Pa gina 10 RIVERBERI In cammino L’Inferno e il Paradiso, condizioni dell’anima Dante li riempie di dannati e penitenti, ma per la Chiesa non sono un luogo di Germano Bonora Benedetto XVI recentemente ha detto: "L'inferno esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore". Più che sul castigo, del tutto improbabile, il papa mette l'accento sul rifiuto di Dio, l'Amore per antonomasia. Prima di Ratzinger il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, molto vicino al conterraneo protestante Karl Barth, aveva sostenuto che l'inferno esiste ma è vuoto. Questo, forse, gli costò in vita il titolo cardinalizio, che gli venne conferito post mortem. Dove sono finiti allora Lucifero e i suoi accoliti? E Giuda, che, anziché associarsi agli altri undici dopo il pentimento, scelse d'impiccarsi? La misericordia di Dio-Amore ha salvato anche loro? L'unico Inferno affollato di demoni e dannati è quello di Dante, che relegò Giuda nel lago ghiacciato di Cocito, sede dei traditori. Il poeta fiorentino inventò anche il Limbo, una sorta di antipurgatorio custodito da Catone, che pur avendo praticato le virtù infuse, dette anche cardinali, non fu redento dal peccato di Adamo, come i neonati morti senza battesimo. Il Purgatorio è frutto della fantasia di Dante, non essendoci traccia della sua esistenza fino al XIII secolo. Il termine purgatorio compare per la prima volta in una delle cento novelle del Novellino di un anonimo concittadino di Dante, che con la seconda cantica della Divina Commedia contribuì a divulgarne l'idea, formalizzata dalla Chiesa qualche secolo dopo. Lo storico medioevalista Jacques Le Goff dedicò, nel 1982, un pamphlet dal titolo "La naissance du Purgatoire", dove sostiene che prima del XIII secolo non esisteva neppure il nome di purgatorio, che collega alle indulgenze e e alla pratica delle messe di suffragio per i defunti. Per la Chiesa il purgatorio divenne un dogma soltanto nel XVI secolo. Nella Bibbia non compare né il nome del purgatorio né quello dell'inferno, che deriva dal latino infernus, doppione di inferus, che si richiama agli inferi, l'oltretomba della mitologia romana. La parola inferno compare nelle prime traduzioni inglesi. Nel secondo secolo avanti Cristo, quando le Scritture furono per la prima volta tradotte in greco, la parola sheol fu sostituita con ades, l'oltretomba della mitologia greca. Quando si cominciò a credere nella risurrezione finale dei morti, l'ades divenne una residenza temporanea delle anime in attesa della risurrezione dei corpi. Nei primi insegnamenti cristiani, dopo il giudizio finale, i condannati finivano nell'inferno di fuoco chiamato gehenna, una parola greca indicante la valle dei figli di Hinnom, situata a sud di Gerusalemme, dove fino al 1000 a.c. Circa, venivano gettati i sacrifici umani agli dèi canaaniti e vi ardeva un fuoco continuo. Nel libro della Rivelazione (l'Apocalisse) vi è scritto che "Se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco" (20:15) a fianco di Satana. Nelle traduzioni inglesi della Bibbia non ci sono differenze tra sheol, hades e gehenna, tutti e tre tradotti con la parola inferno. Dell'inferno, tuttavia, non c'è unitarietà di vedute né di rappresentazione. Per la tradizione popolare esso è un luogo in cui le fiamme e i tormenti sono eterni e reali. Nei primi tempi biblici l'idea dell'aldilà era lugubre. Nei libri della Genesi, de I Re, dei Numeri, dei Salmi, di Giobbe (tempo in cui non sussisteva la fede nella resurrezione, presente nella Bibbia a partire da Dan., Macc., Sap., forse però anche Is.) è scritto che tutti i morti, sia i giusti che i dannati, venivano condotti in un luogo privo di luce chiamato Sheol. Nel libro della Genesi, quando Giacobbe credette che il figlio Giuseppe era morto, disse: "Io scenderò, facendo cordoglio, dal mio figliuolo, nello Sheol" (37,35). L'espressione evangelica "pianto e stridor di denti" vuol significare metaforicamente sofferenza e rimorso per la lontananza da Dio. L'inferno si trova anche sulla terra (dall'Olocausto a Hiroshima) per non pochi teologi, secondo i quali il fuoco infernale è soltanto quello dell'odio e della guerra che infiamma i cuori degli uomini quando si distruggono perfino in nome di un dio…pagano. Va tuttavia ribadito che la credenza dell'inferno è dottrina di fede. Ai nostri giorni la concezione dell'inferno è radicalmente cambiata rispetto ai secoli scorsi. In un editoriale de La Civiltà Cattolica, l'autorevole rivista dei padri gesuiti, si legge: "L'inferno non è un luogo, ma è uno stato d'animo nel quale una persona soffre per la privazione di Dio". Lo stesso Papa Giovanni Paolo II affermò che "più che un luogo, l'inferno indica lo stato di coloro che saranno separati eternamente da Dio". Il linguaggio usato dalla Bibbia (lo stagno di fuoco) va interpretato simbolicamente. Il Catechismo della Chiesa Cattolica sostiene che la punizione dell'inferno consiste nella separazione da Dio. Nessun riferimento ai versetti del Nuovo Testamento che parlano di "fuoco eterno". Benedetto XVI ha sentito recentemente il dovere di ribadire che queste parole hanno un significato puramente simbolico, aggiungendo che il pensiero dell'inferno non deve creare ansia: esso è qualcosa che vale a rammentarci il libero arbitrio di cui è dotata ogni creatura. È molto cambiato il punto di vista della teologia cristiana negli ultimi decenni. In passato si interpretava la Bibbia in modo letterale, oggi, non solo si sono affinati gli strumenti di analisi esegetica, ma la teologia tenta di spiegarla con l'ausilio della psicologia e di altre scienze umane. La lettura era riservata ai chierici e per i laici era possibile soltanto "sulle ginocchia della Chiesa".