi. Sequele neuropsicologiche DEFICIT MNESICI RESIDUI NEL TC Definizione: consistono in disturbi mnesici che persistono dopo la risoluzione della APT. Incidenza: secondo Russel (1971) si verificano nel 22% dei casi. Se l’APT dura >7gg, sono presenti nel 55% dei casi; secondo molti autori aqnche dopo molti anni dopo il TC sono presenti in >50% dei casi. Aspetti anatomici: responsabili dei disturbi mnesici residui sono quadri con prevalente coinvolgimento dei lobi temporali o dei lobi frontali Quadri clinici peculiari, di maggiore occorrenza sono: 1. Amnesia globale classica 2. Disturbi mnesici da prevalente coinvolgimento dei lobi frontali 3. Disturbi mnesici inusuali Sequele neuropsicologiche AMNESIA GLOBALE CLASSICA Epidemiologia: Si può osservare in svariate patologie come traumi cranici, sd di Korsakoff, encefalite erpetica, deterioramento senile Anatomia patologica: è dovuta principalmente al coinvolgimento dei lobi temporali profondi con interessamento dell’ippocampo Patogenesi: da effetto diretto del trauma o da lesioni focali secondarie come ematomi, lesioni dell’ippocampo (sensibile all’ipossia) Caratteristiche generali: la componente di MBT è conservata, la componente di MLT è deficitaria, la memoria anterograda è alterata, la compromissione della memoria retrograda è variabile Entità del disturbo: può essere parziale o completo; nel secondo caso impedisce al pz di acquisire qualsiasi tipo di informazione Caratteristiche specifiche nel TC: nella maggiorparte dei pz vierne riacquistata la capacità di rievocare informazioni fino al limite di qualche secondo e qualche minuto prima dell’evento traumatico. In alcuni pz il deficit è esteso fino a settimane (o addirittura anni) prima dell’evento traumatico. Spesso però vi sono sporadiche “isole di ricordi nconservate” 20 Sequele neuropsicologiche DISTURBI MNESICI SECONDARI AL COINVOLGIMENTO DEI LOBI FRONTALI Sono conseguenze cognitive di lesioni dei lobi frontali. Patogenesi del disturbo mnesico: ridotta dinamica generale dell’attenzione; ridotte strategie di apprendimento ed ordinazione dei dati da apprendere Caratteristiche del deficit mnesico secondario a lesione dei lobi frontali: - Deficit della working memory: il paziente è incapace di focalizzare l’attenzione in modo continuativo; ilm paziente risente in modo abnorme delle stimolazioni ambientli distraenti - Deficit di apprendimento: il paziente è incapace di selezionare ed utilizzare correttamente le strategie; non riesce ad utilizzare procedure efficaci di apprendimento e di rievocazione dei ricordi (es. non riescono ad organizzare il materiale secdondo catagorie semantiche) - Deficit di rievocazione: incapacità a ricordare le informazioni apprese prima do dopo il TC, buona capacità di rievocazione con suggerimenti opportuni; buone capacità in compiti di riconoscimento - Deficit della memoria prospettica; secondaria ad inefficiente organizzazione del materiale da apprendere e rievocare - Incapacità a ricordare l’esatta sequenza temporale degli avvenimenti: come sopra - Tendenza a produrre confabulazioni: il paziente tende a sostituire lacune mnesiche con confabulazioni, possono associarsi anche manifestazioni allucinatorie fino a configurare una psicosi post-traumatica Sequele neuropsicologiche DISTURBI MNESICI INUSUALI Consistono in disturbi mnesici di rara osservazione nella pratica clinica. Sono dovuti al coinvolgimento selettivo di alcune componenti della memoria Quadri descritti sono i seguenti: - Prevalente (o selettiva) alterazione della memoria retrograda rispetto a quella anterograda - Selettiva compromissione della memoria semantica, cioè delle nozioni enciclopediche - Fenomeni di amnesia globale transitoria: occorrenza rara e transitoria, non riabilitabile - Paramnesia reduplicativa per i luoghi: il paziente è convinto che certi luoghi (tipicamente l’ospedale in cui è assistito) sia situato in un posto diverso da quello reale; il disturbo sembra prevalentemente determinato da un coinvolgimento delle strutture frontali dell’encefalo. Sequele neuropsicologiche DISTURBI DELLE PROCEDURE ESECUTIVE Si caratterizzano per: • Difficoltà nella corretta formulazione dei problemi da affrontare • Incapacità a stabilire preliminarmente gli obiettivi da raggiungere • Errata scelta delle strategie con cui condurre la sequenza operativa • Scelta di soluzioni eccessivamente semplificate o concrete • Errori di pianificazione e di mantenimento della sequenza dell’azione • Incapacità di automonitorarsi • Incapacità di apportare eventuali modifiche a quanto fatto • Perseverazione su una determinata strategia divenuta non più idonea Luria & Tsveskova, 1967; Shallice, 1982; Faglioni, 1996 21 Sequele comportamentali Concetti generali I disturbi del comportamento conseguenti ai TC creano problemi nella riabilitazione più dei disturbi cognitivi in quanto sono responsabili di una ridotta collaborazione I disturbi del comportamento s verificano in un’alta percentuale di traumatizzati cranici Anche nei TC lievi o moderati possono essere presenti sequele post-traumatiche comportamentali Nei TC più gravi sono frequenti anche i disturbi della condotta sociale Sequele comportamentali Livelli di comportamento Esistono 3 livelli di comportamento: • Comportamenti riflessi: comportamenti mediati da meccanismi sottocorticali, strettamente automatizzati e stereotipati, spesso a prevalente partecipazione spinale • Comportamenti istintivi (o specie specifici): comportamenti intesi al soddisfacimento di bisogni primari riguardanti la conservazione della specie, come fame, sete, sonno, sessualità, attacco/difesa, termoregolazione • Comportamenti motivati (o intenzionali): sequenze di azioni avviate volontariamente, organizzate e finalizzate ad uno scopo per il raggiungimento del quale è necessario operare una valutazione critica di ciascuna scelta. Sono l’espressione delle caratteristiche generali della personalità, riguardano lo stile di vita, riguardano il rispetto dei codici interpersonali, riguardano l’autocritica, riguardano la qualità delle manifestazioni emotive. I disturbi motivati sono quelli maggiormante coinvolti nella clinica e riabilitazione dei TC. Sequele comportamentali Quadri clinici Autori come Lishman (1978) hanno proposto una classificazione dei disturbi del comportamento in sindromi già definite della psichiatria corrente DISTURBI COMPORTAMENTALI DA EFFETTI ACUTI DEL TC 1. Psicosi 2. Deficit mnesici DISTURBI COMPORTAMENTALI COME SEQUELE CRONICHE DEL TC 1. Deficit cognitivi 2. Modificazioni della personalità 3. Psicosi 4. Nevrosi 5. Sindrome soggettiva post-traumatica (nei casi di trauma lieve) Questo schema di classificazione si è dimostrato sempre meno accettabile e pertanto sono stati creati nuovi raggruppamenti sindromici. 22 Sequele comportamentali Quadri clinici Gli esiti comportamentali che si possono osservare nei traumi cranici possono essere: 1. Sindrome uni/paucisintomatica 2. Sindrome similnevrotica 3. Sindrome simil-psicotica 4. Sindromi da detrerioramento diffuso della personalità 5. Demenza post-traumatica 6. Sindromi frontali Sequele comportamentali Sindrome uni/paucisintomatica Si verifica in pazienti con alcuni deficit neuropsicologici di grado lieve in un contesto di una buona conservazione delle restanti funzioni cognitive e del comportamento. La personalità del paziente appare ai familiari immodificata rispetto all’epoca pre-morbosa. sostanzialmente Possono essere presenti fenomeni nevrotici. Sequele comportamentali Sindrome simil nevrotica I pazienti hanno una buona conservazione delle funzioni cognitive. Sono presenti sintomi soggettivi di ordine emotivo ed affettivo come tendenza all’isolamento, irritabilità, faticabilità, turbe del sonno, diminuzione della libido, astenia generalizzata, labilità emotiva. Nell’ambito di tale quadro, riconducibile semeiologicamente a quello della psichiatria classica erano state indididuate due sottoclassi: Nevrosi tipo A: a maggiore impronta organica, tendente al miglioramento. Nevrosi tipo B: a maqggiore impronta psico-emotica, con scarsa tendenza al miglioramento 23 Sequele comportamentali Sindrome simil psicotica Riconducibile a forme psichiatriche primitive. Di scarsa rilevanza epidemiologica in quanto infrequente. Nella maggiorparte dei casi consiste nello scompenso di una condizione premorbosa “a rischio” Il quadro clinico si caratterizza per la presenza dei seguenti sintomi: interpretazioni deliranti, fenomeni allucinatori, intrusioni, incoerenza del pensiero, impulsività, aggressività, irritabilità, scarsa o nulla consapevolezza di malattia Sequele comportamentali Sindrome da deterioramento diffuso della personalità Si verifica nei casi di grave danno cerebrale Si associa alla presenza di deficit focali Si associa ad un deterioramento diffuso cognitivo sino ad un vero e proprio quadro di demenza. Sequele comportamentali Demenza post-traumatica (DPT) La differenza dalle demenze classiche è per i seguenti ordini di motivi: 1. La sintomatologia è estremamente variabile, mentre nelle demenze classiche è più costante. Tende quasi sempre ad evolvere verso un miglioramento del quadro di autonomia mentre nelle demenze classiche l’autonomia si riduce progressivamente. Sono rari i casi in cui l’evoluzione è in senso peggiorativo. 2. Sono differenti i disturbi del comportamento rispetto a quelli che si rilevano nelle demenze classiche. Nella demenza PT i disturbi del comportamento sono più assimilabili a quelli propri delle sindromi frontali ed amnesiche. 3. Nella DPT la prognosi è migliore 4. Nella DPT vi sono maggiori possibilità di interventi riabilitativi rispetto alle demenze classiche in cui consistono in supporto amnientale e stimolazione delle capacità residue 5. L’età costituisce un aspetto prognostico: al di sopra dei 50 anni è meno certa la correlazione tra gravità del deterioramento ed indici prognostici considerati validi (punteggio della GCS, durata del coma e della amnesia post-traumatica). Infatti vi sono molti soggetti di età >50 anni in cui gli indici prognostici sono favorevoli, ma che sviluppano a distanza di tempo dall’evento traumatico un grave deterioramento cognitivo (sino alla demenza) e grave deterioramento della personalità. 24 Sequele comportamentali Sindromi frontali Le sindromi frontali sono assai frequenti essendo le aree frontali più esposte agli effetti di accelerazione-decellerazione traumatica. Si caratterizzano per la presenza principalmente di disturbi comportamentali: - turbe riguardanti la consapevolezza della malattia, - turbe sulle condizioni affettivo-emotive, - Turbe circa la dinamica di vita Componenti delle sindromi frontali sono: - Deficit delle funzioni cognitive (anosognosia, confabulazioni) - Disturbi dell’emotività - Disturbi motivazionali - Disturbi comportamentali frontali Sequele comportamentali Sindromi frontali: deficit delle funzioni cognitive Le sindromi frontali con deficit cognitivi spesso costituiscono impedimento al trattamento riabilitativo. I principali deficit cognitivi di impedimento al trattamento riabilitativo sono: Anosognosia: deficit della consapevolezza di malattia. Può essere presente in fase post-acuta. E’ spesso responsabile dei comportamenti oppositivi del paziente nei confronti delle terapie. Suggerisce l’applicazione di tecniche qualificate come cognitivo-comportamentali. Confabulazioni: fattore che agisce negativamente sul comportamento. Sequele comportamentali Sindromi frontali: disturbi dell’emotività I disturbi dell’emotività più frequenti sono i seguenti: Ottundimento affettivo: il paziente sembra insensibile anche di fronte ad avvenimenti ad alta carica affettiva, es. non piange e ride con reale partecipazione. Euforia: si osserva di frequente in caso di parziale o totale mancanza di consapevolezza di malattia. Diminuzione della competenza sociale: ridotta abilità di mediare e soddisfare le aspettative ambientali nei diversi ruoli che la vita di relazione assegna a ciascuno; diminuzione dell’impulso a concepire ed a fare e di conseguenza anche del fare creativo. 25 Sequele comportamentali Sindromi frontali: disturbi motivazionali I disturbi motivazionali riflettono una carenza delle capacità di avviare o mantenere una sequenza comportamentale. I più frequenti osservabili sono: Apatia: indifferenza agli avvenimenti dell’ambiente circostante, perdita di interessi, affettivamente indifferente Inerzia: il paziente sembra in una situazione di perenne attesa, risulta incapace di prendere iniziative Impulsività: tendenza a fornire risposte non mediate da un’efficiente capacità di giudizio logico e problem solving Iperattività Faticabilità Estrema distraibilità Sequele comportamentali Sindromi frontali: disturbi comportamentali frontali Nella maggiorparte dei casi sono la risultante dei deficit precedentemente elencati. I più frequenti sono: Perseverazione: tendenza a utilizzare ripetutamente soluzioni già adottate, incapacità ad adattarsi ai mutamenti Aggressività:irascibilità Incapacità di inibire le risposte: disinibizione Atteggiamenti regressivi: manifestazioni di infantilismo e di regressione affettiva Dissociazione: Richieste inadeguate o inaccettabili: Inosservanza delle regole sociali: inopportuno nei rapporti sociali Turbe della sfera sessuale: Sequele comportamentali Sindromi frontali: disturbi comportamentali frontali Le sindromi frontali sono state ricondotte a tre ordini di deficit (Eamer et al, 1990): A. Processi comportamentali: si caratterizzano per presenza di aggressività, impulsività, disinibizione, perseverazione, atteggiamenti regressivi, atteggiamewnti manipolativi B. Deficit comportamentali; si caratterizzano per carenza di insight, demotivazione, rallentamento ideomotorio. Secondo Burges e Wood (1990) esisterebbero 5 tipi di deficit comportamentali: 1) Perdita o riduzione delle capacità di controllo emotivo: 2) Perdita o riduzione delle capacità di autoregolazione 3) Perdita o riduzione delle capacità di introspezione (insight) 4) Perdita o riduzione delle capacità di avviare un comportamento (inerzia) 5) Perdita o riduzione delle capacità di apprendimento dichiarativo A. Comportamenti patologici associati a sindromi psichiatriche: possono essere di tipo depressivo, paranoide, compulsivo, ciclotimico, isterico. 26 RIABILITAZIONE COGNITIVA PROGRAMMAZIONE La programmazione del trattamento riabilitativo di un TC deve tener conto di: 1. Livello di gravità clinica degli esiti post-traumatici 2. Fase evolutiva nella quale si interviene 3. Profilo sintomatologico neuropsicologico 4. Criteri di formulazione degli obiettivi 5. Scelta metodologica che appare di volta in volta più opportuna 6. Tipo di reinserimento socio-lavorativo a cui si mira RIABILITAZIONE COGNITIVA 1. LIVELLO DI GRAVITA’ CLINICA -Nei pazienti che ha subito un TC che ha prodotto esiti gravissimi: approccio diagnostico di tipo ecologico, cioè condotto attraverso l’osservazione da parte di riabilitatore, staff e familiari, delle capacità residue che possono essere messe in atto nello svolgimento delle AVQ: lavarsi, vestirsi, alimentarsi, ecc. Il trattamento riabilitativo sarà incentrato sul miglioramento laddove possibile delle medesime attività e sull’eventuale raggiungimento di autonomia in altre attività semplici e routinarie. - Nei pz con TC lieve: può essere indicata una indagine valutativa più sofisticata che verifichi le capacità di pianificazione ed organizzazione di attività complesse, le capacità di cominicazione e di apprendimento di informazioni multiple. Il trattamento riabilitativo sarà incentrato sull’attivazione di strategie che consentano di compensare le medesime inadeguatezze esecutive e comportamentali. - Nei pz con traumi cranici moderati-gravi: si possono osservare situazioni cliniche assai diverse per gravità e profilo sintomatologico: disturbi delle capacità basiche, deterioramento di funzioni basiche, strumentali ed esecutive, sindromi con prevalenti disturbi frontali, sindromi con prevalenti disturbi comportamentali. Tale molteplicità di configurazioni cliniche richiederà la formulazione di progetti riabilitativi altrettanto nmolteplici. RIABILITAZIONE COGNITIVA 2. FASE EVOLUTIVA -Nei pazienti che si trovano in una fase post-traumatica precoce (immediatamente successiva all’evento traumatico): intale fase il TC è solitamente confuso, disorientato, poco collaborante, non riesce a mantenere l’attenzione concentrata. Il tipo di intervento riabilitativo presenta caratteristiche più di tipo occupazionali e di orientamento nella realtà. Si basa sul fornre stimoli semplici che riguardino le attività della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, alimentarsi, riordinare le proprie cose, ecc.) - Nei pz in fase intermedia: il pz si riorienta ed assume parziale consapevolezza della propria situazione, tuttavia sono presenti deficit neuropsicologici come anosognosia, disturbi attentivi e mnesici. La riabilitazione si basa su continui richiami e sollecitazioni, ripetute informazioni personali, ambientali e generali (Reality Orientation Therapy). - Nei pz in fase medio-avanzata: Si può definire un profilo neuropsicologico. E’ possibile un intervento riabilitativo cognitivo inteso al trattamento di funzioni cognitive basiche, strumentali, esecutive e comportamentali compromesse. - Nei pz in una fase in cui è possibile il reiserimento sociale e scolastico/lavorativo: L’intervento riabilitativo sarà in parte cognitivo, ma anche occupazionale a seconda del tipo di reinserimento prospettabile (specifica attività lavorativa e disturbi modificabili). Potrebbero essere utili interventi di sostegno sui familiari. 27 RIABILITAZIONE COGNITIVA 3. PROFILO NEUROPSICOLOGICO -Nei pazienti che presentano forme diffuse (elevata estensione lesionale, sono le forme più frequenti): Vi è una scala di gravità che va dal trauma lieve a sindromi sempre più complesse tra le quali sovente si configurano sindromi frontali. Si sceglierà su quali deficit cognitivi intervenire per prima. Il trattamento si andrà successivamente affinando e ramificando in relazione alle risposte. -Nei pz con forme focali (in forma pura sono relativamente rara): il profilo clinico si qualifica per deficit di singole funzioni strumentali. Si effettueranno trattamenti specifici mirati al trattamento del singolo deficit cognitivo. RIABILITAZIONE COGNITIVA 4. CRITERI DI FORMAZIONE DEGLI OBIETTIVI Sulla base del profilo dei problemi cognitivi Esempi: - Nei pz afasici: migliorare la qualità del linguaggio e della comunicazione. - Nei pz amnesici: migliorare la quantità delle informazioni memorizzate e la qualità del ricordo. - Nei pz eminattenti: migliorare il controllo e l’esplorazione dell’emispazio negletto. Sulla base del miglioramento della funzione ed autonomia Esempi: - Nei pz con gravi disturbi (motori/cognitivi): raggiungere una autonomia minima nelle attività personali (lavarsi, vestirsi, alimentarsi) - Nei pz con moderati disturbi: raggiungere una autonomia nello svolgimento delle attività personali e domestiche (riordinare casa, rispondere al telefono, utilizzare elettrodomestici, cucinare). - Nei pz con lievi disturbi: raggiungere una autonomia nello svolgimento delle attività interpersonali, relazionali (fare la spesa, spostarsi con i mezzi di trasporto, partecipare ad attività di gruppo) e lavorative (rispettare gli orari, apprendere nuove procedure). RIABILITAZIONE COGNITIVA 5. METODOLOGIE RIABILITATIVE CATEGORIE METODOLOGICHE - Strutturali: intervengono sul livello strutturale di una determinata funzione che risulta compromessa. Es. la struttura morfologica in un afasico con disturbi grammaticali. - Cognitiviste: intervengono su un passaggio o su una componente di una ipotizzabile sequenza di elaborazione dell’informazione. Es. compensare secondo un determinato modello le difficoltà di accesso al lessicono di risoluzione dei calcoli. - Comportamentistiche: intervengono applicando tecniche in grado di modificare comportamenti inadeguati nell’interazione ambientale e sociale. Es. contrastare l’inerzia nelle attività quotidiane o l’aggressività nei rapporti interpersonali. - Occupazionali: agiscono in modo ecologico ed olistico, attraverso il riaddestramento a compiere le più comuni attività della vita quotidiana. Es. attività di igiene personale, preparazione del pasto. Procedure sociali e lavorative. - Individuali: per qualunque delle categorie sopradescritte. Preferibile per la rieducazione della maggiorparte dei disturbi cognitivi. - Di gruppo: per qualunque delle categorie sopradescritte. Preferibile per la rieducazione sia delle abilità della vita quotidiana che il comportamento comunicativo e relazionale. 28 RIABILITAZIONE COGNITIVA 5. METODOLOGIE RIABILITATIVE nei traumatizzati cranici lievi LINEE GUIDA AL TRATTAMENTO (Gronwall, 1986; Liberto, 1993; Stevens e Wolfe, 1997) 1) Informazione: fornire al paziente esaurienti spiegazioni circa la natura patogenetica dei suoi sintomi, contemporaneamente rassicurandolo sul fatto che questi rappresentano una “normale” conseguenza del trauma e non sono indici di ulteriori complicanze. 2) Educazione: riorientare il paziente circa il comportamento più corretto da mantenere nel quotidiano (gestire vari problemi e situazioni della vita quotidiana, attività di lavoro e di studio). 3) Supporto: relazione terapeutica, situazione di fiducia reciproca anche con colloqui di sostegno volti alla presa di coscienza dei suoi sintomi, accurata autovalutazione ed accettazione della nuova condiz. 4) Terapia cognitiva: approccio mirato a ben definite sequele neuropsicologiche come i deficit attentivi, mnesici, le capacità di giudizio, nel problem solving, linguaggio, approntando esercizi riabilitativi che simulino quanto più possibile il contesto reale in cui il soggetto si trova ad operare. 5) Incontri con i familiari: necessari per coinvolgere anche altre persone significative nella vita del paziente e consigliare gli atteggiamenti più opportuni per superare conflitti familiari. 6) Monitoraggio: valutazione periodica, a frequenza progressivamente ridotta, allo scopo di seguire i progressi e di fornire feedback sulle modalità di approccio alle situazioni quotidiane, individuando i problemi ancora da risolvere, ed escogitando insieme le strategie più opportune per risolverli. RIABILITAZIONE COGNITIVA 5. METODOLOGIE RIABILITATIVE nella sd frontale post-traumatica LINEE GUIDA AL TRATTAMENTO (Ben-Yishay et al, 1985; Ben-Yishay e Lakin, 1989) Prima fase (fase di trattamento intensivo) (della durata di 20 sett. e frequenza di 5 gg. la settimana, 5 ore ogni gg): fase il cui scopo è quello di affrontare i deficit cognitivi, comportamentali e psicoemotivi del singolo paziente all’interno di una comunità terapeutica costituita da membri dello staff e pz con simili sequele, i loro familiari ed eventuali visitatori esterni (medici o psicologi). Il trattamento riabilitativo è costituito da sedute terapeutiche individuali, esercizi in gruppo, colloqui di sostegno e momenti ricreativi comunitari Seconda fase (fase di preparazione all’inserimento lavorativo): fase che ha lo scopo di fornire un orientamento realistico nei confronti del lavoro, feedback nei confronti delle proprie capacità e del proprio comportamento, verifica della propria prestazione, dapprima in attività di lavoro simulate a tavolino e successivamente in veri e propri stage di lavoro protetti all’interno della stessa sede lavorativa. Terza fase (fase di ricerca di un’attività lavorativa esterna): fase in cui una figura dell’equipe riabilitativa si incarica di instaurare un rapporto di collaborazione con il datore di lavoro e di seguire il paziente, inizialmente sul posto e successivamente con incontri programmati, monitorando la sua prestazione e supportandolo in eventuali decisioni o relativamente a determinati problemi. RIABILITAZIONE COGNITIVA 5. METODOLOGIE RIABILITATIVE di gruppo Indicazioni: - trattamento di disturbi cognitivi (es. attenzione e memoria) (Spencer, 1993) - trattamento dei disturbi della comunicazione pragmatica (Wiseman-Hakes et al, 1998), - trattamento dei disturbi emotivi e comortamentali (Prignatano, 1986), - favorire l’adattamewnto familiare e sociale (Mazzucchi, 1999) Vantaggi: a) Facilitare la presa di coscienza delle proprie capacità e dei propri limiti, b) Promuovere interazioni che facilitano il superamento dell’inerzia, della rigidità di pensiero, dell’ottundimento affettivo e di promuovere il miglior autocontrollo della disinibizione, dell’irritabilità e dell’aggressività c) Favorire la verifica dell’adeguatezza del proprio comportamento d) Facilitare uno spirito di partecipazione e competizione e) Sollecitare un atteggiamento più indipendente 29 RIABILITAZIONE COGNITIVA 5. METODOLOGIE RIABILITATIVE di gruppo Modalità di trattamento di gruppo: - sedute condotte da un riabilitatore esperto in riabilitazione cognitiva e con competenze nelle tecniche di gruppo, affiancato o supervisionato da uno psicologo conoscitore delle dinamiche di gruppo -numero di partecipanti compreso tra 5 ed 8 pazienti selezionati sulla base di età, gravità clinica, fase di evoluzione, disturbi oggetto del trattamento -le attività sono organizzate in modo di perseguire anche obiettivi individuali. -in caso di disturbi del comportamento interattivo potranno essere utilizzate procedure del tipo “role playing” e dovranno prevedere una preliminare definizione dei ruoli di ciascun partecipante, nonché regole di gruppo che stabiliscano quali siano i comportamenti accettabili e quali quelli inadeguati e quali siano le conseguenze positive o negative sui comportamenti prodotti. - Nel caso le sedute siano dedicate alla rieducazione dei disturbi cognitivi (comunicazione, pragmatica, problem solving), saranno integrative delle sedute individuali. Il trattamento cognitivo di gruppo avrà come finalità quella di ottenere una più precoce e consistente consapevolezza dei propri disturbi ed un livello motivazionale e partecipativo più elevato. Anche in questo tipo di gruppo la tecnica del “role-playing” si dimostra particolarmente efficace. Si possono simulare situazioni semplici e concrete (come fare una ordinazione al ristorante) o compiti sociali più complessi (es. condurre un colloquio per essere assunti, presentare se stessi ad un pubblico vasto) RIABILITAZIONE COGNITIVA 5. METODOLOGIE RIABILITATIVE finalizzate al reinserimento socio-lavorativo Alla fine di eseguire un bilancio programmatico bisogna tener conto di: - Capacità cognitive residue (Cook, 1990) indagati attraverso una valutazione neuropsicologica - Quanto e come si possano ancora apportare positive modifiche dei disturbi che potrebbero condizionare la scelta - Quanto e come si manifestano i disturbi cognitivi e comportamentali prevedibilmente più modificabili - Tipo di lavoro ed abilità premorbose - Tipo di lavoro (o indirizzo scolastico) prescelto (identico al premorboso, simile ma più semplice nelle richieste cognitive e procedurali, del tutto nuovo) - Capacità motorie e sensoriali residue - Situazione personale (età, residenza, livello culturale) e familiare - Adattamento all’ambiente - Uso del tempo libero - Profilo emotivo-comportamentale - Grado di autonomia indagato attraverso questionari di tipo occupazionale ed ergonomici RIABILITAZIONE COGNITIVA 5. METODOLOGIE RIABILITATIVE finalizzate al reinserimento socio-lavorativo L’ intervento riabilitativo si baserà su: - Miglioramento delle capacità attentive: es. capacità di escludere le interferenze, di distribuire l’attenzione su almeno 2 obiettivi, di concentrarsi su quello prescelto fino al suo completamento, di stabilire la gerarchie delle priorità - Miglioramento delle capacità mnesiche: capacità di utilizzare con efficienza gli ausili esterni, di migliorare la memoria prospettica monitorandosi con cadenza periodica, di applicare strategie di facilitazione nell’apprendimento di nuove informazioni e procedure - Miglioramento delle capacità di comunicazione: es. saper formulare richieste, miglioramento della comprensione di quanto deve essere svolto, saper fornire spiegazioni concise e coerenti di quanto si è fatto o si vorrebbe fare, saper comprerndere spiegazioni verbali e scritte - Miglioramento delle capacità esecutive: capacità di organizzare la propria giornata o il proprio lavoro: appuntamenti, predisposizioni, svolgimento e completamento di un’attività, revisione critica di quanto è stato fatto - Miglioramento del comportamento: autoconsapevolezza, autocontrollo, autostima 30 RIABILITAZIONE COGNITIVA 5. METODOLOGIE RIABILITATIVE finalizzate al reinserimento socio-lavorativo Programmi finalizzzati al reinserimento lavorativo: - Programmi olistici (Comprehensive day treatment programs): prevedono un addestramento al lavoro da intraprendere quando il traumatizzato cranico si trova ancora in ambiente riabilitativo. Si basa sulla organizzazione in ambiente riabilitativo di “work trials” cioè attività lavorative a tempo parziale e non retribuite (in biblioteca, bar ed uffici del centro di riabilitazione) aventi lo scopo di fornire un orientamento realistico nei confronti del lavoro, verificare le capacità ed il comportamento, migliorare ilo rendimento e sviluppare strategie compensatorie ed eventuali ausili. Alla fase di work trial segue il vero e proprio inserimento familiare e lavorativo. - Programmi di supporto (Supported employment programs): prevedono un supporto dopo che il traumatizzato cranico è stato inserito in ambiente lavorativo. Si applica in pazienti con gravi disabilità che necessitano di personale di supporto permanente (lavoro protetto o non competitivo) o pazienti con disabilità meno gravi che necessitano di supporto di una persona (cosiddetto job coach) che si occupa di stabilire i contatti preliminari ed instaurare un rapporto di collaborazione con l’ambiente di lavoro, valuntare eventuali problemi emersi e strabilire con il traumatizzato cranico le strategie per risolverli. Wehman e Kreutzer, 1990 31