NOTE SU EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE 1. Spazi metrici

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NOTE SU EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE
ROBERTO GIAMBÒ
I NDICE
1. Spazi metrici e spazi normati
1.1. Contrazioni
2. Lo spazio delle curve continue
2.1. Spazi di Banach
3. Esistenza e unicità locale
3.1. Il problema di Cauchy
4. Estensione di soluzioni locali
5. Il Lemma di Gronwall
6. Esistenza globale
7. Dipendenza continua dai dati
8. Il teorema del confronto
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In queste note sono presentati il teorema di esistenza e unicità locale, il Lemma di Gronwall applicato all’esistenza globale e alla dipendenza continua dai dati iniziali, ed un teorema di confronto di soluzioni di equazioni differenziali. Sono presentati poi alcuni risultati
preliminari fondamentali alla teoria, come ad esempio il teorema delle contrazioni e la completezza dello spazio delle curve continue dotato della metrica uniforme. Ricordiamo anche
il principio di Cauchy per le funzioni di una variabile che viene utilizzato per la estensione
delle soluzioni locali.
1. S PAZI METRICI E SPAZI NORMATI
Si dice spazio metrico un insieme X su cui è definita una distanza (o metrica) d : X ×
X → R+ , ossia una funzione che verifica le seguenti proprietà:
(1) d(x, y) = 0 ⇔ x = y
(2) d(x, y) = d(y, x) ∀x, y ∈ X (simmetria)
(3) d(x, z) ≤ d(x, y) + d(y, z) ∀x, y, z ∈ X (disuguaglianza triangolare).
Definizione 1.1. xn successione in X si dice di Cauchy se ∀ > 0 ∃n̄ ∈ N : d(xn , xm ) ≤
∀n, m ≥ n̄.
Date: Versione del 4 dicembre 2014.
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R. GIAMBÒ
Definizione 1.2. (X, d) si dice spazio metrico completo se tutte le successioni di Cauchy
convergono.
1.1. Contrazioni. Consideriamo uno spazio metrico (X, d); una funzione f : X → X si
dice una contrazione se esiste una costante L ∈ ]0, 1[ tale che
d(f (x1 ), f (x2 )) ≤ L d(x1 , x2 ).
Ovviamente, una contrazione è una funzione continua. Un punto fisso di un’applicazione
f : X → X è un elemento x0 ∈ X tale che f (x0 ) = x0 ; osserviamo inoltre che, data una
funzione f : X → X, possiamo considerare le iterate f (n) : X → X della f , definite dalla
relazione:
f (n) = f ◦ f ◦ · · · ◦ f , n ≥ 1.
|
{z
}
n volte
(2)
(3)
Ad esempio, f (x) = f (f (x)), o f (x) = f (f (f (x))) per ogni x ∈ X.
Enunciamo il seguente risultato, conosciuto con il nome di Teorema delle Contrazioni
di Banach–Caccioppoli, che fornisce una condizione sufficiente per l’esistenza di un punto
fisso:
Teorema 1.3. Sia (X, d) uno spazio metrico completo. Sia f : X → X una contrazione.
Allora f ha un unico punto fisso x∞ in X (ossia una soluzione di f (x) = x)). Esso è il
limite della successione xn = f (n) (x0 ), per ogni scelta di x0 ∈ X.
Dimostrazione. Sia x0 ∈ X fissato, e si consideri la successione xn = f (n) (x0 ), n ≥ 1.
Faremo vedere prima di tutto che essa è di Cauchy. Infatti, per ogni n, p ∈ N si ha
n+p−1
d(xn+p , xn ) = d(f
(n+p)
(x0 ), f
(n)
(x0 )) ≤
X
d(f (j+1) (x0 ), f (j) (x0 )) ≤
j=n
n+p−1
X
Lj d(f (x0 ), x0 ) ≤
j=n
Ln
d(f (x0 ), x0 ).
1−L
Quindi se n → +∞ si ha d(xn+p , xn ) → 0 indipendentemente da p, e quindi xn è di Cauchy
in X. Poiché X è completo esiste x∞ ∈ X tal che xn → x∞ . Quindi, per la continuità di f
f (x∞ ) = lim f (xn ) = lim xn+1 = x∞ ,
n→+∞
n→+∞
ossia x∞ è un punto fisso. Se poi y∞ fosse un altro punto fisso si avrebbe
d(x∞ , y∞ ) = d(f (x∞ ), f (y∞ )) ≤ Ld(x∞ , y∞ )
da cui si deduce d(x∞ , y∞ ) = 0 perché L ∈]0, 1[.
Proveremo qui una piccola generalizzazione del Teorema delle Contrazioni, che risulta
essere particolarmente utile in diverse applicazioni.
Dato uno spazio metrico (X, d), può succedere che una funzione f : X → X non sia una
contrazione, ma qualche sua iterata f (n) , con n > 1 lo sia (vedi Esercizio 1.5). In questo
caso, il Teorema delle Contrazioni ci garantisce l’esistenza e l’unicità di un punto fisso per
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f (n) , ma non necessariamente per f . È facile vedere che un punto fisso per la f è anche un
punto fisso di ogni iterata f (n) , ma in principio non è chiaro il viceversa. La questione è
risolta nel seguente:
Corollario 1.4. Sia (X, d) uno spazio metrico completo, e sia f : X → X una funzione
tale che, per qualche n ≥ 1, l’iterata f (n) sia una contrazione. Allora, esiste ed è unico un
punto fisso di f .
Dimostrazione. Sia x0 il punto fisso di f (n) , la cui esistenza è garantita dal Teorema delle
Contrazioni. Mostriamo che x0 è anche un punto fisso di f . A tale scopo, si osservi che
f (x0 ) è un punto fisso di f (n) , infatti:
f (n) (f (x0 )) = f (n+1) (x0 ) = f (f (n) (x0 )) = f (x0 ).
Dall’unicità del punto fisso di f (n) , deve essere f (x0 ) = x0 , e dunque x0 è un punto fisso di
f . L’unicità dipende dal fatto che qualsiasi punto fisso di f è anche un punto fisso di f (n) , e
la conclusione segue di nuovo dall’unicità del punto fisso per f (n) .
La funzione f : [0, 1] → [0, 1] definita da:

 1x
3
f (x) =
 2x −
5
4
se x ∈ [0, 34 ];
se x ∈ 43 , 1
non è una contrazione, visto che per x1 , x2 ∈ 34 , 1 , |f (x1 ) − f (x2 )| = 2|x1 − x2 |.
Tuttavia, f (2) è una contrazione; infatti, l’immagine è contenuta in [0, 43 ], e dunque, per ogni
x1 , x2 ∈ [0, 1] si ha:
1
2
|f (2) (x1 ) − f (2) (x2 )| ≤ |f (x1 ) − f (x2 )| ≤ |x1 − x2 |.
3
3
Esercizio 1.5. Mostrare che la funzione f : R → R data da f (x) = cos x non è una
contrazione, ma f (2) lo è. Cosa si può dire sulla funzione f (x) = sin x? Mostrare che per
ogni α ∈ [0, π2 ], esiste il limite lim αn della successione definita da:
n→∞
α1 = α,
αn+1 = cos(αn ),
n ≥ 1,
e mostrare che il limite lim αn non dipende da α.
n→∞
Esercizio 1.6. Sia (X, d) uno spazio metrico completo, L una costante in ]0, 1[ e f : X → X
una funzione tale che d(f (x), f (y)) ≤ L d(x, y) per ogni x, y ∈ X.
Mostrare che, dato un qualsiasi x1 ∈ X, se r ≥ (1 − L)−1 d(x1 , f (x1 )), allora la palla
chiusa B[x1 , r] ⊂ X contiene l’unico punto fisso di f .
(Suggerimento: basta mostrare che la palla B[x1 , r] è invariante per f , cioè che se x ∈
B[x1 , r], allora f (x) ∈ B[x1 , r].)
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R. GIAMBÒ
2. L O SPAZIO DELLE CURVE CONTINUE
2.1. Spazi di Banach. Uno spazio vettoriale X (su R) si dice normato se esiste una funzione k · k : X → R+ che verifica le seguenti proprietà:
(1) kxk = 0 ⇔ x = 0
(2) kλxk = |λ|kxk ∀λ ∈ R, ∀x ∈ X
(3) kx + yk ≤ kxk + kyk ∀x, y ∈ X
(omogeneità)
(subadditività)
Osservazione 2.1. k · k induce su X la distanza
(1)
d(x, y) = kx − yk.
Definizione 2.2. (X, k · k) normato è detto spazio di Banach se (X, d), con la distanza (1) è
uno spazio metrico completo.
Consideriamo le curve continue y : [a, b] → Rm . Esse costituiscono uno spazio vettoriale
che indicheremo con C 0 ([a, b], Rm ). Su di esso poniamo la seguente norma:
(2)
kyk∞ = max{ky(t)k : t ∈ [a, b]},
dove ky(t)k è la norma euclidea del vettore y(t) ∈ Rm .
Si osservi che una successione (fn ) in C 0 [a, b], Rm è convergente a f ∈ C 0 [a, b], Rm
rispetto alla distanza indotta da questa norma se fn tende uniformemente ad f sull’intervallo [a, b] (ossia indipendentemente dalla variabile t). Per questo motivo, la topologia in
C 0 [a, b], Rm definita da tale distanza è chiamata la topologia della convergenza uniforme.
Esercizio 2.3. Verificare che (2) è una norma su C 0 ([a, b], Rm ).
Proposizione 2.4. Lo spazio C 0 ([a, b], Rm ) con la norma (2) è uno spazio di Banach.
Dimostrazione. Dobbiamo provare che, con la topologia della convergenza uniforme, C 0 [a, b], Rm
è uno spazio metrico completo, cioè che ogni successione di Cauchy in C 0 [a, b], Rm è
convergente.
Data una successione di Cauchy (fn ) in C 0 [a, b], Rm , per ogni t ∈ [a, b] la successione
(fn (t)) è di Cauchy in R. Esiste pertanto il limite puntuale lim fn (t) = f (t) per ogni t.
n→∞
Bisogna ora dimostrare che f è continua e che la convergenza di (fn ) a f è uniforme. La
condizione di Cauchy per (fn ) ci dice che per ogni ε > 0 esiste N ∈ N tale che, per ogni
n, k ≥ N e per ogni t ∈ [a, b], si ha kfn (t) − fk (t)k < ε. Possiamo fissare t e passare
al limite per k → ∞ in questa disuguaglianza —si osservi che la scelta di N non dipende
da t— ottenendo kfn (t) − f (t)k ≤ ε per ogni n ≥ N e per ogni t ∈ [a, b]. Prendiamo ora
l’estremo superiore su t ∈ [a, b], e otteniamo sup kfn (t) − f (t)k ≤ ε, e cioè la convergenza
t∈[a,b]
di (fn ) a f è uniforme.
Per vedere che f è continua, sfruttiamo ora la continuità delle fn ed un argomento “ 3ε ” nel
seguente modo. Sia fissato t0 ∈ [a, b] e ε > 0. In corrispondenza di questo ε determiamo ora
N ∈ N tale che per ogni n ≥ N si abbia sup kfn (t) − f (t)k < 3ε ; inoltre, sia δ > 0 tale che
t∈[a,b]
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kfN (t) − fN (t0 )k < 3ε ∀t : |t − t0 | < δ, la cui esistenza è garantita dalla continuità di fN
nel punto t0 . Usando la disuguaglianza triangolare, è facile mostrare che kf (t) − f (t0 )k < ε
se |t − t0 | < δ, il che prova la continuità di f .
Esercizio 2.5. Sia C ⊂ Rn . Denotiamo con C 0 [a, b], C il sottoinsieme di C 0 [a, b], Rm
che consiste di tutte le funzioni che hanno immagine in C. Provare che se C è un chiuso in
Rn , allora C 0 [a, b], C è un sottoinsieme chiuso di C 0 [a, b], Rm , e pertanto è uno spazio
metrico completo con la metrica indotta.
3. E SISTENZA E UNICIT À LOCALE
3.1. Il problema di Cauchy. Veniamo ora allo studio di un problema che consiste in una
equazione differenziale ed un dato iniziale, del tipo:
(3)
y 0 = f (t, y),
y(t0 ) = y0 ,
dove y è la funzione incognita della variabile reale t che ha valori in Rm , t0 ∈ R, y0 ∈ Rm ,
e f : [t0 − a, t0 + a] × B[y0 , b] → Rm è una funzione definita sul prodotto dell’intervallo
[t0 − a, t0 + a], con a > 0, con la palla chiusa di centro y0 e raggio b > 0 in Rm . Questo
è il Problema di Cauchy. Proviamo il seguente risultato di esistenza e unicità locale per il
problema di Cauchy (3), conosciuto come Teorema di Picard (o di Cauchy-Lipchitz):
Teorema 3.1. Supponiamo che f sia continua, e che sia Lipschitziana in y uniformemente
rispetto a t, cioè che esista una costante L > 0 indipendente da t tale che kf (t, y1 ) −
f (t, y2 )k ≤ L · ky1 − y2 k per ogni y1 , y2 ∈ B[y0 , b].
Denotiamo con
M=
max
t∈[t0 −a,t0 +a]
y∈B[y0 ,b]
kf (t, y)k
e sia δ = min{a, Mb }; esiste un’unica funzione y : [t0 − δ, t0 + δ] → B[y0 , b] di classe C 1
che è soluzione del problema di Cauchy (3) nell’intervallo [t0 − δ, t0 + δ].
Dimostrazione. Osserviamo inizialmente che risolvere il problema di Cauchy (3) in un intervallo [t0 − δ, t0 + δ], δ ∈ ]0, a[, è un problema equivalente a quello di determinare una
funzione continua y : [t0 − δ, t0 + δ] → B[y0 , b] tale che:
Z t
(4)
y(t) = y0 +
f (s, y(s)) ds,
s ∈ [t0 − δ, t0 + δ].
t0
Infatti, se y è una funzione continua che risolve (4), allora usando il teorema fondamentale
del calcolo integrale si ottiene facilmente che y è derivabile, e soddisfa (3). Analogamente,
se y è una soluzione di (3), un’integrazione immediata ci dice che y risolve (4).
Possiamo pensare al lato destro di (4) come il valore F(y), dove F è un operatore con
dominio lo spazio
X = C 0 [t0 − δ, t0 + δ], B[y0 , b]
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R. GIAMBÒ
di tutte le funzioni continue z : [t0 − δ, t0 + δ] → B[y0 , b], e con codominio lo spazio di tutte
le funzioni continue definite su [t0 − δ, t0 + δ] e a valori in Rn . Più precisamente, per z ∈ X
definiamo:
Z t
f (s, z(s)) ds;
F(z)(t) = y0 +
t0
chiaramente F(z) è una funzione continua (infatti, derivabile) su [t0 −δ, t0 +δ]. Determinare
una soluzione di (4) è lo stesso che determinare un punto fisso dell’operatore F; stabiliamo
ora che se δ = Mb , l’immagine di F è contenuta in X . A questo scopo basta mostrare che
per ogni z ∈ X e ogni x ∈ [t0 − δ, t0 + δ], si ha kF(z)(t) − y0 k ≤ b:
Z
Z t
t
F(z)(t) − y0 = f (s, z(s)) ds ≤ kf (s, z(s))k ds ≤ M |t − t0 | ≤ M δ = b.
t0
t0
Abbiamo dunque una funzione F : X → X , dove X , munito della metrica
dist(f, g) = kf − gk∞ = max kf (t) − g(t)k
t∈[a,b]
è uno spazio metrico completo (vedere Esercizio 2.5).
Per concludere la dimostrazione, cioè per mostrare l’esistenza di un punto fisso di F, usiamo il Corollario 1.4, mostriamo cioè che per qualche k ≥ 1, l’iterata F (k) è una contrazione.
Questa asserzione è provata facilmente una volta provata la seguente disuguaglianza:
kF (k) (z1 )(t) − F (k) (z2 )(t)k ≤
(5)
Lk
|t − t0 |k kz1 − z2 k∞
k!
per ogni k ∈ N, per ogni z1 , z2 ∈ X e per ogni t ∈ [t0 − δ, t0 + δ].
Fissiamo dunque z1 , z2 e t, e proviamo la (5) per induzione su k. La disuguaglianza per
k = 1 è provata come segue:
Z t
kF(z1 )(t) − F(z2 )(t)k = f (s, z1 (s)) − f (s, z2 (s)) ds
t0
Z t
Z t
≤ kf (s, z1 (s)) − f (s, z2 (s))k ds ≤ L kz1 (s) − z2 (s)k ds
t0
t0
≤ L|t − t0 | kz1 − z2 k∞ .
Assumiamo ora la disuguaglianza (5) per un certo k, e proviamola per il successivo intero
k + 1:
kF
(k+1)
Z t
(k)
(k)
(z1 )(t) − F
(z2 )(t)k = f (s, F (z1 )(s)) − f (s, F (z2 )(s)) ds
t0
Z t
(k)
(k)
≤ kf (s, F (z1 )(s)) − f (s, F (z2 )(s))k ds
t0
Z t
≤ L kF (k) (z1 )(s) − F (k) (z2 )(s)k ds .
(k+1)
t0
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Utilizzando l’ipotesi induttiva, dalla disuguaglianza sopra otteniamo:
Z t
Lk+1
(k+1)
(k+1)
k
kF
(z1 )(t) − F
(z2 )(t)k ≤
kz1 − z2 k∞ |s − t0 | ds
k!
t0
=
Nell’ultima disuguaglianza sopra abbiamo usato il conto:
Z t
Z t−t0
k
=
|s − t0 |k ds = |u|
du
0
t0
Lk+1
kz1 − z2 k∞ |t − t0 |k+1 .
(k + 1)!
1
|t − t0 |k ;
k+1
la (5) è dunque provata.
Prendendo l’estremo superiore nei due membri della disuguaglianza (5) otteniamo:
kF
Lk δ k
k→∞ k!
Siccome1 lim
(k)
(z1 ) − F
(k)
= 0, si deve avere
(z2 )k∞
Lk δ k
k!
Lk δ k
≤
kz1 − z2 k∞ .
k!
< 1 per k sufficientemente grande, e dunque
F (k) è una contrazione per k sufficientemente grande; questo conclude la dimostrazione.
Osservazione 3.2. La condizione di Lipschitzianità, essenziale nel Teorema 3.1, non è sempre facile da controllare. Tuttavia, esistono condizioni sufficienti che la assicurano. Ad
esempio, nel caso m = 1, è facile osservare che basta la continuità della derivata parziale fy (oltre, ovviamente, alla continuità di f ). Infatti, scegliamo t ∈ [t0 − a, t0 + a],
y1 , y2 ∈ [y0 − b, y0 + b] qualunque; dal teorema di Lagrange si ha che ∃ξ compreso tra y1 e
y2 tale che f (t, y1 ) − f (t, y2 ) = fy (t, ξ)(y1 − y2 ). Posto allora
L=
max
t∈[t0 −a,t0 +a]
y∈[y0 −b,y0 +b]
|fy (t, y)|
(si noti che L < +∞ dal teorema di Weierstrass applicato ad fy ) si ottiene
|f (t, y1 ) − f (t, y2 )| ≤ |fy (t, ỹ)||y1 − y2 | ≤ L|y1 − y2 |,
da cui la Lipschitzianità di f rispetto a y uniformemente in t.
Nel caso generale m > 1, condizione sufficiente perché la tesi del Teorema 3.1 sia vera è
che f (t, y) sia continua assieme allo Jacobiano Dy f (t, y) calcolato rispetto alle sole componenti di y. La dimostrazione ricalca quella appena vista, con alcune piccole complicazioni
dovute all’aumento di dimensione.
4. E STENSIONE DI SOLUZIONI LOCALI
Un problema che si presenta spesso nella teoria delle equazioni differenziali ordinarie è
quello di stimare l’intervallo massimale (contenente l’istante iniziale) in cui la soluzione del
problema di Cauchy (3) è definita. A questo proposito è utile un risultato, prima del quale
diamo la seguente
1
in quanto
Lk δ k
k!
è il termine generico di una serie convergente.
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R. GIAMBÒ
Definizione 4.1. La funzione f = f (t, y) definita in [α, β] × Rm si dice localmente Lipschitiziana in y uniformemente in t se per ogni (t0 , y 0 ) ∈ [α, β]×Rm esiste un intorno U di (t0 , y 0 )
in [α, β] × Rm ed una costante L = L(U ) > 0 tale che kf (t, y1 ) − f (t, y2 )k ≤ L · ky1 − y2 k
per ogni (t, y1 ), (t, y2 ) ∈ U .
Teorema 4.2. Sia f (t, y) definita in [α, β] × Rm continua e localmente Lipschitziana in y
uniformemente in t. Sia ]t− , t+ [, l’intervallo aperto massimale di definizione di y soluzione
di (3) in [α, β] . Supponiamo che f (t, y(t)) sia limitata in un intorno sinistro di t+ . Allora
t+ = β. Analogamente se f (t, y(t)) è limitata in un intorno destro di t− si ha che t− = α.
Per dimostrare il teorema 4.2 è utile il principio di Cauchy per le curve. Sia γ :]a, b[→ Rm
una curva. Utilizzando il principio di Cauchy per le successioni si dimostra immediatamente
il seguente
Teorema 4.3. Esiste finito limt→a+ γ(t) se e solo se
∀ > 0, ∃δ > 0 : t1 , t2 ∈]a, a + δ[⇒ kγ(t2 ) − γ(t1 )k < .
Analogamente per il limite sinistro in b.
Dimostrazione Teorema 4.2. Dalla ipotesi segue subito che esiste C > 0 tale che |y 0 (t)| ≤
C per ogni t in un intorno sinistro di t+ . Allora y è Lipschitziana in tale intorno e dal
Teorema 4.3 segue che esiste finito limc→t+ y(t) = l. Se per assurdo t+ < β, considerando
la soluzione locale del problema di Cauchy
y 0 = f (t, y),
y(t+ ) = l,
e ”raccordandola” con quella del problema di partenza (operazione che possiamo effettuare
grazie all’unicità locale) si ottiene che esiste δ > 0 tale che la nostra soluzione di partenza è
definita in ]t− , t+ + δ[, in contraddizione con la definizione di t+ che è l’estremo superiore
dell’intervallo massimale di definizione. Analogamente si ragiona per t− .
Corollario 4.4. Sia f continua e localmente uniformemente Lipschitziana in R × Rm .
Sia ]t− , t+ [, l’intervallo massimale di definizione di y soluzione di (3). Supponiamo che
f (t, y(t)) sia limitata in un intorno sinistro di t+ . Allora t+ = +∞. Analogamente se
f (t, y(t)) è limitata in un intorno destro di t− si ha che t− = −∞.
5. I L L EMMA DI G RONWALL
Proposizione 5.1 (Lemma di Gronwall). Sia I un intervallo della retta reale, t0 un punto
interno di I; siano u, v : I → R due funzioni continue e non negative, e c ≥ 0 tali che:
Z t
v(t) ≤ c +
u(s)v(s) ds,
∀ t ∈ I, t ≥ t0 .
t0
Allora vale la disuguaglianza:
(6)
per ogni t ∈ I, t ≥ t0 .
Rt
v(t) ≤ c e
t0
u(s) ds
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Dimostrazione. Per ogni ε > 0 definiamo la funzione derivabile wε : I → R tramite la
Rt
formula wε (t) = c + t0 u(s)v(s) ds + ε, wε (t0 ) = c + ε; si osservi che wε (t) > 0 e
v(t) ≤ wε (t) per ogni t ∈ I, t ≥ t0 e per ogni ε > 0. Vale la disuguaglianza:
Z t
0
u(s)v(s) ds ≤ u(t)wε (t), ∀ t ∈ I, t ≥ t0 .
wε (t) = u(t)v(t) ≤ u(t) c +
t0
Dividiamo per wε (t) > 0 il primo e l’ultimo termine della disuguaglianza, e otteniamo:
wε0 (t)
≤ u(t),
wε (t)
e perciò:
log
wε (t)
c+ε
Z
t
=
t0
wε0 (s)
ds ≤
wε (s)
Z
t
u(s) ds,
t0
quindi:
v(t) ≤ wε (t) ≤ (c + ε)e
Rt
t0
u(s) ds
,
∀ t ∈ I, t ≥ t0 .
Passando al limite per ε → 0+ si ottiene la disuguaglianza (1).
6. E SISTENZA GLOBALE
Proviamo ora un risultato che garantisce l’esistenza di una soluzione del problema di
Cauchy (3) il cui dominio sia un intervallo prefissato. Questo risultato è conosciuto come il
teorema di esistenza globale per soluzioni del problema di Cauchy.
Teorema 6.1. Supponiamo che la funzione f in (3) sia definita nella striscia [α, β] × Rm ,
con t0 ∈ [α, β], e che le seguenti ipotesi siano soddisfatte:
(a) f è continua in [α, β] × Rm ;
(b) f è localmente Lipschitziana in y uniformemente in t;
(c) f ha crescita sublineare in y, cioè esistono costanti L1 , L2 ≥ 0 tali che
kf (t, y)k ≤ L1 + L2 kyk
per ogni (t, y) ∈ [α, β] × Rn .
Allora il problema di Cauchy (3) ammette una soluzione (unica) definita su tutto l’intervallo
[α, β].
Dimostrazione. Sia ]t− , t+ [ l’intervallo massimale di definizione di y. Basterà provare che
(7)
sup{ky(t)k : t ∈]t− , t+ [} < +∞.
Infatti, in tal caso abbiamo che f (t, y(t)) risulta limitata in ]t− , t+ [ e allora applicando il
Teorema 4.2 si ha subito la tesi.
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R. GIAMBÒ
Per dimostrare (7) useremo il Lemma di Gronwall, cominciando a stimare y in [t0 , t+ [. A
questo proposito sia ρ(t) = ky(t)k. Si ha
ρ(t) = ky(t) − y(t0 ) + y(t0 )k ≤ ky(t) − y(t0 )k + ky0 k =
Z t
Z t
0
y (s)dsk ≤ ky0 k +
ky 0 (s)kds =
ky0 k + k
t0
Z
t
Z
t0
t
kf (s, y(s))kds ≤ ky0 k +
ky0 k +
t0
L1 + L2 ky(s)kds ≤
t0
Z
t
ky0 k + L1 (t+ − t0 ) + L2
ρ(s)ds.
t0
Allora posto C = ky0 k + L1 (t+ − t0 ), dal Lemma di Gronwall si ottiene
(8)
ρ(t) ≤ CeL2 (t−t0 ) per ogni t ∈ [t0 , t+ [.
Per stimare y in ]t− , t0 ], sia ȳ(τ ) = y(2t0 − τ ), per τ ∈ [t0 , 2t0 − t− [. Allora si ha
dȳ
dy(2t0 − τ ) dt
=
= −y 0 (2t0 − τ ) = −f (2t0 − τ, y(2t0 − τ )) = −f (2t0 − τ, ȳ(τ )),
dτ
dt
dτ
ed ovviamente ȳ(t0 ) = y(2t0 − t0 ) = y0 . Si osservi a questo punto che
k − f (2t0 − τ, ȳ(τ ))k = kf (2t0 − τ, ȳ(τ ))k ≤ L1 + L2 kȳ(τ )k,
e dunque si può procedere come sopra, con ȳ, τ e [t0 , 2t0 − t− [ in luogo di y, t e [t0 , t+ [,
ottenendo una stima per kȳ(τ )k in [t0 , 2t0 − t− [ , cioè per y(t) in ]t− , t0 ].
Corollario 6.2. Supponiamo che la funzione f in (3) sia definita in R × Rm e che le seguenti
ipotesi siano soddisfatte:
(a) f è continua in R × Rm ;
(b) f è localmente Lipschitziana in y uniformemente in t;
(c) f ha crescita sublineare in y, cioè esistono funzioni continue L1 (t), L2 (t) ≥ 0 tali
che
kf (t, y)k ≤ L1 (t) + L2 (t)kyk
per ogni (t, y) ∈ R × Rm .
Allora il problema di Cauchy (3) ammette una soluzione (unica) definita su tutto R.
Dimostrazione. Occorre provare che la soluzione è unica e definita ∀x ∈ R. Fissato dunque
x0 ∈ R qualunque, sia [α, β] un intervallo contenente x0 , e sia yα,β (x) la soluzione del
problema definita su [α, β] (che esiste ed è unica grazie al Teorema 6.1). Poniamo allora
y(x0 ) = yα,β (x0 ). In base all’unicità locale delle soluzioni del problema di Cauchy, questa
è una buona definizione, nel senso che non dipende dalla scelta di [α, β].
NOTE SU EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE
11
7. D IPENDENZA CONTINUA DAI DATI
Il Lemma di Gronwall è uno degli strumenti più utili per dimostrare risultati di dipendenza
continua dai dati della soluzione di un’equazione differenziale ordinaria. Mostriamo un
piccolo esempio, dopo aver lasciato al lettore la soluzione del seguente esercizio:
Esercizio 7.1. Sia y0 ∈ Rm e b un numero reale positivo; denotiamo con B[y0 , b] la palla
chiusa di centro y0 e raggio r in Rm . Sia f : [t0 − a, t0 + a] × B[y0 , b] → Rm una funzione
continua e Lipschitziana nella seconda variabile y ∈ B[y0 , b] uniformemente rispetto alla
prima variabile t ∈ [t0 − a, t0 + a]. Ricordiamo che in questa situazione il problema di
Cauchy:

 y 0 = f (t, y)
 y(t0 ) = y0 ,
ammette soluzione unica y : [t0 − δ, t0 + δ] → B[y0 , b] in un intorno di t0 . Sia tn una successione in [t0 − a, t0 + a] tale che lim tn = t0 e zn una successione contenuta in B[y0 , b]
n→∞
tale che lim zn = y0 . Mostrare che esiste δ∗ > 0 (indipendente da n) tale che, per ogni n
n→∞
sufficientemente grande, la soluzione yn del problema di Cauchy:

 y 0 = f (t, y)
 y(tn ) = zn ,
sia definita nell’intervallo [t0 − δ∗ , t0 + δ∗ ].
(Suggerimento: usare la dimostrazione del Teorema 3.1, ottenendo che yn è definita in un in
n −y0 k
tervallo [tn −δn , tn +δn ], con δn = min{a−|tn −t0 |, b−kzM
}, dove M = max kf (t, y)k:
(t, y) ∈ [t0 − a, t0 + a] × B[y0 , b] . Usare ora il fatto che lim tn = t0 e lim zn = y0 per
determinare δ∗ .)
Siamo ora pronti per provare il seguente risultato di dipendenza continua dai dati iniziali
per soluzioni di un problema di Cauchy:
Proposizione 7.2. Usando le notazioni e le ipotesi dell’Esercizio 7.1, sia [α1 , β1 ] un intervallo chiuso contenuto nel dominio della y e di tutte le yn , per n sufficientemente grande.
La successione yn tende a y in [α1 , β1 ] nella topologia C 1 , ossia, yn tende uniformemente a
y e yn0 tende uniformemente a y 0 in [α, β].
Dimostrazione. Possiamo ovviamente supporre che tn ∈ [α1 , β1 ] per ogni n (e dunque anche
t0 ∈ [α1 , β1 ]). Sia M = max{kf (t, y)k : t ∈ [t0 − a, t0 + a], y ∈ B[y0 , b]}, sia e L > 0 la
12
R. GIAMBÒ
costante di Lipschitzianità della f in y. Per t ∈ [α1 , β1 ], calcoliamo:
Z t
Z t
f
(s,
y
(s))
ds
−
f
(s,
y(s))
ds
kyn (t) − y(t)k = (z
−
y
)
+
n
n
0
tn
t0
Z t
Z t0
f (s, yn (s)) ds
f (s, yn (s)) − f (s, y(s)) ds
≤ kzn − y0 k + +
tn
t0
Z t
Z t0
f (s, yn (s)) − f (s, y(s)) ds
f (s, yn (s)) ds
≤ kzn − y0 k + +
t0
tn
Z t
≤ kzn − y0 k + M |tn − t0 | + L zn (s) − y(s) ds
t0
Applichiamo ora il lemma di Gronwall ai seguenti dati: v(t) = yn (t) − y(t), u(t) ≡ L,
c = kzn − y0 k + M |tn − t0 |, e otteniamo la seguente disuguaglianza:
(9)
kyn (t) − y(t)k ≤ kzn − y0 k + M |tn − t0 | eL|t−t0 | .
Ragionando come nella dimostrazione del Teorema 6.1 si prova che la (9) vale anche per
t ≤ t0 .
A questo punto, siccome tn tende a t0 e zn tende a y0 , dalla (9) segue facilmente che yn
tende uniformemente a y in [α, β] quando n tende all’infinito. Siccome f è Lipschitziana
in y, segue che f (t, yn (t)) tende uniformemente a f (t, y(t)) in [α1 , β1 ] quando n → ∞, e
dunque yn0 tende uniformemente a y 0 per n → ∞, e questo conclude la dimostrazione. Partendo dal risultato della Proposizione 7.2, vogliamo stabilire ora un risultato di dipendenza continua della soluzione di un problema di Cauchy quando si perturba la funzione f
che definisce l’equazione differenziale. A tale scopo, consideriamo la seguente situazione:
sia f = f (t, y, λ) : [t0 − a, t0 + a] × B[y0 , b] × Λ → Rm , dove Λ è un aperto di Rk , e supponiamo che f sia continua e Lipschitziana rispetto a y e a λ uniformemente rispetto a t. In
questa situazione, si può provare usando un argomento simile a quello usato per l’Esercizio
7.1 che, fissato un qualunque λ̄ ∈ Λ ed un qualsiasi intorno U di λ con chiusura compatta
in Λ, esiste un numero positivo δ∗ > 0 tale che, per ogni λ ∈ U , l’unica soluzione yλ del
problema di Cauchy:

 y 0 = f (t, y, λ)
(10)
 y(t0 ) = y0 ,
sia definita in un intervallo che contiene [t0 − δ∗ , t0 + δ∗ ].
Enunciamo e proviamo ora il seguente:
Corollario 7.3. Sia λ0 ∈ Λ fissato, sia U un intorno di λ in Λ e sia [α1 , β1 ] ⊆ [t0 − a, t0 + a]
un intervallo contenuto nel dominio di yλ per ogni λ ∈ U .
Allora, per λ → λ0 , yλ tende a yλ0 nella topologia C 1 sull’intervallo [α1 , β1 ].
NOTE SU EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE
13
Dimostrazione. Si introduce una funzione fittizia z = z(t) e si osserva che il problema (10)
è equivalente al problema di Cauchy:


 y 0 = f (t, y, z)



 z 0 = 0,
(11)

y(t0 ) = y0 ,




 z(t ) = λ .
0
0
Si osservi che nel problema (11) il parametro λ ha il ruolo di dato iniziale, e possiamo quindi
applicare il risultato di stabilità della Proposizione 7.2.
8. I L TEOREMA DEL CONFRONTO
Passiamo ora allo studio di risultati che permettano di confrontare soluzioni di problemi di
Cauchy nel caso m = 1 (cioè quando l’incongnita y(t) è a valori in R). Prima di enunciare
il risultato centrale (Teorema del Confronto), presentiamo un semplice risultato ausiliare:
Lemma 8.1. Siano y, z : [t0 , t1 [ → R che ammettono derivata destra in t0 , tali che y(t0 ) =
0 +
z(t0 ) e y 0 (t+
0 ) > z (t0 ). Allora esiste ε ∈ ]0, t1 − t0 [ tale che y(t) > z(t) per ogni t ∈
]t0 , t0 + ε].
Dimostrazione. Per definizione di derivata destra, y(t) = y(t0 ) + y 0 (t+
0 )(t − t0 ) + h1 (t) e
0 +
z(t) = z(t0 ) + z (t0 )(t − t0 ) + h2 (t), dove:
lim+
t→t0
h1 (t)
h2 (t)
= lim+
= 0.
t − t0 t→t0 t − t0
Dunque, ricordando che y(t0 ) = z(t0 ):
lim+
t→t0
0 +
y(t) − z(t)
(y 0 (t+
0 ) − z (t0 ))(t − t0 ) + h1 (t) − h2 (t)
= lim+
t − t0
t − t0
t→t0
0 +
= y 0 (t+
0 ) − z (t0 ) + lim+
t→t0
Per il Teorema della Permanenza del Segno, deve aversi
t0 , e quindi y(t) − z(t) > 0 in questo intorno.
y(t)−z(t)
t−t0
h1 (t) − h2 (t)
> 0.
t − t0
> 0 in un intorno destro di
Teorema 8.2 (Teorema del Confronto). Siano y, z : [t0 , t1 [ → R funzioni derivabili, f, g :
[t0 , t1 [ × R → R funzioni continue, con f (r, s) < g(r, s) per ogni (r, s) ∈ [t0 , t1 [ × R, tali
che:
(12)
y 0 (t) = f (t, y(t)),
e z 0 (t) = g(t, z(t)),
∀ t ∈ [t0 , t1 [ .
Se y(t0 ) ≤ z(t0 ), allora y(t) < z(t) per ogni t ∈ ]t0 , t1 [.
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che esista t̄ ∈ ]t0 , t1 [ tale che z(t̄) ≤ y(t̄); consideriamo allora l’insieme non vuoto:
n
o
T = t ∈ ]t0 , t1 [ : z(t) ≤ y(t) ,
14
R. GIAMBÒ
e sia:
ξ = inf T.
Affermiamo anzitutto che deve aversi ξ > t0 ; infatti, se y(t0 ) < z(t0 ), per il Teorema
della Permanenza del Segno dovrà essere y(t) < z(t) in un intorno destro di t0 . Se invece
y(t0 ) = z(t0 ), allora
0 +
y 0 (t+
0 ) = f (t0 , y(t0 )) = f (t0 , z(t0 )) < g(t0 , z(t0 )) = z (t0 ),
e per il Lemma precedente, sarà y(t) < z(t) in un intorno destro di t0 . In entrambi i casi
concludiamo che ξ > t0 , che era quanto affermato.
Mostriamo ora che y(ξ) = z(ξ); infatti, per t ∈ [t0 , ξ[ deve aversi y(t) < z(t), e dunque
y(ξ) ≤ z(ξ). D’altro lato, se ξn è una successione in T che tende a ξ (esiste per definizione
di estremo inferiore, ed eventualmente può coincidere con ξ), la continuità di y e z ci dà:
y(ξ) − z(ξ) = lim y(tn ) − z(tn ) ≥ 0,
n→∞
cioè, y(ξ) ≥ z(ξ). Dunque y(ξ) = z(ξ) da cui
(13)
y 0 (ξ) = f (ξ, y(ξ)) = f (ξ, z(ξ)) < g(ξ, z(ξ)) = z 0 (ξ),
e applicando di nuovo il Lemma precedente, concludiamo che deve essere y(t) < z(t) in un
intorno destro di ξ. Ma come detto prima, y(t) < z(t) anche a sinistra di ξ: ne segue che la
funzione (y − z)(t) è sempre strettamente negativa intorno a ξ, ad eccezione proprio di ξ in
cui si annulla. Dunque ξ è un punto di massimo locale per (y − z) e perciò, dal Teorema di
Fermat, y 0 (ξ) − z 0 (ξ) = 0, ottenendo una contraddizione con la (13). Quindi T = ∅.
Esercizio 8.3. Siano y : [t0 , t1 [→ R una funzione derivabile, ed f : [t0 , t1 [×R → R una
funzione continua tali che
y 0 (t) = f (t, y(t)).
Sia inoltre z : [t0 , t1 [→ R derivabile. Si provi che:
• se z 0 (t) < f (t, z(t)) (si dice che z è una sottosoluzione forte dell’equazione differenziale), e z(t0 ) ≤ y(t0 ), allora z(t) < y(t) in ]t0 , t1 [;
• se z 0 (t) > f (t, z(t)) (si dice che z è una soprasoluzione forte dell’equazione differenziale), e z(t0 ) ≥ y(t0 ), allora z(t) > y(t) in ]t0 , t1 [;
Esercizio 8.4. Si dimostri un analogo del Teorema 8.2 “a sinistra”. (In altri termini, se
y, z :]t0 , t1 ] → R funzioni derivabili, e f, g :]t0 , t1 ] × R → R funzioni continue tali che
f (r, s) < g(r, s), tali che y 0 (t) = f (t, y(t)), z 0 (t) = g(t, z(t)) in ]t0 , t1 ], se y(t1 ) ≥ z(t1 )
allora y(t) > z(t) in ]t0 , t1 [. Per provare il risultato, ovviamente, servirà anche un analogo
“a sinistra” del Lemma 8.1.)
Si enunci inoltre l’analogo “a sinistra” dell’esercizio 8.3.
Infine estendiamo il teorema di confronto al caso di soprasoluzioni e sottosoluzioni deboli
(≡ non forti).
NOTE SU EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE
15
Teorema 8.5. Siano y : [α, β] → R una funzione derivabile, e f : [α, β] × R → R una
funzione continua e Lipschitiziana in y uniformemente in t, tali che
y 0 (t) = f (t, y(t)).
Sia inoltre z : [α, β] → R derivabile e tale che
z 0 (t) ≥ f (t, z(t)), ∀t ∈ [α, β],
(14)
z(t0 ) = y(t0 ),
ove t0 ∈]α, β[.
Allora
z(t) ≥ y(t), ∀t ∈ [t0 , β],
z(t) ≤ y(t), ∀t ∈ [α, t0 ].
Osservazione 8.6. Se z è sottosoluzione in [α, β], ossia
z(t0 ) = y0 , z 0 (t) ≤ f (t, z(t)) per ogni t ∈ [α, β],
si ottiene (riconducendoci al teorema precedente sostituendo t con 2t0 − t):
z(t) ≤ y(t) per ogni t ∈ [t0 , β], z(t) ≥ y(t) per ogni t ∈ [α, t0 ].
Dimostrazione Teorema 8.5. Consideriamo il caso t ≥ t0 . Fissiamo β1 ∈]t0 , β[ ed > 0
tale che la soluzione del problema di Cauchy
y0 = f (t, y ) − ,
y (t0 ) = y(t0 ),
sia definita in [t0 , β1 ] per ogni sufficientemente piccolo (tale β1 esiste, vedi argomento
prima dell’enunciato del Corollario 7.3). Dal Corollario 7.3 segue inoltre che
y → y, uniformemente in [t0 , β1 ].
Ma z 0 (t) ≥ f (t, z(t)) > f (t, z(t)) − , perciò dall’esercizio 8.3 si deduce
z(t) > y (t), ∀t ∈ [t0 , β1 ],
e passando al limite in → 0+ si ha, ∀t ∈ [t0 , β1 ],
(15)
z(t) ≥ y(t),
Finalmente, si può mostrare che la (15) vale su tutto [t0 , β] nel modo seguente: sia [t0 , β 0 ]
l’intervallo massimale in cui vale la (15) e supponiamo per assurdo che β 0 < β. Ovviamente
z(β 0 ) = y(β 0 ) (se valesse la disuguaglianza stretta z(β 0 ) > y(β 0 ) dalla continuità di z e y
esisterebbe un intorno destro di β 0 in cui z(t) > y(t), contro la massimalità di [t0 , β 0 ]).
Allora si può ripetere l’argomento della prima parte della dimostrazione, con β 0 al posto di
t0 , determinando lo stesso un intorno destro di β 0 in cui vale la (15), contro la massimalità
di [t0 , β 0 ]. Dunque β 0 = β.
Similmente si ragiona sull’intervallo [α, t0 ].
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