34 | ARTI pagina99 | sabato 11 marzo 2017 la Cina vista dalla letteratura Saggi | Sensuale, esotica, industriale. Stereotipi che i nostri romanzi hanno usato per descrivere l’ex Impero di mezzo CECILIA ATTANASIO GHEZZI n «Se è vero che l’America è stata scoperta una volta, la Cina al contrario lo è stata molte volte». Soprattutto dagli italiani. Danilo Soscia nel suo Forma Sinarum (Mimesis edizioni, 2016) ripercorre pregiudizi e fascinazioni dell’immaginario italiano sulla Cina attraverso i personaggi e le descrizioni della letteratura italiana. A Il milione di Marco Polo dobbiamo il consolidarsi di un immaginario geografico, politico e culturale costruito non già da un uomo colto ma da chi, al netto della polemica se abbia mai veramente raggiunto la Cina, «possiede la qualità tutta mercantile di selezionare gli aspetti più utili di un ricordo». Un immaginario della pax mongolica del XIII secolo che si trasforma nell’«altrove» mitico del Cattaio governato dall’epico «Gran Cane» del Decameron e ancora in uno dei luoghi eletti dalla poesia, cornice ideale per le cavalleresche gesta dell’Orlando furioso e di quello innamorato. Saranno poi i gesuiti che, nella prepotente opera di evangelizzazione del XVI secolo, segneranno il tramonto della descrizione della Cina come luogo della mitologia medioevale e l’alba di una lettura aggiornata e utilitaristica dell’universo cinese. Vengono gettati i semi della sinofilia settecen- tesca: il cinese è un umanista saggio, amante delle arti della filosofia e modello di buon governo. Un’idea di Cina che, grazie alle «cineresie» sempre più In Forma Sinarum Danilo Soscia traccia secoli di pregiudizi e di fascinazione diffuse nei salotti europei, sopravvive fino al Diciannovesimo secolo. Sarà Luigi Malerba, ne Le rose imperiali a descrivere per la prima volta «una Ci- na arcaica, irrazionale e assolutista» dove si squarcia il velo di Maya di «una cultura basata sulla forma, frivola e feroce». Nel Dopoguerra vince la fascinazione del modello comunista: le donne, la sessualità e l’amore per la bellezza scompaiono nel sogno e nel volto di Mao. È l’utopia del socialismo che affascina e spaventa, è il «Re letterato» che si trasforma nel «Giovane Rivoluzionario», precursore del «Pericolo Giallo» dei nostri tempi. È infatti Chung Fu, «un uomo strano e colto», a chiudere in ordine di tempo questa carrellata di stereotipi e utopie cinesi. Al personaggio de La dismissione di Ermanno Rea è assegnato il compito di sovraintendere lo smantellamento di una fabbrica italiana. È lui che nell’immaginario attuale diventa simbolo di una collettività sterminata e aliena che amplifica l’eco del crollo del nostro mondo e accenna la terra di un ipotetico approdo: la Cina, ancora una volta. LAVORAZIONI Ultimi ritocchi alle lanterne per il Capodanno CONTROVENTO sorry, ho lo stress da Giappone di Enrico Arosio n Con il Giappone, dove è sconveniente perfino starnutire in pubblico, Murakami Haruki, autore di long-seller globali come Norwegian Wood o Kafka sulla spiaggia, ha un rapporto difficile. Lo confessa nel suo libro Il mestiere dello scrittore, appena uscito in italiano da Einaudi, dove spesso è reticente (o ripetitivo) nel parlar di sé, ma a tratti è assai schietto. Racconta l’autore che negli anni Novanta della bolla finanziaria, quando a Tokyo si «era al colmo dell’eccitazione, non si parlava che di denaro», un riccone che aveva comprato un castello in Francia gli propose di ospitarlo là per un anno, a scrivere in libertà. Lui rifiutò, non gli interessa- CONTRASTO NICOLÒ DEGL’INCERTI TOCCI Una scena di Fatti di numeri, lo spettacolo andato in scena a Reggio Emilia se a teatro vanno in scena gli open data Reggio Emilia | Quanti parchi, quanti alberi, giri di rotonde, volumi prestati dalle biblioteche, zampilli d’acqua... I dati delle città arrivano su un palco VALENTINA PIGMEI n Siamo fatti d’acqua, ma anche di numeri. Dieci miliardi di cellule nervose, 300 grammi di cuore, 25.920 respiri ogni giorno. Quali sono i numeri della nostra vita? E quelli di una città? Quali numeri abitiamo? A rispondere a queste domande i dataset pubblici. Anzitutto cosa sono: numeri. Dati che ci dicono cose delle città che abitiamo. Quanti parchi, quanti alberi, giri di rotonde, libri prestati dalle biblioteche, zampilli d’acqua, quanti siamo e quanti sono i nuovi nati e così via. Dati che se letti e analizzati possono dirci qualcosa di più su chi siamo e il mondo che abitiamo. Da qui la domanda: è possibile coniugare arte e numeri, teatro e dataset pubblici di una città? Il 4 marzo scorso davanti al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia c’erano degli attori vestiti di bianco ad accogliere il pubblico, ognuno raccontava una sto- va. Ancora sconosciuto all’estero, ambiva a conquistarsi lettori nuovi, in America e in Europa. Esordì sul New Yorker, causando gelosie. Ancora oggi, che è tradotto in mezzo mondo, in patria lo accusano di occidentalismo, di snobbare le tradizioni, i premi letterari, le interviste, la tv. Lui ne prova fastidio. Da individualista libertario, giudica la società giapponese troppo aziendalista, inquadrata, coercitiva. Fin dal sistema scolastico, scrive, forma persone «con un carattere da cane». E Murakami non solo ama i gatti, ma si sente «una persona ordinaria». Per strada non lo riconosce nessuno, al ristorante lo accompagnano ai tavoli peggiori. Lui – come dicono a Tokyo – se ne fa un baffo. ria e corrispondeva a un numero: erano gli uomini-data. Vincitore del bando Create with Open Data, ideato e promosso dal Comune di Reggio Emilia e realizzato dalla compagnia Teatro dell’Orsa di Monica Morini e Bernardino Bonzani (con la col- «Questa cascata di numeri ci aiuta a immaginare e costruire il futuro» laborazione di Annamaria Gozzi) Fatti di numeri è uno spettacolo mai visto a teatro, nel vero senso della parola. Non era facile unire gli open data al racconto scenico e, anche se il meccanismo non è ancora perfetto, lo spettacolo che mescola suoni, parole e visual art è una combinazione interessante. «Non tutti sanno dell’esistenza dei dataset pubblici, i numeri della vita di una città: ci si può accede facilmente da qualsiasi motore di ricerca e… sono un serbatoio di dati che ci riguardano, che sono di tutti. Una cascata di numeri che, se letti in relazione a noi e agli altri, ci aiuta a immaginare e costruire il futuro», dice Monica Morini a pagina99. Invece i numeri fanno paura, danno un senso di vertigine. E ogni giorno noi non accediamo ai numeri, ma cediamo i nostri numeri, sui Social Network ad esempio. «Abbiamo lavorato, continua Morini, «con degli “alleati” letterari: Cortázar, Calvino, Mariangela Gualtieri, Valeria Luiselli. Abbiamo trovato parole dentro i numeri. I numeri rispondono se tu gli fai domande. Ti scalfiscono, ti dicono qualcosa». Visto il successo, lo spettacolo verrà replicato in versione estiva a Reggio Emilia. E anche gli assessorati di altre città hanno mostrato interesse affinché anche da loro vengano messi in scena i dati. Haruki Murakami davanti alla casa di H.C. Andersen in Danimarca REUTERS / CONTRASTO