la relazione d`aiuto nelle principali patologie

LA RELAZIONE D’AIUTO
NELLE PRINCIPALI PATOLOGIE
PROJECT WORK realizzato nell’ambito del progetto
“Assistente alla persona (Addetto all’assistenza personale)”
Cod. Prog. POR2011IIBR501
P.O. PUGLIA FSE 2007-2013 - Avviso Pubblico PROV. BR 05/2011
PRESENTATO DA:
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BOSONI Gianna Cinzia
DI SANTO Stefania
FORLEO Anna
LOMARTIRE Maria
POLITI Antonella
RUSSO Addolorata
SCALERA Rosanna
SCIVETTI Marilena
SOLIBERTO Anna
VERARDI Carmela
INDICE
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La relazione d’aiuto
La relazione d’aiuto e la famiglia
L’autonomia
L’empatia
Le patologie dell’anziano
Le patologie psichiatriche
La riabilitazione psichiatrica
Il benessere e la salute nell’anziano
La mobilizzazione degli anziani
L’alimentazione
L’igiene
La legge sulla privacy
Conclusionipag
Ringraziamenti
pag.1
pag.3
pag.6
pag.8
pag.10
pag.12
pag.15
pag.17
pag.19
pag.21
pag.23
pag.25
pag.27
pag.28
LA RELAZIONE DI AIUTO
“La relazione è soprattutto attenzione all’altro: alla sua condizione più che alla
nostra, alle sue emozioni più che
alle nostre.”
La relazione di aiuto può essere
definita come una relazione in cui
almeno uno dei protagonisti ha lo
scopo di promuovere nell’altro:
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la crescita ( progressione
lungo le tappe del ciclo vitale)
lo sviluppo ( stima di sé e
realizzazione
delle
potenzialità)
la maturità
dal principio del piacere a quello di realtà
integrazione tra aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali
l’integrazione sociale
acquisizione di un modo di agire più adeguato al contesto e all’alterità
capacità di adattamento
accettazione ed utilizzo costruttivo della diversità
consapevolezza e capacità di affrontare conflitti e difficoltà relazionali
Condizioni per l’instaurazione di una Relazione di Aiuto
Da parte del terapeuta
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Autenticità
Congruenza
Valutazione della distanza
Rispetto dell’altro
Rispetto dei tempi
Accettazione della totalità dell’altro
Attivazione delle potenzialità dell’altro
Rispetto per se stessi
Accettazione dei limiti personali
Sospensione di valutazioni e giudizi
Da parte del cliente / paziente
Riconoscimento del problema
Richiesta di aiuto
Fiducia nel terapeuta
Collaborazione al processo di cambiamento
La fiducia nel terapeuta
Si stabilisce se vengono realizzate le seguenti condizioni:
ü Clima di accettazione ( e non di selettività)
ü Capacità di cogliere i significati del paziente ( e non cercare solamente
di inquadrare il problema presentato, all’interno di una cornice
diagnostica pre-costituita)
ü Trasmissione di un senso di comprensione profonda e di ascolto attento
ü Desiderio reale di comprendere più che di risolvere o prescrivere
ü Profondo rispetto dell’individualità del paziente (evitare di creare
situazioni di dipendenza)
ü Capacità di contenimento
SINTESI
Una relazione di aiuto è possibile nella misura in cui posso realizzare
condizioni capaci di facilitare la crescita dell’altro come persona distinta.
Questa capacità è strettamente correlata con la crescita personale.
Qualunque sia il
consapevolezza :
grado
di
maturità
raggiunto
è
fondamentale
la
♣ della reciprocità della relazione ( aiutare l’altro fa crescere me stesso)
♣ dei propri stati d’animo e dei propri atteggiamenti
♣ dei limiti dell’intervento
Nella realizzazione della relazione di aiuto è fondamentale per il terapista
riconoscere:
la reciprocità della relazione
le motivazioni personali
le emozioni , i pensieri e i comportamenti suscitati dalla relazione
i personali meccanismi difensivi (utile la supervisione e il training
personale)
Questa consapevolezza permette una reale e profonda comunicazione e
porta a livelli sempre più crescenti di comprensione riducendo nel contempo
le reciproche manipolazioni.
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Cose fondamentali da evitare nella relazione terapeutica
Curare gli altri per curare se stessi
Proiettare sui pazienti le problematiche personali
Usare il ruolo e il potere psicologico coma arma di violenza privata
Considerare il paziente come un oggetto da catalogare
Considerare la malattia o il disagio mentale unicamente come frutto di
alterazioni biochimiche da curare con la sola chimica
v Considerare se stessi e la propria tecnica come l’unico strumento utile
per Il paziente.
Una relazione soddisfacente va considerata in termini di successo
terapeutico nella sua accezione più ampia, la quale coinvolge sia l’ambito del
care (prendersi cura) che quello del cure (trattamento della patologia).
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Nello specifico è importante la relazione d’aiuto che si instaura con la
famiglia.
LA RELAZIONE D’AIUTO E LA FAMIGLIA
Da sempre insostituibile, l’azione della famiglia nella gestione della salute e
dell’infermità ha però subito numerose trasformazioni avveratesi, negli ultimi
decenni, in forma più rapida che nel passato.
A pesare sui nuclei familiari sono soprattutto alcune categorie
particolarmente fragili. Si tratta «dei disabili, delle persone affette da forme
gravissime di sofferenza psichica, dei lungodegenti e degli inguaribili, dei
malati cronici, di quanti necessitano di riabilitazione estensiva di lungo
termine». L’insorgere di un’infermità nell’ambito della famiglia non incide solo
sul budget ma anche – e in modo rilevante – sul tessuto relazionale,
rompendo equilibri, modificando ruoli, ferendo affetti, disturbando ritmi di vita
e di lavoro.
Ad aggravare l’incidenza della malattia sulla famiglia è l’evoluzione della sua
stessa struttura, dovuta a cambiamenti culturali e sociali, come la
diminuzione delle dimensioni dei nuclei familiari e delle reti di parentela, il
decremento delle nascite, l’aumento della popolazione anziana, il ritardo
dell’acquisizione della dimensione genitoriale.
Se le trasformazioni socio-culturali e le scelte legislative cambiano spesso lo
scenario in cui la famiglia è chiamata ad agire per fare fronte alle difficoltà
create dalla presenza della sofferenza fisica e psichica, esse però non ne
diminuiscono la responsabilità e l’impegno. Per svolgere appropriatamente il
suo compito ha essa stessa bisogno di cura. E’ necessario offrirle gli aiuti
necessari.
Il ruolo della famiglia
I pazienti indicano tra i loro bisogni fondamentali il supporto dei familiari e
delle persone amiche. La famiglia viene chiamata a sostenere il “peso della
cura”.
La famiglia è esposta al disagio e alla sofferenza per le situazioni fisiche o
psichiche dei suoi membri. Le seconde producono una turbativa molto più
grave e profonda che amplifica la sofferenza e altera i meccanismi e le
capacità di difesa.
Importanti malattie ad amplificazione sociale coinvolgono intensamente,
accanto a coloro che ne sono affetti, anche congiunti e familiari e producono
un vasto alone di dolore, di ansietà, di tristezza sino alla disperazione
Nell’ambito della famiglia si svolgono una serie di fenomeni dinamici legati
alla sofferenza di un membro malato che modificano le risposte degli altri
membri attraverso atteggiamenti reattivi e fanno emergere degli stati di
disagio o dei disturbi del carattere preesistenti negli altri membri. Per molti
caregivers le conseguenze sulla salute fisica e mentale possono permanere
ben oltre la cessazione dell’assistenza.
Le tensioni familiari possono essere riconosciute: i suoi componenti sono
costituiti in negativo dall’eccessivo coinvolgimento emotivo, dalla ostilità, dalla
critica, ed in positivo dal calore dei rapporti e dei commenti positivi.
Prendersi cura della famiglia
Una buona psico diagnosi familiare consente agli operatori di far leva sulle
energie positive della famiglia e di cercare l’alleanza terapeutica importante
per la qualità di vita del paziente e della famiglia stessa. Contribuisce
all’accettazione e all’utilizzazione da
parte del paziente sia del trattamento farmacologico sia di quello
psicosociale.
Verificare i ruoli permette di non sovra o sottostimare il coinvolgimento di
ciascuno e di non incorrere in incomprensioni e delusioni. Così con adeguati
meccanismi di sostegno e di consenso sociale offerti attraverso mezzi idonei
di informazione e di educazione, la famiglia può riassumere in modo
convincente un ruolo forte e positivo. Solitamente è il familiare leader
che si trova a dover interpretare il ruolo di schermo che attutisce e filtra le
informazioni tra l’équipe curante e l’ammalato, quello di depositario delle sue
volontà. Invece tutto il gruppo familiare dovrebbe essere considerato come
potenzialmente curante.
Il rapporto con i familiari
Tipi di famiglie:
La famiglia normale à è una famiglia elastica e dinamica, con un buon
adattamento che integra gli operatori, chiede aiuto in caso di specifici
bisogni, ha una comunicazione aperta, una buona percezione del livello
relazionale ed una condivisione della sofferenza.
La famiglia muta à è una famiglia che utilizza il silenzio come
meccanismo di protezione reciproca, i familiari chiedono ai curanti di
non comunicare con il malato ed il malato tace per non pesare su di
essi; clima di solitudine.
La famiglia rigida à è una famiglia nella quale vi è un alto livello di
razionalizzazione ed un basso livello d’espressione delle emozioni, un
forte bisogno di controllo che si manifesta con estrema attenzione alle
terapie, all’alimentazione … ha un’alta frequenza di richiesta di
spiegazioni e rassicurazioni, disagio per qualunque variazione di
programma.
La famiglia conflittuale à in una famiglia così organizzata sono presenti
conflitti aperti con difficoltà di relazione con l’équipe e rischio di
coinvolgimento degli operatori che si schierano con uno dei membri
della famiglia, possibile estensione di conflitto all’équipe; conflitti latenti
con basso livello di compliance familiare.
La famiglia disgregata à in questa famiglia il malato vive solo e spesso
appare rassegnato e depresso, i familiari non sono disponibili a dare
aiuto, frequenti le ospedalizzazioni per difficoltà ad attuare programmi
di assistenza domiciliare; rabbia degli operatori.
La famiglia chiusa à è una famiglia con molta diffidenza nei confronti di
ogni forma di aiuto anche a causa di esperienze di delusione nei
confronti della medicina dei sanitari, bassi livello di compliance, il
messaggio non verbale è spesso squalificante. Rabbia negli operatori.
Dimensioni del carico familiare
ü Carico “oggettivo”:alterazioni del tempo libero ed opportunità di carriera,
lavoro, della routine familiare, delle relazioni sociali, delle relazioni intra
familiari, difficoltà finanziarie
ü Carico “soggettivo”:conseguenze sulla salute mentale e fisica.
Se la famiglia può rivedere e ridistribuire i
ruoli avrà minori probabilità di ammalarsi
(lutto patologico, malattie psicosomatiche..)
e se è aiutata ad elaborare sensi di colpa o
chiarire “malintesi” sarà aiutata a costruire
vincoli di solidarietà. Di conseguenza è
necessario
sostegno
ai
caregivers
attraverso:
ü Riduzione del carico “oggettivo”con riduzione del tempo totale dedicato
all’assistenza e della continuità della stessa; sostegno finanziario.
ü Riduzione del carico “soggettivo” con interventi di counselling, supporto
di volontari, interventi psicoterapeutici individuali o di gruppo, interventi
psicoeducativi.
Uno degli obiettivi del caregiver è condurre all’autonomia l’individuo.
AUTONOMIA
Il termine autonomia
significa “fare
da
soli”,
“non
dover
dipendere da altri”,
ma essere autonomi
significa
soprattutto
essere in grado di
scegliere,
decidere
della propria vita,
organizzarsi, rifiutare,
assumersi
responsabilità e doveri, desiderare e avere interessi per sé; perché è nel
diritto di ogni persona sfruttare tutte le potenzialità e le capacità che ognuno
possiede.
Quando si tratta di indipendenza l’accento può essere posto sulle
caratteristiche e sulle capacità individuali. L’autonomia in questa sfumatura di
significato ha di sicuro a che fare con concetti ben più alti quali ad esempio la
libertà. Ecco che essere autonomi significa decidere e decidere ha una
inevitabile collusione con la sfera del pratico, del concreto e del quotidiano.
Questo concetto a volte astratto e lontano, se calato nella realtà, risulta
sempre relativo all’individuo e al contesto in cui è inserito.
L’autonomia è di sicuro relativa al contesto ma essa racchiude in sé anche
l’aspetto della potenzialità e del potenziale individuale. Per dirla in maniera
dinamica potrebbe rappresentare lo scarto ipotetico fra ciò che l’individuo fa e
quello che potrebbe fare, fra quello che gli è consentito fare e quello a cui
potrebbe ambire.
Ecco allora che comincia a delinearsi il concetto di autonomia possibile o
potenziale, da intendersi come una condizione in cui le potenzialità della
persona vengono estremizzate fino ad un livello ottimale che quindi chiama in
causa anche concetti non trascurabili quali il benessere, l’appagamento
personale, la soddisfazione.
Tale condizione, subordinata al contesto relazionale in cui ciascuno è
inserito, è tutt’altro che lineare e procede spesso per salti discontinui. Può
essere incrementale, se prendiamo ad esempio un adulto che
quotidianamente acquisisce competenze nei vari ambiti in cui è inserito, o
decrementale nel caso ad esempio di un anziano che via via perde la propria
autonomia ad esempio nei movimenti o nella cura di sè.
Questo presupposto implica che i disabili siano titolari dei diritti fondamentali
di libertà ed uguaglianza, primo fra tutti quello di autoorganizzarsi la propria
vita fino alla possibilità di scegliersi autonomamente le forme di supporto e di
aiuto professionale.
Da qui la necessità per una persona di avvalersi di ausili e supporti tecnici
per essere aiutato a superare, o quanto meno ridurre, la sua disabilità. Da qui
la necessità, quando la persona si trova priva del sostegno familiare, di vivere
in un ambiente nel quale i suoi bisogni possano essere considerati ed assunti
come da lui espressi.
Per chi ricopre nella nostra società il ruolo di paziente psichiatrico l’autonomia
ha di certo a che fare con il concetto di libertà, di potenzialità, e di decisione,
ma anche con quello di dignità e di cura. Proprio questi aspetti si
concretizzano attraverso una rete di supporto che coinvolge la quotidianità
della cura della persona, il potersi muovere con mezzi propri, una sana
alimentazione, riconoscere e gestire le proprie emozioni, tutti aspetti fondanti
per l’autonomia e il benessere.
Le persone con disturbi mentali possono attraversare condizioni transitorie in
cui la libertà, l’autosufficienza, e le capacità decisionali sono fortemente
messe in discussione, ma attraverso peculiari relazioni significative,
attraverso azioni complesse che coinvolgono la consapevolezza,
l’autoefficacia, la motivazione che consentono alla persona di integrarsi al
meglio e di interagire con il proprio ambiente familiare, sociale e culturale, è
possibile l’acquisizione di comportamenti sociali adeguati e un miglioramento
delle relazioni interpersonali. Per questo si deve sviluppare l’empatia.
EMPATIA
L'empatia è la capacità di comprendere appieno
lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia,
che di dolore. Empatia significa sentire dentro
ed è una capacità che fa parte dell’esperienza
umana. Si tratta di un forte legame
interpersonale e di un potente mezzo di
cambiamento. Essa rappresenta inoltre la
capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli
stati d'animo di un'altra persona. L’empatia costituisce un modo di
comunicare nel quale il ricevente mette in secondo piano il suo modo di
percepire la realtà per cercare di far risaltare in sé stesso le esperienze e le
percezioni dell'interlocutore. È una forma molto profonda di comprensione
dell'altro perché si tratta d'immedesimazione negli altrui sentimenti. Ci si
sposta da un atteggiamento di mera osservazione esterna al come invece ci
si sente interiormente.
Nell'uso comune, empatia è l'attitudine a offrire la propria attenzione per
un'altra persona, mettendo da parte le preoccupazioni e i pensieri personali.
La qualità della relazione si basa sull'ascolto non valutativo e si concentra
sulla comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell'altro.
Il contrario di 'empatia' è 'dispatia' ovvero l'incapacità o il rifiuto di
condividere i sentimenti o le sofferenze altrui.
Con empatia positiva si intende la capacità del soggetto di partecipare
pienamente alla gioia altrui; si tratta di un con-gioire e di un saper perciò
cogliere la gioia altrui, avendo coscienza della felicità da lui provata. La gioia
colta tramite l’empatia sarà di tipo originario, in quanto il contenuto di ciò che
viene provato empatizzando con l’altro avrà lo stesso contenuto.
Con empatia negativa si concepisce l’esperienza di colui che non riesce a
empatizzare rispetto alla gioia altrui, trasferendo nel proprio vissuto originario
le sue emozioni. Ciò accade in quanto qualcosa il lui si oppone;
un’esperienza presente o passata o la stessa personalità della persona
fungono, infatti,da barriera alla sua capacità di cogliere la gioia altrui.
Psicoterapeuti, e psicoanalisti già dall’inizio del secolo scorso, avevano dato
maggiore rilievo al ruolo che l’empatia gioca nelle relazioni interpersonali. In
particolare, per chi per primo si è avventurato nello studio dell’empatia,
inserendola nell’ambito della psicologia sociale, essa è imitazione spontanea
di gesti e posture osservate negli altri, e quindi condivisione dei loro vissuti;
d’altro canto per alcuni psicoanalisti, empatizzare significa provare quello che
prova l’altro, dando motivo al soggetto di capire ciò che prova egli stesso.
Approccio cognitivo affettivo
Per i cognitivisti, a partire dagli anni ’60, empatizzare con qualcuno significa
comprendere i suoi pensieri, le sue intenzioni, riconoscere le sue emozioni in
modo accurato e riuscire a vedere la situazione che sta vivendo dalla sua
prospettivahttp://it.wikipedia.org/wiki/Empatia -­‐ cite_note-­‐20, pur non negando che vi sia
anche una piccola partecipazione dell’emotività che entra in gioco, ma
considerandola come un epifenomeno cognitivo. Dagli anni ’80, empatizzare
significa provare un’esperienza di condivisione emotiva e di comprensione
dell’esperienza dell’altro, dando quindi spazio ad una componente affettiva
ed una cognitiva, in modo tale che esse possano coesistere nel processo
empatico.
Approccio psicoanalitico
Secondo tale approccio l’empatia è uno strumento non solo utile, ma
necessario allo psicoanalista di professione per percepire ciò che il paziente
prova dal punto di vista emotivo. Capita spesso infatti, che vi siano molti
terapeuti che si lamentino di essere poco empatici nei confronti dei propri
pazienti, ma in realtà questa loro insicurezza, paura e spesso ostilità verso la
clientela, è provocata da affetti poco positivi, che scaturiscono proprio dal loro
elevato livello di empatia, il quale permette di entrare talmente nello stato del
paziente, da sentirne i sentimenti, a tal punto da confondere i propri con quelli
degli altri. Gli affetti dei pazienti quindi, molte volte causano una sofferenza
talmente grande allo stesso terapeuta, che a lui risulta difficile indurre negli
stessi risposte di uguale intensità. Tutto ciò in realtà è molto positivo, perché
in questo modo l’infelicità del paziente diventa percepita in maniera sincera e
genuina. Ciò è fondamentale per avere una buona percezione, specie con gli
anziani,delle patologie di cui sono affetti.
PATOLOGIE DELL'ANZIANO
La persona anziana è in maggior misura suscettibile alle malattie, a causa
della sua ridotta capacità di mantenere l'equilibrio fisiologico e per il
deterioramento dei suoi meccanismi immunologici di difesa.
Le malattie negli
anziani possono
presentarsi
in
forma atipica, con
assenza
o
riduzione
dei
segni
clinici
classici
e,
talvolta, con la
sovrapposizione
di
diverse
situazioni
patologiche.
Infatti,
la
riduzione della resistenza allo stress può essere ulteriormente ridotta dal
sopravvenire di patologie secondarie.
Non esistono processi morbosi che siano ad esclusivo appannaggio
dell’anziano.
Si possono riconoscere malattie che, tuttavia, in vecchiaia,
particolarmente frequenti ed assumono particolari caratteristiche:
sono
v modalità di reazione dell’organo colpito e dell’organismo intero
v ripercussioni che il turbamento di una funzione organica riserva su tutto
l’individuo
Aspetti patologici e di salute mentale
Nell’anziano è necessario tenere sotto controllo gli aspetti di carattere
patologici unitamente a quelli legati alla salute mentale.
Gli aspetti patologici riguardano principalmente:
v Malattie dell'apparato cardiovascolare
v Malattie dell'apparato gastrointestinale
v Altre patologie
Tra queste ricordiamo:
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v
Diabete
Neoplasie
Demenza senile
Arteriosclerosi
La tendenza all’invalidità permanente e la perdita dell’autosufficienza
scaturiscono dal tipo di patologia cronica e degenerativa che colpisce
l’anziano e dall’importanza degli organi che ne sono colpiti.
A ciò si deve aggiungere l’insufficienza e l’inadeguatezza delle strutture, la
scarsa preparazione del personale, la mancanza di strutture riabilitative, un
errato approccio psicologico.
Va tenuto presente che i rapporti tra ambiente, condizione familiare e
socio‐economica, psiche, turbe mentali e comportamentali, sono così stretti
che una ridotta stimolazione ambientale può favorire in un soggetto anziano
l’insorgenza di un circolo vizioso, che attraverso una riduzione del
metabolismo neuronale determina la comparsa di un’insufficienza cerebrale
e, come risultato finale, conduce all’isolamento e all’emarginazione definitiva
dell’anziano.
Necessità psicologiche
Le necessità psicologiche comuni agli esseri umani sono il rispetto, la
sicurezza, la stima di sé stessi ed il bisogno di sentirsi apprezzati e valutati
dagli altri.
Alterazioni psichiatriche
La frequenza di tali alterazioni aumenta con l'età. Si tratta di stati depressivi e
di demenza senile con una paranoia persistente.
Gli stati depressivi sono le più usuali modificazioni dovute all’avanzamento
dell’età e si originano dalle perdite affettive, da una minore considerazione
sociale e da fattori biochimici, metabolici ed endogeni.
La demenza senile (di tipo Alzheimer) riguarda i sintomi legati a disfunzioni
intellettuali di varia patogenesi che colpisce il 5% della popolazione al di
sopra dei 65 anni.
Il “morbo di Parkinson” è una delle più frequenti malattie senili caratterizzata
da disordini motori che impediscono di camminare e di muoversi in maniera
regolare.
Fortunatamente, la medicina è in continuo progresso nel diagnosticare i mali
degli anziani e nel fornire le giuste terapie.
Ma di patologie psichiatriche ne sono affetti anche i più giovani …
PATOLOGIE PSICHIATRICHE
Il disagio e il disturbo mentale nel mondo
L'OMS calcola che nel mondo ci siano 450 milioni di
persone che soffrono di disturbi mentali, neurologici o
del comportamento, e che la gran parte di questi disturbi
non siano nè diagnosticati nè trattati. Ansia e
depressione sono naturalmente le malattie psichiatriche
più frequenti, data anche la difficoltà del vivere
quotidiano e l'isolamento umano nel quale versano
alcune categorie di pazienti particolarmente colpiti,
come gli anziani.
Approccio al paziente
Un atteggiamento di disponibilità all'ascolto e a ricercare soluzioni non solo
farmacologiche è fondamentale da parte del medico. È necessario dedicare
un tempo adeguato al colloquio per valutare la serietà del problema, che nel
caso dei disturbi psichiatrici minori può essere affrontato dal medico curante
stesso, mentre in altri casi può richiedere l'intervento dello specialista
(trattamento psicoterapeutico, in grado di trasformare le ragioni profonde
della malattia, là dove i farmaci ne contengono efficacemente i sintomi).
L'obiettivo resta quello di ristabilire le condizioni di equilibrio e di benessere
psichico al di là della terapia farmacologica. Nei casi più impegnativi è
necessaria la collaborazione del paziente e della famiglia per l'adesione alla
terapia e per rispettare i controlli clinici e di laboratorio programmati.
Principali malattie psichiatriche:
v depressione maggiore;
v distimia (forma di depressione cronica);
v disturbo bipolare I (episodi maniacali o misti accompagnati da episodi
depressivi);
v disturbo bipolare II (almeno un episodio ipomaniacale accompagnato
da episodi depressivi);
v ciclotimia ( caratterizzato da periodi alternanti di depressione e di
ipomania);
v schizofrenia;
v psiconevrosi (disturbi psichici della sfera affettivo-istintiva, della
personalità, o da sintomi somatici di vario tipo);
v demenze primarie (malattia di Alzheimer, malattia di Pick);
v demenze secondarie (corea di Huntington, morbo di Parkinson, paralisi
progressiva);
v demenze vascolari;
v alcolismo e tossicodipendenze;
v disturbo
borderline
di
personalità
(caratterizzato
da
vissuto emozionale eccessivo e variabile e da una generale instabilità
esistenziale).
Disturbi psichiatrici:
Ansia
È caratterizzato da tensione, da una sensazione di timore indeterminato, da
una penosa aspettativa di imminente pericolo o di difficoltà, senza che vi sia
un motivo ragionevole a giustificarle. L'ansia spesso è un sintomo presente in
tutti i disturbi mentali.
Depressione
Lo stato d'animo fondamentale della depressione è per lo più quello di una
disperazione triste e cupa, un senso di impotenza verso le cose, l'incombente
bisogno di piangere, di fuggire e perfino di morire.
Mania
È caratterizzata da un’ eccitazione generale dell'attività mentale e del
comportamento.
Sebbene le manifestazioni della mania e della depressione siano di segno
opposto, il problema di fondo è lo stesso: il soggetto avverte, in entrambi i
disturbi, il medesimo senso di incapacità di vivere pienamente e serenamente
la propria esistenza.
Schizofrenia
II termine viene usato per indicare uno stato della mente affetto da scissioni e
separazioni nel quale logica, pensiero, emozioni, sentimenti si dissociano
producendo comportamenti incoerenti e strani. I principali sintomi che
vengono riscontrati quando si parla di schizofrenia: isolamento dalla realtà,
delirio e allucinazione.
Deliri e allucinazioni, pur essendo molto frequenti nella schizofrenia, si
rinvengono anche in altri disturbi mentali.
Paranoia
È un disturbo psichico caratterizzato dal ritenersi in pericolo perché
perseguitati da uno o più nemici. Eventi quotidiani, usuali comportamenti
delle persone, avvenimenti straordinari: tutto è interpretato come segnale di
congiure in atto. Si accompagna l'isolamento dalla vita sociale, con pensieri e
sentimenti di diffidenza e ostilità nei confronti degli altri.
Fobia
È una paura immotivata ed esagerata verso determinati oggetti, persone,
animali, ambienti o situazioni. La caratteristica delle persone che hanno
sviluppato una o più fobie è quella di evitare in tutti i modi la possibilità di
entrare in contatto con l'oggetto, la persona, l'animale o l'ambiente temuto.
Questo fatto può comportare notevoli alterazioni di comportamento e
impedimenti nello svolgimento della vita quotidiana.
Ossessione
La persona che ha un disturbo ossessivo si sente costretta, suo malgrado, ad
avere pensieri ripetitivi e ad agire secondo comportamenti obbligati. La fobia
è un rifiuto, l'ossessione è un'attrazione inesorabile. Le ossessioni possono
invadere così profondamente la mente di una persona, da renderle la vita
impossibile, dolorosa e soffocante.
Isteria
Può essere definita come la finzione inconsapevole ed involontaria di un
disturbo, sia del corpo che della mente.Senza rendersene conto la persona
imita ed esibisce, a sé ed agli altri, un disturbo che realmente non ha, ma che
è convinta di avere. L'isterico, in questo modo, fa vedere con una finta
malattia solo una parte della grande sofferenza che si nasconde dietro un
problema non affrontato.
Ipocondria
È il disturbo per cui si ha la convinzione di essere malati senza che ve ne sia
reale motivo, e di questa preoccupazione si soffre e ci si tormenta.Attenzione:
l'ipocondriaco è un malato immaginario per la medicina generale, ma diviene
un paziente per la psichiatria. Infatti la sua convinzione è falsa, ma la
sofferenza è vera.
Anoressia e bulimia
Si tratta di due disturbi psicologici che si manifestano attraverso l'eccessiva
attenzione per l'alimentazione e per il proprio corpo.L'anoressia si manifesta
con un ostinato rifiuto ad alimentarsi, con la conseguenza di un forte
dimagrimento che nelle forme più gravi può condurre anche alla morte.
L'anoressica vede il proprio corpo, anche se magro, sempre come troppo
grasso.La bulimia è caratterizzata da grandi abbuffate, che avvengono quasi
sempre di nascosto.Sia le persone anoressiche che quelle bulimiche si
procurano il vomito come estremo tentativo di ripristinare il controllo del
proprio corpo.
Demenza
Esistono altri disturbi mentali, che hanno una sicura base organica (lesione
biologica del cervello); tali disturbi, di parziale competenza psichiatrica,
coinvolgono anche la neurologia e la medicina generale. La demenza è un
disturbo caratterizzato dalla progressiva perdita dell'intelligenza e della
memoria per la morte di un consistente numero di cellule cerebrali. La
demenza deriva da cause patologiche (atrofia cerebrale, arteriosclerosi,
traumi, tumori cerebrali ecc.), ma anche dal semplice invecchiamento, cioè
dal fisiologico deterioramento mentale cui va incontro l'essere umano nel
corso della sua esistenza.
Insufficienza mentale
È la condizione dovuta ad uno sviluppo limitato della personalità, sia in
termini cognitivi che affettivi. Le cause dello sviluppo limitato sono di natura
ereditaria, traumatica (nella gravidanza e durante il parto) ed infettiva
(encefalite cerebrale). L'insufficiente mentale (o handicappato mentale) è una
persona in vario grado meno intelligente e più immatura, sul piano affettivo e
comportamentale, della media degli individui.
Confusione mentale
È quella condizione per la quale una persona perde la capacità di orientarsi
nel tempo, nello spazio e perfino verso le persone più intime e note che non
riesce a riconoscere. Più che un disturbo è un sintomo causato da
un'aggressione diretta dell'encefalo (intossicazione alcolica, infezioni
cerebrali, traumi cranici, tumori cerebrali, arteriosclerosi) o indiretta, come
avviene in alcune malattie infettive gravi con febbre alta (malaria, tifo ecc.).
Qualunque disturbo mentale in fase acuta può presentarsi in forma di
confusione mentale. Tutti questi disturbi hanno bisogno di controllo!
LA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA
La riabilitazione in linee generali è un insieme di "strategie abilitanti"
deputate alla riapertura di canali relazionali, alla ridefinizione del tempo, degli
spazi, dell’uso della quotidianità. Essa si occupa, sostanzialmente, della
reintegrazione del paziente nella società, aiutandolo a riguadagnare ruoli e
diritti perduti, puntando al conseguimento del massimo grado di autonomia
possibile, quindi della massima qualità di vita auspicabile. Ciò si potrà
realizzare mediante il potenziamento delle risorse e delle abilità sociali
residue, la riacquisizione di quelle perse, l’acquisizione di nuove (se
possibile), lavorando anche sull’ambiente.
Definizione in campo psichiatrico
L’insieme di tecniche e di interventi utili a diminuire gli effetti della
cronicizzazione del disagio psichico e a promuovere attivamente il
reinserimento del paziente nel contesto sociale
e lavorativo di riferimento. La riabilitazione
presuppone la multidisciplinarietà in quanto i
contesti in cui il disagio psichico si manifesta
sono diversi. Essa coinvolge il paziente, la
famiglia, la comunità e il suo territorio.Per
processo riabilitativo non si intende il
raggiungimento di livelli di funzionamento
identici a quelli precedenti l'insorgenza del
disturbo mentale, altrimenti il soggetto sarebbe ancora esposto agli stessi
"rischi", ma si intende la riorganizzazione ed il potenziamento delle capacità e
delle abilità del soggetto.
Obiettivi
Il compito della riabilitazione non consiste nel recupero forzato ed
obbligatorio del deficit (accanimento terapeutico), quando questo obiettivo
non è realizzabile poiché questo “agire” può essere a sua volta causa di
cronicità.
Gli obiettivi sono quelli di identificare, prevenire e ridurre le cause dell’inabilità
e nello stesso tempo aiutare la persona a sviluppare ed usare le proprie
risorse e capacità in modo da acquisire più fiducia in se ed aumentare il
livello di autostima, facendo leva su ciò che vi è di sano e non sulla patologia.
L’obiettivo non è la guarigione clinica, ma la “guarigione sociale”, che è
rappresentata dal raggiungimento di un equilibrio e di un adattamento che
rendano possibile un’integrazione, la più ampia e completa possibile,
all’interno del proprio ambito sociale, ossia controllare i sintomi, rimuovere le
barriere interpersonali e ambientali causate dalla disabilità, recuperare le
capacità per vivere indipendente, socializzare, gestire la quotidianità ed
accettare i propri limiti.
In sintesi:
Ø Sostegno e supporto delle funzioni compromesse.
Ø Riacquisizione, per quanto possibile, delle capacità nelle aree in cui è
presente una disabilità.
Ø Conseguimento, al massimo livello possibile, dell'autonomia e della
capacità di espressione.
Ø Riduzione della dipendenza istituzionale
Ø Acquisizione di modelli di comportamento e di relazione (del soggetto e
del suo ambiente) reciprocamente tollerabili e condivisibili.
Ø Miglioramento dell'autostima.
Ø Collocazione di questi processi nella quotidianità esistenziale e
concreta.
Ø Riduzione della vulnerabilità.
Tecniche
Ogni patologia psichiatrica possiede caratteristiche peculiari che necessitano
di un trattamento specifico e, di conseguenza, specifiche modalità relazionali.
Per di più non bisogna ignorare gli effetti delle terapie psicofarmacologiche, le
quali non solo modificano molti sintomi e segni, ma incidono anche sugli
aspetti comportamentali e quindi relazionali.
Le tecniche si concentrano dunque sulla principale conseguenza invalidante
del disturbo mentale, cioè la compromissione dell’abilità nello svolgere ruoli
sociali, e se ne utilizzano diverse a seconda dei problemi che l’utente deve
affrontare e risolvere.
Guarigione
Il termine guarigione in psichiatria è spesso equivalente al raggiungimento di
una condizione stabilizzata della patologia con assenza di aggressività e un
trattamento farmacologico indeterminato.
Spesso la guarigione viene intesa come buon stato di salute, benessere.
BENESSERE E SALUTE DELL’ANZIANO A DOMICILIO
Adeguatezza dell’abitazione
L’ambiente domestico influenza il benessere di tutti, tanto più per gli anziani.
L’umidità, la polvere e lo sporco negli ambienti rappresentano il terreno di
coltura dei batteri.
Igiene e cura della persona
La cura quotidiana del corpo è essenziale per la salute ed il benessere.
L’abbigliamento deve essere pulito, ordinato ed adatto alla stagione.
Alimentazione e dieta
Per mantenere un buono stato nutritivo
l’anziano ha bisogno di una dieta varia ed
equilibrata.
Pigrizia intestinale e dieta
La stitichezza è un problema che poche regole d’igiene alimentare servono a
prevenire.
Mobilità
L’esercizio quotidiano permette di ridurre al minimo il rischio di cadute e
migliora la
qualità della vita.
E’ indispensabile programmare una semplice attività motoria quotidiana,
autonoma o assistita, in modo da mantenere la massima mobilità e, se
possibile, migliorarla.
I cambi di posizione, soprattutto a letto, prevengono la rigidità e le ulcere da
decubito.
Esistono dei semplici accorgimenti per facilitare il cambio di posizione,
l’alzata dal letto o dalla sedia..
Per ridurre al minimo il rischio di cadute è fondamentale migliorare le
capacità motorie e rendere più sicura la casa.
L’anziano assistito a domicilio è spesso affetto da due o più patologie
croniche, ad
andamento progressivo, per le quali non vale l’approccio classico diagnositerapia-guarigione.
Ciò considerato, compatibilmente con le capacità dell’anziano assistito, è
bene coinvolgerlo nelle personali attività.
Benessere e salute psico sociale
Il contatto fra persone è indispensabile alla salute. Tenuto conto delle
capacità
individuali (resistenza, autonomia …) è necessario garantire sufficienti
relazioni
sociali.
Stimolare la mente e il buon umore
Per mantenere il cervello in esercizio è indispensabile tenere in esercizio la
mente.
Scarsi stimoli ambientali, relazionali ed affettivi favoriscono il rimuginare sul
passato e predispongono al distacco dal presente.
L’attenzione al momento che si sta vivendo può essere invece fonte di
maggior soddisfazione.
I servizi che ci possono aiutare
Figure di riferimento per i bisogni sanitari e sociali:
Medico di famiglia
Infermieri del Distretto Socio Sanitario
Assistente Sociale del Comune di residenza.
Dal medico di famiglia si possono avere oltre alle prestazioni di tipo sanitario
da tutti conosciute anche:
v prescrizioni di ausili (pannoloni, letto, etc.);
v l’attivazione dell’assistenza programmata e infermieristica domiciliare;
v la compilazione gratuita della scheda SVAMA sanitaria per la richiesta
di Centro Diurno o Struttura Protetta per Anziani.
Dall’Assistente Sociale presente nei Comuni si possono avere:
♣ consulenze in merito a problemi di tipo socio assistenziale;
♣ orientamento sui servizi offerti dal Comune, formazione rivolti alle
persone che si prendono cura di anziani, telesoccorso, etc.);
♣ informazioni relativamente a pratiche burocratiche (invalidità civile,
inserimento in struttura protetta per anziani, richiesta ausilii, etc.);
♣ informazioni su servizi ricreativi e culturali, servizi offerti da associazioni
di volontariato, centri diurni, strutture residenziali.
Inoltre in ogni città o paese ci sono diverse organizzazioni sindacali che
offrono i vari servizi: pratiche di pensione, consulenze su contratti tipo per la
casa, di lavoro, previdenza, etc..
In particolare per quanto concerne la mobilizzazione le regole da seguire
sono varie.
LA MOBILIZZAZIONE DELL'ANZIANO NON AUTOSUFFICIENTE
O PARZIALMENTE AUTOSUFFICIENTE
♣ Rimanere a letto il
meno possibile.
♣ Programmare l’attività
fisica in modo che
coincida con i momenti
di maggior benessere
dell’anziano.
♣ Vanno incoraggiate le
passeggiate
anche
brevi e le uscite fuori
casa in genere. Nei
mesi estivi è bene
uscire nelle ore più
fresche della giornata.
Nei mesi invernali è bene uscire nelle ore più tiepide.
♣ L’eventuale terapia endovenosa si può praticare in poltrona.
♣ Prevenire le cadute organizzando la casa in maniera adeguata:
rimuovere eventualmente tappeti,stuoie, attenzione ai pavimenti
bagnati, ai cavi elettrici,telefonici o dell’antenna tv,alla cera sui
pavimenti (meglio non usarla).
♣ Assicurarsi di un’illuminazione adeguata di stanze e corridoi.
♣ Assicurarsi che i mobili siano stabili e che non ostruiscano il passaggio.
♣ Se fosse necessari installare mancorrenti in corridoio e bagno.
♣ Utilizzare possibilmente calzature chiuse, comode,antiscivolo.
♣ Valutare con il medico l’opportunità di utilizzare un ausilio
(bastone,tripode,deambulatore).
♣ Se utilizza la carrozzina nel passaggio dalla posizione seduta a quella
eretta e viceversa accertarsi che la carrozzina sia frenata e che lo
spazio di manovra sia sufficiente.
♣ Occorre sfruttare tutte le occasioni di movimento,anche minime,senza
cadere nella tentazione di sostituirsi alla persona.
♣ La persona và stimolata ma mai forzata,non deve affaticarsi
eccessivamente,il movimento non deve provocare dolore.
♣ Trascorrere il maggior numero possibile di ore possibili in carrozzina o
in poltrona ,è preferibile utilizzare un cuscino antidecubito. Accertarsi
sempre che la carrozzina sia frenata.
♣ Usare la carrozzina per la pratica dell’igiene in bagno, (almeno quella
delle mani e del viso),per il pasto a tavola con gli altri membri della
famiglia,per la terapia endovenosa.
♣ Aiutare la persona ma non sostituirsi a lui se fosse in grado di effettuare
le manovre di spostamento,mettersi al suo fianco dal lato più debole o
♣
♣
♣
♣
♣
♣
leso.
Se fosse necessario si possono usare teli di scorrimento e il solleva
persona prescrivibili dal medico.
Usare il letto ad una piazza,libero sui tre lati,eventualmente di tipo
ortopedico,per facilitare le cure igieniche e la Mobilizzazione;sistemare
il letto preferibilmente vicino a una finestra per consentire la vista
esterna.
Se la persona trascorre molte ore a letto è bene utilizzare un materasso
antidecubito ed eventualmente posizionare alla testata del letto il
“trapezio” che consente piccoli spostamenti autonomi.
Se ci fossero fasi di agitazione applicare al letto le sponde di
protezione.
L’igiene personale,il pasto, l’effettuazione della terapia o di una
medicazione, la visita dei parenti possono essere tutte occasioni di
movimento o di semplice cambio di postura nel letto.
Per prevenire le lesioni da decubito e problemi respiratori, la persona và
stimolata a cambiare frequentemente posizione, indicativamente ogni
due ore alternativamente sul lato destro, sinistro e supino.
Una corretta assistenza agli anziani in particolare, ma a tutti in generale,
cura anche l’alimentazione.
L’ALIMENTAZIONE
Un'appropriata alimentazione è un ingrediente essenziale per conservare un
buono stato di salute in tutte le età, e specialmente in età avanzata. Negli
anziani infatti avvengono modificazioni fisiologiche, quali il rallentamento del
metabolismo basale e la diminuzione della muscolatura scheletrica,
cambiamenti dello stile di vita, come la ridotta attività fisica, che riducono il
fabbisogno energetico, ma che richiedono un giusto apporto di nutrienti.
Oltre i 40 anni, l'occorrente di calorie e di proteine diminuisce gradualmente
di circa il 5 % ogni 10 anni sino ai 60 anni d'età; dai 60 ai 70 anni il calo è del
10 %, e un'altra riduzione del 10 % avviene dopo i 70 anni. Ma il problema,
nell'anziano, non è tanto quello dell'apporto calorico, quanto quello di un
regime alimentare equilibrato e completo nei principali nutrienti. La dieta
ideale deve coprire in modo armonico ed equilibrato i fabbisogni nutrizionali
dell'anziano e, molto schematicamente, deve essere impostata assicurando
l'apporto calorico totale intorno alle 2.100 calorie e l'energia deve essere
fornita dai carboidrati per il 50 - 60 per cento, dalle proteine per il 12 - 14 per
cento, dai lipidi per il 30 - 35 per cento.
I carboidrati sono contenuti prevalentemente nel pane, nella pasta, nelle
patate
...
Le proteine sono presenti nelle carni, nel latte, nei legumi ecc ...
I lipidi o grassi si trovano, invece, negli oli, nel burro, nei formaggi, ecc ...
E' essenziale, poi, l'apporto di acqua, vitamine e sali minerali. Gli anziani
sentono meno la sete e si astengono dal bere per paura di disturbi come
l'incontinenza urinaria o per timore dell'accumulo di liquidi che secondo
un'idea
sbagliata
"fa
gonfiare".
E' necessario bere ogni giorno una buona quantità di acqua (almeno otto dieci bicchieri) per preservare la funzionalità renale, idratare la pelle,
ammorbidire le feci e così ridurre il rischio di stipsi. Una buona abitudine è
bere due bicchieri di acqua il mattino a digiuno. Oltre che con l'acqua, i liquidi
s'introducono con il consumo di succhi di frutta, caffelatte, tè, latte freddo o
caldo,
tisane.
Anche un bicchiere di vino durante o meglio alla fine del pasto va bene.
Stimola la secrezione di succhi gastrici, favorisce la digestione e dà un senso
di benessere … purché la quantità sia limitata (non più di mezzo litro il
giorno). Da evitare sono invece i superalcolici.
I sali minerali, presenti nei formaggi, nelle carni, nelle uova ecc.., sono
necessari al corpo umano in quantità diverse tra loro. Nella dieta
dell'anziano devono essere assolutamente presenti il calcio ed il ferro.
Il latte intero, il formaggio, lo yogurt, il pesce ecc.. sono cibi ricchi di calcio.
Due tazze di latte intero al giorno coprono il 75% del fabbisogno giornaliero
di calcio e contribuiscono a mantenere la densità delle ossa prevenendo,
così, l'osteoporosi. Se si è intolleranti al latte sono in commercio prodotti
trattati in modo da essere facilmente digeribili.
Le persone anziane sono a rischio di carenza di ferro. Si può evitarla
aumentando il consumo di legumi, radicchio verde e spinaci, uova, tonno in
scatola, carne rossa e petto di pollo.
Bisogna stare attenti, inoltre, ad introdurre cibi ricchi di fibra (cereali, legumi,
mele, ecc..). Questi alimenti, accompagnati da un'abbondante quantità di
liquidi, oltre a dare un senso di sazietà, contribuiscono a regolare l'intestino.
I pasti
Il consumo del fabbisogno nutrizionale giornaliero deve essere suddivisa in
tre pasti:
Uno leggero al mattino, non limitato ad una tazza di caffè, ma
accompagnato da qualche biscotto. Se non c'è intolleranza, il latte è un
ottimo alimento, ricco di calorie, calcio, proteine e liquidi.
• Il pasto principale, il pranzo, costituito da pane e cereali, cibi ricchi di
proteine (carne, pesce, uova), verdura e frutta fresca ricca di vitamine.
Grassi in piccola quantità come condimento.
• Alla sera la cena deve essere leggera: un pasto abbondante rende la
digestione lenta e laboriosa e si concilia male con il sonno.
E' indicato, pure, fare due leggeri spuntini, uno a metà mattino e l'altro a metà
pomeriggio.
•
Oltre a combinare ed a distribuire con equilibrio gli alimenti tra loro, è
essenziale anche curare che le pietanze siano variate ogni giorno, approntate
secondo i gusti e le preferenze di chi le deve consumare e servite in modo da
rendere
la
tavola
attraente.
Bisogna non perdere mai di vista che mangiare è più di una funzione
biologica e che il momento del pasto è un'occasione per assaporare i piaceri
genuini e sani del buon cibo. Per quanto possano essere semplici (il sapore
di un pomodoro perfettamente maturo, l'odore del pane fresco), hanno la
facoltà di farci vivere in salute e in allegria.
Vi sono, però, alcune condizioni che possono nuocere ad un'adeguata
alimentazione e al necessario equilibrio tra i vari elementi nutritivi.Una
dentatura in disordine, per esempio, o una protesi difettosa, unita ad una
riduzione della salivazione, possono rendere difficoltosa la masticazione,
cosicché si è portati a rinunciare ad alimenti che sono necessari. Come
anche le ristrettezze economiche, che a volte affliggono gli anziani, possono
causare rinunce a cibi importanti (frutta, verdura, carni).
Anche
uno
stato
depressivo
può
causare
malnutrizione.
Occorre, pertanto, per stabilire una dieta personale, prima valutare con cura
le condizioni fisiche, psicologiche, economiche ed ambientali e, soprattutto
definirla insieme all'anziano, pena il rischio di fallimento di qualsiasi consiglio
o prescrizione alimentare.
L’altro elemento essenziale del benessere è realizzare un’adeguata igiene
personale.
L’IGIENE
L’igiene della persona è diventato nella nostra cultura un bisogno fisiologico
primario. La nostra pelle né ha bisogno per conservare la sua integrità.
La pulizia è sinonimo di benessere, chi soffre nel corpo cerca forze di
sopravvivenza e guarigione nei bisogni fisiologici primari tra i quali vi è
appunto
l’igiene
personale.
Ognuno di noi è dotato di recettori naturali con i quali raccoglie le
informazioni che provengono dall’ambiente esterno e dai propri simili, e
questa capacità è molto importante per coloro che si accostano ad individui
bisognosi d’aiuto.
Una persona che necessita d’aiuto, può dire o compiere cose che certamente
non farebbe se non si trovasse in quella situazione, in altre parole nello stato
di dipendenza da un altro individuo. Sicuramente, chiunque svolgerebbe da
sè le proprie cure igieniche, se ne fosse in grado. La dipendenza da altri, in
particolare per le attività d’igiene del corpo, area riservata e personale della
nostra vita, fa sì che vi sia un rifiuto psicologico da parte della persona
bisognosa verso chi si dispone ad aiutarla.
Un approccio sbagliato da evitare è quello del tipo … E che ci vuole? La
lavo … La cambio … La imbocco … gli faccio la barba …
Il rispetto e la fiducia sono la base per mantenere viva la propria dignità.
Il tempo che si dedica ad una persona, non deve essere solo un momento
terapeutico o nel caso d’assistenza leggera, obbligato, ma piuttosto un tempo
utilizzato per apportare un aiuto alla persona in un momento particolare della
propria
vita.
Il tutto inizia stimolando, interessando e contemporaneamente, portando il
soggetto alla consapevolezza dei propri limiti quindi dei propri bisogni, ed
all’accettazione che un'altra persona espleterà quelle attività personali.
Tutto ciò non avverrà se prima noi non riconosceremo i bisogni degli altri.
Solo allora, quando dimostreremo che non ci pesa e non ci disturba portare
aiuto e comprenderemo il soggetto in difficoltà, s’instaurerà un rapporto
autentico e sincero tra chi dona e chi riceve, che manterrà in chi ha bisogno
la dignità e porterà certamente benessere ad entrambe le parti coinvolte.
Nel caso in cui l’assistito sia in grado di collaborare sarà sufficiente metterlo
in condizione di provvedere da solo alle proprie cure igieniche, magari
ponendo alla sua portata tutto l’occorrente oppure, accompagnandolo in
bagno.
Questo lo renderà molto felice ed accrescerà la propria autostima aiutandolo
a reagire. Particolare attenzione agli aspetti psicologici va posta nella pratica
di cure igieniche di parti del corpo intime o anche solo particolari, non è facile
trovare persone che accettino facilmente di farsi lavare da qualcuno che non
conoscono, per limitare il senso d’imbarazzo dell’assistito, si può agire
cercando di scoprire solo la parte del corpo di cui ci stiamo occupando.
La pulizia dei piedi potrebbe essere un buon momento per scambiare due
parole o per ascoltare la persona, trasformando così un momento
d’imbarazzo in una piacevole parentesi, magari sedendoci accanto alla
bacinella e facendogli un massaggio, l’importante è la spontaneità con cui
praticheremo ogni cosa, inoltre se saremmo noi per primi a parlare della
nostra vita, stimoleremo chi ci sta di fronte a confidarsi con noi, e se ciò
avverrà, avremo raggiunto un grado di confidenza ed intimità che gioverà a
chi offre e a chi riceve assistenza.
Per quanto riguarda l’igiene intima, chiunque subisca questa pratica troverà
certamente questo il momento più imbarazzante. Sarà compito e
responsabilità di chi presta assistenza rendere questo momento il più sereno
possibile. Per fare accettare il nostro intervento dovremo per prima cosa
accettarlo noi! Se l’assistito intuirà da parte nostra fastidio, disturbo o peggio
disgusto, si sentirà ancora più imbarazzato ed umiliato.
Vi posso assicurare che chi si trova a letto, ed ha bisogno dell'aiuto di altri per
svolgere attività apparentemente banali e scontate come lavarsi le mani,
percepirà ogni nostra emozione / reazione anche se tacita. Sarà solamente
vedendo quel vecchietto come il nostro nonnino, la signora anziana come la
nostra mamma o semplicemente guardando loro con amore che riusciremo a
svolgere tutte le attività necessarie con naturalezza e tranquillità.
Il segreto come sopra menzionato è guardare quella persona come colui che
amiamo e per il quel faremo qualsiasi cosa pur di portare un poco di sollievo
e non come uno sconosciuto! Se pensiamo che l'igiene personale sia l'ultimo
dei problemi di una persona gravemente malata ci sbagliamo, basti
considerare che il primo sintomo della depressione è il rifiuto a lavarsi.
Essere freschi, puliti e profumati fa sentire meglio chiunque, anche un malato
terminale!!
E per finire non dimentichiamo che ogni lavoro svolto deve comunque
rispettare la privacy di ogni utente …
ASPETTI GIURIDICI DELLE PROFESSIONI SANITARIE E
SOCIALI
Legge sulla privacy: 675/96 e successive modificazioni
Le leggi sulla privacy a partire dalla LN 675/1996 e successivi provvedimenti
del Garante, fino all’ultimo riferimento legislativo, il DL del 30/06/2003 n.196,
“Codice in materia di protezione dei dati personali”, si incrociano con il codice
deontologico delle professioni socio-sanitarie. Il nuovo codice riconosce
all’art. 1, come primo diritto, la protezione dei dati personali.
Le finalità di questo codice (art. 2) sono quelle di garantire che il trattamento
dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali,
nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla
riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati
personali. Inoltre il trattamento dei dati personali è disciplinato assicurando
un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà precedentemente
richiamate, nel rispetto dei principi di semplificazione, armonizzazione ed
efficacia delle modalità previste per il loro esercizio da parte degli interessati,
nonché per l’adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento.
Per questo (art. 3) il trattamento dei dati è regolato dal principio di necessità
ovvero i sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati
riducendo al minimo l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in
modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli
casi possono essere realizzate mediante dati anonimi o opportune modalità
che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità.
Ricordiamo che tutte le leggi sulla privacy identificano i dati sanitari come
“dati sensibili”, cioè dati da proteggere
con procedure assolutamente sicure e
documentate. La rivelazione di questi dati
viene punita a livello penale.
Spalle al muro,
quando gli anni, son fucili contro,
qualche piega, sulla pelle tua,
i pensieri tolgono il posto alle parole,
sguardi bassi alla paura, di ritrovarsi soli.
E la curva dei tuoi giorni, non è più in salita
Scendi piano, dai ricordi in più,
lasceranno che i tuoi passi, sembrano più lenti.
Disperatamente al margine, di tutte le correnti.
Vecchio,
diranno che sei vecchio,
con tutta quella forza che c’è in te,
vecchio quando non è finita, hai ancora tanta vita,
e l’anima la grida e tu lo sai che c’è
Ma sei vecchio,
ti chiameranno vecchio
e tutta la tua rabbia viene su,
vecchio, si,
con quello che hai da dire
ma vali quattro lire, dovresti già morire,
tempo non c’è ne più
non te ne danno più
E ogni male fa più male,
tu risparmia il fiato,
prendi presto tutto quel che vuoi
E faranno in modo che il tuo viso sembri stanco,
inesorabilmente più appannato, per ogni pelo bianco
Vecchio, vecchio!
Desideriamo ringraziare con tutto il cuore tutti coloro che ci hanno
sostenute e supportate in questo progetto:
♠ L’ associazione “Profeta” – Brindisi con tutto il personale di
segreteria
♠ Il presidente Antonio Rizzo
♠ Le due tutor del corso “Anna Laura” ed “Eleonora”
♠ Tutti i docenti delle ore di aula
♠ Tutte le strutture che ci hanno ospitato per i nostri stage
♠ I tutor aziendali
♠ Gli “ospiti” delle strutture
♠ Tutto il gruppo classe