CRESCERE CON LA MUSICA a cura di Chiara Codispoti Fin dal primo momento, l’embrione e la madre iniziano la loro relazione, ricca di mutamenti fisici ed emotivi. Questi cambiamenti sono influenzati dalla formazione di un universo sonoro che li accompagna durante i nove mesi di gestazione. Nel corpo della madre infatti, si propagano tante sonorità da creare un concerto ritmico e avvolgente, in cui troviamo: il battito cardiaco, che culla la sua presenza rassicurante e costante; il suono della respirazione e diaframmatici e la voce della madre che appena dopo la nascita viene mezzo a quella di tante altre. vero e proprio l’embrione con dei movimenti riconosciuta in Per questo motivo risulta interessante esaminare alcuni studi che hanno dimostrato come l’embrione assorba, sin dal concepimento, una serie di informazioni relative alla realtà che lo circonda,individuando dunque una prima forma di apprendimento prenatale, denominata assuefazione o abituazione allo stimolo. E’ infatti mediante “l’ habituation” che si possono individuare i processi cognitivi di tipo attentivo e mnemonico. In particolare il medico chirurgo Alfred Tomatis, sostiene che il complesso uditivo embriofetale si comporta come un filtro che lascia passare i suoni alti cancellando quelli gravi. Nello specifico il suono, per dirigersi verso l’utero, non si serve delle parti muscolari delle pareti addominali, ma utilizza la colonna vertebrale della madre, considerandola una sorta di “autostrada informatica”, per il bambino che sta per nascere. Secondo Tomatis il concetto che il feto senta, non determina la presenza di uno sviluppo percettivo-sonoro identico a quello dell’uomo adulto, proprio perché l’evoluzione della funzione uditiva comporta un processo lungo che termina in seguito alla nascita. L’apparato uditivo, prima adattato a un ambiente liquido, con riferimento alla tromba di Eustachio, conserva per dieci giorni del liquido amniotico, in modo che l’orecchio medio e l’orecchio interno restino accordati sulle stesse frequenze a cui erano abituati nell’ambiente uterino. Il terzo giorno dopo la nascita comincia il periodo di “ombra sonora” caratterizzato da uno svuotamento del liquido amniotico, con la conseguente perdita della percezione dei suoni acuti, determinando un progressivo adattamento alla percezione sonora nelle tre settimane successive. Un altro studioso che si è interessato alla stimolazione acustica fetale è stato Anthony De Casper, il quale ha dimostrato come nelle prime ore dopo la nascita i neonati manifestino di riconoscere e prediligere la voce della madre rispetto a quella delle altre donne. In particolare ha osservato come i bambini siano maggiormente incuriositi nei confronti delle favole lette loro durante la gestazione ( tutti i giorni per dieci minuti durante l’ultimo trimestre). Dunque sembra chiaro che gli elementi di base del linguaggio siano appresi tramite l’esposizione sonora prenatale. Inoltre lo studioso, ha osservato come facendo ascoltare alle gestanti (a partire dalla trentacinquesima settimana) un brano di loro gradimento, almeno due volte al giorno per circa venti minuti, porti come conseguenza nella maggioranza dei neonati: la cessazione del pianto, la sospensione dei movimenti grossolani degli arti, un rilassamento espresso nella mimica del volto e movimenti accentuati di suzione a vuoto durante alcuni passaggi musicali. Queste ricerche hanno dunque sottolineato come l’influenza sonora data dalla voce materna e dalle stimolazioni acustiche a cui essa si sottopone, incoraggino l’apprendimento del nascituro. Tuttavia è possibile pensare anche che la condizione emotiva del feto possa indurre un differente stato emotivo nella madre. Se il feto infatti sente una musica tranquilla, entra in uno stato di rilassamento, i suoi movimenti si calmano, la frequenza cardiaca diminuisce e contemporaneamente anche la madre prova un senso di distensione. A tal proposito risulta interessante citare lo studio di Geffry Filed, il quale ha lavorato alla creazione di un microfono che potesse raggiungere i suoni ascoltati dal bambino. Questo strumento è stato posto all’interno di un tubicino nell’utero. Lo studioso ha così descritto i suoni udibili: “ Eravamo tutti in piedi li, a bocca aperta, sorpresi da ciò che stavamo sentendo, sentivamo quasi tutto: persone che parlavano da alcuni metri di distanza, la porta che si stava aprendo, un auto che passava; la chiarezza dei suoni risultava incredibile ed era molto facile riconoscere chi stesse parlando nella stanza.” Dunque questa sperimentazione introduce la fondamentale importanza delle esperienze sonoro musicali durante la gestazione, che apportano una evoluzione puramente affettiva mediante la quale prende avvio lo sviluppo emozionale del bambino. Proprio per questo motivo è importante citare le riflessioni sviluppate da Franco Fornari, che tenta di spiegare dove e come le nostre emozioni abbiano potuto stabilire un legame così profondo con il suono e il ritmo. L’ipotesi di fondo riguarda il possibile senso di piacere che la musica può provocare, collegandola a quella dimensione di “ vita prima della vita” che è il mondo intrauterino. Infatti alcuni suoni ascoltati ripetutamente durante il periodo endogestazionale, sembrano determinare nel neonato un immediato senso di tranquillità e rilassamento, riportandolo a provare le sensazioni sperimentate nell’ormai “mondo perduto”. Questo concetto viene esemplificato con l’esempio della filastrocca, un’attività ritmicofonica, che richiama nel neonato l’esperienza di “specularità acustica primaria”, attraverso la quale egli riconosce il mondo esterno poiché ritrova i suoni che aveva già conosciuto nella vita intrauterina. Inoltre Fornari si sofferma sulla descrizione di un altro evento post-natale: la poppata, il cui ritmo viene modellato sul tempo del battito cardiaco della madre. La poppata infatti, rappresenta una dimensione straordinariamente complessa in cui esterno e interno coincidono, è infatti il sogno di qualcosa che il bambino ha già vissuto precedentemente. In questo caso si può affermare che il significato inconscio della musica corrisponde al significato inconscio della vita, poiché permette il recupero della dimensione intrauterina. Quindi l’importanza delle esperienze sonoro musicali nel periodo gestazionale hanno stimolato vari ricercatori nello studiare l’applicazione della gestualità musicale sin dai primi mesi. Un esempio ne è la “pedagogia del risveglio” realizzata in Francia dallo studioso Delalande , in cui si parte dall’ascolto e dalla riproduzione dei suoni che si rispecchiano nella vita affettiva, fino a giungere alla ricerca delle modalità di sviluppo e di costruzione dei materiali sonori. Attraverso questo percorso si ritrova la “musicalità individuale”, per cui i bambini esprimono una dimensione identitaria di cui il suono è un elemento essenziale che concorre, insieme ad altri, alla formazione della personalità. Riscoprendo inoltre, anche il significato educativo e relazionale proprio dell’esperienza sonora. Un ulteriore progetto che si dedica alla diffusione della musica è quello di “Nati per la musica”, una ricerca promossa dall’ Associazione Culturali Pediatri, che sottolinea come il neonato venga al mondo con un cervello già preparato ad elaborare la gestualità musicale. Lo scopo di questa associazione è quella di proporre la musica in maniera non occasionale fin dai primi mesi di vita e, attraverso i pediatri, sensibilizzare le famiglie sui vantaggi che questa pratica comporta. Dunque queste sperimentazioni ci mostrano come la stimolazione acustica nel periodo pre e post natale, risulti essere di importante rilevanza sia come prima forma di apprendimento personale che come strumento di sviluppo nell’interazione tra la madre e il bambino. Chiara Codispoti BIBLIOGRAFIA: F.FORNARI, Psicoanalisi della musica, Milano, Longanesi& C. 1984. A. TOMATIS, L’orecchio e la voce, Milano, Baldini &Castoldi, 1993. A. TOMATIS, Ascoltare l’universo, Milano, Baldini &Castoldi, 1998. C. CODISPOTI, Crescere con la musica ( tesi universitaria, facoltà di scienze dell’educazione, 2007/2008)