Periodo arcaico 600-480 aC Periodo classico 480

Periodo arcaico
600-480 a.C.
Periodo classico
480-323 a.C.
Periodo ellenistico
323-31 a.C.
Nel 510 a.C. ad Atene fu posta fine alla tirannide della famiglia di Pisistrato.
Con le riforme di Clistene inizia la democrazia greca.
Dopo la battaglia di Maratona (490 a.C.), Salamina (480) e Platea (479 a.C.), la Grecia è
libera dalle minacce esterne e acquisisce una identità nuova.
La Grecia non si sentì più una delle grandi culture del Mediterraneo ma fu la CULTURA
Eschilo
Sofocle
Euripide
Aristofane
Erotodo
Tucidite
Socrate
Platone
Aristotele
Con il termine Guerre Persiane si definisce la sequenza di conflitti combattuti tra le poleis greche
e l'Impero Persiano, iniziati intorno al 500 a.C. e continuati a più riprese fino al 449 a.C.
Alla fine del VI secolo a.C., Dario I, "Gran Re" dei Persiani, regnava su un impero immenso che si
estendeva dall'India alle sponde orientali dell'Europa (nello specifico le zone orientali della
Tracia). Nel 546 a.C. infatti, il suo predecessore, Ciro il Grande, fondatore dell'impero, aveva
sconfitto il re della Lidia, Creso, e i suoi territori, comprendenti le colonie greche della Ionia,
furono incorporate all'Impero Achemenide.
Le città stato ancora governate da sistemi tirannici condussero ognuna per proprio conto
l'annessione all'impero persiano, la sola Mileto riuscì a imporre le proprie pretese. Questa
situazione di frammentazione aveva comportato la perdita definitiva da parte delle colonie di
ogni indipendenza (prima godevano comunque di ampie autonomie) e una drastica riduzione
della loro importanza commerciale, a causa del controllo totale che i Persiani esercitavano sugli
stretti di accesso al Mar Nero.
Nel 477 a.C. gli Ioni fecero pressioni perché fossero gli Ateniesi a guidare la flotta ellenica e per iniziativa di Aristide venne
fondata la Lega Delio-Attica, una coalizione antipersiana con a capo Atene, che divenne ben presto uno strumento di
controllo sugli alleati e il contrappeso al potere spartano in Grecia.
Alla fine nel 449 a.C. con il contributo di Pericle (di fatto capo di Atene) venne stipulata la
pace di Callia: si trattava in definitiva di un trattato di non-aggressione, dove si stabilì
l'autonomia delle città greche dell'Asia Minore, benché facenti parte dell'Impero Persiano,
il controllo dei Persiani su Cipro e il divieto per le navi da guerra persiane di entrare nel
Mar Egeo.
TEMPO PRESENTE
Personaggi ed episodi contemporanei
diventano degni di attenzione
Il tempo presente acquisì una rilevanza
pari a quella della grande preistoria
mitica.
Efebo di Kritios.
Acropoli, colmata persiana
Poco prima del 480 a.C.
Figura umana basata sull’antitesi fra
tensione e distensione, attività e
passività.
Energia e movimento naturali
Il corpo si oppone alla forza di gravità.
Le figure sono diventate autonome, sono
capaci di reggersi sulle proprie gambe.
“Non tutto gli dei hanno sin dall’inizio
mostrato agli uomini, sono questi che nel
corso del tempo hanno trovato, cercando,
il meglio” Senofane
Spinte e controspinte sono in rapporto
dinamico fra di loro, tutte le parti del
corpo reagiscono casualmente l’una
all’altra. Quello raffigurato è un sistema di
funzioni organiche.
“Gli opposti si combinano, dalla
divergenza emerge l’armonia più bella, e
tutto scaturisce nel contrasto” Eraclito
Il mondo dei corpi fisici e quello degli
ordini etico-politici non sono
fondamentalmente diversi.
Tirannicidi 477 a.C.
Stoà poikile
Portico dipinto
decorato dai pittori appartenenti alla
cerchia di Polignoto con un ciclio di
pitture patriottiche
Polignoto di Taso (in greco antico Πολύγνωτος; Taso, circa
prima metà del V secolo a.C.) è stato un pittore greco antico.
Attivo fra il 480 a.C. e il 455 a.C., originario dell'isola di Taso,
Polignoto è considerato dalla tradizione letteraria il primo
pittore dell'antichità; una delle sue opere più importanti è la
battaglia di Maratona nella Ποικίλη, il famoso portico di
Atene, dipinta in collaborazione con Micone.
Lotta degli Ateniesi contro le Amazzoni
Conquista di Troia
Battaglia di Maratona (eroi del presente protetti dagli dei e
dagli eroi mitici)
Battaglia vinta contro Sparta
Il presente ottenne dall’accostamento
al mito una superiore rilevanza, e il
mito acquisì dall’abbinamento con il
presente una maggior attualità
Atena promachos
l’opera di Fidia era in bronzo esaltò
in particolare la battaglia di Maratona
in cui gli Ateniesi respinsero i Persiano
combattendo da soli per tutti i Greci
L'originale bronzeo di Fidia, eseguito tra il 451 e il 448 a.C. per
gli Ateniesi che erano andati come cleruchi, cioè come coloni,
ad abitare l'isola di Lemno, è noto soltanto da pochissime
repliche in marmo di età romana, alle quali vanno aggiunte la
testa rinvenuta nei pressi del Rione Terra a Pozzuoli e la Testa
Palagi a Bologna, quest’ultima ritenuta dagli studiosi la più
fedele all'originale.
La statua si ergeva su un piedistallo all'aperto, sull'Acropoli di
Atene, ed era considerata la più bella statua di Fidia. La dea è in
atteggiamento assorto e pensoso; le guance morbide e il naso
armonico ne accentuano la bellezza, celebrata da numerosi
scrittori antichi tra cui Luciano di Samosata, che la definiva
l'«opera» per antonomasia di Fidia, e Pausania, che precisava:
«la più notevole delle opere di Fidia è la statua di Atena detta
Lemnia, dal nome dei suoi donatori». Caratteristica è anche la
capigliatura, modellata in ciocche simmetriche che danno una
sensazione di corposità e morbidezza.
Olimpia
Nike di Paionios
Olimpia. Nel 421 a.C.. Messeni e Naupatto dedicarono nel santuario una statua di Nike in seguito ad una vittoria sugli
Spartani; la statua era su un alto piedistallo triangolare di fronte al tempio di Zeus. La statua è opera di Paionios di Mende.
A 9 m la dea scendeva verso lo spettatore, la gamba sinistra avanzava a sfiorare il terreno con la punta .Del piede, le ali
spiegate, il mantello, gonfio per il vento trattenuto con entrambi le mani; ai suoi piedi un’aquila. Il chitone aperto sui fianchi s
slaccia all’altezza del seno sinistro, si apre per l’impeto del movimento liberando la gamba sinistra e aderisce al corpo con
effetto bagnato per addensarsi in morbide pieghe dietro la figura
I conflitti politici furono combattuti
non solo sui campi di battaglia, ma
anche tramite simboli di potere.
I monumenti poterono diventare armi
La pittura e la scultura furono valorizzate in quanto
elementi che noi chiamiamo ARTE
NEL CORSO V sec. a.C. FU “INVENTATA
L’ARTE”
I sintomi
attraverso i quali
si manifesta
l’Arte nella nostra
Europa moderna
appaiono
nettamente a
partire dal V
secolo.
AFFERMAZIONE SOCIALE DELL’ARTISTA
Plinio ci racconta che il pittore Zeuxis
accumulò tali ricchezze che si
pavoneggiava ad Olimpia con un
mantello in cui il suo nome era iscritto
a lettere d’oro e che finì per far dono
delle sue opere poiché a suo parere
nessun prezzo poteva eguagliare il
valore reale.
Riflessione teorica sull’arte e la ricerca
formale fine a se stessa
CRITICA D’ARTE e
RIFLESSIONE
TEORICA
SULL’ARTE
Canone di
Policleto
Stima delle opere d’arte
Si conserva la memoria e ammirazione
per le opere del passato negli autori
successivi
FORMAZIONI DI COLLEZIONI ANTICHE
IMPENNATA DEI PREZZI
un tizio lascia all’imperatore Tiberio un
quadro di Parrasio, pittore del IV
secolo, stimabile in un milione di
sesterzi.
PRODUZIONI DI COPIE DI GRANDI
ORIGINALI
Citazioni negli autori greci e latini di
centinaia di opere.
L’ammirazione delle opere del passato
ha prodotto una storia dell’arte che ci
permette di contare le opere mancanti
ed una pratica della collezione che,
promuovendo la riproduzione, ci
procura il vantaggio di vere copie degli
originali perduti.
Zeus da Capo Artemisio
460 a.C.
Statuetta di Zeus da Dodona
Lo Zeus di capo Artemisio (detto anche il dio di
capo Artemisio) è una statua bronzea
dell'antica Grecia, ritrovata nei fondali marini
antistanti capo Artemisio, nell'odierna Eubea,
ed attualmente conservata nel Museo
archeologico nazionale di Atene.
È una delle pochissime opere bronzee originali
che ci sono giunte.
Il ritrovamento avvenne nel 1926, anche se il
recupero fu completato nel 1928. La statua si
trovava nei pressi di un relitto databile intorno
al 200 a.C. Poco si sa del vascello, in quanto nel
1928 la spedizione di recupero fu interrotta a
causa della morte di un sub e mai più ripresa.
Si presume che la nave fosse di origine
romana, una delle tante navi che all'epoca
solcavano quei mari per portare elementi di
arte greca verso Roma. Anche se così fosse, a
causa dell'interruzione dell'operazione di
recupero, non è ancora chiaro se la statua
fosse imbarcata sul vascello.
Dea con il capo velato, forse Hera.
Figura semplice. Le vesti sono
appena mosse e i gesti sono
efficaci.
Immagine di maestosa dignità.
Cosiddetta Hestia Giustiniani, copia
470 a.C., Roma, Collezione Torlonia
Stile severo
480-450 a.C.
Clima di rinnovamento politico e di
esaltazione nazionalistica agiscono
sulla produzione artistica che, in tutto
il mondo antico, resta sempre il
principale mezzo di comunicazione.
L’aggettivo “severo” traduce il tedesco streng usato da
Winckelmann per definire la scultura prima di Fidia.
L’appellativo nasce dall’osservazione dei volti delle
sculture che hanno perso, insieme al caratteristico
“sorriso” ogni manierismo tardo arcaico.
L’interesse ora è per l’uomo ed il suo destino.
L’uomo non viene più rappresentato nella sua essenza
fisica, come corpo stante o in movimento, ma come
essere pensante.
Il tempio di Zeus ad Olimpia (460 a.C.) era un tempio di ordine dorico, con sei colonne sulla facciata e tredici sui lati lunghi,
con cella, portico e opistodomo.
I blocchi della costruzione erano in calcare locale, coperto con stucco per nascondere le imperfezioni, mentre le piastrelle
del tetto e le sculture erano in marmo.
La scena sul frontone orientale raffigura i preparativi per la gara di corsa su carri tra Pelope e re Enomao, le cui statue
affiancano quella centrale di Zeus, giudice invisibile della gara. Sul frontone occidentale, Lapiti e Centauri combattono alle
nozze di Piritoo, presiedute dalla figura centrale di Apollo, anch'egli invisibile ai contendenti.
Le metope marmoree scolpite ornavano i portici sul fronte e sul restro dell'edificio, non l'esterno del tempio; il soggetto
illustrato erano le fatiche di Eracle.
Nella cella, tra i due colonnati, fu posta alla fine dei lavori una statua crisoelefantina (oro e avorio) di Zeus, opera di Fidia; la
figura seduta del dio raggiungeva il tetto del tempio e la mano destra distesa reggeva una statua di Nike, la Vittoria.
Frontone est.
Frontone ovest
Enomao è una figura della mitologia greca, figlio del dio Ares.
Era il re di Pisa, promotore della prima gara avvenuta dalle parti di Olimpia. Questa consisteva in una
scommessa contro chiunque avesse voluto sposare la figlia Ippodamia, per evitarne le nozze: egli sfidava i
pretendenti ad una gara di quadrighe, il cui percorso andava dalla sua reggia all'altare di Poseidone sull'istmo di
Corinto. Se il rivale avesse vinto sarebbe divenuto sposo della figlia, ma se avesse perso, Enomao l'avrebbe
ucciso.
Il re era figlio del dio Ares, che gli aveva donato un tiro di cavalle rapide come il vento, e il suo carro era guidato
da Mirtilo, figlio di Ermes, il più esperto degli aurighi. Inoltre il tiranno si prendeva un'ulteriore garanzia,
pretendendo che Ippodamia salisse sul carro del pretendente, così che costui, assorto nella contemplazione
della bellissima fanciulla, perdesse la concentrazione necessaria.
Enomao, sicuro comunque del suo successo, concedeva un vantaggio al rivale. Quando costui era partito,
sacrificava un montone a Zeus e, solo dopo la fine del sacrificio, iniziava a rincorrerlo. Inevitabilmente
l'avversario perdeva, e il re lo trafiggeva alle spalle con la lancia e gli tagliava la testa, che inchiodava al suo
palazzo.
Erano già tredici le teste, quando un nuovo giovane campione si presentò alla sfida: Pelope. Ippodamia si
innamorò a prima vista del giovane, e convinse Mirtilo - che era innamorato di lei - a manomettere le ruote del
carro del padre, così da farlo perdere.
Pausania, invece, ci tramanda che fu lo stesso Pelope a trattare con Mirtilo, promettendogli metà del regno e lo
ius primae noctis con Ippodamia, promesse che rinnegò entrambe alla fine della corsa.
In entrambe le versioni, comunque, durante la corsa, il carro di Enomao si distrusse, ed egli rimase impigliato
nelle redini e venne travolto a terra. In punto di morte comprese il tradimento del suo auriga, e lo maledisse,
augurandogli di rimanere ucciso dallo stesso Pelope.
L'infausto pronostico giunse inevitabilmente a compimento quando Mirtilo, non avendo dimenticato il suo
amore per Ippodamia (o la promessa di Pelope) tentò di violentarla, sulla strada del capo Geresto, il punto più
meridionale dell'Eubea. Pelope, accortosi della cosa, scaraventò Mirtilo con un calcio nel mare che prese da lui
il nome di Mirtoo.
La più famosa leggenda che coinvolge i Lapiti è quella della loro battaglia contro i Centauri in occasione della
festa nuziale di Piritoo, la cosiddetta "Centauromachia". I Centauri erano stati invitati ai festeggiamenti ma, non
essendo abituati al vino, ben presto si ubriacarono, dando sfogo al lato più selvaggio della loro natura. Quando
la sposa Ippodamia ("colei che doma i cavalli") arrivò per accogliere gli ospiti il centauro Euritione balzò su di lei
e tentò di stuprarla. In un attimo anche tutti gli altri centauri si lanciarono addosso alle donne ed ai fanciulli.
Naturalmente scoppiò una battaglia nella quale anche l’eroe Teseo, amico di Piritoo, intervenne in aiuto dei
Lapiti. I centauri furono alla fine sconfitti e scacciati dalla Tessaglia e ad Euritione furono mozzati naso ed
orecchie. Durante lo scontro cadde però il Lapite Ceneo.
Ceneo, uno tra i Lapiti più famosi, originariamente era una ragazza di nome Ceni ed era la favorita di Poseidone
che, per esaudire una sua supplica, la trasformò in un uomo rendendola un guerriero invulnerabile. Donne
guerriere di questo tipo, a stento distinguibili dagli uomini, erano comuni tra i cavalieri Sciti[3]e furono ancora
presenti nella tradizione albanese. Nel corso della battaglia contro i Centauri Ceneo si era dimostrato
invulnerabile ancora una volta, finché i Centauri non decisero semplicemente di schiacciarlo con dei massi e dei
tronchi d’albero: a quel punto egli sprofondò ancora apparentemente illeso nelle profondità della terra, dalle
quali riemerse trasformato in un uccellino.
Quando l’interpretazione dei miti greci cominciò ad essere mediata dall’influenza del pensiero filosofico, la
battaglia tra Lapiti e Centauri fu vista come un’allegoria della lotta interiore tra gli istinti selvaggi dell’uomo e
l’educazione basata sulla civiltà, rappresentata dalla giusta comprensione da parte dei Lapiti dell’uso che
andava fatto del vino donato dagli dei, che deve essere allungato con acqua e bevuto senza abbandonarsi agli
eccessi. Gli scultori Greci della scuola di Fidia concepirono questa battaglia come una lotta tra l’umanità e dei
mostri maligni che simbolicamente rappresentava il conflitto tra la civile Grecia e i barbari dell’ Impero
Persiano. La battaglia tra Lapiti e Centauri fu rappresentata sulle sculture dei fregi che decoravano il Partenone,
per richiamare il reciproco rispetto e l’alleanza tra l’ ateniese Teseo e il Lapite Piritoo, nonché su quelle del
tempio di Zeus ad Olimpia.[4] Fu inoltre un tema estremamente popolare per i decoratori di di vasellame
Uccidere l'invulnerabile Leone di Nemea e
portare la sua pelle come trofeo.
Uccidere l'immortale Idra di Lerna.
Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo.
Catturare il Toro di Creta.
Catturare la Cerva di Cerinea.
Impossessarsi della cintura di Ippolita,
regina delle Amazzoni.
Catturare il cinghiale di Erimanto.
Rubare le cavalle di Diomede.
Rubare i buoi di Gerione.
Rubare i pomi d'oro del
giardino delle Esperidi.
Portare vivo a Micene Cerbero, il cane a tre
teste guardiano degli Inferi.
Ripulire in un giorno le Stalle di Augia.