Sensori Nella definizione più generale un sensore è un dispositivo in grado di generare un segnale, tipicamente elettrico, in risposta alla variazione di una grandezza fisica/chimica esterna (misurando). / Chemical / CHEMICAL I sensori fanno ormai parte integrante della tecnologia, venendo incontro alla crescente esigenza di monitoraggio di grandezze fisiche e chimiche in particolari condizioni operative: in remoto, in tempo reale, in ambienti inaccessibili all’operatore umano sia per la potenziale pericolosità che per le dimensioni, da parte di personale non esperto (auto-monitoraggio, es. sensori di glicemia per diabetici) Modalità di classificazione dei sensori I sensori possono essere classificati secondo schemi diversi: Potenza richiesta in input: sensori passivi (es. termocoppie) o attivi (richiedono una fonte di energia esterna o un segnale esterno per funzionare, ad esempio i termistori) Natura del segnale in output: sensori digitali o analogici Modalità di misura del segnale: sensori a deflessione o di zero Natura del misurando: sensori meccanici, termici, magnetici, (bio)chimici Grandezza misurata: resistenza, induttanza, capacità, temperatura, concentrazione Caratteristiche generali di un sensore Accuratezza (errore sistematico) Precisione (errore random) Discriminazione (limite di rivelabilità): la minima quantità di misurando che determina un segnale distinguibile dal rumore Sensibilità Selettività Tempo di risposta Intervallo di linearità Isteresi: misura l’errore commesso nelle misurazioni successive a causa del non perfetto ritorno del sensore alle condizioni iniziali dopo una misurazione Esempi di sensori fisici Sensori di spostamento resistivi (un misurando meccanico viene trasformato in segnale elettrico) VS V0 Lo spostamento del contatto mobile sul resistore determina una variazione della tensione V0; nota la tensione VS e le posizioni delle estremità del resistore, xmin e xmax, è possibile risalire alla posizione x del contatto, e quindi allo spostamento, dal valore di V0 Anche rotazioni intorno ad un asse possono essere monitorate da misure di resistenza su resistori di forma opportuna: Sensori di spostamento capacitivi (un misurando meccanico viene trasformato in segnale elettrico) La capacità di un condensatore viene variata alterando una delle sue caratteristiche (ad esempio la natura del dielettrico, e quindi la sua permittività εr, la superficie affacciata, A, la distanza fra le armature, d), determinando variazioni di tensione fra le armature del condensatore. Sensori di deformazione resistivi – strain gauges (un misurando meccanico viene trasformato in segnale elettrico) La resistenza di un conduttore può essere modificata dalla sua deformazione, che ne altera la sezione e la lunghezza e può alterarne anche la resistività ρ (piezoresistenza) deformazione La variazione relativa di resistenza si può scomporre in due contributi, quello geometrico e quello piezoresistivo: geom. piez. ε rappresenta la deformazione relativo nel verso della lunghezza, ossia dl/l, e ν, detto rapporto di Poisson, descrive la deformazione nelle direzioni perpendicolari alla lunghezza Rapportando dR/R a dl/l (ε) si ottiene il cosiddetto Gauge Factor, G: Nei resistori metallici domina il contributo geometrico ed il valore di G, che misura la sensibilità alla deformazione, è piccolo (circa 2); nei semiconduttori domina il contributo piezoresistivo e G può raggiungere valori molto elevati (circa 100). Tipicamente si usano circuiti in cui il resistore è ripiegato più volte in modo da amplificare l’effetto della deformazione longitudinale, mentre quella trasversale e quella di spessore sono minoritarie. Il circuito, deposto su un film sottile di materiale isolante, viene incollato all’oggetto di cui si vuole monitorare la deformazione. La variazione di resistenza, molto piccola in assoluto, viene misurata dallo sbilanciamento di un ponte di Wheatstone. Nel caso dei resistori a semiconduttore viene di solito montato anche un sensore di riferimento, che consenta di valutare l’effetto delle variazioni di temperatura ma non è sottoposto a deformazione. Sensori di temperatura: termocoppie Effetto Seebeck: quando l’estremità della giunzione fra i due metalli A e B si trova ad una temperatura (T1) diversa da quella delle estremità libere (TREF) dei due metalli, fra queste si genera una tensione Vout legata alla differenza di temperatura. Un esempio tipico di termocoppia è la coppia Ferro/Costantana (lega Cu/Ni 57:43) Transizione da un sensore fisico ad un sensore chimico Una grandezza elettrica può essere modulata anche da una grandezza chimica, ad esempio dalla variazione di concentrazione di un analita, purché sia introdotto nel sensore un elemento attivo, che riconosca la presenza dell’analita. Sensori di gas resistivi Un materiale attivo costituisce il contatto fra due elettrodi metallici deposti su un blocco riscaldato. La resistenza del materiale viene modulata dalla presenza di un analita gassoso (odorant). Esempi di materiale attivo: ossidi metallici drogati, oligomeri/polimeri conduttori Sensori chimici Nei sensori chimici la presenza di un analita viene percepita da un recettore, determinando in esso variazioni chimico-fisiche che poi vengono convertite in un segnale misurabile da un elemento detto trasduttore, posto in intimo contatto con il recettore. La selettività del sensore viene fortemente influenzata dalla capacità di riconoscimento del recettore: I sensori chimici puntano alla semplificazione di una procedura analitica (strumentale e non) al fine di monitorare un analita in modo pratico, veloce e con risultati affidabili, rendendo minimo il pre-trattamento del campione. Sensori chimici ad elevatissima selettività: biosensori La selettività del riconoscimento da parte del recettore può essere enormemente incrementata se si impiega un biocomponente immobilizzato: enzima, acido nucleico, anticorpo, cellula, tessuto sfruttando i meccanismi di riconoscimento chiave-serratura (lock-and-key) molto comuni in natura Definizione IUPAC di biosensore: ANALYTE IMMOBILISED BIOCOMPONENT TRANSDUCER SIGNAL Dispositivo analitico che consiste in un componente biologico immobilizzato, responsabile del riconoscimento selettivo delle specie analizzate, in intimo contatto con un opportuno trasduttore, dispositivo che converte la risposta biochimica in un segnale elettrico quantificabile ed elaborabile Breve cronistoria dei biosensori Il primo esempio di “biosensore” fu messo a punto nel 1962 da Clark e Lyons; era un’evoluzione dell’elettrodo di Clark per l’ossigeno, sviluppato nel 1956. La membrana D, inizialmente di teflon, permeabile all’ossigeno esterno, che veniva monitorato sfruttando la riduzione ad H2O2 sull’elettrodo di Pt A, venne sostituita con una membrana da dialisi in cui era intrappolato l’enzima glucosio-ossidasi (GOD o GOx). L’enzima catalizzava l’ossidazione del glucosio ad acido gluconico da parte dell’ossigeno. Il consumo di ossigeno, misurato mediante l’elettrodo di Clark, poteva essere correlato alla concentrazione del glucosio, ad esempio nel sangue. B = elettr. Ag/AgCl C = soluz. KCl Il primo biosensore commerciale, che determinava il glucosio sfruttando la rivelazione amperometrica dell’H2O2, prodotta dalla riduzione dell’ossigeno catalizzata dalla GOD, risale ai primi anni ‘70 (Yellow Springs Instruments, OH, USA) Ci sono voluti quasi vent’anni affinché l’impatto del mercato dei biosensori a livello mondiale diventasse significativo; dopo la crescita è stata costante: fonte 2.1 miliardi $ Mediamente il mercato dei biosensori per il glucosio copre l’87% del totale Multidisciplinarietà nello sviluppo di biosensori Classificazioni BIOSENSORI BIOCOMPONENTE ENZIMA ENZYME DNA ANTICORPO TRASDUTTORE CELLULA OTTICO BIOMIMETICO ELETTROCHIMICO (AMPEROMETRICO) GRAVIMETRICO ALTRO Biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato La combinazione fra recettori basati su enzimi e trasduzione elettrochimica di tipo amperometrico rappresenta la tipologia di biosensore più studiata in assoluto e nel contempo quella che ha riscosso maggiore successo in termini di trasformazione in dispositivi commerciali, in ragione di alcuni vantaggi fondamentali: costo relativamente basso ampia disponibilità commerciale di enzimi utilizzabili come recettori e di informazioni di tipo fondamentale sul loro funzionamento (cinetica, specificità, effetti di inibizione, ecc.) relativa semplicità della realizzazione possibilità di miniaturizzazione L’analita di interesse rappresenta il substrato per l’enzima immobilizzato nel biosensore. Il substrato viene trasformato, nel corso della reazione catalizzata dall’enzima, in una specie chimica che a sua volta può essere rivelata direttamente, ad esempio per via elettrochimica (H2O2), o indirettamente, attraverso la variazione di una grandezza fisico-chimica da essa provocata (ad es. variazione di pH da parte dell’NH3). Biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato di prima generazione red HM 2 O2 ANALYTICAL SIGNAL Eox Sred Ered Sox ee MOox 2 ELECTRODE (+0.7 V vs Ag/AgCl) Il substrato S reagisce, mediante un processo redox, con l’enzima E, il quale a sua volta reagisce con l’ossigeno per tornare al suo stato originario. Tipicamente si produce H2O2 che può essere rivelata per via amperometrica su un elettrodo metallico (Pt, glassy carbon): presenza dell’analita segnale elettrico Dal punto di vista cinetico il processo può essere modellizzato, ad un primo livello di complessità, con l’approccio di Michaelis-Menten: Le velocità del processo è correlata alla concentrazione della specie che viene rivelata sul trasduttore del sensore e quindi alla relativa intensità di corrente, pertanto la curva di calibrazione di un biosensore ad enzima immobilizzato consente di ottenere utili informazioni anche sulla cinetica enzimatica nel dispositivo: Diagramma di Lineweaver-Burk (o dei doppi reciproci) Diagramma di Eadie-Hofstee Un esempio tipico: biosensore per il glucosio red HM 2 O2 ANALYTICAL SIGNAL Eox Sred Ered Sox ee MOox 2 ELECTRODE (+0.7 V vs Ag/AgCl) Sred = GLUCOSIO Sox = GLUCONOLATTONE Eox = Glucosio ossidasi-FAD (GOD) Ered = Glucosio ossidasi-FADH2 FADH2 Interferenze nella rivelazione del glucosio: acido ascorbico ASCORBIC ACID INTERFERENCE O2+2H+ S G Gl P 2e SIGNAL GOD O2 AA H 2O 2 H 2O 2 O2 AA H 2O 2 CHEMICAL INTERFERENCE DAA DAA H2O2 AA 2H2O DAA + 2H + dimer xH2O DAA + 2H2O FARADAIC INTERFERENCE AND 2e ELECTRODE FOULING (XPS evidence for a hydrated form of DAA adsorbed on the electrode surface) mono or dihydrated form AA Anal. Chem., 65 (1993) 2690; Anal. Chem., 69 (1997) 4113 Fresenius J. Anal. Chem., 349 (1994) 497 ; J.Electroanal.Chem., 410 (1996) 181 dia35 AA: acido ascorbico, DAA: acido deidroascorbico L’acido ascorbico è un interferente tipicamente presente in matrici in cui è presente anche il glucosio (sangue, liquido cerebrale, ecc.) ed è in grado di alterare la risposta di un biosensore al glucosio sia a causa della scarica elettrodica diretta (interferenza faradaica) sia reagendo con l’ossigeno o con l’acqua ossigenata (interferenza chimica) La scarica elettrodica porta all’avvelenamento della superficie elettrodica a causa della formazione di film superficiali contenenti carbonio e ossigeno (XPS) Altri analiti possono provocare un’interferenza faraidica (urato, paracetamolo, cisteina, ecc.) Macromolecole (proteine) possono avvelenare l’elettrodo che funge da trasduttore. Electrode fouling High Molecular Weight Components red HM 2 O2 ANALYTICAL SIGNAL Sred Ered Sox ee ox MO 2 Interfering signal Eox ELECTRODE Electroactive Interferents Urate, ascorbate, paracetamol, ..... (+0.7 V vs Ag/AgCl) Approccio classico all’immobilizzazione del biocomponente e alla protezione del trasduttore dalle interferenze (Antifouling) (Anti-interferent) Membrana anti-avvelenamento: una membrana di porosità opportuna impedisce l’accesso delle macromolecole all’elettrodo Strato enzimatico: una membrana più interna immobilizza l’enzima Strato anti-interferenti: una membrana in acetato di cellulosa impedisce l’accesso all’elettrodo degli analiti interferenti Problematiche dell’approccio multi-membrana * Limitazione bi-dimensionale nella fabbricazione del biosensore * Difficoltà nella miniaturizzazione * Necessità di un assemblaggio individuale dei biosensori * Complessità nei profili diffusionali degli analiti attraverso le membrane *Tempi di risposta elevati (anche minuti) *Repulsione degli interferenti non sempre efficace Approccio alternativo: immobilizzazione dell’enzima in polimeri elettrosintetizzati con proprietà anti-interferenti e anti-avvelenamento NON-CONDUCTING THIN FILMS WITH BUILT-IN SELECTIVITY ENZYME IMMOBILIZATION Covalent Covalentbinding bindingofof enzymes enzymes ELECTROPOLYMERISED FILMS SURFACE FUNCTIONALIZATION Covalent binding of antibodies NON CONDUCTING POLYMERS MOLECULAR IMPRINTING Fast response, Interference-free biosensors High Highstability stability Biosensors Biosensors and/or and/or Enzymatic Enzymatic reactors reactors ELECTROCHEMICAL IMUNOSENSORS BIOMIMETIC SENSORS Strategia di immobilizzazione: l’enzima viene immobilizzato sull’elettrodo da parte di un polimero ottenuto in situ per elettropolimerizzazione: Soluzione contenente il monomero, l’elettrolita di supporto e l’enzima La polimerizzazione avviene in un sistema a tre elettrodi per voltammetria ciclica o in condizioni potenziostatiche o galvanostatiche Vantaggi principali: ) la deposizione della membrana polimerica è totalmente controllabile, in termini di superficie e volume, per via elettrochimica ed avviene in un solo stadio ) è possibile ottenere film polimerici con proprietà modulabili mediante un opportuna scelta del monomero e delle condizioni della polimerizzazione In particolare, i materiali polimerici elettrosintetizzati possono essere resi permselettivi, ossia permettere la diffusione verso l’enzima E del substrato (analita) ma non quella verso l’elettrodo degli interferenti e delle macromolecole. E L E C T R O D E E Electroactive Interferents or high molecular weight components E Enzyme Substrate E Diffusing mediator e.g., O2 E L’enzima può collocarsi preferenzialmente in prossimità della superficie elettrodica se gli si consente un adeguato adsorbimento prima di dare inizio alla polimerizzazione elettrochimica del monomero Il prodotto della reazione redox catalizzata dall’enzima può essere più facilmente convogliato verso l’elettrodo e quindi si riduce la sua perdita per diffusione verso l’esterno attraverso il film polimerico Polimeri elettrosintetizzati non conduttori nei biosensori amperometrici: poli(orto)fenilendiammina, PPD L’ossidazione dell’o-fenilen diammina (1,2-diammino-benzene) su elettrodo di platino da soluzioni acquose neutre porta alla formazione di un film polimerico sottilissimo (circa 10 nm, stimato da misure XPS) a causa della progressiva difficoltà nell’ulteriore ossidazione del monomero all’elettrodo. 0.5 0.0 c o rr e n te / m A -0.5 3 -1.0 pH 7 2 -1.5 -2.0 -2.5 -3.0 1 800 600 400 200 0 potenziale/ mV Il polimero ottenuto, PPD, è in grado di “sigillare” l’elettrodo, formando una membrana non facilmente permeabile a molecole di dimensioni medio-grandi Indagini XPS sul materiale mostrano la presenza di funzionalità ossidriliche e amminiche primarie, in grado di interagire con enzimi, facilitandone l’immobilizzazione, ma anche di gruppi imminici e amminici secondari: N NH 2 N n NH 22 polyphenazine-like NH 2 NH NH 2 NH 2 n polyaniline-like H N NH 2 O N NH 2 NH 2 N OH “defects” Indagini ESI-MS sulla soluzione di polimerizzazione dell’oPD a vari tempi e in varie condizioni (pH, tempo di reazione) consentono di individuare oligomeri solubili che riflettono la struttura ipotizzata per il polimero depositato sull’elettrodo e consentono la costruzione di un meccanismo: Head-to-tail coupling Part II La PPD usata tal quale (Pristine) mostra una capacità elevatissima di impedire l’accesso all’elettrodo a molecole potenzialmente interferenti per il biosensore, a prescindere dalla loro polarità. Se tuttavia la si sottopone a voltammetria ciclica prolungata in elettrolita (Cycled), la PPD si ossida e perde compattezza, peggiorando drasticamente la sua permselettività. Van der Waals molar volume (cm3/mol) Aniline Resorcinol Acetaminophen Hydroquinone o-PD Dopamine Uric Acid Ascorbic acid Fe(CN)64Fe(II) Fc-COOH PMS Glucose 56 57 81 57 63 84 69 78 92 102 135 110 82 Log P Pristine Cycled +0.85 +0.80 +0.51 +0.50 +0.15 -0.98 -1.85 -2.88 hh hh unknown unknown excluded excluded excluded excluded excluded excluded excluded excluded excluded excluded excluded admitted admitted admitted admitted admitted admitted admitted admitted admitted excluded excluded excluded admitted admitted admitted excluded P = n-octanol/water partition constant hh = highly hydrophilic Fc-COOH = Ferrocen carbossilic acid PMS = Phenazine methosulphate Icov/Ibare < 0.01 Polimeri elettrosintetizzati non conduttori nei biosensori amperometrici: polipirrolo, PPy Anche il pirrolo può essere polimerizzato per ossidazione elettrochimica La polimerizzazione è innescata dai radicali cationi del pirrolo e prosegue per accoppiamento fra radicali o fra radicali e neutri. Gli oligomeri sono ancora più facilmente ossidabili a radicali cationi, ciò favorisce la polimerizzazione elettrochimica, specialmente in solvente non acquoso. La polimerizzazione del pirrolo può essere effettuata sia per voltammetria ciclica sia per via potenziostatica (ad es. su Pt a + 0.7 V vs Ag/AgCl) Il polimero così ottenuto è conduttore/elettroattivo grazie alla presenza lungo le sue catene di radicali cationi (polaroni) e di bi-cationi (bipolaroni) formatisi per estrazione di elettroni dal sistema π coniugato. Le cariche positive localizzate sulle catene sono controbilanciate da anioni dell’elettrolita di supporto (ioni dopanti) presente nella soluzione di polimerizzazione, che vengono inglobati nella struttura polimerica. Xpolarone Xbipolarone X- Essendo conduttore, a differenza della PPD, il polipirrolo consente l’ulteriore deposizione di monomero su se stesso, in modo limitato soltanto dalla disponibilità di monomero in soluzione. PPy Si ottengono film di spessore anche molto elevato (μm!) ed è molto semplice inglobare in essi, e quindi immobilizzare sull’elettrodo, enzimi, specialmente se la carica su questi è negativa Sottoponendo a voltammetria ciclica un film di polipirrolo in elettrolita di supporto (ad esempio KCl 0.1 M) si ottiene un voltammogramma complesso per effetto dell’ossidazione/riduzione sulle catene. La presenza dell’enzima non influenza molto la voltammetria (linea tratteggiata) -0.8 V +0.6 V ox red Il polipirrolo conduttore (pristino) non è adatto alla realizzazione di un biosensore perché risponde bene, elettrochimicamente, ai tipici interferenti elettroattivi presenti in matrici biologiche (ascorbato, urato, ecc.) E’ possibile, tuttavia, modificarne completamente l’elettroattività mediante un processo noto come overossidazione o sovra-ossidazione. Mantenendo il film polimerico ad un potenziale ossidativo (ad es. + 0.7 V vs Ag/AgCl) per più ore/giorni in un elettrolita a pH neutro/basico, se ne modifica la struttura completamente e l’elettroattività viene praticamente annullata. PPy overossidato L’analisi XPS a bassa risoluzione (survey scan) del PPy pristino e ossidato mostra alcune differenze sostanziali nella composizione del polimero in superficie dopo l’overossidazione: aumenta il contenuto di ossigeno scompare il segnale del Cl, legato all’anione Cl- presente nel PPy compaiono piccoli segnali del P, legati ad anioni fosfato presenti nel tampone di overossidazione PPy PRISTINO PPy OVEROSSIDATO L’analisi XPS alta risoluzione (survey scan) sul segnale C1s, implementata da fitting spettrale, evidenzia la correlazione fra aumento di ossigeno ed incremento di funzionalità ossigenate del carbonio (C-OH, C=O e COOH). Le bande di shake up anomale si riferiscono a transizioni fra i livelli introdotti dai polaroni/bipolaroni nel gap HOMO/LUMO del PPy. La diminuzione di queste ultime (le bipolaroniche scompaiono) e l’incremento di funzionalità imminiche (C=N) sono correlate all’incremento di funzionalità ossigenate del carbonio, attraverso la formazione di nuovi “difetti” strutturali Durante l’overossidazione il PPy perde coniugazione e spesso subisce rottura di catena, perdendo l’elettroattività iniziale % L’analisi XPS alta risoluzione (survey scan) sul segnale N1s, implementata da fitting spettrale, evidenzia la presenza di quattro intorni chimici dell’azoto, due dei quali correlati alle unità polaroniche (c) e bipolaroniche (d). PPy PPyox a b HO c d O NH N O O NH NH2 OH Dal punto di vista della permselettività, la formazione di nuovi gruppi funzionali ossigenati rende il materiale molto efficiente nella repulsione di numerosi interferenti, soprattutto quelli critici per l’analisi del glucosio (ascorbato in particolare): Andamento della corrente dovuta all’ossidazione dell’ascorbato su un elettrodo Pt/PPyox-GOD registrata in modalità FIA a due diversi potenziali per tempi successivi + 0.3 V + 0.7 V L’ulteriore ossidazione del film di PPyox, a 0.7 V (ma non a 0.3 V) lo rende sempre più selettivo all’ascorbato, impedendogli di accedere all’elettrodo di Pt. FIA: Flow Injection Analysis Prestazioni di un biosensore Pt/PPyox/GOD G, G’: glucosio 5, 10 mM S = campione di siero biosensore L’applicazione del dispositivo in misure FIA mostra un’ottima riproducibilità nel responso, pur alternando campioni reali e standard. INTERFERENTE L’errore sistematico provocato nella determinazione del glucosio (glucose bias) da tipici interferenti elettroattivi è molto piccolo o del tutto assente. GLUCOSE BIAS Ascorbato (0.1 mM) 14 μM Urato (0.5 mM) 80 μM Cisteina (0.08 mM) 40 μM Paracetamolo (0.2 mM) Non rivelabile Biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato: seconda generazione Una limitazione importante per i biosensori di prima generazione realizzati con enzimi come la GOD è la dipendenza dall’ossigeno, necessario per riossidare l’enzima. 3000 1800 N2 1600 2500 1400 2000 1200 1000 1500 800 1000 600 glucose a' 400 500 oxygen 0 200 b' 0 G 10 mM -500 0 20 40 60 Time / min Pt/PPYox/GOD 80 Oxygen response / nA Glucose response / nA Se nel corso di una misura in flusso di glucosio su Pt/PPyox/GOD si insuffla azoto nella soluzione il segnale diminuirà progressivamente perché non potrà continuare a formarsi H2O2. Il monitoraggio in parallelo dell’O2 per via elettrochimica, mostra la sua diminuzione progressiva e con essa quella del segnale. Nei biosensori di seconda generazione è una specie redox, introdotta appositamente, a riossidare l’enzima al posto dell’O2: NMP.TCNQ NMP° + TCNQ ° P GODred 2- TCNQ e GODox G e + NMP + TCNQ ELETTRODO Eappl= + 0.2 V vs Ag/AgCl In questo caso l’elettrodo è costituito da una pasta del sale organico conduttore (COS) TetraCianoChinoMetanuro di N-Metil-Fenazinio (NMP TCNQ), inserita in un pozzetto metallico. L’enzima GOD può essere adsorbito sulla superficie elettrodica. Soluzione di glucosio (G) contatto el. teflon NMP TCNQ La risposta di dispositivi di questo tipo soffre moltissimo per l’interferenza di altri analiti elettroattivi come l’ascorbato. Un notevole miglioramento si ottiene inglobando l’enzima in un film permselettivo, come la PPD, depositato per via elettrochimica sull’elettrodo conduttore: NMP.TCNQ NMP° + TCNQ ° GODred P P G G 2- TCNQ e GODox e AA + NMP + TCNQ ELETTRODO Eappl= + 0.2 V vs Ag/AgCl ELETTRODO Film di PPD GLUCOSE BIAS (mM) (Ascorbato 0.1 mM) TTF.TCNQ (GOD adsorbito) TTF.TCNQ/Nafion (GOD + Ascorbato Ossidasi) NMP.TCNQ/GOD/PPD Soluzione di glucosio (G) BIBLIOGRAFIA 6.9 0.3 Anal. Chem., 1991,63,2961 J.Electroanal.Chem., 1992,334,183 0.1 J.Electroanal.Chem., 1995,381,235 Il confronto delle risposte FIA per l’acido ascorbico (AA), l’acido urico (UA), il paracetamolo (PA) e la cisteina (CYS) su un elettrodo a base di NMP TCNQ ricoperto o meno da un film di PPD evidenzia la permselettività introdotta nel dispositivo dal polimero elettrosintetizzato. Elettrodo NMP.TCNQ senza PPD con PPD I biosensori a NMP TCNQ di seconda generazione soffrono di uno svantaggio fondamentale: la difficoltà di riproducibilità e di produzione su larga scala, legate alla fase di preparazione della pasta elettrodica (NMP TCNQ impastato con una soluzione di PVC) Biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato: terza generazione Nei dispositivi di terza generazione si impiega sempre un sale organico conduttore ma prodotto in situ. Un esempio è il biosensore Pt/PPYox/TTF TCNQ/GOD (BSA): TTF.TCNQ GOD Pt Il sale organico si ottiene depositando prima uno strato di TetraTiaFulvalene (TTF), o di NMP, e poi uno di TCNQ su un film di PPyox. Un elettrone passa dal sistema π del TTF a quello del TCNQ formando una coppia ionica. PPYox TTF BSA-glut Il sale organico TTF TCNQ cristallizza lentamente formando strutture “ad albero” che fuoriescono dalla superficie del PPyox. L’enzima Glucosio Ossidasi viene immobilizzato in questo caso per crosslinking con la proteina BSA (Albumina di Siero Bovino) legata al PPyox mediante ponti di glutaraldeide. N2 glucosio 1400 800 Glucose response / nA L’enzima GOD e il sale organico risultano così in intimo contatto e la risposta del dispositivo risulta indipendente dalla presenza dell’ossigeno. 1200 600 1000 800 400 100 mV vs Ag/AgCl 200 600 400 ossigeno 0 0 G 10 mM 0 20 40 Time / min 200 60 80 ELETTRODO TTF.TCNQ-GOD Oxygen sensitive response / nA 1600 1000 PPyox Pt E red S0 Eox P0 k’ s S k’ e- P Membrana BSA (glut)-GOD Le ramificazioni di TTF TCNQ fanno da “connettori” fra l’enzima e la superficie elettrodica, dunque si ipotizza che esse attraversino completamente il film di PPYox. glucosio [G] = 5 mM 400 glucosio [G] = 5 mM 350 Current / nA 300 250 200 150 100 UA UA AC AC AA AA 50 Cys Cys 0 0 50 100 Time / min 150 200 Nel dispositivo non si osservano interferenze significative: ☺ essendo le ramificazioni di TTF TCNQ conduttrici, si può ipotizzare che esse siano ricoperte dall’enzima GOD, che così impedisce l’accesso degli interferenti elettroattivi alla superficie delle ramificazioni ☺ il film di PPyox impedisce che gli stessi interferenti possano raggiungere il substrato di Pt, generando una corrente. Biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato: architetture complesse La permselettività di un biosensore può essere ulteriormente incrementata se si depositano, uno sull’altro, due film polimerici permselettivi: Lattato ossidasi Strato di PPD Pt Strato di PPyox In questo caso il PPy, prima di essere overossidato, funge da substrato per la polimerizzazione della PPD in presenza dell’enzima lattato ossidasi INTERFERENTE Ascorbato 0.1 mM (10 mM) Cisteina 0.08 (10 mM) Urato 0.5 mM Paracetamolo 0.2 mM (10 mM) LACTATE BIAS (2 mM) n.d. (0.01%) n.d. (0.03%) n.d. n.d. (0.15%) L’enzima può anche essere legato al film polimerico esterno mediante gruppi funzionali reattivi (ad es. OH o NH2) usando la glutaraldeide come cross-linker: Poly(tyramine) Poly(pyrrole) Pt O O O O O O O H H H2N O Enz glutaraldehyde NH2 N N Poly(tyramine) O H Enz N La disponibilità di gruppi reattivi alla superficie del materiale può essere sfruttata anche per legare molecole di biotina e, attraverso la mediazione dell’avidina, enzimi biotinilati: O HN NH E O O (CH2)4 S HN NH N E E H (CH2)4 O AVIDINA N BIOTINA O HN ENZIMA BIOTINILATO OH O S E NH POLIMERO BIOTINILATO O S (CH2)4 N H N O 3 ELETTRODO I gruppi reattivi superficiali possono essere impiegati anche per legare altre biomolecole come gli anticorpi, realizzando immunosensori. Monitoraggio in vivo mediante biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato: dispositivi miniaturizzati Il controllo elettrochimico della polimerizzazione offre la possibilità di realizzare strati polimerici con enzimi immobilizzati anche su superfici piccolissime, ad esempio è possibile far passare un sottilissimo filo di platino attraverso la cavità di un ago per infusione endovenosa: Butterfly 21 (venisystem – Abbot) Il filo di Pt, la cui sezione ha un diametro di 125 μm, funge da elettrodo di lavoro e viene isolato mediante una resina (in giallo) dal corpo metallico dell’ago (in grigio), che funge contemporaneamente da controelettrodo ed elettrodo di riferimento. Pt 125 μm Dal punto di vista idrodinamico il disco elettrodico microscopico si comporta in modo simile ad un RDE, ossia lo strato di diffusione per la scarica di analiti è praticamente costante. Responso FIA per aggiunte successive di glucosio 1 mM su elettrodo ad ago: La curva di calibrazione mostra la tipica curvatura alle alte concentrazioni legata al raggiungimento della saturazione dei siti attivi dell’enzima: Monitoraggio in vivo mediante biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato: campionamento con fibre da microdialisi L’impianto di un microbiosensore in vivo può presentare notevoli difficoltà legate a biocompatibilità, stabilità, dipendenza dalla concentrazione di O2, impossibilità di calibrare il responso. Una possibile alternativa è rappresentata dall’uso di un sensore esterno al quale l’analita giunge dopo essere stato campionato in vivo con una fibra da microdialisi: biosensore pompa cute fibra Fibra cava in cellulosa rigenerata, d.i.: 150 μm spessore parete: 9 μm Cut off peso mol.: 9000 Da tubo in nylon L’analita di interesse passa attraverso la fibra per diffusione passiva mentre le macromolecole vengono bloccate. Eventuali interferenti passati attraverso i pori della fibra verranno bloccati dai film anti-interferenza del biosensore. Il biosensore può essere periodicamente calibrato con soluzioni standard infuse al suo interno da un’accesso alternativo a quello collegato alla fibra. inf. gl. Monitoraggio sub-cutaneo del glucosio in un animale da laboratorio: a) biosensore by-passato; b: livello di glucosio iniziale, c) andamento del glucosio dopo infusione nell’animale di 2 g di glucosio Monitoraggio del glucosio con biosensori usa-e-getta (disposable) Molti biosensori usa-e-getta per il glucosio si basano sull’uso di microelettrodi realizzati per microlitografia: el. rif. el. lavoro controelettrodo La goccia della soluzione da analizzare (spesso sangue tal quale, ottenuto praticandosi una micropuntura su un polpastrello con speciali lancette sterili) viene posta sulla zona sensibile del sensore L’elettrodo di lavoro può essere ricoperto con film singoli o multipli di polimero elettrosintetizzato che immobilizza l’enzima. Anche in questo caso, date le dimensioni della superficie elettrodica, il regime idrodinamico è quello dell’RDE, pur essendo ovviamente la soluzione quiescente. I biosensori usa-e-getta per il glucosio più comuni in commercio attualmente (si stima che se ne consumino 10 miliardi all’anno!) si basano su sistemi di seconda generazione, in cui un mediatore redox riossida la GOD: Gli elettrodi screen-printed si ottengono stampando sul substrato gli elettrodi con inchiostri modificati, contenenti materiale conduttore, ad esempio grafite per elettrodo di lavoro e controelettrodo e paste Ag/AgCl per l’elettrodo di riferimento. I mediatori, spesso brevettati, consentono di lavorare a potenziali ossidativi bassi (quasi 0 V vs Ag/AgCl) impedendo la scarica redox di tipici interferenti come l’ascorbato. Biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato: applicazioni in campo ambientale Monitoraggio di composti fenolici mediante biosensori con laccasi o tirosinasi R HO O2 H2O Soluzione 1. Attività monofenolasica Enz 2. Attività catecolasica HO Riciclo del prodotto e Amplificazione enzimatica 1 2 R R O O HO 2e- Enzima: Tirosinasi oi Laccasi Potenziale di lavoro - 0.05 V vs. Ag/AgCl Polimero: PPD o PPY Elettrodo: Materiale carbonioso 1 min 0.2 nA Acqua fortificata con 0.5 ppb di fenolo (limite UE per l’acqua potabile) Biosensori amperometrici ad enzima immobilizzato: analisi simultanea di più analiti su microsensori multipli La tecnologia dei microsensori consente di realizzare facilmente elettrodi multipli, controllabili con multipotenziostati. Pt/PPYox/LOD ELECTRODO PER LATTATO Pt/PPYox/GOD ELETTRODO PER GLUCOSIO I due biosensori lavorano indipendentemente ma sulla stessa soluzione! Il doppio sensore può essere impiegato sia per misure su soluzione quiescente che per misure FIA se montato in una cella in flusso. I risultati mostrano che non c’e’ interferenza di segnale fra i due biosensori, legata alla diffusione verso uno dei due dell’H2O2 prodotta dall’altro (crosstalk). Tale problema diventa importante quando le dimensioni e la spaziatura fra gli elettrodi diventano sub-millimetriche. Biosensori con recettori anticorpali, cellulari o “tissutali” Anticorpi (ma anche filamenti di DNA/RNA) immobilizzati su una superficie possono essere sfruttati per la rivelazione altamente specifica dei corrispondenti antigeni (o delle catene di DNA/RNA complementari) L’analita-antigene può essere preventivamente marcato con un fluoroforo o con un marcatore radioattivo ed essere rivelato per via ottica o radiometrica, dopo aver opportunamente lavato il substrato sensibile: Il legame fra analita-antigene e sito recettore anticorpale o fra filamenti di DNA/RNA complementari può essere monitorato in tempo reale, anche in sistemi in flusso, sfruttando variazioni microgravimetriche, meccaniche o ottiche sulla superficie dell’elemento sensibile: Dispositivo ad onde acustiche di bulk (Bulk Acoustic Wave, SAW) L’applicazione di un potenziale alternato ai due elettrodi di oro che racchiudono una lamina di quarzo genera la vibrazione di quest’ultima (frequenza di alcuni MHz) per effetto piezoelettrico e, di conseguenza, un’onda acustica che si propaga dalle due superfici di oro verso l’esterno. Se su una di queste si depositano filamenti recettori di DNA/RNA (o anticorpi), il riconoscimento e il legame con filamenti complementari (o con l’antigene) porterà ad una variazione misurabile della frequenza dell’onda acustica. Per microlitografia è possibile ottenere serie di microleve metalliche su cui possono essere depositati recettori oligonucleotidici: Il legame con filamenti complementari altera la massa che insiste sulla microleva e la fa flettere. La deflessione può essere misurata dallo spostamento di una radiazione riflessa dalla parte inferiore della microleva. Anche una singola cellula può essere depositata su un substrato biocompatibile, diventando l’elemento di riconoscimento. L’interazione con l’analita determina un segnale chimico, ossia la liberazione da parte della cellula di un’altra molecola che può essere poi rivelata, o fisico (ad esempio la produzione di impulsi elettrici da cellule nervose). I recettori pseudo-tissutali sono ottenuti deponendo cellule di tipo diverso, naturalmente presenti in un tessuto, su strutture portanti biocompatibili (scaffold) realizzate per microlitografia. Vantaggi/svantaggi di recettori cellulari/tissutali I biosensori basati su cellule/pseudo-tessuti presentano una specificità di risposta ad un particolare analita ed una sensibilità notevolmente più elevate di quelle di enzimi/anticorpi/acidi nucleici Se la cellula è vitale i recettori, canali ed enzimi che le appartengono e che intervengono nella risposta sono nel loro stato fisiologico, laddove enzimi, o altre biomolecole, immobilizzati in modo isolato possono cambiare la loro conformazione In futuro potrebbero diventare dei sistemi sostitutivi dei test sugli animali Può essere difficilissimo mantenere cellule e tessuti in uno stato vitale dopo averli immobilizzati su substrati xenobiotici, pur resi biocompatibili La reperibilità delle cellule/tessuti può essere complicata Trasduzione ottica nei biosensori Tipo di misura Variazioni misurate Componenti strumentali Assorbanza Fluorescenza Indice di rifrazione Diffusione Intensità Frequenza Shift di fase Polarizzazione Fibre ottiche Guide d’onda Fotodiodi Interferometri Trasduzione ottica basata su fibre ottiche Una singola fibra ottica può consentire di gestire sia la radiazione incidente sul campione che quella emessa, nel caso di trasduzione per fluorescenza. E’ possibile, tuttavia, aumentare la sensibilità raccogliendo la radiazione emessa con una o più fibre: Quando la fibra ottica svolge unicamente il ruolo di trasportatore della radiazione da e verso l’elemento di riconoscimento il sensore ottico si definisce estrinseco. Nei sensori ottici definiti intrinseci l’elemento di riconoscimento del biosensore è invece immobilizzato direttamente sulla fibra: Trasduzione ottica basata sulla risonanza plasmonica di superficie (Surface Plasmon Resonance, SPR) Quando una radiazione luminosa di lunghezza d’onda λ giunge alla superficie di separazione fra mezzi diversi, passando da quello con indice di rifrazione maggiore all’altro, esiste un angolo di incidenza per cui si verifica la riflessione totale. In realtà il campo elettrico ad essa associato riesce a propagarsi per uno spessore di circa λ/4 all’interno del secondo mezzo (onda evanescente). Se il secondo mezzo è un metallo, la componente di tale campo diretta lungo la superficie di separazione può mettere in risonanza gli elettroni liberi presenti nella banda di conduzione (plasmoni) dando origine ad un’onda elettromagnetica che può propagarsi nel mezzo esterno al metallo. Il fenomeno dell’onda evanescente determina una perdita di riflettività alla superficie vetrometallo, che è massima ad un angolo di incidenza dipendente dall’indice di rifrazione del mezzo esterno al metallo: Nei biosensori di tipo SPR lo strato esterno al metallo è modificato con recettori biochimici. La loro interazione con l’analita determina una variazione dell’angolo a cui la riflettività è minima. La variazione dell’angolo di minima riflettività viene valutata monitorando su un rivelatore bidimensionale la radiazione riflessa derivante da un fascio di luce laser polarizzata. L’andamento di tale variazione in funzione del tempo (sensorgramma) consente di studiare anche la cinetica di interazione fra analita e recettore biologico: Il futuro dei biosensori Biosensors