Un piccolo uomo di cera ruota lentamente su se stesso. Dietro di lui una mappa, sulla quale è disegnata la sagona di un paesaggio dell’Ottocento, “Dopo la pesca” di Antonio Varni, barche e figure su una spiaggia. L’installazione di Joan Farías Luan unisce in sé elementi diversi che si ricollegano all’idea del paesaggio, congiungendo le tecniche attraverso la traccia del segno, di un disegno che supera l’idea della bidimensionalità per entrare nello spazio reale. E’ il luogo ideale la meta di questa sua ricerca senza fine che si conclude in se stesso? Il viaggio circolare dell’uomo di cera attrae lo sguardo e, nel seguire il suo percorso, l’occhio vaga alle sue spalle riconoscendo i tratti della città reale, il segno dell’opera passata, sfiora e supera la superficie delle cose, crea un ponte attraverso il tempo. Il segno sicuro ripercorre un quadro più antico, la mappa offerta è quella dell’esistere, di un qui ed ora che si inserisce nel flusso della storia. Un viaggio che l’artista ha compiuto a ritroso e nel quale molte saranno le sorpresa future. Alessandra Gagliano Candela Storiatrice dell’Arte