Dall`Amleto all`ornitorinco La crisi subprime tra finanza e filosofia

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Dall’Amleto
all’ornitorinco
La crisi subprime
tra finanza
e filosofia
FONTE: INTERNATIONAL MONETARY FUND, BLOOMBERG, PAULSON ESTIMATES
OXFORD ECONOMICS ESTIMATES, CEBR 05/2008
| finanzaetica | derivatus paradoxus |
LA BUFERA
TRAVOLGE LE BANCHE
Obbligazioni Cdo
Crediti alle imprese
Crediti al consumo
Commercio immobiliare
Mutui prime
1.300
Mutui subprime e Alt-A
945
MILIONI
DI $
PREVISIONI FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
PREVISIONI OSSERVATORIO PAULSON
MILIONI
DI $
312
MILIONI
DI $
PERDITE AMMESSE A BILANCIO
Cronaca, economia e filosofia. Nel suo ultimo libro Alberto Berrini usa tutti e tre questi strumenti per spiegare la crisi
scatenata dai mutui subprime americani. Un fenomeno difficile da capire perché ci mancano le categorie ontologiche.
“C
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derivati coinvolti nelle turbolenze, rilevati a marzo nella fase più
estrema della tensione dei mercati. (…) Le banche accuserebbero circa metà delle perdite, le altre finirebbero a carico di compagnie
d’assicurazione, fondi pensione, hedge fund e altri investitori”. Berrini spiega il meccanismo che si è innescato, il ruolo delle banche e
delle società di rating, gli interventi della Fed e degli altri istituti centrali di credito, la cartolarizzazione e gli altri sofisticati strumenti finanziari. Ad arricchire il libro c’è anche un pizzico di filosofia: un
intero capitolo scritto da Achille Varzi, professore di filosofia alla Columbia University di New York (laurea all’Università di Trento, dottorato di ricerca all’Università di Toronto, Canada, tra gli editor del
The Journal of Philosophy e della Stanford Encyclopedia of Philosophy).
Da Shakespeare ai primi coloni australiani
“Ci sono più cose in cielo e in terra di quante se ne sogni la tua filosofia”. Così Amleto si rivolge a Orazio nella celebre tragedia di Shakespeare. Che cosa c’entra con le crisi finanziarie, i subprime, i derivati? In apparenza niente, agli occhi di uno studioso di filosofia come
Varzi molto. “Le grandi rivoluzioni copernicane si verificano quando riusciamo ad ampliare i nostri orizzonti e ad uscire dal provincialismo ontologico che ci tiene imprigionati. Questo vale per le scoperte astronomiche (le galassie, i buchi neri) così
come per quelle microscopiche (l’antimateria, i
quark, le stringhe). E vale ogniqualvolta ci troviamo dinnanzi a qualcosa che non sappiamo
come classificare perché ci manca la categoria,
come i coloni australiani dinnanzi ai primi
esemplari di quell’animale che oggi chiamiamo
JOHN GOULD
THE MAMMALS OF AUSTRALIA, 1863
è definitivamente passato, o è un pazzo o è qualcuno che
ha interessi da proteggere”. Esordisce con
questa citazione, tratta da un articolo dell’Economist pubblicato a fidi Elisabetta Tramonto
ne agosto 2007, il nuovo libro di
Alberto Berrini: Le crisi finanziarie. E il “Derivatus paradoxus”. Si riferisce alla tempesta scatenata dalla crisi dei mutui subprime, esplosa
negli Usa l’estate scorsa, che ha poi travolto i mercati finanziari di
tutto il mondo. Una tempesta che non sembra volersi placare: “tale
crisi finanziaria non solo non è alla fine ma ha decisamente allargato i suoi confini”, scrive Berrini. “In origine erano i mutui subprime
(…) Poi la bufera ha contagiato il credito al consumo, i debiti sulle
carte di credito, i prestiti agli studenti, i bond municipali. E infine ha
travolto anche i mutui, quelli abbastanza buoni”. Con un linguaggio comprensibile anche per i non addetti ai lavori e con l’aiuto di
esempi, articoli di giornali e citazioni di economisti, Alberto Berrini
cerca di spiegare perché quando “nell’agosto 2007 ben 244.000 americani non sono stati in grado di pagare tre rate consecutive del loro
mutuo e hanno perso la proprietà della loro casa”, la crisi scoppiata
ha contagiato il mondo intero. Tanto che “secondo le ultime stime
disponibili del Fondo Monetario Internazionale, il sistema finanziario internazionale potrebbe essere investito nei prossimi mesi da una seconda ondata di perdite e svalutazioni, che
potrebbero sfiorare complessivamente i mille
miliardi di dollari. (…) Non è una previsione, è
un’affermazione basata sui valori di mercato dei
HIUNQUE AFFERMI CHE IL PEGGIO
ornitorinco: non un mammifero, per via delle uova; non un rettile,
per via del sangue caldo; non un uccello, per via delle zampe…”, scrive Varzi nel suo capitolo in Le crisi finanziarie. “A costo di spararla
grossa, credo che anche quando cerchiamo di spiegare fenomeni come quelli di cui si tratta in questo libro – la crisi finanziaria e tutto ciò
che l’accompagna – buona parte della difficoltà risieda proprio nella
povertà delle categorie ontologiche con le quali ci troviamo a lavorare (…). I derivati sono un po’ come l’ornitorinco”.
prendiamo la letteratura di settore, cioè quella di taglio economicofinanziario, Christian Marazzi, per esempio, definisce i derivati alla
stregua di prodotti “che non hanno un valore in sé, ma un valore che
deriva da prodotti sottostanti che possono essere i normali titoli azionari, le obbligazioni, le divise, le ipoteche, i debiti e i crediti, gli interessi, le materie prime come il petrolio, il grano, la carne bovina”.
È una definizione piuttosto comune e non c’è dubbio che spieghi
bene l’etimologia del termine, ma presuppone che ci siano delle merci o dei prodotti i quali, a differenza dei derivati, hanno un valore “in
sé”, e a ben vedere le cose stanno diversamente. Prendiamo ad esemUn’idea di Talete, parola di Aristotele
pio l’oro. Che cosa fa sì che un pezzo d’oro abbia un certo valore? La
“Che cos’è un derivato? Che posizione occupa nel sistema di categorisposta intuitiva è che l’oro è dotato di valore in ragione della sua
rie di cui ci serviamo per classificare le cose di questo mondo? E prinatura fisica: è un metallo prezioso. Benissimo. Ma che cosa signifima ancora: abbiamo una categoria che faccia al caso? - si domanda
ca dire che un certo metallo è prezioso? Evidentemente l’oro è preVarzi -. Ammettiamolo: se c’è qualcosa di cui i filosofi non si sono
zioso in quanto siamo noi a ritenerlo tale. (…) Tutto questo per dire
mai sognati, i derivati sono un ottimo esempio. Per la verità, Alberto
che, definire i derivati come delle merci o prodotti che non hanno
Berrini mi ha rammentato che, in un certo senso, l’idea di derivato
un valore in sé, non aiuta molto dal momento che nessuna merce o
risale nientemeno che a un filosofo, e precisamente al primissimo fiprodotto ha un valore in sé. Quello che vale per l’oro e per qualsiasi
losofo che la storia ricordi: Talete di Mileto. È una specie di leggenda
merce o prodotto: qual è il valore intrinseco del petrolio, di un pacmetropolitana, ma la fonte è autorevole. Nella Politica, Aristotele racchetto di sigarette, di una dose di eroina? E se nessuna merce o proconta infatti che Talete, “avendo previsto, in base a calcoli astronodotto ha un valore “in sé”, allora tutte le merci o prodotti
mici, un’abbondante raccolta di olive, ancora in pieno
sono derivati. Non c’è da sorprendersi, quindi, se qualinverno, pur disponendo di poco denaro si accaparrò tutLIBRI
cuno abbia concluso che la definizione standard finisce
ti i frantoi di Mileto e di Chio per una cifra irrisoria, dal
con l’includere tra i derivati “anche la luna e le stelle”,
momento che non ve n’era alcuna richiesta; quando
proponendo come unica soluzione ragionevole quella
giunse il tempo della raccolta, cercando in tanti urgenadottata dal giudice Potter Stewart nei confronti della
temente tutti i frantoi disponibili, egli li affittò al prezzo
pornografia: «Non ho idea di come si possa definire, ma
che volle imporre, raccogliendo così molte ricchezze e diAlberto Berrini
quando la vedo la riconosco»”.
mostrando che per i filosofi è molto facile arricchirsi, sebLe crisi finanziarie.
Il seguito del ragionamento, decisamente intrigante,
bene non sia questa la loro preoccupazione”.
E il “Derivatus
di
Varzi,
lo lasciamo a chi vorrà leggere il libro, per arri“Comunque sia – continua Varzi nel libro di Berrini paradoxus”
vare a scoprire la nuova categoria coniata dal docente di
che dinnanzi a queste creature non si sappia che categoEditrice Monti 2008
filosofia: il Derivatus paradoxus.
rie usare è un dato che mi sembra indiscutibile. (…) Se
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