GENETICA DELLA SINDROME
DI AICARDI-GOUTIÈRES
Yanick Crow
Leeds - UK
Introduzione
Nel 1984, due neuropediatri francesi, Jean Aicardi e Françoise Goutières, descrissero 8 bambini che
presentavano una encefalopatia progressiva ad esordio precoce, caratterizzata da calcificazione dei gangli
della base, leucodistrofia, linfocitosi cronica del liquor cefalo-rachidiano ed esami sierologici negativi per le
comuni infezioni prenatali1. In precedenza, questo fenotipo clinico era stato associato soltanto ai postumi di
infezioni intrauterine. Tuttavia, l’osservazione di casi familiari, di donne colpite dalla patologia e di
consanguineità tra i genitori indusse questi autori a ipotizzare che la condizione che avevano descritto fosse
un tratto autosomico recessivo ereditario. Studi successivi hanno descritto famiglie con figli malati nati a
numerosi anni di distanza e non consecutivamente, in quanto tra di essi erano nati altri figli normali. Queste
caratteristiche depongono decisamente contro la tesi secondo cui la causa della patologia potrebbe essere un
agente infettivo congenito non identificato.
Localizzazione dei geni coinvolti nella sindrome di Aicardi-Goutières
Per localizzare il gene/i geni coinvolti nella Sindrome di Aicardi-Goutières, abbiamo eseguito di
recente un’analisi di linkage sul genoma completo di 23 bambini appartenenti a 13 famiglie ai quali era stata
posta una diagnosi clinica di Sindrome di Aicardi-Goutières2.
L’uso dell’analisi di linkage per studiare le patologie familiari è un metodo che permette di
localizzare un gene che provoca una malattia in una determinata regione cromosomica. Il locus può essere
definito come la posizione specifica su un cromosoma di un singolo gene o di una sequenza di DNA e
l’analisi di linkage si basa sul principio secondo cui gli eventi di ricombinazione avvengono tra 2 loci
genetici posti sullo stesso cromosoma ad una velocità che dipende dalla distanza tra questi loci. Nelle
patologie Mendeliane, l’analisi delle associazioni ha lo scopo di stabilire se 2 loci (il gene di una malattia e
un marker) hanno una co-segregazione più frequente di quella che si avrebbe se non fossero fisicamente
vicini sullo stesso cromosoma. Solo quando abbiamo avuto a disposizione marker polimorfici distribuiti
regolarmente nello spazio in tutto il genoma è stato possibile iniziare a mappare le patologie con una
speranza ragionevole di successo. Lo sviluppo di queste mappe genetiche ha rivoluzionato i metodi di
localizzazione dei geni e la conseguente clonazione genica.
La nostra analisi era imperniata sulla potenza statistica connessa all’utilizzo di famiglie di
consanguinei per l’analisi di linkage effettuata sull’intero genoma. Si parla di alleli autozigoti o di alleli
identici per discendenza quando ci si trova davanti a due alleli identici in quanto copie dello stesso singolo
allele presente in un antenato comune. Il rischio che i figli di genitori consanguinei nascano con una malattia
autosomica recessiva aumenta a causa dell’autozigosi presente in un individuo colpito per effetto del
matrimonio tra consanguinei. In altre parole, la spiegazione più succinta della presenza di 2 alleli mutati
nella prole di una coppia consanguinea è la trasmissione di una singola mutazione, proveniente da un
antenato comune, da entrambi i rami della famiglia. Le dimensioni precise del segmento autozigote in un
individuo ammalato variano secondo l’incidenza della ricombinazione meiotica tra l’antenato comune e il
soggetto studiato. All’interno della regione autozigote, tutti i marker polimorfici saranno omozigoti, per cui
si possono andare a cercare eventuali segmenti autozigoti tipizzando vari marker polimorfici ad intervalli
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regolari attraverso il genoma. Quanto più l’allele della malattia è raro nella popolazione, tanto maggiore è la
probabilità che l’omozigosi rappresenti un’autozigosi.
Nello scegliere le famiglie da analizzare, abbiamo stabilito che tutti i figli unici ammalati e almeno
un fratello in ogni famiglia in cui c’erano più figli ammalati dovessero soddisfare i seguenti criteri di
inclusione:
(1)
presenza di un disturbo neurologico progressivo, con insorgenza nel primo anno di vita;
(2)
circonferenza cranica normale alla nascita;
(3)
calcificazione a carico dei gangli della base, talvolta estesa alla materia bianca;
(4)
leucocitosi del liquido cerebrospinale (> 5 leucociti /mm3) e/o innalzamento del livello
di IFN-α (> 2 IU/L) nel liquido cerebrospinale;
(5)
esami TORCH negativi (toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus e herpes simplex).
Eterogeneità dei loci
Dopo la pubblicazione dei dati sull’analisi di linkage ad opera del gruppo di Fauré e colleghi3,
abbiamo ritenuto probabile che la Sindrome di Aicardi-Goutières fosse caratterizzata da un’eterogeneità dei
loci. L’eterogeneità dei loci è un fenomeno genetico comune e si può manifestare in modi diversi. Per
esempio, la malattia può essere dovuta a mutazioni delle proteine che agiscono in fasi diverse nella stessa via
biochimica. L’aspetto fondamentale dell’eterogeneità dei loci è che, comunque si presenti, è possibile
individuare la base genetica della malattia in qualsiasi famiglia soltanto attraverso l’analisi di linkage e/o
attraverso la rilevazione delle mutazioni.
Di conseguenza, l’eterogeneità dei loci può rappresentare un grosso ostacolo alla localizzazione dei
geni, soprattutto quando esistono vari loci legati alla malattia. Tra le strategie utilizzate per superare le
difficoltà associate all’eterogeneità dei loci, citiamo l’utilizzo di popolazioni isolate o di singole grandi
famiglie che, di per sé, hanno una potenza sufficiente a permettere di individuare l’associazione. In entrambi
i casi, si ipotizza che, nel campione, vi sia un singolo gene che generi il fenotipo.
Sfortunatamente, non abbiamo avuto a disposizione grandi famiglie, in parte per la rarità della
Sindrome di Aicardi-Goutières e in parte a causa della necessità di test diagnostici mirati, ma anche a causa
della probabilità di decesso durante la prima infanzia. Se è presente un’eterogeneità dei loci, è più difficile
utilizzare le famiglie piccole, perché non hanno una potenza sufficiente per procedere all’assegnazione a
qualsiasi locus singolo. A causa di questa incertezza connessa all’assegnazione del locus, non è possibile
usare gli eventi di ricombinazione per restringere in modo sicuro una regione considerata critica.
Nonostante queste difficoltà, l’analisi di linkage delle nostre 13 famiglie sottoposte a mappatura ha
permesso di ottenere un punteggio LOD massimo di eterogeneità multipunto di 5,28 a D3S3563, con α pari a
0,48, dove α è la proporzione delle famiglie associate. Oltre ad individuare il primo locus per la Sindrome di
Aicardi-Goutières (AGS1), i nostri dati hanno anche indicato l’esistenza di eterogeneità dei loci. Abbiamo
ritenuto che questa fosse probabilmente la spiegazione più plausibile delle difficoltà incontrate
nell’individuare le associazioni genetiche nella ricerca di Fauré et al.
Fin dalla nostra prima pubblicazione, abbiamo cercato di definire meglio la regione critica
dell’AGS1, cercando in modo specifico aplotipi ancestrali nelle famiglie appartenenti allo stesso gruppo
etnico. La capacità di questa metodica di individuare con precisione una regione critica mediante analisi di
linkage è stata ben dimostrata dal Finnish Disease Heritage4. Fortunatamente, questa impostazione ci ha
permesso di individuare un aplotipo ancestrale in un gruppo di famiglie pachistane in cui è presente la
Sindrome di Aicardi-Goutières (testo in preparazione). Questo aplotipo ancestrale pachistano è stato
determinato in base all’omozigosi e alla condivisione degli alleli attraverso un insieme di più di 30 marker
polimorfici che coprono una distanza genetica di 2,2 cM.
In ultima analisi, il grado di precisione reso possibile dall’analisi delle associazioni e
dall’individuazione dell’aplotipo è comunque limitato e, in assenza di candidati validi, sarà comunque
necessario procedere alla sequenziazione sistematica dei geni nella regione critica.
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Va ricordato che i nostri dati suggeriscono che esiste almeno un altro locus per la Sindrome di
Aicardi-Goutières. È possibile che, integrando le nostre conoscenze con eventuali nuovi dati sulle
associazioni, l’individuazione del gene dell’AGS1 possa permettere di isolare altri geni responsabili
mediante omologia, attraverso il coinvolgimento in una via biochimica definita o dimostrando un’interazione
proteina-proteina attraverso la tecnica applicata sui lieviti e denominata ‘yeast-two hybrid technology’.
L’individuazione dei geni coinvolti nella Sindrome di Aicardi-Goutières ci permette di valutare gli
effetti di particolari tipi di mutazione sull’espressione fenotipica della malattia. Inoltre, si possono
individuare differenze tra pazienti che presentano mutazioni nel gene dell’AGS1 e pazienti ammalati a causa
della mutazione di altri geni. Riteniamo sia possibile che la Sindrome di Aicardi-Goutières e la sindrome
pseudo-TORCH siano disturbi di natura allelica. L’individuazione del gene dell’AGS1 ci permetterà di
studiare più a fondo questa ipotesi e, potenzialmente, ci fornirà una base molecolare per classificare questi
disturbi. Lavoreremo anche per riuscire ad istituire un servizio clinico presso un laboratorio diagnostico del
Servizio Sanitario Nazionale inglese (NHS).
I nostri studi recenti di mappatura genetica ci hanno permesso di raffinare notevolmente la regione
critica dell’AGS1, restringendola ad un piccolo intervallo genomico. In considerazione della rapida
evoluzione della genomica umana, questo dovrebbe permettere presto di clonare il gene dell’AGS1. Il nostro
gruppo di pazienti abbastanza numeroso faciliterà l’identificazione di mutazioni patogene e lo studio di
potenziali correlazioni fenotipo-genotipo. Queste ricerche dovrebbero fornire indicazioni incoraggianti per
conoscere meglio il metabolismo dell’IFN-α e la patogenesi di varie encefalopatie pediatriche genetiche e
non genetiche.
Bibliografia
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2.
3.
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Fauré S, Bordelais I, Marquette C, et al. Aicardi-Goutières syndrome: monogenic recessive disease,
genetically heterogeneous disease, or multifactorial disease? Clin Genet (1999) 56:149-153
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