«Dire, fare, comunicare»
«La pubblicità non è solo l'anima del commercio»
21 marzo 2014
Una volta si diceva "la pubblicità è l'anima del commercio". Un detto generico per esprimere il valore dell'immagine per ogni attività economica e il
riconoscimento di fattori positivi legati alla stessa attività. Per anni la pubblicità si è identificata con gli annunci sulla stampa prima che radio e televisioni
imponessero una comunicazione più diretta, prima che Internet aprisse le frontiere della personalizzazione, prima che i social network rivelassero una
rivoluzione dei messaggi attraverso la condivisione. Un quadro composito e stratificato, scombussolato dalla crisi economica che ha drasticamente
ridimensionato il budget che molte aziende mettevano a disposizione della comunicazione pubblicitaria e che, paradossalmente, può diventare
un'opportunità potendo ora contare su costi di investimento di molto inferiori a quelli pre-crisi e su una platea di strumenti più ricca rispetto al passato.
Abbiamo usato il termine "comunicazione pubblicitaria" perché non si tratta di una funzione diversa dalle altre forme di comunicazione dovendo
rispettarne le buone regole: l'identità del messaggio, la sua sintesi ed efficacia, le caratteristiche dei destinatari e dei mezzi che possono essere utilizzati.
Partendo da un presupposto: la pubblicità, nata per l'affermazione di generi e prodotti di largo consumo, ha superato questo confine strettamente
commerciale per rappresentare un valore anche per l'impresa manifatturiera e per quella dei servizi. Gli economisti negli ultimi anni hanno annoverato un
nuovo valore tra i fattori positivi di un'azienda, tra gli elementi che ne possono accrescere la dimensione economica reale e non solo quella percepita ed è il
valore "reputazionale". In pratica la buona immagine di cui gode un'azienda ne rafforza la solidità e la aiuta a conquistare nuovi consensi e nuovi mercati.
Quando un imprenditore decide un investimento pubblicitario tende a considerare i ritorni economici direttamente conseguibili e sottovalutare quelli
indirettamente collegabili. Eppure nella vita di un'azienda in buona salute ci possono essere molti momenti degni di potenziale valorizzazione come
elementi di comunicazione positiva: la decisione o l'inaugurazione di un nuovo insediamento produttivo, l'affermazione della propria attività sui mercati
internazionali, i riconoscimenti ottenuti per la qualità della propria produzione, la creazione di nuovi posti di lavoro, gli investimenti per la tutela di valori
giudicati socialmente importanti come il rispetto dell'ambiente e la salute dei lavoratori, la scelta di predisporre un bilancio sociale, le iniziative di
solidarietà e quelle di valorizzazione del territorio, la decisione di realizzare eventi culturali e artistici. Se il messaggio "commerciale" di una pubblicità quello che vuole promuovere un prodotto o un servizio - deve essere efficace nel sottolineare i motivi che possono spingere a consumare quel bene, il
messaggio "reputazionale" deve essere più sobrio anche se altrettanto incisivo. Non si tratta di convincere ma di comunicare, soprattutto di comunicare il
ruolo sociale di un'impresa che non si chiude su se stessa e sui suoi risultati ma si apre per trasmettere messaggi positivi. La scelta del mezzo è collegata
alla valutazione delle aspettative: per un genere di largo consumo è indubbiamente preferibile il canale delle televisioni o delle radio, per la comunicazione
"reputazionale" altrettanto chiaramente è più opportuna la strada della stampa (locale, nazionale, anche internazionale o combinata secondo la portata
dell'oggetto della comunicazione e le caratteristiche dei destinatari che si intende raggiungere). Per le iniziative di carattere sociale e culturale è
consigliabile il coinvolgimento dei social network, in grado di raggiungere un universo certo più giovane e dinamico e nello stesso tempo più in grado di
condividere lo spirito dell'iniziativa. Le strade della comunicazione, anche pubblicitaria, sono infinite ma possono essere percorse contemporaneamente.
Purché, naturalmente, sia chiara la destinazione finale.
Le rubriche precedenti
«Dire, fare, comunicare»
«La miglior strategia per comunicare? Saper
ascoltare»
Elia Zamboni
Elia Zamboni