LA RELAZIONE D’AIUTO NELLE PRINCIPALI PATOLOGIE PROJECT WORK realizzato nell’ambito del progetto “Assistente alla persona (Addetto all’assistenza personale)” Cod. Prog. POR2011IIBR501 P.O. PUGLIA FSE 2007-2013 - Avviso Pubblico PROV. BR 05/2011 PRESENTATO DA: Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø BOSONI Gianna Cinzia DI SANTO Stefania FORLEO Anna LOMARTIRE Maria POLITI Antonella RUSSO Addolorata SCALERA Rosanna SCIVETTI Marilena SOLIBERTO Anna VERARDI Carmela INDICE v v v v v v v v v v v v v v La relazione d’aiuto La relazione d’aiuto e la famiglia L’autonomia L’empatia Le patologie dell’anziano Le patologie psichiatriche La riabilitazione psichiatrica Il benessere e la salute nell’anziano La mobilizzazione degli anziani L’alimentazione L’igiene La legge sulla privacy Conclusionipag Ringraziamenti pag.1 pag.3 pag.6 pag.8 pag.10 pag.12 pag.15 pag.17 pag.19 pag.21 pag.23 pag.25 pag.27 pag.28 LA RELAZIONE DI AIUTO “La relazione è soprattutto attenzione all’altro: alla sua condizione più che alla nostra, alle sue emozioni più che alle nostre.” La relazione di aiuto può essere definita come una relazione in cui almeno uno dei protagonisti ha lo scopo di promuovere nell’altro: Ø Ø Ø Ø Ø Ø la crescita ( progressione lungo le tappe del ciclo vitale) lo sviluppo ( stima di sé e realizzazione delle potenzialità) la maturità dal principio del piacere a quello di realtà integrazione tra aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali l’integrazione sociale acquisizione di un modo di agire più adeguato al contesto e all’alterità capacità di adattamento accettazione ed utilizzo costruttivo della diversità consapevolezza e capacità di affrontare conflitti e difficoltà relazionali Condizioni per l’instaurazione di una Relazione di Aiuto Da parte del terapeuta ü ü ü ü ü ü ü ü ü ü ü ü ü ü ü Autenticità Congruenza Valutazione della distanza Rispetto dell’altro Rispetto dei tempi Accettazione della totalità dell’altro Attivazione delle potenzialità dell’altro Rispetto per se stessi Accettazione dei limiti personali Sospensione di valutazioni e giudizi Da parte del cliente / paziente Riconoscimento del problema Richiesta di aiuto Fiducia nel terapeuta Collaborazione al processo di cambiamento La fiducia nel terapeuta Si stabilisce se vengono realizzate le seguenti condizioni: ü Clima di accettazione ( e non di selettività) ü Capacità di cogliere i significati del paziente ( e non cercare solamente di inquadrare il problema presentato, all’interno di una cornice diagnostica pre-costituita) ü Trasmissione di un senso di comprensione profonda e di ascolto attento ü Desiderio reale di comprendere più che di risolvere o prescrivere ü Profondo rispetto dell’individualità del paziente (evitare di creare situazioni di dipendenza) ü Capacità di contenimento SINTESI Una relazione di aiuto è possibile nella misura in cui posso realizzare condizioni capaci di facilitare la crescita dell’altro come persona distinta. Questa capacità è strettamente correlata con la crescita personale. Qualunque sia il consapevolezza : grado di maturità raggiunto è fondamentale la ♣ della reciprocità della relazione ( aiutare l’altro fa crescere me stesso) ♣ dei propri stati d’animo e dei propri atteggiamenti ♣ dei limiti dell’intervento Nella realizzazione della relazione di aiuto è fondamentale per il terapista riconoscere: la reciprocità della relazione le motivazioni personali le emozioni , i pensieri e i comportamenti suscitati dalla relazione i personali meccanismi difensivi (utile la supervisione e il training personale) Questa consapevolezza permette una reale e profonda comunicazione e porta a livelli sempre più crescenti di comprensione riducendo nel contempo le reciproche manipolazioni. ♣ ♣ ♣ ♣ Cose fondamentali da evitare nella relazione terapeutica Curare gli altri per curare se stessi Proiettare sui pazienti le problematiche personali Usare il ruolo e il potere psicologico coma arma di violenza privata Considerare il paziente come un oggetto da catalogare Considerare la malattia o il disagio mentale unicamente come frutto di alterazioni biochimiche da curare con la sola chimica v Considerare se stessi e la propria tecnica come l’unico strumento utile per Il paziente. Una relazione soddisfacente va considerata in termini di successo terapeutico nella sua accezione più ampia, la quale coinvolge sia l’ambito del care (prendersi cura) che quello del cure (trattamento della patologia). v v v v v Nello specifico è importante la relazione d’aiuto che si instaura con la famiglia. LA RELAZIONE D’AIUTO E LA FAMIGLIA Da sempre insostituibile, l’azione della famiglia nella gestione della salute e dell’infermità ha però subito numerose trasformazioni avveratesi, negli ultimi decenni, in forma più rapida che nel passato. A pesare sui nuclei familiari sono soprattutto alcune categorie particolarmente fragili. Si tratta «dei disabili, delle persone affette da forme gravissime di sofferenza psichica, dei lungodegenti e degli inguaribili, dei malati cronici, di quanti necessitano di riabilitazione estensiva di lungo termine». L’insorgere di un’infermità nell’ambito della famiglia non incide solo sul budget ma anche – e in modo rilevante – sul tessuto relazionale, rompendo equilibri, modificando ruoli, ferendo affetti, disturbando ritmi di vita e di lavoro. Ad aggravare l’incidenza della malattia sulla famiglia è l’evoluzione della sua stessa struttura, dovuta a cambiamenti culturali e sociali, come la diminuzione delle dimensioni dei nuclei familiari e delle reti di parentela, il decremento delle nascite, l’aumento della popolazione anziana, il ritardo dell’acquisizione della dimensione genitoriale. Se le trasformazioni socio-culturali e le scelte legislative cambiano spesso lo scenario in cui la famiglia è chiamata ad agire per fare fronte alle difficoltà create dalla presenza della sofferenza fisica e psichica, esse però non ne diminuiscono la responsabilità e l’impegno. Per svolgere appropriatamente il suo compito ha essa stessa bisogno di cura. E’ necessario offrirle gli aiuti necessari. Il ruolo della famiglia I pazienti indicano tra i loro bisogni fondamentali il supporto dei familiari e delle persone amiche. La famiglia viene chiamata a sostenere il “peso della cura”. La famiglia è esposta al disagio e alla sofferenza per le situazioni fisiche o psichiche dei suoi membri. Le seconde producono una turbativa molto più grave e profonda che amplifica la sofferenza e altera i meccanismi e le capacità di difesa. Importanti malattie ad amplificazione sociale coinvolgono intensamente, accanto a coloro che ne sono affetti, anche congiunti e familiari e producono un vasto alone di dolore, di ansietà, di tristezza sino alla disperazione Nell’ambito della famiglia si svolgono una serie di fenomeni dinamici legati alla sofferenza di un membro malato che modificano le risposte degli altri membri attraverso atteggiamenti reattivi e fanno emergere degli stati di disagio o dei disturbi del carattere preesistenti negli altri membri. Per molti caregivers le conseguenze sulla salute fisica e mentale possono permanere ben oltre la cessazione dell’assistenza. Le tensioni familiari possono essere riconosciute: i suoi componenti sono costituiti in negativo dall’eccessivo coinvolgimento emotivo, dalla ostilità, dalla critica, ed in positivo dal calore dei rapporti e dei commenti positivi. Prendersi cura della famiglia Una buona psico diagnosi familiare consente agli operatori di far leva sulle energie positive della famiglia e di cercare l’alleanza terapeutica importante per la qualità di vita del paziente e della famiglia stessa. Contribuisce all’accettazione e all’utilizzazione da parte del paziente sia del trattamento farmacologico sia di quello psicosociale. Verificare i ruoli permette di non sovra o sottostimare il coinvolgimento di ciascuno e di non incorrere in incomprensioni e delusioni. Così con adeguati meccanismi di sostegno e di consenso sociale offerti attraverso mezzi idonei di informazione e di educazione, la famiglia può riassumere in modo convincente un ruolo forte e positivo. Solitamente è il familiare leader che si trova a dover interpretare il ruolo di schermo che attutisce e filtra le informazioni tra l’équipe curante e l’ammalato, quello di depositario delle sue volontà. Invece tutto il gruppo familiare dovrebbe essere considerato come potenzialmente curante. Il rapporto con i familiari Tipi di famiglie: La famiglia normale à è una famiglia elastica e dinamica, con un buon adattamento che integra gli operatori, chiede aiuto in caso di specifici bisogni, ha una comunicazione aperta, una buona percezione del livello relazionale ed una condivisione della sofferenza. La famiglia muta à è una famiglia che utilizza il silenzio come meccanismo di protezione reciproca, i familiari chiedono ai curanti di non comunicare con il malato ed il malato tace per non pesare su di essi; clima di solitudine. La famiglia rigida à è una famiglia nella quale vi è un alto livello di razionalizzazione ed un basso livello d’espressione delle emozioni, un forte bisogno di controllo che si manifesta con estrema attenzione alle terapie, all’alimentazione … ha un’alta frequenza di richiesta di spiegazioni e rassicurazioni, disagio per qualunque variazione di programma. La famiglia conflittuale à in una famiglia così organizzata sono presenti conflitti aperti con difficoltà di relazione con l’équipe e rischio di coinvolgimento degli operatori che si schierano con uno dei membri della famiglia, possibile estensione di conflitto all’équipe; conflitti latenti con basso livello di compliance familiare. La famiglia disgregata à in questa famiglia il malato vive solo e spesso appare rassegnato e depresso, i familiari non sono disponibili a dare aiuto, frequenti le ospedalizzazioni per difficoltà ad attuare programmi di assistenza domiciliare; rabbia degli operatori. La famiglia chiusa à è una famiglia con molta diffidenza nei confronti di ogni forma di aiuto anche a causa di esperienze di delusione nei confronti della medicina dei sanitari, bassi livello di compliance, il messaggio non verbale è spesso squalificante. Rabbia negli operatori. Dimensioni del carico familiare ü Carico “oggettivo”:alterazioni del tempo libero ed opportunità di carriera, lavoro, della routine familiare, delle relazioni sociali, delle relazioni intra familiari, difficoltà finanziarie ü Carico “soggettivo”:conseguenze sulla salute mentale e fisica. Se la famiglia può rivedere e ridistribuire i ruoli avrà minori probabilità di ammalarsi (lutto patologico, malattie psicosomatiche..) e se è aiutata ad elaborare sensi di colpa o chiarire “malintesi” sarà aiutata a costruire vincoli di solidarietà. Di conseguenza è necessario sostegno ai caregivers attraverso: ü Riduzione del carico “oggettivo”con riduzione del tempo totale dedicato all’assistenza e della continuità della stessa; sostegno finanziario. ü Riduzione del carico “soggettivo” con interventi di counselling, supporto di volontari, interventi psicoterapeutici individuali o di gruppo, interventi psicoeducativi. Uno degli obiettivi del caregiver è condurre all’autonomia l’individuo. AUTONOMIA Il termine autonomia significa “fare da soli”, “non dover dipendere da altri”, ma essere autonomi significa soprattutto essere in grado di scegliere, decidere della propria vita, organizzarsi, rifiutare, assumersi responsabilità e doveri, desiderare e avere interessi per sé; perché è nel diritto di ogni persona sfruttare tutte le potenzialità e le capacità che ognuno possiede. Quando si tratta di indipendenza l’accento può essere posto sulle caratteristiche e sulle capacità individuali. L’autonomia in questa sfumatura di significato ha di sicuro a che fare con concetti ben più alti quali ad esempio la libertà. Ecco che essere autonomi significa decidere e decidere ha una inevitabile collusione con la sfera del pratico, del concreto e del quotidiano. Questo concetto a volte astratto e lontano, se calato nella realtà, risulta sempre relativo all’individuo e al contesto in cui è inserito. L’autonomia è di sicuro relativa al contesto ma essa racchiude in sé anche l’aspetto della potenzialità e del potenziale individuale. Per dirla in maniera dinamica potrebbe rappresentare lo scarto ipotetico fra ciò che l’individuo fa e quello che potrebbe fare, fra quello che gli è consentito fare e quello a cui potrebbe ambire. Ecco allora che comincia a delinearsi il concetto di autonomia possibile o potenziale, da intendersi come una condizione in cui le potenzialità della persona vengono estremizzate fino ad un livello ottimale che quindi chiama in causa anche concetti non trascurabili quali il benessere, l’appagamento personale, la soddisfazione. Tale condizione, subordinata al contesto relazionale in cui ciascuno è inserito, è tutt’altro che lineare e procede spesso per salti discontinui. Può essere incrementale, se prendiamo ad esempio un adulto che quotidianamente acquisisce competenze nei vari ambiti in cui è inserito, o decrementale nel caso ad esempio di un anziano che via via perde la propria autonomia ad esempio nei movimenti o nella cura di sè. Questo presupposto implica che i disabili siano titolari dei diritti fondamentali di libertà ed uguaglianza, primo fra tutti quello di autoorganizzarsi la propria vita fino alla possibilità di scegliersi autonomamente le forme di supporto e di aiuto professionale. Da qui la necessità per una persona di avvalersi di ausili e supporti tecnici per essere aiutato a superare, o quanto meno ridurre, la sua disabilità. Da qui la necessità, quando la persona si trova priva del sostegno familiare, di vivere in un ambiente nel quale i suoi bisogni possano essere considerati ed assunti come da lui espressi. Per chi ricopre nella nostra società il ruolo di paziente psichiatrico l’autonomia ha di certo a che fare con il concetto di libertà, di potenzialità, e di decisione, ma anche con quello di dignità e di cura. Proprio questi aspetti si concretizzano attraverso una rete di supporto che coinvolge la quotidianità della cura della persona, il potersi muovere con mezzi propri, una sana alimentazione, riconoscere e gestire le proprie emozioni, tutti aspetti fondanti per l’autonomia e il benessere. Le persone con disturbi mentali possono attraversare condizioni transitorie in cui la libertà, l’autosufficienza, e le capacità decisionali sono fortemente messe in discussione, ma attraverso peculiari relazioni significative, attraverso azioni complesse che coinvolgono la consapevolezza, l’autoefficacia, la motivazione che consentono alla persona di integrarsi al meglio e di interagire con il proprio ambiente familiare, sociale e culturale, è possibile l’acquisizione di comportamenti sociali adeguati e un miglioramento delle relazioni interpersonali. Per questo si deve sviluppare l’empatia. EMPATIA L'empatia è la capacità di comprendere appieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Empatia significa sentire dentro ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana. Si tratta di un forte legame interpersonale e di un potente mezzo di cambiamento. Essa rappresenta inoltre la capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d'animo di un'altra persona. L’empatia costituisce un modo di comunicare nel quale il ricevente mette in secondo piano il suo modo di percepire la realtà per cercare di far risaltare in sé stesso le esperienze e le percezioni dell'interlocutore. È una forma molto profonda di comprensione dell'altro perché si tratta d'immedesimazione negli altrui sentimenti. Ci si sposta da un atteggiamento di mera osservazione esterna al come invece ci si sente interiormente. Nell'uso comune, empatia è l'attitudine a offrire la propria attenzione per un'altra persona, mettendo da parte le preoccupazioni e i pensieri personali. La qualità della relazione si basa sull'ascolto non valutativo e si concentra sulla comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell'altro. Il contrario di 'empatia' è 'dispatia' ovvero l'incapacità o il rifiuto di condividere i sentimenti o le sofferenze altrui. Con empatia positiva si intende la capacità del soggetto di partecipare pienamente alla gioia altrui; si tratta di un con-gioire e di un saper perciò cogliere la gioia altrui, avendo coscienza della felicità da lui provata. La gioia colta tramite l’empatia sarà di tipo originario, in quanto il contenuto di ciò che viene provato empatizzando con l’altro avrà lo stesso contenuto. Con empatia negativa si concepisce l’esperienza di colui che non riesce a empatizzare rispetto alla gioia altrui, trasferendo nel proprio vissuto originario le sue emozioni. Ciò accade in quanto qualcosa il lui si oppone; un’esperienza presente o passata o la stessa personalità della persona fungono, infatti,da barriera alla sua capacità di cogliere la gioia altrui. Psicoterapeuti, e psicoanalisti già dall’inizio del secolo scorso, avevano dato maggiore rilievo al ruolo che l’empatia gioca nelle relazioni interpersonali. In particolare, per chi per primo si è avventurato nello studio dell’empatia, inserendola nell’ambito della psicologia sociale, essa è imitazione spontanea di gesti e posture osservate negli altri, e quindi condivisione dei loro vissuti; d’altro canto per alcuni psicoanalisti, empatizzare significa provare quello che prova l’altro, dando motivo al soggetto di capire ciò che prova egli stesso. Approccio cognitivo affettivo Per i cognitivisti, a partire dagli anni ’60, empatizzare con qualcuno significa comprendere i suoi pensieri, le sue intenzioni, riconoscere le sue emozioni in modo accurato e riuscire a vedere la situazione che sta vivendo dalla sua prospettivahttp://it.wikipedia.org/wiki/Empatia -­‐ cite_note-­‐20, pur non negando che vi sia anche una piccola partecipazione dell’emotività che entra in gioco, ma considerandola come un epifenomeno cognitivo. Dagli anni ’80, empatizzare significa provare un’esperienza di condivisione emotiva e di comprensione dell’esperienza dell’altro, dando quindi spazio ad una componente affettiva ed una cognitiva, in modo tale che esse possano coesistere nel processo empatico. Approccio psicoanalitico Secondo tale approccio l’empatia è uno strumento non solo utile, ma necessario allo psicoanalista di professione per percepire ciò che il paziente prova dal punto di vista emotivo. Capita spesso infatti, che vi siano molti terapeuti che si lamentino di essere poco empatici nei confronti dei propri pazienti, ma in realtà questa loro insicurezza, paura e spesso ostilità verso la clientela, è provocata da affetti poco positivi, che scaturiscono proprio dal loro elevato livello di empatia, il quale permette di entrare talmente nello stato del paziente, da sentirne i sentimenti, a tal punto da confondere i propri con quelli degli altri. Gli affetti dei pazienti quindi, molte volte causano una sofferenza talmente grande allo stesso terapeuta, che a lui risulta difficile indurre negli stessi risposte di uguale intensità. Tutto ciò in realtà è molto positivo, perché in questo modo l’infelicità del paziente diventa percepita in maniera sincera e genuina. Ciò è fondamentale per avere una buona percezione, specie con gli anziani,delle patologie di cui sono affetti. PATOLOGIE DELL'ANZIANO La persona anziana è in maggior misura suscettibile alle malattie, a causa della sua ridotta capacità di mantenere l'equilibrio fisiologico e per il deterioramento dei suoi meccanismi immunologici di difesa. Le malattie negli anziani possono presentarsi in forma atipica, con assenza o riduzione dei segni clinici classici e, talvolta, con la sovrapposizione di diverse situazioni patologiche. Infatti, la riduzione della resistenza allo stress può essere ulteriormente ridotta dal sopravvenire di patologie secondarie. Non esistono processi morbosi che siano ad esclusivo appannaggio dell’anziano. Si possono riconoscere malattie che, tuttavia, in vecchiaia, particolarmente frequenti ed assumono particolari caratteristiche: sono v modalità di reazione dell’organo colpito e dell’organismo intero v ripercussioni che il turbamento di una funzione organica riserva su tutto l’individuo Aspetti patologici e di salute mentale Nell’anziano è necessario tenere sotto controllo gli aspetti di carattere patologici unitamente a quelli legati alla salute mentale. Gli aspetti patologici riguardano principalmente: v Malattie dell'apparato cardiovascolare v Malattie dell'apparato gastrointestinale v Altre patologie Tra queste ricordiamo: v v v v Diabete Neoplasie Demenza senile Arteriosclerosi La tendenza all’invalidità permanente e la perdita dell’autosufficienza scaturiscono dal tipo di patologia cronica e degenerativa che colpisce l’anziano e dall’importanza degli organi che ne sono colpiti. A ciò si deve aggiungere l’insufficienza e l’inadeguatezza delle strutture, la scarsa preparazione del personale, la mancanza di strutture riabilitative, un errato approccio psicologico. Va tenuto presente che i rapporti tra ambiente, condizione familiare e socio‐economica, psiche, turbe mentali e comportamentali, sono così stretti che una ridotta stimolazione ambientale può favorire in un soggetto anziano l’insorgenza di un circolo vizioso, che attraverso una riduzione del metabolismo neuronale determina la comparsa di un’insufficienza cerebrale e, come risultato finale, conduce all’isolamento e all’emarginazione definitiva dell’anziano. Necessità psicologiche Le necessità psicologiche comuni agli esseri umani sono il rispetto, la sicurezza, la stima di sé stessi ed il bisogno di sentirsi apprezzati e valutati dagli altri. Alterazioni psichiatriche La frequenza di tali alterazioni aumenta con l'età. Si tratta di stati depressivi e di demenza senile con una paranoia persistente. Gli stati depressivi sono le più usuali modificazioni dovute all’avanzamento dell’età e si originano dalle perdite affettive, da una minore considerazione sociale e da fattori biochimici, metabolici ed endogeni. La demenza senile (di tipo Alzheimer) riguarda i sintomi legati a disfunzioni intellettuali di varia patogenesi che colpisce il 5% della popolazione al di sopra dei 65 anni. Il “morbo di Parkinson” è una delle più frequenti malattie senili caratterizzata da disordini motori che impediscono di camminare e di muoversi in maniera regolare. Fortunatamente, la medicina è in continuo progresso nel diagnosticare i mali degli anziani e nel fornire le giuste terapie. Ma di patologie psichiatriche ne sono affetti anche i più giovani … PATOLOGIE PSICHIATRICHE Il disagio e il disturbo mentale nel mondo L'OMS calcola che nel mondo ci siano 450 milioni di persone che soffrono di disturbi mentali, neurologici o del comportamento, e che la gran parte di questi disturbi non siano nè diagnosticati nè trattati. Ansia e depressione sono naturalmente le malattie psichiatriche più frequenti, data anche la difficoltà del vivere quotidiano e l'isolamento umano nel quale versano alcune categorie di pazienti particolarmente colpiti, come gli anziani. Approccio al paziente Un atteggiamento di disponibilità all'ascolto e a ricercare soluzioni non solo farmacologiche è fondamentale da parte del medico. È necessario dedicare un tempo adeguato al colloquio per valutare la serietà del problema, che nel caso dei disturbi psichiatrici minori può essere affrontato dal medico curante stesso, mentre in altri casi può richiedere l'intervento dello specialista (trattamento psicoterapeutico, in grado di trasformare le ragioni profonde della malattia, là dove i farmaci ne contengono efficacemente i sintomi). L'obiettivo resta quello di ristabilire le condizioni di equilibrio e di benessere psichico al di là della terapia farmacologica. Nei casi più impegnativi è necessaria la collaborazione del paziente e della famiglia per l'adesione alla terapia e per rispettare i controlli clinici e di laboratorio programmati. Principali malattie psichiatriche: v depressione maggiore; v distimia (forma di depressione cronica); v disturbo bipolare I (episodi maniacali o misti accompagnati da episodi depressivi); v disturbo bipolare II (almeno un episodio ipomaniacale accompagnato da episodi depressivi); v ciclotimia ( caratterizzato da periodi alternanti di depressione e di ipomania); v schizofrenia; v psiconevrosi (disturbi psichici della sfera affettivo-istintiva, della personalità, o da sintomi somatici di vario tipo); v demenze primarie (malattia di Alzheimer, malattia di Pick); v demenze secondarie (corea di Huntington, morbo di Parkinson, paralisi progressiva); v demenze vascolari; v alcolismo e tossicodipendenze; v disturbo borderline di personalità (caratterizzato da vissuto emozionale eccessivo e variabile e da una generale instabilità esistenziale). Disturbi psichiatrici: Ansia È caratterizzato da tensione, da una sensazione di timore indeterminato, da una penosa aspettativa di imminente pericolo o di difficoltà, senza che vi sia un motivo ragionevole a giustificarle. L'ansia spesso è un sintomo presente in tutti i disturbi mentali. Depressione Lo stato d'animo fondamentale della depressione è per lo più quello di una disperazione triste e cupa, un senso di impotenza verso le cose, l'incombente bisogno di piangere, di fuggire e perfino di morire. Mania È caratterizzata da un’ eccitazione generale dell'attività mentale e del comportamento. Sebbene le manifestazioni della mania e della depressione siano di segno opposto, il problema di fondo è lo stesso: il soggetto avverte, in entrambi i disturbi, il medesimo senso di incapacità di vivere pienamente e serenamente la propria esistenza. Schizofrenia II termine viene usato per indicare uno stato della mente affetto da scissioni e separazioni nel quale logica, pensiero, emozioni, sentimenti si dissociano producendo comportamenti incoerenti e strani. I principali sintomi che vengono riscontrati quando si parla di schizofrenia: isolamento dalla realtà, delirio e allucinazione. Deliri e allucinazioni, pur essendo molto frequenti nella schizofrenia, si rinvengono anche in altri disturbi mentali. Paranoia È un disturbo psichico caratterizzato dal ritenersi in pericolo perché perseguitati da uno o più nemici. Eventi quotidiani, usuali comportamenti delle persone, avvenimenti straordinari: tutto è interpretato come segnale di congiure in atto. Si accompagna l'isolamento dalla vita sociale, con pensieri e sentimenti di diffidenza e ostilità nei confronti degli altri. Fobia È una paura immotivata ed esagerata verso determinati oggetti, persone, animali, ambienti o situazioni. La caratteristica delle persone che hanno sviluppato una o più fobie è quella di evitare in tutti i modi la possibilità di entrare in contatto con l'oggetto, la persona, l'animale o l'ambiente temuto. Questo fatto può comportare notevoli alterazioni di comportamento e impedimenti nello svolgimento della vita quotidiana. Ossessione La persona che ha un disturbo ossessivo si sente costretta, suo malgrado, ad avere pensieri ripetitivi e ad agire secondo comportamenti obbligati. La fobia è un rifiuto, l'ossessione è un'attrazione inesorabile. Le ossessioni possono invadere così profondamente la mente di una persona, da renderle la vita impossibile, dolorosa e soffocante. Isteria Può essere definita come la finzione inconsapevole ed involontaria di un disturbo, sia del corpo che della mente.Senza rendersene conto la persona imita ed esibisce, a sé ed agli altri, un disturbo che realmente non ha, ma che è convinta di avere. L'isterico, in questo modo, fa vedere con una finta malattia solo una parte della grande sofferenza che si nasconde dietro un problema non affrontato. Ipocondria È il disturbo per cui si ha la convinzione di essere malati senza che ve ne sia reale motivo, e di questa preoccupazione si soffre e ci si tormenta.Attenzione: l'ipocondriaco è un malato immaginario per la medicina generale, ma diviene un paziente per la psichiatria. Infatti la sua convinzione è falsa, ma la sofferenza è vera. Anoressia e bulimia Si tratta di due disturbi psicologici che si manifestano attraverso l'eccessiva attenzione per l'alimentazione e per il proprio corpo.L'anoressia si manifesta con un ostinato rifiuto ad alimentarsi, con la conseguenza di un forte dimagrimento che nelle forme più gravi può condurre anche alla morte. L'anoressica vede il proprio corpo, anche se magro, sempre come troppo grasso.La bulimia è caratterizzata da grandi abbuffate, che avvengono quasi sempre di nascosto.Sia le persone anoressiche che quelle bulimiche si procurano il vomito come estremo tentativo di ripristinare il controllo del proprio corpo. Demenza Esistono altri disturbi mentali, che hanno una sicura base organica (lesione biologica del cervello); tali disturbi, di parziale competenza psichiatrica, coinvolgono anche la neurologia e la medicina generale. La demenza è un disturbo caratterizzato dalla progressiva perdita dell'intelligenza e della memoria per la morte di un consistente numero di cellule cerebrali. La demenza deriva da cause patologiche (atrofia cerebrale, arteriosclerosi, traumi, tumori cerebrali ecc.), ma anche dal semplice invecchiamento, cioè dal fisiologico deterioramento mentale cui va incontro l'essere umano nel corso della sua esistenza. Insufficienza mentale È la condizione dovuta ad uno sviluppo limitato della personalità, sia in termini cognitivi che affettivi. Le cause dello sviluppo limitato sono di natura ereditaria, traumatica (nella gravidanza e durante il parto) ed infettiva (encefalite cerebrale). L'insufficiente mentale (o handicappato mentale) è una persona in vario grado meno intelligente e più immatura, sul piano affettivo e comportamentale, della media degli individui. Confusione mentale È quella condizione per la quale una persona perde la capacità di orientarsi nel tempo, nello spazio e perfino verso le persone più intime e note che non riesce a riconoscere. Più che un disturbo è un sintomo causato da un'aggressione diretta dell'encefalo (intossicazione alcolica, infezioni cerebrali, traumi cranici, tumori cerebrali, arteriosclerosi) o indiretta, come avviene in alcune malattie infettive gravi con febbre alta (malaria, tifo ecc.). Qualunque disturbo mentale in fase acuta può presentarsi in forma di confusione mentale. Tutti questi disturbi hanno bisogno di controllo! LA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA La riabilitazione in linee generali è un insieme di "strategie abilitanti" deputate alla riapertura di canali relazionali, alla ridefinizione del tempo, degli spazi, dell’uso della quotidianità. Essa si occupa, sostanzialmente, della reintegrazione del paziente nella società, aiutandolo a riguadagnare ruoli e diritti perduti, puntando al conseguimento del massimo grado di autonomia possibile, quindi della massima qualità di vita auspicabile. Ciò si potrà realizzare mediante il potenziamento delle risorse e delle abilità sociali residue, la riacquisizione di quelle perse, l’acquisizione di nuove (se possibile), lavorando anche sull’ambiente. Definizione in campo psichiatrico L’insieme di tecniche e di interventi utili a diminuire gli effetti della cronicizzazione del disagio psichico e a promuovere attivamente il reinserimento del paziente nel contesto sociale e lavorativo di riferimento. La riabilitazione presuppone la multidisciplinarietà in quanto i contesti in cui il disagio psichico si manifesta sono diversi. Essa coinvolge il paziente, la famiglia, la comunità e il suo territorio.Per processo riabilitativo non si intende il raggiungimento di livelli di funzionamento identici a quelli precedenti l'insorgenza del disturbo mentale, altrimenti il soggetto sarebbe ancora esposto agli stessi "rischi", ma si intende la riorganizzazione ed il potenziamento delle capacità e delle abilità del soggetto. Obiettivi Il compito della riabilitazione non consiste nel recupero forzato ed obbligatorio del deficit (accanimento terapeutico), quando questo obiettivo non è realizzabile poiché questo “agire” può essere a sua volta causa di cronicità. Gli obiettivi sono quelli di identificare, prevenire e ridurre le cause dell’inabilità e nello stesso tempo aiutare la persona a sviluppare ed usare le proprie risorse e capacità in modo da acquisire più fiducia in se ed aumentare il livello di autostima, facendo leva su ciò che vi è di sano e non sulla patologia. L’obiettivo non è la guarigione clinica, ma la “guarigione sociale”, che è rappresentata dal raggiungimento di un equilibrio e di un adattamento che rendano possibile un’integrazione, la più ampia e completa possibile, all’interno del proprio ambito sociale, ossia controllare i sintomi, rimuovere le barriere interpersonali e ambientali causate dalla disabilità, recuperare le capacità per vivere indipendente, socializzare, gestire la quotidianità ed accettare i propri limiti. In sintesi: Ø Sostegno e supporto delle funzioni compromesse. Ø Riacquisizione, per quanto possibile, delle capacità nelle aree in cui è presente una disabilità. Ø Conseguimento, al massimo livello possibile, dell'autonomia e della capacità di espressione. Ø Riduzione della dipendenza istituzionale Ø Acquisizione di modelli di comportamento e di relazione (del soggetto e del suo ambiente) reciprocamente tollerabili e condivisibili. Ø Miglioramento dell'autostima. Ø Collocazione di questi processi nella quotidianità esistenziale e concreta. Ø Riduzione della vulnerabilità. Tecniche Ogni patologia psichiatrica possiede caratteristiche peculiari che necessitano di un trattamento specifico e, di conseguenza, specifiche modalità relazionali. Per di più non bisogna ignorare gli effetti delle terapie psicofarmacologiche, le quali non solo modificano molti sintomi e segni, ma incidono anche sugli aspetti comportamentali e quindi relazionali. Le tecniche si concentrano dunque sulla principale conseguenza invalidante del disturbo mentale, cioè la compromissione dell’abilità nello svolgere ruoli sociali, e se ne utilizzano diverse a seconda dei problemi che l’utente deve affrontare e risolvere. Guarigione Il termine guarigione in psichiatria è spesso equivalente al raggiungimento di una condizione stabilizzata della patologia con assenza di aggressività e un trattamento farmacologico indeterminato. Spesso la guarigione viene intesa come buon stato di salute, benessere. BENESSERE E SALUTE DELL’ANZIANO A DOMICILIO Adeguatezza dell’abitazione L’ambiente domestico influenza il benessere di tutti, tanto più per gli anziani. L’umidità, la polvere e lo sporco negli ambienti rappresentano il terreno di coltura dei batteri. Igiene e cura della persona La cura quotidiana del corpo è essenziale per la salute ed il benessere. L’abbigliamento deve essere pulito, ordinato ed adatto alla stagione. Alimentazione e dieta Per mantenere un buono stato nutritivo l’anziano ha bisogno di una dieta varia ed equilibrata. Pigrizia intestinale e dieta La stitichezza è un problema che poche regole d’igiene alimentare servono a prevenire. Mobilità L’esercizio quotidiano permette di ridurre al minimo il rischio di cadute e migliora la qualità della vita. E’ indispensabile programmare una semplice attività motoria quotidiana, autonoma o assistita, in modo da mantenere la massima mobilità e, se possibile, migliorarla. I cambi di posizione, soprattutto a letto, prevengono la rigidità e le ulcere da decubito. Esistono dei semplici accorgimenti per facilitare il cambio di posizione, l’alzata dal letto o dalla sedia.. Per ridurre al minimo il rischio di cadute è fondamentale migliorare le capacità motorie e rendere più sicura la casa. L’anziano assistito a domicilio è spesso affetto da due o più patologie croniche, ad andamento progressivo, per le quali non vale l’approccio classico diagnositerapia-guarigione. Ciò considerato, compatibilmente con le capacità dell’anziano assistito, è bene coinvolgerlo nelle personali attività. Benessere e salute psico sociale Il contatto fra persone è indispensabile alla salute. Tenuto conto delle capacità individuali (resistenza, autonomia …) è necessario garantire sufficienti relazioni sociali. Stimolare la mente e il buon umore Per mantenere il cervello in esercizio è indispensabile tenere in esercizio la mente. Scarsi stimoli ambientali, relazionali ed affettivi favoriscono il rimuginare sul passato e predispongono al distacco dal presente. L’attenzione al momento che si sta vivendo può essere invece fonte di maggior soddisfazione. I servizi che ci possono aiutare Figure di riferimento per i bisogni sanitari e sociali: Medico di famiglia Infermieri del Distretto Socio Sanitario Assistente Sociale del Comune di residenza. Dal medico di famiglia si possono avere oltre alle prestazioni di tipo sanitario da tutti conosciute anche: v prescrizioni di ausili (pannoloni, letto, etc.); v l’attivazione dell’assistenza programmata e infermieristica domiciliare; v la compilazione gratuita della scheda SVAMA sanitaria per la richiesta di Centro Diurno o Struttura Protetta per Anziani. Dall’Assistente Sociale presente nei Comuni si possono avere: ♣ consulenze in merito a problemi di tipo socio assistenziale; ♣ orientamento sui servizi offerti dal Comune, formazione rivolti alle persone che si prendono cura di anziani, telesoccorso, etc.); ♣ informazioni relativamente a pratiche burocratiche (invalidità civile, inserimento in struttura protetta per anziani, richiesta ausilii, etc.); ♣ informazioni su servizi ricreativi e culturali, servizi offerti da associazioni di volontariato, centri diurni, strutture residenziali. Inoltre in ogni città o paese ci sono diverse organizzazioni sindacali che offrono i vari servizi: pratiche di pensione, consulenze su contratti tipo per la casa, di lavoro, previdenza, etc.. In particolare per quanto concerne la mobilizzazione le regole da seguire sono varie. LA MOBILIZZAZIONE DELL'ANZIANO NON AUTOSUFFICIENTE O PARZIALMENTE AUTOSUFFICIENTE ♣ Rimanere a letto il meno possibile. ♣ Programmare l’attività fisica in modo che coincida con i momenti di maggior benessere dell’anziano. ♣ Vanno incoraggiate le passeggiate anche brevi e le uscite fuori casa in genere. Nei mesi estivi è bene uscire nelle ore più fresche della giornata. Nei mesi invernali è bene uscire nelle ore più tiepide. ♣ L’eventuale terapia endovenosa si può praticare in poltrona. ♣ Prevenire le cadute organizzando la casa in maniera adeguata: rimuovere eventualmente tappeti,stuoie, attenzione ai pavimenti bagnati, ai cavi elettrici,telefonici o dell’antenna tv,alla cera sui pavimenti (meglio non usarla). ♣ Assicurarsi di un’illuminazione adeguata di stanze e corridoi. ♣ Assicurarsi che i mobili siano stabili e che non ostruiscano il passaggio. ♣ Se fosse necessari installare mancorrenti in corridoio e bagno. ♣ Utilizzare possibilmente calzature chiuse, comode,antiscivolo. ♣ Valutare con il medico l’opportunità di utilizzare un ausilio (bastone,tripode,deambulatore). ♣ Se utilizza la carrozzina nel passaggio dalla posizione seduta a quella eretta e viceversa accertarsi che la carrozzina sia frenata e che lo spazio di manovra sia sufficiente. ♣ Occorre sfruttare tutte le occasioni di movimento,anche minime,senza cadere nella tentazione di sostituirsi alla persona. ♣ La persona và stimolata ma mai forzata,non deve affaticarsi eccessivamente,il movimento non deve provocare dolore. ♣ Trascorrere il maggior numero possibile di ore possibili in carrozzina o in poltrona ,è preferibile utilizzare un cuscino antidecubito. Accertarsi sempre che la carrozzina sia frenata. ♣ Usare la carrozzina per la pratica dell’igiene in bagno, (almeno quella delle mani e del viso),per il pasto a tavola con gli altri membri della famiglia,per la terapia endovenosa. ♣ Aiutare la persona ma non sostituirsi a lui se fosse in grado di effettuare le manovre di spostamento,mettersi al suo fianco dal lato più debole o ♣ ♣ ♣ ♣ ♣ ♣ leso. Se fosse necessario si possono usare teli di scorrimento e il solleva persona prescrivibili dal medico. Usare il letto ad una piazza,libero sui tre lati,eventualmente di tipo ortopedico,per facilitare le cure igieniche e la Mobilizzazione;sistemare il letto preferibilmente vicino a una finestra per consentire la vista esterna. Se la persona trascorre molte ore a letto è bene utilizzare un materasso antidecubito ed eventualmente posizionare alla testata del letto il “trapezio” che consente piccoli spostamenti autonomi. Se ci fossero fasi di agitazione applicare al letto le sponde di protezione. L’igiene personale,il pasto, l’effettuazione della terapia o di una medicazione, la visita dei parenti possono essere tutte occasioni di movimento o di semplice cambio di postura nel letto. Per prevenire le lesioni da decubito e problemi respiratori, la persona và stimolata a cambiare frequentemente posizione, indicativamente ogni due ore alternativamente sul lato destro, sinistro e supino. Una corretta assistenza agli anziani in particolare, ma a tutti in generale, cura anche l’alimentazione. L’ALIMENTAZIONE Un'appropriata alimentazione è un ingrediente essenziale per conservare un buono stato di salute in tutte le età, e specialmente in età avanzata. Negli anziani infatti avvengono modificazioni fisiologiche, quali il rallentamento del metabolismo basale e la diminuzione della muscolatura scheletrica, cambiamenti dello stile di vita, come la ridotta attività fisica, che riducono il fabbisogno energetico, ma che richiedono un giusto apporto di nutrienti. Oltre i 40 anni, l'occorrente di calorie e di proteine diminuisce gradualmente di circa il 5 % ogni 10 anni sino ai 60 anni d'età; dai 60 ai 70 anni il calo è del 10 %, e un'altra riduzione del 10 % avviene dopo i 70 anni. Ma il problema, nell'anziano, non è tanto quello dell'apporto calorico, quanto quello di un regime alimentare equilibrato e completo nei principali nutrienti. La dieta ideale deve coprire in modo armonico ed equilibrato i fabbisogni nutrizionali dell'anziano e, molto schematicamente, deve essere impostata assicurando l'apporto calorico totale intorno alle 2.100 calorie e l'energia deve essere fornita dai carboidrati per il 50 - 60 per cento, dalle proteine per il 12 - 14 per cento, dai lipidi per il 30 - 35 per cento. I carboidrati sono contenuti prevalentemente nel pane, nella pasta, nelle patate ... Le proteine sono presenti nelle carni, nel latte, nei legumi ecc ... I lipidi o grassi si trovano, invece, negli oli, nel burro, nei formaggi, ecc ... E' essenziale, poi, l'apporto di acqua, vitamine e sali minerali. Gli anziani sentono meno la sete e si astengono dal bere per paura di disturbi come l'incontinenza urinaria o per timore dell'accumulo di liquidi che secondo un'idea sbagliata "fa gonfiare". E' necessario bere ogni giorno una buona quantità di acqua (almeno otto dieci bicchieri) per preservare la funzionalità renale, idratare la pelle, ammorbidire le feci e così ridurre il rischio di stipsi. Una buona abitudine è bere due bicchieri di acqua il mattino a digiuno. Oltre che con l'acqua, i liquidi s'introducono con il consumo di succhi di frutta, caffelatte, tè, latte freddo o caldo, tisane. Anche un bicchiere di vino durante o meglio alla fine del pasto va bene. Stimola la secrezione di succhi gastrici, favorisce la digestione e dà un senso di benessere … purché la quantità sia limitata (non più di mezzo litro il giorno). Da evitare sono invece i superalcolici. I sali minerali, presenti nei formaggi, nelle carni, nelle uova ecc.., sono necessari al corpo umano in quantità diverse tra loro. Nella dieta dell'anziano devono essere assolutamente presenti il calcio ed il ferro. Il latte intero, il formaggio, lo yogurt, il pesce ecc.. sono cibi ricchi di calcio. Due tazze di latte intero al giorno coprono il 75% del fabbisogno giornaliero di calcio e contribuiscono a mantenere la densità delle ossa prevenendo, così, l'osteoporosi. Se si è intolleranti al latte sono in commercio prodotti trattati in modo da essere facilmente digeribili. Le persone anziane sono a rischio di carenza di ferro. Si può evitarla aumentando il consumo di legumi, radicchio verde e spinaci, uova, tonno in scatola, carne rossa e petto di pollo. Bisogna stare attenti, inoltre, ad introdurre cibi ricchi di fibra (cereali, legumi, mele, ecc..). Questi alimenti, accompagnati da un'abbondante quantità di liquidi, oltre a dare un senso di sazietà, contribuiscono a regolare l'intestino. I pasti Il consumo del fabbisogno nutrizionale giornaliero deve essere suddivisa in tre pasti: Uno leggero al mattino, non limitato ad una tazza di caffè, ma accompagnato da qualche biscotto. Se non c'è intolleranza, il latte è un ottimo alimento, ricco di calorie, calcio, proteine e liquidi. • Il pasto principale, il pranzo, costituito da pane e cereali, cibi ricchi di proteine (carne, pesce, uova), verdura e frutta fresca ricca di vitamine. Grassi in piccola quantità come condimento. • Alla sera la cena deve essere leggera: un pasto abbondante rende la digestione lenta e laboriosa e si concilia male con il sonno. E' indicato, pure, fare due leggeri spuntini, uno a metà mattino e l'altro a metà pomeriggio. • Oltre a combinare ed a distribuire con equilibrio gli alimenti tra loro, è essenziale anche curare che le pietanze siano variate ogni giorno, approntate secondo i gusti e le preferenze di chi le deve consumare e servite in modo da rendere la tavola attraente. Bisogna non perdere mai di vista che mangiare è più di una funzione biologica e che il momento del pasto è un'occasione per assaporare i piaceri genuini e sani del buon cibo. Per quanto possano essere semplici (il sapore di un pomodoro perfettamente maturo, l'odore del pane fresco), hanno la facoltà di farci vivere in salute e in allegria. Vi sono, però, alcune condizioni che possono nuocere ad un'adeguata alimentazione e al necessario equilibrio tra i vari elementi nutritivi.Una dentatura in disordine, per esempio, o una protesi difettosa, unita ad una riduzione della salivazione, possono rendere difficoltosa la masticazione, cosicché si è portati a rinunciare ad alimenti che sono necessari. Come anche le ristrettezze economiche, che a volte affliggono gli anziani, possono causare rinunce a cibi importanti (frutta, verdura, carni). Anche uno stato depressivo può causare malnutrizione. Occorre, pertanto, per stabilire una dieta personale, prima valutare con cura le condizioni fisiche, psicologiche, economiche ed ambientali e, soprattutto definirla insieme all'anziano, pena il rischio di fallimento di qualsiasi consiglio o prescrizione alimentare. L’altro elemento essenziale del benessere è realizzare un’adeguata igiene personale. L’IGIENE L’igiene della persona è diventato nella nostra cultura un bisogno fisiologico primario. La nostra pelle né ha bisogno per conservare la sua integrità. La pulizia è sinonimo di benessere, chi soffre nel corpo cerca forze di sopravvivenza e guarigione nei bisogni fisiologici primari tra i quali vi è appunto l’igiene personale. Ognuno di noi è dotato di recettori naturali con i quali raccoglie le informazioni che provengono dall’ambiente esterno e dai propri simili, e questa capacità è molto importante per coloro che si accostano ad individui bisognosi d’aiuto. Una persona che necessita d’aiuto, può dire o compiere cose che certamente non farebbe se non si trovasse in quella situazione, in altre parole nello stato di dipendenza da un altro individuo. Sicuramente, chiunque svolgerebbe da sè le proprie cure igieniche, se ne fosse in grado. La dipendenza da altri, in particolare per le attività d’igiene del corpo, area riservata e personale della nostra vita, fa sì che vi sia un rifiuto psicologico da parte della persona bisognosa verso chi si dispone ad aiutarla. Un approccio sbagliato da evitare è quello del tipo … E che ci vuole? La lavo … La cambio … La imbocco … gli faccio la barba … Il rispetto e la fiducia sono la base per mantenere viva la propria dignità. Il tempo che si dedica ad una persona, non deve essere solo un momento terapeutico o nel caso d’assistenza leggera, obbligato, ma piuttosto un tempo utilizzato per apportare un aiuto alla persona in un momento particolare della propria vita. Il tutto inizia stimolando, interessando e contemporaneamente, portando il soggetto alla consapevolezza dei propri limiti quindi dei propri bisogni, ed all’accettazione che un'altra persona espleterà quelle attività personali. Tutto ciò non avverrà se prima noi non riconosceremo i bisogni degli altri. Solo allora, quando dimostreremo che non ci pesa e non ci disturba portare aiuto e comprenderemo il soggetto in difficoltà, s’instaurerà un rapporto autentico e sincero tra chi dona e chi riceve, che manterrà in chi ha bisogno la dignità e porterà certamente benessere ad entrambe le parti coinvolte. Nel caso in cui l’assistito sia in grado di collaborare sarà sufficiente metterlo in condizione di provvedere da solo alle proprie cure igieniche, magari ponendo alla sua portata tutto l’occorrente oppure, accompagnandolo in bagno. Questo lo renderà molto felice ed accrescerà la propria autostima aiutandolo a reagire. Particolare attenzione agli aspetti psicologici va posta nella pratica di cure igieniche di parti del corpo intime o anche solo particolari, non è facile trovare persone che accettino facilmente di farsi lavare da qualcuno che non conoscono, per limitare il senso d’imbarazzo dell’assistito, si può agire cercando di scoprire solo la parte del corpo di cui ci stiamo occupando. La pulizia dei piedi potrebbe essere un buon momento per scambiare due parole o per ascoltare la persona, trasformando così un momento d’imbarazzo in una piacevole parentesi, magari sedendoci accanto alla bacinella e facendogli un massaggio, l’importante è la spontaneità con cui praticheremo ogni cosa, inoltre se saremmo noi per primi a parlare della nostra vita, stimoleremo chi ci sta di fronte a confidarsi con noi, e se ciò avverrà, avremo raggiunto un grado di confidenza ed intimità che gioverà a chi offre e a chi riceve assistenza. Per quanto riguarda l’igiene intima, chiunque subisca questa pratica troverà certamente questo il momento più imbarazzante. Sarà compito e responsabilità di chi presta assistenza rendere questo momento il più sereno possibile. Per fare accettare il nostro intervento dovremo per prima cosa accettarlo noi! Se l’assistito intuirà da parte nostra fastidio, disturbo o peggio disgusto, si sentirà ancora più imbarazzato ed umiliato. Vi posso assicurare che chi si trova a letto, ed ha bisogno dell'aiuto di altri per svolgere attività apparentemente banali e scontate come lavarsi le mani, percepirà ogni nostra emozione / reazione anche se tacita. Sarà solamente vedendo quel vecchietto come il nostro nonnino, la signora anziana come la nostra mamma o semplicemente guardando loro con amore che riusciremo a svolgere tutte le attività necessarie con naturalezza e tranquillità. Il segreto come sopra menzionato è guardare quella persona come colui che amiamo e per il quel faremo qualsiasi cosa pur di portare un poco di sollievo e non come uno sconosciuto! Se pensiamo che l'igiene personale sia l'ultimo dei problemi di una persona gravemente malata ci sbagliamo, basti considerare che il primo sintomo della depressione è il rifiuto a lavarsi. Essere freschi, puliti e profumati fa sentire meglio chiunque, anche un malato terminale!! E per finire non dimentichiamo che ogni lavoro svolto deve comunque rispettare la privacy di ogni utente … ASPETTI GIURIDICI DELLE PROFESSIONI SANITARIE E SOCIALI Legge sulla privacy: 675/96 e successive modificazioni Le leggi sulla privacy a partire dalla LN 675/1996 e successivi provvedimenti del Garante, fino all’ultimo riferimento legislativo, il DL del 30/06/2003 n.196, “Codice in materia di protezione dei dati personali”, si incrociano con il codice deontologico delle professioni socio-sanitarie. Il nuovo codice riconosce all’art. 1, come primo diritto, la protezione dei dati personali. Le finalità di questo codice (art. 2) sono quelle di garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali. Inoltre il trattamento dei dati personali è disciplinato assicurando un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà precedentemente richiamate, nel rispetto dei principi di semplificazione, armonizzazione ed efficacia delle modalità previste per il loro esercizio da parte degli interessati, nonché per l’adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento. Per questo (art. 3) il trattamento dei dati è regolato dal principio di necessità ovvero i sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante dati anonimi o opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità. Ricordiamo che tutte le leggi sulla privacy identificano i dati sanitari come “dati sensibili”, cioè dati da proteggere con procedure assolutamente sicure e documentate. La rivelazione di questi dati viene punita a livello penale. Spalle al muro, quando gli anni, son fucili contro, qualche piega, sulla pelle tua, i pensieri tolgono il posto alle parole, sguardi bassi alla paura, di ritrovarsi soli. E la curva dei tuoi giorni, non è più in salita Scendi piano, dai ricordi in più, lasceranno che i tuoi passi, sembrano più lenti. Disperatamente al margine, di tutte le correnti. Vecchio, diranno che sei vecchio, con tutta quella forza che c’è in te, vecchio quando non è finita, hai ancora tanta vita, e l’anima la grida e tu lo sai che c’è Ma sei vecchio, ti chiameranno vecchio e tutta la tua rabbia viene su, vecchio, si, con quello che hai da dire ma vali quattro lire, dovresti già morire, tempo non c’è ne più non te ne danno più E ogni male fa più male, tu risparmia il fiato, prendi presto tutto quel che vuoi E faranno in modo che il tuo viso sembri stanco, inesorabilmente più appannato, per ogni pelo bianco Vecchio, vecchio! Desideriamo ringraziare con tutto il cuore tutti coloro che ci hanno sostenute e supportate in questo progetto: ♠ L’ associazione “Profeta” – Brindisi con tutto il personale di segreteria ♠ Il presidente Antonio Rizzo ♠ Le due tutor del corso “Anna Laura” ed “Eleonora” ♠ Tutti i docenti delle ore di aula ♠ Tutte le strutture che ci hanno ospitato per i nostri stage ♠ I tutor aziendali ♠ Gli “ospiti” delle strutture ♠ Tutto il gruppo classe