SCUOLA SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Gli appalti pubblici e privati Adempimento dell’appalto e tutela dei terzi. Doveri di protezione, obblighi di garanzia e profili processuali. Dario Cavallari 29/09/2015 2015 Scuola superiore della magistratura Dario Cavallari 2 Definizione e caratteristiche generali dell’appalto. L’appalto è un contratto con il quale una parte, detta appaltatore, assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio commissionatogli dall’appaltante, detto pure committente, in cambio di un corrispettivo in denaro. Trattasi di un contratto di impresa, vale a dire di un contratto stipulato nell’esercizio dell’attività economica od in maniera a questa strumentale, che si perfeziona per effetto del solo consenso delle parti e produce effetti obbligatori. L’obbligazione principale che grava sull’appaltatore è di realizzare un’opera o prestare un servizio, secondo quanto chiesto dal committente, il quale, a sua volta, deve soprattutto pagare il corrispettivo all’appaltatore. L’appalto è, quindi, un contratto oneroso a prestazioni corrispettive, con almeno due parti (ciascuna parte può, però, essere costituita da più soggetti) e caratterizzato dalla presenza dell’elemento dell’intuitus personae (la sussistenza di tale ultimo requisito è, però, controversa 1). 1 I sostenitori della teoria positiva si basano, soprattutto, sulla norma contenuta nell’articolo 1656 c.c., secondo la quale l’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio senza l’autorizzazione del committente: V. Mangini – M. Iacuniello Bruggi, Il contratto di appalto, Torino, 1997, 79. I fautori di quella negativa fanno riferimento, invece, all’articolo 1674 c.c., il quale consente che l’appalto continui nei confronti degli eredi dell’appaltatore: C. Giannattasio, L’appalto, in Tratt. di dir. civ. e comm. Cicu e Messineo, XXIV, 2, Milano, 1977, 49. E’ preferibile adottare una impostazione intermedia, per la quale l’infungibilità riguarda non la persona fisica dell’appaltatore, ma l’impresa cui l’appaltatore fa capo, tenuto conto, in primis, dell’organizzazione tecnica, tanto che si è prospettata l’esistenza di un intuitus impresae piuttosto che di un intuitus personae: G. Villanacci, Appalto, in Digesto delle discipline privatistiche, Sezione civile, IV ed., Agg. III, Torino, 2007, 56. 3 La causa dell’appalto. Elementi che caratterizzano la causa dell’appalto, oltre alle prestazioni essenziali summenzionate, quali l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio dietro corrispettivo, sono l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio. L’organizzazione dei mezzi necessari consiste in un’organizzazione dei mezzi produttivi a struttura imprenditoriale che, perché si configuri un appalto, deve essere riferibile ad un soggetto dotato di autonomia nell’esecuzione dell’opera (ancorché il committente sia titolare di un potere di controllo della sua attività ex articolo 1662 c.c.). Tale facoltà di verifica mira a garantire l’esatto adempimento dell’appalto, ma il suo esercizio non esclude la responsabilità dell’appaltatore per vizi o difformità dell’opera, non rappresentando questa un’alternativa all’accettazione 2. La gestione a proprio rischio dell’appaltatore consiste, invece, nell’assunzione da parte di quest’ultimo del rischio economico, vale a dire degli effetti negativi derivanti da eventi o fatti imprevisti che rendano più onerosa la prestazione. 2 Cass., Sez. 1, sentenza n. 4544 del 27 marzo 2003, Rv. 561500. 4 Individuazione delle tematiche da trattare. La questione dell’adempimento dell’appaltatore presenta non poche particolarità in ragione, principalmente, delle caratteristiche proprie del negozio de quo, che hanno indotto il legislatore a prevedere non poche deroghe alla disciplina comune delle obbligazioni. Esemplificativamente si può pensare alla possibilità di determinazione giudiziale del corrispettivo dovuto all’appaltatore ex articolo 1657 c.c., non prevista come istituto generale dal codice civile, alle conseguenze delle sopravvenienze sull’onerosità della prestazione, regolate dall’articolo 1664 c.c. in modo difforme rispetto alla regola base dell’articolo 1467 c.c., alla previsione ad hoc del ius variandi e del diritto di recesso ex articolo 1659 c.c. non ricollegabile a quella dettata dagli articoli 1372 e 1373 c.c. per tutti i contratti, ai rischi relativi all’impossibilità di esecuzione dell’opera di cui agli articoli 1672 e 1673 c.c., che sono posti a carico dell’appaltatore in misura maggiore rispetto a quanto sarebbe desumibile dagli articoli 1256 e 1463 c.c. La tematica dell’adempimento del contratto di appalto non può non condurre ad affrontare le seguenti problematiche che sono state segnalate in dottrina: 1) i rapporti fra disciplina generale dell’adempimento contenuta nel codice civile e disciplina speciale dell’appalto, sia pubblico che privato; 2) gli effetti del contratto di appalto verso i terzi; 3) i rapporti fra i diversi tipi di responsabilità civile previsti nel nostro ordinamento ed il riavvicinamento e l’unificazione della responsabilità contrattuale con quella aquiliana; 4) il collegamento fra obbligazione contrattuale e prestazione. 5 L’inadempimento dell’appaltatore. A) Diritto privato - Aspetti generali, inadempimento totale, parziale e ritardo. La prima questione che va affrontata riguarda la responsabilità per inadempimento dell’appaltatore. Tale responsabilità prende forma, innanzitutto, dagli articoli 1667, 1668 e 1669 c.c., disposizioni che concernono l’ipotesi in cui l’opera od il servizio realizzati presentino vizi o difformità, anche tali da portare alla rovina od al pericolo di rovina della res, e che forniscono una disciplina dettagliata del fenomeno che tende a differenziarsi da quella più generale dell’obbligazione. Già nel diritto romano l’appaltatore era sottoposto ad una particolare forma di responsabilità per inadempimento, dato che era reputato responsabile con i suoi eredi dei vizi dell’opera realizzata per i 15 anni successivi alla sua ultimazione. Primo obiettivo di questa relazione sarà, pertanto, esaminare il modo in cui si atteggia questa responsabilità speciale, cercando di individuare i legami e le differenze con la disciplina prevista in generale per il contratto. L’analisi deve partire dal presupposto che l’appalto non è un fenomeno omogeneo e che le situazioni che possono presentarsi all’attenzione dell’interprete sono suscettibili di avere differenti soluzioni, ad esempio a seconda del diverso oggetto della prestazione (opera o servizio, bene mobile od immobile), delle qualità soggettive dei contraenti (il committente può essere un imprenditore, un ente pubblico od un soggetto privato, professionista o meno, per cui può porsi un’esigenza di integrare la disciplina codicistica con quella degli appalti pubblici, con la 6 normativa sui contratti fra imprese ex legge n. 192 del 1998 o con il regime di protezione dei consumatori), della particolare natura degli interessi coinvolti 3. La relazione, quindi, in primis verterà sull’ipotesi dell’adempimento del contratto di appalto concluso con un committente privato. In seguito, verrà esaminata la situazione con riferimento al committente che sia una pubblica amministrazione. L’obbligazione principale gravante sull’appaltatore è quella concernente l’esecuzione dell’opera e la prestazione del servizio pattuiti e, perciò, l’esame della sua responsabilità partirà da tale obbligazione. Il codice civile disciplina l’inadempimento dell’appaltatore con varie disposizioni, ad esempio, tramite l’articolo 1662 c.c.4, che consente di lamentare il mancato rispetto del contratto o delle regole dell’arte, riconoscendo al committente un diritto di controllo che, però, non può estendersi sino a ledere l’autonomia esecutiva dell’appaltatore, e gli articoli 1667 c.c.5 e 1668 c.c.6, concernenti la presenza di vizi o difformità dell’opera dopo l’ultimazione dei lavori. 3 Per una trattazione complessiva, S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, ESI, 2004, 10 ss. 4 Che recita: “Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato. Quando, nel corso dell'opera, si accerta che la sua esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine entro il quale l'appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il termine stabilito, il contratto è risoluto, salvo il diritto del committente al risarcimento del danno”. 5 In base a cui: “L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché in questo caso, non siano stati in malafede taciuti dall’appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati. 7 Non esiste, invece, alcuna disposizione specifica relativa all’inadempimento del committente e mancano previsioni regolatrici delle ipotesi in cui l’appaltatore non esegua la prestazione, ne ritardi l’adempimento, la realizzi solo parzialmente7 od ometta di consegnarla. In tali casi, che presuppongono, con riferimento alla responsabilità dell’appaltatore, che l’opera non sia ancora stata ultimata, trovano applicazione le disposizioni generali 8, che, però, devono tenere conto della peculiare natura del contratto di appalto 9. Venendo all’esame delle fattispecie più diffuse, l’inadempimento totale e definitivo dell’appaltatore legittima il committente a chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto nel termine di prescrizione di 10 anni, con possibilità di ricorrere al disposto dell’articolo 1453, comma 3, c.c. ed obbligo per l’appaltatore di L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna”. 6 Il cui disposto è: “Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore , oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore. Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto”. 7 Presupposto di tale affermazione è che l’inadempimento parziale in questione non si traduca in vizi o difformità dell’opera eseguita. 8 Cass., Sez. 3, sentenza n. 8103 del 6 aprile 2006, Rv. 588580, secondo cui: “La comune responsabilità dell’appaltatore, ai sensi degli artt. 1453 e 1455 cod. civ., non è esclusa dalle speciali disposizioni contenute negli artt. 1667 e 1668 cod. civ., e non è da queste ultime disciplinata, perché esse integrano (senza escluderla) l’applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale, che rimangono perciò applicabili nei casi in cui l’opera non sia stata eseguita o non sia stata completata o quando l’appaltatore ha realizzato l’opera con ritardo o, pur avendo eseguito l’opera, si rifiuti di consegnarla. Pertanto, alla stregua di tale principio, diventa applicabile, per il diritto al risarcimento dei danni fondato sulla generale responsabilità dell’appaltatore per inadempimento, il termine di prescrizione in generale previsto per l’esercizio di questo diritto, piuttosto che il termine di due anni risultante dall’art. 1667 cod. civ.”. 9 D. Rubino, L’appalto, in Tratt. dir. civ. it. Vassalli, Torino, 1980, 403. 8 restituire il corrispettivo già ricevuto ed i materiali se fornitigli dal committente stesso. Il ritardo, invece, autorizza il committente a mettere in mora l’appaltatore tramite intimazione scritta ex articolo 1219, comma 1, c.c. 10 e, qualora tale mora sia stata correttamente posta in essere, si producono gli effetti previsti in generale dal codice civile, quali l’interruzione della prescrizione ed il passaggio del rischio dell’impossibilità sopravvenuta o del perimento della res a carico del soggetto costituito in mora. Il committente potrà domandare la risoluzione del contratto per inadempimento, benché la parte realizzata sia per lui utile, ed avrà diritto al rimborso dei materiali forniti 11. 10 Si ritiene che l’intimazione di portare a termini i lavori implichi pure quella di consegnare l’opera, per cui, ove questa sia completata in seguito alla mora, non sarà necessaria una nuova costituzione in mora con riferimento a tale consegna. 11 Diversa è la questione della mora del committente, il quale non adempia al suo obbligo di verificare o di prendere in consegna l’opera completata, in questi casi occorrendo una autonoma costituzione in mora. In particolare, si deve tenere conto che le attività di verifica e la consegna sono momenti differenti, con riferimento ai quali saranno necessari, in teoria, due distinti atti di messa in mora. La disciplina generale subisce, però, nella specie, notevoli eccezioni. Così, l’articolo 1665, comma 3, c.p.c., prevede che, ove il committente ometta di procedere alla verifica, nonostante l’invito dell’appaltatore, senza giusti motivi o non ne comunichi il risultato entro breve termine, l’opera si considera accettata. Inoltre, in tema di appalto di opere pubbliche, “la rata di saldo è dovuta (se e) dopo che i lavori siano stati ultimati e l’intera opera sia stata realizzata e collaudata positivamente, ovvero, nell’ipotesi in cui il collaudo non venga effettuato ed approvato, dopo la scadenza del termine fissato dall’art. 5, quarto comma, della legge 10 dicembre 1981, n. 741, dal momento che l’inutile decorso di tale termine, senza che l'Amministrazione abbia fornito la prova che la relativa omissione o il relativo ritardo siano dipesi da fatto imputabile all'impresa, determina, per ciò solo, l’insorgere del diritto dell’appaltatore al pagamento del saldo”: Cass., Sez. 1, sentenza n. 12451 del 16 maggio 2008, Rv. 603958. Più precisamente, “l’art. 5 della legge n. 741 del 1981, che è norma di carattere generale applicabile a tutte le procedure di esecuzione di opere pubbliche, nel prevedere i termini entro i quali deve essere compiuto il collaudo, delinea con certezza il periodo superato il quale, perdurando l’inerzia dell’ente committente, quest’ultimo deve 9 Ovviamente, occorre distinguere a seconda dello stato di esecuzione dell’opera. Se l’esecuzione non è ancora iniziata è possibile chiedere l’adempimento del contratto, ove la situazione sia imputabile all’appaltatore, il quale potrà difendersi, ad esempio, deducendo uno sciopero dei suoi dipendenti avvenuto con modalità illegittime 12, oppure che il committente non ha adempiuto al suo obbligo di fornire il materiale o di pagare un anticipo del corrispettivo (invocando, così, il disposto dell’articolo 1460 c.c.) o che le condizioni patrimoniali del committente sono tali da porre in pericolo l’ottenimento del corrispettivo e non è stata fornita idonea garanzia ex articolo 1461 c.c., come avviene nell’eventualità che il committente abbia dichiarato che non avrebbe pagato parte del corrispettivo ritenendolo non dovuto 13. Potrà, poi, essere domandata la risoluzione del contratto se è venuto meno l’interesse del committente alla prestazione perché l’opera od il servizio non sono più utili od è preferibile oggettivamente rivolgersi ad altra impresa (qui potrà applicarsi l’istituto della diffida ad adempiere di cui alla previsione speciale dell’articolo 1662 c.c. e, nelle ipotesi non coperte da tale disposizione, potrà farsi ricorso alla norma generale dell’articolo 1454 c.c.) 14. ritenersi inadempiente, con la duplice conseguenza che l’appaltatore può agire per il pagamento senza necessità di mettere in mora l’Amministrazione e che, dalla scadenza del predetto termine, inizia a decorrere la prescrizione del credito”: Cass., Sez. 1, sentenza n. 17314 del 16 agosto 2011, Rv. 619160. 12 Cass., Sez. 1, sentenza n. 10139 del 2 maggio 2006, Rv. 590200, secondo cui: “Uno sciopero dei lavoratori, nazionale ovvero locale, ma relativo a più aziende, in quanto non può essere impedito dal singolo imprenditore, costituisce di regola esimente dall’eventuale inadempimento di quest’ultimo nei contratti da lui conclusi; invece l’astensione dei dipendenti dal lavoro in una controversia solo aziendale è, per l’imprenditore, liberatoria dalla responsabilità per la mancata esecuzione della prestazione contrattuale solo se si dimostri che la stessa è illecita o per la sua proclamazione o per il modo in cui è stata realizzata. L’indagine sulla condotta inadempiente è rimessa al giudice di merito e solo la denuncia di vizi logici o di incongruità in diritto della motivazione della sentenza può determinarne l’eventuale cassazione”. 13 Cass., Sez. 2, sentenza n. 3713 del 19 aprile 1996, Rv. 497158. 14 La diffida ad adempiere può trovare spazio purché i difetti possano essere eliminati dall’appaltatore e siano tali da compromettere del tutto l’uso dell’opera, in ossequio al disposto di cui all’articolo 1668, comma 2, c.c. 10 Se i lavori hanno raggiunto un apprezzabile stato di avanzamento, ma vi è ritardo, il committente, qualora la scadenza pattuita per la consegna sia decorsa, può chiedere la risoluzione del contratto o l’adempimento, mentre, se sono terminati, ma manchi la consegna senza che l’appaltatore abbia fornito una valida giustificazione, può rivendicare la res e, qualora venga meno l’interesse alla consegna tardiva, domandare la risoluzione del contratto. La dottrina15 ritiene possibile l’applicazione dell’articolo 1457 c.c. 16 in materia di appalti. Tale applicazione, ove venga in questione un termine oggettivamente essenziale, è da ritenere rara, eventualmente limitata alla data di scadenza del termine di ultimazione e consegna dell’opera, essendo improbabile che i termini stabiliti dalle parti nella specie siano essenziali, salvo che non ricorrano particolari esigenze rese note all’appaltatore. Se il termine è soggettivamente essenziale, invece, la risoluzione potrà esservi in coincidenza con un effettivo interesse del committente al suo rispetto che sia stato comunicato all’appaltatore al momento della stipulazione del contratto. Non vi sono ostacoli logici all’applicazione dell’istituto della diffida ad adempiere all’appalto di servizi. Questa dipenderà dalla non scarsa importanza dell’inadempimento negli appalti di servizi una tantum. Negli appalti ad esecuzione continuata o periodica, invece, la risoluzione riguarderà l’intero rapporto, ove l’inadempimento sia notevole, mentre, quando sia solo di non scarsa importanza, sarà limitata, nei contratti ad esecuzione periodica, alla prestazione contestata: E. Lucchini Guastalla, La normativa speciale relativa all’inadempimento dell’appaltatore. Le norme sull’inadempimento in generale applicabili all’appalto d’opera e di servizi, in Trattato della responsabilità contrattuale, 2, a cura di Giovanna Visintini, Cedam, 2009, 256. 15 E. Lucchini Guastalla, La normativa speciale relativa all’inadempimento dell’appaltatore. Le norme sull’inadempimento in generale applicabili all’appalto d’opera e di servizi, op. cit., 256. 16 In virtù del quale “Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni. In mancanza, il contratto si intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione”. 11 Tali principi sono ritenuti compatibili con l’appalto d’opera e con quello di servizi una tantum ed a carattere continuativo, mentre dubbi sono stati avanzati con riguardo all’appalto di servizi ad esecuzione periodica 17. E’ ovviamente possibile18 l’apposizione di una clausola risolutiva espressa ex articolo 1456 c.c.19. Detta clausola consente di superare i limiti che, nelle ipotesi di vizio o difformità, incontra in genere il committente che contesti l’inadempimento totale o parziale dell’appaltatore20. 17 E. Lucchini Guastalla, La normativa speciale relativa all’inadempimento dell’appaltatore. Le norme sull’inadempimento in generale applicabili all’appalto d’opera e di servizi, op. cit., 257, il quale ammette l’applicazione dell’articolo 1457 c.c., ma chiarisce che, a suo avviso, negli appalti di servizi ad esecuzione continuata la risoluzione del contratto potrà riguardare solo la coppia di prestazioni cui si riferisce l’inadempimento. 18 Cass., Sez. 2, sentenza n. 4779 del 4 marzo 2005, Rv. 579762, secondo cui: “In tema di contratto, la pattuizione di una clausola penale è compatibile con la previsione di un termine non essenziale per l’adempimento della prestazione, in conseguenza della diversa funzione ed operatività nel rapporto contrattuale, atteso che, mentre il termine riguarda il momento in cui l’obbligazione deve essere adempiuta, cioè l’attualità dell’adempimento, la clausola penale si configura come mezzo di rafforzamento del vincolo contrattuale sul diverso e successivo piano degli effetti dell’eventuale inadempimento, concretando una anticipata liquidazione convenzionale del danno, indipendentemente dalla prova della sua effettiva esistenza. (Nella specie, è stato ritenuto dovuto il pagamento della clausola penale pattuita per il ritardo nell’esecuzione dell’appalto, nonostante la natura non essenziale del termine stabilito per la consegna dell’opera)”. 19 Che recita: “I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva”. 20 Qualora la risoluzione del contratto di appalto sia avvenuta di diritto, per effetto della clausola risolutiva espressa in esso inserita, la responsabilità per danni dell’appaltatore è quella ordinaria e non già quella speciale per inesatto adempimento dell’opera o del servizio regolata dagli articoli 1667 e 1668 c.c. per cui, in tal caso, il committente non è tenuto a denunziare le difformità o i vizi in un termine perentorio: Cass., Sez. 3, sentenza n. 204 del 23 gennaio 1967, Rv. 325948. 12 In dottrina è controverso se sia possibile dedurre come fatto risolutore una circostanza oggettivamente trascurabile 21. Più articolata è l’ipotesi nella quale l’appaltatore adempia solo in parte, la quale potrebbe ricadere sotto la disciplina degli articoli 1667 e 1668 c.c. Qualora l’opera eseguita non presenti alcuna utilità per il committente, la situazione coincide con quella dell’inadempimento totale, per cui egli può chiedere la risoluzione del contratto e la restituzione del corrispettivo eventualmente già pagato. Se, invece, l’opera può soddisfare, almeno in parte, l’interesse per cui è stata ordinata, il committente può rifiutare, ai sensi dell’articolo 1181 c.c., l’adempimento parziale oppure accettarlo e, anche se la parziale esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, può trattenere la parte di manufatto realizzata e provvedere direttamente al suo completamento. In seguito, potrà chiedere in via giudiziale che il prezzo sia proporzionalmente diminuito e, in caso di colpa dell’appaltatore, il risarcimento del danno. Nell’eventualità in cui la parziale esecuzione del contratto sia imputabile al committente che l’abbia espressamente o tacitamente accettata, l’appaltatore ha, a sua volta, il diritto di invocare, secondo la propria convenienza, la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno, ovvero il pagamento del prezzo proporzionalmente ridotto22. In dottrina è spesso avanzata la tesi che, in presenza di un adempimento parziale, la difformità qualitativa dell’opera sarebbe regolata dalle disposizioni in tema di vizi dell’appalto (articoli 1667 e 1668 c.c.), con la conseguenza che il committente potrebbe optare fra la richiesta di eliminazione della difformità e la quanti minoris, oltre al risarcimento del danno. 21 Contrario E. Lucchini Guastalla, La normativa speciale relativa all’inadempimento dell’appaltatore. Le norme sull’inadempimento in generale applicabili all’appalto d’opera e di servizi, op. cit., 260; a favore D. Rubino – G. Iudica, Dell’appalto, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna – Roma, 1992, 434. 22 Cass., Sez. 2, sentenza n. 3786 del 17 febbraio 2010, Rv. 611321. 13 In presenza di una difformità quantitativa, invece, opererebbe la disciplina delle norme generali sull’inadempimento, per cui potrebbe solo domandare la risoluzione del contratto se l’inadempimento è grave (oltre al risarcimento del danno) 23. Diversa ancora è la situazione che si verifica quando l’appalto ha ad oggetto un’opera plurima e l’unità eseguita ha una sua autonomia rispetto a quella ineseguita. Infatti, il giudice, in questo caso, dovrà verificare se l’inadempimento sia così serio da giustificare la risoluzione del contratto, o se, al contrario, possa solo porsi un problema di riduzione del prezzo. - L’adempimento dell’appaltatore: i vizi e le difformità dell’appalto. Al di fuori dei casi sinora esaminati, l’inadempimento dell’appaltatore che abbia eseguito la sua opera o prestato il suo servizio può manifestarsi sotto forma di un vizio o di una difformità che inficia l’opera realizzata 24, rientranti nell’ambito di applicazione degli articoli 1667 e 1668 c.c. 25 (la tematica dell’articolo 1669 c.c. verrà affrontata in seguito nel corso del presente lavoro). 23 S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, op. cit., 22. 24 Atipica è l’ipotesi del c.d. aliud pro alio, vale a dire il caso dell’appaltatore che realizza un’opera totalmente diversa da quella pattuita. In questa eventualità, il committente può chiedere, in via alternativa, l’azione di garanzia, che si esplica con l’azione di adempimento in forma specifica mediante la eliminazione delle difformità o dei vizi dell’opera o la riduzione del prezzo, salvo il risarcimento dei danni, e la risoluzione del contratto, se le difformità ed i vizi siano tali da rendere l’opera inadatta alla sua destinazione: Cass., Sez. 3, sentenza n. 83 del 12 gennaio 1972, Rv. 355781. 25 In tema di appalto, quando sia richiesta l’eliminazione dei vizi per le opere già eseguite, ma non ancora ultimate, è esclusa l’operatività della speciale garanzia ex articolo 1668 c.c., la quale presuppone il totale compimento dell’opus, mentre può essere fatta valere la comune responsabilità contrattuale ex articoli 1453 e 1455 c.c., non preclusa dalle disposizioni di cui agli articoli 1667 e 1668 c.c., i quali integrano, senza negarli, i normali rimedi in materia di inadempimento contrattuale: Cass., Sez. 2, sentenza n. 1186 del 22 gennaio 2015, Rv. 633973; Cass., Sez. 2, sentenza n. 13983 del 24 giugno 2011, Rv. 618324. Più precisamente, le disposizioni speciali in tema di inadempimento del contratto di appalto (articoli 1667, 1668 e 1669 c.c.) integrano, ma non escludono, l’applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale, che sono applicabili ove non ricorrano i presupposti delle norme particolari, nel senso che la comune responsabilità 14 Queste disposizioni forniscono da un lato una protezione rafforzata del creditore, il quale godrebbe di una pluralità di opzioni a cui fare ricorso ove l’appaltatore sia inadempiente, dall’altro aggravano la sua posizione, imponendogli l’onere di accertare l’assenza di anomalie riconoscibili e di denunciare le difformità ed i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. L’articolo 1667 c.c. stabilisce che l’appaltatore sia tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera, a condizione che il committente non abbia accettato l’opera ed abbia denunciato i vizi entro 60 giorni dalla scoperta, mentre l’articolo 1668 c.c. dispone che il committente possa domandare, in via alternativa, l’eliminazione dei vizi o delle difformità 26, la riduzione del prezzo o, nei casi più gravi, la risoluzione del contratto, salvo il risarcimento del danno nelle ipotesi di colpa dell’appaltatore. In dottrina è discusso27 se, nella specie, ricorra una garanzia in senso tecnico o se le conseguenze dei vizi e delle difformità siano una sanzione dell’inesatto adempimento dell’obbligazione di fare dell’appaltatore. dell’appaltatore ex articoli 1453 e 1455 c.c. sorge allorquando egli non esegua interamente l’opera o, se la abbia eseguita, si rifiuti di consegnarla o vi proceda con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito, mentre la differente responsabilità dell’appaltatore, inerente alla garanzia per i vizi o difformità dell’opera, prevista dagli articoli 1667 e 1668 c.c., ricorre qualora il suddetto abbia violato le prescrizioni pattuite per l’esecuzione dell’opera o le regole imposte dalla tecnica. Pertanto, nel caso di omesso completamento dell’opera, anche se questa per la parte eseguita risulti difettosa o difforme, non è consentito, al fine di accertare la responsabilità dell’appaltatore per inesatto adempimento, far ricorso alla disciplina della suindicata garanzia, che richiede necessariamente il totale compimento dell’opera: Cass., Sez. 2, sentenza n. 7364 del 9 agosto 1996, Rv. 499107. 26 E’ controverso se il committente possa provvedere egli stesso alle riparazioni, da solo od a mezzo di un terzo, per, poi, chiedere all’appaltatore di tenerlo indenne delle spese sostenute, almeno qualora non provveda ad eseguirle, ove richiesto, o se, al contrario, debba ottenere una sentenza di condanna del giudice. Al riguardo, si segnala Cass., Sez. 2, sentenza n. 169 del 10 gennaio 1996, Rv. 495314, secondo cui: “La responsabilità del costruttore per i vizi della cosa, siano questi riconducibili alla fattispecie regolata dall’art. 1669 cod. civ. o a quella dell’art. 1667 dello stesso codice, non può essere esclusa dall’errata esecuzione di interventi riparatori del committente o dei suoi aventi causa, tenuti a non aggravare le conseguenze del vizio e non a ripararlo”. 27 Sul punto, si legga M. Stolfi, Appalto (contratto di), in Enc. dir., II, Milano, 1958, 660. 15 Nel primo caso, gli articoli in questione si ricollegherebbero ad un’obbligazione distinta rispetto a quella oggetto del rapporto principale, con conseguente irrilevanza della colpa per la sua operatività e dell’imputabilità del vizio all’appaltatore. La tesi opposta, invece, riconduce il sistema in esame alla tematica della responsabilità, la quale è intesa da alcuni autori come responsabilità oggettiva, da altri come colposa. La teoria della garanzia in senso tecnico era sostenuta dalla dottrina minoritaria e dalla giurisprudenza più risalente28, la quale fondava la sua ricostruzione sul testo letterale dell’articolo 1668 c.c., che subordinava formalmente alla colpa dell’appaltatore il risarcimento del danno, ma non la riduzione del prezzo o l’obbligo di eliminazione dei difetti. Detta impostazione si fonda su una nozione di garanzia molto ampia, secondo la quale questa prescinde dall’assunzione di obblighi comportamentali, ma consiste in un rischio contrattuale a carico dell’appaltatore. L’orientamento prevalente è che il regime dei vizi e delle difformità andrebbe inquadrato nell’ambito della responsabilità per inadempimento. La prestazione di garanzia è vista, in tal modo, come contenuto proprio del contratto di appalto, rientrante nello stesso obbligo di fornire la prestazione gravante ordinariamente sull’appaltatore, il quale è già tenuto ad eseguire l’opera esente da vizi o difformità 29. 28 G. Tucci, Garanzia, in Dig. Disc. Priv., Sez. civ., VIII, Torino, 1992, 586; F. Marinelli, La responsabilità civile dell’appaltatore, in Dir. impr., 1986, 135; Cass., Sez. 1, sentenza n. 2360 del 12 settembre 1966, Rv. 324581; Cass., Sez. 2, sentenza n. 4367 del 30 luglio 1982, Rv. 422348, le quali, peraltro, sembrano piuttosto concentrarsi sulla natura oggettiva della responsabilità dell’appaltatore. 29 L. V. Moscarini, L’appalto, in Tratt. di dir. priv. Rescigno, XI, 3, Torino, 1984, 738; Cass., Sez. 2, sentenza n. 1016 del 7 febbraio 1983, Rv. 425783), secondo cui: “La garanzia dell’appaltatore per le difformità ed i vizi della opera si configura, non come una garanzia in senso tecnico, ma come una esplicazione particolare della comune responsabilità per inadempimento, attuabile con la riduzione proporzionale del prezzo o con l’eliminazione delle carenze a spese dell’appaltatore, la quale, secondo l’alternativa della legge, comporta per quest’ultimo l’obbligo di procedere direttamente ai lavori di correzione e riparazione, senza ulteriore compenso, restandone quindi escluso l’onore di rimborsare al committente le spese di rifacimento. Consegue che la domanda del committente di condanna 16 In particolare, dottrina e giurisprudenza30 sono orientate a fondare la responsabilità de qua sulla colpa, con applicazione dell’articolo 1218 c.c. e presunzione di colpa dell’appaltatore, il quale sarebbe tenuto a provare che il vizio o la difformità sarebbero dovuti a causa a lui non imputabile, per l’esattezza ad un fatto specifico, non rilevando la circostanza che l’appaltatore abbia adoperato la diligenza dovuta 31. Il disposto dell’articolo 1668 c.c., che ricollega l’accertamento della colpa al solo risarcimento del danno viene spiegato facendo ricorso ad una interpretazione sistematica degli altri rimedi riconosciuti dall’articolo 1668 c.c. al committente. Quanto all’azione di riduzione del prezzo, questa è considerata espressione del principio di proporzionalità fra le prestazioni, in base a cui la prestazione dell’appaltatore deve essere parametrata al corrispettivo percepito che, pertanto, deve essere ricollegato, nel suo ammontare, alle tecnologie ed all’impegno di cui si è avvalso l’appaltatore medesimo. dell’appaltatore al pagamento della somma necessaria per eliminare i vizi dell'opera non costituisce una mera modalità esecutiva della richiesta di eliminazione dei vizi bensì si inquadra nell'ambito dell’obbligo di riduzione del prezzo, assumendo il riferimento ai vizi funzione parametrica della somma all’uopo richiesta”. 30 D. Rubino – G. Iudica, Dell’appalto, op. cit., 397 ss.; Cass., Sez. 2, sentenza n. 21269 del 5 ottobre 2009, Rv. 609774, secondo la quale “Il committente, il quale agisce nei confronti dell'appaltatore ai sensi dell’art. 1668 cod. civ. per il risarcimento dei danni derivati da vizi o difformità dell'opera, non è tenuto a dimostrare la colpa dell'appaltatore medesimo, in quanto, vertendosi in tema di responsabilità contrattuale, tale colpa è presunta fino a prova contraria”. 31 Trattasi della diligenza qualificata ex articolo 1176, secondo comma, c.c.: Cass., Sez. 1, sentenza n. 22036 del 17 ottobre 2014, Rv. 632828, in base alla quale “L’appaltatore, anche in ipotesi di appalti pubblici, deve realizzare l’opera a regola d’arte, osservando, nell’esecuzione della prestazione, la diligenza qualificata ex art. 1176, secondo comma, cod. civ. che rappresenta un modello astratto di condotta e si estrinseca in un adeguato sforzo tecnico con l’impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell'attività esercitata, volto all’adempimento di quanto dovuto ed al soddisfacimento dell’interesse creditorio, nonché ad evitare possibili eventi dannosi. Ne consegue che l’appaltatore, quand’anche si attenga ad un progetto predisposto dal committente ed alle sue indicazioni per la realizzazione, può essere ritenuto responsabile per i vizi dell’opera se, nell’eseguire fedelmente il progetto e le indicazioni ricevute, non segnali eventuali carenze ed errori, in quanto la prestazione da lui dovuta implica anche il controllo e la correzione di eventuali errori progettuali, ferma la possibile corresponsabilità dell’amministrazione quando il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite dal committente, nei cui confronti è configurabile una responsabilità esclusiva solo se essa abbia rigidamente vincolato l’attività dell’appaltatore, così da neutralizzarne completamente la libertà di decisione”. 17 La presenza di alcuni vizi o difformità indicherà che tale impegno non è stato massimo e che, di conseguenza, il prezzo andrà ridotto. Per ciò che concerne, invece, l’obbligo di eliminare i vizi e le difformità rilevati 32, si ritiene che non sia stato inserito nell’articolo 1668 c.c. un riferimento alla colpa perché il presupposto del rimedio varia a seconda dei casi 33. Se il problema è dipeso da negligenza dell’appaltatore non vi è dubbio che la responsabilità si fondi sulla colpa e che il committente abbia pieno diritto alla sua eliminazione. Qualora il difetto sia sorto nonostante la puntuale applicazione delle regole di perizia tecnica, essendo in concreto inevitabile, non sussiste inadempimento e, pertanto, il committente non può chiedere la rimozione del vizio in quanto la riparazione è impossibile. Più complessa è la situazione nella quale l’appaltatore abbia agito in maniera diligente e con perizia, ma un difetto sia sempre presente ed un intervento sia possibile, pur se maggiormente oneroso. In questo caso, deve ritenersi che il committente possa pretendere dall’appaltatore l’esecuzione delle riparazioni a sue spese, poiché, per il particolare modo in cui si atteggia la responsabilità contrattuale ex articolo 1218 c.c., il debitore che sia inadempiente deve rispondere di ciò a meno che non dimostri l’impossibilità di eseguire la prestazione, a nulla rilevando la mera maggiore onerosità. 32 Qualora l’appaltatore sia inerte, Cass., Sez. 2, sentenza n. 19482 del 16 settembre 2014, Rv. 632716, ha chiarito che l’articolo 1668, primo comma, c.c., va interpretato nel senso che egli ha l’obbligo di eseguire gli interventi di correzione e di riparazione dell’opera senza diritto ad alcun ulteriore compenso, salva la possibilità, per il committente, in caso di rifiuto del primo, di avvalersi del procedimento per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare, e non anche che i vizi debbono necessariamente essere eliminati da un terzo, ponendosi a carico dell’appaltatore il solo rimborso delle spese. 33 S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, op. cit., 58-59. 18 Diversa è l’ipotesi nella quale il vizio non possa essere eliminato in base alla tecnologia esistente al tempo della conclusione del contratto, ma questa si sia evoluta in modo da consentire di risolvere il problema. In linea di principio, l’appaltatore deve rimuovere tale difetto per le stesse ragioni esposte nell’eventualità precedente. Potrebbe porsi, però, la questione se egli non fosse tenuto, in teoria, a rispettare solo il grado di perizia che poteva essere preteso al momento della stipula del contratto, nulla potendo essergli imputato in presenza di un’evoluzione tecnologica 34. Peraltro, la soluzione più favorevole al committente è preferibile, considerato che, ai sensi dell’articolo 1375 c.c., le parti sono tenute ad eseguire il contratto secondo buona fede. In dottrina35 si propone di limitare gli eventuali effetti negativi per l’appaltatore applicando l’articolo 1660 c.c.36, con correlativo suo diritto ad un adeguamento del compenso 37. 34 F. Caringella, Manuale di Diritto Civile, V, I singoli contratti, Roma, 2013, 319, il quale afferma che l’appaltatore deve eseguire l’opera secondo le condizioni stabilite nel contratto e le regole dell’arte vigenti nel periodo di realizzazione dell’opera, come desumibile dagli articoli 1662, comma 2, e 1667, comma 1, c.c. 35 S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, op. cit., 61. 36 In base a cui “Se per l'esecuzione dell’opera a regola d'arte è necessario apportare variazioni al progetto e le parti non si accordano, spetta al giudice di determinare le variazioni da introdurre e le correlative variazioni del prezzo. Se l’importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore può recedere dal contratto e può ottenere, secondo le circostanze, un’equa indennità”. Se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto ed è tenuto a corrispondere un equo indennizzo. 37 Cass., Sez. 2, sentenza n. 10288 del 17 ottobre 1998, Rv. 519800, che ha precisato che: “Il diritto alla revisione del prezzo di appalto per aumento nel costo dei materiali o della mano d’opera è subordinato alla duplice condizione che l’incidenza di esso sul prezzo complessivo sia superiore al decimo e che, usando la diligenza e la perizia media, non fosse prevedibile al momento del contratto di appalto”. 19 Riemerge, peraltro, con frequenza, la tendenza a ricondurre detta responsabilità al paradigma di quella oggettiva, in ragione della particolare ripartizione dei rischi posta in essere dalla disciplina dell’appalto 38, che impone all’appaltatore un’obbligazione di risultato 39 e non di mezzi 40. - L’adempimento dell’appaltatore: i poteri di controllo del committente. Caratteristica fondamentale dell’appalto è l’autonomia di cui gode il debitore. Egli ha una autonomia organizzativa, che concerne l’organizzazione del lavoro, ed un’autonomia tecnica, relativa agli aspetti tecnici dell’opera, che si ricollegano all’assunzione del rischio di impresa. 38 M. Costanza, Perimento e deterioramento dell’opera, in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 65 ss. 39 Cass., Sez. 3, sentenza n. 7515 del 12 aprile 2005, Rv. 584295, la quale ha chiarito che “L’appaltatore che nella realizzazione dell’opera si attiene alle previsioni del progetto altrui può comunque essere ritenuto responsabile per i vizi dell’opera, in quanto, sebbene la obbligazione dell’appaltatore sia di risultato, la sua responsabilità non è oggettiva ma è commisurata alla diligenza e alla perizia necessarie nel caso concreto e secondo il parametro di cui all’art. 1176, secondo comma, del codice civile. In particolare, nel caso in cui il committente abbia predisposto il progetto dell'opera e fornito indicazioni sulla sua realizzazione, l’appaltatore deve comunque segnalare al committente le carenze e gli errori al fine di poter realizzare l’opera a regola d’arte, con la conseguenza che, in caso contrario, egli è comunque responsabile anche se ha eseguito fedelmente il progetto e le indicazioni, mentre va esente da responsabilità se il committente, reso edotto delle carenze e degli errori, gli abbia chiesto di dare egualmente esecuzione al progetto o abbia ribadito le indicazioni, riducendosi in tale ipotesi l’appaltatore al rango di "nudus minister"”. 40 Sul punto Cass., Sez. 2, sentenza n. 4876 del 28 febbraio 2014, Rv. 630192, la quale ha affermato che “Le obbligazioni, siano esse "di risultato" o "di mezzi ", sono sempre finalizzate a riversare nella sfera giuridica del creditore una "utilitas" oggettivamente apprezzabile, fermo restando che, nel primo caso, il risultato stesso è in rapporto di causalità necessaria con l’attività del debitore, non dipendendo da alcun fattore ad essa estraneo, mentre nell’obbligazione "di mezzi" il risultato dipende, oltre che dal comportamento del debitore, da fattori ulteriori e concomitanti…... Ne consegue che il debitore "di mezzi" prova l’esatto adempimento dimostrando di aver osservato le regole dell’arte e di essersi conformato ai protocolli dell’attività, mentre non ha l’onere di provare che il risultato è mancato per cause a lui non imputabili”. 20 Si deve escludere, in linea di principio, che il committente abbia poteri di ingerenza sul primo tipo di autonomia, mentre, dal punto di vista tecnico, l’appaltatore può incontrare dei limiti. Detti limiti, innanzitutto, consistono nel potere per il committente di fornire un progetto, che l’appaltatore deve rispettare, salvo modifiche autorizzate ex articolo 1659 c.c.41 e sempre che le variazioni non siano necessarie per il rispetto delle prescrizioni della tecnica, circostanza che rende possibile cambiare il progetto, eventualmente con l’intervento del giudice in ipotesi di disaccordo fra le parti (articolo 1660 c.c.). Inoltre, ai sensi dell’articolo 1661 c.c., il committente può apportare variazioni al progetto, purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto, mentre l’appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell’opera era stato determinato globalmente, a condizioni che tali variazioni, pur essendo contenute nei limiti suddetti, non importino notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi nelle singole categorie di lavori previste nel contratto per l’esecuzione dell’opera medesima. Oltre a tali poteri, il committente può vigilare, pure avvalendosi di un direttore dei lavori, sull’esecuzione ex articolo 1662 c.c. e, qualora ravvisi che le prescrizioni contrattuali e le regole dell’arte non siano state rispettate, ha la facoltà di fissare un congruo termine entro cui l’appaltatore deve conformarsi a tali condizioni. Ove questo sia spirato inutilmente42, il contratto si risolve43, salvo il risarcimento del danno. 41 Che stabilisce: “L’appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute dell’opera se il committente non le ha autorizzate. L'autorizzazione si deve provare per iscritto. Anche quando le modificazioni sono state autorizzate, l’appaltatore, se il prezzo dell’intera opera è stato determinato globalmente, non ha diritto a compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo diversa pattuizione”. 42 La previsione di questo rimedio è comunemente considerata una eccezione ai principi generali in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, poiché troverebbe applicazione in presenza di un’obbligazione ancora in fase di attuazione ed opererebbe pure quando l’opera non sia del tutto inadatta alla sua destinazione ed ove l’inadempimento sia temporaneo e di scarsa importanza: Cass., Sez. 2, sentenza n. 2653 del 4 marzo 1993, Rv. 481240. 21 Il potere di controllo del committente deve, però, essere esercitato in buona fede e, quindi, con modalità che non ostacolino i lavori ritardandoli. D’altro canto, l’appaltatore deve agevolare detto controllo e verificare egli stesso se il progetto e le istruzioni ricevute rispondano alle prescrizioni dell’arte e della sicurezza, denunciando ogni anomalia 44. I poteri di ingerenza del committente incidono non poco sull’adempimento e sull’ambito della responsabilità dell’appaltatore. Infatti, da un lato l’appaltatore è responsabile del mancato rispetto delle regole dell’arte, dall’altro egli dovrebbe andare esente da responsabilità ogni volta che il difetto di corrispondenza dell’opus alle prescrizioni discenda dalla fedele esecuzione di un progetto o di direttive errati. La giurisprudenza sul punto ha chiarito che i poteri del committente non possono essere esercitati in modo da escludere l’autonomia dell’appaltatore rendendolo un nudus minister, con la conseguenza che l’appaltatore deve accertare che il progetto e le istruzioni rispettino le regole dell’arte e, qualora ravvisi dei problemi, deve avvisare il committente, altrimenti rimanendo responsabile per la non adeguata esecuzione dei lavori 45. 43 E’ discusso se tale risoluzione sia una specie di quella prevista dall’articolo 1454 c.c. Il fatto che possa avvenire in corso d’opera sembrerebbe portare ad escluderlo. D’altronde, la giurisprudenza sembra ammettere l’applicazione dei rimedi di cui agli articoli 1453 ss. c.c. anche in tale fase: Cass., Sez. 2, sentenza n. 5828 del 14 giugno 1990, Rv. 467753, secondo cui: “La disposizione dell’art. 1662, secondo comma, cod. civ., in base alla quale il committente può fissare un termine entro il quale l’appaltatore deve conformarsi nell’esecuzione dell’opera alle condizioni stabilite dal contratto non esclude il rimedio generale previsto dagli artt. 1453 e seguenti cod. civ., e cioè la declaratoria di risoluzione per inadempimento, indipendentemente dalla diffida del committente, nel caso in cui la situazione verificatasi a causa dell’inadempimento dell’appaltatore venga ritenuta come irrimediabilmente compromessa”. 44 Ciò in applicazione analogica del disposto dell’articolo 1663 c.c., in base al quale “L’appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita, se si scoprono nel corso dell’opera e possono comprometterne la regolare esecuzione”. 45 Cfr. Cass., Sez. 2, sentenza n. 8016 del 21 maggio 2012, Rv. 622408: “L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove 22 Il regime della responsabilità non è lo stesso, però, a seconda che i danni siano lamentati dal committente o da un soggetto terzo rispetto al contratto di appalto. In quest’ultimo caso, l’eventuale incidenza dell’intervento del committente non può essere opposta, in linea di principio, al terzo 46. La giurisprudenza ha precisato che l’appaltatore, in ragione dell’autonomia che caratterizza la sua posizione, è l’unico responsabile dei danni derivati a terzi dalla realizzazione dell’opera. Peraltro, una corresponsabilità del committente può configurarsi in presenza di una specifica violazione di regole di cautela nascenti ex articolo 2043 c.c., ovvero nell’ipotesi in cui l’evento sia riferibile al committente stesso per culpa in eligendo per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea ovvero quando l’appaltatore, in base agli accordi, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive. E’ stato chiarito che la possibilità che il committente risponda sulla base dell’articolo 2043 c.c. per la violazione di regole di cautela non determina, a suo carico, un obbligo generale di supervisione dell’attività dell’appaltatore che il terzo danneggiato possa comunque far valere nei suoi confronti, poiché la funzione di controllo è assimilabile a un potere che può essere riconosciuto nei rapporti interni fra queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori”. 46 Cass., Sez. 2, sentenza n. 5981 del 22 giugno 1994, Rv. 487154, secondo cui “Il principio in base al quale l’autonomia e la responsabilità dell’appaltatore nell’esecuzione dell’opera non vengono meno per il fatto che egli abbia ottemperato a specifiche richieste o direttive del committente opera a tutela dei diritti assoluti dei terzi che possono subire lesioni per effetto della supina esecuzione da parte dell'appaltatore di dette direttive, ma non anche nei rapporti interni tra appaltatore (o prestatore d’opera) e committente, nei quali obbligo del primo è solo quello di prospettare al secondo gli inconvenienti tecnici ed eventualmente i pericoli derivanti dall’esecuzione dell’opera secondo le sue direttive e richieste, ma non quello di rifiutare il compimento dell’opera stessa….”. 23 committente e appaltatore, ma solo eccezionalmente può assumere rilevanza nei confronti dei terzi. In particolare, è stato affermato che un dovere di controllo di origine non contrattuale gravante sul committente al fine di evitare che dall’opera derivino lesioni del principio del neminem laedere può essere configurato solo con riferimento alla finalità di evitare specifiche violazioni di regole di cautela 47. Pertanto, i terzi possono liberamente invocare la responsabilità aquiliana dell’appaltatore per i danni a loro arrecati dai lavori, mentre possono convenire anche il committente, a titolo di concorso 48, solo nei seguenti casi: a- se sono state violate regole di cautela nascenti ex articolo 2043 c.c.; b- qualora l’evento sia riferibile al committente stesso per culpa in eligendo in quanto aveva affidato l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea; c- quando l’appaltatore sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive. E’ discusso se l’articolo 1227 c.c. trovi applicazione in favore dell’appaltatore e nei confronti del committente. La tesi maggioritaria è contraria49, in quanto l’appaltatore, in ragione della sua competenza, dovrebbe essere in grado di evitare il vizio o di segnalarlo prontamente al committente. 47 Cass., Sez. 3, sentenza n. 24320 del 30 settembre 2008, Rv. 604765; Cass., Sez. 3, sentenza n. 13131 del 1° giugno 2006, Rv. 590623. 48 La responsabilità sarà solidale ex articolo 2055 c.c. 49 G. Musolino, Il contratto d’opera professionale, Milano, 1999, 189. 24 La stessa giurisprudenza ha individuato una responsabilità del committente per i danni causati dall’opera solo con riferimento all’articolo 1669 c.c. (che sarà oggetto di trattazione nel successivo paragrafo). Essa ha chiarito che la disciplina dell’articolo 1669 c.c. si applica non solo nei confronti dell’appaltatore, ma anche del progettista, del direttore dei lavori e dello stesso committente che si sia avvalso di detti ausiliari, i quali tutti possono essere chiamati a risarcire il danno integralmente. Peraltro, la relativa responsabilità è stata ritenuta esulare dai limiti del rapporto contrattuale intercorso tra le parti, per assumere la configurazione propria della responsabilità da fatto illecito 50. E’ stato riconosciuto, comunque, un possibile ambito di applicazione dell’articolo 1227 c.c. per alleggerire la posizione dell’appaltatore ove altri soggetti, quali il direttore dei lavori, abbiano causato l’inadempimento. Così, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato, occupandosi di un appalto di opere pubbliche (ma deve ritenersi che il principio abbia portata generale), che l’appaltatore resta obbligato a realizzare l’opera a regola d’arte, anche nel caso in cui l'Amministrazione committente abbia predisposto il progetto e fornito indicazioni sulla relativa realizzazione51. La sua responsabilità, quindi, non viene meno indipendentemente dalla nomina del direttore dei lavori, il cui concorso di colpa può determinare una riduzione del risarcimento, ai sensi dell’articolo 1227, primo comma, c.c. Corresponsabile assieme all’appaltatore può essere, ovviamente, anche il progettista. In ogni caso, essi risponderanno solidalmente52, con possibilità di azionare il diritto di regresso 53. 50 Cass., Sez. 2, sentenza n. 4900 del 26 aprile 1993 Rv. 482050. 51 Cass., Sez. 1, sentenza n. 15784 del 2 luglio 2010, Rv. 613928. 52 Cass., Sez. 2, sentenza n. 14650 del 27 agosto 2012, Rv. 623883, che afferma: “In tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti 25 E’ evidente che la presenza in cantiere di un direttore dei lavori dotato di specifica competenza potrà più facilmente comportare una riduzione della responsabilità dell’appaltatore. Al contrario, un progetto contenente già errori dovrà, in linea di principio, essere contestato da subito dall’appaltatore stesso, con la conseguenza che sarà improbabile rinvenire un concorso di colpa che ne attenui la responsabilità. Si ritiene in dottrina54 che il committente possa domandare in genere al progettista ed al direttore dei lavori solo il risarcimento del danno, ma che nei confronti dell’appaltatore egli possa avvalersi di tutti i rimedi previsti dal codice civile. Alcuni autori 55 affermano che, mentre l’appaltatore risponderà per colpa, con applicazione dell’articolo 1176 c.c., i professionisti potranno invocare il disposto dell’articolo 2236 c.c. abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 cod. civ., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale”. Prima ancora, si legga Cass., Sez. 2, sentenza n. 15124 del 28 novembre 2001, Rv. 550700. 53 La dottrina e la giurisprudenza più risalenti escludevano una responsabilità solidale in questi casi, nascendo la responsabilità dei soggetti in questione da titoli contrattuali diversi, con la conseguenza che ognuno di essi poteva essere chiamato a rispondere per l’intero dal committente, senza potere esercitare un diritto di regresso verso l’altro soggetto responsabile: D. Rubino, Obbligazioni alternative, in solido, divisibili ed indivisibili, in Comm. del cod. civ., Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1985, 139; Cass., Sez. 2, sentenza n. 4531 del 12 luglio 1986, Rv. 447275, la quale afferma che: “L’appaltatore e il progettista dei lavori rispondono entrambi dei vizi e delle difformità dell’opera nei confronti del committente da cui abbiano ricevuto i rispettivi incarichi, ma la loro responsabilità non è solidale, non riferendosi a un unico titolo negoziale, bensì discendendo quella del costruttore dal contratto d’appalto, e quella del progettista dal contratto d’opera professionale. Tuttavia, quest’ultimo non è responsabile verso il committente, ma eventualmente, nei soli confronti dell’imprenditore, qualora sia stato incaricato unicamente da quest’ultimo della redazione del progetto edilizio”. 54 S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, op. cit., 86; M. Sandulli, Autonomia e responsabilità dell’appaltatore, in Riv. giur. edil., 1977, 14. 55 S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, op. cit., 87; contra: P. Caliceti, Il progettista e le sue responsabilità, in L’appalto privato, Trattato diretto M. Costanza, Torino, 2000, 348 ss.; Cass., Sez. 2, sentenza n. 4921 del 27 aprile 1993, Rv. 482073. 26 Peraltro, occorre tenere conto del dibattito attualmente in corso in dottrina e giurisprudenza, che tende a dare sempre meno importanza alla tradizionale distinzione tra obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato 56. E’ maturato, così, un diverso approccio verso la disciplina della responsabilità del professionista intellettuale. In particolare, si è addivenuti al convincimento secondo cui la regola di cui all’articolo 2236 c.c. non assume natura derogatoria rispetto alla disciplina generale della responsabilità da inadempimento, ma mira solo ad invitare l’interprete a considerare che talvolta la prestazione richiesta al professionista intellettuale assume particolari profili di rischio e, pertanto, richiede un diverso criterio di valutazione della condotta del debitore57. Questa evoluzione ha progressivamente condotto ad individuare autonomi profili di responsabilità del progettista, sia nei confronti del committente, che dei terzi danneggiati dall’esecuzione di un appalto svoltosi in attuazione di un progetto errato 58. Va ricordato che spesso la progettazione non viene più svolta solamente da professionisti intellettuali, poiché ad essi si sono affiancate anche le società di ingegneria (o engineering), che svolgono la medesima attività, nonché una serie di altre prestazioni connesse all’esecuzione di un contratto di appalto, attraverso una struttura formalmente societaria, dietro la quale si colloca l’attività individuale di singoli professionisti. 56 G. D’Amico, Responsabilita`per inadempimento e distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, Riv. dir. civ., 2006, I, 141. 57 Sul punto si legga Cass., Sez. 2, sentenza 21110 del 4 novembre 2004, Rv. 577950, la quale chiarisce che “In tema di prestazione di opera intellettuale, il professionista, dovendo adempiere l’incarico con la diligenza del buon padre di famiglia, risponde anche per colpa lieve, qualora non assolva l’onere probatorio della necessità della soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (in tale ipotesi risponde solo per dolo o colpa grave)”. 58 A. Nervi, Le parti del contratto, in I contratti di appalto privato, a cura di Cuffaro V., Torino, 2011, 92-94. 27 Si assiste, così, ad una spersonalizzazione della progettazione, che conduce all’esito di ritenere applicabili, in punto di responsabilità, proprio i criteri previsti per l’appaltatore e basati sull’assunzione del rischio e sulla tensione verso il risultato 59. Nel caso in cui l’appaltatore sia ridotto al rango di nudus minister, ovviamente egli non può essere chiamato dal committente a rispondere dell’esecuzione delle sue direttive vincolanti, mentre non potrà eccepire tale situazione a sua difesa nei confronti dei terzi danneggiati. Si pone, peraltro, la questione se l’appaltatore nudus minister mantenga ancora la sua qualifica o se, al contrario, in presenza di una presenza costante e penetrante del committente, il rapporto non si trasformi in lavoro subordinato. In questa ipotesi, soprattutto ove il committente sia un imprenditore, si afferma la nullità del contratto per illiceità della causa, in quanto concluso in violazione del divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro, con conseguente responsabilità solidale dell’appaltante per il pagamento delle retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore60. 59 60 A. Nervi, Le parti del contratto, op. cit., 94. Cass., Sez. L, sentenza n. 16788 del 21 luglio 2006, Rv. 592098, secondo cui “La nozione di appalto di manodopera o di mere prestazioni di lavoro, vietato dall'art. 1 della legge n. 1369 del 1960, in mancanza di una definizione normativa, va ricavata tenendo anche conto della previsione dell’art. 3 della stessa legge concernente l’appalto (lecito) di opere e servizi all’interno dell'azienda con organizzazione e gestione propria dell’appaltatore; ne consegue che l’ipotesi di appalto di manodopera è configurabile sia in presenza degli elementi presuntivi considerati dal terzo comma del citato art. 1 (impiego di capitale, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante), sia quando il soggetto interposto manchi di una gestione di impresa a proprio rischio e di un’autonoma organizzazione - da verificarsi con riguardo alle prestazioni in concreto affidategli -, in particolare nel caso di attività esplicate all’interno dell’azienda appaltante, sempre che il presunto appaltatore non dia vita, in tale ambito, ad un’organizzazione lavorativa autonoma e non assuma, con la gestione dell’esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio di impresa relativo al servizio fornito. Peraltro, con riferimento agli appalti cosiddetti "endoaziendali", che sono caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, va precisato che il richiamato divieto di cui all’art. 1 della legge n. 1369 del 1960 opera tutte le volte in cui l’appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore stesso i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo”. 28 In dottrina61 è opinione comune che verrebbe in essere, nella specie, un contratto atipico che si distaccherebbe dal modello dell’appalto tipico, il c.d. appalto a regia 62 o lavoro in economia (peraltro, la perdita di ogni autonomia e sindacato nei confronti degli ordini del committente deve risultare da specifiche previsioni contrattuali 63, non rilevando il concreto atteggiarsi del rapporto). - La responsabilità dell’appaltatore per rovina o difetti di immobili di lunga durata. L’articolo 1669 c.c. stabilisce che “Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”. 61 S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, op. cit., 90. 62 Cass., Sez. 2, sentenza n. 2752 dell’11 febbraio 2005, Rv. 579525, secondo cui “Nel cosiddetto appalto "a regia", il controllo esercitato dal committente sull’esecuzione dei lavori esula dai normali poteri di verifica ed è così penetrante da privare l’appaltatore di ogni margine di autonomia, riducendolo a strumento passivo dell’iniziativa del committente, sì da giustificarne l’esonero da responsabilità per difetti dell’opera, una volta provato che abbia assunto il ruolo di "nudus minister" del committente”. 63 Si tratta di una clausola di esclusione preventiva della responsabilità con cui il rischio della cattiva riuscita dell’opera è assunto dal solo committente. Questa non copre, però, i casi di dolo o colpa grave dell’appaltatore, o le violazione da parte di quest’ultimo delle norme di ordine pubblico. Così, non potranno essere derogate le disposizioni contenenti prescrizioni sulla sicurezza, dovendo l’appaltatore, in tal caso, risarcire i danni patiti dal committente, verso cui potrà invocare, eventualmente, un concorso di colpa. Si pone, poi, la questione se detta clausola possa essere considerata valida alla luce della normativa di cui agli articoli 1469 bis ss. c.c., ove il committente sia un mero consumatore e l’appaltatore abbia predisposto unilateralmente tale pattuizione. 29 Secondo una prima impostazione, l’articolo 1669 c.c. delineerebbe, assieme agli articoli 1667 e 1668 c.c., un sistema unitario di responsabilità dell’appaltatore verso il committente64. L’articolo 1669 c.c. si differenzierebbe dalle altre disposizioni solamente per l’oggetto, la durata della garanzia, i termini per azionarla ed i rimedi utilizzabili che, in linea generale, si ridurrebbero alla sola azione risarcitoria 65. Parte della giurisprudenza favorevole a tale tesi ha sostenuto che potesse essere pretesa pure l’eliminazione dei difetti, da intendere come un risarcimento in forma specifica66, quando non come una domanda di liquidazione della somma occorrente per compiere i lavori necessari 67. L’orientamento attuale è, però, ben differente. Si è fatto notare, infatti, che l’articolo 1669 c.c. tutela in maniera rafforzata il committente che riceve la garanzia che l’opera sia solida e duratura, essenziale con 64 Cass., Sez. 1, sentenza n. 1834 del 7 ottobre 1970, Rv. 347816, secondo cui: “La responsabilità dell’appaltatore per la difformità e i vizi della opera (art. 1667 cod. civ.) e quella per la rovina e i gravi difetti degli edifici (art. 1669 cod. civ.), pur essendo regolata dal codice civile in maniera autonoma, costituiscono l’una e l’altra manifestazioni particolari e tipiche della generale e ordinaria responsabilità dello appaltatore per la buona riuscita dell'opera. Da tale comune radice discende la conseguenza che la disciplina dei due tipi di responsabilità differisce solo in quei specifici punti per i quali la legge pone delle Disposizioni particolari, mentre per tutti gli aspetti non regolati appositamente si applicano all’un tipo di responsabilità le regole comuni all’altro….”. 65 Cass., Sez. 2, sentenza n. 2561 del 18 aprile 1980, Rv. 406296, in base alla quale: “La prestazione di cui l’art. 1669 cod. civ. fa obbligo all’appaltatore è una prestazione di somma di danaro e non una prestazione di opera: ciò non impedisce, peraltro, che l’appaltatore possa offrirsi di compiere la ricostruzione dell’immobile o eliminare i gravi difetti, libero restando il committente di accettare l’offerta oppure di pretendere la reintegrazione per equivalente”. 66 Cass., Sez. 2, sentenza n. 10624 del 29 novembre 1996, Rv. 500887, secondo la quale: “L’art. 1669 cod. civ., riferendosi genericamente alla responsabilità dell’appaltatore per il caso di rovina o pericolo di rovina di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, senza precisare la forma con la quale il danno deve essere risarcito e senza, perciò, limitare la responsabilità dell’appaltatore alla particolare forma di tutela della reintegra per equivalente, si ricollega al principio generale che, nei limiti stabiliti dall’art. 2058 cod. civ., prevede l’alternativa possibilità del risarcimento in forma specifica o per equivalente pecuniario e non esclude, quindi, l’ammissibilità della domanda di condanna dell’appaltatore alla eliminazione diretta dei vizi della costruzione”. 67 Cass., Sez. 2, sentenza n. 241 del 22 gennaio 1985, Rv. 438470. 30 riferimento agli immobili di “lunga durata”, nei quali i vizi potrebbero emergere solo decorso molto tempo, con la conseguenza che potrebbe non essere nemmeno più possibile la loro rimozione. La previsione concerne non solo gli edifici, ma gli immobili in generale, quindi pure laghi o corsi d’acqua artificiali. Il suo principale ambito di applicazione riguarda, però, le costruzioni incorporate nel suolo, purché destinate a durare. Pertanto, vi rientrano le sopraelevazioni di piani od edifici, oppure le opere di manutenzione o riparazione di immobili, purché abbiano un effetto dannoso su questi ultimi. Le situazioni che rendono invocabile la norma de qua sono, quindi, la rovina dell’immobile, il pericolo di questa o l’esistenza di gravi difetti. La rovina, che può essere sia totale che parziale, consiste in un dissesto strutturale che compromette l’utilizzabilità della res. I difetti devono essere gravi e possono interessare pure elementi accessori dell’edificio, riducendone significativamente il godimento 68. Gli altri vizi che non rientrano in queste ipotesi sono regolati dagli articoli 1667 e 1668 c.c. La natura della responsabilità in questione dipende, quindi, dalla tipologia degli interessi tutelati. La collocazione sistematica della norma induce gran parte della dottrina 69 a sostenere che verrebbe in rilievo una forma di responsabilità per inadempimento dell’appaltatore, collocandosi l’articolo 1669 c.c. subito dopo le disposizioni di cui agli articoli 1667 ed 1668 c.c., le quali vertono in tema di responsabilità contrattuale. In tale ottica, l’interesse protetto avrebbe natura solo privata, mentre eventuali interessi pubblici o superindividuali che potrebbero essere lesi dall’esecuzione dell’appalto non sarebbero garantiti dalle relative diposizioni, ma da altre collocate 68 Cass., Sez. 2, sentenza n. 8811 del 30 maggio 2003, Rv. 563823. 69 D. Rubino, L’appalto, op. cit., 579. 31 nel settore dell’illecito aquiliano o di natura amministrativa o penale, come, ad esempio, l’articolo 2053 c.c. Questa tesi non nega in assoluto che possa esservi una responsabilità dell’appaltatore verso i terzi, ma ritiene vada regolata dall’articolo 2043 c.c. L’assunto de quo sarebbe corroborato dal fatto che l’articolo 1669 c.c. sanziona il solo appaltatore e non prevede una legittimazione attiva di soggetti differenti dal committente o dai suoi aventi causa. La tesi contrattualistica, però, trova difficoltà a spiegare l’estensione della legittimazione attiva a proporre l’azione agli aventi causa del committente, i quali non sono parte del contratto 70. Altra dottrina risolve il problema sostenendo che l’articolo 1669 c.c. avrebbe carattere meramente contrattuale e sarebbe azionabile, in linea di principio, solo dal committente nei confronti dell’appaltatore. La responsabilità verso gli aventi causa del committente rappresenterebbe una estensione ex lege della legittimazione attiva, dovuta alla circostanza che il proprietario dell’immobile risponde dei danni subiti dai terzi ex articolo 2053 c.c. a titolo di responsabilità oggettiva. L’avente causa, pertanto, potrebbe avvalersi del rimedio ex articolo 1669 c.c. per beneficiare del favorevole regime probatorio. Gli eventuali progettisti e direttori dei lavori sarebbero responsabili dei loro errori, se nominati dall’appaltatore, solo contrattualmente verso quest’ultimo, mentre il committente e gli aventi causa dovrebbero convenire ex articolo 1669 c.c. l’appaltatore medesimo, in quanto egli dovrebbe farsi carico dell’operato dei suoi ausiliari. L’attività dei progettisti e dei direttori dei lavori scelti dal committente, invece, se ad agire è quest’ultimo, rileverebbe nel senso di comportare una riduzione della 70 R. Barbanera, La responsabilità del costruttore per rovina o difetti di cose immobili nel quadro dei rapporti tra la disciplina speciale ex art. 1669 e la norma generale dell’art. 2043 c.c., in Nuova giur. civ. comm., 2000, 138. 32 responsabilità dell’appaltatore, in virtù di un concorso di colpa 71, trattandosi di ausiliari del creditore 72. Se, invece, l’azione ex articolo 1669 c.c. fosse proposta da un avente causa, questi sarebbe legittimato verso l’appaltatore a titolo contrattuale (per l’estensione operata dall’articolo 1669 c.c.), ed a titolo aquiliano ex articolo 2043 c.c. verso il progettista, il direttore dei lavori ed il committente (ove non si tratti di un committente-venditore, nei confronti del quale spetterebbe un’azione contrattuale). In tali ultimi casi, l’appaltatore convenuto potrebbe chiamare in garanzia il committente, il direttore dei lavori ed il progettista, contestando il loro concorso colposo (il committente, però, qualora fosse lui il convenuto, potrebbe convenire in garanzia l’appaltatore ex articolo 1669 c.c.). Questa dottrina, infine, quando l’azione è proposta da un terzo non avente causa, ritiene che la sua tutela dipenda dall’articolo 2053 c.c., da esercitare nei confronti dell’attuale proprietario dell’immobile. 71 Con riferimento all’ipotesi in cui la rovina consegua ad una inadeguata verifica delle condizioni del suolo la giurisprudenza individua ormai una responsabilità solidale fra appaltatore, progettista e direttore dei lavori in favore del committente che trova fondamento nel principio di cui all’articolo 2055 c.c., rientrando nei loro compiti l’indagine sulla natura e consistenza del terreno edificatorio: Cass., Sez. 2, sentenza n. 14650 del 27 agosto 2012, Rv. 623883. L’orientamento più risalente tendeva ad individuare, invece, una responsabilità del solo appaltatore: Cass., Sez. 2, sentenza n. 2725 del 18 marzo 1987, Rv. 451836. 72 Cass., Sez. 2, sentenza n. 4204 del 6 maggio 1987, Rv. 452958, secondo cui: “L’appaltatore è obbligato a controllare la bontà del progetto predisposto o fatto predisporre dal committente e delle istruzioni impartite dal medesimo, ma solo nel limite delle proprie cognizioni tecniche, cioè nel limite in cui le carenze del progetto siano rilevabili con la normale diligenza. Pertanto, nel caso di progetto di una costruzione (o di una speciale palificazione per fondazioni) redatto da un ingegnere o architetto specializzato nei calcoli del cemento armato, se il committente affida, poi, l’esecuzione della opera ad un'impresa che non risulta avere nella propria organizzazione un professionista di capacità tecnica pari a quella del progettista, né stabilisce contrattualmente che ad un tale professionista la impresa appaltatrice debba comunque affidarsi per la realizzazione del manufatto, il committente stesso assume su di sé le conseguenze derivanti dagli errori progettuali quando l’appaltatore non sia in grado di rilevarli con la normale diligenza, ovvero con la applicazione delle ordinarie cognizioni tecniche proprie di un comune imprenditore edile”. 33 Detto proprietario potrebbe, poi, rivalersi, ex articolo 1669 c.c., verso l’appaltatore, se riveste pure la qualifica di committente o se ha acquistato da lui. Ove, invece, egli fosse un terzo privo di relazione con il committente 73, dovrebbe fare ricorso all’articolo 2043 c.c. nei confronti di appaltatore, committente e professionisti incaricati 74. La tendenza più recente è, però, di valorizzare l’esigenza di proteggere la pubblica incolumità e, pertanto, di assicurare la stabilità e solidità dell’edificio, con conseguente riconoscimento del carattere aquiliano della responsabilità ex articolo 1669 c.c. 75. La natura extracontrattuale della responsabilità in questione è, infatti, ormai comunemente accolta dalla giurisprudenza e da parte della dottrina 76. Il coordinamento con l’articolo 2043 c.c. è garantito riconoscendone l’applicabilità quando non sussistono le condizioni per ricorrere all’articolo 1669 c.c., da intendere come norma speciale, finalizzata non a limitare la responsabilità del costruttore, ma ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale. Nel caso in cui si chieda di applicare l’articolo 2043 c.c., peraltro, non opera il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato 73 C. Giannattasio, L’appalto, op. cit., 256. 74 S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, op. cit., 121-126. 75 Cass., Sez. 2, sentenza n. 8140 del 28 aprile 2004, Rv. 572417, secondo cui: “Non configura domanda di adempimento del contratto di appalto - in quanto tale proponibile soltanto dal committente della costruzione e non dall’acquirente della stessa, perché costui è un terzo rispetto a detto contratto - la domanda con cui l’acquirente di un immobile, in base ai difetti costruttivi del medesimo, chiede la condanna del costruttore al pagamento delle somme necessarie per l’eliminazione di detti difetti, perché la domanda di eliminazione diretta degli stessi, ancorché proponibile anche dall’appaltatore nei confronti del committente, costituisce domanda di risarcimento del danno in forma specifica da responsabilità extracontrattuale e non domanda di adempimento del contratto di appalto”. 76 E. Gabrielli, La consegna di cosa diversa, Napoli, 1987, 66. 34 dall’articolo 1669 c.c. 77, poiché chi agisce in giudizio ha l’onere di provare tutti gli elementi richiesti dalla normale responsabilità aquiliana, compresa la colpa del costruttore78. In tal modo, potranno agire in giudizio tutti coloro che avranno subito un danno dalla rovina di un edificio per ragioni riconducibili a vizio del suolo o della costruzione e, quindi, oltre al committente, ogni successivo proprietario del bene, ragionevolmente a prescindere dal fatto di vantare o meno un diritto reale sulla res 79. Potranno adire il giudice, quindi, pure il proprietario di una vettura danneggiata dal crollo di un edificio od il passante rimasto ferito per detta ragione80. Peraltro, in questi ultimi casi sarà più probabile il ricorso da parte loro all’articolo 2053 c.c. 81, disposizione che prevede una responsabilità oggettiva del proprietario82, 77 Cass., Sez. 3, sentenza n. 1026 del 17 gennaio 2013, Rv. 625066, la quale afferma che “La responsabilità extracontrattuale prevista dall'art. 1669 cod. civ. è una responsabilità presunta "iuris tantum””. 78 Cass., Sez. U, sentenza n. 2284 del 3 febbraio 2014, Rv. 629518, secondo cui: “La previsione dell’art. 1669 cod. civ. concreta un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, con carattere di specialità rispetto al disposto dell’art. 2043 cod. civ., fermo restando che - trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilità del costruttore, bensì finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale - ove non ricorrano in concreto le condizioni per la sua applicazione (come nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell’opera) può farsi luogo all’applicazione dell’art. 2043 cod. civ., senza che, tuttavia, operi il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato dall’art. 1669 cod. civ., atteso che spetta a chi agisce in giudizio l’onere di provare tutti gli elementi richiesti dall’art. 2043 cod. civ., compresa la colpa del costruttore”. 79 Cass., Sez. 3, sentenza n. 1748 del 28 gennaio 2005, Rv. 580021; Cass., Sez. 3, sentenza n. 2307 del 2 settembre 1966, Rv. 324497, secondo cui: “Qualora venga richiesto il risarcimento dei danni che si assumono essere stati prodotti dalla caduta di una parte del rivestimento di un edificio condominiale, il convenuto condominio deve ritenersi abilitato ad esercitare la rivalsa contro l’appaltatore in base alla norma di cui all’art.1669 cod. civ., essendo tale norma informata ad esigenze di ordine pubblico, che legittimano alla relativa Azione non solo il committente, ma anche il compratore dell’immobile e, in genere,qualunque terzo che pretenda di essere stato danneggiato dalla rovina o dal pericolo di rovina dell’immobile”. 80 U. Carnevali, Responsabilità ex art. 1669 Codice civile e presunta legittimazione passiva del fornitore di materiali edilizi difettosi, in Resp. civ. prev., 1998, 193. 35 il quale ben potrà chiamare in garanzia il costruttore, ove convenuto ai sensi degli articoli 2043, 2051 o, appunto, 2053 c.c.83. La giurisprudenza ha, pertanto, esteso non poco l’ambito di applicazione della disposizione in esame rispetto a quello desumibile da un interpretazione solo letterale del testo, in ragione della sua natura extracontrattuale. Ne è conseguito che l’articolo 1669 c.c. può essere invocato non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente verso il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera 84. Inoltre, detta responsabilità trova applicazione quando il venditore-costruttore abbia realizzato l’edificio servendosi non solo di mezzi propri, ma pure dell’opera di terzi, se la costruzione sia ad esso riferibile, in tutto o in parte, per aver partecipato in posizione di autonomia decisionale, mantenendo il potere di coordinare lo svolgimento di attività altrui o di impartire direttive ed esercitare la sorveglianza, tramite la progettazione dell’opera o la nomina di un direttore dei lavori 85. 81 Cass., Sez. 2, sentenza n. 22226 del 17 ottobre 2006, Rv. 592967, secondo cui: “A mente dell’art. 840, primo comma, cod. civ., il proprietario di un fondo risponde autonomamente e direttamente, in via generale ai sensi dell’art.2043 cod. civ. e, nel caso di rovina di edificio o di altra costruzione, ai sensi dell’art.2053 cod. civ., dei danni arrecati a terzi a seguito di opere o di escavazioni nel proprio fondo, indipendentemente dalla responsabilità dell’appaltatore che abbia eseguito tali lavori”. 82 Cass., Sez. 3, sentenza n. 1002 del 21 gennaio 2010, Rv. 611048. 83 Si tratta di una garanzia impropria, con la conseguenza che le cause in questione saranno scindibili: Cass., Sez. 3, sentenza n. 1748 del 28 gennaio 2005, Rv. 580023. 84 Cass., Sez. 2, sentenza n. 2238 del 16 febbraio 2012, Rv. 621698. 85 Cass., Sez. 2, sentenza n. 16202 del 23 luglio 2007, Rv. 600438; Cass., Sez. 3, sentenza n. 567 del 13 gennaio 2005, Rv. 579179. 36 Essa è stata estesa, altresì, oltre che all’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, pure al progettista, al direttore dei lavori ed allo stesso committente che abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera, rendendo l’appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini (la giurisprudenza ha ritenuto che il committente fosse responsabile anche in casi non riconducibili alle ipotesi di lavori in autonomia 86). Il presupposto di azionabilità dell’articolo 1669 c.c. è stato individuato, quindi, nella partecipazione alla costruzione dell’immobile in posizione di autonomia decisionale87. E’ controversa l’applicabilità della disciplina sugli appalti anche al fornitore di materiale difettoso. Peraltro, ove il fornitore sia il committente troveranno applicazione le considerazioni di cui sopra. Comunque, si evidenzia che se il difetto o l’inidoneità dei materiali consegnati dal committente è tale da compromettere la regolare esecuzione dell’opera e la relativa scoperta avviene quando questi non sono stati ancora del tutto impiegati, l’appaltatore, oltre a darne avviso al committente, ha l’obbligo di sospendere i lavori o, comunque, di non continuare ad utilizzarli, essendo tenuto a proseguire l’opera impiegandoli soltanto se il committente non acconsenta a sostituirli ed insista per il loro impiego88. L’appaltatore risponderà, però, dei difetti dell’opera qualora accetti senza riserve tali materiali, anche nel caso in cui questi ultimi, sebbene né difettosi né inadatti, richiedano, per la loro corretta utilizzazione, l’osservanza di una particolare 86 Cass., Sez. 2, sentenza n. 12406 del 10 ottobre 2001, Rv. 549583. 87 Cass., Sez. 2, sentenza n. 3406 del 16 febbraio 2006, Rv. 586414. 88 Cass., Sez. 2, sentenza n. 12044 del 17 maggio 2010, Rv. 613324. 37 procedura, il cui eventuale apprendimento è a carico dell'appaltatore ed è esigibile al pari del possesso delle ordinarie nozioni dell’arte89. La giurisprudenza tende a non applicare al fornitore la normativa sull’appalto, a condizione che egli mantenga una posizione di mero esecutore privo di autonomia decisionale90. Peraltro, si è giustamente fatto notare che queste conclusioni possono riguardare il fornitore di materiali prodotti in serie, ma non quello che consegni una fornitura realizzata su misura per uno specifico edificio, il quale andrà trattato alla stregua di un appaltatore91. Ciò non comporta, però, un esonero totale di responsabilità del fornitore in esame, che potrà essere convenuto ex articolo 2043 c.c. 92. Sarà possibile, quindi, la chiamata in causa dei soggetti summenzionati, ove coinvolti nell’attività di fabbricazione, ad opera dell’appaltatore convenuto per primo 93. 89 Cass., Sez. 2, sentenza n. 14220 del 23 giugno 2014, Rv. 631288. 90 Cass., Sez. 1, sentenza n. 13158 del 10 settembre 2002, Rv. 557339. 91 U. Carnevale, Fornitore di materiali difettosi e responsabilità ex art. 1669 Codice civile e presunta legittimazione passiva del fornitore di materiali edilizi difettosi, in Resp. civ. prev., 1998, 153. 92 Cass., Sez. 1, sentenza n. 15504 del 22 luglio 2005, Rv. 584136. 93 Cass., Sez. 2, sentenza n. 8811 del 30 maggio 2003, Rv. 563824, secondo cui: “In tema di appalto ed in ipotesi di responsabilità ex art. 1669 cod. civ. per rovina o difetti dell’opera, la natura extracontrattuale di tale responsabilità trova applicazione anche a carico di coloro che abbiano collaborato nella costruzione, sia nella fase di progettazione o dei calcoli relativi alla statica dell’edificio, che in quella di direzione dell’esecuzione dell’opera, qualora detta rovina o detti difetti siano ricollegabili a fatto loro imputabile. Ne consegue che la chiamata in causa del progettista e/o direttore dei lavori da parte dell’appaltatore, convenuto in giudizio per rispondere, ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., dell’esistenza di gravi difetti dell’opera, e la successiva chiamata in causa di chi ha effettuato i calcoli relativi alla struttura e statica dell’immobile da parte del progettista e/o direttore dei lavori, effettuata non solo a fini di garanzia ma anche per rispondere della pretesa dell’attore, comporta, in virtù di quest’ultimo aspetto, che la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, trattandosi di individuare il responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unico”. 38 Tale estensione dal lato passivo della sfera di applicazione dell’articolo 1669 c.c. non è condivisa da tutta la dottrina. Si è così sostenuto94 che l’articolo 1669 c.c. prescriverebbe una responsabilità oggettiva la quale graverebbe unicamente sull’appaltatore in quanto imprenditore, chiamato a rispondere di tutte le conseguenze ricollegabili alla sua organizzazione e non solo ai suoi ausiliari. In particolare, l’attività edilizia sarebbe da intendere come attività intrinsecamente pericolosa, con la conseguenza che l’articolo 1669 c.c. rappresenterebbe una manifestazione della regola di cui all’articolo 2050 c.c. In presenza di una rovina, l’articolo 1669 c.c. proteggerebbe gli interessi sottesi al contratto di appalto ed a quelli derivati (gli aventi causa), mentre l’articolo 2050 c.c. riguarderebbe i terzi privi di ogni legame negoziale, ancorché indiretto, con il contratto di appalto e l’appaltatore. I professionisti incaricati di progettare l’opera e dirigere i lavori, invece, dovrebbero rispondere o a titolo contrattuale verso il preponente (di solito il committente, il quale potrebbe agire contrattualmente verso di loro ed ex articolo 1669 c.c. con riferimento all’appaltatore 95), o ex articolo 2043 c.c. nei confronti degli altri soggetti lesi, con onere della prova a carico del danneggiato 96. La responsabilità dell’appaltatore ex articolo 1669 c.c. presenta, quindi, rilevanti profili di complessità. E’ interessante notare come, comunque, fra gli autori favorevoli alla tesi contrattualistica sia diffusa l’opinione della sostanziale irrilevanza della corretta qualificazione giuridica di questa forma di responsabilità, almeno quando il conflitto sorga fra il committente, od un suo avente causa, e l’appaltatore. 94 M. Costanza, Perimento e deterioramento dell’opera, in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 70. 95 Cumulando le due azioni ed avvalendosi del disposto dell’articolo 2055 c.c. in tema di solidarietà passiva. 96 S. Polidori, La responsabilità dell’appaltatore, I rapporti fra disciplina generale e norme speciali nell’appalto, op. cit., 112-116. 39 L’unica conseguenza degna di nota sorgerebbe quando si pone il problema di allargare l’ambito soggettivo dei soggetti coinvolti, tale ampliamento essendo possibile solamente ponendosi in una logica aquiliana. E’ riconosciuta, in tal caso, l’insufficienza della tutela garantita al terzo non avente causa del committente, il quale non potrebbe avvalersi della tutela ex articolo 1669 c.c. verso l’appaltatore, di solito il soggetto economicamente più forte, e proprio con tale insufficienza viene spiegata la tendenza della giurisprudenza a riconoscere natura extracontrattuale alla disposizione di cui all’articolo 1669 c.c. Un orientamento minoritario è giunto così a proporre di riconoscere una natura mista alla responsabilità de qua. L’articolo 1669 c.c. avrebbe, infatti, natura contrattuale nei rapporti fra le parti, in ossequio alla sua collocazione sistematica, ma aquiliana erga omnes, data la sua ratio97. - L’adempimento dell’appaltatore: gli obblighi accessori su di lui gravanti. L’appaltatore è tenuto verso il committente, oltre che ad eseguire la prestazione principale, anche ad adempiere a tutta una serie di obblighi accessori, alcuni previsti dalla legge, altri desumibili dai principi del nostro diritto civile. Così, l’articolo 1658 c.c. stabilisce che “La materia necessaria a compiere l’opera deve essere fornita dall’appaltatore, se non è diversamente stabilito dalla convenzione o dagli usi”. Sul punto si deve ribadire, come già accennato in precedenza, che la responsabilità dell’appaltatore per i difetti dell’opera, in caso di sua accettazione senza riserve dei 97 B. Pagliara, La responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, in Dir. prat. ass., 1980, 222. 40 materiali forniti dal committente, sussiste anche nell’ipotesi in cui i predetti materiali, sebbene né difettosi né inadatti, richiedano, tuttavia, per la loro corretta utilizzazione, l’osservanza di una particolare procedura, il cui eventuale apprendimento è a carico dell’appaltatore medesimo 98. Qualora i materiali siano forniti dal committente, l’appaltatore deve custodirli dal momento in cui gli sono consegnati fino a quando li impiega nell’opera. Quest’obbligo si basa sulla funzione stessa del contratto di appalto, in quanto la custodia dei materiali è inscindibilmente collegata all’obbligazione primaria di compiere l’opera. La Suprema Corte di Cassazione ha pure chiarito che l’appaltatore è tenuto ad effettuare l’indagine sulla natura e consistenza del suolo sul quale deve essere realizzato un fabbricato, non rientrando tale attività in quella di direzione dei lavori, che consiste nella verifica della conformità dell’opera al progetto e alle indicazioni del committente. Infatti, nell’appalto sia pubblico che privato, rientra tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore ex articolo 1176 c.c., senza necessità di una specifica pattuizione, il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l’opera deve sorgere, posto che dalla sua corretta progettazione, oltre che esecuzione, dipende il risultato promesso. La scoperta di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire i lavori, quindi, non può essere invocata dall’appaltatore per esimersi dall’obbligo di accertare le caratteristiche idrogeologiche del terreno sul quale l’opera deve essere realizzata e per pretendere una dilazione od indennizzo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti dalla ulteriore durata dei lavori, ancorché vengano in questione strutture o basamenti preesistenti o predisposti dal committente o da terzi, mentre la sua responsabilità è esclusa solo se le condizioni geologiche non siano 98 Cass., Sez. 2, sentenza n. 14220 del 23 giugno 2014, Rv. 631288. 41 accertabili con l’ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali. Pure nell’eventualità che si presentino, in corso d’opera, difficoltà imprevedibili derivanti da cause geologiche, idriche e simili, che potrebbero giustificare l’applicazione dell’articolo 1664, comma secondo, c.c. e il riconoscimento di un equo compenso in ragione della maggiore onerosità della prestazione, deve essere effettuata una valutazione rigorosa dell’imprevedibilità de qua sulla base della diligenza media in relazione al tipo di attività esercitata. Ne consegue che, ove l’appaltatore svolga i compiti di ingegnere progettista e di direttore dei lavori, l’obbligo di diligenza è ancora più rigido, essendo egli tenuto, in presenza di situazioni rivelatrici di possibili fattori di rischio, ad eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari accorgimenti tecnici che garantiscano la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi 99. In solido con l’appaltatore risponderà, qualora risulti che i predetti vizi dipendano da una progettazione inadeguata alle predette condizioni geologiche del terreno, il progettista. Ulteriori obblighi possono essere individuati a carico dell’appaltatore in applicazione dei principi di diligenza, prudenza e perizia che accompagnano il contenuto di qualunque prestazione obbligatoria. In particolare, deve ritenersi che l’appaltatore abbia l’obbligo di esercitare i propri poteri di vigilanza sui lavori anche per contrastare le specifiche direttive e richieste del committente, soprattutto ove queste potrebbero tradursi in un danno per l’opera da realizzare o per i terzi. Pertanto, l’autonomia e la responsabilità dell’appaltatore nell’esecuzione non vengono meno per il solo fatto che egli abbia ottemperato a specifiche richieste o a 99 Cass., Sez. 3, sentenza n. 12995 del 31 maggio 2006, Rv. 591371; Cass., Sez. 1, sentenza n. 3932 del 18 febbraio 2008, Rv. 602005. 42 direttive del committente, sia perché tale circostanza non è idonea a trasformarlo in nudus minister di quest’ultimo, sia perché egli, comunque, non è tenuto a seguire supinamente direttive che importino lesioni di diritti assoluti dei terzi, ai quali non può opporre di avere cagionato il danno nell’adempimento degli obblighi contrattuali assunti verso il committente. La responsabilità dell’appaltatore, con il conseguente obbligo risarcitorio, quindi, non è esclusa neppure in caso di vizi imputabili ad errori di progettazione o direzione dei lavori se egli, accortosi del vizio, non lo abbia tempestivamente denunziato al committente manifestando formalmente il proprio dissenso, ovvero non abbia rilevato i vizi pur potendo e dovendo riconoscerli in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui esigibili nel caso concreto 100. L’appaltatore deve, poi, provvedere anche alla manutenzione dell’opera ed alle riparazioni occorrenti fino al momento della consegna della res al committente101. L’inadempimento dell’appaltatore ai suoi obblighi si tradurrà in una responsabilità dello stesso verso il committente a titolo contrattuale (ed eventualmente aquiliano, ove si traduca in una rovina o nel suo pericolo) ed extracontrattuale nei confronti dei terzi eventualmente danneggiati, i quali potranno agire ex articolo 1669 c.c. od ex articoli 2043 ss. c.c. Occorre ricordare, peraltro, che degli obblighi accessori di prestazione gravano, altresì, sul committente. Egli, infatti, oltre che a pagare il corrispettivo pattuito, è tenuto a cooperare, ponendo in essere quanto necessario affinché l’appaltatore possa iniziare ad eseguire l’opera. Pure in tema di appalto è, quindi, da ritenersi applicabile il principio secondo cui, ai sensi dell’articolo 1206 c.c., il committente è tenuto a cooperare all’adempimento dell'appaltatore, qualora tale cooperazione sia necessaria con riferimento alla 100 Cass., Sez. 2, sentenza n. 8813 del 30 maggio 2003, Rv. 563825. 101 Cass., Sez. 1, sentenza n. 16062 del 21 dicembre 2000, Rv. 542835. 43 particolare portata obiettiva dell’obbligazione pattuita, tale dovere discendendo da quelli più ampi di correttezza e buona fede oggettiva, che impongono all’appaltante di porre in essere le attività, distinte rispetto al comportamento dovuto ed esigibile dall’appaltatore, che siano imprescindibili affinché quest’ultimo possa realizzare e garantire il risultato al quale era stato preordinato il rapporto obbligatorio 102. Il committente, quindi, deve mettere a disposizione il cantiere e fare iniziare i lavori entro il termine pattuito. In mancanza di ciò, l’appaltatore ha diritto ad un indennizzo, se vi sono stati danni, e ad un prolungamento del termine. Il committente deve, altresì, procurare le eventuali autorizzazioni dello Stato o delle pubbliche amministrazioni, nonché l’assenso dei privati che occorrano per completare l’opera. Egli è tenuto, inoltre, a fare cessare tutti gli impedimenti, giuridici o di fatto che ostacolino la realizzazione dei lavori 103. 102 Cass., Sez. 2, sentenza n. 26260 del 22 novembre 2013, Rv. 628330. 103 F. Caringella, Manuale di Diritto Civile, V, I singoli contratti, op. cit., 319; Cass., Sez. 1, sentenza n. 491 del 25 febbraio 1971, Rv. 350137; Cass., Sez. 1, sentenza n. 9795 del 10 maggio 2005, Rv. 582188, secondo cui “In tema di contratto di appalto di opere pubbliche, è inadempiente all’obbligo di consentire l'esecuzione dei lavori il Comune che abbia stipulato il contratto omettendo una preventiva attività d’indagine in relazione al sottosuolo archeologico ed abbia sospeso i lavori lasciando decorrere un tempo irragionevole prima di rilevare l’impraticabilità di ogni progetto di esecuzione degli stessi nella zona, per l’esistenza di testimonianze archeologiche,dovendosi escludere che la causa della sospensione sia qualificabile come forza maggiore, costituita, quale "factum principis", dal denegato nulla osta della Soprintendenza, assumendo rilievo la colpa dell’amministrazione nella mancata attività d’indagine ed accertamento”; Cass., Sez. 1, sentenza n. 3830 del 15 febbraio 2013, Rv. 625144, in base alla quale: “Tra le obbligazioni che scaturiscono, come effetti naturali, dal contratto di appalto, vi è quella, gravante sulla parte committente, di assicurare all’appaltatore, fin dall’inizio del rapporto, e per tutta la durata di questo, la possibilità giuridica e concreta di eseguire il lavoro affidatogli, così che l’inadempimento di tale obbligo (nella specie l’ente territoriale non aveva apportato le varianti necessarie onde consentire la prosecuzione dei lavori), cui non può non corrispondere il diritto dell’appaltatore alla relativa osservanza, è ben suscettibile di assumere, in astratto, valenza ai sensi degli artt. 1453 e ss. cod. civ.”. 44 L’adempimento dell’appaltatore. B) Diritto pubblico La responsabilità dell’appaltatore nell’esecuzione delle obbligazioni derivanti da contratti pubblici è il frutto di una sintesi fra regole dell’Unione europea, disciplina pubblicistica e principi di diritto privato. Al riguardo, l’articolo 2 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (c.d. Codice dei contratti pubblici) stabilisce che, ove non sia diversamente prescritto dallo stesso decreto, l’attività contrattuale dei soggetti pubblici deve svolgersi nel rispetto del codice civile. In particolare, il legislatore ha deciso di separare nettamente la fase dell’affidamento, durante la quale trova piena applicazione il principio pubblicistico di concorrenzialità, che impone la parità di trattamento, la trasparenza, la pubblicità e la non discriminazione, da quella dell’esecuzione, in cui riprendono piena attuazione il sinallagma contrattuale e la regolamentazione privatistica. Sono state previste, comunque, delle deroghe significative: ad esempio, l’articolo 119 del Codice dei contratti pubblici dispone che “La esecuzione dei contratti aventi ad oggetto lavori, servizi, forniture, è diretta dal responsabile del procedimento o da altro soggetto, nei casi e con le modalità stabilite dal regolamento”, mentre l’articolo 118 prescrive che “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice sono tenuti ad eseguire in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto. Il contratto non può essere ceduto, a pena di nullità, salvo quanto previsto nell’articolo 116”. 45 L’attività degli appaltatori deve essere improntata, in primis, al rispetto del principio di buona fede nell’esecuzione contrattuale e deve essere svolta con una diligenza superiore alla media di quella tipica del buon padre di famiglia, applicando le ordinarie regole privatistiche di cui agli articoli 1375 c.c. e 1176 c.c. La diligenza richiesta è quella quam suis, ovvero quella del caso concreto parametrata sulle caratteristiche proprie del sistema di riferimento, per cui è chiesto l’impiego di energie e conoscenze tecniche idonee a garantire l’esatto adempimento della prestazione. Così, pure con riferimento alle opere pubbliche, nonostante il più ristretto margine di autonomia del quale gode rispetto al settore privato, l’appaltatore ha l’obbligo di eseguire l’opera a regola d’arte, anche nel caso in cui la P.A. abbia predisposto il progetto e fornito indicazioni sulla relativa realizzazione. Non viene meno, quindi, la responsabilità dell’appaltatore nei confronti dell’Amministrazione stessa per la negligente esecuzione dell’opera, indipendentemente dalla nomina del direttore dei lavori, il cui concorso di colpa, ove ne sia fornita la prova, può determinare al più una riduzione del risarcimento, ai sensi dell’articolo 1227, primo comma, c.c., assumendo egli la qualifica di organo tecnico straordinario e, quindi, la veste di agente dell’Amministrazione committente104. La parte pubblica, a sua volta, è tenuta, ex articolo 1206 c.c., e, più in generale, in virtù dei principi di correttezza e buona fede oggettiva che permeano la disciplina delle obbligazioni e del contratto, a fare il necessario per consentire all’appaltatore di completare in maniera corretta il suo lavoro 105. In questo contesto, l’elaborazione di varianti in corso d’opera, di norma costituente una mera facoltà della P.A. esercitabile in presenza delle condizioni previste dalla legge, può configurarsi come espressione di un doveroso intervento 104 Cass., Sez. 1, sentenza n. 15784 del 2 luglio 2010, Rv. 613928. 105 Cass., Sez. 1, sentenza n. 12698 del 5 giugno 2014, Rv. 631314. 46 collaborativo del creditore quando la modifica del progetto originario sia resa necessaria da sopravvenute disposizioni imperative, legislative e regolamentari o sulla sicurezza degli impianti. Infatti, in tal caso, se l’opera fosse realizzata secondo le inizialmente progettate modalità costruttive e istruzioni tecniche, l’appaltatore sarebbe esposto a responsabilità per eventi lesivi dell’incolumità e dell’integrità personale di terzi, con la conseguenza che “la perdurante, mancata consegna, da parte della stazione appaltante, benché ritualmente sollecitata, dei progetti di adeguamento dell’opera alle sopravvenute prescrizioni normative, ben può determinare impossibilità della prestazione per fatto imputabile al creditore, sul quale sono destinate a ricadere le conseguenze dell'omessa cooperazione necessaria all’adempimento da parte del debitore”106. Per quanto riguarda il rapporto con i terzi, anche “nell’appalto di opere pubbliche trovano applicazione i principi generali sulla responsabilità dell’appaltatore, che vedono costui, di regola, unico responsabile dei danni cagionati a terzi nell’esecuzione dell’opera, potendosi a questa aggiungere quella dell’amministrazione committente solo qualora il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite dall’amministrazione, mentre una responsabilità esclusiva di quest’ultima resta configurabile solo allorquando essa abbia rigidamente vincolato l’attività dell’appaltatore, così da neutralizzare completamente la sua libertà di decisione” 107. In particolare, “la sola circostanza che il direttore dei lavori non abbia mosso alcun rilievo in ordine alle modalità di esecuzione dell’opera da parte dell’appaltatore non è sufficiente a determinare una qualsiasi responsabilità, nemmeno solidale, dell’amministrazione committente verso i terzi” 108. 106 Cass., Sez. 1, sentenza n. 10052 del 29 aprile 2006, Rv. 588440. 107 Cass., Sez. 3, sentenza n. 14905 del 22 ottobre 2002, Rv. 558016. 108 Cass., Sez. 1, sentenza n. 2328 del 25 febbraio 1993, Rv. 481098. 47 La situazione di nudus minister, la quale potrebbe, in teoria, portare ad escludere la responsabilità dell’appaltatore, è, però considerata sostanzialmente impossibile in materia, considerato che l’appaltatore mantiene sempre un margine di autonomia che può azionare, non essendo obbligato ad eseguire delle direttive del committente che danneggino la sua attività o terzi o che siano in contrasto con la normativa vigente 109. La responsabilità extracontrattuale 110 dell’appaltatore verso i terzi non verrebbe meno, ma troverebbe applicazione il principio (già individuato con riferimento al settore privato) per cui con lui concorrerebbero in solido il committente ed il progettista111. I rimedi in presenza dell’inadempimento dell’appaltatore sono simili a quelli previsti nel settore privato. Il committente, prima dell’ultimazione dell’opera, potrà agire ai sensi degli articoli 1453 ss. c.c., con la particolarità che, ex articolo 136 del decreto legislativo n. 163 del 2006, il grave inadempimento, da rilevare ai fini della risoluzione del contratto, andrà valutato alla luce della buona riuscita dei lavori. Ove l’appaltatore ritardi e non rispetti i tempi concordati per consegnare l’opera, l’articolo 136 del suddetto decreto prevede che il direttore dei lavori possa assegnargli un ulteriore termine, scaduto il quale in maniera infruttuosa la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, delibera la risoluzione del contratto 112. 109 D. Chindemi, Obbligo di collaborazione della Pubblica Amministrazione nell’appalto pubblico, in Nuova Giur. Civ., 2007, 1-12. 110 Colposa, come per l’appaltatore privato. 111 F. Caringella – M. Giustiniani, Manuale di diritto amministrativo, IV, I contratti pubblici, Roma, 2014, 1484- 1485. 112 L’articolo 136 in questione dispone che: 48 In presenza di vizi e difformità troveranno applicazione gli articoli 1667 ed 1668 c.c., con alcune deroghe previste dalla legge. L’articolo 141, comma 10, del decreto legislativo n. 163 del 2006 stabilisce, infatti, che “Salvo quanto disposto dall’articolo 1669 del codice civile, l’appaltatore risponde per la difformità e i vizi dell'opera, ancorché riconoscibili, purché denunciati dal soggetto appaltante prima che il certificato di collaudo assuma carattere definitivo” (vale a dire, di norma, entro due anni dalla sua emissione). La principale differenza rispetto all’appalto privato 113 è rappresentata dal fatto che la responsabilità dell’appaltatore permane anche in presenza di vizi o difformità “1. Quando il direttore dei lavori accerta che comportamenti dell'appaltatore concretano grave inadempimento alle obbligazioni di contratto tale da compromettere la buona riuscita dei lavori, invia al responsabile del procedimento una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente e che devono essere accreditati all'appaltatore. 2. Su indicazione del responsabile del procedimento il direttore dei lavori formula la contestazione degli addebiti all'appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento. 3. Acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni, ovvero scaduto il termine senza che l'appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento dispone la risoluzione del contratto. 4. Qualora, al di fuori dei precedenti casi, l'esecuzione dei lavori ritardi per negligenza dell'appaltatore rispetto alle previsioni del programma, il direttore dei lavori gli assegna un termine, che, salvo i casi d'urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, per compiere i lavori in ritardo, e dà inoltre le prescrizioni ritenute necessarie. Il termine decorre dal giorno di ricevimento della comunicazione. 5. Scaduto il termine assegnato, il direttore dei lavori verifica, in contraddittorio con l'appaltatore, o, in sua mancanza, con la assistenza di due testimoni, gli effetti dell'intimazione impartita, e ne compila processo verbale da trasmettere al responsabile del procedimento. 6. Sulla base del processo verbale, qualora l'inadempimento permanga, la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, delibera la risoluzione del contratto”. 113 F. Caringella – M. Giustiniani, Manuale di diritto amministrativo, IV, I contratti pubblici, op. cit., 1491-1495. 49 riconoscibili e non rilevati in sede di collaudo, purché denunciati prima che il relativo certificato diventi definitivo. Il responsabile del procedimento ha uno specifico obbligo di segnalare i vizi e le difformità insorti nel biennio e l’appaltatore è tenuto a rimuoverli, ancorché il committente abbia versato il saldo dell’opera o la abbia presa in consegna anticipatamente. L’appaltatore, poi, può essere tenuto, in caso sia stato pattuito, pure a raggiungere determinati risultati una volta terminati i lavori ed a fornire garanzie per l’esatto adempimento di tale impegno (articoli 229, 230 e 231 del D.P.R. n. 207 del 2010). L’articolo 227 del DPR n. 207 del 2010 stabilisce che “Riscontrandosi nella visita di collaudo difetti o mancanze riguardo all’esecuzione dei lavori tali da rendere il lavoro assolutamente inaccettabile, l’organo di collaudo rifiuta l’emissione del certificato di collaudo e procede a termini dell’articolo 232. 2. Se i difetti e le mancanze sono di poca entità e sono riparabili in breve tempo, l’organo di collaudo prescrive specificatamente le lavorazioni da eseguire, assegnando all’esecutore un termine; il certificato di collaudo non è rilasciato sino a che da apposita dichiarazione del direttore dei lavori, confermata dal responsabile del procedimento, risulti che l’esecutore abbia completamente e regolarmente eseguito le lavorazioni prescrittegli, ferma restando la facoltà dell’organo di collaudo di procedere direttamente alla relativa verifica. Nel caso di inottemperanza da parte dell’esecutore si applicano le disposizioni di cui all’articolo 224, comma 3. 3. Se infine i difetti e le mancanze non pregiudicano la stabilità dell’opera e la regolarità del servizio cui l’intervento è strumentale, l’organo di collaudo determina, nell’emissione del certificato, la somma che, in conseguenza dei riscontrati difetti, deve detrarsi dal credito dell’esecutore”. 50 In pratica, se i difetti sono molto gravi, viene informata la stazione appaltante, la quale prenderà le misure necessarie, eventualmente irrogando delle penali. Nel caso di vizi riparabili in breve tempo e di lieve entità, in pratica è previsto un rimedio simile a quello dell’articolo 1668 c.c. (con la differenza che le procedure da seguire sono regolate nel dettaglio), anche perché, ove l’appaltatore non li rimuova, l’organo di collaudo può stabilire che vi si provveda d’ufficio, a spese dell’appaltatore, deducendo la spesa dal suo residuo credito (articolo 224, comma 3, del DPR n. 207 del 2010). Infine, se i difetti sono di modesta gravità, l’organo di collaudo quantifica direttamente la somma che andrà detratta dal saldo finale, in pratica operando una riduzione del prezzo ex articolo 1668 c.c. Agli appalti pubblici si applicano, senza particolari deroghe, gli articoli 1673 114 e 1669 c.c. La stazione appaltante potrà ottenere il risarcimento dei danni subiti per colpa dell’appaltatore L’appaltatore è tenuto, altresì, ex articolo 129, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006, a stipulare delle polizze assicurative, fra cui una per la responsabilità civile verso terzi, della durata di dieci anni, a copertura dei rischi di rovina totale o parziale dell’opera, ovvero dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi 115. 114 Se, per causa non imputabile ad alcuna delle parti, l’opera perisce o è deteriorata prima che il committente la accetti o sia messo in mora per la verifica, del perimento o del deterioramento risponde l’appaltatore, qualora questi abbia fornito la materia. Se detta materia è stata messa a disposizione, in tutto o in parte, dal committente, la responsabilità del perimento o del deterioramento grava sul committente medesimo per quanto riguarda ciò che è stato da lui dato, e, per il resto, sull’appaltatore. 115 L’articolo 129 in questione dispone che: 51 La tematica dell’adempimento dell’appaltatore nel settore degli appalti pubblici merita di essere esaminata pure prendendo in considerazione l’eventualità in cui egli abbia una composizione plurisoggettiva (ad esempio, consorzi o raggruppamenti temporanei di imprese), come previsto dall’articolo 34 del decreto legislativo n. 163 del 2006 116. “1. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 75 e dall’articolo 113, l’esecutore dei lavori è altresì obbligato a stipulare una polizza assicurativa che tenga indenni le stazioni appaltanti da tutti i rischi di esecuzione da qualsiasi causa determinati, salvo quelli derivanti da errori di progettazione, insufficiente progettazione, azioni di terzi o cause di forza maggiore, e che preveda anche una garanzia di responsabilità civile per danni a terzi nell’esecuzione dei lavori sino alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o di regolare esecuzione. 2. Per i lavori il cui importo superi gli ammontare stabiliti con decreto del Ministro delle infrastrutture, l’esecutore è inoltre obbligato a stipulare, con decorrenza dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione, una polizza indennitaria decennale, nonché una polizza per responsabilità civile verso terzi, della medesima durata, a copertura dei rischi di rovina totale o parziale dell’opera, ovvero dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi. 3. Con il regolamento è istituito, per i lavori di importo superiore a 100 milioni di euro, un sistema di garanzia globale di esecuzione operante per gli appalti pubblici aventi ad oggetto lavori, di cui possono avvalersi i soggetti di cui all’articolo 32, comma 1, lett. a), b) e c). Il sistema, una volta istituito, è obbligatorio per tutti gli appalti aventi ad oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 75 milioni di euro”. 116 L’articolo 34, comma 1, prescrive che: “Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici i seguenti soggetti, salvo i limiti espressamente indicati: a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, le società commerciali, le società cooperative; b) i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443; c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all’articolo 36; d) i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c), i quali, prima della presentazione dell'offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, 52 Inoltre, va approfondito il caso in cui ricorra la figura del c.d. avvalimento. Questo consiste nella facoltà dell’impresa che partecipa ad una gara per l’affidamento di un appalto pubblico (c.d. ausiliata) di avvalersi dei requisiti economici, finanziari, tecnici e organizzativi di un’altra impresa (c.d. ausiliaria) che non partecipa direttamente all’appalto e non è aggiudicataria di prestazioni, ma fornisce solo la propria capacità produttiva, i suoi mezzi ed il suo know-how (articolo 49 del decreto legislativo n. 163 del 2006) 117. Ne consegue che l’appaltatore formale può assumere gli impegni derivanti dal contratto ricorrendo a mezzi e strutture altrui, con una parziale spersonalizzazione delle prestazioni contrattuali. La legge mira a garantire un equilibrio fra l’esigenza di fare partecipare indirettamente all’appalto soggetti estranei al contratto e la protezione dell’interesse qualificato mandatario, il quale esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo 37; e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all'articolo 2602 del codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo 37; e-bis) le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter, del decretolegge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33; si applicano le disposizioni dell’articolo 37; f) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo 37; f-bis) operatori economici, ai sensi dell’articolo 3, comma 22, stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi”. 117 L’avvalimento avviene per mezzo di un contratto che può assumere varie forme, come il subappalto, l’affitto di azienda, il franchising ecc. (Cons. St., Sez. V, n. 645 del 7 febbraio 2003), ed oggetto di esso possono essere diversi requisiti, materiali od immateriali. I rapporti fra subcontratto ed avvalimento hanno dato luogo a contrasti in giurisprudenza e sul punto è intervenuta, per fare chiarezza in ordine alla possibilità per l’impresa ausiliaria di divenire subappaltatore, la circolare n. 4536 del 30 ottobre 2012 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. 53 del committente pubblico, in particolare la sussistenza dei requisiti in primis tecnici per l’esecuzione dell’avvalimento (è richiesta, in particolare, una dichiarazione di impegno a fornire per la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente: comma 2 dell’articolo 49 del decreto legislativo n. 163 del 2006). E’ prevista, così, una responsabilità solidale (a titolo di garanzia) tra impresa ausiliaria e stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto. Se l’avvalimento ha ad oggetto i requisiti c.d. soggettivi, vale a dire quelli non direttamente collegabili con la prestazione dell’appaltatore, ricorre un avvalimento c.d. di garanzia, poiché l’impresa ausiliaria mette a servizio dell’aggiudicataria la propria solidità economica e finanziaria118. La responsabilità dell’impresa ausiliaria è stata spesso ricondotta al modello della garanzia personale di tipo fideiussorio 119 e dubbi sono sorti in giurisprudenza in ordine all’estensione della detta garanzia, contrapponendosi la tesi di chi riteneva che potesse riguardare ogni prestazione oggetto dell’appalto 120, a quella di chi la riferiva solo al contenuto dell’avvalimento 121. Figura ancora diversa è quella del c.d. avvalimento atipico previsto dall’articolo 160 bis del decreto legislativo n. 163 del 2006 122 che permette al concorrente di 118 Tar Veneto, Sez. I, n. 319 dell’8 marzo 2012. 119 F. Cintioli, L’avvalimento tra principi di diritto comunitario e disciplina dei contratti pubblici, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2011, 6, 1421 ss. 120 Tar Campania, Napoli, Sez. I, 6 dicembre 2010, n. 26798. 121 Tar Lazio, Roma, Sez. III-ter, 27 dicembre 2007, n. 14081. 122 Che stabilisce: “1. Per la realizzazione, l’acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti tenuti all’applicazione del presente codice possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria, che costituisce appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo. 2. Nei casi di cui al comma 1, il bando, ferme le altre indicazioni previste dal presente codice, determina i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed 54 utilizzare, per partecipare al contratto, un ausiliario che fornisce dei requisiti di carattere finanziario, anche in deroga alla disciplina dell’associazione temporanea di impresa. Il soggetto finanziatore non può essere il titolare della prestazione, essendo privo dei requisiti di impresa necessari per eseguire l’opera, e, quindi, il regime di responsabilità tipico dell’avvalimento è sostituito da forme autonome e distinte di responsabilità tra appaltatore e soggetto finanziatore 123. estetiche dell’opera, i costi, i tempi e le garanzie dell’operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell’offerta economicamente più vantaggiosa. 3. L’offerente di cui al comma 2 può essere anche una associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta, ovvero un contraente generale. In caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all’adempimento dell’obbligazione da parte di uno dei due soggetti costituenti l’associazione temporanea di imprese, l’altro può sostituirlo, con l’assenso del committente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche. 4. L’adempimento degli impegni della stazione appaltante resta in ogni caso condizionato al positivo controllo della realizzazione ed alla eventuale gestione funzionale dell’opera secondo le modalità previste. 4-bis. Il soggetto finanziatore, autorizzato ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, deve dimostrare alla stazione appaltante che dispone, se del caso avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche in associazione temporanea con un soggetto realizzatore, dei mezzi necessari ad eseguire l’appalto. Nel caso in cui l’offerente sia un contraente generale, di cui all’articolo 162, comma 1, lettera g), esso può partecipare anche ad affidamenti relativi alla realizzazione, all’acquisizione ed al completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità non disciplinati dalla parte II, titolo III, capo IV, se in possesso dei requisiti determinati dal bando o avvalendosi delle capacità di altri soggetti. 4-ter. La stazione appaltante pone a base di gara un progetto di livello almeno preliminare. L’aggiudicatario provvede alla predisposizione dei successivi livelli progettuali ed all’esecuzione dell’opera. 4-quater. L’opera oggetto del contratto di locazione finanziaria può seguire il regime di opera pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi; l’opera può essere realizzata su area nella disponibilità dell’aggiudicatario”. 123 F. Caringella – M. Giustiniani, Manuale di diritto amministrativo, IV, I contratti pubblici, op. cit., 1503; Tar Lombardia, Brescia, Sez. II, 5 maggio 2010, n. 1675. 55 Ulteriore ipotesi che incide sulla responsabilità dell’appaltatore è quella relativa al subappalto, che è regolata dall’articolo 118 del decreto legislativo n. 163 del 2006124. 124 Secondo cui “1. I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice sono tenuti ad eseguire in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto. Il contratto non può essere ceduto, a pena di nullità, salvo quanto previsto nell’articolo 116. 2. La stazione appaltante è tenuta ad indicare nel progetto e nel bando di gara le singole prestazioni e, per i lavori, la categoria prevalente con il relativo importo, nonché le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anch’esse con il relativo importo. Tutte le prestazioni nonché lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo. Per i lavori, per quanto riguarda la categoria prevalente, con il regolamento, è definita la quota parte subappaltabile, in misura eventualmente diversificata a seconda delle categorie medesime, ma in ogni caso non superiore al trenta per cento. Per i servizi e le forniture, tale quota è riferita all’importo complessivo del contratto. L’affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alle seguenti condizioni: 1) che i concorrenti all'atto dell’offerta o l’affidatario, nel caso di varianti in corso di esecuzione, all’atto dell’affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo; 2) che l’affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni; 3) che al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante l’affidatario trasmetta altresì la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti dal presente codice in relazione alla prestazione subappaltata e la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all’articolo 38; 4) che non sussista, nei confronti dell’affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni. 3. Nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento. Ove ricorrano condizioni di particolare urgenza inerenti al completamento dell’esecuzione del contratto accertate dalla 56 stazione appaltante, per i contratti di appalto in corso può provvedersi, anche in deroga alla previsione del bando di gara, al pagamento diretto al subappaltatore o al cottimista dell’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguiti. 3-bis. E’ sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dall’affidatario medesimo e dai subappaltatori e cottimisti, presso il Tribunale competente per l’ammissione alla predetta procedura. 4. L’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento. L’affidatario corrisponde gli oneri della sicurezza, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso; la stazione appaltante, sentito il direttore dei lavori, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, ovvero il direttore dell’esecuzione, provvede alla verifica dell’effettiva applicazione della presente disposizione. L’affidatario è solidalmente responsabile con il subappaltatore degli adempimenti, da parte di questo ultimo, degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa vigente. 5. Per i lavori, nei cartelli esposti all’esterno del cantiere devono essere indicati anche i nominativi di tutte le imprese subappaltatrici, nonché i dati di cui al comma 2, n. 3). 6. L’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni;è, altresì, responsabile in solido dell’osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto. L’affidatario e, per suo tramite, i subappaltatori, trasmettono alla stazione appaltante prima dell’inizio dei lavori la documentazione di avvenuta denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, assicurativi e antinfortunistici, nonché copia del piano di cui al comma 7. Ai fini del pagamento delle prestazioni rese nell’ambito dell’appalto o del subappalto, la stazione appaltante acquisisce d’ufficio il documento unico di regolarità contributiva in corso di validità relativo all’affidatario e a tutti i subappaltatori. 6-bis. Al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare, il documento unico di regolarità contributiva è comprensivo della verifica della congruità della incidenza della mano d'opera relativa allo specifico contratto affidato. Tale congruità, per i lavori è verificata dalla Cassa Edile in base all’accordo assunto a livello nazionale tra le parti sociali firmatarie del contratto collettivo nazionale comparativamente più rappresentative per l’ambito del settore edile ed il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. 7. I piani di sicurezza di cui all’articolo 131 sono messi a disposizione delle autorità competenti preposte alle verifiche ispettive di controllo dei cantieri. L’affidatario è tenuto a curare il coordinamento di tutti i subappaltatori operanti nel cantiere, al fine di rendere gli specifici piani redatti dai singoli subappaltatori compatibili tra loro e coerenti con il piano presentato dall'affidatario. Nell’ipotesi di raggruppamento temporaneo o di consorzio, detto obbligo incombe al mandatario. Il direttore tecnico di cantiere è responsabile del rispetto del piano da parte di tutte le imprese impegnate nell’esecuzione dei lavori. 57 La disciplina completa della figura in questione, peraltro, va desunta dai principi generali di diritto civile. 8. L’affidatario che si avvale del subappalto o del cottimo deve allegare alla copia autentica del contratto la dichiarazione circa la sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell’articolo 2359 del codice civile con il titolare del subappalto o del cottimo. Analoga dichiarazione deve essere effettuata da ciascuno dei soggetti partecipanti nel caso di raggruppamento temporaneo, società o consorzio. La stazione appaltante provvede al rilascio dell’autorizzazione entro trenta giorni dalla relativa richiesta; tale termine può essere prorogato una sola volta, ove ricorrano giustificati motivi. Trascorso tale termine senza che si sia provveduto, l’autorizzazione si intende concessa. Per i subappalti o cottimi di importo inferiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro, i termini per il rilascio dell’autorizzazione da parte della stazione appaltante sono ridotti della metà. 9. L’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto non può formare oggetto di ulteriore subappalto. 10. Le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 si applicano anche ai raggruppamenti temporanei e alle società anche consortili, quando le imprese riunite o consorziate non intendono eseguire direttamente le prestazioni scorporabili, nonché alle associazioni in partecipazione quando l’associante non intende eseguire direttamente le prestazioni assunte in appalto; si applicano altresì alle concessioni per la realizzazione di opere pubbliche e agli affidamenti con procedura negoziata. 11. Ai fini del presente articolo è considerato subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare. Il subappaltatore non può subappaltare a sua volta le prestazioni salvo che per la fornitura con posa in opera di impianti e di strutture speciali da individuare con il regolamento; in tali casi il fornitore o subappaltatore, per la posa in opera o il montaggio, può avvalersi di imprese di propria fiducia per le quali non sussista alcuno dei divieti di cui al comma 2, numero 4). È fatto obbligo all’affidatario di comunicare alla stazione appaltante, per tutti i sub-contratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del sub-contraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati. 12. Ai fini dell’applicazione dei commi precedenti, le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto: a) l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi; b) la subfornitura a catalogo di prodotti informatici”. 58 La responsabilità esclusiva dell’appaltatore per l’esecuzione dei lavori permane, ancorché il subappalto debba essere autorizzato dalla stazione appaltante, ed i rapporti fra committente e subappaltatore sono ridotti al minimo e devono essere previsti nel bando (ad esempio, nel caso di pagamento diretto del subappaltatore ad opera della stazione appaltante). L’appaltatore, in particolare, risponde del rispetto, da parte del subappaltatore, della normativa in tema di sicurezza sul lavoro e di trattamento economico e previdenziale dei dipendenti del subappaltatore (con cui sarà tenuto in solido per la mancata osservanza di detta normativa) 125. Inoltre, egli è responsabile in via diretta della verifica della ricorrenza, in capo al subappaltatore, dei presupposti di qualificazione necessari per l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto, dei requisiti ex articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e dell’insussistenza dei divieti previsti dalla normativa antimafia. L’appaltatore, poi, è tenuto, in solido, ad eseguire tutte le prestazioni oggetto dell’appalto, anche nel caso abbia fatto ricorso, previa autorizzazione, ai c.d. cottimisti, soggetti cui è affidata, in base ad un contratto c.d. di cottimo derivato, la realizzazione di parte dell’opera o del servizio, i quali impiegano prevalentemente il loro lavoro personale ed operano con una struttura dotata di minore autonomia. Tra gli appaltatori plurisoggettivi che possono divenire parti del contratto di appalto è comune il raggruppamento temporaneo di imprese, un insieme di imprenditori costituito al fine di partecipare alla procedura di affidamento con la presentazione di un’unica offerta e destinato a durare solo per il tempo necessario ad eseguire l’opera. 125 Egli è pure solidalmente responsabile con il subappaltatore del versamento all’Erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. 59 Le caratteristiche e la disciplina di questi raggruppamenti sono regolati dall’articolo 37 del decreto legislativo n. 163 del 2006 126. 126 Secondo cui “1. Nel caso di lavori, per raggruppamento temporaneo di tipo verticale si intende una riunione di concorrenti nell’ambito della quale uno di essi realizza i lavori della categoria prevalente; per lavori scorporabili si intendono lavori non appartenenti alla categoria prevalente e così definiti nel bando di gara, assumibili da uno dei mandanti; per raggruppamento di tipo orizzontale si intende una riunione di concorrenti finalizzata a realizzare i lavori della stessa categoria. 2. Nel caso di forniture o servizi, per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di concorrenti in cui il mandatario esegua le prestazioni di servizi o di forniture indicati come principali anche in termini economici, i mandanti quelle indicate come secondarie; per raggruppamento orizzontale quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione; le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara la prestazione principale e quelle secondarie. 3. Nel caso di lavori, i raggruppamenti temporanei e i consorzi ordinari di concorrenti sono ammessi se gli imprenditori partecipanti al raggruppamento ovvero gli imprenditori consorziati abbiano i requisiti indicati nel regolamento. 4. Nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati. 5. L’offerta dei concorrenti raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori. Per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all'esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario. 6. Nel caso di lavori, per i raggruppamenti temporanei di tipo verticale i requisiti di cui all'articolo 40, sempre che siano frazionabili, devono essere posseduti dal mandatario per i lavori della categoria prevalente e per il relativo importo; per i lavori scorporati ciascun mandante deve possedere i requisiti previsti per l'importo della categoria dei lavori che intende assumere e nella misura indicata per il concorrente singolo. I lavori riconducibili alla categoria prevalente ovvero alle categorie scorporate possono essere assunti anche da imprenditori riuniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale. 7. E’ fatto divieto ai concorrenti di partecipare alla gara in più di un raggruppamento temporaneo o consorzio ordinario di concorrenti, ovvero di partecipare alla gara anche in forma individuale qualora abbia partecipato alla gara medesima in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti. I consorzi di cui all’articolo 34, comma 1, lettera b), sono tenuti ad indicare, in sede di offerta, per quali consorziati il consorzio concorre; a questi ultimi è fatto divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara; in caso di violazione sono esclusi dalla gara sia il consorzio sia il consorziato; in caso di inosservanza di tale divieto si applica l’articolo 353 del codice penale. 60 8. E’ consentita la presentazione di offerte da parte dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere d) ed e), anche se non ancora costituiti. In tal caso l’offerta deve essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei o i consorzi ordinari di concorrenti e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e qualificata come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti. 9. E’ vietata l’associazione in partecipazione. Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta. 10. L’inosservanza dei divieti di cui al precedente comma comporta l’annullamento dell’aggiudicazione o la nullità del contratto, nonché l'esclusione dei concorrenti riuniti in raggruppamento o consorzio ordinario di concorrenti, concomitanti o successivi alle procedure di affidamento relative al medesimo appalto. 11. Qualora nell’oggetto dell’appalto o della concessione di lavori rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali, e qualora una o più di tali opere superi in valore il quindici per cento dell’importo totale dei lavori, se i soggetti affidatari non siano in grado di realizzare le predette componenti, possono utilizzare il subappalto con i limiti dettati dall’articolo 118, comma 2, terzo periodo; il regolamento definisce l’elenco delle opere di cui al presente comma, nonché i requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione, che possono essere periodicamente revisionati con il regolamento stesso. L’eventuale subappalto non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso. In caso di subappalto la stazione appaltante provvede alla corresponsione diretta al subappaltatore dell’importo delle prestazioni eseguite dallo stesso, nei limiti del contratto di subappalto; si applica l’articolo 118, comma 3, ultimo periodo. 12. In caso di procedure ristrette o negoziate, ovvero di dialogo competitivo, l’operatore economico invitato individualmente, o il candidato ammesso individualmente nella procedura di dialogo competitivo, ha la facoltà di presentare offerta o di trattare per sé o quale mandatario di operatori riuniti. 13. Nel caso di lavori, i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento. 14. Ai fini della costituzione del raggruppamento temporaneo, gli operatori economici devono conferire, con un unico atto, mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di esse, detto mandatario. 15. Il mandato deve risultare da scrittura privata autenticata. La relativa procura è conferita al legale rappresentante dell'operatore economico mandatario. Il mandato è gratuito e irrevocabile e la sua revoca per giusta causa non ha effetto nei confronti della stazione appaltante. 61 Nell’ambito di un raggruppamento verticale, uno dei componenti esegue i lavori della categoria prevalente od i servizi e le forniture indicati come principali, mentre gli altri si occupano dei lavori scorporabili o dei servizi e delle forniture secondari. L’impresa mandataria è responsabile verso la stazione appaltante dell’intera opera, mentre le altre rispondono nei limiti delle prestazioni oggetto delle rispettive obbligazioni. Nei raggruppamenti orizzontali, invece, i partecipanti provvedono a lavori della stessa categoria od al medesimo tipo di servizi e forniture ed ognuno di loro è responsabile verso il committente della realizzazione integrale dell’opera, senza che la ripartizione interna delle prestazioni abbia rilevanza alcuna verso l’esterno (si 15-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione, in quanto compatibili, alla partecipazione alle procedure di affidamento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete, di cui all’articolo 34, comma 1, lettera e-bis). 16. Al mandatario spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto, anche dopo il collaudo, o atto equivalente, fino alla estinzione di ogni rapporto. La stazione appaltante, tuttavia, può far valere direttamente le responsabilità facenti capo ai mandanti. 17. Il rapporto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione degli operatori economici riuniti, ognuno dei quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali. 18. In caso di fallimento del mandatario ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante può recedere dall’appalto. 19. In caso di fallimento di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire”. 62 applicheranno, quindi, le norme in tema di mandato quanto ai rapporti fra impresa mandante, soggetto mandatario e terzi 127). Ciascuna impresa ha il diritto, verso la stazione appaltante, di eseguire l’appalto per quote eguali. Vi sono, poi, i raggruppamenti c.d. misti, che presentano caratteristiche proprie sia dei raggruppamenti verticali che di quelli orizzontali. La responsabilità delle imprese partecipanti verso la stazione appaltante è disciplinata in maniera diversa a seconda delle prestazioni che gravano su di loro. Qualora tali imprese decidano di costituire una società, anche consortile, per adempiere al contratto e questa subentri al raggruppamento, la ripartizione della responsabilità delle componenti non muta 128. 127 Cass., Sez. 3, sentenza n. 5526 del 5 aprile 2012, Rv. 622171. 128 F. Caringella – M. Giustiniani, Manuale di diritto amministrativo, IV, I contratti pubblici, op. cit., 1511-1514. 63 Considerazioni riassuntive in ordine alla posizione dei terzi. Dalle considerazioni precedentemente svolte emerge l’esistenza di una responsabilità dell’appaltatore nel caso che dall’esecuzione dell’appalto derivino danni alle persone o alle cose dei terzi. Questa responsabilità, anche se trova nel contratto d’appalto la sua occasione, è fondata, secondo la giurisprudenza e la dottrina, sull’obbligo di osservare il generale precetto del neminem laedere ed ha, perciò, la sua disciplina nelle norme dettate dagli articoli 2043 ss. c.c. sui fatti illeciti. La giurisprudenza ha, ad esempio, esteso la responsabilità ex articolo 1669 c.c. a tutti i terzi danneggiati in presenza dei presupposti indicati dalla norma in questione, precisando che, ove tali presupposti manchino, la responsabilità potrà sussistere ex articolo 2043 c.c.129. Da ormai molti anni, per le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione130 l’autonomia dell’appaltatore esclude ogni rapporto institorio tra lui ed il committente, con la conseguenza che, nei rapporti con i terzi, risponde solo il primo, a meno che non venga meno il presupposto dell’autonomia, nei casi in cui il danno si debba far risalire ad uno specifico ordine impartito dal committente, o derivi non dall’attività materiale dell’appaltatore, ma da errori e difetti del progetto preparato dallo stesso committente dei quali l’appaltatore non fosse in grado di avvedersi. 129 Cass., Sez. U, sentenza n. 2284 del 3 febbraio 2014, Rv. 629518; Cass., Sez. 2, sentenza n. 2238 del 16 febbraio 2012, Rv. 621698. 130 Cass., Sez. U, sentenza n. 800 del 21 marzo 1973, Rv. 363059. 64 Ricorre, quindi, una responsabilità solidale tra l’appaltatore ed il committente ove l’appaltatore sia un nudus minister, sfornito dei suoi tipici poteri di autonomia, ovvero quando il fatto lesivo del diritto del terzo sia stato compiuto dall’appaltatore seguendo un ordine del committente. In tema di appalto, pertanto, è, di regola, l’appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi e, eventualmente, anche dell’inosservanza della legge penale durante l’adempimento del contratto, attesa la libertà con cui egli svolge la sua attività nell’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari e curandone le modalità 131. Il controllo e la sorveglianza del committente si limitano all’accertamento e alla verifica della corrispondenza dell’opera o del servizio affidato all’appaltatore a quanto costituisce l’oggetto del contratto. In tale contesto, una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile solo qualora si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in seguito ad un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso, oppure se sussista, in capo al committente, una culpa in eligendo per avere affidato il lavoro ad impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche 132, ovvero in base al generale principio del neminem laedere di cui all’articolo 2043 c.c. 133. 131 Cass., Sez. 3, sentenza n. 19132 del 20 settembre 2011, Rv. 619525. 132 Cass., Sez. 3, sentenza n. 10588 del 23 aprile 2008, Rv. 603248: nella specie, l’appaltatore, mentre eseguiva lavori di rifacimento di una conduttura idrica, aveva realizzato uno scavo invalicabile, dividendo, così, in due parti non comunicanti il fondo attraversato dalla conduttura. La Suprema Corte di Cassazione, confermando la decisione di merito, ha escluso una responsabilità del committente, sia perché il tracciato della conduttura era preesistente e non ascrivibile a scelta di quest'ultimo, sia in quanto la mancata adozione di accorgimenti per consentire lo scavalco dello scavo era frutto di una scelta organizzativa dell'appaltatore, e non di una direttiva del committente; Cass., Sez. 6, sentenza n. 15782 del 12 luglio 2006, Rv. 591710. 133 Cass., Sez. 6-3, ordinanza n. 1263 del 27 gennaio 2012, Rv. 620509; Cass., Sez. L, sentenza n. 11757 del 27 maggio 2011, Rv. 617454; Cass., Sez. 2, sentenza n. 5981 del 22 giugno 1994, Rv. 487154. 65 Pertanto, in presenza di lavori di pavimentazione di un appartamento, il proprietario non cessa di mantenerne la materiale disponibilità per averlo consegnato all’appaltatore e, salvo che provi il totale affidamento di esso all’appaltatore, è responsabile, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., perché custode del bene, dei danni derivati ad un terzo, avendo l’obbligo, al fine di impedire che essi si verifichino, di controllare e vigilare l’esecuzione dei relativi lavori 134. Allo stesso modo, nell’ipotesi in cui i lavori di escavazione in un fondo siano affidati in appalto, l’appaltatore è, di regola, l’esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nell’esecuzione dell’opera, salvo che non risulti accertato che il proprietario committente aveva la possibilità di impartire prescrizioni o di intervenire per richiedere il rispetto delle normative di sicurezza e che se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di attuazione o specifici accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro 135. Più esattamente, la giurisprudenza ha affermato che “A mente dell’art. 840, primo comma, cod. civ., il proprietario di un fondo risponde autonomamente e direttamente, in via generale ai sensi dell’art.2043 cod. civ. e, nel caso di rovina di edificio o di altra costruzione, ai sensi dell’art.2053 cod. civ., dei danni arrecati a terzi a seguito di opere o di escavazioni nel proprio fondo, indipendentemente dalla responsabilità dell’appaltatore che abbia eseguito tali lavori” 136. Inoltre, l’appaltatore risponde nei confronti dei terzi per i danni derivanti da lavori di manutenzione ovvero di rifacimento di un tratto di strada qualora, a prescindere dalla eventuale responsabilità concorrente dell’ente proprietario della strada e 134 Cass., Sez. 6-3, sentenza n. 20619 del 30 settembre 2014, Rv. 632968. 135 Cass., Sez. 3, sentenza n. 6296 del 13 marzo 2013, Rv. 625507; Cass., Sez. 3, sentenza n. 538 del 17 gennaio 2012, Rv. 621182. 136 Cass., Sez. 2, sentenza n. 22226 del 17 ottobre 2006, Rv. 592967. 66 committente dei lavori, non abbia effettuato nei confronti di quest’ultimo la consegna ex articolo 1665 c.c. 137. In tema di condominio, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che “L’amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi od agli stessi condòmini. Quest’obbligo non viene meno neanche nell’ipotesi in cui il condominio appalti a terzi lavori riguardanti le parti comuni dell’edificio condominiale, a meno che il compito di vigilare su tali lavori non venga affidato a persona diversa dall’amministratore. Ne consegue che l’amministratore stesso è responsabile del danno alla persona patito da uno dei condòmini, in conseguenza dell’inciampo in una insidia (nella specie, buca nel cortile condominiale) creata dall’impresa cui erano stati appaltati lavori di manutenzione dell’immobile condominiale” 138. Tali principi trovano applicazione, altresì, in presenza di un subappalto, in quanto la circostanza che l’esecuzione di un’opera abbia formato oggetto di subappalto non esclude, di per sé, l’affermazione di una concorrente responsabilità di appaltatore e subappaltatore per i danni causati dal cantiere a terzi, dovendosi avere riguardo alla specificità dei singoli episodi ed alle modalità con le quali si è verificato l’evento lesivo 139. L’appaltatore incaricato di eseguire lavorazioni pericolose per loro natura che subappalti in parte a terzi non può, poi, trasferire tutti gli obblighi collaterali del 137 Cass., Sez. 3, sentenza n. 25592 del 30 novembre 2011, Rv. 620307. 138 Cass., Sez. 3, sentenza n. 25251 del 16 ottobre 2008, Rv. 605210. 139 Cass., Sez. 3, sentenza n. 25758 del 15 novembre 2013, Rv. 629134, che si è occupata dei danni subiti da un artigiano a causa della caduta da un’impalcatura alta dodici metri, ove si era arrampicato, privo di cinture di sicurezza e di altri dispositivi di protezione, per eseguire, su incarico della società subappaltatrice, un intervento all’interno di un cantiere edile dell’appaltatore. 67 contratto di appalto sul subappaltatore, benché lo stesso debba considerarsi autonomo ed esperto, restando a suo carico i doveri protettivi e di sicurezza, il cui inadempimento rende configurabile la responsabilità di cui all’articolo 2050 c.c. del medesimo appaltatore per gli eventuali danni riportati dal subappaltatore 140. Persino l’inadempimento degli obblighi accessori di collaborazione ad opera delle parti di un contratto di appalto possono assumere rilievo ove arrechino un danno ai terzi 141. Pure in materia di appalti pubblici, dove l’appaltatore conserva in misura minore, rispetto all’appalto privato, dei margini di autonomia, egli risponde, di regola, dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori, potendosi riconoscere la responsabilità dell’amministrazione solo se il fatto dannoso si è determinato in esecuzione del progetto o di direttive impartite dall’amministrazione committente, poiché in questo caso l’appaltatore agisce quale nudus minister. Peraltro, è ormai un dato acquisito che, in tema di risarcimento del danno, con riferimento all’appalto di opere pubbliche, gli specifici poteri di autorizzazione, controllo ed ingerenza della P.A. nella esecuzione dei lavori, con la facoltà, a mezzo del direttore, di disporre varianti e di sospendere i lavori stessi, ove potenzialmente dannosi per i terzi, escludono ogni esenzione da responsabilità per l’ente committente142. La giurisprudenza ha, così, chiarito 143 che “In tema di danni determinati dall’esistenza di un cantiere stradale, qualora l’area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all’esclusiva custodia 140 Cass., Sez. 3, sentenza n. 15723 del 2 luglio 2010, Rv. 614003. 141 Cass., Sez. 2, sentenza n. 2800 del 6 febbraio 2008, Rv. 602020. 142 Cass., Sez. 6 - 3, ordinanza n. 1263 del 27 gennaio 2012, Rv. 620509; Cass., Sez. 3, sentenza n. 4591 del 22 febbraio 2008, Rv. 601941. 143 Cass., Sez. 3, sentenza n. 15882 del 25 giugno 2013, Rv. 626858; Cass., Sez. 3, sentenza n. 12425 del 16 maggio 2008, Rv. 603160; Cass., Sez. 3, sentenza n. 20825 del 26 settembre 2006, Rv. 594539. 68 dell’appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all’interno di questa area risponde esclusivamente l’appaltatore, che ne è l’unico custode. Allorquando, invece, l’area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, denotando questa situazione la conservazione della custodia da parte dell’ente titolare della strada, sia pure insieme all’appaltatore, consegue che la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. sussiste sia a carico dell’appaltatore che dell’ente”. E’ stata riconosciuta anche una responsabilità precontrattuale della P.A. in tutti i casi in cui l’ente pubblico, nelle trattative con i terzi, compia azioni o incorra in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla puntuale osservanza dei quali è tenuto già nel procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, ossia quando entra in contatto con una pluralità di offerenti, instaurando con ciascuno di essi trattative idonee a determinare la costituzione di rapporti giuridici 144. Tali principi sono accolti anche da varie corti di merito, come il Tribunale di Milano 145 e la Corte di Appello di Roma 146. 144 Cass., Sez. 1, sentenza n. 15260 del 3 luglio 2014, Rv. 631507. 145 Tribunale Milano, Sezione XIII civile, sentenza 17 febbraio 2014, n. 2318, Tribunale Milano, Sezione X civile, sentenza 7 gennaio 2014, n. 80. 146 Corte d’Appello Roma, Sezione III, sentenza 4 ottobre 2013, n. 5233. 69 L’azione diretta ex articolo 1676 c.c. L’articolo 1676 c.c. prescrive che coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno fornito la loro attività per eseguire l’opera o prestare il servizio, possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto a loro dovuto, fino alla concorrenza del debito del committente verso l’appaltatore nel tempo in cui propongono domanda. Tale disposizione è stata ritenuta dalla giurisprudenza applicabile sia agli appalti di diritto privato che a quelli di diritto pubblico 147, nonché ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante 148, ma non al lavoratore non dipendente, vale a dire al prestatore d’opera o al libero professionista, i cui rapporti, nell’ambito specifico del lavoro autonomo, non intercorrono con un datore di lavoro e non si svolgono entro l'impresa del medesimo, ma fanno viceversa capo, distintamente, a propri committenti o clienti 149. Per l’esattezza, la disposizione in esame attribuisce ai dipendenti dell’appaltatore un’azione diretta contro il committente per ottenere quanto è dovuto in conseguenza della prestazione dell’attività svolta per l’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato. Da ciò deriva una solidarietà passiva tra appaltatore e committente, che non diviene, comunque, parte del rapporto di lavoro 150. 147 Cass., Sez. L, sentenza n. 3559 del 10 marzo 2001, Rv. 544670; Tar Sardegna, Cagliari, Sez. 1, n. 850 del 27 ottobre 2014. 148 Cass., Sez. L, sentenza n. 12048 del 9 agosto 2003, Rv. 565877. 149 Cass., Sez. 1, sentenza n. 4615 dell’11 dicembre 1976, Rv. 383362. 150 Cass., Sez. L, sentenza n. 12784 del 27 settembre 2000, Rv. 540532. 70 L’articolo 1676 c.c. coesiste con altri strumenti di tutela dei lavoratori, vigenti nel nostro ordinamento e nati in tempi successivi. Infatti, vi sono diverse ipotesi in cui la parte committente è obbligata in solido con il fornitore per il pagamento di stipendi o altre somme in conseguenza dei rapporti di lavoro instaurati da detto fornitore 151. Tra queste è possibile citare l’articolo 29, comma 2, del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (“Legge Biagi”), modificato dal “Decreto sviluppo” (D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, e poi convertito con modificazioni nella L. 4 aprile 2012, n. 35), nonché dalla “Riforma Fornero” (articolo 4, comma 31, lett. a) e b), della L. 28 giugno 2012, n. 92, contenente “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”). La “Legge Biagi”, e le sue successive modificazioni, hanno stabilito la responsabilità in solido del committente con l’appaltatore per la retribuzione, i contributi dei lavoratori, il TFR maturato, i premi assicurativi obbligatori. Recentemente, l’articolo 29, comma 2, della “Legge Biagi” è stato esteso anche ai lavoratori autonomi (articolo 9, comma 1, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti”). La “Legge Biagi”, peraltro, non si applica ai contratti con la pubblica amministrazione. Infatti, la giurisprudenza ha chiarito 152 che “In materia di contratti pubblici di appalto relativi a lavori, servizi e forniture, in caso di ritardo nel pagamento delle 151 G. F. Maiellaro, Il nuovo quadro normativo della responsabilità solidale negli appalti pubblici, in Urbanistica e Appalti, 2013, 3, 277. 152 Cass., Sez. L, sentenza n. 15432 del 7 luglio 2014, Rv. 631769. 71 retribuzioni o dei contributi dovuti al personale dipendente dall'esecutore o dal subappaltatore, o dai soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all’articolo 118, comma 8, ultimo periodo, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, cosiddetto "codice degli appalti pubblici", i lavoratori devono avvalersi degli speciali strumenti di tutela previsti dagli artt. 4 e 5 del d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 (recante il Regolamento di esecuzione ed attuazione del suddetto codice). Ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 29, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, mentre, ove i lavoratori non si siano avvalsi della disciplina speciale, resta possibile far ricorso, in via residuale, alla tutela di cui all’art. 1676 cod. civ., che è applicabile anche ai contratti di appalto stipulati con le pubbliche amministrazioni”. In ogni modo, i lavoratori degli appaltatori negli appalti pubblici non sono lasciati senza tutela, essendo destinatari di altra normativa speciale, nella specie degli articoli 4 e 5 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici), dove si prevede un intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza contributiva e retributiva dell’esecutore e del subappaltatore. L’articolo 1676 c.c. è stato spesso considerato una norma eccezionale. Sicuramente, la disposizione in parola appare particolare nel panorama del codice civile. Infatti, essa sembra costituire una deroga rispetto alla regola generale posta dall’articolo 1372 c.c., in cui si prevede che il contratto, mentre ha “forza di legge” tra le parti, normalmente non produce effetti nei confronti dei terzi, tranne nei casi previsti dalla legge, con la conseguenza che i soggetti diversi da quelli contraenti dovrebbero essere privi del potere di esercitare le azioni contrattuali. Il codice civile prevede soltanto alcuni strumenti che deviano dalle regole generali (ad esempio, l’articolo 1595 c.c., comma 1, che dà al locatore il diritto di percepire direttamente il canone dovuto dal conduttore in capo al sub conduttore). La particolarità dell’articolo 1676 c.c. si osserva anche se detta disposizione è accostata agli strumenti previsti per attivare e proteggere la garanzia del creditore nei 72 confronti del debitore, come l’azione surrogatoria, il pegno e la sostituzione del debitore. Innanzitutto, la finalità della regola in parola non è solo il mantenimento della garanzia patrimoniale del creditore, ma la tutela delle ragioni dei lavoratori e del committente, che beneficia, in questo modo, della realizzazione dell’opera che sarebbe compromessa dal mancato adempimento degli obblighi nei confronti dei lavoratori da parte dell’appaltatore153. Inoltre, le differenze si colgono se si esaminano i singoli strumenti di tutela delle ragioni del creditore. L’azione di cui all’articolo 1676 c.c. si ritiene diversa da quella surrogatoria proprio per la lettera della disposizione che parla di azione diretta e non, quindi, in sostituzione dell’appaltatore, essendo detta azione fondata su un titolo autonomo, in modo da sottrarla alle vicende economiche dell’appaltatore154. Essa non presuppone l’inerzia del creditore-appaltatore nell’esercizio del suo diritto, né ha l’obiettivo di tutelare la consistenza del suo patrimonio in modo da soddisfare solo indirettamente la garanzia patrimoniale dei creditori, come, invece, fa l’azione surrogatoria. La domanda ex articolo 2900 c.c., pertanto, può essere proposta indipendentemente da quella prevista dall’articolo 1676 c.c. e nei casi in cui quest’ultima non è applicabile, come per la richiesta di somme diverse da quelle residue riguardanti l’appalto e riferite alle retribuzioni. Essa comporta una preferenza dei dipendenti nei confronti di altri creditori, sul debito residuo e limitatamente ai crediti riguardanti l’appalto, ma lo strumento dell’articolo 1676 c.c. non è qualificato dalla legge come privilegio 155. 153 M. Stolfi, Appalto, op. cit., 645. 154 R. Cippitani, L’azione diretta ex art. 1676 c.c. nei confronti del committente, in Urbanistica e appalti, 2015, 2, 213. 155 M. Miglietta - A. Miglietta, L’appalto privato, Torino, 2006, 345. 73 A differenza dei privilegi, l’azione ex articolo 1676 c.c. non conferisce alcuna priorità agli ausiliari dell’appaltatore rispetto agli altri creditori del committente, ma solo nei confronti dei creditori dell’appaltatore. L’articolo 1676 c.c. è stato, inoltre, ricondotto nell’ambito dell’accollo 156 e della responsabilità solidale 157. In ogni caso, anche il riferimento all’accollo non è soddisfacente, in ragione dell’autonomia dell’azione del lavoratore-creditore e della circostanza che nell’articolo 1676 c.c. la responsabilità del committente non si basa su un negozio, ma è fondata direttamente sulla legge. Per quanto riguarda la disciplina della responsabilità solidale, il committente va accostato ad un fideiussore, visto che risponde soltanto se l’obbligato principale non paga. Si tratta, quindi, di un’obbligazione accessoria con funzione di garanzia che sorge automaticamente per effetto dell’inadempimento dell’appaltatore. L’articolo 1676 c.c., comunque, presenta caratteristiche che lo rendono espressione di un più ampio principio caratterizzante il nostro diritto civile. Detta disposizione non appare in modo estemporaneo nel codice civile del 1942, ma ha antecedenti importanti perché, oltre che essere presente nel codice civile previgente (articolo 1645 c.c.), riproduceva norme di analogo contenuto previste nella normativa sui contratti pubblici, quale l’articolo 357 della L. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, che stabiliva la possibilità di pagamento diretto da parte dell'amministrazione della retribuzione dei dipendenti dell’appaltatore non corrisposta alle scadenze previste 158. Come già evidenziato, la legislazione successiva ha sviluppato il tema della tutela dei lavoratori dell’appaltatore e del subappaltatore, attraverso norme che cercano di 156 P. Rescigno, Studi sull’accollo, Milano, 1958, 251. 157 Cass., Sez. L, sentenza n. 12784 del 27 settembre 2000, Rv. 540532. 158 Cass., Sez. L, sentenza n. 15432 del 7 luglio 2014, Rv. 631769. 74 impedire che la soddisfazione del credito dei lavoratori sia pregiudicata dalle vicende o dalla condotta del datore di lavoro. La stessa giurisprudenza ha adottato una interpretazione molto ampia dell’articolo in questione, tanto che è stato applicato alle pretese dei dipendenti delle imprese consorziate di un consorzio appaltatore di opera pubblica 159. L’articolo 1676 c.c. svolge, nel settore dei contratti pubblici e di quelli privati, la funzione di strumento di tutela generale delle ragioni dei dipendenti dell’appaltatore e degli altri ausiliari del committente e opera, altresì, come norma di chiusura del sistema di protezione. Pertanto, in quanto strumento generale, la norma contenuta nell’articolo 1676 c.c. si presta ad essere applicata alternativamente con gli strumenti speciali, quali la “Legge Biagi” o gli articoli 4 e 5 del Regolamento di esecuzione del codice appalti, disposizioni che sono in rapporto di continuità tra di loro. In effetti, l’articolo 1676 c.c. mantiene la sua autonomia in quanto opera in modo diverso rispetto ai meccanismi previsti dalle altre disposizioni 160. Infatti, per ciò che riguarda il committente pubblico, nel caso di contratti di appalto di lavori, servizi e forniture, ai sensi degli articoli 4 e 5 del D.P.R. n. 207/2010, l’amministrazione pubblica deve direttamente effettuare i pagamenti nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore e del subappaltatore. In questa ipotesi, il versamento avviene senza necessità di una domanda dei dipendenti e per iniziativa della stazione appaltante. L’attivazione del procedimento amministrativo del pagamento diretto dei dipendenti degli esecutori e subappaltatori comporta alcuni passaggi formali, quali l’invito per iscritto al debitore di effettuare i pagamenti entro un termine di quindici giorni. 159 Cass., Sez. L, sentenza n. 6208 del 7 marzo 2008, Rv. 602199. 160 R. Cippitani, L’azione diretta ex art. 1676 c.c. nei confronti del committente, op. cit., 213, ss. 75 Si tratta di un procedimento che si svolge tutto nell’ambito amministrativo e che necessita dell’intervento diretto della stazione appaltante, in assenza del quale tutto il meccanismo diventa inapplicabile. D’altro canto, lo strumento previsto dagli articoli 4 e 5 citati, se prontamente applicato, promette un ristoro immediato per quel che riguarda le competenze dei lavoratori, anche in seguito ad un semplice ritardo, e consente di evitare i tempi del procedimento giurisdizionale. L’articolo 1676 c.c. agisce su di un piano diverso, poiché l’azione viene attivata dai dipendenti, i quali potranno farla valere nei tempi previsti dalla prescrizione e prescindendo dai presupposti procedurali della legge speciale. Inoltre, è opinione della giurisprudenza che l’azione regolata dal codice civile determini una indisponibilità del credito residuo nei confronti del committente che, quindi, non può più pagare direttamente l’appaltatore e, se lo fa, resta, comunque, tenuto a soddisfare i dipendenti 161. Tale ultimo effetto non si produce con lo strumento introdotto dal D.P.R. n. 207/2010, che lascia al discrezionale apprezzamento dell’amministrazione il pagamento degli stipendi e la deduzione rispetto a quanto dovuto all’appaltatore e al subappaltatore. Attraverso l’articolo 1676 c.c. è possibile, altresì, ottenere il risarcimento del danno sofferto dal lavoratore al di là della retribuzione. 161 Cass., Sez. L, sentenza n. 9048 del 19 aprile 2006, Rv. 588664. 76 Profili processuali concernenti la posizione dei terzi. Il possibile coinvolgimento dei terzi in cause risarcitorie da ricollegare a contratti di appalto ha delle conseguenze di natura processuale. In linea generale, trovano applicazione i comuni principi in tema di processo civile. I terzi, quindi, possono iniziare un giudizio convenendo, ai sensi degli articoli 1669, 2043, 2049, 2051, 2053 o 2055 c.c. 162, l’appaltatore e, ove ne sussistano i presupposti, pure il committente, il direttore dei lavori od il progettista. La loro azione può comportare delle chiamate in garanzia, in particolare l’appaltatore può chiedere che il giudizio sia esteso anche ai corresponsabili dei danni. Ogni convenuto può, poi, convenire la propria assicurazione in manleva. La giurisprudenza ha, inoltre, affrontato alcune delle problematiche riconnesse alla partecipazione al giudizio di soggetti estranei all’appalto. In tal modo, è stato chiarito che “Allorché un’associazione temporanea di imprese sia convenuta dall’appaltante a titolo di responsabilità contrattuale, è ammissibile la chiamata in garanzia impropria operata dall’impresa capogruppo nei confronti di un terzo, quale esecutore delle opere commissionate dalla stessa, non ostandovi il potere di rappresentanza esclusiva delle imprese riunite spettante alla mandataria, e giustificandosi l’esigenza di garantire l’azionabilità della manleva in funzione del 162 Non vanno dimenticate le disposizioni di cui all’articolo 1676 c.c. e quelle previste da leggi speciali le quali, però, hanno carattere eccezionale. 77 rispetto dei principi di concentrazione, economia e ragionevole durata dei giudizi” 163. Inoltre, secondo Cass., Sez. 3, sentenza n. 29737 del 29 dicembre 2011, Rv. 621017, “In tema di associazione temporanea di imprese, il potere di rappresentanza, anche processuale, spetta all’impresa mandataria o "capogruppo" esclusivamente nei confronti della stazione appaltante, per le operazioni e gli atti dipendenti dall’appalto, e non si estende anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto, atteso che la presenza di tale mandato collettivo non determina un centro autonomo di imputazione giuridica, essendo esso finalizzato ad agevolare l’amministrazione appaltante nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici”. La giurisprudenza di legittimità ha pure precisato che “In materia di appalto stipulato da consorzio di cooperative, di cui agli artt. 2602, cod. civ., e 27 bis del d.lgs. C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, ove il contratto con il committente preveda una clausola sociale, ai sensi dell’art. 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il consorzio è responsabile, nei confronti dei dipendenti delle società consorziate, del rispetto delle condizioni normative ed economiche previste dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro, applicabile al settore di attività, avendo la detta clausola natura di clausola a favore di terzo ex art. 1411 cod. civ.”164. Peraltro, è stato affermato che “Il contratto di consorzio di cui all’art. 2602 cod. civ. non comporta l’assorbimento delle imprese contraenti in un organismo unitario, con creazione di un rapporto di immedesimazione organica tra il consorzio e le imprese consorziate ma unicamente la costituzione di una organizzazione comune per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività dei contraenti, avente essa stessa carattere strumentale rispetto a quella delle imprese consorziate. Ne consegue che il consorzio di cooperative ammesso ai pubblici appalti, soggetto alla 163 Cass., Sez. 2, sentenza n. 12741 del 19 giugno 2015, Rv. 635703. 164 Cass., Sez. L, sentenza n. 18860 dell’8 settembre 2014, Rv. 632375. 78 disciplina speciale dettata dall’art. 27 bis del d.lgs. C.p.S. 14 febbraio 1947, n. 1577, non è solidalmente responsabile nei confronti dei terzi per le obbligazioni assunte da un’impresa consorziata nell’esecuzione di un contratto di appalto a quest’ultima assegnato dal consorzio, trovando applicazione il generale principio di cui all’art. 1372, secondo comma, cod. civ., e ciò, a maggior ragione, nel caso in cui il consorzio sia costituito in forma di società cooperativa a r.l., attesa l’intensa autonomia di cui sono dotate le società di capitali, la quale esclude che le vicende dei rapporti facenti capo ai singoli soci possano ripercuotersi sulla società” 165. La tematica del contratto a favore di terzi si è spesso presentata all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione, la quale, in tema di servizio mensa, ha sostenuto che “la previsione del contratto di appalto tra appaltante ed appaltatore relativa all’obbligo, posto a carico di questi, di fornire ai lavoratori le divise di lavoro sempre pulite rientra nella fattispecie codicistica del contratto a favore di terzo, di cui all’art. 1411 cod. civ., ed è quindi pienamente valida; ne consegue che detto obbligo sussiste quando risulta dal testo contrattuale che l’appaltante ha interesse all'adempimento”166. La Suprema Corte di Cassazione ha ulteriormente stabilito che “In tema di appalti pubblici, qualora un consorzio di cooperative di produzione e lavoro (costituito ai sensi del r.d. 25 giugno 1909, n. 422), aggiudicatario di un appalto, abbia assegnato ad una cooperativa consorziata l'esecuzione dei lavori appaltati e quest'ultima ne abbia subappaltato una parte ad altra impresa estranea al consorzio, in caso di inadempimento dell'impresa consorziata subappaltante nei confronti dell'impresa fornitrice, il consorzio non ne è responsabile in solido con l'impresa assegnataria consorziata, atteso che - in assenza di disposizioni di legge speciali contrarie e non potendo trovare applicazione l'art. 13 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, rilevante "ratione temporis", che si riferisce alla partecipazione alle procedure di affidamento di 165 Cass., Sez. 1, sentenza n. 1636 del 27 gennaio 2014, Rv. 629675. 166 Cass., Sez. L, sentenza n. 19579 del 26 agosto 2013, Rv. 628266. 79 imprese e consorzi in "associazione temporanea" - valgono la regola generale di cui all'art. 1372, secondo comma, cod. civ., a norma del quale il contratto non produce effetti rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge, e quella di cui all'art. 1292 cod. civ., per il quale la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio presuppone una specifica previsione della legge o del titolo”167. In ogni caso, è stato affermato che “Il consorzio con attività esterna è responsabile nei confronti dei terzi dei danni a questi ultimi causati dalle imprese consorziate nello svolgimento di attività costituenti adempimento di un contratto stipulato direttamente dal consorzio”168. 167 Cass., Sez. 1, sentenza n. 8124 del 2 aprile 2010, Rv. 612634. 168 Cass., Sez. 3, sentenza n. 18235 del 3 luglio 2008, Rv. 605183. 80 Doveri di protezione ed obblighi di garanzia. Introduzione al problema e presupposti di ordine teorico generale: il rapporto con il superamento della distinzione fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e le esperienze straniere. La tematica dei doveri di protezione e degli obblighi garanzia si ricollega alla discussione, in atto ormai da decenni, relativa all’unitarietà della nozione di responsabilità civile ed alla distinzione, al suo interno, fra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, due categorie che non hanno ancora trovato un definitivo inquadramento nell’ambito del diritto privato. Lo studio dei doveri di protezione e degli obblighi garanzia è stato influenzato non poco da tale discussione, trattandosi di figure che si collocano proprio al confine fra le due responsabilità de quibus. Dette figure, infatti, hanno lo scopo di consentire l’inserimento nell’ambito della responsabilità contrattuale di una serie di fatti e comportamenti che, applicando i criteri ordinari, sarebbero da disciplinare alla stregua di illeciti aquiliani, così accordando a soggetti che si trovano esposti ad un rischio specifico una tutela più intensa di quella che spetterebbe ai terzi estranei al rapporto obbligatorio 169. Allo stato in dottrina e giurisprudenza è certa la contrapposizione della responsabilità civile alla responsabilità penale ed amministrativa, ma rimangono poco chiari il significato, il contenuto ed i limiti della prima 170. 169 170 C. Castronovo, Obblighi di protezione e tutela del terzo, in Jus, 1976, 143 ss. M. Giorgianni, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Verso una concezione unitaria della responsabilità civile, in www.judicium.it, reperibile in http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=0CCAQFjAAahUKEwiMvNYyo_IAhVLthoKHUNxDQg&url=http%3A%2F%2Fwww.paolonesta.it%2Fattachments%2Farticle%2F2570%2Fla%2 520_responsabilita_%2520civile_.pdf&usg=AFQjCNELytG4k6dKpsnJJGSy66Os_ouPog. 81 Essa dovrebbe costituire la categoria generale e comprendere sia la responsabilità contrattuale che quella extracontrattuale. Nella prassi è invalso, però, l’uso di designare come responsabilità civile soltanto la sottocategoria della responsabilità extracontrattuale (o aquiliana), da distinguere da quella derivante da contratto 171. Una netta separazione tra le due figure di responsabilità non è, peraltro, più considerata adeguata172. Nei sistemi di civil law si è proposto, quindi, di inquadrare la tematica in questione nell’ambito dei rapporti obbligatori al fine di ricondurla ad unità 173. Tradizionalmente si afferma che la responsabilità contrattuale nasce all’interno di un rapporto obbligatorio già costituito, con la conseguenza che un obbligo di risarcimento si pone accanto al dovere primario di prestazione, mentre la responsabilità extracontrattuale è un’obbligazione che si costituisce ex novo 174. La distinzione fra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale poggia, quindi, sulla presenza o sulla mancanza di una preesistente obbligazione. Sarebbe questo, secondo la dottrina maggioritaria, il motivo della separazione fra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, che giustificherebbe ancora alcune differenze di disciplina positiva 175. 171 P. G. Monateri, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, Le fonti delle obbligazioni, 3, Torino, 1998, 2; G. Alpa, Diritto della responsabilità civile, Roma-Bari, 2003, 67- 68. 172 F. Giardina, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, Milano, 1993. 173 Nei sistemi di common law, che non conoscono il diritto delle obbligazioni, ma distinguono contracts, torts, unjust enrichment, tale soluzione non è, invece, possibile. Peraltro, si osserva che la distinzione tra contract e tort è rimasta sempre labile, anche perché la responsabilità per inadempimento (assumpsit) ha avuto origine da quella extracontrattuale, con la conseguenza che la discriminazione tra effetti del tort ed effetti del contract, e quindi tra danno contrattuale per inadempimento e danno aquiliano, non si è mai radicata. 174 L. Mengoni, Responsabilità contrattuale c) Diritto vigente, in Enc. Dir., XXXIX, Milano, 1988, 1072. 175 C. Rossello, Responsabilità contrattuale ed aquiliana: il punto sulla giurisprudenza, in Contratto e Impresa, 1996, 2, 642 ss., 644-645; soprattutto, R. Scognamiglio, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in NN.D.I., XV, Torino, 1968, 672; M. Franzoni, Il danno risarcibile, II, in Trattato della responsabilità civile, dir. da M. Franzoni, Milano, 2010, 761, 766 s. 82 Recentemente176, però, sono stati effettuati in dottrina dei tentativi di unificazione delle due forme di responsabilità civile 177. Così in Francia l’Avant-projet de réforme du droit des obligations del 2005 ha spostato l’attenzione dalla figura del contratto a quella generale “Des obligations” e ha riunito in un Titolo le tre principali fonti d’obbligazione, “le contrat, les quasicontrats et la responsabilité civile”. In particolare, il Sous-Titre III, dedicato alla responsabilità civile, non disciplina soltanto i fatti illeciti, ma contiene le regole della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (per l’esattezza, introduce regole comuni ai due tipi di responsabilità, regole proprie della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e regole sui rapporti fra le responsabilità). In tal modo, si è voluta accogliere una concezione unitaria di responsabilità civile, nella quale verrebbe assorbita la responsabilità contrattuale 178, senza ignorare le particolarità del diritto dei contratti. Il Progetto, inoltre, segue espressamente la “règle du non-cumul” fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale 179. 176 In Italia, la diversità di disciplina fra responsabilità contrattuale ed aquiliana è stata rinvenuta, innanzitutto, in tema di liquidazione del danno, in quanto l’articolo 1225 c.c., che limita il danno risarcibile solo a quello prevedibile nel momento in cui è sorta l’obbligazione quando l’inadempimento è colposo, non si applica alla responsabilità extracontrattuale. Inoltre, il regime della prova dell’inadempimento contrattuale prevederebbe una inversione del relativo onere rispetto ai principi generali di cui all’articolo 2697 c.c. D’altro canto, il legislatore avrebbe previsto varie ipotesi di responsabilità oggettiva o, comunque, presunta proprio in materia aquiliana. Infine, sono segnalate le differenze concernenti il regime della prescrizione, della costituzione in mora del debitore, dell’imputabilità del soggetto, della responsabilità per fatto altrui, della solidarietà e delle clausole di esonero della responsabilità. 177 F. D. Busnelli, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme del diritto delle obbligazioni, in Il diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una Riforma? (Treviso, 23-24-25 marzo 2006), Atti del Convegno per il cinquantenario della Rivista di diritto civile, Padova, 2006, 439 ss. 178 G. Viney, Exposé des motifs, 143-144, in Avant-Projet de reforme du droit des obligations (Articles 1101 à 1386 du Code civil) et du droit de la prescription (Articles 2234 à 2281 du Code civil), Rapport à Monsieur Pascal Clément Garde des Sceaux, Ministre de la Justice 22 Septembre 2005, rinvenibile in www.justice.gouv.fr/art_pix/RAPPORTCATALASEPTEMBRE2005.pdf · PDF file; M. Giorgianni, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Verso una concezione unitaria della responsabilità civile, op. cit. 179 L’affermazione del principio del divieto del cumulo viene fatta risalire generalmente a Req. 21 luglio 1879, D. 1880, 1, 381. Cfr. T. Weir, Complex Liabilities in Int'l Enc. Comp. L., vol. 11, Torts, The Hague; Boston: M. Nijhoff, 1983, 2 ss., 24 ss.; P. G. Monateri, Cumulo di responsabilità contrattuale e extracontrattuale (Analisi comparata di un problema), Padova, 1989, pp. 47 ss., 68 ss. D’altra parte, la Cour de Cassation en Assemblée plénière (Cass., ass. plén., 6 ottobre 2006, con nota di P. Jourdain, in Rev. trim. dr. civ., 2007, 123 ss.) ha consacrato il principe d’identité des fautes contractuelle et 83 Anche nel sistema tedesco, già tradizionalmente improntato sul diritto dei rapporti obbligatori, la Schuldrechtsmodernisierung 180 del 2002 ha rivalutato la figura generale dell’obbligazione e ha contribuito ad una progressiva uniformazione del concetto di responsabilità civile. La norma generale di riferimento è il nuovo § 280, Abs. 1, che si riferisce esplicitamente alle ipotesi di Schadenersatz wegen Pflichtverletzung 181, ma considera la relativa disciplina estendibile alla violazione di semplici geschäftliche Kontakte182 e, implicitamente, conduce a qualificare come species le residue regole risarcitorie riferite esclusivamente all’atto illecito 183. Il legislatore tedesco ha codificato, così, l’idea che il rapporto obbligatorio non deve limitarsi all’adempimento di doveri primari di prestazione (§ 241, Abs. 1) ma, trattandosi di un rapporto fondato sul principio di buona fede, può contenere anche doveri secondari di comportamento, obblighi reciproci di “rispetto” (Rücksicht) (Abs. 2)184, che sono alla base della teoria del rapporto quasi-contrattuale fondato sull’affidamento (vertragsähnliches Vertrauensverhältnis), che si è sviluppata con la figura della culpa in contrahendo di Rudolf von Jehring 185 e con il concetto di “rapporto obbligatorio ex lege senza obbligo primario di prestazione”186. Problematica si è rivelata, in particolare, la figura del contratto con effetti di protezione per terzi (Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte), che ha esteso gli obblighi délictuelle e ha stabilito: “Attendu que le tiers à un contrat peut invoquer, sur le fondement de la responsabilité délictuelle, un manquement contractuel dès lors que ce manquement lui a causé un dommage”. La Corte ha affermato, quindi, in contrasto con il principio del non-cumul, che l’inadempimento nei confronti del creditore può fondare la responsabilità extracontrattuale verso un terzo che abbia subito un danno in conseguenza dell’inadempimento. 180 Traducibile in italiano come riforma del diritto delle obbligazioni. 181 Traducibile in italiano come risarcimento del danno da violazione di un dovere. 182 Traducibile in italiano come rapporti d’affari o rapporti professionali. 183 F. D. Busnelli, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme del diritto delle obbligazioni, op. cit., 443. 184 H. Heinrichs, § 241, in Palandt Bürgerliches Gesetzbuch, München, 2004, Rdn. 6; V. Emmerich, § 311, in Münchener Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch, 2, München, 2003. 185 Rudolf von Jehring, Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur Perfection gelangten Verträgen, in Jahrbücher für die Dogmatik, 1861, 4, 1 ss. 186 K. Larenz, Lehrbuch des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, München, 1987, 106.; si leggano pure H. Stoll, Abschied von der Lehre von der positiven Vertragsverletzungen, in Arch. Civ. Pr. 136, 1932, 257 ss.; C.-W. Canaris, Ansprüche wegen positiver Vertragsverletzung und Schutzwirkung für Dritte bei nichtigen Verträgen, in Juristenzeitung, 1965, 475 ss. 84 di protezione anche nei confronti di soggetti terzi al contratto che vengano a trovarsi in contatto con la prestazione e subiscano un danno. Il tema della lesione degli interessi dei terzi ad opera del contratto tocca più propriamente il principio di relatività degli effetti contrattuali e conduce a ripensare la categoria generale del rapporto obbligatorio come struttura complessa, non solo dal lato oggettivo degli obblighi (principale e secondari), ma, altresì, dal lato soggettivo di uno o più debitori e di uno o più creditori, abbandonando, così, la figura del contratto e delle parti contrattuali come categorie di riferimento 187. Ogni ordinamento, quindi, sta affrontando in maniera diversa le nuove problematiche relative ai rapporti fra responsabilità contrattuale ed illecito aquiliano. Nel sistema inglese la rigidità della contract law ha condotto ad un’espansione dell’area dei torts, mentre nel sistema tedesco la tipicità delle unerlaubte Handlungen 188 determina un’espansione dell’area dei contratti. L’Italia, che pure conosce l’atipicità dell’illecito, è stata caratterizzata da un’espansione della responsabilità contrattuale in settori tradizionalmente sottoposti a quella extracontrattuale, anche se la Corte Suprema di Cassazione ha spesso ribadito che “la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest’ultima consegue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella contrattuale presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti)”189. In Francia, invece, nonostante il principio del non-cumul e con l’ausilio di una clausola generale di responsabilità oggettiva (articolo 1384, comma 1, Code civil), si 187 C. Castronovo, Obblighi di protezione e tutela del terzo, op. cit., 7; A. Di Majo, La protezione del terzo tra contratto e torto, in Eur. dir. priv., 2000, p. 1 ss. 188 Traducibile in italiano come fatti illeciti. Cass., Sez. U, sentenza n. 14712 del 26 giugno 2007, Rv. 597395. 189 85 è sviluppata la tendenza a decontrattualizzare l’obbligazione di diligenza, ogni volta che l’applicazione della disciplina delittuale fosse più vantaggiosa per la vittima 190. Nell’ambito del processo che ha condotto ad avvicinare la tutela contrattuale a quella aquiliana è emersa pure la tematica della tutela aquiliana del credito e del conseguente superamento della tradizionale separazione fra diritti assoluti e diritti relativi all’interno della responsabilità civile, che investe il problema della partecipazione del terzo al rapporto obbligatorio. Per l’esattezza, un soggetto, terzo rispetto al contratto, può entrare in contatto e/o interferire nel contratto in diverse forme: a- come beneficiario della prestazione (contratto a favore di terzo, rappresentanza), nel qual caso si pone la questione dell’eventuale contrasto con il principio di relatività del contratto; b- come danneggiato dalla prestazione in via extracontrattuale o in via contrattuale (contratto con effetti protettivi per terzi); c- come danneggiante la prestazione dall’esterno (lesione aquiliana del credito) o in cooperazione con il debitore (cooperazione nell’inadempimento e induzione all’inadempimento). Il diverso inquadramento della partecipazione del terzo si collega ai rapporti fra diritto dei contratti e diritto delle obbligazioni e fra effetti del contratto e rapporto obbligatorio. Infatti, la partecipazione del terzo al rapporto obbligatorio, anziché al contratto, supera il principio di relatività e ogni questione relativa alla natura della responsabilità, poiché il soggetto non è più terzo rispetto alle parti e al contratto, ma creditore/debitore di un rapporto obbligatorio inteso in senso complesso 191. 190 191 A. Procida Mirabelli Di Lauro (e M. Feola), La responsabilità civile, Torino, 2008, 15-16. Nel codice civile del 1865, analogamente al Code civil francese, la responsabilità civile si identificava normativamente con la responsabilità da inadempimento di un’obbligazione e l’inadempimento richiamava, sullo sfondo, la figura del contratto. Con il codice civile del 1942 si è avuta una rottura di questa identificazione poiché è 86 La Suprema Corte di Cassazione italiana è arrivata, così, a proporre una lettura costituzionalmente orientata delle regole sulla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale192, costruendo un sistema unitario di responsabilità civile rivolto alla tutela dei diritti inviolabili della persona 193. La tendenza è, quindi, di ricostruire un modello di responsabilità civile fondato sul danno e sull’attribuzione di questo alla responsabilità di colui al quale è riconducibile, prescindendo dalla natura contrattuale o meno di detta responsabilità e dalla qualifica di parte contrattuale dell’interessato. stato dato rilievo ad una responsabilità extracontrattuale che, tuttavia, in forza dei rinvii contenuti nell’articolo 2056, comma 1, c.c., ha mantenuto il suo legame con la responsabilità contrattuale. 192 Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972. 193 E. Navaretta, Il danno non patrimoniale, in S. Patti (dir.), Responsabilità civile, Danno non patrimoniale, a cura di S. Delle Monache, Utet, 2010, 1 ss., 28 s.; N. Lipari, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: il ruolo limitativo delle categorie concettuali, in Il danno non patrimoniale contrattuale, a cura di F. Macario e C. Scognamiglio, in Contratti, 2010, 704, 705, che propone di rivalutare le categorie concettuali tradizionali alla luce del diritto privato europeo, mediante l’adozione di una interpretazione comunitariamente orientata che consideri la responsabilità civile tenendo conto dell’entità del danno e del soggetto chiamato a risponderne, a prescindere dalla natura contrattuale o extracontrattuale di tale responsabilità. 87 Doveri di protezione ed obblighi di garanzia: nascita e sviluppo della categoria nella storia, dall’antica Roma al diritto tedesco; gli obblighi di protezione ed il contratto con effetti di protezione per i terzi. La responsabilità civile ha conosciuto una forte espansione, non solo sul versante extracontrattuale, ma anche su quello contrattuale per il tramite del principio di buona fede. L’oscillazione fra un modello e l’altro di responsabilità varia da ordinamento a ordinamento e dipende dalle insufficienze normative e dalla rigidità o meno del sistema della responsabilità extracontrattuale rispetto a quello della responsabilità contrattuale (e viceversa). Un importante sviluppo della responsabilità contrattuale è costituito, in particolare, dal riconoscimento nel nostro ordinamento della categoria dei doveri di protezione e degli obblighi di garanzia 194. Con l’espressione doveri (od obblighi) di protezione si indicano spesso quegli obblighi che mirano a garantire che la persona e/o le cose di ciascun soggetto del rapporto obbligatorio non subiscano danni durante lo svolgimento del rapporto stesso. Ad esempio, nell’ordinamento italiano esistono disposizioni dettate per garantire l’interesse del debitore a non subire danni alla sua persona od ai suoi beni nell’esecuzione della prestazione, come l’articolo 1681 c.c., in tema di trasporto di persone, che prevede la responsabilità del vettore per i danni subiti da cose e persona del trasportato, nonché l’obbligo del viaggiatore di non portare cose pericolose, e l’articolo 2087 c.c., che impone all’imprenditore di adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la 194 E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, 99 ss.; L. Mengoni, Obbligazioni “di risultato” e obbligazioni “di mezzi” (Studio critico), in Riv. dir. comm., 1954, I, 185 ss.; F. Benatti, Osservazioni in tema di “doveri di protezione”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, p. 1342 ss.; A. Di Majo, L’esecuzione del contratto, Milano, 1967, 405 ss.; C. Castronovo, Obblighi di protezione e tutela del terzo, op. cit., 123 ss.; U. Natoli, L’attuazione del rapporto obbligatorio, I, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, 1974, 14 ss. 88 tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro). Il termine obblighi di garanzia, invece, è usato, talvolta, per descrivere la configurabilità di obblighi di protezione nei confronti di soggetti terzi rispetto al contratto e, quindi, l’inserimento del terzo nella sfera di protezione del rapporto obbligatorio. Nella dottrina più recente, peraltro, è invalso l’uso della terminologia obblighi di protezione per indicare sia i doveri di protezione che gli obblighi di garanzia. Non esiste, comunque, oggi in Italia una definita dottrina degli obblighi di protezione, intesi quale istituto autonomo dotato di caratteristiche sue proprie. La stessa giurisprudenza, nell’affrontare la tematica, si limita ad enucleare soluzioni valide a risolvere le concrete fattispecie, senza, però, fornire una ricostruzione unitaria del fenomeno. Indubbiamente, gli obblighi di protezione rappresentano una categoria posta al confine fra la responsabilità contrattuale e quella aquiliana, ragione per la quale spesso sono stati considerati una figura inutile od una particolare graduazione dell’illecito extracontrattuale. Ciò in quanto l’obbligazione contrattuale proteggerebbe lo specifico interesse del creditore alla prestazione, mentre gli ulteriori interessi della vita di relazione che possono essere messi a rischio dal rapporto giuridico in questione dovrebbero ricevere una tutela aquiliana, benché i soggetti contraenti siano gravati, con riferimento a detti ulteriori interessi, da doveri di condotta che possono essere non generici, come quello del neminem laedere di cui all’articolo 2043 c.c., ma tarati sulla specificità dei rischi in gioco 195. La responsabilità contrattuale, quindi, dovrebbe tutelare primariamente un interesse accrescitivo, vale a dire l’interesse ad ottenere un corrispettivo per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio, corrispettivo destinato ad incrementare la sfera giuridica dell’individuo. 195 V. Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Milano, 2011, 185. 89 La responsabilità aquiliana, invece, dovrebbe garantire la conservazione di detta sfera giuridica, sanzionando le condotte che a questa arrechino danno per mezzo della lesione di cose o persone. La dottrina vede, perciò, tradizionalmente nella responsabilità extracontrattuale il mezzo principale tramite il quale risarcire tale ultima specie di lesione, mentre, ove il ristoro di questa sia ottenuto applicando la disciplina dell’inadempimento, ritiene che ricorra un’eccezione ai principi generali 196 o, ancora, che operi una responsabilità (la contrattuale) che è speciale rispetto a quella più generale (l’extracontrattuale) 197. Negli ultimi anni si è iniziato a sostenere, però, che i danni alla persona ed alle cose che si traducano in un deterioramento dello status quo sono tutelabili facendo ricorso sia agli strumenti della responsabilità contrattuale che ai rimedi propri della responsabilità aquiliana. E’ con riguardo specificamente a questa tipologia di danni che la tematica degli obblighi di protezione viene in rilievo, in particolare in quei casi nei quali non è agevole ricondurre una fattispecie nell’una piuttosto che nell’altra specie di responsabilità. Il sorgere della tematica degli obblighi di protezione si ricollega, inoltre, all’evoluzione della nozione di obbligazione nel diritto contemporaneo. Infatti, di solito la responsabilità contrattuale è ricondotta ad un’obbligazione, l’inadempimento della quale impone il risarcimento. L’illecito civile, al contrario, è caratterizzato fondamentalmente dalla lesione della situazione soggettiva in presenza della violazione del dovere negativo del neminem laedere. 196 L. Bigliazzi Geri – U. Breccia – F.D. Busnelli – U. Natoli, Diritto civile, 3. Obbligazioni e contratti, Torino, 1989, 70. 197 F.D. Busnelli, Itinerari europei nella “terra di nessuno tra contratto e fatto illecito”: la responsabilità da informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 1991, 539 ss. 90 Nel nostro ordinamento, peraltro, rientrano nella responsabilità extracontrattuale pure dei doveri di contenuto positivo, che impongono di informare od agire, per impedire la lesione della altrui sfera giuridica (con conseguente culpa in non faciendo in caso di loro violazione, che genera una responsabilità aquiliana 198). Ad essere sanzionato è, quindi, un comportamento omissivo che non ha carattere generale, ma particolare, riguardando soggetti e doveri specifici, il che, però, farebbe venire meno ogni differenza con la responsabilità contrattuale 199. Con riferimento agli obblighi di protezione, al contrario, violazioni dell’altrui sfera giuridica che, in linea teorica, dovrebbe ricevere una protezione aquiliana, beneficiano di una tutela contrattuale, come se fossero rimaste inadempiute delle obbligazioni negoziali. Già il diritto romano ha preso in considerazione la produzione di un danno ai beni od alla persona del creditore nell’ambito della responsabilità contrattuale. Senza pretese di completezza, si può rilevare come sia stato rilevato dalla dottrina che, almeno nell’epoca classica, i giuristi romani avevano incluso nell’ambito della responsabilità contrattuale casi di produzione di un danno ai beni od alla persona del creditore non legati all’adempimento della prestazione 200, in quanto il debitore era tenuto in numerose fattispecie ad eseguire la prestazione concordata e, in aggiunta a questa, a rispettare dei doveri accessori che ben potevano essere ricostruiti come 198 G. Alpa, Il problema dell’atipicità dell’illecito, Napoli, 1979, 137 ss. 199 Per superare tale ultima considerazione e mantenere ferma la distinzione in questione, si è sostenuto che la differenza fra i due tipi di responsabilità sarebbe da rinvenire ormai nel solo dato positivo, in base al quale, ad esempio, l’articolo 1218 c.c. dispone che il debitore, per sfuggire alla responsabilità contrattuale, deve provare che il suo inadempimento è derivato da un’impossibilità non imputabile, mentre, in virtù dell’articolo 2043 c.c., il danneggiato deve dimostrare che l’omissione è dovuta a dolo o colpa del danneggiante. La responsabilità contrattuale, infatti, si fonderebbe sull’inadempimento, per cui, ove questo ricorra, sarebbe il debitore convenuto a dovere fornire la prova del fatto liberatorio; la responsabilità aquiliana, invece, sarebbe basata sul principio della colpa e sarebbe chi agisce a dovere provare il dolo o la colpa del convenuto. 200 R. Cardilli, L’obbligazione di praestare e la responsabilità contrattuale nel diritto romano, Milano, 1995, 352. 91 obblighi di eseguire prestazioni ulteriori, l’inadempimento dei quali era azionabile201 in sede giudiziaria sulla base dello stesso titolo contrattuale. Non pochi sono gli esempi di tal genere 202, soprattutto nei rapporti contrattuali di comodato e di locazione, l’ultimo dei quali è di particolare interesse, nella specie, perché alla locazione romana sono riconducibili varie tipologie contrattuali moderne, fra cui la locazione, l’affitto, il contratto di trasporto marittimo e terrestre e, infine, l’appalto. Così, è da ricordare che, nel trasporto marittimo di schiavi, in ipotesi di morte di uno dei soggetti trasportati, era ritenuto sussistere un inadempimento del conduttoretrasportatore per il semplice fatto che il decesso si fosse verificato sulla nave, con la conseguenza che egli era tenuto a risarcire il danno nei limiti del prezzo del trasporto203. La giurisprudenza aveva, quindi, posto a carico del trasportatore questo rischio in quanto connesso con l’attività svolta, interpretando in senso lato l’obbligo di fides bona gravante sulle parti. Caso simile è trattato da Ulpiano 204, il quale si occupa del perimento di merci durante il percorso di una nave e fonda la responsabilità del conduttore su una serie di profili concernenti la sua competenza nella navigazione e la capacità di gestire l’imprevisto ed il pericolo per il carico. E’ stato bene osservato che il trasportatore marittimo era tenuto in questi casi a rispondere contrattualmente per la violazione di misure di sicurezza necessarie alla conservazione dei beni del creditore che, pur se poste a suo carico, esulavano dalla prestazione principale oggetto del contratto. 201 C. A. Cannata, Sul problema della responsabilità nel diritto privato romano, Catania, 1996, 11 ss. 202 Per una esauriente trattazione L. Lambo, Obblighi di protezione, Cedam, 2007, 25 ss. 203 D. 14,2,10 pr. (Lab. 1 Pithan.a Paul. Epit.). 204 D. 19,2,13,1 (Ulp. 1.32 ad ed.). 92 Sempre Ulpiano 205 ha affrontato la questione della responsabilità contrattuale del conduttore che abbandoni la casa locata a causa delle incursioni di un esercito in arrivo, con conseguente furto ad opera dei soldati di cose del proprietario dell’edificio. In tal caso, il conduttore doveva rispettare alcuni obblighi in favore del locatore, quali avvisarlo dell’avvicinarsi dell’esercito e della decisione di allontanarsi, e rispondeva contrattualmente quando avrebbe potuto impedire il furto o limitare la quantità dei beni sottratti. Altra situazione degna di interesse trattata dalla giurisprudenza dell’antica Roma era, altresì, quella del conduttore responsabile per il danno causato ad una res del locatore che non rientrasse nell’oggetto della locazione. Nella specie206, il conduttore aveva preso in affitto un terreno adiacente alla domus del locatore per depositare terra estratta da un suo fondo per costruirvi un edificio. L’accumulo di terra e le piogge frequenti avevano causato il crollo di un muro di detta domus, con la conseguenza che il conduttore, in virtù del dovere di agire ex fide bona, era contrattualmente tenuto a risarcire il danno. I giuristi romani, pertanto, tendevano a ricondurre all’area della responsabilità per inadempimento la lesione della sfera giuridica del creditore prodotta da chi decideva di svolgere delle attività economiche o di fornire cose proprie in cambio di un compenso sulla base di un titolo contrattuale. L’interesse alla prestazione non era, quindi, l’unico che l’obbligazione contrattuale era volto a soddisfare, dovendosi tenere conto pure delle esigenze ulteriori dei soggetti coinvolti nello schema contrattuale. 205 D.19,2,13,7 (Ulp. 1.32 ad ed.) 206 D.19.2.57 (Iav. 1.9 ex post. Lab) 93 In seguito, la dottrina tedesca ha fornito un ulteriore contributo all’evoluzione della teoria dell’obbligazione, distinguendo l’interesse alla prestazione (Leistungsinteresse) dall’interesse alla protezione (Schutzinteresse), indicando quest’ultimo l’interesse dell’individuo a non subire un pregiudizio ai propri beni ed alla sua persona in occasione della attuazione del rapporto obbligatorio. L’obbligazione contrattuale era vista, quindi, come un rapporto complesso in cui, all’obbligo avente ad oggetto la prestazione, se ne affiancavano altri di natura accessoria ed aventi differente funzione, fra cui spiccavano i c.d. obblighi di protezione (Schutzpflichten) 207, con riferimento ai quali si espandeva l’area di applicazione delle norme previste per la responsabilità contrattuale del debitore. La dottrina in questione deve la sua formazione, innanzitutto, alla teoria della violazione contrattuale positiva (positive Vertragsverletzung) elaborata da Hermann Staub per ovviare alle carenze normative del codice civile tedesco in tema di inadempimento dell’obbligazione208. Infatti, prima della riforma generale del codice civile tedesco, entrata in vigore nel 2002, la disciplina della responsabilità per inadempimento non conteneva una clausola generale di esatto adempimento paragonabile all’articolo 1218 del codice civile italiano. Il codice tedesco imponeva al debitore di adempiere e di farlo senza ritardo, ma esisteva un vuoto normativo con riguardo all’obbligo di eseguire bene la prestazione, in virtù del quale, in presenza di un dedotto inadempimento, il giudice poteva solo accertare se la prestazione fosse divenuta impossibile od in ritardo. Questa dottrina estese in via analogica i rimedi contrattuali ai comportamenti del debitore non inquadrabili nell’impossibilità imputabile o nella mora. 207 U. Majello, Custodia e deposito, Napoli, 1958, 57. 208 H. Staub, Die positiven Vertragsverletzungen und ihre Rechtsfolgen, in: Festschrift für den XXVI. Deutschen Juristentag (in Berlin), Berlin, 1902, tradotto in italiano e pubblicato dalla Esi nel 2001 con il titolo Le violazioni positive nel contratto. 94 In particolare, ove la prestazione fosse stata eseguita, ma in modo inadeguato, il creditore poteva chiedere il risarcimento del danno e la risoluzione del contratto 209. Ad esempio, in tema di compravendita, qualora la cosa trasferita fosse stata viziata, restavano prive di tutela risarcitoria contrattuale le ipotesi nelle quali la prestazione difettosa danneggiasse l’acquirente e non ricorressero i presupposti della mancanza di una specifica qualità garantita o del silenzio doloso sul vizio. La teoria di Staub riconosceva al compratore il diritto al risarcimento nei casi in cui detti vizi o mancanze di qualità fossero sopravvenuti, per colpa del venditore, alla conclusione del contratto. In questo modo, trovavano tutela due tipi di danno, quello derivante dalla lesione dell’interesse alla prestazione (il vizio), e la conseguenza di tale lesione, che colpiva l’interesse di protezione dell’acquirente210. La teoria della violazione contrattuale positiva fu superata e perfezionata dalla dottrina di Heinrich Stoll 211, che pose al centro del suo esame gli interessi che entravano in gioco nel rapporto obbligatorio, contrapponendo quello alla prestazione a quello del creditore e del debitore a non subire lesioni alla propria persona od alle proprie cose. Il primo era soddisfatto mediante obblighi di prestazione (Leistungspflichten), che erano individuati partendo dal contenuto dell’obbligazione, il secondo tramite obblighi di protezione derivanti dalla regola di buona fede (Treu und Glauben), che avevano ad oggetto un facere od un non facere. Con Stoll, quindi, è stata rielaborata la concezione che limitava l’obbligazione alla sola prestazione e si è giunti all’idea del rapporto obbligatorio come struttura complessa all’interno della quale si collocano obblighi accessori tesi a rendere 209 L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 35. 210 L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 38. 211 H. Stoll, Abschied von der Lehre von der positiven Vertragsverletzungen, op. cit., 288. 95 possibile il conseguimento del bene o del servizio pattuiti senza danni per le parti del contratto 212. Fra detti obblighi 213 vi erano quelli di protezione, i quali avevano la funzione di tutela di beni che già godevano, di solito, di una garanzia erga omnes. I beni della vita, dell’integrità e della proprietà, tutelati tradizionalmente tramite la responsabilità aquiliana, erano protetti dal diritto dei contratti ove la necessità di salvaguardarli fosse nata in virtù del rapporto obbligatorio. Tali obblighi gravavano su entrambe le parti e, soprattutto, prescindevano dalla lesione dell’interesse alla prestazione e, dunque, dalla possibilità che questa fosse stata adempiuta o fosse divenuta impossibile. Infatti, con l’instaurarsi del rapporto obbligatorio le parti esponevano le loro sfere giuridiche al pericolo che dall’attività dell’una potesse discendere un danno al patrimonio od alla persona dell’altra. Grazie al principio di buona fede, pertanto, nascevano i suddetti obblighi accessori, i quali proteggevano quegli interessi che avrebbero potuto essere lesi da tale attività. I primi doveri di protezione individuati da Stoll erano quelli di avviso e conservazione, cui poi vennero aggiunti quelli di custodia, segreto, cooperazione, fedeltà ed assistenza. La ragione del successo della teoria degli obblighi di protezione in Germania si spiega con le caratteristiche della responsabilità aquiliana in quel paese nel corso del IXX e XX secolo, orientata a favorire la libertà di azione di ogni persona, e con la 212 213 L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 40. Divisi, di solito, in due categorie, i Nebenleistungpflichten, i doveri accessori alla prestazione, ed i Nebenpflichten, che ricomprendono gli obblighi che garantiscono la corretta attuazione dell’obbligazione e la salvaguardia della salute e dell’integrità dei beni delle parti e, quindi, gli obblighi di protezione: J. Esser – E. Schmidt, Schuldrecht, I, Allgemeiner Teil, 1, Heidelberg, 1995, 39 ss. 96 tradizione del diritto comune all’epoca vigente, che prevedeva una casistica ben precisa degli atti illeciti. Per evitare che le norme sull’illecito civile avessero una portata applicativa troppo ampia e, quindi, inibissero l’iniziativa economica dei singoli, e per non allontanarsi troppo dalla disciplina preesistente, non venne inserita nel codice civile tedesco una norma generale che obbligasse al risarcimento del danno chi avesse cagionato un danno con dolo o colpa, come avviene con il nostro articolo 2043 c.c., ma si optò per una tripartizione dei fatti illeciti, in virtù della quale solamente nell’ipotesi di realizzazione di una situazione espressamente prevista dalla legge sorgesse l’obbligo di risarcire un danno 214. La teoria dei doveri di protezione ha trovato nei primi anni ’80 nuova linfa con gli studi di Canaris 215. Egli sosteneva che i doveri di protezione di Stoll non dovessero essere intesi come un mezzo per colmare delle lacune del sistema giuridico civile tedesco e che non fosse condivisibile l’impostazione tradizionale, secondo la quale i doveri di protezione avrebbero mantenuto, comunque, una natura aquiliana, con l’unico correttivo che, essendo la loro violazione avvenuta all’interno di un rapporto obbligatorio, ne conseguiva una responsabilità conforme ai principî contrattuali, in 214 La responsabilità aquiliana nel Bgb era regolata dai primi due commi del § 823 e dal § 826. Il § 823, comma 1, sanzionava con l’obbligo di risarcire il danno chiunque avesse leso, in contrasto con il diritto, la vita, l’integrità fisica, la salute, la libertà, la proprietà od un altro diritto altrui. Il comma 2 della medesima disposizione stabiliva che il risarcimento fosse dovuto qualora si fosse violata una legge avente di mira la tutela di un terzo. Il § 826, infine, colpiva chiunque cagionasse dolosamente ad altri un danno agendo in modo contrario ai buoni costumi. Queste disposizioni non riuscivano, nel complesso, a garantire una adeguata tutela dei danni meramente patrimoniali, soprattutto in presenza di condotte lesive colpose. In particolare, il § 823, comma 1, tutelava solo alcuni beni della vita specifici ed unicamente i diritti assoluti, il comma 2 trovava ridotta applicazione, in quanto era difficile individuare un criterio chiaro ed univoco che permettesse di comprendere quando una legge fosse finalizzata alla protezione di un terzo, il § 826 concerneva condotte dolose e puniva le violazioni più gravi del buon costume, venendo, pertanto, raramente utilizzato. 215 C. W. Canaris, Norme di protezione, obblighi del traffico, doveri di protezione, in RCDP 1983, 567 ss. 97 modo da non aggravare la posizione probatoria del soggetto leso nel corso dell’adempimento. Canaris motivava la sua tesi riferendosi al testo del § 618, comma I, del BGB anteriforma, intitolato “Obbligo di adottare misure di protezione”, il quale disponeva che l’ ‟avente diritto alla prestazione di servizi è in linea di principio tenuto a proteggere colui il quale sia obbligato a prestarli dai rischi che possono minacciare la vita e l’integrità fisica”. Tale azione era ritenuta di natura contrattuale in considerazione del collegamento della trasgressione del suddetto obbligo con il contratto. Se ne ricavava che il BGB non presentava delle lacune e che, pertanto, la teoria degli obblighi di protezione aveva un chiaro fondamento positivo. L’originalità di questa dottrina consiste nell’avere sostenuto che non era il contratto a rafforzare in senso protettivo la tutela della controparte, ma il rapporto particolare che, pur se preesistente al contratto stesso, veniva a manifestarsi solo con questo e rendeva possibile una maggiore incidenza sui beni della controparte. I doveri di protezione così delineati avevano una autonomia strutturale rispetto all’obbligazione principale e poteva ipotizzarsi l’esistenza di un più ampio ed unitario rapporto di protezione (Schutzverhältnis) avente titolo nella legge e comprensivo di doveri di protezione tanto prima che dopo la conclusione del contratto. Esisteva, quindi, un’obbligazione legale di protezione vicendevolmente gravante sia a favore che a carico delle parti ed a vantaggio del terzo, che comprendeva tutti i doveri di protezione, legati o meno al contratto (ma che emergevano in occasione del contratto stesso), di talché anche la fase antecedente e quella successiva a quest’ultimo ne sarebbero state interessate. I doveri di protezione de quibus, dunque, secondo Canaris, non cessavano nell’eventualità di nullità o annullamento del contratto, né in quei casi ove un contratto non esisteva, ma era stato suscitato, comunque, un affidamento giuridicamente rilevante. 98 Trovava applicazione la disciplina dei contratti perché gli obblighi di tutela in esame integravano il rapporto negoziale, facendo nascere una vera e propria responsabilità per le garanzie ricevute con relativa natura contrattuale delle pretese conseguenti alla violazione dei doveri di protezione 216 e tutela di quello che, con terminologia italiana, potrebbe chiamarsi un interesse all’integrità del patrimonio in quanto tale e, dunque, degli interessi puramente patrimoniali. Ad essere risarciti, peraltro, erano i soli danni verificatisi, in ragione dell’elevata possibilità di incidenza sui beni ed interessi della controparte, come conseguenza del rapporto particolare nascente dall’esecuzione del contratto, in tal modo evitandosi un aumento indiscriminato dei danni risarcibili. La dottrina dei doveri di protezione ha portato in Germania ad una estensione della tutela risarcitoria, ad esempio, nell’eventualità in cui il bene acquistato rovinasse altri oggetti dell’acquirente, o qualora l’attività d’opera producesse danno al creditore217. Obblighi di protezione sono stati rinvenuti 218 con riferimento ai danni alla persona dell’utente della ferrovia, scivolato sulla neve mentre si recava al treno, o di altro mezzo di trasporto, nel rapporto tra ospite ed albergatore (che doveva agire affinché durante il soggiorno il primo non subisse danni alla persona, alla salute od al patrimonio, al punto da impedirgli di mettersi in viaggio ove palesemente ubriaco 219), nel caso dell’avventore che giocava a scacchi in un’osteria e veniva ferito da una palla colpita male da una persona che si cimentava ad un bigliardo giudicato troppo vicino, o del cliente andato a bere una birra ed inciampato sulla scala che portava al piano superiore a causa della scarsa illuminazione, nelle locazioni, con il locatore che doveva proteggere il conduttore dai pericoli propri della vita in comune con altri 216 C. W. Canaris, Norme di protezione, obblighi del traffico, doveri di protezione, op. cit., 567 ss. 217 BGH, 10 marzo 1983, in NJW, 1983, 2813; BGH 28 aprile 1976, in DB, 1976, 1282; BGH 29 ottobre 1959, in VersR, 1960, 344. 218 L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 54-55. 219 I casi classici riguardavano, altresì, clienti feriti a causa di oggetti presenti nell’albergo, di tappi di birra sulla pista da ballo, di scale e locali insidiosi, di resti di cibo sul pavimento, di risse con sparatorie in albergo. 99 conduttori e con il locatore stesso (a prescindere dall’esistenza di un formale contratto di affitto)220, nella manifestazione sportiva, in favore dei visitatori e degli sportivi 221, nel contratto d’opera, con l’imprenditore che, nei confronti del committente e di coloro che entravano in contatto con le opere de quibus, doveva realizzare il suo lavoro salvaguardando la vita, la salute, il patrimonio ed i beni materiali degli stessi222. La giurisprudenza applicò la dottrina degli obblighi di protezione pure al fine di salvaguardare gli interessi solo economici delle parti o dei terzi 223. La riforma del codice civile tedesco, entrata in vigore il 1° gennaio 2002, ha innovato il sistema, inserendo una clausola generale che collega alla violazione di un obbligo la responsabilità per i danni lamentati dal creditore ed in cui rientrano le varie figure di vincolo che la dottrina e la giurisprudenza avevano elaborato per ovviare alle precedenti lacune del BGB (come gli obblighi precontrattuali e quelli, sia primari che accessori, che trovavano fonte nella legge o nel contratto) 224. 220 Venendo qui in rilievo gli obblighi di sicurezza per le entrate e le uscite, scale, corridoi, cantine ed impianti di riscaldamento. 221 Pertanto, l’impianto sportivo doveva essere mantenuto sicuro, in particolare non facendo entrare persone ove questo fosse ormai pieno. 222 Occorreva, quindi, mettere al sicuro attrezzature potenzialmente pericolose e proteggere le cose consegnate per essere riparate da furto, distruzione od uso altrui. 223 Così vennero individuati obblighi di correttezza del venditore finalizzati a dare istruzioni sull’uso corretto della merce venduta, delle banche di comunicare i rischi dell’investimento del cliente, di architetti, consulenti fiscali ed avvocati di ammettere il proprio insuccesso per consentire l’azione legale prima della prescrizione: la giurisprudenza ha consentito, in questi casi, di agire contrattualmente per ottenere il risarcimento di perdite solo economiche patite dalla controparte a causa del mancato rispetto di tali obblighi: P. Schlechtriem, Civil liability for economic loss Germany, 15th International congress of comparative law, Bristol, England, 1998, in < h t t p : / / w w w . j u r a . u n i freiburg.de/ipr1/LB_BRIST.pdf>. 224 Inoltre, sono state inserite pure ulteriori norme speciali che hanno codificato gli obblighi di protezione. Fra queste il § 241, comma 2, in base al quale il rapporto obbligatorio può vincolare ciascuna delle parti ad avere attenzione verso i diritti, i beni e gli interessi dell’altra. Questa disposizione è servita a tutelare quegli obblighi di protezione che, prima della riforma, erano ricondotti nella clausola generale di buona fede ex §242 BGB e ha, nella sostanza, positivizzato la concezione del rapporto obbligatorio complesso, comprensivo dei doveri di protezione e di quelli di prestazione. 100 In tal modo, l’obbligazione è intesa in senso lato, fondandosi sia sull’interesse ad ottenere la prestazione pattuita dalle parti, che su quello a non subire una lesione della propria sfera giuridica a causa dell’esecuzione della prestazione o dei contatti negoziali che hanno portato alla conclusione del contratto. I doveri di protezione acquistano, altresì, definitivamente una origine legale 225. Un ulteriore sviluppo degli obblighi di protezione e, di conseguenza, una maggiore espansione della responsabilità contrattuale rispetto a quella extracontrattuale, si sono avuti, sempre nell’esperienza tedesca, con il contratto con effetti di protezione per terzi (Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte). La protezione del terzo nel rapporto obbligatorio, se inquadrata nell’area del contratto, investe il principio di relatività degli effetti contrattuali e viene considerata, quindi, un’eccezione in molti ordinamenti. Qualora un terzo subisca un danno alla propria persona e/o ai propri beni per effetto dell’esecuzione di un contratto da altri concluso egli, nel nostro sistema, non lamentando l’inadempimento, potrà esercitare un’azione di responsabilità extracontrattuale 226. 225 Peraltro, già riconosciuta in precedenza, anche se si parlava di un diritto positivo non scritto: C. W. Canaris, Norme di protezione, obblighi del traffico, doveri di protezione, op. cit., 567 ss. 226 M. Giorgianni, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, Verso una concezione unitaria della responsabilità civile, op. cit., la quale osserva che nel sistema di Common Law soprattutto la necessità di una consideration e la rigidità della “doctrine of privity” hanno favorito una tutela di natura extracontrattuale del terzo e, a sua volta, cita G.H. Treitel, The law of contract, Thomson/Sweet & Maxwell, 2003, 67 ss., 580 ss., 607 ss., 609; S. Whittaker, Contracts which harm third parties: English law, in L. Vacca (a cura di), Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi nella prospettiva storico-comparatistica, IV Congresso Internazionale ARISTEC, Roma, 13-16 settembre 1999, Torino, 2001, p. 127 ss. In Francia, sempre secondo l’Autrice, la giurisprudenza prevalente, fondandosi sul principe d’effet relatif des conventions, sostiene che, nei casi in cui la mancata o inesatta esecuzione del contratto determini un pregiudizio a un terzo, la responsabilità della parte inadempiente nei confronti del terzo è di natura extracontrattuale (articoli 1382, 1383 Code civil), perché il terzo è creditore soltanto dell’obligation de réparation, come chiarito da J. Carbonnier, Droit civil, II, Paris, 2004, p. 2134 ss.; M.-L. Izorche, Les effets des conventions à l’égard des tiers: l’expérience française, in L. Vacca (a cura di), Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi nella prospettiva storico-comparatistica, op. cit., p. 71 ss. L’Autrice osserva che la soluzione adottata nell’Avant-Projet 101 In quello tedesco proprio le insufficienze del sistema dei fatti illeciti (unerlaubte Handlungen), come la sua tipicità, la non risarcibilità del danno meramente patrimoniale (§ 823, Abs. 1, BGB) e la disciplina non soddisfacente sulla responsabilità di colui che si avvale di ausiliari (§ 831, Haftung für den Verrichtungsgehilfen) 227, hanno costituito la ragione alla base della creazione, in primis ad opera della magistratura, della figura del contratto con effetti protettivi per i terzi. L’idea che il terzo dovesse ricevere tutela contrattuale a seguito del danno subito per essere venuto in contatto con la prestazione è stata accolta quantomeno all’inizio del secolo scorso dalla giurisprudenza del Reichsgericht, che, in principio, aveva fatto riferimento alla figura del contratto a favore di terzo (Vertrag zugunsten Dritter, § 328 BGB)228. Si trattava di ipotesi in cui un parente o un dipendente del creditore avevano subito una lesione del diritto alla salute ed i Tribunali, per tutelarli, avevano ritenuto esistesse una stipulazione implicita in favore del terzo danneggiato. In seguito, i giudici tedeschi hanno abbandonato lo schema del contratto a favore di terzo ed il Bundesgerichtshof nel Capuzolfall 229 ha accolto le considerazioni della dottrina, mediante il richiamo della distinzione fra obbligo di prestazione ed obblighi di protezione. Catala è per una tutela di natura contrattuale del terzo, in modo che questi non goda di una posizione più vantaggiosa dello stesso creditore, senza escludere, però, la possibilità per il terzo medesimo di agire in via extracontrattuale, se, oltre all’inadempimento contrattuale, questi “peut établir à la charge du débiteur (…) un fait générateur de responsabilité extra-contractuelle”. 227 H. Heinrichs, § 328 – Vertrag zugunsten Dritter, in Palandt Bürgerliches Gesetzbuch, München 2004, Rdn. 13. 228 RG, 7 giugno 1915, in RGZ, 87, 1916, 64 ss.; RG, 5 ottobre 1917, in RGZ, 91, 1918, 21 ss., 24; RG, 10 febbraio 1930, in RGZ, 127, 1930, 218 ss.: è il c.d. Gasuhrfall, che riguardava una domestica che, durante il lavoro quotidiano, aveva riportato ustioni a causa di una fiammata da perdita del contatore del gas installato da un’impresa in virtù di un contratto concluso con la padrona di casa. 229 BGH, 15 maggio 1959, in NJW, 1959, 1676 ss. Successivamente nel Testamentfall (BGH, 6 luglio 1965, in NJW, 1965, 1955 ss.) ha esteso la tutela anche al danno meramente patrimoniale. 102 E’ stato evidenziato che, nei casi de quibus, a differenza che nel contratto a favore di terzo, quest’ultimo non era il beneficiario della prestazione e non aveva una pretesa autonoma all’esecuzione della stessa nei confronti del debitore. Per tale motivo, la giurisprudenza ha utilizzato la figura del contratto con effetti di protezione a favore di terzi, che non era previsto e regolato dalla legge, ma costituiva una creazione del diritto vivente (è stato anche rilevato che il concetto di contratto con effetti di protezione per terzi è limitato alle obbligazioni contrattuali, mentre sarebbe preferibile parlare di rapporto obbligatorio con effetti di protezione per terzi Schuldverhältnis mit Schutzwirkung für Dritte - perché gli effetti protettivi non derivano esclusivamente da contratto 230) 231. Il fondamento giuridico della figura de qua e, dunque, dell’estensione degli obblighi di protezione a vantaggio dei terzi, è ancora discusso. Dopo il periodo del richiamo al contratto a favore di terzo, tale estensione è stata giustificata, soprattutto ad opera dei giudici, con un’interpretazione integrativa del contratto lacunoso (ergänzende Vertragsauslegung) 232 e, quindi, con un’ipotetica volontà delle parti. La dottrina, invece, preferisce fare riferimento ad un’evoluzione giudiziaria del diritto (richterliche Rechtsfortbildung), che troverebbe il suo fondamento nel principio di buona fede (§242 BGB) o nella necessità di considerare gli effetti sociali dei rapporti obbligatori (Sozialwirkungen der Schuldverhältnisse) 233. A seguito della Schuldrechtsmodernisierung si può ritenere, però, che il nuovo § 311, Abs. 3, il quale stabilisce che un rapporto obbligatorio con obblighi di 230 C. Rossello, Responsabilità contrattuale ed aquiliana: il punto sulla giurisprudenza, in Contratto e Impresa, 1996, 2, 654. 231 K. Larenz, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, in NJW, 1956, 1193 s. 232 BGH, 23 giugno 1965, in NJW, 1965, p. 1757 ss.; BGH, 28 gennaio 1976, in NJW, 1976, p. 712 ss.; BGH, 28 febbraio 1977, in NJW, 1977, p. 1916 ss. 233 M. Giorgianni, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Verso una concezione unitaria della responsabilità civile, op. cit. 103 comportamento ex § 241, Abs. 2 può sorgere anche nei confronti di persone che non sono parti contrattuali, possa costituire una valida base normativa 234, benché restino non disciplinati legislativamente in maniera espressa i presupposti per un’estensione degli obblighi di protezione nei confronti dei terzi 235. 234 Con la riforma gli obblighi di protezione non solo hanno ottenuto un riconoscimento positivo, ma hanno guadagnato la promozione al grado di obblighi primari (Primärpflichten), assieme agli obblighi di prestazione (Leistungpflichten); gli obblighi di prestazione sono, a loro volta, distinti in obblighi principali (Hauptleistungspflichten, come quello di pagare il prezzo pattuito in una compravendita) e obblighi accessori alla prestazione (Nebenleistungspflichten, come l’obbligo di dare informazioni). In questo modo si è ottenuta la consacrazione legislativa della natura complessa dell’obbligazione e della fonte legale degli obblighi di protezione, i quali, conseguentemente, esistono al di là della presenza e della validità dell’interesse alla prestazione a cui si affiancano: L. Lambo, Obblighi di Protezione, op. cit., 63, nota 131, 64 ss. 235 Con la conseguenza che risultano ancora utili i criteri, indicati dalla giurisprudenza, diretti ad individuare i terzi beneficiari degli obblighi di protezione, quali la prossimità del terzo rispetto alla prestazione dovuta (Leistungsnähe), l’interesse del creditore alla protezione del terzo (Schutzinteresse des Gläubigers), la riconoscibilità per il debitore della destinazione della prestazione anche a terzi (Erkennbarkeit für den Schuldner) e il bisogno di protezione del terzo (Schutzbedürftigkeit des Dritten). 104 Doveri di protezione ed obblighi di garanzia in Italia. La teoria dei doveri di protezione e degli obblighi di garanzia in Germania è, quindi, ben nota e, dopo avere raggiunto una completa elaborazione, è stata recepita dal legislatore. In Italia la situazione è molto diversa 236. La categoria dei doveri di protezione è stata introdotta nel nostro paese dal Betti e dal Mengoni 237, i quali rilevarono come la teoria dei doveri di protezione avesse una sua validità che la rendeva utile anche al di fuori dell’esperienza tedesca. Questa considerazione trovava fondamento nella convinzione che la struttura del rapporto obbligatorio avesse subito una notevole trasformazione con l’entrata in vigore del codice civile del 1942 rispetto allo schema tipico dell’obbligazione romana. Tale trasformazione si fondava principalmente sull’introduzione nel nostro ordinamento del dovere di correttezza previsto dall’articolo 1175 c.c., regola che integra l’obbligazione a prescindere dalla volontà delle parti. 236 In Francia la tematica dei doveri di protezione è stata affrontata elaborando la teoria delle obligations de securité, proposta per la prima volta dalla Corte di Cassazione con una sentenza del 21 novembre 2011 in relazione al contratto di trasporto. Il giudice francese stabilì che, in favore del trasportato, esisteva, oltre all’obbligazione principale, una ulteriore obbligazione accessoria ex contractu di portare il viaggiatore a destinazione sano e salvo. In tal modo, veniva meno la necessità per il danneggiato di provare la colpa del conducente. Questa giurisprudenza fu estesa in relazione a vari contratti, come quelli di insegnamento, cura medica, albergo ecc.: A. Rabut, De la notion de faute en droit privé, Paris, 1948, 72 ss. 237 E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, op. cit., 99 ss.; L. Mengoni, Obbligazioni “di risultato” e obbligazioni “di mezzi” (Studio critico), op. cit., 185 ss. 105 In tal modo, parte della dottrina ha visto l’obbligazione come un rapporto complesso costituito da due rapporti giuridici, uno principale ed uno accessorio, fondati sulla prestazione e sulla cooperazione 238. Valorizzando l’obbligo di correttezza, alcuni autori hanno attribuito a questo la funzione di costituire obblighi accessori alla prestazione, solitamente non espressi nella legge o nel contratto, ma impliciti nella tutela contrattuale, che, quindi, avrebbero avuto il loro fondamento nell’articolo 1175 c.c., con riguardo all’obbligazione in generale, e negli articoli 1337, 1366 e 1375 c.c., per quanto concerne le obbligazioni contrattuali. I doveri di protezione, quindi, graverebbero su ambedue le parti e la loro violazione farebbe sorgere il diritto a chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento 239. Seguendo l’insegnamento dello Stoll, sono stati indicati, fra detti doveri 240, quelli di avviso, conservazione, custodia, segreto, fedeltà, salvataggio e cooperazione, prendendo le mosse da varie disposizioni codicistiche (ad esempio, sarebbero stati di avviso quelli di cui agli articoli 1663 c.c.241 e 1686, commi 1 e 2 c.c. 242, di segreto e 238 A. Falzea, L’offerta reale e la liberazione coattiva del debitore, Milano, 1947, 52 ss. 239 Cass., Sez. 3, sentenza n. 5147 del 17 settembre 1981, Rv. 415939. 240 F. Benatti, Doveri di protezione, in Digesto delle Discipline Privatistiche, VII, Torino, 1991, 222. 241 Secondo cui “L’appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita, se si scoprono nel corso dell’opera e possono comprometterne la regolare esecuzione”. 242 In base al quale “Se l’inizio o la continuazione del trasporto sono impediti o soverchiamente ritardati per causa non imputabile al vettore, questi deve chiedere immediatamente istruzioni al mittente, provvedendo alla custodia delle cose consegnategli. Se le circostanze rendono impossibile la richiesta di istruzioni al mittente o se le istruzioni non sono attuabili, il vettore può depositare le cose a norma dell’articolo 1514, o, se sono soggette a rapido deterioramento, può farle vendere a norma dell’articolo 1515. Il vettore deve informare prontamente il mittente del deposito o della vendita. Il vettore ha diritto al rimborso delle spese. Se il trasporto è stato iniziato, egli ha diritto anche al pagamento del prezzo in proporzione del percorso compiuto, salvo che l'interruzione del trasporto sia dovuta alla perdita totale delle cose derivante da caso fortuito”. 106 fedeltà quello ex articolo 2105 c.c. 243, di salvataggio quello previsto dall’articolo 1805, comma 1, c.c. 244, di cooperazione quello riportato negli articoli 1956 c.c.245 e 1957 c.c., di conservazione quello imposto dagli articoli 1681 c.c. 246 e 2087 c.c.247). Più in generale, sarebbero oggetto dei doveri di protezione quei comportamenti di una parte idonei ad arrecare danno all’altra ed essenzialmente connessi all’esecuzione del contratto, trovando causa e non occasione in esso 248. In dottrina è stato spesso criticato l’inserimento degli obblighi di conservazione fra i doveri di protezione, in quanto gli altri obblighi summenzionati sarebbero palesemente collegati con il contenuto del rapporto, mentre questi ne sarebbero del tutto indipendenti. Tali perplessità sono stati confutate facendo riferimento al contenuto dell’articolo 2087 c.c., in base al quale “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio 243 In base al quale “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”. 244 Che recita: “Il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un caso fortuito a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria, o se, potendo salvare una delle due cose, ha preferito la propria. Il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui consentito, è responsabile della perdita avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non provi che la cosa sarebbe perita anche se non l’avesse impiegata per l’uso diverso o l’avesse restituita a tempo debito”. 245 Che stabilisce: “Il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito. Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione”. 246 In base al quale “Salva la responsabilità per il ritardo e per l’inadempimento nell’esecuzione del trasporto, il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell’avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno. Sono nulle le clausole che limitano la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono il viaggiatore. Le norme di questo articolo si osservano anche nei contratti di trasporto gratuito”. 247 Secondo cui “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. 248 L. Mengoni, Obbligazioni “di risultato” e obbligazioni “di mezzi” (Studio critico), op. cit., 369. 107 dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Risulta in questo caso evidente che il prestatore di lavoro non potrebbe eseguire la sua prestazione, ad esempio, in locali malsani senza correre rischi per la sua incolumità249. Identiche esigenze sono state ravvisate con riferimento ad altri contratti, come quelli di trasporto, di albergo, di casa di cura, di gara sportiva. In pratica, alcuni contratti espongono almeno una delle parti al rischio di subire un danno alla persona od al patrimonio, con la conseguenza che, per realizzare l’interesse perseguito con il negozio, è necessario, ex articolo 1175 c.c., che l’una tenga una condotta che salvaguardi la sfera giuridica dell’altra da modifiche in peius. Secondo questa impostazione i doveri di conservazione sarebbero configurabili solo con riferimento ai contratti l’esecuzione dei quali comporti l’esposizione della persona e delle cose di un contraente a rischi come effetto dell’attività dell’altro, mentre negli altri casi non sussisterebbero (ad esempio, nella compravendita) 250. 249 La giurisprudenza ha, comunque, esteso l’ambito di applicazione della disposizione: Cass., Sez. L, sentenza n. 7768 del 17 luglio 1995, Rv. 493312, secondo cui: “L’obbligo previsto dall’art. 2087 cod. civ., che impone al datore di lavoro di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, determinandosi, in caso di violazione di esso, una responsabilità contrattuale - rientrante nella competenza per materia del giudice del lavoro - che concorre con quelle extracontrattuale originata dalla violazione di diritti soggettivi primari, non è limitato al rispetto della legislazione tipica della prevenzione, ma (come si evince da un’interpretazione della norma in aderenza ai principi costituzionali e comunitari) implica anche il divieto di comportamenti commissivi lesivi dell’integrità psicofisica del lavoratore; che, in quanto caratterizzati da colpa o dolo (come le molestie sessuali o veri e propri atti di libidine violenti) ed attuati durante l’orario dell’attività lavorativa, sono perciò fonte di responsabilità contrattuale per inosservanza della norma anzidetta, oltre a integrare violazione dei doveri di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ.”. 250 F. Benatti, Osservazioni in tema di “doveri di protezione”, op. cit., 1361 ss. 108 Bisogna sottolineare, però, che un autorevole orientamento è nel senso che la teoria degli obblighi di protezione sarebbe priva di utilità nel nostro ordinamento, considerata la presenza di una ampia regola di inadempimento dell’obbligazione e di tutela aquiliana251. Soprattutto i doveri di conservazione non sarebbero rinvenibili nel nostro sistema, anche perché l’articolo 2087 c.c. non avrebbe portata generale. Gli altri doveri di protezione sarebbero già oggetto, di solito, di specifiche pattuizioni contrattuali252. Peraltro, pure chi in dottrina non è pregiudizialmente contrario alla logica della teoria degli obblighi di protezione riconduce questi al disposto dell’articolo 1176 c.c., il quale impone al debitore di comportarsi secondo la diligenza del buon padre di famiglia nell’adempimento dell’obbligazione 253, così discostandosi non poco dai principi di fondo della teoria de qua. In ogni caso, venendo in questione interessi generalmente protetti attraverso il dovere del neminem laedere, si verifica spesso che una stessa situazione giuridica possa ricevere una tutela sia contrattuale che aquiliana. La giurisprudenza italiana 254 ammette da tempo in via di principio il concorso fra le due forme di responsabilità e non considera prevalente la tutela contrattuale rispetto a quella extracontrattuale per il fatto che sussista un rapporto obbligatorio, 251 F. Giardina, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, op. cit., 130 ss. 252 U. Natoli, L’attuazione del rapporto obbligatorio, op. cit., 17 ss. 253 C. M. Bianca, Inadempimento delle obbligazioni, in Commentario Scialoja-Branca, artt. 1218-1229, Bologna- Roma, 1979, 32 ss.; tesi contestata da L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 125-130, il quale osserva che, in tal modo, si proteggerebbe solo la sfera giuridica del creditore, ma non quella del debitore, con la conseguenza che verrebbe frustrata l’esigenza di fondo della teoria in questione di proteggere tutte le parti del contratto. 254 Cass., Sez. 3, sentenza n. 589 del 22 gennaio 1999. 109 basando la scelta fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sulla necessità di individuare il regime più conveniente e protettivo per il danneggiato 255. In particolare, qualificando la responsabilità come contrattuale, la parte interessata potrebbe chiedere la risoluzione del contratto, avvalersi dell’eccezione di inadempimento ed esercitare l’azione di esatto adempimento 256. Il creditore non sarà tenuto a dimostrare la colpa del debitore, ma solo ad allegare il suo inadempimento, applicandosi i normali principi ex articolo 1218 c.c. in tema di riparto dell’onere della prova previsti in materia di inadempimento delle obbligazioni (egli dovrà provare, quindi, il danno e la presenza di un nesso causale fra questo e l’inadempimento)257. E’ controverso se sia ammesso il patto di esonero da responsabilità per violazione dei doveri di protezione, il quale si tradurrebbe in una clausola di irresponsabilità per inosservanza di un obbligo di buona fede. La dottrina ritiene che sia applicabile l’articolo 1229 258, comma 1, c.c. in generale, tranne che con riferimento ai doveri di conservazione diretti alla tutela della persona del contraente, per i quali dovrebbe operare il comma 2 della medesima disposizione 259. 255 C. Castronovo, Le due specie della responsabilità civile e il problema del concorso, Milano, 2004, pp. 89 ss., 121 ss., il quale rileva che la nostra giurisprudenza risolve il problema del concorso in quello della prescrizione dell’azione di risarcimento perché manca un termine generale (come invece ora nel BGB il § 195, Regelmäßige Verjährungsfrist), applicabile alle pretese di risarcimento del danno, a prescindere dal fatto che si fondino su un contratto o su un illecito come, invece, è stato previsto nell’Avant projet di riforma francese all’articolo 1384, che parla in generale di actions en responsabilité civile. 256 L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 215-221. 257 F. Benatti, Doveri di protezione, op. cit., 226. 258 In base al quale “È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico”. 259 F. Benatti, Doveri di protezione, op. cit., 226. 110 L’espressione doveri di protezione non è, in effetti, tipicamente usata dai giudici italiani i quali, però, spesso riconoscono un dovere di avviso 260 e cooperazione261 a carico delle parti, quando non un dovere di custodia, quantomeno ipotizzando la tacita stipulazione di un contratto di deposito 262. E’ possibile rinvenire anche delle pronunce di merito contenenti dei riferimenti al dovere di proteggere l’incolumità personale della controparte. Ad esempio, è stata ravvisata la responsabilità contrattuale di un’azienda sanitaria per i danni subiti da un paziente infermo di mente in occasione di un tentativo di suicidio, sul presupposto che il debitore della prestazione principale fosse tenuto a salvaguardare gli interessi socialmente rilevanti del creditore che l’adempimento dell’obbligazione esponeva ad uno specifico danno. In questo caso, fu individuata 260 Cass., Sez. 3, sentenza n. 1449 del 9 febbraio 2000, Rv. 533678, “L’appaltatore o il prestatore d’opera incaricato della realizzazione di opere edilizie da eseguire su strutture o basamenti preparati dal committente o da terzi, viola il dovere di diligenza stabilito dall’art. 1175 cod. civ., se non si accerta, nei limiti delle comuni regole dell’arte, dell’idoneità delle anzidette strutture a reggere l’ulteriore opera commessagli e ad assicurare la buona riuscita della medesima e viola altresì i doveri di adempiere alla obbligazione con correttezza e buona fede se, avendo accertato l'inidoneità di tali strutture, procede egualmente all’esecuzione dell’opera”. 261 Cass., Sez. 2, sentenza n. 1757 del 26 marzo 1979, Rv. 398118, “Nell’ipotesi di compravendita di un immobile conclusa con scrittura privata nella quale si sia prevista la successiva stipulazione dell’atto pubblico, le parti sono obbligate a prestarsi alle enunciazioni che consentano di chiarire il contenuto della scrittura medesima, sicché costituisce grave inadempimento, causa di risoluzione del contratto, il rifiuto opposto da una parte alla legittima pretesa dell’altra di inserire nell’atto pubblico una clausola chiarificatrice dei patti già contenuti nella scrittura”. 262 Cass., Sez. 3, sentenza n. 4445 del 20 agosto 1985, Rv. 441906, secondo cui “La consegna di una cosa, al gestore di albergo o di esercizio ad esso equiparato (ovvero ai suoi dipendenti), è qualificabile come consegna "in custodia", al fine della responsabilità illimitata verso il cliente per sottrazioni o deterioramenti, secondo la disciplina degli artt. 1783 e segg. cod. civ. (nella parte, nel testo in vigore prima delle modifiche introdotte dall'art. 3 della legge 10 giugno 1978 n. 316), qualora avvenga in un contesto e con modalità che ne dimostri inequivocamente la finalità di custodia (nella specie, consegna di una pelliccia al cameriere di ristorante, perché venisse portata nell’apposito guardaroba), mentre resta a tal fine irrilevante che la finalità medesima non si estrinsechi in un'espressa dichiarazione negoziale”. 111 l’esistenza di un obbligo di sorveglianza ulteriore rispetto all’obbligazione principale, riconducibile agli obblighi di protezione e sottoposto alla disciplina contrattuale 263. Simile nella sostanza altra decisione relativa alla violazione dell’obbligo di informare il paziente delle conseguenze di un intervento chirurgico, in cui il medico è stato condannato per non avere reso noti gli esatti effetti negativi del detto intervento, che avrebbero indotto la controparte a ritardare l’operazione per non compromettere nell’immediato la sua attività lavorativa. Nella specie, sono state tutelate l’autodeterminazione della persona e la dignità umana, quali interessi da rispettare nell’adempimento della prestazione sanitaria 264. Pure la Suprema Corte di Cassazione si è mostrata favorevole ad una ricostruzione in termini contrattuali della responsabilità del medico per violazione dei doveri di informazione perché non aveva avvisato una partoriente dei rischi connessi alla mancanza nella struttura ospedaliera prescelta delle apparecchiature necessarie per monitorare il feto durante il travaglio. L’omissione è stata apprezzata, nella specie, in relazione alle obbligazioni esistenti a carico del ginecologo in ragione del rapporto di natura privatistica che lo legava alla persona ricoverata 265. In dottrina 266, è stata ricollegata alla sussistenza di un interesse del paziente ad essere protetto dal proprio medico, ulteriore rispetto a quello alla esatta esecuzione della prestazione principale, anche la giurisprudenza di legittimità che ha ricondotto nell’ambito della responsabilità contrattuale l’ipotesi della c.d. nascita indesiderata, dovuta alla cattiva esecuzione di un esame ecografico che non aveva rivelato la presenza di un feto malformato, precludendo alla gestante la possibilità di scegliere consapevolmente la prosecuzione della gravidanza. 263 Tribunale di Trieste del 30 aprile 1993, in Resp. civ., 1994, 302; nello stesso senso, Tribunale di Trieste del 19 febbraio 1993, in Nuova giur. civ., 1995, I, 971. 264 Tribunale di Genova del 10 gennaio 2006. 265 Cass., Sez. 3, sentenza n. 11316 del 21 luglio 2003, Rv. 565295; Cass. Sez. 3, sentenza n. 6318 del 16 maggio 2000, Rv. 536551. 266 L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 150. 112 Con riferimento all’utilizzo di impianti sportivi la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, altresì, la responsabilità contrattuale del gestore, tenuto ad adempiere ad obblighi di sorveglianza e manutenzione finalizzati a salvaguardare l’integrità fisica dei clienti, in un caso nel quale un giovane era scivolato nei locali delle docce di un impianto sportivo procurandosi gravi lesioni a causa di un vetro presente sul pavimento 267. Riguardo ad un contratto di albergo la giurisprudenza di legittimità, pur negando un’assimilazione diretta dell’albergatore al vettore nel contratto di trasporto di persone (ritenuta dal giudice di merito 268), ha affermato che egli è tenuto contrattualmente ad adottare misure preventive per tutelare l’incolumità dei clienti 269. La tesi che inserisce i doveri di protezione all’interno di un rapporto obbligatorio complesso e nell’area della responsabilità contrattuale elimina, peraltro, ogni dubbio relativamente alla possibile esistenza di un concorso di responsabilità contrattuale ed aquiliana. Nel nostro ordinamento ha trovato ingresso, altresì, la dottrina secondo cui gli obblighi di protezione non necessitano della preesistenza di un obbligo di prestazione, potendo sussistere anche in mancanza di un contratto. La figura dell’obbligazione senza prestazione, il cui prototipo è costituito dalla culpa in contrahendo, presuppone che fra danneggiante e danneggiato ci sia una relazione in grado di creare un affidamento, che può far sorgere obblighi di 267 Cass., Sez. 3, sentenza n. 2242 del 14 aprile 1981, Rv. 412971. 268 Corte di Appello di Napoli del 3 giugno 1957, in Dir. e giur., 1959, 493. 269 Cass., sentenza n. 2778 del 30 luglio 1958, in Dir. e giur., 1959, 493; sempre in tema di contratto di albergo, Cass., n. 4043 del 21 dicembre 1968, che ha ritenuto l’esistenza di un dovere di tutela dell’integrità fisica del cliente a carico dell’albergatore in una fattispecie nella quale il danneggiato era caduto da una scala priva di corrimano. 113 protezione della stessa natura di quelli che integrano nel rapporto obbligatorio un obbligo di prestazione 270. La Suprema Corte di Cassazione 271, ad esempio, si è occupata della natura della responsabilità del medico dipendente di una struttura pubblica nei confronti del paziente272. Essa ha superato l’orientamento giurisprudenziale che sosteneva l’extracontrattualità dell’illecito del sanitario, essendo il contratto d’opera professionale concluso fra l’ente ospedaliero e il paziente. Ciò perché la forma giuridica della responsabilità non corrispondeva alla realtà materiale, in quanto la vicenda aveva inizio dal rapporto, che sorge quando il paziente, almeno in fatto, si affida alle cure del medico ed il medico accetta di prestargliele. E’ stata esclusa la riconducibilità della relazione fra ospedale, medico e paziente alla figura del contratto in favore di terzo od a quella del contratto con effetti protettivi per un terzo, avendo il paziente diritto alla prestazione principale e non soltanto alla sua esecuzione con diligenza. 270 C. Castronovo, L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, in Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I, Milano, 1995, p. 147 ss. 271 272 Cass., Sez. 3, sentenza n. 589 del 22 gennaio 1999, Rv. 522538. La giurisprudenza italiana, comunque, mantiene la tendenza a ricostruire in termini extracontrattuali la responsabilità per lesione degli interessi altri da quello sotteso alla prestazione. Ad esempio, Cass., Sez. 3, sentenza n. 5880 del 14 giugno 1999, Rv. 527440, ha affrontato il caso di un cliente depositante di una banca danneggiato da un ex dipendente dell’istituto che aveva continuato a svolgere fraudolentemente l’attività di raccolta di risparmio a domicilio. Per l’esattezza, ha affermato che “Pur non sussistendo un obbligo generale ed assoluto del datore di lavoro di dare informazione - alla clientela ed in genere ai terzi - della cessazione dei singoli rapporti di lavoro con i propri dipendenti, tuttavia tale obbligo deve reputarsi imposto dal generale precetto del "neminem laedere", previsto e sanzionato dall'art. 2043 cod. civ., tutte le volte che i terzi, in conseguenza delle particolari modalità di svolgimento del rapporto di lavoro prima della sua cessazione (come ad esempio, se esso abbia avuto corso non solo all'interno degli uffici del datore di lavoro, ma anche all'esterno, ed in particolare nel luogo di lavoro o di abitazione del cliente), possano ragionevolmente essere indotti a fare affidamento sulla sua persistenza”. Simile, per il riferimento alla responsabilità aquiliana, Cass., Sez. 3, sentenza n. 11375 del 16 maggio 2006, Rv. 591077. 114 Ne consegue che il medico risponde a titolo di responsabilità contrattuale per culpa in non faciendo, la quale nasce da un’obbligazione senza prestazione “ai confini tra contratto e torto”, e la qualificazione professionale del sanitario determina obblighi di comportamento nei confronti di chi su tale professionalità ha fatto affidamento, entrando in contatto con lui 273. Peraltro, pure chi nega l’ammissibilità di un rapporto obbligatorio senza prestazione considera la dottrina degli obblighi di protezione compatibile con il concetto di obbligazione, purché la protezione sia funzionale e, comunque, connessa alla prestazione e dovuta in previsione di essa, configurandosi, a carico del medico, non un’obbligazione senza prestazione, ma una prestazione senza obbligazione. 274 Il contatto fra medico e paziente farebbe sorgere, quindi, un obbligo di prestazione e non, invece, un obbligo di protezione 275. Non sarebbe necessario un vincolo contrattuale fra danneggiante e danneggiato, affinché possa sorgere responsabilità contrattuale, ma, stante l’autonomia rispetto al contratto dei doveri di protezione, rileverebbe soltanto l’esistenza di una relazione fra i soggetti fondata sull’affidamento, in sintonia con una concezione ampia di responsabilità da contratto ed estranea, invece, ad una situazione di illecito cagionato da chiunque. 273 Dello stesso tenore Cass., Sez. 3, 28 maggio 2004, n. 10297, in Nuova giur. civ. comm., 2004, I, p. 783 ss.; Cass., 26 gennaio-19 aprile 2006, n. 9085, in Resp. risarc., 2006, p. 64 ss.; Cass., 24 maggio 2006, n. 12362, in Giust. Civ. Mass., 2006, p. 1421 ss.; Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Resp. civ. prev., 2008, p. 849 ss. Sulla responsabilità da contatto sociale, estesa anche ad altre figure professionali, Cass., 6 marzo 1999, n. 1925, in Foro it., 2000, I, c. 2299 ss., sulla responsabilità di un amministratore di fatto di società di capitali; Cass., sez. un., 27 giugno 2002, n. 9346, in Foro it., 2002, I, c. 2635 ss., sul danno cagionato dall’allievo a sé stesso e la responsabilità dell’insegnante; Cass., 23 ottobre 2002, n. 14934, in Riv. not., 2003, II, p. 766 ss., sulla responsabilità del notaio; Cass., Sez. un., 26 giugno 2007, n. 14712, in Corr. Giur., 2007, p. 1706 ss., sulla banca negoziatrice di assegni bancari. 274 A. Di Majo, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, 65; Id., L’obbligazione senza prestazione approda in Cassazione, in Corr. Giur., 1999, pp. 446 ss., 448. 275 A. Thiene, La Cassazione ammette la configurabilità di un rapporto obbligatorio senza obbligo primario di prestazione, in Nuova giur. civ. comm., 2000, I, 343 ss., 347 ss., 348; C. Castronovo, La relazione come categoria essenziale dell’obbligazione e della responsabilità contrattuale, in Eur. dir. priv., 2011, 55 ss, 61 ss. 115 A generare il dovere di protezione, pertanto, sarebbe il contatto venuto in essere fra le parti del rapporto obbligatorio, contatto idoneo ad intensificare il rischio che i beni di una parte siano lesi dal contegno tenuto dall’altra 276. L’obbligo di salvaguardare la persona e l’utilità altrui è assunto da chi diviene parte di un contatto negoziale con altro soggetto meritevole di tutela in ragione dell’insorgenza del summenzionato dovere di protezione. Con la categoria degli obblighi di protezione, sia che vi sia la prestazione che in caso di mancanza di questa (e pure se la prestazione è senza obbligazione), permane la distinzione strutturale fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Ciò che avviene è il passaggio della tutela della persona e dei beni dall’area della responsabilità aquiliana a quella contrattuale (c.d. “contrattualizzazione” della responsabilità aquiliana)277. Nell’ordinamento italiano, peraltro, la tutela del terzo danneggiato dall’esecuzione di un contratto da altri concluso viene generalmente inquadrata nell’ambito della responsabilità extracontrattuale. La nostra giurisprudenza, però, ha fatto anche uso, talvolta, della figura del contratto con effetti di protezione per i terzi per tutelare il danneggiato che, altrimenti, non avrebbe potuto ricevere tutela. Così la Suprema Corte di Cassazione 278 ha recepito la figura dei contratti con effetti protettivi a favore dei terzi in un caso concernente un contratto di ricovero 276 277 L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 140, 305. M. Giorgianni, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Verso una concezione unitaria della responsabilità civile, op. cit. 278 Cass., Sez. 3, sentenza n. 11503 del 22 novembre 1993, Rv. 484431, con nota di V. Zeno Zencovich, Il danno al nascituro, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, 695 ss. In realtà, la figura del contratto con effetti di protezione per terzi era stata già accolta dalla Corte d’Appello di Roma (Sentenza 30 marzo 1971, in Foro pad., 1972, I, c. 552 ss.) in un caso di danni subiti dai familiari conviventi del conduttore a causa della insalubrità del locale; si veda pure Cass., Sez. 3, sentenza n. 11001 del 14 luglio 2003, Rv. 565548. 116 intercorso fra un ente ospedaliero ed una partoriente (il figlio della quale, in seguito al parto non ben eseguito dai medici, era rimasto affetto da una malattia irreversibile) ed in cui era prescritto il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito. La Suprema Corte di Cassazione ha negato che sussistesse un contratto in favore di terzi ed ha accettato la possibilità di un rapporto complesso, formato da una pluralità di prestazioni, in particolare quella basata sul diritto a che non siano arrecati danni a terzi estranei al contratto 279. Il terzo, a protezione del quale era posta l’obbligazione accessoria, poteva agire per far valere la responsabilità contrattuale in caso di inadempimento. Nella stessa direzione si è mossa Cass., Sez. 3, sentenza n. 14488 del 29 luglio 2004, Rv. 575702, la quale ha affermato che “Con il contratto di ricovero ospedaliero della gestante l'ente ospedaliero si obbliga non soltanto a prestare alla stessa le cure e le attività necessarie al fine di consentirle il parto, ma altresì ad effettuare, con la dovuta diligenza, tutte quelle altre prestazioni necessarie al feto (ed al neonato), sì da garantirne la nascita evitandogli - nei limiti consentiti dalla scienza - qualsiasi possibile danno. Detto contratto, intercorso tra la partoriente e l'ente ospedaliero, si atteggia come contratto con effetti protettivi a favore di terzo nei confronti del nato, alla cui tutela tende quell'obbligazione accessoria, ancorché le prestazioni debbano essere assolte, in parte, anteriormente alla nascita; ne consegue che il soggetto che, con la nascita, acquista la capacità giuridica, può agire per far valere la responsabilità contrattuale per l'inadempimento delle obbligazioni accessorie, cui il contraente sia tenuto in forza del contratto stipulato col genitore o con terzi, a garanzia di un suo specifico interesse”. 279 L’ente ospedaliero, infatti, si obbliga non soltanto a fornire alla madre le cure e le attività necessarie al fine di consentirle il parto, ma, altresì, ad effettuare, con la dovuta diligenza e prudenza, tutte le altre prestazioni necessarie al feto ed al neonato per garantirne la nascita ed evitare, nei limiti consentiti dalla scienza, ogni possibile danno. 117 Merita di essere segnalata pure quella giurisprudenza 280 che, sempre con riferimento alla c.d. nascita indesiderata, ha stabilito che “il risarcimento dei danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento del ginecologo all’obbligazione di natura contrattuale gravante su di lui spetta non solo alla madre, ma anche al padre, atteso il complesso di diritti e doveri che, secondo l’ordinamento, si incentrano sul fatto della procreazione, non rilevando, in contrario, che sia consentito solo alla madre (e non al padre) la scelta in ordine all’interruzione della gravidanza, atteso che, sottratta alla madre la possibilità di scegliere a causa dell'inesatta prestazione del medico, agli effetti negativi del comportamento di quest'ultimo non può ritenersi estraneo il padre, che deve perciò ritenersi tra i soggetti "protetti" dal contratto col medico e quindi tra coloro rispetto ai quali la prestazione mancata o inesatta può qualificarsi come inadempimento, con tutte le relative conseguenze sul piano risarcitorio”. Tale ultima sentenza si è mossa chiaramente secondo la logica degli obblighi di protezione, anche se non menziona espressamente la figura del contratto con effetti di protezione a favore di terzi. E’ opportuno rilevare, altresì, che pure l’esercizio del potere pubblico è assoggettato agli obblighi di protezione ove ricorrano i presupposti per applicare le regole di buona fede oggettiva. Così la pubblica amministrazione è tenuta ad agire in maniera corretta nelle trattative contrattuali ed è assoggettata agli obblighi di conservazione in virtù dell’articolo 1175 c.c., dovendo tutelare gli interessi del privato non dedotti nel contratto quando attua un obbligo di prestazione. Si è affermato, però, che, accanto al dovere della Pubblica Amministrazione di realizzare l’interesse pubblico, vi sarebbe un obbligo accessorio di rispetto e 280 Cass., Sez. 3, sentenza n. 6735 del 10 maggio 2002, Rv. 554299. 118 protezione della sfera del soggetto privato per gli effetti che il rapporto instaurato potrebbe generare281. In tal modo, si è giunti a fondare una vera e propria responsabilità da contatto sociale della pubblica amministrazione. Autorevole dottrina ha, peraltro, contestato tale impostazione, poiché amplierebbe troppo l’area dei soggetti potenzialmente interessati ad agire ed eliminerebbe la distinzione fra responsabilità aquiliana e contrattuale. Si è sostenuto, quindi, che per contatto negoziale deve intendersi, comunque, anche qualora sia interessata la Pubblica Amministrazione, la relazione che sorge fra due soggetti al fine di concludere un contratto od attuare un obbligo di prestazione. Questa può estendersi fino a ricomprendere il contatto che nasce fra uno dei due soggetti ed un terzo, con riferimento al rapporto precontrattuale o contrattuale, ove sia ritenuto meritevole di tutela in ragione dell’affidamento suscitato da chi ha causato il danno282. 281 C. Castronovo, Responsabilità civile per la pubblica amministrazione, in Jus, 1998, 657; contrario, per il fatto che la buona fede nel settore amministrativo non sarebbe idonea a creare nuovi obblighi fondati sulla correttezza, L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 384, il quale afferma che l’articolo 1337 c.c. non può assumere la funzione di principio generale del contatto sociale qualificato dall’affidamento generatore di obbligazioni senza prestazione. Si osserva che la dottrina favorevole all’impostazione da ultimo criticata indica come criterio generale per selezionare le obbligazioni di prestazione da tutelare lo status rivestito da uno dei soggetti del contatto sociale. La tesi contraria, peraltro, non nega che lo status possa avere una qualche valenza, ma precisa che la qualifica professionale di un soggetto serve solo a generare in un altro soggetto, che è entrato con il primo in una relazione di affari, un affidamento che, nei casi individuati applicando le norme sulla buona fede oggettiva, è tutelato. 282 In questa direzione si muove Cass., Sez. 1, sentenza n. 11642 dell’11 luglio 2012, Rv. 623269, la quale ha chiarito che “La cosiddetta responsabilità "da contatto sociale", soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza d’un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell’eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell’attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell’art. 1173 cod. civ. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico”. 119 In tal modo, vengono riunificate la teoria degli obblighi di protezione e quella dell’obbligazione senza prestazione. Quest’ultima opererebbe solo quando sussistano i primi. In una simile eventualità, si propone di distinguere a seconda che a chiedere tutela sia una parte contrattuale od un terzo (fra i terzi rientrano le persone coinvolte in trattative). Nella prima ipotesi, i doveri di protezione diverrebbero accessori all’obbligo di prestazione, per cui si arricchirebbe il rapporto obbligatorio fra creditore e debitore, con la possibilità, per il soggetto leso, di chiedere la risoluzione del contratto, l’esatto adempimento od il risarcimento del danno. Nella seconda, invece, vi sarebbe un rapporto obbligatorio senza prestazione ed il terzo leso potrebbe chiedere il ristoro della lesione patita283. . 283 L. Lambo, Obblighi di protezione, op. cit., 390-393. 120 Contratto ed illecito nel diritto privato europeo: gli obblighi di protezione come strumento per superare la distinzione. Benché gli ordinamenti nazionali abbiano mantenuto la tradizionale distinzione fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, è innegabile che la linea di tendenza sia favorevole ad un superamento della separazione. Nel sistema francese tale separazione e la conseguente differenziazione di disciplina contenuta nel Code civil non hanno impedito alla giurisprudenza di ammettere il cumulo fra azione contrattuale ed extracontrattuale. In dottrina, alla tesi dualista, incentrata sulla volontà delle parti, si è contrapposta la tesi monista, che ha rinvenuto nella legge la fonte unitaria delle due responsabilità. Alla fine, su queste impostazioni estreme ha prevalso una intermedia, che afferma la unitarietà della responsabilità civile ed evidenzia gli elementi comuni pur riconoscendo la sussistenza di differenze di regime 284. L’Avant-projet Catala ha riunito, in tale ottica, in un Titolo comune sulla responsabilità civile le regole di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, al fine di creare uno schema unitario fondato sul concetto di obbligazione ed una categoria generale di responsabilità civile. Anche nell’ordinamento tedesco la tendenza è quella di un sempre maggiore avvicinamento della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Il sistema con la Schuldrechtsmodernisierung ha inteso rivalutare la figura generale dell’obbligazione e ha contribuito ad una maggiore unificazione della responsabilità civile. 284 P. Fava, Lineamenti storici, comparati e costituzionali del sistema di responsabilità civile verso la European civil law, in Id. (a cura di), La responsabilità civile, Milano, 2009, 3 ss., 92 ss.; H. et L. Mazeaud, J. Mazeaud, F. Chabas, Leçons de droit civil, II, 1. Obligations, Montchrestien, 1998, 11 s., 44 ss., 384 ss.; F. Terre, P. Simler et Y. Lequette, Droit civil, Les obligations, Paris, 2005, 23 ss.; G. Viney, Introduction à la responsabilité, in Traité de droit civil, sous la direction de J. Ghestin, Paris, 2008, 400 ss. 121 La previsione di una disciplina unitaria del danno risarcibile, anche non patrimoniale, e di un termine generale di prescrizione dell’azione di risarcimento, accanto all’ammissibilità del concorso di pretese, dimostrano la propensione per una uniformazione delle due responsabilità che, così, non si escludono ma si rafforzano a vicenda285. I sistemi di common law, invece, non conoscono il diritto delle obbligazioni, ma distinguono contracts, torts, unjust enrichment. D’altra parte, la giurisprudenza, non senza oscillazioni, ha ammesso il concorso di responsabilità, in questo modo superando la teoria dell’esclusività dell’azione contrattuale e, più in generale, mostrando l’intenzione di avvicinare contract e tort, breach of contract e failure of duty. In Italia, la regola del concorso di responsabilità consente di agire, a scelta del danneggiato, in via contrattuale o in via extracontrattuale quando un medesimo fatto lesivo costituisce inadempimento e in pari tempo illecito aquiliano. In questo modo, si cerca di ovviare ad una diversità di regole di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, e di individuare il regime più protettivo per il danneggiato, ancorché il concorso di responsabilità, così inteso, non elimini le differenze di norme e mantenga la separazione fra le due responsabilità. Nel processo di formazione di un diritto privato comune a livello europeo il progetto di un Quadro Comune di Riferimento (Draft Common Frame of Reference) ha mostrato la tendenza ad ampliare l’area di intervento, finora limitata ai contratti, e ad accogliere la figura generale dell’obbligazione. A differenza dei precedenti progetti di uniformazione, il CFR si è occupato degli istituti caratteristici del diritto privato, mantenendo, tuttavia, la tradizionale distinzione fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e non prevedendo una disciplina unitaria sul risarcimento dei danni. 285 M. Giorgianni, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Verso una concezione unitaria della responsabilità civile, op. cit. 122 Merita attenzione il libro terzo del CFR che introduce il concetto di obbligazione nel diritto privato europeo, per l’esattezza una vera e propria parte generale sulle obbligazioni, le cui regole si applicano a tutte le obbligazioni “contractual or not”286. E’ evidente, così, il mutamento di prospettiva che dal contratto passa all’obbligazione, che potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel processo di unificazione del diritto privato. Per quanto riguarda, infine, i confini fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e il problema della partecipazione del terzo, il CFR accoglie il principio di relatività del contratto, considerando che il contratto regola soltanto i diritti e gli obblighi fra le parti e non può causare danni a terzi, né i terzi possono arrecare danni ai contraenti. In questi casi, si ritengono applicabili le regole sugli illegal contracts (II. – 7:3017:304) o quelle sulla non-contractual liability for damage caused to another (come nel caso dell’induzione all’inadempimento) 287. La tematica delle obbligazioni di protezione, pertanto, potrebbe acquisire particolare rilievo, data la loro idoneità a collocarsi al confine fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale ed a superare la relativa distinzione. 286 P. Fava, Lineamenti storici, comparati e costituzionali del sistema di responsabilità civile verso la European civil law, op. cit., 327 ss.; S. Grundmann, The Structure of the DCFR – Which Approach for today’s Contract Law, in ERCL, 2008, 225 ss. 287 Come si legge nella Introduction “It takes it as self-evident that parties can contract only for themselves, unless otherwise provided, and that contracts, as a rule, regulate only the rights and obligations between the parties who conclude them”, 63. Per le conseguenze relative ai terzi si veda la stessa Introduction, 64: M. Giorgianni, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Verso una concezione unitaria della responsabilità civile, op. cit. 123 Doveri di protezione ed obblighi di garanzia: considerazioni in ordine all’applicabilità alla materia degli appalti. In teoria, non vi sono preclusioni all’applicazione della teoria dei doveri di protezione e degli obblighi di garanzia alla materia degli appalti. Con riferimento ai rapporti fra appaltatore e committente, possono ben configurarsi obblighi di avviso (previsti espressamente dall’articolo 1663 c.c.), segreto (non diffondere informazioni confidenziali ottenute per svolgere l’incarico), salvataggio e conservazione (sorvegliare la struttura ottenuta in consegna per eseguire dei lavori e non arrecare danno all’incolumità fisica della controparte), cooperazione (mettere a disposizione l’opera completata appena possibile). Peraltro, la giurisprudenza in materia non ha mai ritenuto di dovere applicare la teoria degli obblighi di protezione, i doveri di cui sopra venendo di volta in volta individuati avvalendosi delle comuni regole in tema di buona fede. Diverso è il discorso concernente la posizione dei terzi. Infatti, la giurisprudenza e gran parte della dottrina ritengono che essi possano agire per la tutela della loro sfera giuridica solo a titolo aquiliano. Tale circostanza, tuttavia, esclude in radice il ricorso alla teoria de qua. Possono distinguersi quattro ipotesi. Nella prima, il committente e l’appaltatore non hanno ancora concluso il contratto, ma un terzo (ad esempio, un concorrente che ha partecipato ad una gara pubblica) subisce un danno nel corso delle trattative 288. 288 Tar Lazio, Sez. I-bis, n. 1069 del 6 febbraio 2008. 124 Al riguardo, la giurisprudenza configura una responsabilità precontrattuale della P.A., la quale, però, è ormai stabilmente ricondotta nell’alveo della responsabilità extracontrattuale289. Nella seconda, il danno si verifica dopo la stipulazione del contratto. Il terzo potrà azionare, in relazione ai casi, i rimedi di cui agli articoli 2043, 2049, 2051 o 2053 c.c., tutti rimedi aquiliani. Nella terza, infine, la lesione avviene nelle ipotesi di cui all’articolo 1669 c.c. In questa eventualità, la giurisprudenza ritiene che la responsabilità dell’appaltatore (e degli altri soggetti che hanno causato il danno) sia extracontrattuale. La dottrina è di diverso avviso, ma, in ogni caso, riconosce la tutela contrattuale solo in favore degli aventi causa del committente e, quindi, non di ogni terzo. Peraltro, in tale evenienza non serve fare ricorso alla teoria degli obblighi di protezione. Infatti, gli aventi causa saranno legittimati ad agire in ragione della specifica previsione dell’articolo 1669 c.c. 289 Cass., Sez. 1, sentenza n. 15260 del 3 luglio 2014, Rv. 631507, la quale ha chiarito che “La responsabilità precontrattuale della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l’ente pubblico, nelle trattative con i terzi, compia azioni o incorra in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza è tenuto già nel procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, ossia nel momento in cui entra in contatto con una pluralità di offerenti, instaurando con ciascuno di essi trattative (multiple o parallele) idonee a determinare la costituzione di rapporti giuridici, nel cui ambito è tenuto al rispetto di principi generali di comportamento posti dalla legge a tutela indifferenziata degli interessi delle parti. Ne consegue che l’inosservanza di tale precetto, anche prima della conclusione della gara, determina l’insorgere della responsabilità della P.A. per violazione del dovere di correttezza previsto dall’art. 1337 cod. civ., a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante”. 125