teatro-moda- la scheda

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LA MOSTRA
PRIMA SEZIONE: Moda, Teatro e Grandi interpreti
Dagli anni Ottanta del Novecento i grandi nomi della moda italiana si uniscono a quelli di
registi, scenografi e, soprattutto, ai grandi interpreti internazionali del teatro: Luciano
Pavarotti, Montserrat Caballè, Katia Ricciarelli, Cecilia Gasdia, Luciana Savignano, Carla
Fracci, Kiri te Kanawa, Teresa Stratas, Raina Kabaivanska, Luciana Serra, Lucia Aliberti,
Sesto Bruscantini.
Ogni volta che un creatore di moda si avvicina al teatro vi imprime il proprio marchio di
unicità, andando oltre la ricostruzione filologica propria di un vero costumista. Lo stilista
impone la propria griffe e si parla dunque de Il Flauto Magico di Gigli, della Lucia di
Lammermoor di Missoni, del Capriccio e della Salomè di Versace, del Così fan Tutte di
Armani.
In questa sezione si possono ammirare alcuni importanti esempi usciti dall’atelier di Gianni
Versace tra cui spiccano, per il Capriccio di Strauss (in scena a San Francisco, all’Opera
House, e a Londra, al Royal Opera House, nel 1990), l’abito creato per Dame Kiri te
Kanava interprete della Contessa, interamente ricamato con cristalli policromi che formano
motivi geometrici ispirati alle grafiche di Sonia Delaunay; e l’abito ricamato per la ballerina
Luciana Savignano interprete di Eva Peron nel Patrice Chéreau, devenu danceur, règle la
rencontre de Michima e Eva Péron di Béjart, presentato al Théatre de la Monnaie di
Bruxelles nel 1988.
Si trovano qui esposti anche i costumi realizzati da Genny per la Ricciarelli, da Capucci
per la Kabaivanska, da Missoni per Pavarotti e di Fendi per la Gasdia.
SECONDA SEZIONE: Fendi. L’opera in Pelliccia
La seconda sezione della mostra è interamente dedicata all’amore delle sorelle Fendi per
l’opera lirica. L’opera si mette in pelliccia: costumi con inserti di pelliccia, manicotti,
mantelle; tutta l’eleganza delle Fendi viene esibita in numerose produzioni, da Verdi a
Puccini, da Mozart a Bizet, con una continuità che non ha eguali. Uno dei vertici teatrali è
rappresentato dal manto in pelliccia rosa color cipria, qui esposto, realizzato nel 1984 e
indossato da Raina Kabaivanska per la Traviata di Mauro Bolognini, con i costumi di Piero
Tosi, allo Sferisterio di Macerata.
L’impegno operistico più articolato di Fendi è però rappresentato dai sessantatre costumi
(di cui tre esempi in mostra) realizzati per Carmen di Bizet all’Arena di Verona nel 1986,
con la regia di Pier Luigi Pizzi, in una rilettura di forte impatto cromatico, essenziale e
moderna. Una storia dove tutto è danza, passione, movimento e colore, una storia di vita
povera e libera, dove i costumi di Fendi creano una sorprendente modernità: jeans con
inserti di pelliccia in una esplosione di colori mischiati.
TERZA SEZIONE: Missoni. Dalle nebbie di Scozia alla luce di Africa
I Missoni si presentano nel 1983 al grande pubblico del Teatro alla Scala con 120 costumi
disegnati per Lucia di Lammermoor di Donizetti, con regia di Pizzi. Sette di questi abiti
sono esposti in mostra e rivelano una suggestiva fusione delle linee e dei materiali
impiegati per i modelli con la musica e la storia dell’opera, tratta da Walter Scott,
ambientata tra le nebbie di Scozia. D’altra parte, nelle esperienze teatrali, i Missoni
rispettano sempre la loro essenza creativa. E così avviene nell’happening Africa di
Missoni, ideato per Italia ’90. Ne possiamo ammirare i costumi in cui righe, zig-zag,
geometrie primitive, espliciti riferimenti alla cultura Masai, Mali, Atuna, Dogon, Chad,
Senufo, Bantù, si intrecciano a simboli artistici più colti, ispirati a Klee e alla cultura
metafisica.
QUARTA SEZIONE: Roberto Capucci e le primedonne del belcanto
La sezione illustra l’attività teatrale di Roberto Capucci che nel 1986 debutta sulla scena
operistica dell’Arena di Verona, con i suoi 500 metri di taffetas bianco, argento e ghiaccio,
utilizzati per i 12 costumi delle vestali in sfilata solenne sulle note di Casta Diva, un
omaggio a Maria Callas.
La teatralità delle creazioni di Capucci diventa segno imprescindibile delle primedonne del
belcanto che indossano i suoi abiti in occasione di importanti recital. Abiti plasmati sul
carattere delle interpreti, sul loro repertorio e sui loro atteggiamenti in scena: l’eleganza
dell’attrice-cantante Kabaivanska, la soavità della purezza vocale della Ricciarelli, l’aerea
leggerezza della Bonfadelli e la solennità della tragedienne Antonacci.
Nel 2002 vengono presentati al Teatro San Carlo di Napoli due costumi realizzati per un
nuovo Capriccio di Strauss, con le scene di Arnaldo Pomodoro. June Anderson indossa
nel primo atto un costume in taffetas plissé in nove toni di rosso e nel secondo atto un
costume-manto in taffetas e lamé in nove sfumature dal giallo, al beige, all'oro. È questo
uno dei rari casi in cui moda, teatro, arte e musica si fondono magistralmente e
naturalmente viene messa in scena la capacità espressiva e comunicativa dell’abitocostume che, attraverso l’eloquenza delle stoffe, descrive un carattere, suggerisce e
costruisce un personaggio femminile capace di essere unico.
QUINTA SEZIONE: Armani
Il primo impegno di Giorgio Armani come costumista teatrale risale al 1980. Per Janis
Martin in Erwartung di Schönberg al Teatro alla Scala, disegna un abito-tunica bianco,
segno luminoso in una scena buia e spoglia. Negli impegni teatrali successivi lo stilista
lavora come puro creatore di moda, con adattamenti cromatici dei suoi abiti alle scene.
Segni della sua produzione si trovano nell’Elektra di Richard Strauss per il Teatro alla
Scala nel 1994, in Les Contes D'Hoffmann di Offenbach sempre per la Scala nel 1995, nel
Rigoletto di Verdi alla Los Angeles Opera nel 2000 con la regia del cineasta Bruce
Beresford e, soprattutto, nel Così fan Tutte di Mozart, presentata il 18 gennaio 1995 alla
Royal Opera House Covent Garden di Londra e il mese seguente a Roma.
La produzione teatrale di Armani trova tuttavia il suo terreno d’elezione nella danza e nel
musical com’è ben dimostrato dai costumi per Bernstein Dances di Neumeier, per Tosca
Amore Disperato (2003) di Lucio Dalla, liberamente ispirata all'opera di Giacomo Puccini,
e soprattutto dalla spettacolare Bata de Cola indossata da Joaquin Cortes in Joaquin
Cortes Show (2002), mai esposta in Italia prima d’ora.
SESTA SEZIONE: Marras da Sogno
Le suggestioni, il mistero e la magia del teatro shakespeariano inducono Antonio Marras a
creare nel 2008 i costumi, qui esposti, per il Sogno di una notte di mezza estate, allestito
al Piccolo Teatro di Milano con la regia di Luca Ronconi e le scene di Margherita Palli. La
storia, intrisa di libertà e fantasia, dell’amore di Titania e Oberon, di Elena, Lisandro, Ermia
e Demetrio, viene trasposta da Ronconi in una sorta di scenario urbano, un bosco-città,
una foresta incantata, dove i costumi dello stilista sollecitano il mondo visionario del testo,
alternano il tulle oscuro delle fate e la garza bianca stropicciata dei quattro amanti, divise
eleganti e, per gli elfi, un look stile vittoriano-dark.
SETTIMA SEZIONE: Il Made in Italy diventa teatro
A partire dalla metà degli anni Novanta, accanto a stilisti che mantengono una continuità
nell’impegno teatrale, si registrano apparizioni solitarie, ma sorprendenti, come nel caso di
Romeo Gigli che disegna nel 1995 i costumi per Die Zauberflöte di Mozart al Teatro Regio
di Parma, esposti in questa sezione; in un gioco di intrecci tra colori, fogge surreali, con
riferimenti al passato e a un’idea di futuro, lo stilista mette in risalto il tema della
trasformazione dello spirito umano, amplificato dal movimento dei danzatori e dalla voce
umana.
Nel segno di Carmen è l’esperienza teatrale di Alberta Ferretti che nel 2001 disegna 490
costumi di scena (di cui cinque magnifici esempi in mostra) per l’opera di Bizet alle terme
di Caracalla a Roma, dove reinventa una Spagna essenziale, tutta giocata sui colori
bianco, rosso e nero.
Il clima degli anni Venti del Novecento, con riferimenti all’art déco, alla cultura del jazz e
del charleston, è rievocato invece nei costumi di Enrico Coveri per i protagonisti di Il
Grande Gatsby, andato in scena nel 2000 al Teatro alla Scala e, soprattutto, nei costumi
creati da Valentino per l’opera contemporanea in due atti The Dream of Valentino,
presentata nel 1994 in prima mondiale al Kennedy Center di Washington DC. La storia di
Rodolfo Valentino viene ripercorsa nella sua fase americana, tra il 1913 e il 1926, con
creazioni che spaziano dalla rievocazione settecentesca per i costumi à la française di
Monsieur Beaucaire, al modello da gaucho per la citazione del film Sangue e Arena, ai
modelli femminili che rimandano alle linee e alle decorazioni tipiche degli anni Venti.
OTTAVA SEZIONE: Versace Teatro
“Il teatro è il mio vero amore...” così affermava Gianni Versace parlando della sua
passione per l’opera e per la danza. Il teatro per la maison Versace è un impegno
continuo, con la creazione di costumi che esprimono pienamente il trionfo del suo gusto
barocco, in un’accezione di pura teatralità seicentesca. Lo sguardo di Versace si apre ad
una libertà totale di inventiva e la collaborazione con Maurice Béjart, Bob Wilson, Roland
Petit, John Cox, William Forsythe e Twyla Tharp gli offre la possibilità di reinventare il
passato coniugandolo con il presente.
Si trovano qui riuniti capolavori assoluti, dai costumi per il balletto Josephlegende di
Richard Strauss, in scena al Teatro alla Scala nel 1982, a quelli per il Don Pasquale di
Gaetano Donizetti del 1984; anno in cui incontra anche il coreografo Maurice Béjart e
realizza i costumi del balletto Dionysos. E soprattutto quelli creati nel 1987 per Salomé di
Strauss, messa in scena da Bob Wilson al Teatro alla Scala di Milano, in cui raggiunge
uno dei suoi vertici creativi: velluto, taffetas e crêpe de chine di seta, organza, raso,
cordoni di fili di seta, con un chiaro omaggio a Elsa Schiaparelli, nelle fogge anni
Quaranta, e a Roberto Capucci per le maniche a scatola. La regia sdoppiò i personaggi su
due piani, i cantanti con modelli altamente scenografici, e i mimi e i ballerini, rivestiti da
strutture che sintetizzavano lo spirito del costume principale.
Gli impegni per il teatro diventano per Versace sempre più numerosi; lavora moltissimo
con Béjart, ma anche con Roland Petit e l’American Ballet Theatre. L’intreccio tra arte e
moda raggiunge l’apice nel 1989 nelle invenzioni per Doktor Faustus, presentato al Teatro
alla Scala con la regia di Bob Wilson: intreccio di combinazioni cromatiche e libertà
informali delle linee, abiti e copricapi sculture, con segni grafici arditi, netti, ispirati alle
invenzioni di Mirò.
Ogni sezione è corredata da un video con immagini tratte dalle principali rappresentazioni
teatrali, in cui i costumi ideati dagli stilisti si possono vedere indossati dagli interpreti.
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