L’appalto
Art. 1655: "l'appalto è il contratto con il quale una parte assume con organizzazione dei
mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un
servizio verso un corrispettivo in denaro".
Le parti sono: l’appaltatore, che si assume l’obbligazione (che deve necessariamente essere
un imprenditore commerciale ai sensi dell'art. 2082, o disporre di una organizzazione di tipo
imprenditoriale), e il committente.
Il contratto d’appalto è un contratto a prestazioni corrispettive che può avere forma
libera, infatti non è prevista alcuna forma speciale per la stipula dei tali contratti; le parti
possono quindi concluderlo anche solo verbalmente.
Tuttavia nella pratica si fa quasi esclusivo ricorso alla forma scritta, soprattutto per i rapporti
di maggior contenuto economico.
L’oggetto del contratto è un’opera o un servizio, che deve essere determinato o
determinabile (questo comporta che non necessariamente il progetto dell’opera risulti già
approvato nel momento in cui si va a concludere il contratto d’appalto).
L’esecuzione del rapporto inizia con la c.d. consegna dei lavori da parte del
committente, che deve mettere in grado l’appaltatore di intraprendere la propria attività.
Il rapporto cessa con l’ultimazione dei lavori, il passaggio dell’opera alla proprietà del
committente, e il pagamento del corrispettivo.
L’appalto è sotto questo profilo un contratto ad esecuzione prolungata perché l’interesse
del committente si soddisfa in un unico momento che è quello dell’acquisto della proprietà.
La disciplina dell'appalto
Uno degli aspetti più interessanti della disciplina dell’appalto è l’autonomia
dell'appaltatore nell'organizzazione del lavoro: corollario di tale principio è che il c.d.
rischio del cantiere grava sull'appaltatore e che, salvi particolari casi di malaccorta scelta
dell'impresa da parte del committente, quest'ultimo rimane esente da responsabilità per
sinistri che possono accadere durante la esecuzione dei lavori.
Ecco perché è importante che l’appaltatore possa godere di un certo grado di autonomia,
così potrà far fronte meglio alle proprie responsabilità.
L’autonomia dell’appaltatore non può superare i limiti imposti del contratto: egli,
infatti, ha l’obbligo di non modificare l'opera promessa.
L'obbligazione assunta dall'appaltatore consiste nella promessa di eseguire un’opera
determinata con forme e caratteristiche ben precise.
Il committente ha il diritto di pretendere che gli venga consegnata l'opera prevista nel
contratto, esente da difformità e da vizi.
Inoltre, esiste il diritto per il committente di verificare l'opera nel corso dei lavori. L'art.
1662 prevede tale diritto a favore del committente e implicitamente obbliga l'appaltatore a
consentire le ispezioni ed i controlli, durante lo svolgimento dei lavori, che naturalmente
dovranno avvenire a spese del committente e senza intralciare l'esecuzione dell'opera.
Un’altra forma di controllo può essere esercitata dal committente tramite il direttore
dei lavori, che dovrebbe essere presente sul cantiere durante l’intera esecuzione dell’opera
ed ha la veste di suo rappresentante, ma solo sul piano delle manifestazioni di volontà di
carattere tecnico.
Se viene constatato che l'esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal
contratto o a regola d'arte, il committente può imporre un termine entro il quale l'appaltatore
deve conformarsi a tali condizioni: se non si adegua entro tale termine, il committente potrà
ottenere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.
Esiste, quindi, un diritto del committente a ottenere variazioni della opera.
Gli artt. 1659, 1660 e 1661 trattano delle variazioni dell'opera, distinguendo vari casi: a
seconda che le variazioni siano concordate tra le parti, siano rese necessarie da circostanze
obbiettive o siano ordinate dal committente.
1. 1659 – variazioni concordate, che sono accettate da entrambe le parti (con
autorizzazione scritta del committente): se il prezzo dell’intera opera è stato determinato
globalmente, l’appaltatore non ha diritto ad alcun compenso ulteriore.
2. 1660 – si hanno variazioni necessarie, affinché l’opera sia eseguita a regola d’arte: in
questo caso esiste il diritto per l’appaltatore non solo ad avere un compenso maggiore,
ma anche (nel caso in cui l’importo della variazione supera il sesto del prezzo
complessivo convenuto) a recedere dal contratto.
Il diritto del recesso spetta anche al committente qualora le modifiche siano di notevole
entità, ma comunque dovrà corrispondere un indennizzo all’appaltatore.
3. 1661 – variazioni ordinate dal committente: questo diritto può essere escluso con un
apposito patto. Il rischio che l'opera risulti più onerosa per effetto di circostanze
sopravvenute nel corso dei lavori grava di regola sull'appaltatore.
Solo se i maggiori oneri dipendono da imprevedibili aumenti del costo dei materiali o della
manodopera, l'appaltatore può chiedere la revisione del prezzo, e solo limitatamente alla
parte di aumento che eccede il decimo del corrispettivo già convenuto.
La norma di cui all'art. 1664 è derogabile, nel senso che le parti possono accordarsi
di porre interamente a carico dell'appaltatore il rischio derivante dalla sopravvenuta
maggiorazione dei costi.
In dette norme il legislatore ha contemperato l'interesse del committente di apportare
modifiche all'opera in contratto per necessità o anche per mero piacere, e l'interesse
dell'appaltatore di non vedere modificare l'oggetto della propria obbligazione in modo tale
da mettere in difficoltà la propria organizzazione o da rendere meno conveniente il contratto
già stipulato.
Il legislatore considera che il committente sia l'unico interessato all'esecuzione
dell'opera, mentre l'appaltatore dovrebbe unicamente mirare alla remunerazione in denaro.
Per tale motivo l'art. 1671 consente il recesso unilaterale del committente, il quale è
unicamente tenuto a tenere indenne l'appaltatore delle spese sostenute, del lavoro eseguito e
del mancato guadagno, egli acquista la proprietà dell’opera fino a quel momento realizzata.
Altra norma importante è quella che sancisce il Divieto del subappalto, che si può
avere solo previa autorizzazione del committente.
Tale impostazione viene in una certa misura confermata anche dall'art. 1674, il quale
consente al committente di recedere dal contratto se muore l'appaltatore e gli eredi di
quest'ultimo non danno affidamento per la buona esecuzione dell'opera o del servizio.
Un termine finale di esecuzione è necessario, per cui, in assenza di pattuizione, valgono i
criteri suppletivi di legge ai sensi dell’art. 1183.
Tuttavia, è riconosciuto all’appaltatore di ottenere una proroga al termine finale quando il
suo mancato rispetto è dovuto a variazioni apportate al progetto in corso d’opera a causa di
circostanze ed eventi sopravvenuti e non a lui imputabili, come gli eventi naturali.
Una volta terminata l’opera si procede alla verifica, che è eseguita dal committente a
spese dell’appaltatore.
Se la verifica da esito positivo, allora il committente lo comunica all’appaltatore con una
dichiarazione detta collaudo.
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L’accettazione, invece, è quel negozio giuridico unilaterale recettizio con cui il
committente dichiara di essere pronto a ricevere la consegna della cosa con congruente
pagamento del prezzo; può anche desumersi da un comportamento concludente.
Inoltre, se il committente tralascia di procedere alla verifica senza giusti motivi, o non ne
comunica il risultato entro un breve termine, l’opera si considera accettata.
L’accettazione determina il passaggio del rischio per perimento o deterioramento dell’opera
e con essa l’appaltatore in buona fede è esonerato dalle responsabilità derivanti da vizi
conosciuti o conoscibili.
A questo punto il committente acquista il diritto della consegna dell’opera e
l’appaltatore il diritto al pagamento del corrispettivo.
Il prezzo, se non è stabilito dalle parti, può essere determinato facendo ricorso alle tariffe, se
esistenti, o diversamente, viene fissato dal giudice.
Di solito le parti stabiliscono il prezzo o in modo unitario e invariabile per tutta l'opera
(appalto a forfait o a corpo) o stabilendo i prezzi unitari per ciascun tipo di lavoro o di
intervento (appalto a misura) oppure, più raramente, stabilendo altri criteri che tengono
conto della quantità di lavoro impiegata dall'appaltatore (es. appalto ad ore).
Nell'appalto a forfait le eventuali variazioni concordate dell'opera non danno luogo ad
incremento del corrispettivo, salva diversa pattuizione.
La consegna, invece, è un’obbligazione accessoria che nasce in seguito
all’accettazione dell’opera ed è adempiuta dall’appaltatore, nei confronti del quale in caso di
inadempienza si può adire l’esecuzione forzata in forma specifica.
Una volta terminato il rapporto, al committente è dovuta la garanzia per i vizi occulti,
o taciuti in malafede dall'appaltatore, il quale sarà tenuto alla eliminazione dei vizi o alla
riduzione del prezzo proporzionalmente alla gravità dei vizi lamentati.
L'azione si prescrive entro il termine di 2 anni dalla consegna dell'opera e il committente
per poterla esercitare, è tenuto a denunciare i vizi all'appaltatore entro il termine perentorio
di 60 giorni dalla loro scoperta.
Se, però, le difformità o i vizi sono tali da rendere l’opera del tutto inadatta alla sua
destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.
Oltre che con la garanzia appena illustrata, il costruttore di edifici o di immobili
destinati a lunga durata, risponde nei confronti del committente o dei suoi aventi causa in
virtù delle speciali disposizioni contenute nell'art. 1669.
Esse prevedono l'obbligo dell'appaltatore di provvedere al risarcimento del danno se, entro il
decennio dal suo compimento, l'opera rovina in tutto o in parte o presenti pericolo di rovina
o gravi difetti.
L'art. 1669 non limita in realtà il contenuto dell'azione al solo risarcimento del danno.
Secondo alcune decisioni, pertanto rimane nella possibilità dell'attore di scegliere fra la
domanda intesa ad ottenere l'equivalente pecuniario del danno, commisurato al costo delle
opere necessarie per eliminare i difetti, oppure la condanna dell'appaltatore alla
eliminazione diretta dei medesimi.
Quanto ai termini per la proposizione della domanda, la giurisprudenza ha affermato
che nel corso del decennio devono essersi verificati il fatto conoscitivo circa la gravità dei
difetti che affliggono l'edificio e la dipendenza dei medesimi dalla attività di esecuzione
dell'opera svolta dall'appaltatore.
Il grado di conoscenza, poi, deve essere "serio ed effettivo", quale risulta, il più delle
volte, non dall'esame del solo aspetto delle opere, ma dalla acquisizione di un ponderato
giudizio tecnico.
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Il termine di decadenza dell'art. 16691, che impone di far denunzia dei vizi all'appaltatore
nell'anno dalla scoperta, decorre da tale momento e pertanto può essere fatta anche dopo la
scadenza del decennio, purché entro l'anno dal verificarsi del momento conoscitivo.
È, in ogni caso, onere del committente provare di avere denunciato i vizi dell'appaltatore
entro l'anno della scoperta.
Il costruttore è responsabile anche per i difetti determinati da vizio del suolo,
spettando all'appaltatore valutare le caratteristiche geologiche del terreno su cui l'edificio
viene costruito.
L'appaltatore è tenuto ad eseguire l'opera con la diligenza e la perizia inerenti alla sua
attività professionale e risponde di vizi che avrebbe dovuto conoscere e prevedere; è esente
da tale responsabilità solo quando il committente, benché avvisato dall'appaltatore circa
l'inidoneità delle opere, abbia insistito perché venissero comunque eseguite.
L'azione di responsabilità può essere esercitata dal committente, dai suoi aventi causa, dai
terzi che abbiano subito danni dalla rovina, nonché dagli acquirenti stessi del costruttore
quando sia anche parte del contratto di compravendita dell'edificio o di parti di esso. La
norma mira a tutelare l’incolumità pubblica.
Altra ipotesi di cessazione è lo scioglimento del contratto conseguente
all’impossibilità sopravvenuta, non imputabile alle parti, di eseguire l’opera: anche in
questo caso il committente acquista la proprietà dell’opera già eseguita e ne deve pagare il
prezzo, nei limiti in cui essa è per lui utile e in proporzione al prezzo fissato per l’opera
intera.
L'appalto e i rapporti condominiali
Nella gestione del condominio si ha modo di applicare la disciplina del contratto di appalto
in tre circostanze:
1. Quando il condominio è committente di notevoli opere edili;
2. Quando il condominio deve gestire servizi particolarmente onerosi, come quello di
giardinaggio o di pulizia delle parti comuni;
3. Quando nell'edificio costruito di recente si evidenziano gravi difetti che interessano
le parti comuni
Grande rilievo ha acquistato nella gestione dei condomini la particolare responsabilità del
costruttore per la rovina degli edifici (art. 1669, Codice civile ). Tale indirizzo ha
comportato una più vasta applicazione della norma anche nel campo condominiale. Inoltre
la giurisprudenza, ha riconosciuto la legittimazione dell'amministratore ad agire in
applicazione dell'art. 1669, per i vizi costruttivi che riguardino le parti comuni
dell'edificio. Si ritiene che l'amministratore possa agire anche in mancanza di preventiva
delibera assembleare.
L'amministratore è invece privo di legittimazione, salvo il conferimento di apposito
mandato, nell'ipotesi di responsabilità contrattuale dell'appaltatore per vizi relativi non alle
parti comuni dell'edificio, perché tale legittimazione spetta ai singoli condomini nei cui
confronti l'appaltatore si è obbligato.
Il pagamento del prezzo dell'appalto è dovuto all'appaltatore dal soggetto che ha stipulato
il contratto, cioè dal condominio se lo stipulante fu l'amministratore o condomino munito di
procura, oppure dal condomino se abbia agito individualmente, e ciò anche nel caso in cui le
opere siano state eseguite su parti comuni.
Nell'ipotesi di gravi vizi di costruzione che interessino soltanto alcuni appartamenti di un
edificio condominiale, l'azione di risarcimento dei danni connessa alla garanzia di cui l'art.
1669 va proposta dai proprietari nei confronti dell'appaltatore, senza necessità di chiamare
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in causa gli altri condomini. Si rivela, peraltro, che, in sede di esecuzione del danno in
forma specifica, può nascere conflittualità coi restanti condomini, qualora, per l'esecuzione
delle opere, sia necessario il loro consenso.
Per i danni arrecati a terzi durante l'esecuzione delle opere, risponde direttamente
l'appaltatore.
Il committente condominio non è di regola responsabile dei danni che i terzi abbiano subito
per colpa dell'appaltatore o delle persone che agiscono sotto la sua sorveglianza. Una
responsabilità del condominio può essere prospettata quando il committente si sia
intromesso direttamente ed attivamente nella esecuzione materiale delle opere, causando il
danno come conseguenza di tale ingerenza, ovvero quando abbia affidato l'opera ad un
appaltatore palesemente privo della organizzazione necessaria o della capacità tecnica per
eseguire l'opera oppure quando il condominio in persona dell'amministratore abbia
mantenuto la custodia dell'immobile o della parte di esso interessata dai lavori.
Il condominio ha l'obbligo di verificare se le misure adottate appaiano "indiscutibilmente
idonee a costituire una situazione di pericolo per la facilità di accesso di estranei alle
abitazioni", in altre parole la inadeguatezza deve essere evidente ed apparire ad un esame
sommario.
Un'altra decisione della stessa Corte di appello di Milano sembra giungere a diversa
conclusione, nel senso di escludere che l'obbligo di custodia del condominio debba
riguardare anche le impalcature realizzate sulle facciate, ritenute estranee alla sfera
istituzionale di custodia del condominio (Appello Milano 16 maggio 1997, n. 1548; Appello
Milano 11 marzo 1997, n. 670).
Contratto d’appalto e contratto d’opera
Spesso si confonde il contratto d’appalto con il contratto d’opera benché presentino delle
sostanziali differenze. La disciplina del contratto d’opera è, infatti, in larga parte identica a
quella del contratto d’appalto. Con il contratto d’opera una persona si obbliga (in cambio di
un corrispettivo) a compiere un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e
senza vincoli di subordinazione nei confronti del committente (art. 2222). L'elemento
distintivo dei due contratti è dato dall'intervento dell'attività lavorativa personale
dell'esecutore dell'opera espressamente contemplata nel contratto d'opera ed altrettanto
esclusa nel contratto d'appalto.
L’appalto, in sostanza, è tipico dell’impresa medio-alta, mentre il contratto d’opera è tipico
della piccola impresa o dell’artigianato. Differenze ci sono anche riguardo al rischi
patrimoniale. L'autonomia nella organizzazione del lavoro accomuna i due tipi contrattuali e
li distingue invece da rapporti di lavoro subordinato, nei quali il prestatore di lavoro
subordinato (art. 2094, Codice civile) si obbliga mediante retribuzione a collaborare
nell'impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la
direzione dell'imprenditore.
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