Vanvitelli: invenzione e diffusione della veduta moderna

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Mercoledì 22 febbraio 2012
Vanvitelli: invenzione e diffusione della veduta moderna
Nicola Spinosa
Con Gaspar van Wittel, nato ad Amersfoort, presso Utrecht in Olanda, intorno al 1652, ma presente
in Italia, a Roma in particolare, dal gennaio 1675 (morì sempre a Roma il 13 settembre 1736), la
percezione e la rappresentazione delle città e del paesaggio italiani mutano profondamente rispetto
al passato. Nel primo Seicento, infatti, per la rappresentazione pittorica delle città, da Venezia a
Roma, da Firenze a Napoli, era prevalso, nel solco della tradizione cartografica cinquecentesca, di
origine nordeuropea, il metodo dell’illustrazione prospettica, con riprese prevalentemente dall’alto,
‘a volo d’uccello’. Mentre per il paesaggio naturale erano prevalse rappresentazioni per lo più
fantastiche, che traducevano in immagini, aggiornandoli alle istanze contemporanee, gli ideali e le
tendenze del secolo precedente. Gaspare van Wittel ebbe a modello, per la sua formazione, sia le
esperienze pittoriche maturate da Vermeer, sia le vedute urbane realizzate, alla metà del Seicento,
da artisti di Haarlem e di Amsterdam, che rappresentarono le città olandesi nel loro aspetto reale,
caratterizzato dalla presenza di edifici pubblici e privati e dalla determinante presenza dell’uomo
con le sue molteplici attività quotidiane. Incaricato di riprendere aspetti del paesaggio urbano di
Roma, van Wittel realizzò fin dal 1678, su carta, su pergamena e su tela, una fitta serie di vedute
romane, fin’allora del tutto originali, con le riprese di angoli e luoghi diversi della città: da piazza
del Popolo al porto di Ripetta, dalle rive del Tevere sotto i bastioni di Castel Sant’Angelo a piazza
Navona. Per queste vedute, in seguito estese ad altre città o luoghi paesistici della penisola (da
Venezia a Firenze, da Napoli a Messina, dal Lago Maggiore con le isole Borromeo alla Costiera
sorrentina) e replicate più volte con minime varianti, il pittore si avvalse di un mezzo già utilizzato
in precedenza: la camera oscura, detta anche camera ottica. Uno strumento, questo, che, dotato di
una lente, proiettava su un vetro quanto inquadrato dall’artista, che riportava, a penna o a matita, su
un foglio quadrettato e trasparente, l’immagine così come riflessa. Con questo procedimento,
restando fisso il punto di vista da cui riprendere un edificio, una piazza, una strada, la riva di un
fiume, di un canale o un tratto di costa, si otteneva di questi luoghi una veduta prospettica
necessariamente limitata e parziale; soprattutto insufficiente a restituirci di quei luoghi la concreta
identità non solo ambientale, ma anche storica e culturale, determinata e qualificata in particolare
dalla presenza dell’uomo con le sue alterne e molteplici attività quotidiane. A questi limiti van
Wittel contrappose un uso personalizzato dello strumento ottico, riprendendo tratti urbani o
paesistici da angolazioni diverse e ravvicinate attraverso un progressivo e studiato spostamento
della camera ottica lungo uno stesso asse di lettura, fino a ottenere una ripresa ampliata e
panoramica (come se utilizzasse un moderno obiettivo grandangolare) dei luoghi da rappresentare,
identificati e restituiti visivamente nella loro identità di complessi e articolati sistemi architettonici o
paesistici segnati unitariamente dall’azione concreta dell’uomo, nel tempo e nello spazio attraverso
il suo costante essere e divenire. Un lettura ‘moderna’ del paesaggio urbano e naturale in quanto per
la prima volta il pittore si poneva davanti alla realtà oggettiva scegliendo di rappresentarlo
prioritariamente, se non esclusivamente, in ragione della personale sensibilità percettiva, soprattutto
delle proprie inclinazioni e scelte culturali.
Una percezione e una rappresentazione della realtà urbana e paesistica che potremmo definire al
tempo stesso soggettiva e oggettiva, razionale ed emozionale, illuminista e romantica, di natura e
‘artificio’, di passato e presente, di mito e storia. Una percezione e una rappresentazione di città e
paesaggio che trovò seguito notevole presso Canaletto o Bellotto non solo per la ripresa di aspetti
fin’allora inediti o inconsueti di Venezia, ma che in seguito, con pittori sia pure di diversa
estrazione e formazione, come Joli o Lusieri, Vernet o Hackert, comportarono anche nuovi e
‘moderni’ tagli di lettura e interpretazione di altri aspetti del paesaggio italiano, sia urbano che
naturale. Ma anche una percezione e una rappresentazione di luoghi diversi dell’Italia del Grand
Tour che avrebbero avviato, sull’esempio di libertà di van Wittel nel leggere e tradurre in immagini
lucide, concrete, vere e al tempo stesso emozionate ed emozionanti, tratti diversi del paesaggio
italiano, il percorso della veduta settecentesca verso gli approdi preromantici e romantici della
moderna pittura di veduta tutta emozioni visive di pittori come Thomas Jones e Wright of Derby o
Cozens. Fino alle solari ‘impressioni’ di una Venezia, di una campagna romana o del golfo
partenopeo, ormai percepiti e tradotti nelle concrete e più vere apparenze di luci solari e dilaganti, di
ombre fluttuanti e colorate, che ci ha lasciato Turner agli inizi dell’Ottocento, aprendo
definitivamente il percorso della pittura moderna e non solo di veduta o paesaggio.
Bibliografia
- G. Briganti, Gaspar van Wittel e l’origine della veduta settecentesca, Roma 1966
- G. Briganti, I vedutisti, Milano 1969
- W. G. Constable, Canaletto, Giovanni Antonio Canal 1697 – 1768, Oxford 1976
- L. Salerno, Pittori di paesaggio del Seicento a Roma, Roma 1977-80
- Travels in Italy (1776 – 1783) based on the memory of Thomas Jones (catalogo della mostra a cura
di F. W. Hawcroft), Manchester 1988
- N. Spinosa – L. Di Mauro, Vedute napoletane del Settecento, Napoli 1989
- All’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all’Ottocento, catalogo
della mostra, Napoli 1990
- L. Salerno, I pittori di vedute in Italia (1580-1830), Roma 1991
- Luca Carlevarijs e la veduta veneziana del Settecento, catalogo della mostra, Milano 1994
- A. Rizzi, Bernardo Bellotto. Dresda, Vienna, Monaco, Venezia 1995
- G. Briganti, Gaspar van Wittel (nuova edizione a cura di L. Laureati e L. Trezzani), Milano 1996
- Grand Tour. The Lure of Italy in the Eighteenth Century (catalogo della mostra a cura di A.
Wilton e I. Bignami), Londra 1996
- Josepl Mallord Turner (catalogo della mostra a cura di D. B. Brown e K. A. Schroder), Vienna
1997
- Gaspare Vanvitelli e le origini del vedutismo, catalogo della mostra a cura di F. Benzi e C.
Strinati, Roma – Venezia 2002-2003
- Canaletto (mostra a cura di Ch. Beddington), Londra – Washington 2010
Prossime lezioni:
Mercoledì 29 febbraio
Canaletto, Bellotto e la fortuna internazionale dei vedutisti veneti, Daniele D’Anza
Conferenza fuori programma: Giovedì 1 marzo, Aula Magna
Una giornata a Villa Necchi Campiglio:
famiglia, ospiti e riti quotidiani in una dimora signorile negli anni Trenta a Milano
Lucia Borromeo
(Ingresso libero e aperto anche ai non iscritti al corso)
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