PROGETTO DIMOSTRATIVO “Innovazione nel settore delle

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Unione Europea
Regione Liguria
Unione Provinciale Agricoltori di Savona
Centro Regionale di Sperimentazione ed Assistenza Agricola (CeRSAA)
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Savona
PROGETTO DIMOSTRATIVO
“Innovazione nel settore delle produzioni di pomodoro
cuore di bue
con l’uso dei nuovi portainnesti”
Cod. prod. SI10000120
Regolamento CE n. 1257/99
Misura c (3) Formazione Professionale – 3.3 “Progetti dimostrativi”
1
Diffusione dell’innesto erbaceo in orticoltura
La tecnica dell’innesto è nota e praticata ormai da molto tempo nel settore delle colture arboree ed
arbustive. Gli ultimi anni hanno visto questa tecnica estendersi sempre più anche nel settore
orticolo, con interesse particolare per l’applicazione alle colture di melone, anguria ed altre
cucurbitacee ed a diverse solanacee, in prevalenza melanzana e pomodoro (Privitera e Siviero,
1999).
L’innesto erbaceo consiste nell’unione di due individui diversi: tali individui possono appartenere a
varietà diverse della stessa specie, a specie diverse o perfino a differenti generi. La pianta che si
ottiene è formata da una varietà commercialmente interessante che costituisce la parte epigea, o
marza, e da una specie o varietà con caratteristiche di resistenza ad uno o più dei parassiti più
dannosi per la coltura, che costituisce l’apparato radicale dell’individuo, o portinnesto.
Volendo delineare un quadro della situazione, a livello nazionale, sulla diffusione della pratica
dell’innesto, ci si rende immediatamente conto della rapidità con cui essa si evoluta sul territorio
fino al 2000, mentre in seguito la crescita è stata molto più contenuta, delineando che la situazione
produttiva attualmente tende alla stabilità (figura 1). Ciò è dovuto ad una valutazione più attenta
dell’impiego dell’innesto, al fine di delineare un uso integrato dei diversi mezzi di lotta, anche in
base alle scelte produttive delle diverse aziende agricole (Zerbinati et al., 2003).
I dati nazionali rivelano una produzione totale di piante innestate che sfiora i 19 milioni, con un
aumento di 4.8 milioni rispetto al 2000 (Zerbinati et al., 2003).
L’incremento maggiore si ha al Sud e nelle Isole, dove vengono prodotte complessivamente oltre 11
milioni di piante innestate, mentre al Centro, dove la produzione totale è di circa 6 milioni, vi sono
incrementi minori; nell’Italia Settentrionale, invece, attualmente non si registra pressoché alcuna
crescita, con un totale di circa 1,5 milioni di piante innestate prodotte (tabella 1) (Zerbinati et al.,
2003). Il mercato di piante innestate in Piemonte e Liguria stima una produzione totale annua di
circa 30.000 piante: cifra molto bassa rispetto al resto d’Italia e circoscritta, in particolare, alla
varietà tipica “Cuore di bue” (Zerbinati et al., 1999).
Figura 1: Andamento della produzione di piante innestate (in milioni) in Italia dal 1997 al
2002 (da Zerbinati et al., 2003).
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
1997
1998
1999
2000
2002
2
Tabella 1: Incrementi percentuali della produzione di piante innestate per le specie orticole
dal 1998 al 2002 (da Zerbinati et al., 2003).
1998 -1999
1999 – 2000
2002 - 2002
Nord
5
8
5
Centro
45
2
32
Sud
68
23
90
Isole
302
11
12
ITALIA
71
12
34
La diffusione dell’innesto nelle diverse specie orticole mostra che la specie per la quale maggiore è
l’importanza dell’adozione della tecnica dell’innesto è il cocomero, mentre il pomodoro risulta al
terzo posto con un totale di 2,5 milioni di piante innestate (figura 2).
I prezzi delle piante innestate sono riportati in tabella 2.
La distribuzione dell’impiego di piante innestate a seconda delle specie ortive si diversifica in base
alle aree; per il pomodoro e la melanzana questo è stato evidenziato nelle figure 3 e 4.
Il pomodoro è la specie per la quale gli impieghi dell’innesto si sono maggiormente estesi, in
particolare in Sicilia e Sardegna; la melanzana innestata è presente, invece, soprattutto al Centro Nord.
Figura 2: Impiego dell’innesto erbaceo sulle diverse colture (da Zerbinati et al., 2002)
7
6
5
4
3
2
1
0
cocomero
melone
pomodoro
melanzana
peperone
altro
Figura 3: Distribuzione delle piante di pomodoro innestate in Italia (da Zerbinati et al., 2000).
3
0,2%
56%
nord
centro
sud
isole
38%
6%
Figura 4: Distribuzione delle piante di melanzana innestate in Italia (da Zerbinati et al., 2000).
25%
6%
nord
centro
sud
isole
32%
37%
4
Tabella 2: Prezzi (€) delle piante innestate ripartiti per specie e per area geografica in Italia
(da Zerbinati et al., 2003).
Pomodoro
Melanzana
Peperone
Nord
0,59
Cocomero
Melone
0,82
0,90
0,67
0,70
0,61
0,67
Centro
0,60
0,59
Sud
0,63
0,41
Isole
0,63
0,59
0,60
0,64
0,80
ITALIA
0,62
0,53
0,60
0,69
0,77
A livello mondiale la pratica dell’innesto è molto utilizzata in Giappone, con 651 milioni di piante
innestate prodotte annualmente, e in Corea, dove la produzione supera i 300 milioni. E’ interessante
sottolineare come il Giappone impieghi piante innestate in percentuali altissime rispetto al totale
delle piante coltivate: 95% per l’anguria, 50% per la melanzana e 32% per il pomodoro. Tale
elevata diffusione è favorita dalla disponibilità di sistemi per la meccanizzazione e l’automazione
per l’esecuzione degli innesti in vivaio, oltre che da attività di miglioramento genetico svolte in
tempi molto brevi (Morra, 1997).
Basi anatomiche e fisiologiche dell’innesto
Il fenomeno per cui due piante differenti sono in grado di fondersi tra loro è collegato alla struttura
istologica dei fusti. I tessuti presenti nel fusto sono di due tipi: meristematici e definitivi; i primi
sono quelli deputati all’accrescimento della pianta e alla successiva differenziazione con la
formazione di tessuti definitivi.
I tessuti meristematici sono presenti negli apici vegetativi e radicali della pianta ed inoltre si trovano
all’interno del fusto, dove prendono il nome di cambio. Esso si trova tra il floema primario (tessuto
complesso adibito al trasporto della linfa) e lo xilema (deputato al trasporto di acqua ed elementi
minerali dalla radice all’apice della pianta) e consiste in uno strato, singolo o doppio, di cellule che,
dividendosi e producendo verso l’interno nuove cellule di xilema, promuovono la crescita radiale
del fusto.
L’unione di due piante mediante l’impiego dell’innesto avviene grazie alla formazione del callo
cicatriziale sulle superfici dei due bionti tagliate di fresco: esso è costituito da cellule non
differenziate che, in seguito all’accostamento delle due superfici, si differenziano dando origine ad
un cambio che salda le regioni cambiali dei due fusti. In questo modo si forma uno strato continuo
di cambio, che garantisce il congiungimento dei tessuti vascolari delle due piante, portando alla
saldatura di esse e quindi all’attecchimento dell’innesto (Zerbinati e Biribin, 2000).
La tecnica dell’innesto erbaceo
5
Metodi di innesto su Solanacee
Innesto per approssimazione semplice
La metodologia più utilizzata consiste nell’effettuare l’innesto mediante approssimazione semplice.
Essa prevede che i due bionti, allevati separatamente, vengano incisi, utilizzando una lametta o un
bisturi sterilizzati, con un taglio obliquo nella zona mediana dello stelo: il taglio va eseguito ad una
distanza di 6 - 7 cm dal colletto e deve essere diretto verso il basso nel portinnesto e verso l’alto
nella marza, in modo tale che essi possano in seguito combaciare perfettamente. Gli steli dei due
individui allevati per eseguire l’innesto devono necessariamente possedere un diametro pressoché
identico, poiché essi poi vengono saldati a livello dei due tagli, facendoli aderire mediante
particolare nastri adesivi, carta stagnola o con lamelle di piombo malleabili (Privitera e Siviero,
1999).
Dopo un periodo di acclimatamento di 15 - 18 giorni in ambiente condizionato, nel corso del quale
si instaurano i collegamenti istologici e si stabiliscono le funzioni fisiologiche tra il portinnesto e la
marza, quest’ultima viene staccata dalla pianta madre al di sopra del punto d’innesto (Privitera e
Siviero, 1999) mentre al portinnesto viene tagliata la parte aerea, lasciando quindi crescere un
singolo individuo formato dai due bionti.
Innesto a spacco
Questa metodologia può essere praticata eseguendo il taglio i due differenti maniere: obliqua e
orizzontale (figura 8d e 8e).
L’innesto a taglio obliquo prevede che le due piante allevate siano allo stadio di 3°-4° foglia vera ed
abbiano diametro pressoché identico, in modo tale che possano combaciare perfettamente in seguito
ad incisione del fusto; entrambi i tagli, sia sulla marza sia sul portinnesto, vengono eseguiti con un
inclinazione di circa 45° ed in seguito fatti aderire.
Questa metodologia necessita di un’elevata precisione da parte dell’operatore che la esegue; spesso
tale precisione viene a mancare, perciò sono frequenti degli errori manuali di angolatura, il che
diminuisce le possibilità di successo dell’innesto (Privitera e Siviero, 1999).
L’innesto a taglio orizzontale prevede la medesima procedura ma richiede un’attenzione maggiore
ai diametri dei fusti dei due bionti, ma non rappresenta il rischio di dar luogo agli errori di
angolatura che sono frequenti utilizzando, invece, il taglio obliquo (Privitera e Siviero, 1999).
L’innesto a spacco prevede, in ogni caso, che l’unione dei due bionti venga favorita con l’impiego
di particolari nastri adesivi oppure di fascette di piombo; o ancora una pratica, ed attualmente molto
utilizzata, innovazione di origine giapponese consiste nell’applicare sul punto d’innesto delle
particolari mollette in silicone dette clips (Privitera e Siviero, 1999).
Innesto a taglio orizzontale
L’innesto a taglio orizzontale può essere eseguito anche con una tecnica particolare che impiega
degli appositi aghi di ceramica distribuendoli tramite un particolare “dispenser” (simile ad una
matita porta - mine): tali aghi favoriscono la coesione tra marza e portinnesto, ma sia gli aghi sia il
dispenser presentano dei costi decisamente elevati (Privitera e Siviero, 1999).
6
Innesto per inserzione ( o spacco in testa)
Semplicemente dal nome è facile individuare la procedura di questa tecnica (figura 8b).
Infatti essa prevede che la marza venga tagliata a V appena al di sopra della 3a - 4a foglia (sono
anche disponibili per questa operazione pinze apposite di importazione giapponese) e quindi venga
inserita sul portinnesto, mentre quest’ultimo era stato precedentemente capitozzato, inciso
longitudinalmente (per una profondità di 1 - 2 centimetri) ed inoltre raschiato sui getti ascellari per
evitarne i ricacci. Al punto d’innesto vengono infine applicate clips di silicone o anelli plastici
estensibili per favorire l’adesione (Privitera e Siviero, 1999; Zerbinati e Biribin, 2000).
Questo metodo viene usato quando il portinnesto viene seminato già nel contenitore definitivo
oppure nel caso si voglia avere un punto d’innesto più alto.
Questa tecnica d’innesto è molto efficace per la protezione delle piante e fornisce risultati
applicativi economicamente soddisfacenti; essa però presenta alcune difficoltà operative: in
particolare la fase finale dell’innesto, ossia l’unione dei due bionti, risulta lunga e delicata, tanto da
assorbire circa tre quarti del tempo totale necessario all’esecuzione dell’innesto (Ginoux e Dauple,
1985).
Innesto per taglio laterale
Questo metodo si differenzia dagli altri per il punto di inserzione della marza sul portinnesto ed è
impiegato principalmente su pomodoro e melanzana (figura 8c).
Si tratta di un metodo messo a punto in Francia negli anni ’80 allo scopo di far fronte alla difficile
messa in opera della tecnica dello spacco in testa, infatti esso permette di aumentare di circa il 30%
la produttività oraria di piantine innestate, in quanto migliora in maniera rilevante la velocità di
esecuzione dell’innesto (Ginoux e Dauple, 1985).
Il taglio laterale prevede che il portinnesto, una volta raggiunto lo stadio di 6 - 7 foglie, venga
capitozzato all’altezza del 3° - 4° nodo ed in seguito venga perforato all’ascella dell’ultima foglia
rimasta attraverso un apposito strumento innestatore che consiste in un bisturi a punta lanceolata
biconvessa lungo 3 centimetri e largo pochi millimetri.
Tale taglio serve per inserirvi la marza, la quale viene preparata tagliandone la porzione apicale (che
deve avere 2 o 3 foglie ben sviluppate) con una lametta: il taglio eseguito deve avere una forma a
doppio scalpello, in modo da adattarsi al foro praticato sul fusto del portinnesto, e deve interessare il
fusto per una profondità di 1 - 1,5 centimetri ((Ginoux e Dauple, 1985).
La posizione ideale dove inserire la marza coincide con l’ascella fogliare, in quanto i risultati
sperimentali indicano che in tal modo la percentuale di attecchimento dell’innesto e del 100%,
contro l’85 - 90% fornito posizionando la marza sul nodo o al di sotto della foglia. E’ inoltre
importante, ai fini della perfetta riuscita dell’innesto, che la dimensione della perforazione eseguita
sul portinnesto non sia troppo larga rispetto alle dimensioni della marza che vi viene inserita. Se ciò
dovesse accadere è utile ricorrere all’applicazione di un’apposita pinza sul punto d’innesto, la quale
ne garantisce comunque un buon attecchimento (Ginoux e Dauple, 1985).
Un ultimo accorgimento da tenere presente è quello di non operare su tessuti troppo vecchi o troppo
lignificati, perché ciò renderebbe più difficile la riuscita dell’innesto. Una strategia che si può
adottare per rendere i tessuti più teneri è quella di limitare gli apporti idrici e di ridurre la
temperatura per una decina di giorni prima di effettuare l’innesto. In seguito le piante riprendono
facilmente la loro turgescenza semplicemente intervenendo con copiose irrigazioni (Ginoux e
Dauple, 1985).
7
Il rendimento delle piante innestate mediante perforazione laterale è sostanzialmente simile a quello
fornito da piante innestate mediante spacco in testa, peraltro decisamente maggiore rispetto a quello
fornito senza l’impiego dell’innesto (fig. 8) (Ginoux e Dauple, 1985).
Metodi d’innesto su cucurbitacee
Innesto per approssimazione semplice
Questa è la tecnica più utilizzata, in particolare su cetriolo e melone. Il procedimento è il medesimo
seguito per le solanacee, differenziandosi da esso sostanzialmente per la localizzazione dei tagli.
Nel cetriolo il portinnesto viene inciso a partire da circa 1 centimetro dall’inserzione dei cotiledoni,
mentre sulla marza il taglio si esegue ad un’altezza di 2,5 - 3 centimetri dalle foglioline cotiledonari.
L’aderenza dei due bionti è garantita dal fatto che la marza viene imprigionata tra le foglioline del
portinnesto (le quali sono serrate tra loro) ed inoltre viene aumentata avvolgendo intorno ai fusti del
nastro di piombo.
Nel melone prima di eseguire l’innesto è opportuno indurre l’allungamento dei fusti mediante
ombreggiatura, in modo da ottenere piante “filate”, anche se leggermente eziolate, che vanno poste
poi in serra riscaldata a 25°C. L’incisione dei fusti avviene al di sotto dei cotiledoni e l’aderenza dei
due bionti viene garantita applicandovi l’apposita molletta di silicone. La pianta deve poi essere
posta in vasi di 8 centimetri di diametro.
Il periodo di acclimatamento per il cetriolo dura 10 - 12 giorni, trascorsi i quali si cima il
portinnesto a una foglia (ma non si elimina del tutto la sua parte aerea)e dopo circa altri 2 giorni (di
più se si è nel periodo invernale) si elimina l’apparato radicale della marza, tagliandolo circa 5 - 6
centimetri sotto il punto di saldatura. Nel melone la parte aerea del portinnesto, invece, si asporta
completamente ed il periodo di acclimatamento e di preparazione dura in tutto circa 20 giorni,
dopodiché la pianta innestata è pronta per la commercializzazione (Oda, 1995).
Innesto per inserzione (spacco in testa)
Questo metodo è usato sul melone e si esegue alla stessa maniera delle solanacee.
Innesto per approssimazione con taglio laterale (metodo Brielse)
Questa metodologia viene utilizzata soprattutto in Olanda e prevede che i due individui vengano
allevati nello stesso contenitore (figura 8a).
La marza viene incisa, al di sopra dei cotiledoni, con un taglio obliquo, dal basso verso l’alto, che
interessa il fusto per circa la metà del suo spessore; il portinnesto invece viene capitozzato
obliquamente al di sotto dei cotiledoni, consentendo l’inserimento dell’apice della pianta all’interno
della fessura creata sulla marza (Oda, 1995; Privitera e Siviero, 1999). Dunque con questa tecnica
non si procede alla legatura o all saldatura dei bionti in quanto la superficie apicale del portinnesto
giunge ad aderire completamente all’interno del fusto della marza.
Il vantaggio principale di questo metodo d’innesto consiste nel ridurre l’ingrossamento del
portinnesto ed inoltre consente di gestire un elevato numero di piante in maniera non
eccessivamente costosa (Privitera e Siviero, 1999).
8
Importanza dell’esecuzione del taglio d’innesto e della sua localizzazione per impedire i
fenomeni di emissione di radici avventizie e di femminelle
Tutti le metodologie d’innesto prevedono l’incisione del fusto sul portinnesto.
La localizzazione del taglio effettuato sul portinnesto assume grande importanza ai fini del successo
dell’innesto; infatti esso va eseguito ad un’altezza che non sia troppo prossima né ai cotiledoni né al
terreno.
Se il taglio è eseguito in prossimità dei cotiledoni vi è un alto rischio, per le piante a portamento
policaule come il pomodoro, che dal punto d’inserimento dei cotiledoni avvenga l’emissione di
polloni (detti femminelle nel pomodoro).
Inoltre può accadere che il punto d’innesto venga a trovarsi a contatto con il terreno, perché il taglio
è stato eseguito troppo in basso oppure perché durante il trapianto si è interrata troppo la pianta; ciò
in ogni caso può provocare l’emissione di radici avventizie o secondarie da parte della marza e
causare quindi il contatto di essa con i patogeni presenti nel terreno a cui essa è suscettibile,
vanificando del tutto l’efficacia dell’innesto (Privitera e Siviero, 1999).
Inoltre è importante l’esecuzione del taglio d’innesto, che deve essere deciso affinché le superfici di
taglio che ne derivino siano piane e che possano aderire il più possibile facendo combaciare i tessuti
cambiali. Al momento dell’innesto, poi, l’aderenza delle due superfici può essere favorita
esercitando un’adeguata pressione tra i due bionti, in modo tale da incrementare le possibilità di
contatto tra i loro fasci vascolari, ed evitando il più possibile che le due superfici di taglio perdano
umidità (Oda, 1995).
Innovazioni tecniche e nuove metodologie d’innesto
Allo scopo di rendere la pratica dell’innesto meno laboriosa e di ridurre i tempi d’esecuzione sono
state di recente messe a punto nuove metodologie.
Innesto mediante incastro e applicazione di tubi plastici
Una innovativa tecnica d’innesto usata in particolare su pomodoro, ma anche su melanzana e
anguria, consiste nell’applicazione di un piccolo tubo di materiale plastico ed elastico in
corrispondenza del punto d’innesto. In tale metodo l’operazione si effettua tre volte più
velocemente rispetto ai metodi tradizionali, consentendo di operare anche su piante molto piccole
(Oda, 1995).
Questa tecnica risulta particolarmente rapida i quanto il tubo applicato all’apice del portinnesto
consente di inserire la marza all’interno del foro in esso presente in maniera del tutto semplice e
garantendo al tempo stesso una perfetta aderenza tra le superfici dei due bionti. Si tratta quindi di
una tecnica molto efficace sia dal punto di vista della produttività oraria sia da quello della
percentuale di attecchimento dell’innesto (Itagi et al., 1990; Oda, 1995).
Innesto meccanico nelle cucurbitacee
Questa metodologia, impiegata con notevole successo per innestare il cetriolo sulla zucca, prevede
che il portinnesto venga tagliato di sbieco all’altezza dei cotiledoni, in modo tale da asportare un
cotiledone lasciandovi invece l’altro: la marza viene quindi fatta aderire alla superficie di taglio
9
eseguita sul portinnesto e bloccata attraverso un’apposita molletta. Queste operazioni vengono ora
eseguite meccanicamente utilizzando macchine che sono commercializzate in Giappone dal 1993
(Oda, 1995).
Innesto meccanico nelle solanacee
E’ possibile meccanizzare l’operazione dell’innesto su solanacee utilizzando appositi macchinari
che permettono di innestare fino a 5 piantine per volta. Essi eseguono un taglio orizzontale
sull’angolo destro della marza e del portinnesto ed in quest’ultimo le foglie cotiledonari vengono
asportate con il taglio. Quindi le superfici dei due bionti vengono fatte aderire ed unite insieme
mediante le piastre presenti nel macchinario. Tali piastre sono costituite da due parti: una di forma
concava, che al suo interno ha numerose cavità a forma di V, e l’altra di forma convessa che viene
spinta sulla prima. Le due piastre vengono premute una contro l’altra, portando al loro interno la
marza ed il portinnesto sullo stesso asse e quindi incastrandoli in maniera molto semplice (Oda,
1995).
Alcuni macchinari possono, inoltre, possedere un sistema per l’applicazione di sostanze ad azione
adesivante e/o indurente, per favorire ancor più l’attecchimento dell’innesto (Oda, 1995).
Innesto robotizzato
In Giappone per far fronte alla crescente richiesta di piante innestate e per rendere i processi
d’innesto più rapidi e meno laboriosi, sono state messe a punto diverse tipologie di robot; nessuna
di esse è stata ancora impiegata nella pratica, in quanto sono ancora alla fase di sperimentazione,
promossa da diversi fronti, sia istituzionali che privati (Kurata, 1994).
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JT’S ROBOT
Sviluppato dalla “Japan Tabacco Inc.” del Giappone, esso impiega degli
appositi tubi di materiale plastico, il cui diametro consenta una facile
inserzione dei fusti delle piantine, che si restringono quando esposti a fonti
di calore. I fusti dei due bionti vengono tagliati in un angolo da dischi
rotanti, poi vengono inseriti i tubi, i quali vengono scaldati a 150 - 250°C
per alcuni secondi, consentendo quindi una perfetta adesione tra il
portinnesto e la marza. Per assicurare un perfetto attecchimento viene poi
esercitata un’adeguata pressione sul punto d’innesto.
I tubi plastici utilizzati da questo tipo di robot consentono di sterilizzare le
superfici grazie al calore ed inoltre riducono la traspirazione a livello del
punto d’innesto, garantendo così una maggiore percentuale di successo. Il
tempo d’esecuzione dell’innesto mediante uso del “Jt’s robot” equivale a
circa due terzi di quello necessario per l’innesto manuale, ma la percentuale
di successo è inferiore di circa il 30% (Kurata, 1994).
TGR’S ROBOT
Sviluppato dalla “Techno Grafting Research Inc.” del Giappone, esso
consente di innestare contemporaneamente numerose piante. Le marze e i
portinnesti sono fatti crescere, disposti in file, all’interno di vassoi,
permettendo così che ogni marza venga poi innestata contemporaneamente
su ogni portinnesto. Ciò avviene grazie al supporto di piastre che
sorreggono i vassoi, sottopongono i fusti ad un taglio orizzontale ed infine
posizionano la fila di marze tagliate sulla fila di portinnesti rimasti nel
vassoio; vengono eliminati i residui dei tagli e gli innesti vengono fissati
mediante applicazione di adesivi.
Non sono stati ancora pubblicati dati sulle prestazioni di questo robot in
quanto si sta ancora lavorando per ottimizzarne la capacità di produzione di
massa di piante innestate (Kurata, 1994).
BRAIN’S ROBOT
Sviluppato dalla “Bio-oriented Technology Research Advancement
Institution” del Giappone, esso consta di tre diversi prototipi. Il metodo
d’innesto adottato prevede il taglio di un cotiledone dalla piantina di
portinnesto e la rimozione dell’apparato radicale della marza; in seguito i
due bionti vengono fatti combaciare ed aderire mediante applicazione di
un’apposita molletta (Kurata, 1994).
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HONAMI ET AL’S ROBOT
Si tratta di un robot che sfrutta il nuovo metodo d’innesto “a
incastro”(Honami et al., 1992), che permette di aumentare le
connessioni vascolari tra il portinnesto e la marza, aumentando
quindi il flusso di acqua ed elementi nutritivi attraverso il punto
d’innesto. Questo metodo prevede che la marza venga tagliata con
una lama vibrante, facendole assumere una forma conica con punta
affusolata, mentre nel portinnesto viene praticato un foro di analoga
forma conica mediante un piccolo trapano. Quindi la marza viene
inserita nella cavità del portinnesto ed essi aderiscono così
perfettamente che non è necessario aggiungere adesivi o mollette.
La robotizzazione di queste operazioni è stata sperimenta per
pomodoro, melanzana e anguria, conducendo a risultati ottimi
(Kurata, 1994).
Linee guida generali per la preparazione e l’allevamento delle piante innestate (solanacee e
cucurbitacee)
La produzione di piantine innestate e la successiva commercializzazione avvengono in vivai
specializzati.
Affinché l’innesto avvenga con pieno successo sono estremamente importanti le condizioni
ambientali in cui vengono mantenute le giovani piante sia prima sia dopo l’innesto.
Prima dell’innesto
Le piante sono dapprima seminate all’interno di contenitori alveolati da 84, 104 o 112 fori, la cui
scelta è importante ai fini di non creare condizioni di competitività tra gli individui; in seguito si
devono togliere la metà delle piantine per fare in modo che ad ogni portinnesto sia affiancata una
marza (Privitera e Siviero, 1999). Le due piante vengono quindi allevate insieme, nelle medesime
condizioni ambientali, fino all’esecuzione dell’innesto, che avviene quando esse sviluppano le
prime foglie vere.
Per ottenere una buona percentuale di successo per gli innesti è inoltre consigliabile porre le
piantine in condizioni di buona irradiazione solare per 2 o 3 giorni prima di eseguire l’innesto (Oda,
1995).
Ad innesto avvenuto
Ad innesto avvenuto le piante devono essere ripicchettate in contenitori o vasetti e quindi
posizionate in piccoli tunnel plastici il cui materiale di copertura mantenga l’umidità all’interno ed
ombreggi le piante mediante lo specifico “tessuto non tessuto” (Agryl) per un periodo di 7 - 10
giorni (Privitera e Siviero, 1999).
Il ripicchettaggio permette di ottenere risultati soddisfacenti in termini di rendimento e di qualità dei
frutti, perciò rappresenta la soluzione più adottata dai vivaisti, sebbene porti ad una leggera tardività
12
e risulti abbastanza costosa. E’ possibile, comunque, mantenere le piantine innestate nello stesso
contenitore di semina dei portinnesti, a condizione che essi siano sufficientemente profondi e che la
densità delle piante non sia troppo elevata (Ginoux, 1974).
Le condizioni ottimali prevedono di mantenere la temperatura intorno ai 20 - 25°C per almeno 72
ore dopo l’innesto; l’umidità va tenuta prossima ai livelli di saturazione per ridurre al minimo la
traspirazione della piante (Privitera e Siviero, 1999). E’ consigliabile mantenere all’interno del
tunnel una illuminazione da 3 a 5 klux circa (Oda, 1999).
La saldatura dell’innesto avviene in circa una settimana, ma già dopo 4 - 5 giorni di permanenza nel
tunnel si deve procedere ad abbassare gradatamente la temperatura e il tasso di umidità, affinché le
piante giungano ad acclimatarsi all’interno del vivaio. Al 10° giorno, infine, il film plastico va
rimosso completamente (Privitera e Siviero, 1999).
Da questo momento le piantine sono pronte per la commercializzazione ed in attesa di essere
vendute esse vengono posizionate nella zona di allevamento (Privitera e Siviero, 1999).
Accorgimenti per la preparazione delle piante innestate
ƒ
Poiché i tassi di crescita delle piante impiegate come portinnesti e di quelle invece utilizzate
come marze spesso differiscono tra loro di una quota variabile generalmente dai 2 giorni alle 2
settimane, è necessario conoscere tali differenze ed effettuare la semina dei portinnesti con il
dovuto anticipo o ritardo rispetto a quella della marze.
ƒ Nel caso si impieghino ibridi interspecifici (per esempio Lycopersicon lycopersicum x L.
hirsutum), essi necessitano di luce per germinare, perciò è necessario curarsi di non ricoprirli
con vermiculite, garantendo condizioni di luminosità.
ƒ Per evitare l’eccessiva traspirazione nelle cucurbitacee è necessario ombreggiare le piantine
subito dopo l’innesto (l’ombreggiamento poi va eliminato non appena l’innesto attecchisce per
evitare la filatura della piante), mentre per le solanacee si rende opportuno intervenire con una
parziale defogliazione della marza o distribuendo prodotti antitraspiranti.
ƒ Infine è necessario porre attenzione nel non utilizzare per l’irrigazione acque che possano
veicolare patogeni ed infettare le piante ed evitare ogni possibile ristagno d’acqua che potrebbe
dare origine a morie delle piantine a causa di malattie fungine quali ad esempio Pythium
debarianum (Privitera e Siviero, 1999).
Di seguito si riporta la rappresentazione schematica dei tempi necessari per la preparazione in
vivaio di piante innestate, seguita dall’indicazione dei metodi di produzione impiegati per l’innesto
delle solanacee (tabella 16) e dal calendario delle operazioni da eseguire per l’innesto di pomodoro
e di melanzana (tabella 17).
Infine si indicano i principali operativi che si presentano nell’esecuzione dell’innesto ed in generale
per la produzione di piante innestate (tabella 18).
17 - 22 giorni
MARZA:
SEMINA
INNESTO
13
PORTINNESTO:
SEMINA
(1- 2 giorni prima della marza)
Tabella 16: Quadro sintetico sulla produzione di piante di solanacee innestate in vivaio (da
Zerbinati et al., 2003).
Specie
POMODORO
MELANZANA
PEPERONE
Metodo d’innesto
Contenitori
Taglio obliquo (90%)
Spacco in testa (10%)
Taglio obliquo (73%)
Spacco in testa (27%)
Taglio obliquo (85%)
Spacco in testa (15%)
Da 40, 84 e 112 fori
Produttivita’
(piante/ora/operaio)
90 - 120
Da 40, 84 e 112 fori
80 - 110
Da 40, 84 e 112 fori
100 - 110
Tabella 17: Calendario degli interventi previsti per la preparazione delle piante innestate in
serre o tunnel riscaldati (da Ginoux, 1974).
Marza /
portinnesto
MARZA:
Pomodoro
PORTINNESTO:
Semina
Ripicchettaggio
Innesto
Trapianto
(*)
Da inizio a
fine
novembre
Da fine novembre a metà
dicembre
Idem
Idem
Da inizio a
metà gennaio a
temperatura di
16°C
Da fine gennaio
a inizio febbraio
Pomodoro
MARZA:
Melanzana
PORTINNESTO:
Pomodoro
Da inizio a
metà
dicembre
Idem
Da inizio a metà gennaio
Da fine dicembre ad
inizio gennaio
Da inizio a
metà febbraio
a temperature
di
Da inizio a metà
marzo
16 - 18°C
(*) : Non sempre effettuato (come sopra specificato).
(**): Temperatura minima notturna da mantenere per 10 - 12 giorni in seguito all’innesto.
14
Tabella 18: Problematiche associate alla tecnica dell’innesto ed indicazione di alcune misure
cautelative (da Lee, 1994).
Fattore
Aspetti peculiari
Esecuzione dell’innesto
Misure cautelative
Impiego di adeguati strumenti ed
utilizzo dell’innesto meccanico
e/o robotizzato
Aspetti operativi
Gestione dell’allevamento delle
piante innestate
Automazione per il
condizionamento dei tunnel e
acquisizione di esperienza
Tecniche
Portinnesto
Selezione in base alla specie e
alla cultivar
Gestione della coltura
Compatibilità marza –
portinnesto
Costo
Applicazione di fertilizzanti
Saltuari fenomeni di senescenza
Piante di portinnesti
Radici esterne
Radicazione della marza
Radici interne o fuse
Riduzione delle fertilizzazioni e
diversificazione della gestione
Selezione del portinnesto e
individuazione della stagione
ottimale per la crescita della
pianta
Impiegare portinnesti meno
costosi ( produrli direttamente o
importarli)
Attenta gestione delle piantine
durante la crescita e il trapianto
Differenti metodi d’innesto per
evitare lo sviluppo di radici
all’interno della marza
15
Influenza dell’innesto sul comportamento e sulla produzione della
pianta
Innestare una pianta significa fornire ad essa un apparato radicale molto diverso da quello che
normalmente essa possiede, e che è in grado non solo di proteggerla dalle malattie del terreno, ma
anche di influenzare significativamente il suo metabolismo con conseguenze rilevanti su molti
aspetti.
L’apparato radicale del portinnesto è di norma molto più robusto e vigoroso di quello di qualsiasi
varietà commerciale, perciò risulta evidente che una pianta innestata presenti un maggiore
assorbimento di acqua e di elementi nutritivi dal terreno. Questo determina nella coltura una
produzione maggiore e prolungata (Lee, 1984), nonché talvolta un buon livello di precocità
(Ginoux, 1974). Nelle piante di pomodoro innestate si riscontra in genere un aumento della
produzione, accompagnato, però, da una leggera perdita di precocità.
Numerose sperimentazioni hanno indicato un aumento produttivo fino al 22% (dell’ordine di 3
kg/m2) con frutti caratterizzati da un peso maggiore di circa il 15 % rispetto alle piante non
innestate (figure 9, 10 e 11) (Ginoux, 1974; Colombo et al., 2003). Gli aumenti produttivi rilevati
per le piante innestate sono ad ogni modo correlati al tipo di portinnesto utilizzato ed alla presenza
di parassiti (Colombo et al., 2003).
Per conoscere i meccanismi metabolici che stanno alla base dei mutamenti che avvengono in una
pianta innestata, sono state effettuate numerose ricerche sulla traslocazione di alcune sostanze dal
portinnesto alla marza. Infatti molti composti sintetizzati a livello del portinnesto esercitano poi la
loro azione nella marza, apportando in essa i cambiamenti di cui sopra si è discusso. Tali
cambiamenti possono talvolta esprimersi, anche se in maniera non particolarmente significativa,
anche sull’espressione sessuale della pianta, come avviene nelle cucurbitacee (Lee, 1994).
E’ importante segnalare che l’azione del portinnesto può dipendere in larga misura dall’influenza
dei parametri ambientali, in primo luogo può essere incrementata dalle alte temperature (Lee, 1994).
1) L’apparato radicale del portinnesto è anche sede di produzione di ormoni, in prevalenza
citochinine (derivati della adenina e determinanti per la divisione cellulare e la differenziazione
tissutale) (Matta et al., 1996); essi vengono trasportati dal flusso xilematico e la loro
concentrazione all’interno della pianta aumenta sensibilmente (Lee, 1994) con conseguenze
positive sulla crescita della pianta e con possibili effetti di ritardo della senescenza (Matta et al.,
1996).
2) Le numerose sperimentazioni condotte hanno mostrato che l’innesto influisce anche sulla
qualità dei frutti prodotti. Le caratteristiche dei frutti prodotti da una pianta sono determinate
geneticamente e come tali vengono ereditate, eppure un determinato portinnesto può esercitare
una notevole influenza sulla loro manifestazione. In particolare sono stati rilevati miglioramenti
in termini di pezzatura dei frutti, mentre l’azione sui caratteri qualitativi, quali la forma e il
colore del frutto e le peculiarità della buccia e della polpa, nonché sul contenuto di solidi
solubili, si rivelano spesso in termini negativi, ossia con cali qualitativi (Lee, 1994).
3) Un aspetto molto ricercato dagli agricoltori è rappresentato dalla resistenza alle basse
temperature che l’innesto può indurre nella pianta (Lee, 1994).
Resta da precisare che in ogni caso gli effetti di un portinnesto sulle prestazioni della coltura sono
molto variabili, soprattutto in relazione alla cultivar che viene impiegata come marza (Lee, 1994).
16
In tabella 19 si fornisce un quadro riassuntivo dell’influenza negativa che il portinnesto esercita
sulle caratteristiche della pianta.
Figura 9: Andamento della produzione delle piante di pomodoro (in kg/pianta) non innestate
ed innestate con spacco in testa o con taglio laterale (da Ginoux e Dauple, 1985).
Figura 10: Andamento della produzione di cultivar (in kg/m2) di pomodoro (da Ginoux,
6
5
4
non innestata
3
2
innestata mediante
spacco in testa
1
innestatta mediante
taglio laterale
0
11
18
Maggio
25
1
6
13
20
Giugno
27
6
Luglio
1974.).
10
8
6
non innestata
innestata su KNVF
4
2
0
stagione colturale
Figura 11: Ripartizione percentuale della produzione di bacche di pomodoro, classificate
secondo 4 diverse classi di calibro (mm) a 4 diverse date di raccolta, di piante innestate e non
innestate (da Ginoux, 1974).
17
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
non
innestata
67-77
57-67
47-57
40- 47
innestata
su KNVF
Tabella 19: Quadro riassuntivo degli aspetti principali della pianta su cui il portinnesto
esercita un’influenza (da Lee, 1994).
Caratteristiche della pianta
Problemi causati dall’innesto
Eccessivo rigoglio vegetativo
Crescita
Disordini fisiologici
Qualità dei frutti
Possibili misure per
attenuare gli effetti dannosi
Controllo della dotazione di
elementi nutritivi del suolo e
limitazione nell’apporto di
fertilizzanti
Selezione del portinnesto per
ridurre gli apporti di acqua e
di elementi nutritivi
Modifiche nell’aspetto
Appropriata gestione della
coltura
Scarso sapore
Selezione della cultivar e del
portinnesto
Quantità di solidi solubili
Controllo della dotazione di
elementi nutritivi del suolo
Bande gialle nella polpa
-
(su anguria a polpa rossa)
Marciume interno
Modifiche nella forma
Applicazioni fogliari di calcio
e riduzione della
fertilizzazione azotata
Selezione del portinnesto
18
Influenza dell’innesto nel contenimento dei parassiti tellurici
L’innesto delle solanacee e delle cucurbitacee è stato impiegato a partire dagli anni Cinquanta
(Horsfall e Dimond, 1959; Goidanich, 1959), conducendo a risultati positivi in particolare nei
confronti di:
ƒ Pyrenochaeta lycopersici su pomodoro e melanzana (Garibaldi, 1989; Morra et al., 1992).
ƒ Verticillium dahliae su pomodoro e melanzana (Garibaldi, 1968; Lockwood et al., 1970;
Trentini e Maioli, 1989).
ƒ Fusarium oxysporum f.sp. melonis e F. oxysporum f.sp niveum su melone e cetriolo (Louvet,
1955; Trentini e Maioli, 1989; Trionfetti Nisini et al., 1999).
ƒ Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici su pomodoro (Wood, 1967; Kuniyasu e Yamakawa,
1983)
ƒ Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici su pomodoro (Franceschini et al., 1996).
ƒ Fusarium oxysporum f.sp. niveum e Verticillium spp. su anguria (Morra et al., 1996)
ƒ Phytophthora capsici su peperone (Garibaldi et al., 1975).
ƒ Malattie batteriche da Pseudomonas solanacearum su pomodoro (Obrero, 1969; Obrero et al.,
1971).
ƒ Virus del mosaico del tabacco (TMV) su pomodoro (Arroyo e Selman, 1976).
ƒ Nematodi galligeni su diverse specie (Porcelli et al., 1990; Morra et al., 1992; Morra et al,
1996).
I portinnesti disponibili sul mercato per pomodoro e melanzana
Come già precisato precedentemente, il successo della pratica dell’innesto ai fini del contenimento
delle avversità e del rendimento della coltura dipende in larga misura dalla scelta del portinnesto da
utilizzare. Attualmente il mercato fornisce un’ampia gamma di specie e varietà utilizzabili come
portinnesti e l’agricoltore deve essere in grado di scegliere tra di essi in base principalmente alle
avversità che necessita di combattere ed alla specie e cultivar da innestare, ponendo attenzione per
quest’ultima affinché sia compatibile il più possibile con il portinnesto scelto.
Si fornisce di seguito un quadro delle affinità tra di essi e le principali Solanacee coltivate:
pomodoro, melanzana e peperone (tabella 20).
19
Tabella 20: Affinità delle principali specie coltivate nei confronti di diverse specie di
portinnesti nella famiglia delle Solanacee (da Beyres, 1974).
(+: scarsa affinità; ++: media affinità; +++: buona affinità; ++++: ottima affinità)
Marze
POMODORO
PEPERONE
MELANZANA
Pomodoro
++++
+
++++
Melanzana
++++
+
++++
+
++++
+
Tabac xanthi
+++
+
++
Datura stramonium
+++
+
+++
Solanum torvum
++
+
++++
Solanum integrifolium
+++
+
++++
Solanum stramonii-florum
+++
+
++
+
+
+
Portinnesti
Peperone
Solanum sessiflorum
Nella pratica delle realtà produttive i portinnesti impiegati sono principalmente degli ibridi
interspecifici o intraspecifici, ma talvolta vengono impiegate alcune specie o varietà del genere
Solanum.
20
Portinnesti impiegati per pomodoro e melanzana
Specie del genere Solanum
Solanum torvum
Specie affine alla melanzana originaria dell’India e presente nel Sud-Est
Asiatico, in Australia, nell’America centrale e nell’Africa tropicale.
E’ una pianta perenne a portamento arbustivo e di altezza dai 3 ai 5 metri;
le foglie presentano spine, i fiori sono bianchi e raccolti in corimbi e i
frutti sono piccole bacche brune contenenti numerosi e piccoli semi; i semi
germinano irregolarmente nei primi 6 mesi dopo la raccolta e regolarmente
per i 30 mesi successivi.
Il tempo necessario per il raggiungimento dello stadio ottimale per
l’innesto è di circa 80 - 90 giorni, al fine di avere un sufficiente numero di
foglie.
Questa specie è impiegata con successo per l’innesto della melanzana, alla
quale conferisce un marcato e prolungato vigore vegetativo (in particolare
a livello dell’apparato radicale) ed una buona rusticità, nonché induce
significativi aumenti produttivi.
S. torvum presenta livelli interessanti di resistenza / tolleranza ai seguenti
patogeni:
- Pseudomonas solanacearum
- Phytophthora nicotianae var. parasitica
- Fusarium solani
- Fusarium oxysporum f.sp. melongenae
- Verticillium spp.
- Pyrenochaeta lycopersici
- Nematodi del genere Meloidogyne (Porcelli et al., 1990; Morra et al.,
1992; Serges et al., 2000; Colombo et al., 2003).
Solanum aethiopicum
Specie originaria dell’Africa centro - orientale, a ciclo annuale e alta fino a
1 metro; è glabra e produce fiori bianchi o violetto - pallidi e frutti rosso
brillanti a maturità; i semi germinano rapidamente e sono molto simili a
quelli della melanzana.
Questa specie non conferisce aumenti nella produzione delle piante e
risulta tollerante nei confronti di:
- Pseudomonas solanacearum
- Fusarium solani
- Phytophtora parasitica
Essa è invece sensibile a:
- Verticillium dahliae
- Nematodi del genere Meloidogyne (Porcelli et al., 1990; Morra et al.,
1992).
21
Solanum sysimbrifolium
Specie originaria dell’America del Sud; essa è morfologicamente un
arbusto a forte tendenza pollonifera e alto circa 1,5 - 1,8 metri.
Presenta fusti e foglie molto spinosi, queste ultime dal margine molto
frastagliato, e produce frutti piccoli e rossi. L’impiego di questa specie
è indicato solo per la melanzana, alla quale conferisce un marcato e
prolungato vigore vegetativo accompagnato da soddisfacenti
incrementi produttivi (seppur inferiori a quelli ottenuti dall’impiego di
S. torvum).
Il tempo necessario per il raggiungimento dello stadio ottimale per
l’innesto è di circa 80 - 90 giorni, al fine di avere un sufficiente
numero di foglie.
Essa è resistente / tollerante a:
- Verticillium dahliae
- Nematodi del genere Meloidogyne (Porcelli et al., 1990; Morra et
al., 1992).
Altre specie
Cyphomandra betacea
Lycopersicon lycopersicum
ecotipo Giallo di Castellana
Specie originaria del Perù e del Sud del Brasile che si è diffusa anche
nell’Africa orientale e nell’Ovest Asiatico. E’ una pianta perenne e
sempreverde, alta fino a 3 metri, i cui frutti hanno un sapore molto
simile al pomodoro. Essa presenta un ciclo precocissimo ed è capace
di vegetare e riprodursi in condizioni di scarsa luminosità ( in quanto
possiede una buona efficienza fotosintetica) e basse temperature ( fino
a 8°C). L’impiego di questa specie è indicato solo per la melanzana
(Porcelli et al., 1990; Morra et al., 1992).
Si tratta di una popolazione originaria della Murgia Sud - orientale
pugliese, la quale si è adattata a condizioni di stress idrici e/o termici.
E’ una pianta annua di tagli contenuta, con un buon vigore vegetativo
durante le prime fasi di sviluppo (fino a 8 -10 foglie); produce frutti di
forma ovale - rotonda (tipo never - ripe) e di colore giallo - arancione
a maturazione. Sono stati osservati buoni risultati vegeto - produttivi
delle piante innestate su tale specie (Porcelli et al., 1990; Morra et al.,
1992).
22
Ibridi interspecifici F1 di pomodoro
Beaufort e He-man
Dro 100
Si tratta di ibridi di tipo KNVF ottenuti dall’incrocio di Lycopersicon
lycopersicum x Lycopersicon hirsutum, i quali possiedono un buon
livello di resistenza al freddo.
Essi presentano resistenza ai seguenti patogeni:
- Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici
- Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici, razza 1 e 2
- Dydimella lycopersici
- Virus del mosaico del tabacco (TMV).
Inoltre essi sono tolleranti a:
- Pyrenochaeta lycopersici
- Verticilluim
- Nematodi del genere Meloiodogyne (escluso M. hapla) (Serges et
al., 2000; Colombo et al., 2003).
Ibrido di recente introduzione, mediamente vigoroso, che presenta
resistenza a:
- Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici
- Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici, razza 1 e 2
- Dydimella lycopersici (AA.VV., 2003).
Esso non presenta resistenza a TMV allo scopo di diminuire la
disaffinità con le cultivar (che sono ad esso sensibili); perciò questo
portinnesto va impiegato dove non vi siano gravi rischi di infezione del
suddetto virus.
Ibridi intraspecifici di pomodoro
Energy F1
E’ ottenuto tramite incroci tra parentali di pomodoro e presenta
portamento compatto e vigoroso; esso risulta resistente a:
- Fusarium oxysporum f. sp. radicis lycopersici
- Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici, razza 1 e 2
- Virus del mosaico del tabacco (TMV).
Inoltre questo ibrido presenta tolleranza a:
- Pyrenochaeta lycopersici
- Verticilluim dahliae
- Nematodi del genere Meloiodogyne (escluso M. hapla) (Serges et al.,
2000; Colombo et al., 2003).
23
Ibrido a portamento indeterminato e vigoroso, impiegato in Francia per
la melanzana, sulla quale induce un buon impulso vegetativo ma
presenta talvolta problemi di disaffinità.
Esso necessita di circa 44 - 45 giorni per il raggiungimento dello stadio
ottimale per l’innesto, al fine di avere un sufficiente numero di foglie.
Questo ibrido può determinare incrementi produttivi solo se in
combinazione con alcune cultivar; è dotato di resistenza a:
- Fusarium oxysporum f. sp. lycopersici (1 razza)
- Verticillium dahliae
- Cladosporium fulvum (5 razze)
- Virus del mosaico del tabacco (TMV).
Esso è inoltre tollerante a:
- Pyrenochaeta lycopersici
- Nematodi galligeni (Morra et al., 1992)
HF1 “Kyndia”
Le osservazioni sperimentali eseguite sui suddetti ibridi intraspecifici mostrano che essi non
stimolano un aumento nella vigoria delle piante innestate, conducendo, di conseguenza, a non
rilevare significativi aumenti produttivi rispetto alle piante non innestate. Al contrario, i portinnesti
interspecifici di tipo KNVF, inducendo nella pianta un incremento del vigore vegetativo, portano
risposte produttive sensibilmente superiori (Morra, 1997).
I portinnesti più impiegati in Italia, sono: Energy, Beaufort e He-man (Zerbinati et al., 2003).
Le caratteristiche principali dei portinnesti più utilizzati per il pomodoro sono riportate in tabella
21.
Tabella 21: Alcuni portinnesti tra i più impiegati per il pomodoro (da AA.VV., 1999; AA.VV.,
2003).
Germinazione
Temperatura
ottimale
Portinnesto
(°C)
Tempo
(giorni)
Intervallo di
semina tra
portinnesto
e marza
Tipo di innesto
consigliato
Attecchimento
(%)
(giorni)
Beaufort
23
7
9
Taglio obliquo
95
He- man
18 - 20
3-4
25 - 35
Spacco in testa
95
Dro 100
23
7
7
Spacco in testa
95
Energy F1
25
3-5
4-6
Approssimazione,
taglio obliquo,
95 - 98
spacco in testa
Approssimazione,
Kyndia F1
25
3-5
4-6
taglio obliquo,
95 - 98
spacco in testa
Effetti dell’innesto sul pomodoro nei confronti dei parassiti tellurici
24
La scelta di un determinato portinnesto è importante sia effettuata in base all’affinità che esso ha
con la varietà che si intende coltivare, anche in relazione al grado di parentela che esiste tra i due
bionti.
Un effetto generale dell’impiego dell’innesto, quindi del susseguirsi di un portinnesto resistente su
un terreno infestato durante i successivi cicli, è quello di ridurre sensibilmente la carica di inoculo
dei parassiti presenti. L’effetto collaterale negativo è però rappresentato dalla notevole pressione
selettiva esercitata, con conseguente possibilità di superamento della resistenza da parte dei
patogeni grazie allo sviluppo di nuovi ceppi.
In linea generale l’azione dei portinnesti nei confronti dei parassiti tellurici può essere descritta nel
modo seguente:
ƒ
Gli ibridi interspecifici di tipo KNVF (soprattutto Beaufort F1) risultano maggiormente efficaci
nei confronti della suberosi radicale (Pyrenochaeta lycoperisici), mentre verso i nematodi
presentano un livello di tolleranza decisamente minore (in particolare ancora Beaufort F1).
ƒ
Gli ibridi intraspecifici esercitano la loro azione al meglio verso i nematodi galligeni, come è
stato dimostrato nello specifico per l’Energy F1, il quale, però, presenta una scarsa tolleranza
verso Pyrenochaeta lycoperisici.
ƒ
Entrambi sono estremamente validi nei confronti delle tracheomicosi.
ƒ
A parità di condizioni, ed in particolare negli ambienti meridionali, è da preferire l’impiego
degli ibridi interspecifici, poiché ad un’elevata resistenza alla suberosi radicale essi uniscono
una discreta tolleranza ai nematodi galligeni; mentre gli ibridi intraspecifici, pur avendo una
buona resistenza ai nematodi, presentano una sensibilità alla suberosi radicale troppo elevata e
che può, perciò, causare danni significativi.
Anche l’ambiente in cui il pomodoro viene coltivato assume una sua rilevanza sull’effetto dei
diversi portinnesti. Infatti, nell’ambiente mediterraneo, che caratterizza le zone di coltivazione in
Italia, ci si trova in presenza di temperature in media decisamente elevate e di suoli in prevalenza a
tessitura sabbiosa; in tali condizioni i risultati migliori vengono forniti dalle combinazioni di
pomodoro con i portinnesti che presentano la maggiore affinità fisiologica con esso, ossia gli ibridi
interspecifici (Beaufort e He-man F1) o intraspecifici (Energy F1) (Morra et al., 1997; Serges et al.,
2000; Colombo et al., 2003).
25
L’ impiego dell’innesto nelle specie orticole: considerazioni tecniche e
problematiche relative
L’utilizzo di piante innestate tra le specie orticole deve essere deciso facendo riferimento ad alcuni
criteri per la valutazione della convenienza. Esse presentano costi elevati che stanno alla base dello
scetticismo degli agricoltori di fronte all’uso di questa tecnica come metodo di difesa delle piante.
Tale diffidenza non è giustificata, in quanto gli alti costi delle piante innestate spesso sono
compensati dal mancato impiego di altre strategie di lotta; inoltre l’uso di piante innestate spesso
genera aumenti produttivi che contribuiscono ad aumentarne la convenienza economica.
Il peso esercitato dai costi delle piante innestate varia, inoltre, in relazione al portinnesto impiegato,
ossia è più elevato per gli ibridi intraspecifici e interspecifici e meno per gli ecotipi selvaggi.
Il singolo impiego dell’innesto, pur rappresentando uno strumento utile per il contenimento delle
avversità causate dai parassiti del terreno, spesso non è del tutto soddisfacente; esso, piuttosto,
fornisce i risultati migliori se inserito all’interno di un programma dove diversi mezzi di lotta si
susseguono a seconda delle diverse situazioni in cui la coltura può venire a trovarsi: in tal modo
l’applicazione dei criteri di lotta integrata può contribuire in modo significativo a ripristinare i
fondamentali equilibri biologici dell’ecosistema del terreno (Morra, 1997).
Avvizzimenti di natura non parassitaria su piante di pomodoro innestate
Recentemente sono stati osservati, inizialmente in Sardegna nel 1996 (Franceschini et al.) ed in
seguito in Sicilia e in Liguria, fenomeni gravi di avvizzimenti di piante di pomodoro innestate, di
cui è stata dimostrata la natura non parassitaria.
Le segnalazioni rilevate in Sardegna riguardavano l’innesto della cv “Camone” sui portinnesti
“Energy” e “Nikita”, per i quali sono stati rinvenuti casi di collassi irreversibili delle piante per una
percentuale del 3%; tali collassi sono stati osservati in maniera particolare su piante allevate a stelo
doppio e durante il passaggio dalla stagione invernale e quella primaverile. Gli autori che hanno
eseguito queste valutazioni hanno ritenuto di imputare il fenomeno ad uno sviluppo dell’apparato
radicale troppo ridotto rispetto quello della parte epigea e ad una riduzione del trasporto della linfa
a livello del punto d’innesto (soprattutto nelle piante in cui l’innesto non era stato eseguito in
maniera del tutto corretta).
I casi di avvizzimenti evidenziati nel territorio ligure (nelle zone di Imperia e Albenga) mostrano,
invece, un’incidenza del fenomeno estremamente più rilevante, giungendo ad interessare fino ad
oltre il 50% del totale delle piante messe a dimora. Tali segnalazioni riguardavano l’innesto delle cv
“Cuore di bue” (del tipo “Pearson”), varietà tipica e molto apprezzata in Liguria, e di “Marmande Raf”sui portinnesti “He - man” ed “Energy”; inoltre numerosi coltivatori e vivaisti avevano messo
in evidenza numerosi casi di fenomeni analoghi anche con l’uso di altri portinnesti (Minuto e
Garibaldi, 2001).
Sulle piante innestate in Liguria che subiscono questa alterazione è stata osservata la seguente
sintomatologia:
1) appassimento violento seguito da avvizzimento ed, infine, da un vero e proprio collasso
della pianta successivamente all’allegagione di almeno il primo palco;
2) l’avvizzimento risulta più grave durante la fase di maturazione ed ingrossamento dei frutti,
potendo in questo caso manifestarsi in maniera improvvisa in seguito ad appassimenti di
molto breve durata (1 - 2 giorni);
26
3) il collasso delle piante è stato riscontrato in maniera più grave nel periodo tardo-primaverile
ed estivo, mostrando quindi una correlazione direttamente proporzionale con la temperatura,
ed in generale con le condizioni ambientali in cui si trova la coltura;
4) spesso si osserva nelle piante collassate un’abbondante emissione di radici avventizie da
parte della marza per un tratto compreso tra i 5 e i 30 centimetri al di sopra del punto
d’innesto;
5) l’apparato vascolare del portinnesto e l’area di saldatura dei due bionti nelle piante avvizzite
presentano un’evidente alterazione cromatica, con la comparsa di una colorazione bruna
(tanto più marcata quanto più è avanzato lo stadio di avvizzimento della pianta) facilmente
osservabile mediante scortecciamento del fusto (Minuto e Garibaldi, 2001; Colombo et al.,
2003).
E’ possibile formulare alcune ipotesi sulle cause che conducono alla manifestazione dei sintomi di
collasso.
ƒ Il portinnesto potrebbe essere incapace di sopperire al fabbisogno idrico della marza
ƒ L’emissione di radici avventizie da parte della marza rappresenta un’evidente risposta ad una
carenza idrica, a cui essa probabilmente cerca di far fronte producendo nuovo apparato radicale.
Simili osservazioni sono state effettuate in Sicilia innestando le cv “Naomi”di tipo “cherry”, “Iride”
del tipo “datterino”, “Raf-Marmande” e “Cuore di bue su “Beaufort”, “He-man” ed “Energy””. I
fenomeni di collasso delle piante si sono manifestati in maniera del tutto simile a quelli rilevati in
Liguria, seppur essi siano stati riscontrati in diversi momenti dell’anno ed in corrispondenza di
diverse fasi fenologiche, a causa del clima caratterizzato da temperature più elevata rispetto alla
Liguria. Inoltre è stato dimostrato che in alcuni casi il decorso letale di questa alterazione può essere
evitato mediante rincalzatura delle piante, in modo tale da favorire l’affrancamento della marza: tale
operazione rende vana la resistenza del portinnesto ai parassiti tellurici ma dimostra chiaramente
come gli avvizzimenti siano da imputare al rapporto marza- portinnesto (Colombo et al., 2003).
Le prime sperimentazioni condotte in Liguria e in Sicilia nel 2000 hanno indicato che utilizzando
“Beaufort” come portinnesto sulle piante non si manifesta alcuna alterazione: esso, perciò,
rappresenta finora l’unico portinnesto in grado di evitare l’insorgere di collassi della coltura
(Minuto e Garibaldi, 2001; Colombo et al., 2003).
I collassi di natura non parassitaria riguardano solo determinati portinnesti e solo certe
combinazioni marza/portinnesto, probabilmente accentuati da determinate condizioni climatiche.
Altre segnalazioni di incompatibilità marza/portinnesto
Oltre alle segnalazioni sopra riportate, in letteratura non si individuano simili alterazioni sino al
1960; in quegli anni, infatti, vennero segnalati in Sud-America fenomeni di collasso di arancio
dolce innestato su arancio amaro.
Tali fenomeni vennero spiegati come effetto di infezioni da CTV (virus della tristezza degli
agrumi): il virus veniva trasmesso dalla marza, la quale risulta poco sensibile al virus, al
portinnesto, la cui sensibilità al virus è, invece, molto elevata (Horsfall e Dimond, 1960; Matta et
al., 1996). I sintomi manifestati da questa alterazione consistono in marciumi radicali, butteratura
sottocorticale ed ingrossamento della marza sopra il punto d’innesto, dovuti alle necrosi cui va
incontro il floema del portinnesto, con rapido sviluppo della malattia (Matta et al., 1996).
Per evitare il manifestarsi di tale complicazione fitopatologica è necessario impiegare portinnesti
tolleranti (Matta et al., 1996).
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Aspetti favorevoli all’impiego dell’innesto
1. Le problematiche di carattere ambientale (vedi capitolo precedente) e le conseguenti misure
legislative che sono state emesse dalle autorità internazionali per l’eliminazione dal mercato del
bromuro di metile e la tendenza a ridurre in generale gli interventi di lotta chimica, fanno sì che
l’innesto sia potenzialmente un metodo di lotta molto efficace in grado di escludere quasi tutti
gli interventi di difesa da parassiti di origine tellurica (Garibaldi e Gullino, 1995; Gullino et al.,
1999; Colombo et al., 2003).
2. L’impiego di cultivar resistenti rappresenta di per sé la scelta più conveniente e più efficace
contro le malattie delle piante. Il lavoro di ricerca e di sperimentazione per giungere a creare
una cultivar resistente è non solo lungo, ma anche dispendioso in termini sia economici sia
operativi. I risultati forniti dall’impiego di una cultivar resistente sono certamente soddisfacenti
per ridurre le perdite e garantire alla coltura una buona produzione ed un buon reddito, ma
spesso tali risultati sono di breve durata.
Ciò è causato dai mutamenti a cui sono spesso soggetti i gusti dei consumatori, ma la maggior
difficoltà è rappresentata solitamente dalla perdita di resistenza di una pianta di fronte alla
selezione di nuove razze del patogeno, dovuta all’elevata pressione selettiva esercitata dalle
cultivar resistenti. Per far fronte a questo grave inconveniente è possibile utilizzare la resistenza
applicandola alla pratica dell’innesto, incorrendo così in tempi di selezione molto più brevi, e
potendo nello stesso tempo utilizzare sempre le varietà commerciali più interessanti (senza
doverne variare il corredo cromosomico), incorrendo in minori rischi di attività selettiva sul
patogeno e quindi di superamento della resistenza (Garibaldi e Gullino, 1995; Gullino et al.,
1999; Colombo et al., 2003).
3. Una pianta innestata spesso possiede maggiori capacità produttive e fornisce una migliore
qualità dei frutti, nonché presenta un maggiore vigore vegetativo rispetto ad una pianta non
innestata: ciò conduce ad aumentare i ricavi e quindi ad ampliare il margine di convenienza
dell’acquisto di piante innestate. Infine, sono stati rilevati effetti benefici dell’impiego
dell’innesto in termini i aumenti della resistenza al freddo e alla salinità del suolo delle piante e
di incrementi negli apporti di acqua ed elementi nutrititivi (Oda, 1995).
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