SORVEGLIA NZA INFETTIVOLOGIC A
Romagna
un virus tropicale?
Che ci fa in
IL C A SO
La prima volta non si scorda mai
Valeria Confalonieri
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L’epidemia autoctona di chikungunya
in Italia ha dimostrato la possibilità
di passaggio a nuovi territori
di vettori e infezioni finora associati
ad aree geografiche lontane
e quindi l’importanza di sistemi
di controllo e di segnalazione rapida.
L
a febbre di chikungunya è una malattia
virale trasmessa da zanzare che prende il
nome dalla postura dei pazienti. In swahili chikungunya significa «che curva, che contorce».
Questo perché il coinvolgimento doloroso delle
articolazioni porta a muoversi il meno possibile
e ad assumere posizioni che limitano il dolore.
L’incubazione dura da 3 a 12 giorni e sintomi
della malattia sono febbre alta, cefalea, dolori articolari diffusi e limitanti. Vi possono essere anche manifestazioni cutanee nel 40-50 per cento
dei casi. In genere, il decorso della malattia si
esaurisce nell’arco di una settimana, a eccezione
dell’interessamento articolare, con dolori che
durano settimane o mesi. Sono rare le complicanze emorragiche (comunque mai gravi) o neurologiche e i casi mortali sono in genere di persone anziane con malattie sottostanti (Sam
2006). Al momento non sono noti trattamenti
specifici, per cui la terapia è sintomatica, con an-
La storia dell’epidemia autoctona in Italia, la prima in Europa, inizia
a fine giugno: il primo caso di chikungunya sembra essere stato
di importazione da parte di un viaggiatore che ha manifestato
l’infezione quando era in Emilia. Ma la prima segnalazione di
un’infezione diversa dal solito nella provincia di Ravenna (Castiglione
di Cervia e Castiglione di Ravenna) è arrivata al dipartimento
di sanità pubblica ravennate il 9 agosto. Nei cinque giorni successivi,
contattando i pronto soccorso e i medici di famiglia della zona, viene
compilato un elenco di quasi 50 persone che manifestano febbre
alta, dolori alle articolazioni, spossatezza. Gli operatori sanitari che
intervistano queste persone avanzano l’ipotesi che la causa
di questi sintomi sia una febbre da pappataci, ma ulteriori indagini
smentiscono. L’attenzione si posa sulla colonia di zanzare tigre,
cresciuta oltre la norma e viene approntata una disinfestazione.
Quindi dall’USL di Ravenna partono per Roma circa 150 campioni
di siero e di sangue. Il 29 agosto l’Istituto superiore di sanità
conferma che si tratta di chikungunya. Il virus viene identificato
anche nelle zanzare tigre: diventa chiaro che la colonia nostrana
ha acquisito il virus ed è in grado di diffonderlo. La notizia viene
pubblicata dalle più prestigiose riviste scientifiche: è il primo caso
di trasmissione locale di questa infezione, ormai endemica.
La sorveglianza viene intensificata e gli oltre 3.000 medici
di medicina generale vengono invitati a segnalare qualsiasi caso
sospetto. Al picco con il maggior numero di casi nella terza settimana
di agosto segue una fase di discesa. Altri casi sporadici si sono
verificati, nella regione, a Cesena, Cervia e Ravenna e anche
in Lombardia, in persone che avevano trascorso periodi nelle aree
in cui circolava il virus. Gli ultimi conteggi di metà settembre parlano
di 567 casi sospetti di malattia, di cui 101 sono stati confermati, 333
sono risultati negativi, mentre per 133 mancano ancora i risultati.
tipiretici e antinfiammatori, riposo a letto ed
eventuale reintegrazione di liquidi. Da evitare
l’acido acetilsalicilico: i sintomi iniziali della chikungunya possono essere confusi con quelli
della degue, in cui la somministrazione di ASA
potrebbe aggravare le emorragie (Pincus 2007).
Sul versante della prevenzione, non vi sono vaccini disponibili e gli sforzi si concentrano   |  

S O RV E G LIAN ZA INFETT IVOLOGI CA
Chikungunya in Italy
Occhio Clinico 2007; 9: 21
BOX
Globe trotting virale
Dalle prime segnalazioni di epidemie di febbre, artriti e manifestazioni cutanee evocative della malattia, in oriente, devono passare oltre cent’anni per l’isolamento nell’uomo e nella zanzare del virus responsabile, avvenuto nel 1953 in Tanzania. In seguito, il virus nell’uomo è stato segnalato nei
paesi del Sud Est asiatico, in particolare: in Indonesia fra il 1999 e il 2003 sono state riportate ben
25 epidemie di chikungunya, 13 attribuite al virus in base alla clinica, 12 confermate sierologicamente; in India, dove il virus è stato isolato nel 1963, si calcola che da dicembre del 2005 vi siano
stati oltre 1.400.000 casi (Pialoux 2007). Si sono verificati casi in quasi tutti i paesi dell’Africa (Pialoux 2007). La recente epidemia dell’Oceano indiano sembra trovi la sua origine in Kenya nel luglio
del 2004, arriva alle Comore a gennaio del 2005, alle Seychelles a marzo e poi alle Mauritius. Sempre a marzo-aprile del 2005, il virus approda a La Rèunion, con oltre 200.000 casi sospetti in un
anno, pari a circa un terzo della popolazione. In quest’ultimo paese, e per la prima volta, vengono
segnalati diversi morti (254) con possibile collegamento diretto o indiretto al virus. In India, invece,
nonostante oltre un milione di casi sospetti e complicazioni neurologiche quali meningoencefaliti,
non sono stati segnalati decessi dovuti al virus. Uno studio del 2006 ha indicato in mutazioni della
sequenza genica del virus epidemico nell’Oceano indiano una possibile spiegazione della sua maggiore aggressività (Schuffenecker 2006).
dunque sulle misure atte a ridurre la diffusione
del vettore e di protezione nei riguardi delle
punture.
COME SI MUOVE IL VIRUS
Già in passato in alcuni paesi europei (Italia,
Francia, Germania, Norvegia, Svizzera) sono
stati segnalati casi isolati di febbre di chikungunya, in persone al rientro da viaggi in aree dove
l’infezione è endemica o epidemica. In Italia, per
esempio, fra il primo gennaio 2006 e il 31 giugno 2007, vi sono stati 28 casi di importazione.
Gli autori di una recente review dedicata al virus di chikungunya sottolineavano come in Europa la malattia fosse solo di importazione, in
viaggiatori al rientro dal loro soggiorno in zone
ove la malattia è presente, anche se due lavori
del 2006 suggerivano la possibilità di epidemie
anche in territorio europeo, nel momento in cui
un paziente con il virus nel sangue fosse arrivato
in zone del sud del vecchio continente nel periodo estivo.
Una previsione davvero azzeccata: l’ipotesi, basata su quanto noto del virus e della zanzara vettrice, ha trovato conferma in ciò che è successo
in Italia, solo due mesi dopo l’uscita delle revisione (Pialoux 2007).
Il virus responsabile della malattia è della famiglia delle togaviridae (genere alfavirus) e il vettore che lo trasmette è un zanzara del genere aedes. In Italia il vettore incriminato è l’Aedes
albopictus (più comunemente detto zanzara tigre), ma sono vettori anche l’Aedes aegypti (che
trasmette anche febbre gialla e dengue) o specie
del genere zanzara. L’Aedes albopictus non è stata
sempre presente sul suolo italiano ed europeo,
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dove è arrivata dall’Asia una ventina di anni fa,
forse grazie al commercio di copertoni usati.
Una dozzina di anni dopo era ormai presente in
tutte le regioni d’Italia, tranne forse la Valle
d’Aosta; per il suo sviluppo necessita di contenitori di acqua stagnante: tappi di bottiglia, sottovasi, copertoni appunto o bidoni per l’acqua.
SISTEMI DI ALLARME
Nella vicenda romagnola è stato sottolineato il
contributo dato dai medici di famiglia: grazie alle
informazioni fornite, da loro e dai cittadini stessi,
è stato possibile ricostruire la diffusione dell’infezione e risalirne all’origine, escludendo l’iniziale ipotesi di febbre da pappataci.
Inoltre, da metà agosto i medici di famiglia
hanno preso parte al controllo dell’andamento
dell’epidemia e al conteggio dei casi.
Nel frattempo sono stati portati avanti interventi
di raccolta di campioni del sangue dei pazienti
e di insetti, di disinfestazione ambientale e di sanità pubblica, fra cui anche l’interruzione della
raccolta di sangue per trasfusioni nelle zone in
cui vi era il virus.
Key words: Epidemic;
Chikungunya
Summary
The autochthonous epidemic of chikungunya in Italy has once again underlined the possibility of vectors
and infections being transferred from various geographical areas to new territories; and hence the importance of systems for the
monitoring and fast notification of such infections.
B I B L I O G R A FIA
Pialoux G et al. Chikungunya, an epidemic arbovirosis. Lancet Infect Dis
2007; 7: 319.
Pincus LB et al. The exanthem of dengue fever: Clinical features of two US
tourists traveling abroad. J
Am Acad Dermatol 2007
Oct 22 [Epub ahead of
print]
Sam IC et al. Chikungunya
virus infection. Med J Malaysia 2006; 61 (2): 264.
Schuffenecker I et al. Genome microevolution of
Chikungunya viruses causing the Indian Ocean outbreak. PLoS Med 2006; 3:
e263.
Epidemiologia, diagnosi, terapia: siti utili
Organizzazione mondiale della sanità (http://www.who.int)
OMS Regional Office for South-East Asia (http://www.searo.who.int)
Ministero della salute (http://www.ministerosalute.it)
Istituto superiore di sanità (http://www.iss.it)
Epicentro (http://www.epicentro.iss.it)
Regione Emilia Romagna (http://www.regione.emilia.romagna.it)