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Computer skills advanced
problem solving e project management
Prof. Raffaella FOLGIERI
DEAS, Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche
aa 2011/2012
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Problem solving e project management
Quali sono i punti di contatto tra Problem Solving e
Project Management?
• Molti.
• Per esempio:
• Un progetto in genere è ciò che si affronta per
mettere in atto i passi risolutivi di un problema
• Un progetto deve essere ben definito
esattamente come un problema, perché la
soluzione sia efficace (ed efficiente)
• Molte metodologie di problem solving si
adattano al project management e viceversa
• …
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Abbiamo un problema…
• Cliente
– Richiesta semplice: capire come risolvere
crisi di vendita dei prodotti (vuole
comprendere il processo di lavoro per
giungere alla soluzione)
Come fargli comprendere la soluzione del
problema?
È il problema principale!
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Questione di linguaggio…
• Ognuno ragiona ed esprime i concetti
secondo il proprio background culturale
• Lontananza dei linguaggi
• Difficoltà di comprensione
• Problema di gestione (comprensione,
traduzione e verifica) dei requisiti di un
problema
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
La metafora dell’altalena
• Si usa in campo ICT, ma è valida in ogni campo

Aiuta a comprendere perché le parole (influenzate dal gergo) non sono indicate per descrivere il problema:


difficoltà di comprensione
difficoltà di traduzione del problema in algoritmo
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
La metafora dell’altalena
(versione recente)
Come l’ha spiegato il cliente
Come l’ha capito il Project Leader
Come l’ha progettato l’analista
Come l’ha scritto il programmatore
Come l’ha descritto il consulente di business
Come è stato documentato il progetto
Quali funzionalità sono state installate
La fatturazione presentata al cliente
Il supporto dato al cliente
Di cosa aveva realmente bisogno il cliente
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Definizione di progetto
• Progetto: deve necessariamente essere definito nel modo corretto
non basta dire: si vuole costruire una piramide in tempi brevi
• occorre specificare:
si vuole costruire una piramide alta 100 m, a Milano, che sarà
pronta il 12 dicembre 2002. (mancano ancora costi e risorse)
• Progetto BEN CONDIZIONATO: importante definire
– obiettivi,
– ambiti,
– vincoli (condizioni al contorno),
– aspettative,
– risorse coinvolte/da coinvolgere,
– tempi.
• Difficoltà: in ogni processo di avvio, gestione e controllo di un
progetto sono coinvolte più figure professionali
– spesso difficili da coordinare correttamente
• Problema: mancanza Project Manager esperto in core scope del
progetto, aspetti di business, organizzativi, economici e di controllo
(capace inoltre di motivare risorse e indirettamente chi è coinvolto
nel cambiamento)
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Definizione di progetto (PMI)
Definizione di progetto per PMI:
Un progetto è uno sforzo temporaneo intrapreso allo scopo di
creare un prodotto, un servizio o un risultato unici.
• Caratteristiche:
– Temporalità: inizio e fine definiti (non si estende a
prodotto/risultato)
• si estende ad opportunità/finestra di mercato
• si estende ad unità lavorativa (generalmente non
sopravvive al progetto)
– Prodotti, servizi, risultati unici: deliverable unici
• prodotto/manufatto
• capacità di erogare un servizio
• risultato (esiti, conoscenza – es. ricerca)
– Elaborazione progressiva:
• sviluppo in passaggi successivi e prosecuzione
incrementale (es. approfondimento dettagli)
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Tipologie di progetto
• Difficile organizzare una tassonomia completa
• … ma obiettivi diversi presuppongono metodologie ed
approcci differenti (organizzazione, strumenti)
• Tassonomia di contenuto/obiettivo
– In base agli obiettivi core del progetto
• Classificazione per dimensione
– Più difficile da definire con precisione
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Tassonomia di contenuto - 1
Possiamo distinguere progetti di:
• reingegnerizzazione
– progetto di innovazione
– progetto di upgrading (aggiornamento)
• start-up
– nuovo business
– nuovo settore aziendale
• riorganizzazione/ristrutturazione
– dell’azienda
– di uno/più settori
– di processo
• riqualificazione
– di settori
– di processi
– di persone
• Tutti i progetti, alla fine dei conti, coinvolgono il settore ICT, ma
preme sottolineare la generalità della definizione!
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Classificazione per dimensione
•
•
•
•
•
piccoli (small)
medi (medium)
medio grandi (m-large)
grandi (large)
“globali” (wide).
difficile stabilire parametri precisi:
• portata economica (i.e. fatturato/dimensione del cliente)?
• numero di risorse coinvolte?
• importanza per il “core” aziendale?
• particolare innovazione tecnologica?
Di fatto la dimensione spesso va di pari passo con la complessità,
tanto che i due termini spesso vengono usati come sinonimi.
In realtà la misura della complessità di un progetto dipende da valutazioni personali... spesso le difficoltà sorgono se i rapporti con il management del committente non sono chiari: un progetto semplice diverrà complesso anche se di piccole dimensioni…
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Approcci al Project Management: cenni
• per progetti meno complessi: si preferirà un approccio
di facile gestione
• magari meno flessibile di altri ma più controllabile
perché definito sin dai primi passi.
• Più il progetto diventa complesso, più è necessario
adottare metodologie flessibili, “agili”, che permettano
la revisione e il controllo costante di ogni task (attività)
di cui il progetto stesso si compone.
• Tra le metodologie correntemente in uso: Waterfall,
Agile, Prince2, 6Sigma e RUP
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: AS IS - schema
situazione attuale (AS IS), che può comprendere (a
seconda del tipo di progetto che stiamo proponendo):
- stato dell’arte,
- analisi di mercato,
- analisi dei processi aziendali,
- analisi dei sistemi adottati,
- analisi della produzione,
- descrizione tecnica dei prodotti/servizi/processi
(sottoparagrafo)
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: AS IS - contenuti
- I dati devono essere raccolti nel modo più completo possibile,
con tutti i mezzi di indagine disponibili (valgono le
considerazioni fatte per il paragrafo precedente)
- In caso di innovazione, sarà utile condurre e documentare la
SWOT analysis
- In caso di nuovo business, l’analisi della concorrenza (qui sarà
coinvolto un marketing manager o un esperto di business, ma
per questa prima fase di documentazione ad alto livello, se
anche fosse richiesto ad un project manager con poca
esperienza di business analysis (spesso queste aree,
confinanti, si confondono) la SWOT analysis può rispondere
anche a questo secondo scopo.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: AS IS – ANALISI SWOT (1)
SWOT analysis (Strenghts, Weakness, Opportunities, Threats) fase in cui si esaminano:
• Punti di forza (Strenghts)
• Punti di debolezza (Weakness , situazione attuale e interna)
• Opportunità (Opportunities)
• Minacce (Threats, concorrenti, esterno)
In base a questi fattori si possono individuare:
• ambiti chiave di lavoro
• skill e risorse necessarie
• strategia da perseguire
Infatti possiamo dire che in un documento di avvio di progetto (abbiamo detto che tutte le fasi vanno documentate!!!), in cui si dichiara quanto si è compreso delle esigenze del committente e le intenzioni strategiche da perseguire, questa analisi permette di definire agevolmente:
• Scenario
• Situazione AS IS
– Forza, debolezza, concorrenza
– Gap analysis
• Modello TO BE
• Attraverso l’analisi swot si individuano tutte le forze in gioco sia nella situazione
attuale che a progetto concluso.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: AS IS – ANALISI SWOT (2)
Uno strumento per abbinare i fattori interni con i fattori esterni è la Matrice
di Confronto.
In realtà spesso queste due colonne del diagramma SWOT puntano in
direzioni opposte e quindi occorre allinearle con una adeguata strategia.
In questi casi si utilizza una strategia Outside-in (strategia di mercato) o
Inside-in (guidata dalle risorse)
La SWOT analysis si può applicare anche ai concorrenti, per valutare nuove
prospettive…
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Studio di fattibilità: AS IS – ANALISI SWOT (4)
Opportunità e minacce
Prevedere tutti i casi possibili che possono favorire oppure ostacolare
il progetto (potete utilizzare la tecnica del “what if”, cioè “cosa
succederebbe se…”, naturalmente basata su fatti concreti e numeri,
non solo su opinioni personali).
Di solito opportunità e minacce sono influenzati da:
• cambiamenti politici, sociali ed economici esterni all’azienda
• concorrenza (da localizzare geograficamente, a seconda della
portata del vostro progetto)
• target e trend di mercato (cioè obiettivi di mercato e tendenze)
• resa economica possibile
• bisogni soddisfatti dai vostri prodotti/servizi e possibilità che tali
bisogni mutino
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: AS IS – ANALISI SWOT (5)
Nata in ambito ricerche condotte dallo Stanford Research Institute (1960-1970)
Esempi di applicazione:
• http://www.provincia.modena.it/allegato.asp?ID=86568
• http://www.teclub.org/public/Wireless_Lan/Calenda.pdf
• http://www.marketingteacher.com/SWOT/nike_swot.htm
FREE TOOL:
• http://www.sharewareconnection.com/titles/swot-analysis.htm
Free template:
• http://www.businessballs.com/swotanalysisfreetemplate.htm
Prodotti non-free:
• SmartDraw
• http://www.smartdraw.com/specials/swotanalysis.htm?id=45390&gclid=CNm
mmI6a95ECFQIJZwodzUt0qA
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Dalla teoria alla pratica
Analisi dei dati con una o più variabili:
analisi di simulazione
(case study 5)
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Case study 5
L’analisi WHAT-IF
• Si compilano tabelle dati i cui valori possono essere variabili.
• Su tali valori si applicano formule (ad esempio la variabilità
dei tassi di interesse, se il progetto prevede un apporto
economico)
• Si procede poi variando i valori e provando a disegnare
differenti scenari sulla base di mutate condizioni
• Generalmente, come riferimento molti prendono il caso
medio. Per essere sicuri, nelle prime esperienze, prediligete
lo scenario più vicino al worst case.
• La what-if analysis può essere utile anche nelle fasi non
preliminari di progetto (per il controllo del forecast, per
esempio.
• Molto utilizzata negli USA (e nel marketing).
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Case study 5
L’analisi WHAT-IF (analisi di simulazione)
Può essere condotta utilizzando MS Excel
1) Si procede prima creando le tabelle di valori necessarie per la
valutazione quantitativa della simulazione
2) Si creano diversi scenari. Uno scenario è un insieme di valori che è
possibile salvare e sostituire automaticamente all’interno di un foglio di
lavoro. Creare scenari è utile per prevedere il risultato di un modello di
foglio di lavoro creato.
E’ possibile creare e salvare più gruppi di valori su di un unico foglio di
lavoro e successivamente visualizzarne e confrontarne i risultati.
3) Per confrontare i diversi scenari si crea un riepilogo riassuntivo nello
stesso foglio di lavoro. Gli scenari così creati possono essere posti l’uno
affiancato all’altro oppure possono essere riportati in un rapporto di
tabella pivot.
4) E’ possibile anche operare il processo contrario, ovvero, conoscendo il
risultato finale che si desidera ottenere, si può utilizzare la funzione
ricerca obiettivo (menu strumenti) per trovare quali valori della cella
selezionata devono essere (e come) variati perché sia restituito il valore
cercato.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Case study 5
L’analisi WHAT-IF (esempio in Excel) – passo 1
• Può essere condotta utilizzando MS Excel
• Si possono costruire vari scenari e valutarli al cambiamento del valore di
alcune variabili (ipotesi di base)
• Le ipotesi possono variare
• In maniera discontinua (caso base, best case – caso migliore, worst case –
caso peggiore)
• In maniera continua
• Ovviamente di solito i dati sono molto complessi e all’interno degli scenari
(tabelle dati) creati si indicano quali sono quelli variabili.
• Per semplicità creiamo un caso semplice, in cui il valore variabile
determina il cambiamento della somma di questo al contenuto (fisso)
della cella B10
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Case study 5
L’analisi WHAT-IF (esempio in Excel) – passo 2
• A questo punto, dal pulsante ANALISI DI SIMULAZIONE del tab DATI,
scegliamo GESTIONE SCENARI
• Definiamo il caso base, inserendo il nome (BASE) nella finestra che
compare, indicando la cella A1 come cella variabile e, per questo caso,
come valore il numero 2. All’ok ci sarà richiesto il valore della variabile.
1
3
2
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Case study 5
L’analisi WHAT-IF (esempio in Excel) – passo 3
• Sempre da GESTIONE SCENARI del pulsante ANALISI DI SIMULAZIONE
inseriamo (tramite il tasto aggiungi) gli altri due scenari (Best Case,
valore variabile 3 e Worst Case, valore variabile 1) come abbiamo fatto
per il caso Base.
2
1
3
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Case study 5
L’analisi WHAT-IF (esempio in Excel) – passo 4
• Sempre da GESTIONE SCENARI del pulsante ANALISI DI SIMULAZIONE
scegliamo il bottone RIEPILOGO e confermiamo nella dialog box che
compare.
• Comparirà un apposito foglio in cui è presente il riepilogo dei risultati
ottenibili con i vari scenari.
1
• Questa opzione è molto utile per confrontare varie ipotesi e differenti
risultati raggiungibili
2
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: definizione obiettivi
definizione di massima degli obiettivi:
- Si elencheranno gli obiettivi del piano, magari non definitivi (nel senso che
man mano potranno essere dettagliati ulteriormente, ma comunque contenenti
tutti gli elementi che, abbiamo detto, costituiscono un progetto “ben
condizionato”
- Per avere una traccia di aiuto che consenta la definizione più adeguata degli
obiettivi si suole usare il test SMART che aiuta a verificare se quello che
abbiamo scritto è sufficiente per definire gli obiettivi che ci siamo preposti:
•
•
•
•
•
test SMART, ovvero, gli obiettivi devono essere:
Specifici (avete definito gli obiettivi in modo chiaro?)
Misurabili (possiamo misurare i risultati, una volta concluso il progetto?)
Attuabili (gli obiettivi sono realistici e realmente raggiungibili entro i termini
fissati?)
Remunerativi (quali sono i benefici tangibili derivanti per l’organizzazione,
per il team o per il singolo dal progetto?)
Tempificati (è indicata in modo chiaro e corretto la scadenza per il
completamento delle attività?)
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: prospetto dei costi
prospetto di massima dei costi:
- Siamo ancora ad una stima di massima (ricordate che lo
studio di fattibilità è quel documento che favorisce la
sponsorizzazione e il consenso attorno all’avvio del
progetto
- Non deve essere ottimistico, ma realistico
- Vicino al worst case ma non eccessivamente dettagliato e
pessimistico
- I costi andranno indicati per macroaree, e non con un
dettaglio fine, e dovranno essere corredati delle motivazioni
- Per ogni costo vanno indicate le fonti di finanziamento
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: prospetto delle risorse
prospetto delle risorse
-
In questo capitolo devono essere descritte le risorse umane (e
non) necessarie per il progetto.
-
Per quanto riguarda le risorse umane, ne andranno evidenziati gli
skill (non siamo ancora a livello di nome e cognome. E’ utile in
questo caso predisporre una griglia di pertinenza che incroci gli
skill con le aree di progetto individuate
-
Per quanto riguarda le altre risorse (tecnologia, mezzi, ecc..) ne
andranno descritte le caratteristiche e motivata la necessità,
anche in questo caso senza specificare la particolare risorsa, a
meno che non necessaria (o core) per il progetto stesso.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: TO BE
situazione che si prospetterà alla fine del progetto (TO BE):
-
E’ la parte conclusiva del documento.
-
Ciascuno dei punti della sezione AS IS va ripreso e “ridisegnato”
secondo quanto apparirà alla fine del progetto stesso. Ogni volta vanno
evidenziati i benefici delle azioni
-
Eventualmente, se si ha abbastanza esperienza, o se ci si può
appoggiare a chi ne ha, si può condurre un’analisi COSTI-BENEFICI,
-
Come per l’analisi costi benefici, è possibile effettuare la valutazione del
punto di pareggio (ad esempio per le startup), ovvero considerare in che
periodo le entrate bilanceranno gli investimenti effettuati
-
Anche in questo caso si può utilizzare l’analisi WHAT IF per disegnare
più scenari possibili (proiezioni a 3 e 5 anni), soprattutto in caso di
incertezza del mercato, prodotto particolarmente innovativo
-
La verifica di quanto raccolto può essere condotta utilizzando la formula
SQUID
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: TO BE – la formula S.Q.U.I.D.
•Per verificare se le informazioni raccogliere sono tutte
quelle necessarie a definire bene un progetto e per
valutarlo in fase iniziale
•Significato della formula S.Q.U.I.D.:
•Subito, cioè la velocità di risposta alle richieste del cliente
•Qualità del prodotto e delle idee
•Informazioni che dovranno essere date
•Data di consegna al cliente o di termine del progetto
•Dovete raccogliere più informazioni possibili sui desiderata
di clienti (stakeholder, interni, intesi come “sponsor” ed
esterni)
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Studio di fattibilità: TO BE - macroanalisi
costi/benefici e punto di pareggio
• Anche questa stima non è solitamente a carico del PM, ma è bene fare qualche cenno…
• In genere si effettua una stima sulla base del Break‐even point, ovvero, il Business Leader/Consultant effettua una stima economica dei benefici diretti e indiretti derivanti dall’attuazione del progetto.
• Semplificando il calcolo del break‐even point (punto di pareggio), dividendo il costo per i benefici economici, si ottiene il numero di anni in cui il costo sarà ammortizzato.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Ciclo di P.M. (Project Management)
• Nello schema sono rappresentate le varie fasi del ciclo di PM, precedute
dall’AVVIO DEL PROGETTO, che abbiamo identificato con la fase 0 (e il relativo
documento di valutazione) di studio di fattibilità.
• Vi sono, comunque, varie rappresentazioni del ciclo di vita di un progetto, utili
a seconda del tipo di progetto o aderenti allo standard del committente
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: Difesa USA
- Il sistema di acquisizione del Ministero della Difesa
Americana, prevede fasi e deliverable di ciasuna
milestone, secondo lo schema seguente:
Milestone 0
Faseability Study approval
Milestone I
Demonstration approval
Milestone IV
Main Modification approval
Milestone II
Technical Project approval
Milestone III
Production approval
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: Morris
- La rappresentazione di Morris (nello schema seguente) viene utilizzata
per progetti di costruzioni
Completamento (%)
Feasibility
Studio di fattibilità
Progetto strategico
Approvazione
Planning & Design
Progetto di base
Costi e tempi
Termini contrattuali
Condizioni
Planning dettagliato
Completamento
sostanziale, realizzazione
Turnover & startup
Test finali
Manutenzione
Definizione pricipali contratti
Production
Manufacturing
Consegne
Opere civili
Istallazioni
Test
decisione di procedere
Stage 1
operatività
Stage 2
Stage 3
Stage 4
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: Murphy
- Utilizzata per i progetti di prodotti farmaceutici
test clinici
test stabilità
lavoro preclinico origine screening per richiesta IND pratica medicinale migliori
IND
ph I ph II ph III
pratica NDA
attività di controllo
metabolismo
tossicologia
Processo di autorizzazione
scoperta screening
sviluppo preclinico (oltre 10 anni)
registrazione lavoro
approvazione
IND  Investigation New Drug application
NDA  New Drug Application
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Altre rappresentazioni del ciclo di vita: PLM
Product Lifecicle Management
• Obiettivo: ottimizzare (minor tempo, costi e rischi, maggiore qualità) sviluppo,
modifica e ritiro dei prodotti o servizi dal mercato.
• La strategia permette all’impresa di innovare il prodotto durante tutto il ciclo di
vita (fino all’obsolescenza), creando archivio di capitale intellettuale
riutilizzabile. Utile in progetti di innovazione
Composto da vari moduli, organizzati in categorie:
• Document Management: gestione della documentazione tecnica e di
progetto.
• Product Structure Management: gestione della configurazione di prodotto
(Struttura).
• Configuration management: gestione di varianti e lotti di produzione.
• Change management: gestione cambiamenti di entità che descrivono il
prodotto.
• Workflow management: gestione del flusso aziendale dei dati.
• Catalog Library: gestioni dei componenti normalizzati e delle parti standard
(viti, bulloni, resistenze .....).
•
Supply Chain Management: gestione scambio dati con i fornitori.
La scelta dei moduli da prevedere dipende dal grado di integrazione voluto per il
processo produttivo.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: a spirale
- Utilizzata per i progetti di sviluppo software
Immagine tratta da wikipedia
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: a cascata
Per lo sviluppo del software (c’è anche metodologia waterfall)
• il processo di sviluppo è diviso in fasi sequenziali
• output di ogni fase usato come input dalla fase successiva
• ogni fase del processo viene documentata.
Fasi del modello a cascata tradizionale:
• studio di fattibilità. Scopo: determinare se avviare lo sviluppo del sistema
• analisi dei requisiti. Scopo: determinare cosa farà il sistema
• progetto. Scopo: determinare come il sistema farà quanto stabilito, la sua suddivisione
in moduli e le relazioni fra questi
• codifica, o sviluppo. Scopo: creazione dei moduli con un linguaggio di programmazione
• collaudo. Scopo: verificare la correttezza dell'implementazione dei singoli moduli
• integrazione (o test di integrazione). Scopo: verificare la correttezza del funzionamento
complessivo del sistema
• manutenzione. Scopo: dopo la consegna o delivery del prodotto, attività volte a
migliorare, estendere e correggere il sistema nel tempo.
Svantaggi:
• difficile stimare le risorse e i costi in maniera accurata prima del completamento della
prima fase di analisi;
• specifica dei requisiti: documento scritto che vincola il prodotto da sviluppare e non
sempre soddisfa le esigenze del cliente che spesso appaiono chiare dopo il primo
rilascio del software
• l’utente spesso non conosce tutti i requisiti dell’applicazione
• il modello obbliga a usare standard di documentazione tali da rischiare burocratizzazione
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: a cascata
Fonte:http://www.csse.monash.edu.au/
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: evolutivo
Sviluppo ICT. Supera il modello a cascata.
Si basa sulla prototipizzazione (realizzazione rapida di una versione
semplificata del sistema informativo), per la sperimentazione di funzionalità. La
verifica del prototipo può portare a una modifica dei requisiti e una eventuale
revisione del progetto.
La prima versione va dunque considerata “throw-away” ("cestinabile") valida
finché non fornisce un feed-back sufficiente.
La seconda versione può essere sviluppata seguendo il modello cascata.
Poche fasi che si ripetono:
• Realizzazione di un prototipo
• Consegna del prototipo all’utente
• Raccolta delle valutazioni dell’utente
• Modifica del progetto in funzione delle valutazioni
Soluzione parziale problemi del modello a cascata (elimina errori nei requisiti ma
non riduce distanza temporale per il completamento del ciclo di sviluppo).
Le fasi possono essere concorrenti (si riducono i tempi, ma aumentano i rischi)
Si è evoluto nel modello incrementale.
Svantaggio maggiore: rischio di indisciplina. Necessari standard di processo.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni ciclo di vita: incrementale
Per sviluppo ICT. Prevede le fasi:
• analisi dei requisiti
• progetto
• codifica
• test (o collaudo)
Si ottiene la prima versione funzionante del prodotto software;
si procede poi con la seconda iterazione, che prevede le fasi:
• analisi dei requisiti
• progetto
• codifica
• test (o collaudo)
e si ottiene la seconda versione del prodotto, anch'essa
funzionante.
Si procede allora fino all'ennesima iterazione, finchè non si arriva
ad un
progetto solido.
Consigliabile quando si ha una visione sufficientemente chiara dell'intero progetto
sin dall’inizio, perché occorre fare in modo che la realizzazione della generica
versione k risulti utile per la realizzazione della versione k+1.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: a fontana
Modello per ICT,
• altamente iterativo,
• particolarmente adatto per metodologie orientate agli oggetti e
• per grandi progetti cui partecipano molte persone,
• utile specialmente se il progetto riguarda prodotti “mission critical” che non
possono
fallire
Si basa sul concetto che anche se alcune attività non possano iniziare prima di
altre, (es. codifica e progettazione) sussiste forte sovrapposizione tra le attività
durante il ciclo di sviluppo.
Si chiama modello a fontana perché nel disegno sono presenti degli zampilli,
anche a livelli inferiori, che indicano i casi in cui, per conoscenze sopraggiunte in
corso di progetto, occorre ripianificare e quindi risalire la fontana.
Permette lo sviluppo di componenti software maggiormente autonome, all’interno
di un’infrastruttura unificante (integrazione).
Si potrebbe dire che tende alla costruzione di un “ repository” in cui
immagazzinare componenti riutilizzabili (considerevole risparmio di tempo
dovuto al parallelismo).
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: a fontana
Fonte:http://www.csse.monash.edu.au/
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Altre rappresentazioni del ciclo di vita: iterativo
- Un altro esempio di rappresentazione per ICT è il modello iterativo.
- Nella categoria dei modelli iterativi rientrano tutti i processi di sviluppo
che permettono di ritornare ad una fase del procedimento già
affrontata in precedenza. In ogni fase si tende a partire con una prima
bozza della soluzione che seguirà successivamente raffinata al
prossimo passaggio.
- Vi sono tante altre rappresentazioni.
- Non le elencheremo tutte. Abbiamo visto le principali.
- Ciascuna dipende dalle caratteristiche del progetto
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Tool gestione progetti: Microsoft Project
Permette di predisporre un foglio nella workarea
da cui è possibile gestire (impostare, controllare)
tempi, risorse e costi di un progetto.
Si definiscono tempi e risorse per ciascuna
attività o sottoattività. Ne derivano i costi.
Si stabiliscono le dipendenze e le milestone.
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Il Project Management in Rete
Project Management Institute (PMI)
www.pmi.org
International Project Management Association
www.ipmi.org
Project Management Forum
www.pmforum.org
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Certificazione PMI
www.pmi.org
Costo: circa 300 $
Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Prince 2 - certificazioni
Vi sono due livelli di certificazione: Foundations e Practitioner. Ottenere la certificazione Foundations è particolarmente veloce: dopo un corso di introduzione di un paio di giornate circa, su materiali molto schematici, si sostiene una prova con 75 domande a scelta multipla. Si ottiene la certificazione se si forniscono almeno 38 risposte esatte. Il 95% dei candidati passa l'esame. Ad oggi, nel mondo, vi sono 100.000 persone certificate Foundations. Practitioner è basato sullo studio di un libro più approfondito e su un corso di circa 3 giorni, nel quale si applicano tutti i processi, gli strumenti e la documentazione di PRINCE2® a case studies. Di fatto, si percorrono tutti i passi dall’inizio di un progetto alla sua chiusura. L'esame è su casi, a risposta aperta e il tasso di successo è circa il 65%. Si stimano 20.000 persone certificate come Practitioner. Per ora tutta la documentazione e i gli esami sono in lingua inglese, ma è in corso la traduzione in italiano. Prof. Raffaella Folgieri – aa 2011/2012
Prince 2: riferimenti web
http://www.prince2.ch/en/prince2_tm/
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Altre rappresentazioni nel Project Management
• Vi sono tante altre rappresentazioni per
esprimere
– Il problema e la soluzione
– Il legame tra problema e soluzione
– Le fasi per giungere alla soluzione
• La scelta dipende dalla situazione
• Nelle prossime slide altri esempi di come
rappresentare un problema e la sua soluzione
(restiamo sempre nell’ambito del problem
solving)
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Il diagramma causa-effetto
• Detto anche a lisca di pesce o diagramma di Ishikawa
• Usata nel controllo di qualità ma anche per identificare
ed organizzare le cause di un evento, un problema o un
risultato
• Illustra il rapporto gerarchico fra le cause secondo il
livello di importanza o di dettaglio e un risultato
• Si concentra su un problema complesso (sforzo di
gruppo)
• Identifica tutte le cause e le cause alla radice di un
effetto o di un problema
• Analizza e collega alcune interazioni fra i fattori che
influiscono su un processo o su un effetto particolare
• Permette l’azione correttiva
• Non adatto per problemi complessi
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Il diagramma causa-effetto: schema
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Problema o effetto sulla parte finale (destra) della lisca
Identificare le categorie principali
Identificare livelli sempre più dettagliati delle cause
Analizzare lo schema
Agire sullo schema rimuovendo le cause del problema
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Il Ciclo di Deming
• Detto anche ciclo di PDSA (Programming, Doing, Studying,
Acting)
• Modello per il miglioramento (qualitativo) continuo
• Sequenza logica di quattro fasi ripetitive per il miglioramento e
l’apprendimento continuo
• Anche conosciuto come Spirale di miglioramento continuo
• Messo in relazione alla produzione just-in-time
• Benefici:
– Project management
– Prove di processo
– Gestione sistematica quotidiana per il singolo e/o il team
(importante in molti problemi)
– Processo di risoluzione dei problemi
– Sviluppo continuo
– Sviluppo del fornitore
– Sviluppo delle risorse umane
– Sviluppo di prodotti nuovi
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Il Ciclo di Deming
4 parti:
– PROGRAMMARE:
programmare in anticipo
eventuali cambiamenti.
Analizzare e predire i
risultati.
– FARE: eseguire il
programma, facendo
piccoli passi in
circostanze controllate.
– STUDIARE (controllo):
studiare i risultati.
– AGIRE: agire per
standardizzare o
migliorare il processo.
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Il metodo 8D
• 8D = 8 Discipline
• Metodologia per la rappresentazione (e la risoluzione) di
problemi per il miglioramento del prodotto e del processo)
• Conosciuto anche come Global 8D, Ford 8D o TOPS 8D
• Fasi:
– D1: stabilire il team (interdisciplinare con team leader)
– D2: descrivere il problema (chi, cosa, quando, dove, perché,
come, quanto – analisi 5W2H)
– D3: implementare e verificare le azioni di contenimento
intermedie (difficoltà provvisorie)
– D4: identificare e verificare le cause alla radice (cause
potenziali – diagramma causa-effetto)
– D5: scegliere e verificare le azioni correttive
– D6: implementare e convalidare le azioni correttive
permanenti
– D7: impedire la ricorrenza
– D8: congratularsi con il team (riconoscere gli sforzi
collettivi, divulgare il successo, condividere conoscenza con
organizzazione)
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Il metodo 8D: schema
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Project Management e Problem Solving: richiesta
• Perché si parla tanto di problem solving?
• Problemi sempre più complessi: sono necessari
approcci strutturati
• Quanto sono importanti queste competenze?
• Fondamentali. I corsi che insegnano gli approcci
illustrati sono molto costosi. Skill non facili da
acquisire.
• Quale richiesta c’è nel mercato del lavoro?
• Enorme. La conoscenza di queste metodologie
assicura l’inserimento immediato. La certificazione
è un evidente vantaggio.
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